SALVERÀ L'AMAZZONIA PERCHÉ CI
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Giuseppe Buffon PERCHÉ L’AMAZZONIA CI SALVERÀ Francesco, la Madre Terra e il futuro dell’Occidente
© 2019, Fondazione Terra Santa - Milano Edizioni Terra Santa - Milano Progetto grafico: Elisabetta Ostini Copertina: Paola Lanza (foto Zamurovic Photography/Shutterstock.com) Per informazioni sulle opere pubblicate e in programma rivolgersi a: Edizioni Terra Santa Via Giovanni Gherardini, 5 - 20145 Milano Tel. +39 02 34592679 Fax + 39 02 31801980 www.edizioniterrasanta.it e-mail: editrice@edizioniterrasanta.it Finito di stampare nell’agosto 2019 da CPZ S.p.A., Costa di Mezzate (Bg) per conto di Fondazione Terra Santa ISBN 978-88-6240-705-2
INDICE Introduzione 5 I. Amazzonia, perché? 15 II. Francesco d’Assisi, perché? 29 III. La meraviglia della vita 41 IV. La Madre Terra 55 V. Tutto è in relazione 67 VI. Il libro della Creazione 83 VII. Bellezza performativa 95 Conclusioni 105
Sigle EG = Papa Francesco, Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, 2013. FF = Fonti Francescane, terza edizione rivista e aggiornata, Pado- va 2011. InL = Instrumentum Laboris per l’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per la Regione Panamazzonica, 2019. LS = Papa Francesco, Lettera Enciclica Laudato si’. Sulla cura del- la casa comune, 2015.
INTRODUZIONE Perché l’Amazzonia ci salverà? Ci salverà la sua terra, la sua acqua, la sua vita La riserva idrologica amazzonica rappresenta indubbia- mente la salvezza dell’intero pianeta. La sua foresta è il polmone d’ossigeno dell’umanità: combatte l’accumulo di CO2 nell’atmosfera, uno dei princi- pali fattori del surriscaldamento, in quanto causa dell’effet- to serra. L’Amazzonia, però, costituisce un capitolo importante della crisi ecologica non solo sul versante dello stravolgi- mento climatico, ma anche su quello della biodiversità. Con il suo 30-50% delle specie animali e vegetali del pia- neta, rappresenta una delle maggiori riserve di flora e fauna del mondo.
6 Perché l’Amazzonia ci salverà Ci salverà la sua cosmovisione L’Amazzonia è un territorio non solo privilegiato dalla biodiversità, ma anche ricco di culture ancestrali: 340 comu- nità indigene con oltre 200 lingue aborigene1. Tra di loro non possono comunicare, ma hanno un asse trasversale che è il rispetto per la vita, l’acqua, l’aria e il suolo, perché sono in armonia con tutti questi elementi. L’acqua scorre lungo le vallate, dentro l’alveo dei fiumi e il bacino dei laghi per congiungere i popoli che vivono in simbiosi con il Rio delle Amazzoni, spina dorsale dell’intero territorio: il fiume che è madre e padre di tutti. I popoli delle acque amazzoniche si sono sempre sentiti accompagnati dal- le vie fluviali in un mutuo rapporto di fraternità. Per questo i contadini e le famiglie si affidano alle risorse delle terre inondabili, cullati dal movimento ciclico dei loro fiumi – 1 Il territorio amazzonico è condiviso da nove paesi: Brasile, Perù, Bolivia, Colombia, Ecuador, Venezuela, Guyana, Suriname e Guyana Francese. Il 67% dell’estensione totale appartiene al Brasile. L’insieme, chiamato Panamazzonia, comprende una superficie di 7,8 milioni di km2, 34 milioni di abitanti, di cui 2 milioni sono indigeni. Si vedano Wei Weng, Matthias K.B. Lüdeke, Delphine C. Zemp, Tobia Lakes, Juergen P. Kropp, Aerial and surface rivers: downwind impacts on water availability from land use changes in Amazonia, in Hydrology and Earth System Sciences 22 (2018), pp. 911-927 (cf. https://doi.org/10.5194/ hess-22-911-2018); Carlos A. Nobre, Gilvan Sampaio, Laura S. Borma, Juan Carlos Castilla-Rubio, José S. Silva, Manoel Cardoso, The Fate of the Ama- zon Forests: land-use and climate change risks and the need of a novel su- stainable development paradigm, in Proceedings of the National Academy of Sciences of the U.S.A. 113 (2016), pp. 10759-10768 (cf. https://doi.org/10.1073/ pnas.1605516113).
Introduzione 7 inondazioni, riflussi e periodi di siccità – in un’alleanza fon- data sulla consapevolezza che “la vita dirige il fiume” e “il fiume dirige la vita”. Anche i popoli della foresta, raccogli- tori e cacciatori, vivono della terra e del bosco. Riconoscen- ti per la generosità dell’acqua e della foresta, vigilano sui fiumi e si prodigano per la cura della terra. Si sentono custo- di della foresta e delle sue risorse. Ci salverà la fraternità delle sue genti Il loro “buon vivere” (come descritto in InL 12) si alimen- ta della comunione con gli altri, con il mondo, con gli esseri circostanti e con il Creatore. La vita dei popoli amazzonici fiorisce nella dimora edificata per loro da Dio stesso: la Ter- ra. La comunione con la terra, l’acqua, gli alberi, gli anima- li, con il giorno e con la notte forma la loro peculiare spiri- tualità, una mistica dell’interconnessione, dell’interdipen- denza, della solidarietà. I loro saggi – payés, mestres, wayan- ga o chamanes – coltivano e insegnano l’armonia delle persone tra loro e con il cosmo. Ci salverà la spiritualità di quei popoli La saggezza maturata dalle popolazioni amazzoniche può essere utile e forse indispensabile per rivedere il rapporto tra l’essere umano e la Madre Terra, il rapporto tra l’essere uma-
8 Perché l’Amazzonia ci salverà no e il proprio fratello, e il rapporto dello stesso essere uma- no con se stesso. La spiritualità di quella popolazione può condurci verso una nuova antropologia, una nuova politica, una nuova società e cultura, e una nuova teologia. «La loro visione del cosmo, la loro saggezza hanno molto da insegnare a noi che non apparteniamo alla loro cultura. Tutti gli sforzi che facciamo per migliorare la vita dei popoli amaz- zonici saranno sempre pochi. [...] Quanti non abitiamo queste terre abbiamo bisogno della vostra saggezza e delle vostre co- noscenze per poterci addentrare, senza distruggerlo, nel tesoro che racchiude questa regione. E risuonano le parole del Signo- re a Mosè: “Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul qua- le tu stai, è suolo santo” (Es 3,5)»2. Ma noi, popoli dell’Occidente industrializzato, popoli del pragmatismo finanziario e dell’efficienza tecnocratica (LS 189), ci lasceremo ammaestrare dall’Amazzonia, ci la- sceremo “amazzonizzare”3? Ci lasceremo salvare dalla sua visione della vita? 2 Papa Francesco, Discorso ai popoli dell’Amazzonia a Puerto Maldonado, 19 gen- naio 2018 (cf. https://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2018/january/do- cuments/papa-francesco_20180119_peru-puertomaldonado-popoliamazzonia.html). 3 «Amazonizar é uma nova palavra que significa muitas coisas, dependendo de onde é acionada e dos objetivos que se propõe. No campo político, é uma res- posta ao disparate economicista da internacionalização da Amazônia. Ao invés de internacionalizar a Amazônia, propõe-se concretamente amazonizar o mundo. Isso significa carregar o mundo de sentido, de sensibilidade, de contemplação, de ad- miração e comprometimento para com a obra da criação presente na exuberância
Introduzione 9 Noi occidentali, pervasi da una mentalità “estrattivista” che produce una deforestazione finalizzata alla monocoltura agricola e allo sfruttamento degli idrocarburi. Noi che costru- iamo cantieri per l’estrazione mineraria, danneggiando il si- stema idrologico e contaminando le acque con mercurio e cianuro. Noi che imponiamo l’esportazione di prodotti poco lavorati, creando dipendenza dal sistema economico occiden- tale che stabilisce i prezzi dei prodotti, riducendo le popola- zioni locali in uno stato di ancora maggiore miseria. Noi che sorvoliamo sul dramma della deforestazione, fingendo di ignorare l’estrema fragilità del suolo amazzonico, detto Scu- do Guaianese. Povero di nutrienti acidi e con una bassa capa- cità di scambio cationico, si insterilisce irreversibilmente e diventa un deserto nel momento in cui viene eliminata la fo- resta che lo alimenta con i residui depositati sulla superficie. da Amazônia. Evoca respeito às identidades culturais forjadas a partir da relação de respeito e de convivência com a natureza. Nessa perspectiva, a terra, a floresta e os rios simbolizam o locus da organização social e política, lugar da produção e transmissão de práticas sustentáveis que se encontram em todos os lugares da Ama- zônia» (brano tratto da un testo del febbraio 2019, preparato da un gruppo di pen- satori indigeni, in vista del sinodo panamazzonico. – Traduzione: «Amazzonizzare è una nuova parola che significa molte cose, a seconda di dove viene usata e degli obiettivi che si prefigge. In campo politico, è una risposta all’assurdità economicista dell’internazionalizzazione dell’Amazzonia. Invece di internazionalizzare l’Amaz- zonia, si propone concretamente di amazzonizzare il mondo. Questo significa ar- ricchire il mondo con il significato, la sensibilità, la contemplazione, l’ammirazione e l’impegno per l’opera della creazione presenti nell’esuberanza dell’Amazzonia. Quella parola evoca il rispetto per identità culturali che si sono forgiate nel rispetto della natura e nella coesistenza con essa. In questa prospettiva, terra, foresta e fiumi simboleggiano il luogo dell’organizzazione sociale e politica, il luogo di produzio- ne e trasmissione di pratiche sostenibili che si trovano ovunque in Amazzonia»).
10 Perché l’Amazzonia ci salverà Noi che sottraiamo l’acqua alla foresta per impiegarla ne- gli abnormi progetti di centrali idroelettriche, finalizzate a produrre energia per l’attività estrattiva, condannando così a morte non solo la foresta, ma le popolazioni che vivono lun- go il fiume e in simbiosi con essa, immersi nella “comunità terrestre”. Negare loro la terra, l’ambiente della foresta con i suoi fiumi, significa infatti negare loro il diritto all’esisten- za, negare loro il diritto alla dignità, perché le compagnie estrattive, e gli Stati che le appoggiano, non riconoscono il diritto di proprietà collettiva, che costituisce la base della relazione con la terra e della relazione tra di loro. Noi Chiese occidentali, già vittime di una mentalità coloniz- zatrice che ha generato fenomeni di disprezzo e di demonizza- zione delle culture indigene, impedendo la costruzione di reti di solidarietà e di inter-culturalità. Noi cristiani occidentali, anco- ra conniventi con i nuovi «colonialismi ideologici mascherati da progresso, che a poco a poco entrano e dilapidano identità cul- turali e stabiliscono un pensiero uniforme, unico... e debole»4. E allora: chi potrà condurci alla scoperta della foresta amazzonica? Ci dobbiamo chiedere allora: chi potrà introdurci nella foresta amazzonica, per sedere ai piedi del suo popolo, in 4 Papa Francesco, Discorso ai popoli dell’Amazzonia a Puerto Maldonado, cit.
Introduzione 11 atteggiamento di ascolto, come indicato dai canoni del disce- polato rabbinico5? Lo stesso ascolto raccomandato ai mona- ci da Benedetto da Norcia, padre dell’Occidente? Ce lo in- dica proprio papa Francesco, venuto dal continente latinoa- mericano, che ha convocato il Sinodo sull’Amazzonia, ov- vero un patto di alleanza che la Chiesa offre a tutta la popo- lazione del pianeta per un cambio di sistema economico e di stile di vita, per ridisegnare il piano delle nostre relazioni, per non imporre a quel territorio uno sfruttamento fatale per tutti e non solo per le popolazioni indigene. «Ho preso il suo nome come guida e come ispirazione nel momento della mia elezione a Vescovo di Roma. Credo che Francesco sia l’esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale, vissuta con gioia e auten- ticità. È il santo patrono di tutti quelli che studiano e lavorano nel campo dell’ecologia, amato anche da molti che non sono cristiani. Egli manifestò un’attenzione particolare verso la creazione di Dio e verso i più poveri e abbandonati. Amava ed era amato per la sua gioia, la sua dedizione generosa, il suo cuore universale» (LS 10). 5 Al riguardo, papa Francesco ha affermato che «è necessario che tutti ci lasciamo evangelizzare da loro» e dalle loro culture, e che il compito della nuova evangelizzazione richiede di «prestare ad essi la nostra voce nelle loro cause, ma anche ad essere loro amici, ad ascoltarli, a comprenderli e ad ac- cogliere la misteriosa sapienza che Dio vuole comunicarci attraverso di loro» (EG 198).
12 Perché l’Amazzonia ci salverà Potrà aiutarci Francesco, cantore della Madre Terra e del- la fraternità cosmica? Povero e mistico, riuscirà il Santo ad aprire la via dell’incontro con le genti amazzoniche a noi figli dell’epoca più rumorosamente antifrancescana6? Chi se non lui, uomo dell’Occidente, ma disposto a scavalcare gli stec- cati confessionali, culturali, ideologici per incontrare, disar- mato, il saggio sultano dell’Oriente islamico, al-Malik al- Kamil, e con lui condividere il pane, ci metterà in cammino? Chi se non lui, l’unico tra gli occidentali che Lynn White, padre del moderno movimento ecologista, ammira per esser- si sottratto dall’ideologia del dominio che manipola la natura. Chi se non il Santo che nel settembre del 1986 ha offerto la propria terra natale per un incontro tra scienziati e leader religiosi, occidentali e orientali, in vista di un’alleanza a fa- vore dell’ambiente, prova generale all’appuntamento voluto nel novembre successivo da Giovanni Paolo II per intercede- re la pace. Chi, se non lui, il fratello universale, «amato anche 6 Cf. Carlo Bo, Se tornasse san Francesco, Roma 2013 (prima edizione Urbino 1982). In un denso e accorato esame di coscienza eseguito alla luce dell’espe- rienza evangelica di Francesco d’Assisi, Carlo Bo conclude con un giudizio severo e quasi senza appello sulla condizione socio-culturale ed etica di questo nostro tempo: «Avvoltolati come siamo nella polvere del peccato, dell’offesa a Dio che si fa sempre più sanguinosa, per cui sembra non esserci alcun limite al bisogno di vendetta e l’uomo ha imparato a bere il sangue delle vittime e a sede- re al banchetto che quotidianamente viene imbandito per le maschere, le contro- figure, i violentatori dell’uomo. Questa è la risposta più infame che diamo a san Francesco, che bussa alla nostra porta, a suo modo una risposta esemplare nel senso del demonio. [...] Il diavolo non soltanto assassino, il più delle volte è un seminatore di inganni, di illusioni e pochissimi fra noi possono sostenere di non averlo conosciuto. Ci ha insegnato la distrazione, l’omissione, la perfida con- suetudine dell’omertà, il rovescio della lezione di san Francesco» (pp. 22-23).
Introduzione 13 dai non credenti» (LS 10), intercessore ad Abu Dhabi dell’in- contro tra Oriente islamico e Occidente cristiano, potrebbe introdurci nella fraternità del popolo amazzonico? Chi se non il Santo che, nella notte del dolore, cieco e tor- turato dal cancro, scopre l’ospitalità del concerto delle creatu- re, che gli permettono di sciogliere la lode alla somma Bellez- za? Chi se non lui, che in quella drammatica notte, tormentato dai topi, eleva il Canto della riconciliazione con sé, mortale e consapevole che «nullo homo ene digno Te mentovare». Can- tico, a cui aggiungerà le strofe per la riconciliazione tra poteri civili e religiosi, vescovo e podestà, simbolo di ogni conflitto sociale e culturale? I topi dell’incubo notturno, nell’immagina- rio medioevale sono emblema del Maligno, chiamato divisore (diavolo, dal greco dia-ballo) oppure accusatore (satana), non solo perché mette in cattiva luce gli uomini davanti Dio, ma anche perché disonora Dio di fronte agli uomini. Solo il coro della Creazione permette a Francesco di superare l’angoscia della separazione da Dio, diventando un pacificatore sociale, colui che «viveva con semplicità e in una meravigliosa armonia con Dio, con gli altri, con la natura e con se stesso» (LS 10). Chi se non Francesco può offrire all’Occidente quella ri- sorsa spirituale, culturale e antropologica che gli consente di aprirsi alla salvezza amazzonica? Chi se non Francesco, dunque, può fungere da intercessore e patrono7 per un Occi- 7 La figura dell’intercessore, risignificata magistralmente da Gilles Deleuze sulla base di quella tradizionale “del santo patrono”, definisce l’abilità, propria del mediatore culturale, di promuovere la “concatenazione” tra soggetto e og-
14 Perché l’Amazzonia ci salverà dente che nella pretesa di soggiogare la natura smarrisce i segreti della sua misteriosa bellezza? Chi se non il Francesco di Gilles Deleuze, il critico dell’Occidente moderno, che intravede nell’episodio delle stimmate la metafora del gioco dell’aquilone8. Chi se non il Francesco che ritma i volteggi dell’artificio umano cinto dall’abbraccio della carezza celeste. getto – direbbe il filosofo francese – e nel nostro caso tra una cultura e un’altra, tra un mondo e un altro, tra due universi che altrimenti sarebbero destinati a rimanere impermeabili (cf. Gilles Deleuze, Divenire molteplice: Nietzsche, Foucault ed altri intercessori, traduzione e introduzione a cura di Ubaldo Fa- dini, Verona 2002). Una tradizione culturale non può trovare sinergia con altre tradizioni culturali se non scopre al suo interno, depositati nei recessi della sua memoria, elementi di analogia con le medesime tradizioni, elementi cioè capaci di gettare un ponte verso l’alterità, di offrire una mediazione culturale. 8 Nella tavola giottesca delle Stimmate di san Francesco, esposta al Louvre, il filosofo vede il Santo che gioca con l’aquilone: i raggi luminosi rappresentano le cordicelle, che lo Stimmatizzato tende e allenta con un tocco di bellezza, che su- pera ogni logica razionalistica e soprattutto ogni imperativo moralistico (cf. Gil- les Deleuze, Un portrait de Foucault [1986], in Pourparlers, Paris 1990, p. 155).
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