SCENARIO ECONOMIA 24 agosto 2017
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SCENARIO ECONOMIA 24 agosto 2017 La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio.
INDICE SCENARIO ECONOMIA 24/08/2017 Corriere della Sera - Nazionale 4 «Norme contro i licenziamenti» 24/08/2017 Corriere della Sera - Nazionale 5 Draghi difende il piano di stimoli Nella Bce se ne discute la fine 24/08/2017 Corriere della Sera - Nazionale 6 Schäuble più Europa ma senza debito o eurobond 24/08/2017 Corriere della Sera - Nazionale 7 La crisi di Air Berlin (che controlla Niki) preoccupa Lauda 24/08/2017 Il Sole 24 Ore 8 Cabral: Portogallo aperto agli investimenti esteri (anche cinesi), l'Europa ci segua 24/08/2017 Il Sole 24 Ore 10 SE L'UNICA CERTEZZA È IL FLOP 24/08/2017 Il Sole 24 Ore 11 Tim-Vivendi, risposta al governo: «Non si applica la golden power» 24/08/2017 Il Sole 24 Ore 13 «Reciprocità negli investimenti esteri Geox vuole rafforzarsi in Cina e Giappone» 24/08/2017 La Repubblica - Nazionale 15 Draghi: la politica Bce ha salvato l'euro ma la Germania chiede la fine del Qe 24/08/2017 Panorama 17 Tutti i padri del Pil orfano della logica 24/08/2017 Panorama 19 Ma com'è avere un padrone cinese? 24/08/2017 La Stampa - Nazionale 21 Fca, entro fine anno lo scorporo di Marelli 24/08/2017 Il Messaggero - Nazionale 23 Pa, ecco i virtuosi dei pagamenti C'è anche chi salda entro 6 giorni
SCENARIO ECONOMIA 13 articoli
24/08/2017 diffusione:231083 Pag. 1.31 tiratura:321166 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato poletti e gli incentivi «Norme contro i licenziamenti» Francesco Di Frischia ROMA Decontribuzione per assumere giovani, ma anche norme anti licenziamento per salvaguardare chi lavora e prevenire comportamenti «furbeschi» da parte delle aziende. Ecco alcuni dei contenuti del pacchetto di agevolazioni allo studio del governo, anticipati dal Corriere della Sera, che sono stati confermati ieri dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, intervenendo al Meeting di CL a Rimini. Gli sgravi dovrebbero costare alle casse dello Stato circa 2 miliardi: «Dipende dalla possibilità di utilizzare lo strumento del "bonus giovani" su una platea più o meno larga - spiega il ministro -. Per garanzia giovani dall'Unione europea abbiamo ottenuto l'innalzamento dell'età da 25 a 29 anni perché la regole comunitarie prevedevano fino a 25 anni e noi abbiamo ottenuto di innalzarla fino a 29, ma sappiamo che ogni volta che dobbiamo ottenere una regolazione diversa c'è una trattativa da fare ed è ciò che stiamo facendo». Questa, per Poletti, «è la strada da percorrere e sulla quale investire - precisa - come tra l'altro ripetuto più volte dal presidente del Consiglio: vogliamo fare un passo importante sull'occupazione giovanile, che oggi resta l'obiettivo più importante per il nostro Paese». Secondo quanto spiegano tecnici vicini al dossier, si discute su un tetto di età tra i 29 e i 32 anni, mentre dovrebbe essere esclusa la possibilità per l'azienda di usufruire per lo stesso lavoratore di più sgravi. In pratica per avere le nuove agevolazioni non si potrà assumere un lavoratore che è stato in forza all'azienda, anche se senza contratto a tempo indeterminato da più di sei mesi. È probabile che si decida di prevedere lo sgravio solo per coloro che non hanno mai avuto un contratto a tempo indeterminato e quindi non hanno usufruito di agevolazioni. Tornando a parlare di previdenza, a chi gli chiede se nella prossima Legge di Bilancio si prevedano norme per uno stop all'innalzamento automatico dell'età pensionabile, Poletti risponde: «Nessuno ha chiesto di abolire il collegamento e la connessione: c'è una richiesta di discussione su criteri, tempi e modalità. Credo che sia un tema che vada affrontato quando l'Istat ci avrà dato i termini effettivi della situazione». Intanto finora l'assegno di ricollocazione non ha funzionato: a oggi sono meno di 3 mila i disoccupati in Naspi (indennità per chi perde il lavoro) da almeno 4 mesi che hanno chiesto l'assegno che aiuta a trovare un nuovo impiego. Tremila sui 30 mila stimati dal governo nella sperimentazione, che evidentemente preferiscono continuare a prendere la Naspi. Francesco Di Frischia © RIPRODUZIONE RISERVATA Allo studio Il ministro del Welfare, Giuliano Poletti, ha confermato che il governo sta lavorando alla decontribu-zione per assumere giovani, ma anche a norme anti licenziamento per salvaguardare chi lavora Foto: Al Meeting di Cl Il ministro del Welfare, Giuliano Poletti SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/08/2017 - 24/08/2017 4
24/08/2017 diffusione:231083 Pag. 30 tiratura:321166 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Draghi difende il piano di stimoli Nella Bce se ne discute la fine Pressing di Weidmann (Bundesbank): dal «Qe» serve un'uscita rapida e ordinata dal nostro corrispondente Danilo Taino BERLINO La discussione sul tapering europeo - cioè sull'uscita dalla politica monetaria non convenzionale e di stimolo della Bce - è iniziata. I commentatori si aspettano che Mario Draghi dia qualche indicazione durante il seminario della Federal Reserve americana che inizia venerdì a Jackson Hole, nel Wyoming. Ieri, intanto, Jens Weidmann ha giocato d'anticipo. Il presidente della tedesca Bundesbank ha sostenuto che gli acquisti di titoli sui mercati da parte della Banca centrale europea non dovrebbero essere prolungati, cioè dovrebbero finire con l'anno. E che il tapering dovrebbe essere annunciato con chiarezza per fare sì che si realizzi «un'uscita ordinata». La questione non è irrilevante per almeno due ragioni, una tecnica e una politica. Quella tecnica si riferisce al «taper tantrum», il «capriccio della stretta», che si registrò nel 2013 quando la Fed comunicò in qualche modo l'inizio della fine della fase di stimolo e i mercati reagirono con una grande volatilità sui mercati di tutto il mondo. La Bce dovrà fare meglio, comunicare la riduzione degli acquisti sui mercati in modo che non crei spostamenti repentini di investimenti. Evitare sorprese. Quella politica è che la Bundesbank vorrebbe una fine vicina e rapida del programma di acquisto titoli, al momento 60 miliardi al mese, ma non è detto che gli altri governatori dell'eurozona, Draghi compreso, vogliano muoversi così in fretta: l'inflazione è ancora bassa (1,3%) e senza lo stimolo potrebbe diminuire. Ieri, Draghi ha tenuto un discorso ai Premi Nobel dell'economia riuniti a Lindau, Germania, ma non è entrato nel merito del tapering. Ha difeso e spiegato la politica molto espansiva delle banche centrali dopo la Grande crisi del 2008. «Un ampio corpo di ricerca empirica - ha detto - ha sostanziato il successo di queste politiche a sostegno dell'economia e dell'inflazione, sia nell'area euro sia negli Stati Uniti». Weidmann è invece entrato decisamente nel merito alle scelte che la Bce dovrà fare in autunno sulla riduzione dello stimolo monetario. «Secondo le nostre previsioni di giugno - ha sostenuto - non c'è l'esigenza reale di prolungare per il prossimo anno il programma di acquisto» dei titoli sui mercati. Gli acquisti non dovrebbero «terminare dall'oggi al domani», ma «un'uscita ordinata deve essere programmata tempestivamente». danilotaino © RIPRODUZIONE RISERVATA Quando il mondo cambia la politica monetaria deve essere aggiustata SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/08/2017 - 24/08/2017 5
24/08/2017 diffusione:231083 Pag. 30 tiratura:321166 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La Lente Schäuble più Europa ma senza debito o eurobond Marco Sabella Apoche settimane dalle elezioni politiche tedesche del 24 settembre prossimo, il tema della creazione di meccanismi più efficaci per la costruzione dell'Unione Europea è al centro del dibattito pubblico in Germania. Ieri il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble ha affermato attraverso un portavoce «di volere più Eurolandia», ma che per questo obiettivo «non sono necessari né nuovi debiti a livello comunitario né eurobond». La precisazione punta a chiarire che il governo tedesco non sta lavorando a creare «un calderone di miliardi di euro» cui potrebbero attingere i Paesi in difficoltà. La presa di posizione è una smentita a quanto affermato dal quotidiano popolare Bild , secondo cui Schäuble starebbe lavorando per permettere ai Paesi dell'Europa meridionale di attingere al Meccanismo di stabilità europea Esm con l'obiettivo «di promuovere la propria economia in periodi negativi e in caso di catastrofi naturali». Una posizione che sarebbe stata concepita anche per andare incontro alle richieste francesi. Il portavoce del ministero ha aggiunto che Schäuble ha sempre proposto di sviluppare l'Esm di modo che possa svolgere un ruolo più incisivo in caso di crisi in Eurolandia, mentre ha anche sempre detto chiaramente che tutti i Paesi membri devono attuare le necessarie riforme. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/08/2017 - 24/08/2017 6
24/08/2017 diffusione:231083 Pag. 33 tiratura:321166 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Sussurri & Grida La crisi di Air Berlin (che controlla Niki) preoccupa Lauda ( c.d.c. ) Chissà se Michael O'Leary ha mai letto Esopo e lo scherzo del pastore. Ieri l'amministratore delegato di Ryanair ha sottolineato che sull'offerta di Air Berlin loro fanno sul serio. «Ryanair è davvero interessata a fare un'offerta d'acquisto per Air Berlin e potrebbe comprarla tutta oppure in parte ma finora - ha aggiunto il manager - è stata ignorata dai tedeschi». Se anche con Alitalia la compagnia low cost fa sul serio, si vedrà. Quel che è certo è che O'Leary considera appetibile Air Berlin per la sua forte posizione nel mercato tedesco. Ma non solo. Proprio di recente, infatti, Air Berlin ha trasferito alcune rotte turistiche in Spagna e Grecia alla sua controllata Niki, fondata dall'ex pilota di Formula Uno Niki Lauda ( foto ), diventata di fatto concorrente di Ryanair in terra tedesca. La commissione dei creditori di Air Berlin ieri ha fatto sapere che l'obiettivo «è arrivare il più velocemente possibile a una conclusione solida e mantenere più posti di lavoro». Lufthansa ha concretizzato l'offerta esprimendo il suo interesse per Niki e per altre parti di Air Berlin. Lufthansa ha, sui collegamenti Germania-Spagna, una quota di mercato di circa il 22,4% contro il 16,4% di Ryanair. Da qui l'interesse di entrambe, da qui la necessità di sottolineare che si fa sul serio, tanto che O'Leary si è detto «preoccupato» che possa diventare un accordo tutto tedesco e «anticoncorrenziale». Un problema di concorrenza c'è, visto che Air Berlin e Lufthansa insieme controllerebbero circa il 95% delle rotte domestiche in Germania. Dubbi ha espresso anche lo stesso Lauda che si è detto preoccupato per la scomparsa della «sua» compagnia e perché Lufthansa non avrebbe più concorrenti. La commissione dei creditori si è riunita ieri per la prima volta. I candidati al salvataggio si giocheranno le loro carte, senza scherzi e «al lupo al lupo». © RIPRODUZIONE RISERVATA L'oro tedesco? Lascia Parigi e torna a Francoforte ( m.sab. ) La Bundesbank ha riportato a Francoforte gran parte delle proprie riserve auree, secondo quanto comunicato dalla stessa Banca centrale. Le riserve tedesche, pari a 3.378 tonnellate d'oro per un valore di circa 140 miliardi di euro, furono trasferite fuori dal Paese all'apice della Guerra fredda, in luoghi come New York, Londra o Parigi, ritenuti più sicuri nell'eventualità di una possibile invasione della Germania da parte dell'Unione Sovietica. Tuttavia nell'opinione pubblica tedesca è andato crescendo il malcontento per la permanenza all'estero delle riserve. A conclusione di un'operazione durata cinque anni la Bundesbank ha riportato a Francoforte 674 tonnellate d'oro depositate presso la Banque de France e la Federal Reserve di New York. Il deposito di Parigi è stato definitivamente chiuso. Ora nelle camere di sicurezza della banca centrale tedesca si trova oltre la metà delle riserve auree pari a 1.710 tonnellate (50,6%). La parte rimanente, 1.236 tonnellate (36,6%) rimarrà indefinitamente a New York e 432 (12,8%) a Londra. Durante la guerra fredda fino al 98% delle riserve auree tedesche è arrivato a essere depositato all'estero; la fetta più consistente, circa 931 tonnellate, fu rimpatriata nel 2000 dalla Bank of England. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/08/2017 - 24/08/2017 7
24/08/2017 diffusione:97980 Pag. 1.7 tiratura:140038 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA AL MINISTRO DELL'ECONOMIA PORTOGHESE Cabral: Portogallo aperto agli investimenti esteri (anche cinesi), l'Europa ci segua Gianluca Di Donfrancesco Pagina 7 Quando il premier portoghese Antonio Costa promise di tagliare il deficit pubblicoe allo stesso tempo di farla finita con l'austerity della Ue, pochi erano pronti a scommettere su di lui. Eppure oggi Lisbona rispetta le regole di bilancio dell'Eurozona, con un disavanzo al 2% del Pil,e il suo Governo ha riportato pensioni, stipendi e orari di lavoro del settore statale ai livelli pre-crisi. Il Pil cresce del 2,8% annuo, la disoccupazione (8,8%) è stata dimezzata in 4 annie il suo sistema produttivo viene premiato da investitori come Volkswagen, che ieri ha presentato a Villa Erba (sul lago di Como) il suo nuovo crossover ( si veda l'articolo sotto ). Lo produrrà a Palmela, con uno stanziamento di circa 770 milioni di euro che «creerà 2mila posti di lavoro diretti e ancora di più nell'indotto», sottolinea il ministro dell'Economia, Manuel Caldeira Cabral, nella sede del Sole 24 Ore. Ha qualcosa da dire a chi parlava di voodoo economicsa proposito delle promesse del Governo? «I risultati che abbiamo ottenuto dimostrano che era possibile una politica alternativa all'austerity radicale predicata in Europa, una politica moderata che ha consentito una crescita più alta, che ha permesso di restituire reddito ai lavoratori e ai pensionati e soprattutto concentrata sulla promozione degli investimenti. E adesso abbiamo una crescita basata su esportazioni, che aumentano del 12,5% su base annua, e su livelli record di incremento degli investimenti,a tassi superiori al 9% su base annua nei primi mesi del 2017. Il fattore chiave per la ripresa era ricostruire nei cittadini e negli investitori la fiducia che in Portogallo avremo regole certe, vale a dire che non ci saranno nuove tasseo misure di austerity, ma anche che continueremo a contenere il deficit. Una politica responsabile e moderata, quindi, che ci permette di liberare parte del nostro potenziale di crescita, anziché soffocarla, e di creare posti di lavoro. Siamo su un cammino di crescita sostenibile, in parte alimentata dai consumi, ma soprattutto dall'accelerazione degli investimenti e delle esportazioni. Come risultato Volkswagen ha scelto il Portogallo per produrre il suo nuovo modello. Volkswagen è uno dei più grandi esportatori del Portogallo e un grande investitore. Il fatto che abbia deciso di raddoppiare la propria capacità produttiva qui indica diverse cose: la primaè che hanno fiducia nel Paese, la seconda è che la fabbrica che avevano in Portogallo è competitiva, la terza è la competitività generale del Paese. Questo vale per Volkswagen come per gli altri gruppi che stanno potenziando la loro capacità produttiva in Portogallo, come Renault, Psa e Mitsubishi, che ha scelto il Portogallo per produrre il suo nuovo veicolo commerciale completamente elettrico. Ma ci sono molti altri esempi, come Bosch o Thales, concentrati sull'auto e sulla componentistica, ma anche nell'engineeringe nell'aeronautica. Quello cheè interessante è che il Portogallo sta diventando un hub nella supply chain della componentistica e sta attraendo i fornitori tedeschi e francesi dei grandi gruppi dell'auto. Ma ci sono anche nuovi investimenti in altri settori, compreso lo sviluppo del software, con legami importanti con le università: Bosch ha creato 400 posti di lavoro nel suo centro ricerche nel Nord del Portogallo. Germania, Franciae Italia sono preoccupate dalle acquisizioni cinesi in Europa e stanno chiedendoa Bruxelles nuove regole per proteggerei settori strategicie tecnologici. Qual è la posizione del Portogallo? Noi siamo aperti a investimenti, commercio e a chiunque voglia venire in Portogallo: siamo un Paese molto aperto e siamo molto orgogliosi di esserlo. La nostra posizione non cambierà e vorremmo che l'Europa la condividesse: vogliamo un'Europa aperta e vogliamo che l'Europa faccia da guida per il mondo. Abbiamo molti investimenti cinesi, che in Portogallo hanno trovato una porta per entrare nel mercato europeo. Non sono venuti qui per rubare le nostre tecnologie. Anzi hanno aiutato le nostre aziende a crescere e a espandersi nel mondo. Le capacità finanziarie cinesi si sono combinate con la capacità dei portoghesi di lavorare in contesti culturali molto diversi. Comprendo alcune delle preoccupazioni che Italia o Germania possono avere e penso che forse dovremmo rivedere le regole Ue sulla concorrenza. Ma in nessun caso per SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/08/2017 - 24/08/2017 8
24/08/2017 diffusione:97980 Pag. 1.7 tiratura:140038 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato rendere l'Europa meno aperta agli investimenti. L'Europa dovrebbe essere in grado di proteggere la propria tecnologia, ma forse in un modo diverso piuttosto che bloc- cando gli investimenti da altre aree economiche. In una fase in cui vediamo negli Stati Uniti segnali di chiusura, l'Europpa dovrebbe dare un esempio di apertura. Il Portogalloè pronto alla fine del Qe della Bce? Dobbiamo esserlo,è per questo che stiamo lavorando per mettere in ordinei nostri conti pubblici. Abbiamo già un surplus primarioe il deficit scenderà all'1,5% del Pil quest'anno e siamo impegnati a tagliare il debito (oggi al 130% del Pil, ndr ). È interessante anche che stia significativamente aumentando il debito detenuto dai portoghesi, segno che stiamo riuscendo a ricostruire la fiducia dei cittadini nel nostro debito pubblico. In Portogallo i movimenti populisti non hanno grande presa. Come se lo spiega? Di fronte alla crisi, i portoghesi non hanno cercato altria cui dare la colpa. Abbiamo riconosciuto che c'erano cose che dovevamo cambiare e ci siamo impegnati a fondo nelle riforme strutturali, con il sostegno dei cittadini. Questo non significa che eravamo d'accordo con tutto quello che la Ue chiedeva. Penso che la Ue abbia sbagliato molto nella risposta alla crisi e ora stiamo negoziando all'interno della Ue per cambiare quello che crediamo vada cambiato. Ma non abbiamo aspettato che la Ue cambiasse per modernizzaree semplificare la macchina statale e per le altre riforme che servivano alle imprese e alle generazioni più giovani perché avessero prospettive di lavoro.E abbiamo molto insistito su un modello di crescita inclusiva. I partiti tradizionali, poi, si sono rinnovati e sono riusciti a dare risposte accettabili ai problemi della gente. Ma dobbiamo continuare a lavorare per migliorare il sistema politico ed essere sempre più trasparenti perché nessunoè al sicuro dal populismo. Il Governo ha fatto promesse che potevano essere mantenutee le ha mantenute. Il Portogallo ha dimostrato che un'alternativa c'è sempre, ma questo non significa che si può fare tutto quel che si vuole: bisogna costruire alternative realistiche senza scommettere sul populismo. La ripresa 2,8 2,2 1,9 1,7 Pil, dati trimestrali, variazione percentuale annua 3,5 2,5 0,5 Fonte: Ine 2015 PORTOGALLO EUROZONA 1,7 1,9 1,9 1,6 III 1,4 IV 2016 1,7 0,9 1,0 II 2,0 1,7 1,7 III 1,9 IV 2,8 1,9 2017 II 9 Il Portogallo ha aumentato le sue esportazioni del 12,5% su base annua. Maèa livelli record anche l'incremento degli investimenti,+ 9% su base annua nei primi mesi del 2017 Foto: REUTERS Ministro Manuel Caldeira Cabral SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/08/2017 - 24/08/2017 9
24/08/2017 diffusione:97980 Pag. 1 tiratura:140038 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato SE L'UNICA CERTEZZA È IL FLOP Guido Gentili Dal Piano Marshall per il lavoro dei giovani, ci si poteva aspettare- data la posta in gioco, ad altissima sensibilità sociale - un annuncio forte da Rimini del ministro del Lavoro Giuliano Poletti. Ma così nonè stato. Il ministro, nel solco di quanto sembra maturarea livello tecnico e politico in vista della manovra, ha parlato di dimezzamento della contribuzione, di un impatto di 2 miliardi del bonus, di partita ancora "aperta" sui limiti di età dei beneficiari, di 300 mila nuovi posti di lavoro. Infine ha confermato che- sempre peri giovani-è allo studio la "pen- sione di garanzia". Tutto quadra? No,a partire dai numeri speranzosi della carica dei 300 mila. E più che la scossa per dare un futuro di lavoro vero ai giovani si vede all'orizzonte la campagna elettorale, dove la ricerca del consenso distribuisce più mance che terapie utili per rafforzare la ripresa. Giovani, meno giovanie anziani. Ce ne sarà per tutti, e anche il presidente dei deputati di FI, Renato Brunetta, lo fa capire nella sua letteraa pagina 5. Tante piccole promesse. Ma una cosa grandee garantita, se davvero finirà così, la potremo mettere agli atti: un flop. SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/08/2017 - 24/08/2017 10
24/08/2017 diffusione:97980 Pag. 1.21 tiratura:140038 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Tlc. Doppia memoria a Palazzo Chigi: i francesi non controllano il gruppo italiano Tim-Vivendi, risposta al governo: «Non si applica la golden power» Il giudizio sui poteri speciali atteso a inizio settembre IL DOCUMENTO Non sono in discussione i vincoli per la sicurezza nazionale e la difesa La notifica a Bruxelles irrilevante ai fini della vicenda Andrea Biondi Celestina Dominelli Il messaggio è chiaro: Vivendi non controlla Telecom Italia né l'avvio dell'attività di direzione e coordinamento da parte del colosso francese sulla telco ha comportato un mutamento degli assetti proprietari o un trasferimento degli attivi strategici oggetto della disciplina della golden power. Ergo: non esistono i presupposti affinché il governo eserciti le possibili misure interdittive previste dalla normativa. Nella corposa documentazione fatta recapitare ieri al gruppo di coordinamento di Palazzo Chigi, lo stuolo di legali assoldato dalle due società avrebbe sostanzialmente ribadito quanto affermato in queste settimane e già evidenziato nel parere pro-veritate inviato agli inizi di agosto alla Presidenza del consiglio dei ministri e firmato da due giuristi come Sabino Cassesee Andrea Zoppini. Da parte sua, Telecom ha trasmesso ai tecnici del governo una nuova memoria e un aggiornamento di quel documento, mentrei francesi di Vivendi si sono affidati allo studio Chiomenti e all'avvocato Filippo Modulo per costruire la propria difesa messa nero su bianco in tre diversi pareri pro-veritate. Con una conclusione non molto dissimile: rimarcare che le norme sui poteri speciali, relativamente alle telecomunicazioni, non si applicano ai soggetti comunitari e che comunque l'avvio della direzione e coordinamento di Vivendi non equivalea una presa di controllo ma va letta come un mero fatto giuridico. La replica di Tim, rispetto alla richiesta del gruppo di coordinamento che chiama in causa - diversamente da quanto fatto dal ministero dello Sviluppo Economico nella richiesta di avvio dell'istruttoria -, la notifica formulata a marzo, ai fini antitrust, da Vivendi alla Commissione europea del controllo «de facto» sul gruppo di tlc, parte chiarendo innanzitutto l'ambito di applicazione della golden power. Secondo l'azienda, infatti,a questo caso non si applicherebbero i poteri speciali relativi ai comparti della sicurezza nazionalee della difesa dal momento che gli attivi in capoa Tim- e in particolare alla sua controllata Telecom Sparkle che gestisce 600mila chilometri di cavi sottomarini in cui viaggiano dati sensibili- non rientrebbero,a detta della società, tra quelli contemplati da quella parte della normativa sui poteri speciali. Quanto al nodo del controllo notificato da Vivendi a Bruxelles, per i legali di Tim la questione sarebbe irrilevante alla luce della disciplina della golden power perché l'articolo2 del decreto 21 del 2012, quello relativo ai poteri speciali nell'energia, nei trasporti e nelle tlc, non si applica ai soggetti comuni- tari e dunque non potrebbe essere fatto valere nei confronti di Vivendi. La società transalpina comunque, rammenta la memoria, ha rimarcato più volte (non ultimo alla Consob nelle scorse settimane) di non controllare ai fini civilistici l'azienda di tlc. Né, si legge ancora nel documento, l'avvio dell'attività di direzionee di coor- dinamento dei francesi, su cui si era appuntata l'attenzione del Mise, ha modificato la disponibilità degli attivi strategici che s'incrociano con la normativa sul golden power. In sostanza, è la linea delle due aziende assolutamente allineate su questo, la direzione e coordinamento è un fatto che attiene agli assetti organizzativi e amministrativi dell'impresa, al pari dell'attribuzione di deleghe al presidente Arnaud de Puyfontaine e della nomina di Amos Genish a direttore operativo della società, com'era stato evidenziato anche nel parere di Zoppini e Cassese. Nessun mutamento significativo, quindi, degli assetti proprietari o della titolarità degli asset interessati dalla disciplina dei poteri speciali. Fin qui, dunque, la risposta di Tim-Vivendi. Ora la palla passa al gruppo di coordinamento che, nel frattempo, ha acquisito anche gli elementi tecnici delle amministrazioni competenti per materia. In sostanza, a Palazzo Chigi sono arrivate anche le relazioni dei ministeri interessati(Sviluppo Economico, Difesa, Interno ed Economia) che serviranno a chiudere questa prima fase. L'obiettivo del gruppo è di concludere le proprie valutazioni per gli inizi di settembre in modo da consegnare alla presidenza del Consiglio tutti gli elementi necessari per il verdetto finale. SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/08/2017 - 24/08/2017 11
24/08/2017 diffusione:97980 Pag. 1.21 tiratura:140038 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Telecom Italia Andamento del titolo a Milano 0,89 0,86 0,83 0,80 ?,?? 0,844 24/7/17 0,817 23/8/17 Foto: IMAGOECONOMICA Foto: Il doppio riassetto. Telecom Italia verso nuovi equilibri industriali e di governance SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/08/2017 - 24/08/2017 12
24/08/2017 diffusione:97980 Pag. 23 tiratura:140038 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Mario Moretti Polegato Fondatore e presidente di Geox INTERVISTA «Reciprocità negli investimenti esteri Geox vuole rafforzarsi in Cina e Giappone» «Niente protezionismo: l'Europa deve accorpare le sue eccellenze per competerea livello globale» Katy Mandurino «Non dobbiamo aver paura degli investimenti extraeuropei in Italia o in Europa; siamo in un'economia globalizzata dove decide il mercato. E dove si deve tener conto che questi investimenti possono anche essere utili a sviluppare e potenziare nuovi settori. Detto questo, investire nel mercato richiede il rispetto di regole internazionali e del principio di reciprocità. E, nel caso in cui si parli di investimenti che impattano con settori strategici, è necessario un controllo europeo, ma che sia regolamentato dall'istituzione comunitaria, non dal singolo stato membro. Così come avviene negli Stati Uniti o in Cina». È diretto e pragmatico - come nel suo stile - Mario Moretti Polegato, presidente di Geox, dopo che Italia, Francia e Germania hanno condiviso un documento che chiede alla Commissione Europea un rafforzamento dei poteri d interdizione verso Paesi che operano secondo regole non di mercato. L'imprenditore veneto, a capo di un impero conosciuto in 115 Paesi, da 900 milioni di fatturato e 30mila dipendenti, parla di controllo degli investimenti ma è contro ogni limitazione e ogni protezionismo. Presidente, come ci si può difendere? Diventando più forti. Quello che dobbiamo evitare è di cadere nella trappola del protezionismo. L'Europa deve accorpare le sue eccellenze per competere con gli Stati Uniti, con la Cina, con l'India, e soprattutto creare dei campioni europei capaci. La globalizzazione non si ferma, è un processo inarrestabile e le decisioni europee non possono più essere solo politiche o governative, ma anche decisioni di mercato. Geox è certamente un campione europeo. E anche di investimenti. Il mercato impone di non fermarsi mai e di dare al consumatore ciò che chiede. Geox sta procedendo da una parte ad una ottimizzazione della rete, con crescita sul canale multimarca, che stimiamo possa essere dell'8%, e online; registriamo ottime performance in Russia e nell'Est Europa, ma anche in Cina (l'export è al 70%, ndr). E soprattutto cresciamo nell'e-commerce, salito del 30% nei primi sei mesi del 2017 rispetto a tutto il 2016. Dall'altra parte, ci stiamo focalizzando sull'aumento della redditività e sul costante controllo dei costi. Stiamo procedendo al rafforzamento della squadra manageriale, soprattutto in Cina e Giappone, mercati dove vogliamo investire di più, anche per bilanciare l'asset del brand. In questi Paesi manterremo i nostri canali di vendita: una parte sui multimarca e una parte sull'e-commerce. Quale sarà il bilanciamento tra queste parti ce lo dirà il mercato, ci adegueremo a quello che chiederà il consumatore. Su cosa puntate? Abbiamo sempre privilegiato il concetto di benessere attraverso la tecnologia della respirazione, su cui continuiamo a lavorare con nuovi brevetti. Ora vogliamo entrare di più nel mercato femminile, che abbiamo seguito poco rispetto al mondo del bambino e dell'uomo. Il mercato della calzatura femminile copre più del 60% del totale del settore, mentre il restante 40% è frazionato tra uomo e bambino. Ma non vogliamo fare moda; piuttosto, introdurre uno stile. La moda è qualcosa che passa, è a rischio, lo stile so- no tutte le cose che ci abbelliscono e che ci fanno star bene. Avete alle spalle una cassaforte, la Lir, holding della famiglia Polegato, molto solida. Pensate a investimenti imminenti? La Lir (che detiene il 71% di Geox e il 100% di Diadora e del gruppo immobiliare Domicapital, ndr) ha una liquidità importante, circa 390 milioni di cash. Denaro finanziario puro che siamo disposti ad investire quando il mercato si sarà assestato. Ora ci sono troppe turbolenze, sia nel settore industriale, che in quello immobiliare o finanziario. Se si presenta una occasione per noi interessante la cogliamo; per il momento stiamo a guardare e restiamo conservativi. Lei partecipa ogni anno all'appuntamento di Davos, insegna nelle università internazionali, parla di innovazione a tutto tondo. Sappiamo ancora essere innovativi in Italia? Abbiamo inventato la pizza, ma poi le catene internazionali le ha fatte Pizza Hut, siamo il popolo del caffè, ma il business è di Starbacks, con il gelato è successo qualcosa di simile. Voglio dire: continuiamo a generare idee, innovazione, progetti, cultura; fa SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/08/2017 - 24/08/2017 13
24/08/2017 diffusione:97980 Pag. 23 tiratura:140038 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato parte del nostro dna. Ma poi non sappiamo trasformare tutto questo in vero business. Non è imputabile al singolo ma ad una mancanza di cultura sull'importanza della proprietà intellettuale, dei brevetti, concetti che devono entrare nelle scuole. Non sono le idee che mancano, è la progettualità che porta quelle idee al successo, è il metodo. L'AZIENDA La storia Geox nasce nel 1995 fondata da Mario Moretti Polegato. l'imprenditore escogitò la soluzione di forare la suola di gomma delle sue scarpe, per permettere al piede di respirare durante un'escursione sotto il sole di Reno, in Nevada. La presenza geografica Geox nasce in Italia ma con una forte vocazione internazionale: oltre il 65% dei ricavi è realizzato all'estero, in più di 110 paesi. Il gruppo attua una strategia distributiva diversificata nei singoli mercati al fine di promuovere in modo coerente il marchio presso il consumatore finale; Geox (dati 2015) è presente in circa 10.000 punti vendita multimarca e 1.157 negozi monomarca. Lo spaccato dei ricavi Geox 451.120 450.275 Ricavi in migliaia di euro I SEMESTRE 2016 30.076 6,7% 195.811 43,5% 143.609 31,9% 80.779 17,9% Nord America Europa* Italia Altri paesi I SEMESTRE 2017 28.434 6,3% 198.949 44,1% 137.032 30,4% 86.705 19,2% (*) Europa include: Austria, Benelux, Francia, Germania, Gran Bretagna, Penisola iberica, Scandinavia, Svizzera Fonte: dati societari Foto: FOTOGRAMMA Foto: Made in Italy. Mario Moretti Polegato, presidente di Geox SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/08/2017 - 24/08/2017 14
24/08/2017 diffusione:194011 Pag. 16 tiratura:288313 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La ripresa europea Draghi: la politica Bce ha salvato l'euro ma la Germania chiede la fine del Qe Il governatore: "Un successo le scelte non convenzionali di Ue e Usa sulla moneta" La Bundesbank preme per arrestare gli acquisti: "Nessun bisogno di proseguire nel 2018" Domani il banchiere italiano a Jackson Hole Atteso un discorso sul tema dello sviluppo DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE TONIA MASTROBUONI BERLINO. Mario Draghi non è un appassionato di pesca come Paul Volcker, ma quando ci va, sembra considerare Jackson Hole un appuntamento importante. Negli ultimi due anni ha deciso di saltare l'annuale simposio della Fed del Kansas, quest'anno ci torna per parlare di crescita. E gli economisti, gli analisti e gli investitori di tutto il mondo penderanno dalle sue labbra, alle nove di sera di domani. Tutti sperano di avere una qualche indicazione sulle prossime mosse di politica monetaria della Bce. Creato all'inizio degli anni Ottanta tra i monti del Wyoming per attrarre geniali banchieri centrali con la passione per le trote, come l'allora presidente della Fed Volcker, Jackson Hole potrebbe riservare qualche sorpresa. Tre anni fa, Draghi pronunciò lì un discorso considerato storico. Ammise che il lato dell'offerta, alimentato dalle sue politiche monetarie, non bastava a risollevare le sorti dell'economia europea. Ci voleva una forte spinta della domanda, ci volevano investimenti, consumi, soprattutto da parte di Paesi con margini nei conti pubblici. Ogni riferimento alla Germania non era casuale. Dagli anni '80 Jackson Hole è diventato uno degli appuntamenti più importanti per discutere di politica monetaria, anche se il contesto si è capovolto. Volcker ingaggiò la sua battaglia della vita contro un'inflazione pesante che opprimeva l'economia americana, vincendola a suon di rialzi dei tassi. Oggi molti economisti, anche nella Bce, si interrogano su un fenomeno opposto e inquietante, che insinua uno scenario 'giapponese'. La ripresa c'è, negli Stati Uniti e nell'area dell'euro, e si sta irrobustendo. Ma non sta portando con sé un aumento dell'inflazione altrettanto solido - a luglio è risultata inchiodata all'1,3% - né una ripresa dell'occupazione a ritmi soddisfacenti. Il timore di una "secular stagnation", di una stagnazione secolare, non è più soltanto oggetto di dotte disquisizioni accademiche. È uno spettro che si aggira per l'Europa. Draghi potrebbe dunque pronunciare di nuovo un discorso forte, sul tema della crescita. Ma sulla traiettoria futura delle sue mosse di politica monetaria, molti fattori sembrerebbero indurlo ancora alla prudenza. Oltre all'inflazione debole, che sconsiglierebbe un'accelerazione dell'uscita dall'emergenza, Draghi affronta un altro nemico che potrebbe alimentare la sua cautela: un euro troppo forte, che potrebbe indebolire il recupero economico in corso. Insomma, anche se i mercati segnalano che la scarsità di bond tedeschi e portoghesi potrebbe costringere la Bce a ridurre comunque il ritmo degli acquisti, non è detto che Draghi se ne faccia influenzare. Ieri il banchiere centrale italiano, intanto, si è tolto qualche sassolino dalla scarpa davanti a una platea prevalentemente tedesca, quella del simposio dei premi Nobel di Lindau. Draghi ha ricordato l'efficacia di alcune scelte di politica monetaria contestate dalla Bundesbank e spesso criticate dal governo Merkel, persino bocciate dalla Corte costituzionale di Karlsruhe (è il caso, a Ferragosto, del verdetto sul Quantitative easing). «Una robusta letteratura empirica - ha scandito dimostra il successo della forward guidance», l'indicazione sulla traiettoria di politica monetaria introdotta con la Grande crisi. Soprattutto, testimonia l'efficacia del Qe, il Quantitative easing, «nel sostegno dell'economia e dell'inflazione sia negli Usa sia nell'area dell'euro». Le Banche centrali, ha precisato Draghi, «hanno riparato la rottura dei meccanismi di trasmissione finanziaria» che a lungo hanno impedito al credito di funzionare, ma che hanno anche minacciato l'euro. In particolare il contestato scudo anti spread Omt - su cui la Bundesbank ha votato contro - ha «spezzato il rischio ridenominazione», un modo tecnico per dire la fine dell'euro. Insomma, «quando il mondo cambia SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/08/2017 - 24/08/2017 15
24/08/2017 diffusione:194011 Pag. 16 tiratura:288313 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato come dieci anni fa, la politica monetaria deve essere adeguata» e in grado di adottare «uno sguardo lucido» senza difesa «dei paradigmi passati» che hanno spesso obnubilato la Bundesbank. E proprio Jens Weidmann è tornato ieri a far sapere la sua opinione sul Qe. Siamo d'accordo, ha detto in un'intervista alla Boersen-Zeitung, che l'uscita dagli acquisti dovrà essere «graduale» per non scombussolare i mercati. Tuttavia il tedesco ha precisato di aver dedotto «dalle stime di giugno» che «non c'è un bisogno acuto di proseguire con le attuali misure», in particolare di «continuare gli acquisti di bond anche l'anno prossimo». Weidmann conviene che su questa delicata partita «un piano chiaro» sia importante, nella comunicazione con i mercati. Forse anche l'unità d'intenti, per una volta. 4.500 4.000 3.500 3.000 2.500 2.000 Che cosa è il Quantitative easing Il Quantitative easing, o alleggerimento monetario, è il programma con cui la Bce acquista titoli di debito degli Stati e delle aziende per stimolare l'economia Gli acquisti "gonfiano" la Banca centrale (Bilancio Bce in miliardi di euro) 1.500 2010 dic 60 mld al mese Il ritmo degli acquisti della Bce 2011 dic 2012 dic Marzo 2015 la data di inizio del Qe 2013 dic 2014 dic 2015 dic 4.265, 7 miliardi (agosto) 2016 dic 2017 dic 3% 2% 1% 0% Obiettivo 2% ancora lontano L'obiettivo ultimo della Bce è quello di por tare l'inazione in prossimità della soglia del 2%. Gli ultimi dati mostrano che il livello dei prezzi "core" dell'eurozona, al netto di alimentari e energia, è ancora distante 2010 2011 2012 2013 2014 2015 Marzo 2015 La data di inizio del Qe 2016 +1,3% (luglio) 2017 F e: B ©RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: EUROTOWER Il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/08/2017 - 24/08/2017 16
24/08/2017 diffusione:141347 Pag. 22 N.36 - 24 agosto 2017 tiratura:219862 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Tutti i padri del Pil orfano della logica La buona crescita economica del secondo trimestre è stata rivendicata dagli esponenti dell'esecutivo. E anche da quello precedente. Ma questa corsa ad accaparrarsi i meriti, nasconde alcuni dati negativi e dimostra una certa ignoranza. Luca Ricolfi di pochi giorni fa la notizia, comunicata dall'Istituto centrale di statistica, che la velocità di crescita del Pil, calcolata fra il 2° trimestre 2017 e il 2° trimestre 2016, avrebbe toccato l'esaltante tasso dell'1,5 per cento (più 0,4 per cento rispetto al trimestre precedente), un valore più alto di quelli fin qui previsti dal governo, dalla Commissione europea, dalla Banca d'Italia, dalla Confindustria, dall'Ocse e dal Fondo monetario internazionale. Su questa notizia si sono immediatamente lanciati, con un balzo felino, i politici del governo attuale e quelli del governo precedente, peraltro in molti casi le medesime persone. Il più giulivo (e prolisso) è apparso Matteo Renzi, che con il suo tipico linguaggio-telegramma scrive: «Il tempo è galantuomo: basta saper aspettare. Oggi i dati Istat dicono che la strategia di questi anni produce risultati. Flessibilità, non austerity. Giù le tasse a ceto medio e imprese che investono. Scommettere sulla crescita, non sul declino. I risultati arrivano, il tempo è davvero galantuomo. Oggi sarebbe facile domandarsi: chi aveva ragione ad alzare la voce in Europa e a combattere per la flessibilità? Sarebbe facile, ma non servirebbe a nulla. I millegiorni hanno rimesso in moto l'Italia, ma noi vogliamo correre. Perché questo Paese ha tutto per farcela. Non ci serve che ci diano ragione per il passato, ci serve che ci diano ascolto per il futuro. Noi ci siamo». Più concisa Maria Elena Boschi, che constata: «Con i governi di prima il Pil era meno 2 per cento. Oggi il Pil cresce più del previsto. Avanti, insieme». È giustificato tanto entusiasmo? Sì e no. Sì, perché ovviamente è meglio crescere dell'1,5 per cento che dell'1. Ma soprattutto perché, rispetto a qualche anno fa, la situazione dei bilanci familiari è effettivamente migliorata, e di molto: quando Renzi ha preso le redini del governo, disarcionando Enrico Letta, le famiglie che non arrivano alla fine del mese erano il 30 per cento, oggi sono esattamente la metà, più o meno quante erano prima della crisi (mi sono sempre chiesto perché questo dato, così favorevole all'esecutivo, non venga mai citato dai lodatori del renzismo). No, perché basta un rapido confronto con gli altri Paesi europei per rendersi conto che andiamo malissimo. Il nostro tasso di crescita resta fra i più bassi in Europa e, per la prima volta dacché esistono statistiche del lavoro, l'Italia risulta il Paese europeo con il tasso di occupazione più basso, un primato che il nostro Paese ha conquistato precisamente a conclusione del triennio renziano. Ma lasciamo da parte il gioco del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, che ognuno gioca a modo suo. E lasciamo anche da parte la ridicola pretesa dei governanti di stabilire nessi causali, come se non sapessero (ma forse davvero non lo sanno), che là dove loro enunciano certezze gli specialisti di «analisi delle politiche pubbliche» (così si chiama la disciplina che si occupa di stabilire se una politica pubblica produce o no i risultati che vuole raggiungere) quasi sempre sono costretti a riconoscere, mestamente, che non ci sono abbastanza dati per stabilire se una certa politica ha prodotto certi effetti oppure no. Quel che trovo davvero interessante nelle chiacchiere sul Pil è che, non solo in questa occasione, ma quasi sempre e quasi universalmente, le previsioni dei centri studi più accreditati non si realizzano. E questo non solo, come è comprensibile, quando si tratta di prevedere quanto crescerà un Paese l'anno prossimo, o fra due anni, o fra tre, ma persino quando si tratta di prevedere quanto un Paese crescerà nell'anno in corso. Una volta mi sono divertito a confrontare i tassi di crescita previsti dai (presumo sofisticati) modelli econometrici degli organismi internazionali con le previsioni di quello che mi piace chiamare il «modello econometrico dell'uomo della strada», ossia un modello che dicesse semplicemente: nell'anno t+1 ogni Paese crescerà più o meno come è cresciuto nell'anno t. Ebbene, le previsioni di un tale, ultra-semplicistico, modello non erano né migliori né peggiori di quelle ufficiali, a conferma che nessuno è in grado di fare previsioni affidabili. Del resto, come si fa a non restare sconcertati quando, in un mondo in cui la crescita è molto bassa, in pochi mesi si passa da una SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/08/2017 - 24/08/2017 17
24/08/2017 diffusione:141347 Pag. 22 N.36 - 24 agosto 2017 tiratura:219862 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato previsione dello 0,8 per cento a una previsione dell'1,5? Su questo, forse, non sarebbe male che il mondo dell'informazione facesse un po' di autocritica. Che un Paese vada meglio delle previsioni non è, di per sé, una buona notizia, come non lo è che vada peggio. Se la Cina cresce del 6 per cento anziché del 7 previsto dagli esperti non vuol dire che l'economia cinese vada male. E se un Paese come la Grecia cresce dello 0,2 in più rispetto alle previsioni degli esperti non vuol dire che la sua economia sia in salute. Che l'ottimismo e il pessimismo sullo stato di un'economia siano regolati dagli scostamenti, positivi o negativi, rispetto alle previsioni degli esperti è semplicemente illogico. Se una nazione va meglio del previsto, la vera notizia non è che l'economia del Paese funziona, ma che le previsioni erano sbagliate, come quasi sempre accade. Per dire che un Paese va bene o va male la prima regola è confrontare l'andamento dei suoi «numeri» - reddito, occupazione, debito pubblico, esportazioni - con quelli degli altri Paesi. Una regola che, guarda caso, nessun uomo di governo italiano si azzardaa seguire.2,3% La crescita media del Pil europeo nel secondo trimestre 2017. Fanalino di coda il Belgio (+1,4%), penultima l'Italia (1,5%). Per il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan si è trattato del tasso di crescita economica «più sostenuto dall'inizio della crisi». Foto: Per il premier Paolo Gentiloni la crescita del Pil «è una buona base per rilanciare economia e posti di lavoro». Foto: Il segretario del Pd ed ex premier Matteo Renzi ha commentato che «il tempo è galantuomo: basta saper aspettare». SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/08/2017 - 24/08/2017 18
24/08/2017 diffusione:141347 Pag. 26 N.36 - 24 agosto 2017 tiratura:219862 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Ma com'è avere un padrone cinese? Dal 2012 Weichai ha iniettato 500 milioni di risorse nel gruppo nautico Ferretti. E dopo otto anni e 24 nuovi modelli l'azienda è tornata all'utile. Un mix di capitale asiatico e know how tricolore che sta funzionando. L'amministratore delegato Alberto Galassi ci racconta perché. a che cosa mi ripetono i nostri azionisti cinesi ogni volta che li incontro? Di continuare a investire in tecnologia e ricerca e sviluppo. Non lo chiedono, lo pretendono». I cinesi di cui parla l'avvocato Alberto Galassi, dal 2014 amministratore delegato di Ferretti Group, sono i vertici di Weichai, tra i maggiori gruppi manifatturieri del Celeste impero con un fatturato di 20 miliardi di dollari, che nel gennaio 2012 hanno rilevato gli yacht «made in Forlì» colpiti (e quasi affondati) dalla mareggiata della crisi economica e dalle scelte sbagliate delle precedenti proprietà. Da allora Weichai non ha mai smesso di cementare la solidità di Ferretti iniettando 500 milioni di euro, compreso un aumento di capitale da 80 milioni, di cui 50 sono finiti proprio in ricerca e sviluppo. Uno sforzo finanziario enorme, che ha portato negli ultimi tre anni al lancio di 24 nuove barche (nove modelli Riva, sei Ferretti, cinque Pershing e quattro Custom Line) e al primo esercizio in utile dopo otto di perdite. Lo scorso anno il valore della produzione del gruppo Ferretti è stato di 562,5 milioni di euro, il 36 per cento in più del 2015, con un utile netto di 14,1 milioni e «nei primi sei mesi di quest'anno i profitti netti sono già balzati a 14,3 milioni, con il 70 per cento del giro d'affari legato a nuovi modelli» aggiunge Galassi. Risultati che mostrano come in questo caso l'innesto di capitali asiatici su know how italiano stia funzionando alla perfezione, superando il luogo comune degli investitori cinesi più interessati alla quantità che alla qualità e desiderosi soltanto di spostare preziose produzioni in Asia. Nessun «pericolo giallo» per Ferretti? I cinesi non sono stupidi, sanno molto bene che cosa non devono fare. Per questo non entrano mai nel merito del prodotto, ma pretendono solo che non si fermino gli investimenti in tecnologia, ricerca e risorse umane. Anche perché chi si occupa del prodotto in Ferretti è già il massimo. La gestione dello sviluppo di nuovi modelli è stata affidata all'ingegner Piero Ferrari (figlio del mitico Drake, ndr) che nel 2016 con la sua holding F Investments ha rilevato il 13,2 per cento di Ferretti da Weichai. Difficile avere un partner migliore nel campo dello stile made in Italy. Ma i cinesi avranno qualche difetto... Sicuramente l'ossessione per il controllo. Le faccio un esempio: ogni 10 del mese vogliono un report molto dettagliato sull'attività del mese precedente. E su questo non transigono. Eppure quando Ferretti finì in mani asiatiche, in molti pensarono che l'azienda era arrivata al capolinea. È vero, però mi lasci dire che in quel momento nessun investitore italiano si fece avanti, mentre ora in tanti vorrebbero entrare nel capitale di un gruppo risanato che macina utili. Ma non ci sono spazi. Certo, all'inizio avere Weichai come azionista ci ha dato grande credibilità e ha spinto le vendite in Asia. Adesso, invece, vendiamo perché siamo noi e siamo bravi in quel che facciamo. Quanto vale per voi il mercato asiatico? Circa il 20 per cento del fatturato, contro il 55 di Europa e Middle East e il 25 delle due Americhe. E prevediamo di crescere ancora anche se le assicuro che l'armatore cinese è un vero osso duro. In che senso? Beh, i cinesi non prendono il sole, è raro che vadano al mare e soprattutto non amano navigare. La barca la utilizzano per rappresentanza, mai per dormirci e spesso al posto della cabina armatoriale creiamo un grande salone per il karaoke. Alcuni, poi, non vogliono neppure i motori tanto lo yacht non uscirà mai dal porto. Più su misura di così... È per questa creatività che la nautica italiana sta vivendo un momento d'oro. Il mercato cresce a una cifra e noi a due quindi siamo un po' più bravi degli altri. Detto questo, sono contento perché c'è mare per tutti. Il prossimo 21 settembre aprirà il Salone nautico di Genova, ma Ferretti lo diserterà per la seconda volta. Molti vi criticano per questa scelta esterofila. Questa diatriba su Genova è davvero la cosa più lontana che ci sia dai miei pensieri. Ma stavolta le faccio io una domanda: a che cosa servono le fiere di settore? A trovare nuovi clienti, immagino. Appunto! Ma se a settembre ci sono già gli appuntamenti di Montecarlo e Cannes, mi spiega il senso di partecipare anche a quello di Genova che non offre né la logistica né la ricettività degli altri due? Però lancio una proposta alle istituzioni liguri: cambiamo SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/08/2017 - 24/08/2017 19
24/08/2017 diffusione:141347 Pag. 26 N.36 - 24 agosto 2017 tiratura:219862 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato data alla manifestazione e ne riparliamo. Il vostro addio ha bloccato anche l'erogazione di fondi pubblici al Salone. Potrei risponderle che di denaro pubblico c'è n'è così poco che andrebbe riservato alle vere emergenze, che sono sotto gli occhi di tutti, e non ai saloni nautici. A proposito di diatribe, è ancora in alto mare l'affaire Fincantieri- Stx, i cantieri navali francesi che Macron non vuol più vender agli italiani. Che cosa ne pensa? Da italiano mi vergogno di vedere un Paese che scambia il diritto con mere questioni commerciali. Detto questo, vista la stima che ho per l'a.d. di Fincantieri Giuseppe Bono gli consiglierei di fare un passo indietro e le assicuro che stavolta saranno i francesi a cercarci. ( Mikol Belluzzi) © RIPRODUZIONE RISERVATA SHOPPING CONTINUO DI PECHINO IN ITALIA: FCA NEL MIRINO A Ferragosto era solo un rumor estivo, ma piùi giorni passano e più l'appetito dei gruppi automotive cinesi per Fca s'irrobustisce. Dopo la smentita di Geely, il gruppo Great Wall Motor ha confermato l'interesse per la casa torinese pur ammettendo che non c'è stato alcun contatto con Sergio Marchionne. Per ora. Un'operazione molto gradita al governo di Pechino, che il 30 settembre porrà fine alle limitazioni sull'export di capitali all'estero imposta a dicembre. La stretta ha dimezzato a poco più di 60 miliardi di euro gli investimenti cinesi nel mondo, frenando anche quelli italiani. Ma se il dossier auto andasse in porto, il 2017 si rivelerebbe un anno record per il nostro Paese dopo che anche il gruppo veneto Permasteelisa è appena passato in mani cinesi. Un'escalation che preoccupa Roma, Berlino e Parigi che ora chiedono alla Commissione europea paletti agli appetiti asiatici. Nella Penisola il primo boom cinese è targato 2014 con oltre 5 miliardi d'investimenti (quote in Eni, Enel, Telecom, Prysmian più l'acquisizione di Ansaldo energia) fino agli 8 miliardi del 2015, anno dominato dalla mega operazione ChemChinaPirelli. Ma anche calcio e moda piacciono. E dopo il passaggio del Milan al cinese Yonghong Li anche l'85 per cento dei gioielli Buccellati ora è in portafoglio alla Gansu Gangtai Holding di Shanghai. Foto: Il giro d'affari 2016 di Ferretti è cresciuto del 36 per cento, a 562,5 milioni di euro Foto: Elaborazione Grafica Di S.Carrara Foto: L'avvocato Alberto Galassi, classe 1964, dopo un passato in Piaggio Aero industries, dal 2014 è al vertice di Ferretti. SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/08/2017 - 24/08/2017 20
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