Right of asylum from a gender perspective - Rigenerazione del patrimonio immobiliare pubblico - Pavia e Ansaldo

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Right of asylum from a gender perspective - Rigenerazione del patrimonio immobiliare pubblico - Pavia e Ansaldo
Rigenerazione del patrimonio immobiliare pubblico

Right of asylum from a gender
perspective
Thursday 14 October 2021
5:00 – 7:00 p.m.

Pavia e Ansaldo Studio Legale
Via Bocca di Leone, 78
Rome

Click here to partecipate online

RSVP
event@pavia-ansaldo.it

PROGRAM

5:00 – 5:10
Welcome speech
Caterina Luciani,
Partner of Pavia e Ansaldo and President of The Thinking Watermill Society –
Rome, Italy

5:10-5:30
Keynote speech
Rt Hon. Patricia Scotland,
Commonwealth Secretary General – London, U.K.

5:30-5:45
Presentation
Cheptum Toroich, Kimberly Mureithi and Maria Angela Maina
The Thinking Watermill Society report: RIGHT OF ASYLUM FROM A GENDER
PERSPECTIVE

5:45-6:30
Roundtable of the other speakers, experts in the field:

Giovanni Carlo Bruno,
Senior Researcher of International Law at the CNR (National Research Council) –
Naples, Italy

Luis Gabriel Franceschi,
Commonwealth Senior Director of Governance & Peace – London, U.K., and
Founding Dean of Strathmore University Law School where he is also Professor –
Nairobi, Kenya

Allan Mukuki,
Director, Professor International Partnerships, Strathmore University Law School
– Nairobi, Kenya

Chiara Scipioni,
RSD (Refugee Status Determination)
Associate, UNHCR – Rome, Italy

Moderator
Fulvio Maria Palombino,
Professor of International Law at Università degli Studi di Napoli Federico II –
Naples, Italy and Of-Counsel of Pavia e Ansaldo law firm, Rome, Italy

6:30-6:45
Final remarks
Professor Fulvio Maria Palombino

Scarica il Programma

6 ottobre 2021 ore 14 – 15.15

PROGRAMMA
14:00 Introduzione Anna Spencer

14:05 Saluti istituzionali dell’Ambasciatore S.E. Dr. Jorge José de Figueiredo
Gonçalves

14:12 Dr. José Almada Dias, CEO Cabo Verde TradeInvest
14:22 Dr. Jorge Pimenta Mauricio, Presidente Camera di Commercio di
Barlavento
14: 32 Dr. Gerardo Iamunno, Presidente Gruppo Tecnico Export Unindustria
14:42 Dr. Anco Marzio Lenardon, Presidente ETC Invest
14:52 Dr. Pedro J. Silva Morais, Assessor VPM
15:02 Avv. Mario Di Giulio, Partner Pavia e Ansaldo 15: 07 Domande e risposte

15:15 Chiusura convegno Avv. Mario Di Giulio

Modera: Anna Spencer

Partecipazione webinar e in presenza, nel rispetto delle disposizioni anticovid, in
via Bocca di Leone 78, Roma

Con il Patrocinio dell’Ambasciata di Capo Verde in Italia

Lingua: italiano – portoghese con servizio di traduzione simultanea

Per informazioni e partecipazione in presenza: event@pavia-ansaldo.it

Per registrazione e partecipazione al webinar: Clicca per registrarti
Compliance – UIF: Segnalazioni di
Operazioni Sospette
L’Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia (UIF) il 31 marzo 2021 ha
presentato le statistiche risultanti dall’acquisizione complessiva del novero delle
segnalazioni di operazioni sospette (SOS) recepite nel secondo semestre (luglio-
dicembre) dell’anno 2020.

Stante l’analisi statistica delle SOS trasmesse dai soggetti obbligati alla
comunicazione degli indici sintomatici di possibili operatività di riciclaggio di
denaro e di finanziamento del terrorismo, il Financial Intelligence Unit italiano ha
stimato un incremento del 10,3% dell’ammontare ricettivo delle segnalazioni
rispetto a quanto registrato nel secondo semestre dell’anno 2019.

Le 60.220 SOS pervenute nella seconda cadenza semestrale dell’anno passato,
costituiscono il più alto numero di segnalazioni comunicate in un semestre.

Nel confronto con il secondo arco semestrale del 2019 le segnalazioni di
riciclaggio sono aumentate dell’11,1% (ragguagliandosi a 59.760 unità)
compensando l’apporto minoritario delle SOS confacenti il finanziamento delle
attività terroristiche, la cui riduzione del valore assoluto stimato rispetto al 2019
varia da 375 a 267.

La diversa gravità con cui l’ondata epidemiologica da COVID-19 ha pesato sul
tessuto economico e sociale del Paese e gli effetti indotti dall’emergenza sanitaria
sull’emersione di irregolarità sembrano aver influito sul differente contributo
segnaletico dei territori.
Sotto il profilo della ripartizione territoriale, infatti, si osserva l’incremento delle
segnalazioni relative ad operazioni espletate nel territorio laziale (dalle 5.662 del
secondo semestre 2019 alle 7.574 di quello in esame), seguito da quelle compiute
nel territorio campano (dalle 6.474 del secondo semestre 2019 alle 7.645 di quello
in esame), pugliese (dalle 2.688 del secondo semestre del 2019 alle 3.573 di
quello in esame) e siciliano (da 3.765 del secondo semestre del 2019 alle 4.444 di
quello in esame). In riferimento allo stesso arco temporale, di converso, si registra
una riduzione del novero di SOS recepite dal territorio lombardo (da 10.955 a
10.402) e da quello veneto (da 4.617 a 4.102).

Le segnalazioni pervenute nel semestre hanno riguardato operazioni per ben oltre
48 miliardi di euro, la componente di operazioni sospette solo prospettate e non
eseguite è aumentata da 3 a 9 miliardi, il cui incremento viene stimato soprattutto
in riferimento ai tentativi di truffe compiuti nell’ambito dell’emergenza sanitaria.

Roma, 1 aprile 2021

D. Lgs. 231/2001: Gruppi societari
e responsabilità amministrativa
12 marzo 2021 – Ad oggi Il mercato globale dell’imprenditoria italiana ed estera,
secondo i dati Istat, sembra propendere verso una struttura organizzativa che
permetta una dilatazione dell’operatività aziendale tra più soggetti societari al
fine di garantire ed implementare una capillarizzazione del controllo e della
conoscenza di ogni attività confacente la realtà di appartenenza.

L’ormai anacronistica “singola grande impresa” lascia spazio ad una sua variante
“Il Gruppo”, ossia un’aggregazione di società operanti sotto la direzione
unificante di una capogruppo (holding) la quale persegue il soddisfacimento e
consolidamento di un interesse collettivo (comune a tutte le sue costituenti
societarie dette controllate).

Nel panorama normativo, però, la pluralità delle componenti di tale “complesso
imprenditoriale” diviene un ostacolo nel processo d’individuazione del “soggetto”
giuridicamente imputabile ai sensi del d.lgs n. 231/2001 (Decreto 231).

In materia di responsabilità amministrativa degli enti, la problematicità
dell’esatta identificazione del centro d’imputazione nei rapporti infragruppo
discende da una totale omissione nel Decreto 231 di qualsiasi richiamo o rinvio al
gruppo di imprese, in quanto l’art. 1 dello stesso nell’elencazione dei destinatari
non menziona tale realtà societaria costituita da separate soggettività (holding e
controllate).

Nonostante non vi sia un’espressa statuizione in merito da parte della
regolamentazione, la prognosi normo-valutativa della terminologia utilizzata negli
articoli del decreto(ente, singolo organo societario) presuppone una negazione
della diffusione automatica della responsabilità all’interno di tutto Gruppo qualora
un soggetto (apicale o sottoposto, ex art. 6 e 7 del Decreto 231) dello stesso
commetta un reato nell’interesse o vantaggio della realtà societaria di
appartenenza.

L’insindacabilità della demarcazione del confine dell’imputabilità solo ad una
delle imprese “costituenti” (holding controllata che sia) viene deduttivamente
desunta dalla constatazione che a differenza della qualificazione economica di
Gruppo, soggetto unico atto a perseguire un fine comune, in diritto le società per
quanto correlate tra loro sono individuabili come entità autonome ed
indipendenti, dotate di una propria soggettività giuridica.
L’estendibilità della colpevolezza dell’illiceità previste dal Decreto 231 (c.d. reati
presupposto) a più società del Gruppo, trova sussistenza solo qualora nella
realizzazione del delitto presupposto vi sia stato un concorso tra soggetti (apicali
o subordinati ex art. 6 e 7 del d.lgs n. 231/2001), i cui intenti per natura identici
(prefigurazione di un interesse o vantaggio a favore dell’ente), si differenziano per
la diversificazione dei destinatari (diverse società del Gruppo), le “componenti”
(holding o controllate), quindi, non saranno mai imputabili solo in ragione della
loro mera appartenenza al Gruppo.

Queste, infatti, ai sensi del Decreto 231 al fine di godere della
deresponsabilizzazione dei delitti commessi dal soggetto apicale o sottoposto,
devono fornire elementi probatori tramite i quali dimostrare di avere attuato in
via preventiva una politica repressiva delle condotte delittuose perseguibili nel
proprio e singolare contesto societario.

Nello specifico, la prova della programmazione delle attività “assolutorie”
consiste nella stesura di un Modello Organizzativo (ex art. 6 comma 1 lettera [a] e
art. 7 comma 2 del d.lgs n. 231/2001) nel quale siano riportate le policy etiche ed
organizzative consone rispetto la realtà imprenditoriale di cui la “singola”
(holding o controllata) è protagonista.

L’idoneità di tale esimente soggiace ad un’implementazione “individualizzata” del
Modello Organizzativo progettato in funzione dei sistemi gestionali dell’impresa.

L’adozione di un Modello Organizzativo “comunitario” di Gruppo, quindi (come
confermato dalla giurisprudenza e dalla linee guida di Confindustria) sulla base
del precedente assunto diviene una soluzione decettiva in quanto la poliedricità di
contesti, attività ed operazioni delle sue“componenti” non permetterebbe di
stilare una programmazione concretamente repressiva dell’illiceità previste dal
Decreto 231, ma determinerebbe una mera omologazione ideologica di pratiche
generiche e di scarsa valenza preventiva in relazione al compimento dei reati
presupposto.
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DISCLAIMER
Il presente comunicato è divulgato a scopo conoscitivo per promuovere il valore
dell’informazione giuridica. Non costituisce un parere e non può essere utilizzato
come sostitutivo di una consulenza, né per sopperire all’assenza di assistenza
legale specifica.

Sostenibilità ed etica nel settore
della moda
La moda sostenibile ha come scopo quello di eliminare le conseguenze
negative che impattano sull’ambiente mediante lo sviluppo di pratiche
ecologiche per l’industria della moda. Non sempre, però, questo si traduce
in comportamento etico
I concetti di etica e sostenibilità sono sempre più sentiti nel settore della moda.
Qual è però il loro significato? Rappresentano due concetti diversi,
opposti? Non è facile dare una risposta a tali questioni.

L’industria della moda può essere alle volte etica ma non sostenibile, e viceversa.

Ad esempio, possiamo tutti condividere che la lotta contro la fame nel mondo ha
un fondamento etico ma è anche innegabile che la soluzione a tale problema può
comportare un impatto negativo sull’ambiente.

Analogamente, possiamo tutti condividere che la lotta alla povertà in favore della
grande maggioranza della popolazione del mondo sviluppato, iniziata alla fine del
diciannovesimo secolo, è stata una corretta scelta in termini etici. Tuttavia, essa
ha comportato un importante incremento dell’inquinamento, a detrimento sia
dell’ambiente sia delle popolazioni che vivono nelle regioni meno sviluppate del
mondo.

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25 febbraio 2021

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DISCLAIMER
Il presente comunicato è divulgato a scopo conoscitivo per promuovere il valore
dell’informazione giuridica. Non costituisce un parere e non può essere utilizzato
come sostitutivo di una consulenza, né per sopperire all’assenza di assistenza
legale specifica.

Se la pandemia è leva per
l’innovazione: il caso dell’Africa
L’Africa sta puntando sulla tecnologia per la ripresa: la pandemia da
Covid-19 ha accelerato il processo di digitalizzazioni in diversi Paesi del
continente, per il necessario ricorso a soluzioni smart al fine di garantire
la sicurezza delle persone

Internet, telemedicina, imprese ICT: l’Africa sta soffrendo particolarmente della
pandemia di coronavirus in termini di vite umane ed economici, ma sta tuttavia
traendo vantaggio dall’innovazione anche durante questo periodo. Del resto,
l’impatto del Covid-19 è significativo non solo sulle esistenze individuali, ma
anche sugli affari, le società e le imprese, con il risultato che – laddove
l’interazione umana è ostacolata dall’epidemia – si è ricorso alla tecnologia.

A causa del Covid-19 si è registrata una caduta del prodotto interno lordo
dell’1,4%. L’impatto è ancor più grave nelle economie dei Paesi a forte ritmo di
crescita e di quelli legati all’esportazione del petrolio, quali ad esempio la Nigeria,
dove la caduta del prodotto interno lordo è stimata nel 6,1% . Nonostante ciò, gli
stati africani appaiono essere positivi sulle prospettive di resilienza e di
crescita, grazie allo sviluppo delle nuove tecnologie.

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9 febbraio 2021

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DISCLAIMER
Il presente comunicato è divulgato a scopo conoscitivo per promuovere il valore
dell’informazione giuridica. Non costituisce un parere e non può essere utilizzato
come sostitutivo di una consulenza, né per sopperire all’assenza di assistenza
legale specifica.

Data Protection in East Africa
Data protection aims at greatly safeguarding the right to privacy and this is a
matter that is of utmost importance in the current digital age.

This is especially important as the global economy is a digital economy and hence
it is heavily reliant on digitization in order to leverage its economic success.

The right to privacy lies squarely at the centre of data protection and, therefore, a
proper understanding and safeguarding of data protection in the digital age may
be fulfilled only by properly understanding the right to privacy.

Privacy is a term that has over the years taken on different meanings.
Privacy in today’s technological age is much different from the privacy envisioned
by our forefathers, which undoubtedly affects the direction in which data
protection is legislated and enforced nationally, regionally and internationally.

This paper aims at providing a good comprehension, contrasts and comparisons of
the enforcement of data protection in the East African Community (EAC) vis-à-vis
in the European Union (EU) by analysing the community law in both areas.

This paper will also make reference to some indicative practices in Kenya, the
most progressive state in the EAC regarding all data protection matters.

Continue reading: Data Protection in East Africa

Brexit: punti di ricaduta sulla
privacy

Roma, 15 gennaio 2021 – Il processo di uscita del Regno Unito dall’Unione
europea si è completato il 31 dicembre 2020. Si è trattato di un lungo e
complesso percorso che ha dimostrato come in alcuni settori, tra i quali la
privacy, non sia stato possibile recidere definitamente il legame tra Unione
europea e Regno Unito alla data del 31 dicembre 2020.

La principale conseguenza in termini di trasferimento dei dati è la previsione di
un ulteriore periodo transitorio sino al 30 giugno 2021.

L’Accordo commerciale e di cooperazione stipulato il 30 dicembre 2020 fra
Regno Unito e Unione europea prevede che il Regno Unito continui ad applicare il
Regolamento europeo sulla protezione dei dati 2016/679 (GDPR) per un ulteriore
periodo di massimo 6 mesi, fino al 30 giugno 2021.

Durante questa fase di transizione qualsiasi comunicazione di dati personali verso
il Regno Unito potrà avvenire secondo le medesime regole valevoli al 31 dicembre
2020, in quanto sarà considerata come se fosse una comunicazione di dati
all’interno dell’Unione europea.

In pendenza di tale ulteriore finestra temporale la Commissione europea ed il
Regno Unito si sono impegnati a cooperare per giungere a reciproche decisioni di
adeguatezza in modo da evitare, successivamente alla scadenza del periodo
ponte, eventuali discontinuità nei trasferimenti di dati fra paesi dell’Unione
europea e Regno Unito.
In difetto di reciproche decisioni di adeguatezza, troveranno applicazione le
disposizioni del Capo V del GDPR, in merito all’esistenza di garanzie adeguate per
il trasferimento dei dati da un paese dell’UE (ovvero dello SEE, lo spazio
economico europeo) verso un paese terzo che fosse ritenuto non adeguato,
oppure in merito all’applicabilità di alcune deroghe in situazioni specificamente
individuate (consenso esplicito dell’interessato, necessità del trasferimento per
importanti motivi di interesse pubblico, ecc.).

Per effetto della Brexit, dal 1° gennaio 2021, si produrranno inoltre le seguenti
conseguenze:

       contenziosi o reclami transfrontalieri in materia di protezione dei dati con
       titolari o responsabili del trattamento stabiliti nel Regno Unito: al Regno
       Unito in quanto paese terzo non sarà più applicabile dal 1° gennaio 2021
       il meccanismo dello “sportello unico” (one stop shop) per la disciplina di
       tali contenziosi all’interno dello SEE. Le imprese con sede nel Regno
Unito non potranno più interloquire con un’unica Autorità “capofila”
       (ossia, l’Autorità competente per lo stabilimento principale o unico nel
       SEE) per i vari obblighi previsti dal GDPR, salvo che individuino un nuovo
       stabilimento principale in uno Stato membro del SEE;
       trattamento di dati personali di interessati che si trovano nell’Unione
       europea, effettuato da titolari e responsabili del trattamento con sede nel
       Regno Unito: con effetto dal 1° gennaio 2021 i suddetti titolari e
       responsabili del trattamento si considereranno stabiliti in un paese terzo e
       pertanto saranno tenuti a designare un rappresentante nel SEE ai sensi
       dell’articolo 27 del GDPR, il quale potrà fungere da interlocutore delle
       Autorità di controllo e delle persone interessate per tutte le questioni
       riguardanti il trattamento dei dati.

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procedimenti volti ad accertare la
responsabilità degli enti
Ammissibilità dell’istituto della messa alla prova a favore dell’ente

Roma, 13 gennaio 2021 – Nell’ambito dei procedimenti volti ad accertare la
responsabilità degli enti ai sensi del d. lgs. n. 231 del 2001, il Gip del
Tribunale di Modena mediante la sentenza del 19.10.2020 ha consentito, per
la prima volta in giurisprudenza, l’ammissibilità dell’istituto della messa
alla prova a favore dell’ente.

In netto contrasto con il tradizionalismo giuridico di stampo inibitorio delle
pronunce italiane (da ultima l’ordinanza del 10.12.2020 emessa dal Gip del
Tribunale di Bologna) l’autorità giudiziaria modenese ha accolto l’istanza di
sospensione del procedimento con messa alla prova avanzata dalla società
indagata per l’illecito amministrativo di cui all’art. 25-bis del d.lgs. n. 231/2001.

La decisione a favore dell’ente, trova ragione nella possibilità di integrare
il procedimento (c.d. “eterointegrazione normativa”) previsto dalla normativa
231 con le norme del codice di procedura penale consentita dagli artt. 34 e
35 del d.lgs. n. 231/2001, disponenti il rinvio alle disposizioni processuali (nel
caso di specie gli artt. 464 bis ss. c.p.p.) nell’ambito dei procedimenti in materia
di illeciti amministrativi dipendenti da reato.

Mediante l’istituto deflativo-premiale, il reo viene affidato all’ufficio di esecuzione
penale esterna (UEPE) per lo svolgimento, da parte dello stesso, di un programma
di trattamento (elaborato d’intesa con l’UEPE) che dispone il compimento di
diverse attività obbligatorie volte all’accertamento dello stato di resipiscenza del
soggetto che se positivamente svolte, determinano l’estinzione dell’illecito con
conseguente sentenza di non doversi procedere.

Il GIP modenese a seguito delle esito positivo delle condotte riparative compiute
dalla società indagata (risarcimento dei danneggiati, revisione del modello di
organizzazione mediante il potenziamento delle procedure di controllo,
svolgimento di un’attività di volontariato, consistente nella fornitura gratuita di
una parte della propria produzione in favore di un organismo religioso) ha
disposto di non doversi procedere nei confronti dell’ente per estinzione
dell’illecito amministrativo ascrittogli per esito positivo della messa alla prova.
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