Storia delle relazioni italo-giapponesi - I parte Corrado Molteni - LIN
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Fonti principali: Giorgio Borsa, La nascita del mondo moderno in Asia Orientale, Rizzoli, 1977; Adriana Boscaro, Ventura e sventura dei gesuiti in Giappone, Cafoscarina, 2008; Alessandro Valignano, Dialogo sulla missione degli ambasciatori giapponesi alla curia romana e sulle cose osservate durante tutto il viaggio, Olschki, 2016 C.R. Boxer, The Christian Century in Japan 1549-1650 , University of California Press, 1967
Il primo incontro: il contesto a metà Cinquecento Il contesto europeo: 1453 conquista ottomana di Costantinopoli, interruzione della via di terra tra Cina, India e Europa (quella percorsa ai tempi della pax tartarica dai Polo, dal francescano Giovanni da Pian del Carpine, da Giovanni da Montecorvino nominato nel 1307 Arcivescovo di Pechino e dall’ambasceria mongola che raggiunse Avignone nel 1338) dopo il 1453 ricerca di nuove rotte e grazie ai progressi della tecnica navale ͢ epoca delle grandi «scoperte» geografiche e dello sviluppo dei commerci e delle relazioni tra Europa e Asia (prima portoghesi e spagnoli, poi nel Seicento inglesi e olandesi; con forte presenza italiana nella seconda metà del Cinquecento (trascurata dalla storiografia in lingua inglese e giapponese, vedi p.e. Andrew Gordon).
1492 anno cruciale a gennaio completamento della «reconquista» della penisola iberica sbarco di Colombo in America morte di Lorenzo il Magnifico 1498 arrivo di Vasco de Gama a Calicut in India «in cerca di spezie e di cristiani» 1494 Trattato di Tordesillas per regolare la competizione tra Portogallo e Spagna >>ma anche tra gesuiti, da un lato, e domenicani, francescani agostiniani dall’altro. Fissava la divisione del globo in due aree di competenza delimitate da una linea che passava dai poli e a ovest delle Isole di Capoverde, per cui Africa, India, Cina, Giappone e Brasile al Portogallo, Americhe e Filippine agli spagnoli (in verità Filippine e Giappone potevano essere diversamente attribuite… )
1517 Ferdinando d’Andrade sbarcò a Canton con ben otto vascelli 1543 arrivo dei portoghesi a Tanegashima 1557 insediamento portoghese a Macao 1580 riunione delle corone di Spagna e Portogallo
Nuove rotte commerciali unirono l’Europa all’Asia (passando dalla circumnavigazione dell’Africa e dalle Americhe) Il baricentro dei commerci si allontanò dal Mediterraneo (e dall’Italia) per collocarsi in una dimensione oceanica Fase della prima «globalizzazione» e inizio della formazione del mondo moderno in Asia provocato dalla penetrazione europea N.B. In Asia nel Cinquecento gli europei non perseguirono una politica di conquista territoriale, ad eccezione delle Filippine spagnole e delle basi costiere di Goa, Malacca, Macao e per un breve periodo Nagasaki, ceduta ai gesuiti dal signore locale; «Quand’anche l’avessero voluto, è assai dubbio che ne avrebbero avuto la forza . . . La superiorità militare degli europei era allora tale soprattutto sul mare» Impero portoghese: impero marittimo In questa fase, che precede la rivoluzione industriale, fu rilevante ma non decisivo per i paesi asiatici l’apporto di nuove tecniche e idee
Il contesto europeo : la dimensione religiosa 1517 la riforma protestante 1527 sacco di Roma; Italia divisa e al centro delle rivalità tra le potenze europee d’allora La reazione della Chiesa cattolica: 1534 fondazione della Compagnia di Gesù 1545-1563 Concilio di Trento e la «controriforma» La ricerca di nuove terre da evangelizzare
1549 arrivo di Francesco Saverio in Giappone «La gente con cui abbiamo conversato è la migliore che fin d’adesso si sia scoperta e fra l’infideli me pare non se ne troveria altra migliore», Lettera di Saverio ai Padri della Compagnia a Goa da Kagoshima, 5 novembre 1549 In verità, interessi commerciali e ambizioni politico-strategiche favorirono, almeno inizialmente, l’azione dei gesuiti che miravano a convertire i membri della classe dirigente Il contesto giapponese: 1477-1568 戦国時代 (l’era dei regni o stati combattenti)
1549-1639 «Secolo cristiano» 300.000 (?) convertiti E tra questi un nutrito gruppo di daimyō cattolici Inclusi i tre sostenitori della missione (la prima «ambasceria» giapponese) del 1585 a Roma: Ōmura Sumitada 大村純忠(1533-1587), «principe o signore» di Hizen (Nagasaki), Don Bartolomeo; colui che concesse il porto di Nagasaki ai gesuiti Ōtomo Sōrin 大友宗麟(1530-1587), «re»di Bungo (Ōita), Don Francesco Arima Harunobu 有馬晴 (1567-1612), «re» di Arima (Shimabara) , Don Protasio e inoltre: Takayama Ukon 高山右近 Konishi Yukinaga 小西行長 Gamō Ujisato 賀茂氏郷 ……
Il ruolo dei gesuiti italiani in Giappone L’Italia del Cinquecento era divisa e terra di conquista, ma Roma rimaneva il punto di riferimento del mondo cattolico e la base di partenza per l’opera di evangelizzazione delle regioni asiatiche condotta con l’intervento di numerosi religiosi italiani Primi contatti documentati tra italiani e giapponesi: 1555 Bernardo di Kagoshima fu il primo giapponese in Italia. Battezzato da Saverio nel 1549, fu inviato in Europa nel 1553 per studiare nel noviziato di Coimbra (Portogallo) da dove due anni dopo si recò a Napoli e poi a Roma. Ritornato a Coimbra vi morì nel 1557 (Di Russo, p.1) 1563 Giovanni Battista de Monte, (FE, in G. 1563 al 1587†) primo (gesuita) italiano in Giappone. Secondo un testo giapponese, che usa fonti locali e dei gesuiti, era attivo nelle isole di Gotō (五島), al largo di Nagasaki. Molto stimato anche dal signore locale («領主は非常に尊敬し、大いに期待していた») che autorizzò la costruzione di una chiesa. Ne battezzò il figlio, ドン・ルイ (Don Luis?) provocando la reazione dei buddisti e scontri tra le due comunità. Attivo anche a Tosa (Kōchi), Arima e Amakusa, morì nel 1587 a Hirado.
In totale tra i quaranta e i cinquanta italiani, tra cui: Antonio Prenestino (Polistena, RC, in G. dal 1578 al 1589) autore? della prima? grammatica della lingua giapponese Organtino Gnecchi-Soldo (Casto, BS, in G. dal 1570 al 1609†) attivo a Kyoto (Meaco=Miyako) e nel seminario di Azuchi, presso il leggendario castello di Nobunaga. Sostenne con convinzione l’adattamento alle usanze locali. Le sue idee rafforzarono le convinzioni di Valignano. Giovanni Battista Pesce (Catanzaro, in G. dal 1590 al 1614 e 1617-18) responsabile della stamperia gesuita a caratteri mobili portata dall’Europa dall’ambasceria (in Giappone si usava la tecnica della xilografia) ; curò la pubblicazione di kirishitanban, edizioni cristiane, tra cui “Vocabulario da Lingoa de Iapam” con più di 30.000 voci. Giovanni Cola (Nola, NA, in G. dal 1583 al 1614) pittore e responsabile della Scuola Pittorica (Schola pictorum) fondata nel 1583 per la produzione di immagini sacre e non; contribuì alla formazione di pittori giapponesi e influenzò la pittura tradizionale (tecniche della prospettiva, chiaroscuro, ….) e anche quella cinese
Giovanni Celso Confalonieri (Milano, in G. dal 1586 al 1614?) docente del seminario gesuita Giambattista Porro (Milano, in G. dal 1605 al 1643†) Giuseppe Chiara (Cinisi?, PA, in G. dal 1643) con Antonio Rubino (Ivrea) e Francesco Cassola (Parma) fece parte della spedizione inviata alla ricerca del Padre Provinciale Ferreira, apostata. Anche Chiara finì coll’abiurare (E’ lui il vero protagonista di Chinmoku/Silenzio di Endō Shūsaku e di Silence di Martin Scorsese) Gerolamo De Angelis (Castrogiovanni, Enna, in G. dal 1602 al 1623†) il primo italiano a visitare la regione di Ezo (oggi Hokkaido)
Personaggio chiave: Alessandro Valignano, il Visitatore, promotore della «Ambasceria», la missione a Roma del 1582- 1590 di 4 ragazzi giapponesi(天正遣欧少年使節) Chi era? Teatino (nato a Chieti nel 1539 e deceduto a Macao nel 1606) A Valignano, dal 1573 Visitatore delle Indie =Ispettore + Coordinatore delle missioni in Asia, va il merito di aver promosso e portato avanti, tra mille difficoltà, la politica dei gesuiti per 33 anni. Uomo del suo tempo (questione degli schiavi, Di Russo, pp. 203-204, giudizi sulla gente di colore, pp. 114-116), fu anche un innovatore e anticipatore («un giovane dalle idee avanzate, che oggi chiameremmo di impronta sociologica e antropologica» Dacia Maraini) Artefice della politica di «inculturazione», ossia di adattamento alle culture e all’ambiente locali, ma sempre con spirito critico e in alcuni frangenti strumentale. Cercò sempre di offrire ai suoi interlocutori una versione idealizzata della società europea, evitando di parlare o mostrare gli elementi meno edificanti, le divisioni e le tante contraddizioni. (Di Russo, p. 556)
Grazie a lui abbandono dell’approccio eurocentrico; promosse lo studio della lingua e della cultura giapponese (ammirazione per il senso estetico) Vedi Il Cerimoniale per i missionari del Giappone, redatto in portoghese (pp. 80-85 di A. Boscaro) e il Sumario de la cosas de Japon (pp. 89 e sgg.) Favorevole alla formazione di un clero indigeno (fondò e sostenne i seminari di Arima e Azuchi, collegi e noviziati) al fine di stabilizzare la presenza cristiana (Di Russo, p.9 e sgg.) In tali sedi si seguiva lo stesso curriculum adottato nei collegi di Coimbra, Parigi e di Roma, sostituendo però il greco con il giapponese. Primo caso di studi comparati in Giappone, combinando gli studi umanistici all’europea con lo studio dei classici cinesi e giapponesi. Operazione complessa sia dal punto di vista intellettuale che da quello finanziario. Una delle cause della cronica carenza di fondi. Inoltre, fu A.V. a scegliere Matteo Ricci per la missione in Cina e Roberto De Nobile per l’India Un approccio italiano? Non certo teorizzato o rivendicato come tale , ma certamente diverso da quello di alcuni padri portoghesi tra cui Francisco Cabral, Padre Superiore in Giappone, contrario all’adattamento agli usi e costumi locali e all’avanzamento del clero locale. (vedi lettera di Organtino, doc. 10, pp. 220-221 di A. Boscaro)
Un approccio «italiano»? Non certo teorizzato o rivendicato come tale , ma certamente diverso da quello di alcuni padri portoghesi tra cui Francisco Cabral, Padre Superiore in Giappone, contrario all’adattamento agli usi e costumi locali e all’avanzamento del clero locale. (vedi lettera di Organtino, doc. 10, pp. 220-221 di A. Boscaro) L’approccio di Valignano e Organtino fu comunque oggetto di critiche anche dalla Curia romana, che temeva la perdita di identità, che si derogasse a principi ritenuti fondamentali.
A Valignano si deve un’iniziativa storica: la cosiddetta «ambasceria» partita da Nagasaki nel 1582, giunta a Roma nel 1585 e ritornata in Giappone nel 1590; il primo, vero incontro tra italiani e giapponesi in Europa. Si trattò dell’invio a Roma di 4 giovanissimi (12-15 anni nel 1582) di famiglie dell’aristocrazia guerriera con lo scopo di: - ottenere mezzi e risorse necessarie alla missione; - far conoscere ai giapponesi la realtà dei Paesi cattolici; -mostrare alle autorità ecclesiastiche (al sommo pontefice) i risultati concreti delle missioni (Vedi Istruzioni, citate a p. 12 di Di Russo) I 4 giovani convertiti e battezzati erano Itō Mancio, in rappresentanza di Ōtomo Sōrin, «re» di Bungo, Chijiwa Miguel per Ōmura Sumitada «principe/signore» di Hizen e di Arima Harunobu «re» di Arima, affiancati da Hara Martino e Nakaura Giuliano e accompagnati da Valignano (fino a Goa) e da padre de Mesquita.
La missione ebbe successo e grande impatto nelle corti visitate e sull’immaginario collettivo. Fu un trionfo anche di popolo Furono accolti ovunque con grandi onori e imponenti cerimonie. A Firenze, Roma, Ferrara, Venezia, Mantova, Milano e numerosi altri centri Fu convocato un Concistoro pubblico in Vaticano Tracce del loro passaggio rimangono in tutta la penisola (in un affresco nella Biblioteca Biblioteca Apostolica Vaticana, al Teatro Olimpico di Vicenza del Palladio, …) e nelle numerose pubblicazioni ad essa dedicate. Guido Gualtieri, Relationi della venuta degli Ambasciatori a Roma sino alla partita di Lisbona, Roma e Venezia, 1586 Urbano Monte ne parla in un codice, conservato presso la Biblioteca Ambrosiana con quattro bozzetti dei giovani Una vicenda particolare: il ritratto di Itō Mancio, opera di Domenico Tintoretto, oggi alla Fondazione Trivulzio a Milano
La missione ottenne dal Pontefice anche gli aiuti finanziari attesi e la riconferma delle prerogative (monopolio) dei gesuiti per il Giappone, ma… … al ritorno trovarono una situazione politica molto cambiata, ormai ostile ai gesuiti Il processo di riunificazione interno, promosso da Oda Nobunaga, Toyotomi Hideyoshi e completato da Tokugawa Ieyasu, che nel 1603 divenne Shōgun, ridusse la valenza strategica della presenza europea. Si erano diffusi anche i timori di una possibile aggressione esterna (dalle Filippine spagnole) e di eversione sociale che minava la coesione della società giapponese Danneggiarono i gesuiti anche le critiche e le azioni dei rivali, francescani e domenicani, che da fine Cinquecento avevano iniziato a propagarvi la fede cristiana. A titolo di esempio, il francescano Martin de la Ascension, giunto in Giappone nel 1596, sosteneva che l’ambasceria era una messa in scena architettata dai gesuiti per ottenere l’appoggio papale e che i quattro non erano né nobili, né principi ma ragazzi figli di gente comune. Valignano dovette scrivere un testo, l’Apologia per confutarne le tesi (p. 14 di Di Russo) .
Formalmente, come scrive Di Russo, nel 1586 (dopo l’unione delle corone di Spagna e Portogallo) Sisto V diede ai francescani il permesso di aprire nuove case in India e in Cina; autorizzazione che fu interpretata in modo estensivo da francescani e altri ordini mendicanti che si spinsero fino in Giappone. Nel 1600 un altro «breve» papale aprì il Giappone a tutti gli ordini religiosi, determinando ulteriori tensioni e rivalità. Nel 1600 giunse in Giappone anche l’inglese William Adams su di una nave olandese, la Liefde, che sarà naturalizzato col nome di Miura Anjin e divenne un fidato consigliere di Tokugawa Ieyasu e del figlio Hidetada, spodestando il gesuita Rodrigues. Contribuirà a discreditare portoghesi, spagnoli e cattolici, aprendo le porte alla penetrazione inglese e poi olandese, entrambe prettamente di natura commerciale. Inoltre, i Tokugawa, nuovi signori del Giappone, intendevano esercitare il monopolio sul lucroso commercio estero che confinarono a Hirado e Nagasaki (poi solo a Nagasaki/Dejima). E intendevano esercitare il monopolio sulle menti dei giapponesi. Avvio delle persecuzioni e delle inquisizioni contro i cristiani.
Le persecuzioni già nel 1587 Primo editto di Hideyoshi in cui si invitavano i gesuiti a lasciare il Giappone (non applicato) 1597 prima persecuzione (26 martiri di Nagasaki) 1637 soppressione della ribellione di Shimabara e fine della penetrazione cristiana Dal 1639 ultimo editto sulla chiusura del Giappone >> si interruppero i rapporti, salvo con gli Olandesi relegati a Dejima/Deshima. Calò il sipario sul «secolo cristiano» e rimase calato sino all’ epoca Meiji. Dei 4 ragazzi, Michele abbandonò la Compagnia, gli altri 3 furono ordinati sacerdoti. Mancio morì a Nagasaki nel 1612, Martino a Macao nel 1629 e Giuliano martire a Nagasaki nel 1633 Su di loro calò il silenzio fino al 1873, quando furono «riscoperti» a Venezia dalla delegazione giapponese del Principe Iwakura in visita all’Archivio presso i Frari.
Epoca Tokugawa 1603-1868 Due episodi degni di attenzione: la missione in Spagna e in Italia di 支倉常長 (Hasekura Tsunenaga ) 1613-1620 l’arrivo in Giappone di Giovanni Battista Sidoti nel 1708.
La missione di Hasekura Tsunenaga Rokuemon (Filippo Francesco) del 1613-1620
L'ultima missione inviata in Europa dal Giappone durante l’era Tokugawa I promotori: ● il francescano spagnolo Louis Sotelo ● il daimyo di Sendai (Tohoku), Date Masamune 〔伊達政宗〕con il benestare di Tokugawa Ieyasu Lo scopo: per la parte giapponese stabilire relazioni commerciali con il Messico (Nuova Spagna); per Sotelo rafforzare la presenza cattolica nel Giappone nordorientale Il protagonista: Hasekura Tsunenaga 〔支倉常長), samurai di medio rango dei Date Partì nel 1613, con un seguito numeroso di mercanti, da Ishinomaki A bordo del San Juan Batista, vascello costruito in Giappone, con destinazione Acapulco, dove giunsero nel gennaio 1614, anno dell’editto di espulsione dei cristiani. Prima traversata del Pacifico e dell’Atlantico per dei giapponesi.
La sua vicenda è ricordata nel volume di Scipione Amati, loro interprete in Europa, pubblicato a Roma nel 1615. E narrata nel romanzo di Endō Shūsaku, Il Samurai, Luni, 2015.
Come ultima e suprema istanza si rivolsero al sommo pontefice a Roma, dove giunsero nel 1615. Accolti con molti onori ma non ottennero quanto si proponevano. Dopo un lungo e sofferto soggiorno in Spagna, Hasekura ritornò via Messico e Manila. Il Giappone era totalmente cambiato: chiuso e isolato, salvo i pochi rapporti con olandesi e quelli mediati da cinesi, okinawaiani e coreani. Date e i Tokugawa avevano abbandonato il progetto e Hasekura finì con l’essere considerato un diverso nella sua patria e fu abbandonato dal suo signore. Anche Sotelo ritornò in Giappone, dove morì martire nel 1624. Il silenzio calato anche sulla missione di Hasekura sigilla definitivamente la fine di una fase, la prima, nei rapporti italo-giapponesi.
I (disperati) tentativi di Chiara e Sidotti Giuseppe Chiara (1603-1685) Giuseppe Chiara, palermitano, in Giappone nel 1643 per «riguadagnare alla fede» Padre Ferreira, autorevole gesuita, apostata nel 1633 sotto tortura (eseguita da Inoue Masashige, l’inquisitore del bakufu) Chiara faceva parte della seconda spedizione inviata in Giappone e progettata dall’italiano Antonio Rubino (la prima fu subito scoperta e i religiosi, compreso Rubino, furono arrestati, torturati e condannati alla pena capitale) Chiara una volta arrestato preferì abiurare Fu poi trasferito a Edo nello Kirishitan Yashiki, fu naturalizzato giapponese con il nome di Okamoto San’emon Autore di tre volumi sul Cristianesimo e il mondo occidentale (perduti ma avrebbero influenzato gli studiosi confuciani) Morì nel 1685, dopo 42 anni trascorsi a Edo Fu sepolto in un tempio buddhista
Protagonista del romanzo Silenzio di Endō Shūsaku (traduzione italiana del 1972 di padre Bonaventura Tonutti pubblicata a Tokyo) e del film Silence di Martin Scorsese Appare come portoghese ma lo stesso autore riconosce di essersi ispirato a Chiara (p. 261) Il supplizio e l’abiura (p. 216 e sgg. )
Giovanni Battista Sidoti (1668-1714) «l’ultimo missionario» giunto in Giappone in epoca Tokugawa Vi sbarca nel 1708 e morirà a Edo nel 1714 i suoi resti scoperti nel 2014 a Tokyo, nella zona di Kobinata / Koishikawa nel comune di 文京区 Palermitano, di nobile famiglia, membro del clero regolare Studiò a Roma, consigliere presso la Santa Sede Spinto da forte vocazione missionaria, ottenne l’autorizzazione a partire per il Giappone Salpò nel 1703 da Genova con il vescovo Carlo Tommaso Maillard de Tournon (inviato in Cina per risolvere la questione dei «riti cinesi») i due proseguirono con nave francese verso l’Asia. Sidoti trascorse 4 anni a Manila
Ottobre 1708 sbarcò a 屋久島(Yakushima) Subito arrestato e trasferito prima a Nagasaki e poi a Edo nello Kirishitan Yashiki. Non fu sottoposto a tortura ma interrogato da un autorevole studioso confuciano, 新井白石 (Arai Hakuseki), Consigliere dello Shogun Le idee e le informazioni acquisite da Sidoti sono alla base dei libri di di Arai Hakuseki sul mondo occidentale: la sua vicenda in 西洋紀聞, Seiyō Kibun, pubblicato solo nel 1882 Parziale influenza anche sulla politica shogunale (apertura alla importazione di testi scientifici) Sidoti fu prima confinato e poi sottoposto a duro regime carcerario per aver convertito due giapponesi al suo servizio Mori’ il 27 novembre 1714 a 46 anni il ritrovamento dei suoi resti dopo 300 anni e il rinnovato interesse
Sulle cause del fallimento dei missionari Il punto di vista di un cattolico giapponese, Endō Shūsaku Il samurai, pp. 197-199 Silenzio, pp. Xii – Xv
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