VITA ED OPERE DI "SATURNINO GATTI"

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VITA ED OPERE DI "SATURNINO GATTI"
VITA ED OPERE DI "SATURNINO GATTI"
(1463 – 1518)
Pittore, Scultore, Figulo
Con il “vigore cocente” di timbro umbro-toscano della sua arte giovanile, … rappresenta
forse l’ultimo grande baluardo della Rinascenza artistica in Abruzzo (Germano Boffi).
Cenni biografici
Della vita privata di questo grande e misconosciuto artista sappiamo poco o nulla.
La data della nascita si desume dal libro dei fuochi del 1508 dove è registrato come
Mastro Satornino fillio di Johan Gatto di Sancto Vectorino di anni 45.
Dal Bindi si apprende che il padre era macellaio e che aveva quattro fratelli.
Sappiamo ancora che intorno al 1494 si trasferì a L’Aquila con la moglie, Faustina
di Bernardino Sfrajo di Paganica, da cui ebbe cinque figli.
I legami con Silvestro di Giacomo, di cui presumibilmente fu allievo, sono
documentati da alcuni atti notarili che coprono l’arco di circa un ventennio, dal 1477 al
1494.
Morì nel 1518, come risulta da un rogito del 25 Giugno dell’anno successivo.
La Figura e l’Opera
La sua attività si svolse tra Abruzzo, Umbria e Calabria a cavallo del XV e del XVI
secolo, nell’ambito di quella fortunata e fervida temperie artistica, che animava la città
di L’Aquila con la presenza di pittori, scultori, architetti di successo, come lo stesso
Silvestro di Giacomo, come Giovanni di Biasuccio, Francesco da Montereale e Cola
dell’Amatrice, come quell’Antonio di Percossa, di cui sembra si siano perse le tracce,
ma che sicuramente rivestì un ruolo non secondario in questo ambiente, documentato
quale socio di Saturnino sia nell’Abbazia Morronese, sia nel Convento di Terranova in
Calabria, luoghi celestiniani.
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Fig. 1- S. Gatti. Resurrezione, 1491-94. Affresco. Tornimparte (AQ), fraz. Villagrande, Chiesa di
S. Panfilo.
L’interna energia … la vigorosa potenza espressiva e la tensione del movimento… (Cristina Boffi),
proprie del Verrocchio, percorrono il Cristo Risorto, pur indugiando l’Autore, con modi
botticelliani, sulle eleganti ed aggraziate Dolenti presso il Sepolcro.
L’arte aquilana, sul finire del ‘400, si andava aggiornando sulla cultura artistca
umbro toscana ed in particolare su quella fiorentina, come d'altronde la maggior parte
dei centri italiani, in specie sulle novità introdotte da quell’ineguagliabile “crogiolo di
cultura” che era stata la bottega del Verrocchio, di cui Saturnino fu il più appassionato
interprete in Abruzzo (fig. 1).Secondo alcuni studiosi la sua formazione avvenne in
Umbria, dove l’arte verrocchiesca era stata introdotta dal Perugino giovane, allievo del
maestro fiorentino con Leonardo e Ghirlandaio.
È del 1488 una promissio pingendi relativa agli affreschi, perduti, della Chiesa di
San Domenico a l’Aquila cui seguì un periodo di intenso lavoro, su commissione di
ordini religiosi e di confraternite.
Risale al 1490 il contratto per quelli di Santa Caterina in Terranova, l’odierna
Terranova Sappo Minulio, dove era stato chiamato dai frati celestini, insieme al
Percossa, suo socio anche nelle perdute opere dell’Abbazia Morronese, come sopra
ricordato.
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L’attività nella Val Nerina è invece attestata sia da una ricevuta di pagamento del 15
Febbraio 1494, riguardante gli affreschi di Santa Maria della Pieve a Norcia, dove era
stato affiancato dal nursino Giovannantonio di Giordano, sia dall’esecuzione di alcuni
episodi della vita di Santa Margherita, all’interno della omonima chiesa di Cascia, a lui
attribuiti da Fabio Marcelli.
Negli stessi anni, 1490-94, è documentata anche l’affrescatura della Chiesa di San
Panfilo a Tornimparte (figg. 2 e 3), al termine della quale furono chiamati i maestri
Silvestro dell’Aquila e Cola da Casentino per valutarne la congruità del compenso.
Il ciclo pittorico decora l’intera struttura absidale della chiesa e rappresenta, nel
catino, Dio Padre in Gloria e Santi, alcuni episodi della Passione di Cristo nel registro
inferiore, La Vergine Annunciata e L’Arcangelo Gabriele, ai lati dell’arco, nel cui
intradosso sono I Dottori della Chiesa ed alcuni Profeti.
Si impone fra tutte le immagini, e con tutta la sua forza espressiva, quella del Cristo
Risorto, come pure di alto livello qualitativo è la figura di Dio Padre che, dall’alto
della conca absidale ed al centro della mandorla, disegnata da un nugolo di cherubini,
sovrasta con la sua possenza la teoria dei Santi e dei committenti.
Sempre da una promissio pingendi veniamo a conoscenza che Saturnino, nel
novembre 1494, subentrò a Magistro Silvestro Jacobi de Turri nell’affrescatura,
purtroppo irrimediabilmente perduta, della Cappella di San Giovanni in Collemaggio.
Forse proprio per questo avvicendamento all’interno della basilica celestiniana,
nello stesso torno di tempo, lo splendido gruppo fittile della Madonna in trono con
Bambino (fig. 4), miracolosamente scampato al terremoto del 6 Aprile 2009, è stato
sempre dubitativamente attribuito all’uno o all’altro artista, al maestro oppure
all’allievo.
A questa prima fase della produzione pittorica è da ricondurre la delicata Madonna
con Bambino, di proprietà della Cassa di Risparmio dell’Aquila (fig. 5), dove la
lezione appresa da Varrocchio è attenuata dalla grazia e dall’eleganza delle immagini
di Botticelli, un altro dei geniali “apprendisti” della sua bottega fiorentina.
Negli stessi anni dipinse due tavole a tempera per il Convento di San Giuliano a
L’Aquila, una Madonna con Bambino, forse da identificare con quella rintracciata,
alcuni anni or sono, presso la Collezione Marignoli da Spoleto, ed il ritratto del Beato
Vincenzo dell’Aquila (fig. 6),
ovviamente anteriore al 1504, anno della sua morte. Nei primi anni del ‘500, assistiamo ad un
graduale mutamento, o meglio ad un aggiornamento artistico in direzione umbro laziale,
trasformandosi le spigolosità dei volti in delicate fisionomie peruginesche, le asperità delle
linee in morbida forma plastica,
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Fig. 4- S. Gatti (attr.). Madonna in trono con Bambino,
primo decennio XVI secolo. Gruppo statuario di arte
fittile, policromato e dorato. L’Aquila, Basilica di
Collemaggio. (Attualmente ospitato nel Museo Paludi di
Celano).
influenzata quest’ultima dall’impostazione equilibrata della pittura di Melozzo di
Forlì, certamente mediata dall’opera di Piermatteo d’Amelia e dell’ultimo Antoniazzo
Romano.
Espressione del nuovo corso è la Madonna del Rosario e Santi (fig. 7) , una pala
d’altare di grandi dimensioni (249x175 cm.) realizzata nel 1511 per l’omonimo altare
della Chiesa di San Domenico, dipinta su disegno di Antonio Percossa e testimonianza
del ventennale sodalizio tra i due artisti.
L’opera, conservata nel Museo dell’Aquila sino al recente evento sismico,
costituisce il fondamentale riferimento non solo per lo studio dell’autore, ma anche per
un maggiore approfondimento della Pittura abruzzese del Cinquecento.
In essa le spinte dinamiche ed il vigore plastico (Boffi) degli anni precedenti si
attenuano in un’impostazione più equilibrata, lontana dalla vivacità formale degli
affreschi di Tornimparte.
A questa tavola, di particolare complessità e di elevata qualità artistica, i critici
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hanno avvicinato una Madonna in trono e due Angeli di splendida fattura,
originariamente nella Cappella di Palazzo Margherita (figg. 8 e 9) .
L’attribuzione a Saturnino Gatti è giustificata dalle somiglianze di stile e di
iconografia tra le due opere, rivelando esse la comune lezione di Antoniazzo Romano
nell’ampiezza delle forme, e numerosi riferimenti a Fiorenzo di Lorenzo, come la
modulazione del panneggio e l’incidenza della fonte luminosa (Serra).
Nello stesso torno di tempo gli studiosi collocano Il trasporto della Casa Santa di
Loreto della Pierpont Morgan Library and Museum di New York (fig. 10), ora al
Metropolitan, attribuita da Federico Zeri e da Ferdinando Bologna al maestro aquilano
sulla base dei riscontri stilistici. Qui traspare ancora una volta l’adesione alle novità
introdotte dalla contemporanea Pittura umbra, in particolare agli stilemi dell’eclettico
Fiorenzo di Lorenzo, ma anche alla lezione di Pintoricchio e di Caporali, adesione
confermata anche da una raffinata Madonna con Bambino della National Gallery, in
cui Pietro Scarpellini ha di recente ravvisato una loro probabile collaborazione.
All’attività pittorica Saturnino Gatti associò, sin dall’inizio, quelle di scultore del
legno e di figulo, entrambe poco documentate (figg. 4, 11-13) .

Fig. 7- S. Gatti. Madonna del Rosario e Santi, 1511. Dipinto su tavola. L’Aquila, Museo Nazionale
d’Abruzzo (ubicazione originaria: Chiesa di S. Domenico).
Attualmente ospitato nel Museo Paludi di Celano.
Nei personaggi ai piedi della Vergine, committenti e Santi, sono evidenziate alcune notazioni
fisionomiche che individuano l’ attento e dotato ritrattista, che aveva già dato prova di indubbie
capacità in tal senso nel Beato Vincenzo di alcuni anni prima.
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La più antica statua fittile, secondo Roberto Cannatà, è il Sant’Antonio Abate di Cornillo
Nuovo, frazione di Amatrice, all’epoca in territorio aquilano, forse unitamente alla Madonna in
trono con Bambino della stessa chiesa, il primo dei quali definito dallo studioso una traduzione
scultorea del dipinto di Dio Padre a Tornimparte, mentre la seconda ripropone, a nostro avviso,
la formula iconografica delle coeve Madonne di Silvestro.
Una testimonianza di arte plastica che rientra invece nel nuovo percorso stilistico, quindi
contemporanea della pala della Madonna del Rosario, è il Sant’Antonio Abate del Museo
Nazionale d’Abruzzo, in terracotta policroma. Purtroppo la statua, unica
superstite della tarda produzione di Saturnino, è stata ridotta in mille pezzi dalla
violenza del recente sisma.
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Era conservata originaraiamente nella Chiesa di Santa Maria del Ponte, nel comune
di Tione, insieme con una dispersa Madonna in trono con Bambino.
Di entrambe, già attribuite al nostro artista dal Leosini, ci diede pure notizia
Antonio De Nino prima (1899) e Maria Rosa Gabrielli dopo (1934), che le assegnò al
Gatti in modo definitivo, sulla base di un rogito del 1512 a firma del notaro Francisco
Dominco de Fonticulis.
Un’altra mirabile opera riferita da alcuni a Saturnino è il cosiddetto Presepe di
Tione (fig. 14) , più correttamente Natività, originariamente sempre nella Chiesa di
Fig. 10- S. Gatti (attr.), 1510 ca. Trasporto della
Santa Casa di Loreto, Dipinto su tavola. New York,
The Metropolitan Museum of Art (già nella Pierpont
Morgan Library and Museum).
Santa Maria del Ponte, oggi nel Museo Paludi insieme con le Opere d’Arte recuperate dalle
macerie del terremoto dello scorso Aprile.
Molto probabilmente le figure di San Giuseppe, della Madonna e del Bambinello erano
facevano parte di una grande composizione presepiale, alla stregua di
analoghe rappresentazioni coeve, come il Presepe di Leonessa e quello di Calvi.
La tradizionale attribuzione a Saturnino Gatti fu messa in dubbio da Mario Moretti (1968), che
ricondusse le tre statue ad uno scultore dell'area di Silvestro dell'Aquila, mentre in seguito sono
state assegnate ad un artista anonimo della sua cerchia e collocate tra la fine del XV e l’inizio
del XVI.
Poiché secondo gli studiosi il nostro plasticatore gravitava comunque intorno alla bottega di
Silvestro, tanto da essere ricordato al suo fianco per molti anni, e
poiché lavorò in territorio aquilano nello stesso periodo, ci è sembrato naturale continuare la
ricerca in tal senso.
L’approfondimento dello studio storico artistico in questa direzione ha dato dei buoni risultati
riconducendo ancora una volta alla produzione di Saturnino.
 Infatti oltre alla circostanza, certamente da non sottovalutare, della
provenienza di questa Natività dalla stessa Chiesa del sopra menzionato ed autenticato
Sant’Antonio Abate, nonostante l’impossibilità di ulteriori ed illuminanti confronti con
la perduta Madonna in trono, pure da Santa Maria del Ponte, si evidenziano nel gruppo
sacro delle indubbie affinità con le opere del primo periodo, memori delle sculture
verrocchiesche, specie nella linea marcata ed incisiva dei volti di Maria e di Giuseppe.
Pur tuttavia affiora nelle “figure” quel nuovo segno del Saturnino maturo, delicato
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Fig. 13- S. Gatti. Sant’Antonio Abate, 1512. Statua fittile policroma.
Era esposto nel Museo Nazionale d’Abruzzo prima che la violenza del recente sisma lo riducesse in pezzi.
Ubicazione originaria: Tione (AQ), Chiesa di Santa Maria
del Ponte.
In questa statua notiamo che il ritmo si è allentato, …
perdendo il contorno di rovello, in coerente sincronia con la medesima revisione stilistica riscontrabile nelle
sue opere pittoriche coeve (Cannatà).

nelle fisionomie e nella resa delle chiome, nella cura dei dettagli dell’abbigliamento
dalle pieghe più morbide, segno che diventa plastico nel paffuto Bambino disteso e
sagambettante, dagli inconfondibili riccioli rilevati, così somigliante a quello fittile di
Città Sant’Angelo ed a quello dipinto di New York (figg. 20 e 10).
La compresenza di questi elementi giustificherebbe un anticipo di datazione rispetto
al Sant’Antonio, ahimè frantumato, più prossima quindi alla fine del ‘400, forse anche
ai primi anni del secolo XVI.
Innegabili sono inoltre le analogie con il Presepe monumentale di Leonessa,
conservato nella Chiesa di San Francesco della città reatina (fig. 15). Questa
complessa e scenografica opera di terracotta, di impronta umbro pintoricchiesca,
alternativamente e genericamente riferita ad ignoti maestri abruzzesi, o anche
segnatamente a Paolo Aquilano, a ben vedere mostra non pochi riscontri con la
Natività di Tione, risultando le tre figure leonessane e le corrispondenti tionesi, quasi
copie le une delle altre.
Il confronto poi con un dipinto raffigurante l’Adorazione dei Pastori (fig. 16),
attribuito a Bartolomeo Caporali, ma anche a Fiorenzo di Lorenzo, ne conferma la
discendenza diretta dall’ambiente artistico umbro di fine ‘400.
Queste riflessioni portano a ritenere i due Presepi opera di uno stesso figulo, sempre
più vicino a Saturnino, o con lui identificabile, sicuramente coadiuvato da altri
plasticatori, soci e/o allievi, in considerazione della complessità di quello leonessano,
conservato integralmente.
La datazione del 1501-2, comunemente assegnata a quest’ultimo, confermerebbe,
inoltre, il periodo cronologico da noi indicato anche per la Natività aquilana.
Due splendide Madonne di terracotta plasmata, una del Museo Nazionale
d’Abruzzo proveniente da Spoltore (fig. 17), l’altra, con Bambino, nella sua
collocazione originaria di Città Sant’Angelo (figg.19 e 20), sono state di recente
avvicinate ai modi del nostro figulo e cronologicamente collocate a cavallo dei secoli
XV e XVI (Tropea, Caranfa).
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In sede di approfondimento critico abbiamo trovato un interessante collegamento a
conferma di questa tesi, un trait d’union tra le due statue del Pescarese e l’attività
umbra di Saturnino: si tratta di una Madonna in trono, una volta con il Bambino in
grembo (fig. 18), nella Parrocchiale di Castelluccio di Norcia, opera di uno
strettissimo collaboratore di Saturnino, di quel Giovannantonio di Giordano che lo
aveva affiancato negli affreschi nursini della Pieve.
La statua lignea, eseguita nel 1499, di raffinata qualità stilistica e di mirabile perizia
tecnica, mostra palesi similitudini formali ed iconografiche con quella di Spoltore e
soprattutto con l’altra di Città Sant’Angelo, modellate nella creta, rimandando ad un
unico indirizzo di scuola, e forse ad un comune prototipo.
Sebbene le assonanze della Madonna umbra con le due Adoranti, di Tione e di
Leonessa, appaiano invece meno evidenti, forse per il diverso soggetto sacro
rappresentato o anche per una possibile anticipazione cronologica di queste ultime, il
Fig. 16- Bartolomeo Caporali (prima attr. Fiorenzo di Lorenzo), 1490 ca. Adorazione dei Pastori,
partic. Tempera su tavola. Perugia. Galleria Nazionale Umbra.
nesso iconografico e di stile tra le statue si ravvisa nella tipologia dei Bambinelli
superstiti, oltre che in quello dipinto del Metropolitan, e riporta l’attenzione su
un disegno e su un’interpretazioneartistica riconducibili ai modi del Gatti, ispiratore o autore
che ne sia stato.
Poche sono le notizie degli ultimi anni della vita di Saturnino Gatti.
Nulla resta della produzione successiva al 1512. Siamo a conoscenza
di una statua fittile raffigurante San Benedetto (1513) commissionata da un
omonimo paese dell’Aquilano (San Benedetto in Perillis o San Benedetto dei Marsi?), oltre che
di altre due opere rimaste incompiute a causa della sopravvenuta morte, un San Sebastiano
ligneo richiesto dalla omonima Confraternita dell’Aquila nel 1517, ed un gruppo di terracotta
raffigurante La Pietà con San Giovanni e Santa Maria Maddalena da realizzarsi per la
Cattedrale di Ascoli Piceno.
La presenza di Cola dell’Amatrice in quest’ultimo atto notarile, rogato il 22 marzo
1518, conferma l’esistenza di un rapporto di amicizia tra i due personaggi e porterebbe
ad ipotizzare una produzione del Nostro aggiornata sulle novità introdotte dal celebre
artista, annoverato tra i protagonisti della Pittura marchigiana di quegli anni.
Enrichetta Santilli
(Funzionario Soprintendenza BSAE Abruzzo)
Fig. 19-20 S.Gatti (attr.). Madonna in trono con
Bambino, fine del XV-primi anni del XVI secolo.
Gruppo fittile. Città Sant’Angelo (PE), Colleggiata di
S. Michele Arcangelo.
PERSONAGGI ILLUSTRI IN TERRA D’ABRUZZO
SATURNINO GATTI (1463 – 1518) - Pittore, Scultore, Figulo 12
Fig. 2- S. Gatti. Ciclo di affreschi raff.: Episodi della Passione di
Cristo, Dio Padre in Gloria e Santi, 1491-94. Veduta del catino
absidale. Tornimparte (AQ), fraz. Villagrande, Chiesa di S.
Panfilo.

Fig. 3- S. Gatti. Dio Padre in Gloria e Santi,
1491-94. Affresco. Tornimparte (AQ), fraz.
Villagrande. Chiesa di S. Panfilo.
Fig. 5- S. Gatti (attr.). Madonna con Bambino, 1488 ca. Dipinto su tavola.
L’Aquila, Collezione d’Arte Carispaq.
Saturnino … ha trasmesso in questo piccolo quadro tutta la soave
dolcezza delle Madonne toscane, prima di mediare le conoscenze apprese
a Firenze con quanto espresso dalla pittura locale (Luca Marchetti).
Fig. 6- S. Gatti. Beato Vincenzo dell’Aquila, fine
XV secolo-primi del XVI (ante 1504). Dipinto su
tavola. L’Aquila, Oratorio di San Giuliano.
La linea espressiva e ricca di pathos ci
restituisce un incisivo ritratto psicologico del
frate francescano, indagato da un mirabile

segno nei tratti del volto emaciato, che emerge,
ancora più scarnito, dal cappuccio del morbido
ed abbondante saio scuro.
Fig. 12- S. Gatti (attr.). Madonna in Trono con
Bambino, ultimi anni del ‘400. Gruppo fittile.
Amatrice (RI), fraz. Cornillo Nuovo, Chiesa di
Sant’Antonio Abate.
Fig. 11- S. Gatti (attr.). Sant’Antonio Abate
in trono, ultimi anni del ‘400. Statua fittile.
Amatrice (RI), fraz. Cornill Nuovo, Chiesa di
Sant’Antonio Abate.
Figg. 8, 9- S.Gatti (attr.). Madonna in trono con Bambino e due Angeli, primi
anni del XVI secolo. Dipinto su tavola. L’Aquila, Museo Nazionale d’Abruzzo
(ubicazione originaria: Cappella di Santa Margherita nel Palazzo di Città).
Attualmente ospitato nel Museo Paludi di Celano.
Pittore, Scultore, Figulo 16
Fig. 14- S. Gatti (attr.). Natività, primi del XVI secolo. Gruppo fittile
policromo. Museo Nazionale d’Abruzzo, L’Aquila. Ubicazione originaria:
Tione (AQ), Chiesa di Santa Maria del Ponte. Attualmente le statue sono
ospitate nel Museo Paludi di Celano.
Fig. 15- S. Gatti (?) 1501-2. Presepe. Gruppo fittile policromo. Chiesa di
San Francesco. Leonessa (RI), particolare con la Natività.
- Pittore, Scultore, Figulo 17
Fig. 17- S. Gatti.(attr.). Madonna in trono, fine del XV-primi del XVI
secolo. Statua fittile. L’Aquila, Museo Nazionale d’Abruzzo
(ubicazione originaria: Spoltore (PE), Chiesa di S. Panfilo). La
statua è attualmente ospitata nel Museo Nazionale Archeologico la
Civitella di Chieti.
) - Pittore, Scultore, Figulo 18
Fig. 18- Giovannantonio di Giordano. Madonna in trono con Bambino, 1499
(Bambino non pertinente). Legno policromo. Norcia, fraz. Castelluccio,
Chiesa di Santa Maria Assunta.
) - Pittore, Scultore, Figulo 19
ALTRE OPERE DI SATURNINO GATTI CONSERVATE IN ABRUZZO
♣ Madonna del latte ed i Santi Antonio da Padova, Biagio ed Antonio Abate. Affresco. Assergi,
(AQ), Chiesa di Santa Maria Assunta.
♣ Madonna con Bambino. Affresco staccato. L’Aquila, Chiesa di Santa Margherita.
♣ San Giovanni Evangelista ed i Beati Timoteo da Monticchio e Vincenzo dell'Aquila (attr.).
Tempera su tavola. Museo Nazionale d’Abruzzo (provvisoriamente ospitata nel Museo Paludi
di Celano). BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO
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Culturali “Restaura”, Venezia, 2-4 Dicembre 2005, Roma, Gangemi Editore, 2005, pagg. 141-142
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TORLONTANO ROSSANA, in La Pittura in Italia, Il Quattrocento, Venezia, Electa Spa, 1987², voll. 2,
II, pagg. 444-45 e pagg. 633-34.
) - Pittore, Scultore, Figulo 20
SITI WEB CONSULTATI
www.aiwaz.net/gallery
www.arte.unipi.it/predella/Predella012/page4.htm
www.archive.org/details/idanniallartenei00romauoft
www.carispaq.it
www.castellucciodinorcia.eu/la_chiesa.php
www.crbc.it
www.ilcentro.gelocal.it/dettaglio/da-arte-e-storia-la-forza-per-ricostruire/
www.klassikgitar.net
www.metmuseum.org
www.museonazionaleabruzzo.beniculturali
www.prolocotornimparte.it
www.santiebeati.it
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