Riforma delle pensioni Monti Fornero. Circolare INPS n.35 del 14 marzo 2012 - A cura di Rita Cavaterra e Sandro Del Fattore Dipartimento Welfare e ...

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Riforma delle pensioni Monti Fornero.
Circolare INPS n.35 del 14 marzo 2012

  A cura di Rita Cavaterra e Sandro Del Fattore
      Dipartimento Welfare e Nuovi Diritti

              Roma, 15 marzo 2012
E' finalmente uscita la circolare con cui l'INPS dà le prime indicazioni operative
sulla riforma delle pensioni Monti Fornero.

La circolare costituisce un ulteriore massacro del nostro sistema previdenziale
pubblico: accanto alla devastazione legislativa operata dalla legge Monti
Fornero siamo ora in presenza di interpretazioni restrittive ed aberranti, con un
particolare accanimento nei confronti delle donne (e non solo).

E' necessario dire subito che il ritardo con cui è uscita la circolare non è da
imputare all'INPS ma ai Ministeri vigilanti (Lavoro ed Economia) che hanno
trattenuto la bozza inviata dall'Istituto per molto tempo, pretendendo, peraltro,
anche delle sostanziali modifiche (ovviamente contro le lavoratrici ed i
lavoratori) rispetto al testo originario elaborato dall'Istituto. Le modifiche sono
state chieste non per motivi di carattere interpretativo ma soltanto per fare
cassa.

Inutile dire ancora una volta come sia necessario che l'INPS recuperi la propria
autonomia. E' da tempo ormai (da quando era Ministro del lavoro Maroni) che
l'istituto è in sostanza commissariato dai Ministeri vigilanti (soprattutto il
Ministero dell'economia, con la Ragioneria generale dello Stato) con grave
danno per tutti i cittadini, i lavoratori ed i pensionati: i tempi di emanazione
delle circolari si sono allungati a dismisura e le interpretazioni non seguono più
il testo legislativo approvato dal Parlamento ma vengono invece elaborate in
base ai conti fatti dalla Ragioneria. Vengono penalizzate professionalità
eccellenti interne all'Istituto e vengono negati diritti con conseguente aumento
del contenzioso amministrativo e giudiziario. Rivendicare l'autonomia
dovrebbe, a nostro avviso, essere compito primario anche del Presidente
dell'INPS, che, a fronte di interpretazioni imposte all'Istituto solo per fare
cassa, dovrebbe avere la capacità di opporsi con forza proprio in nome di ciò
che l'Istituto rappresenta: un baluardo del sistema previdenziale pubblico, che
deve rispondere alle regole del diritto previdenziale e non ai problemi di
reperimento delle risorse per sanare il debito pubblico.

Vediamo ora quali sono i punti più critici della circolare dell'INPS, rinviando il
commento complessivo ad una successiva nota congiunta CGIL INCA, che vi
invieremo quanto prima possibile.

La circolare INPS è oltremodo negativa sulle seguenti questioni:

1) Deroghe rispetto ai requisiti per il diritto alla pensione di vecchiaia.
Mantengono i precedenti requisiti soltanto gli invalidi all'80% ed i ciechi. Ciò
significa che coloro, soprattutto le donne, che potevano maturare il diritto alla
pensione di vecchiaia con 15 anni di contributi (deroghe previste dal decreto
legislativo 503 del 1992) non potranno più farlo, dovendone maturare almeno
20. Facciamo rilevare che la legge 214 del 2011 non ha abrogato le precedenti
deroghe: si tratta quindi di una interpretazione restrittiva,non supportata dal
punto di vista legislativo, che mira soltanto a penalizzare le donne che hanno
versato (molte anche con la contribuzione volontaria) almeno 15 anni di

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contributi. Sono tante e diventeranno tutte posizioni silenti.

2) Opzione per il sistema contributivo.
L'opzione si può fare, secondo l'INPS, solo per avere il sistema di calcolo
contributivo, mentre per il diritto a pensione si applicano le nuove regole
previste dalla legge 214 per i lavoratori in possesso di anzianità contributive al
31 dicembre 1995. Anche questa interpretazione ci sembra una vera e propria
assurdità: se un lavoratore o una lavoratrice optano per il sistema contributivo
l'opzione, a nostro avviso, deve valere sia per il calcolo sia per il diritto alla
prestazione pensionistica come se quel lavoratore o quella lavoratrice fossero
sempre stati nel sistema contributivo puro. Anche questo è un duro attacco nei
confronti delle donne e dei lavoratori precari.

3) Donne che optano per la pensione di anzianità con il sistema di
calcolo contributivo.
La norma sperimentale prevedeva fino al 31 dicembre 2015 la possibilità per le
lavoratrici dipendenti di andare in pensione di anzianità con 57 anni di età e 35
anni di contributi (58 anni di età e 35 di contributi per le lavoratrici autonome)
con il calcolo della pensione interamente contributivo. La scelta dovuta spesso
a motivi famigliari comportava e comporta pesanti penalizzazioni sull'importo
della pensione da percepire (riduzione pari al 40-50%). Su precisa indicazione
dei Ministeri vigilanti l'opzione è ora possibile solo se la lavoratrice raggiunge
entro il 31 dicembre 2015 sia i requisiti per il diritto a pensione,con l'
incremento dell'età relativo alla speranza di vita, sia l'apertura della relativa
finestra per la decorrenza della pensione. Ci sembra che questa interpretazione
sia veramente assurda e costituisca un vero accanimento nei confronti delle
lavoratrici.

4) Eccezione prevista per la classe 1952 (e precedenti).
Come ricorderete tale eccezione si riferiva solo alle lavoratrici ed ai lavoratori
dipendenti da privati, con esclusione dei pubblici. Per coloro che si trovano in
determinate condizioni (uomini raggiungimento delle quote nel 2012, donne
raggiungimento dei 60 anni di età e 20 anni di contribuzione) in via del tutto
eccezionale la legge 214 del 2011 ha previsto la possibilità di conseguire il
diritto alla pensione anticipata al compimento del 64 esimo anno di età. Con la
circolare INPS si dice che anche a questa età, prevista in via del tutto
eccezionale, si applica l'aumento previsto per la speranza di vita! Ciò significa
che una lavoratrice della classe 1952 nata a novembre invece di andare in
pensione a dicembre 2016, sarà costretta ad andarci a luglio del 2017 con 64
anni e 7 mesi. Anche questa interpretazione è stata suggerita dal ministero
dell'economia e recepita dal Ministero del Lavoro: un vero orrore giuridico!

5) Trattamenti pensionistici ai lavoratori extracomunitari rimpatriati.
Anche se la legge 214 del 2011 non ha fatto alcun riferimento alla normativa
speciale prevista per i lavoratori extracomunitari rimpatriati, l'INPS nella sua
circolare è stato costretto a dire che le nuove norme sull'aumento dell'età
pensionabile e sull'incremento dell'età legato alla speranza di vita, si applicano
anche a questa fattispecie. In tal caso per i lavoratori extracomunitari

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rimpatriati che maturano il diritto a pensione nel sistema contributivo l'età
pensionabile per tutti (uomini e donne) è, a decorrere dal 1 gennaio 2012,
elevata a 66 anni cui si applicano gli aumenti relativi alla speranza di vita.
Inutile dire che non condividiamo tale interpretazione.

6) Totalizzazione dei periodi assicurativi.
La legge 214 del 2011 è intervenuta sulla totalizzazione dei contributi solo per
eliminare il vincolo dei tre anni necessario presso ogni gestione o fondo per
poter cumulare la contribuzione ai fini di un'unica pensione. Anche in questa
fattispecie, quindi, i requisiti per il diritto alle prestazioni pensionistiche
dovevano, a nostro avviso, rimanere invariati. Trattasi anche in questo caso di
normativa speciale. Nella circolare,invece, l'INPS afferma che, anche in questa
fattispecie, si applica per i requisiti anagrafici l'incremento dell'età legato alle
aspettative di vita, richiamando al riguardo quanto previsto dalla legge 122 del
2010, che, comunque, non ha mai fatto riferimento alle prestazioni in
totalizzazione.

7) Contribuzione figurativa. Riscatto del periodo di laurea.
Penalizzazioni per chi va in pensione prima dei 62 anni.
Nella circolare l'Inps precisa più volte che cosa debba intendersi per
contribuzione “effettiva” (requisiti per il diritto a pensione di vecchiaia nel
sistema contributivo se non si raggiunge un determinato importo di
pensione,diritto alla pensione anticipata per coloro che stanno nel sistema
contributivo 63 anni di età e 20 anni di contribuzione effettiva e
raggiungimento di una determinata soglia di pensione). Per contribuzione
“effettiva” deve intendersi tutta la contribuzione obbligatoria, quella volontaria
e quella da riscatto, con esclusione di qualsiasi contribuzione figurativa
accreditata a qualsiasi titolo. Anche se nella circolare dell'INPS non emerge in
maniera chiara, è da rilevare che, per quanto riguarda il diritto alla pensione
anticipata per coloro che hanno cominciato a versare dal 1 gennaio 1996, il
riscatto del periodo di laurea effettuato per periodi precedenti al 1996 esclude i
lavoratori stessi dall'applicazione della normativa prevista solo per chi sta
completamente nel sistema contributivo (risposta ad un quesito proposto
dall'Associazione dei medici): ciò comporta una doppia penalizzazione per i
lavoratori che hanno pagato un pesante onere di riscatto e che proprio a causa
del riscatto pagato vengono esclusi dal diritto alla pensione anticipata. Il
riscatto del periodo di laurea e gran parte della contribuzione figurativa
(mobilità, CIG straordinaria, CIG in deroga, congedi parentali, astensione
facoltativa per maternità, ecc),inoltre, non è utile per evitare le penalizzazioni
per coloro che raggiungono il diritto alla pensione anticipata nel sistema misto
prima del compimento del 62esimo anno di età. Per evitare le penalizzazioni,
infatti, è necessario che il requisito dell'anzianità contributiva, da maturarsi
entro il 31 dicembre 2017, derivi esclusivamente da prestazione effettiva di
lavoro (non si parla di contribuzione effettiva ma di effettivo lavoro), con
l'inclusione di alcuni limitati periodi di contribuzione figurativa quali il servizio
militare, l'astensione obbligatoria per maternità, la malattia, l'infortunio e la
CIG ordinaria. Anche in questo caso si penalizzano i lavoratori più sfortunati.

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8) Deroghe rispetto all'applicazione delle nuove norme.
Rispetto a questa questione la circolare dell'INPS si limita ad una mera
elencazione sia delle fattispecie previste dalla legge 214 del 2011 sia della
legge 14 del 2012 (milleproroghe) con riserva di ulteriori istruzioni per quanto
attiene ai tempi ed alle modalità dell'attività di monitoraggio. Il problema è che
il monitoraggio avrebbe già dovuto essere fatto per tutti i soggetti indicati
come derogati: ciò per far avere ai Ministeri vigilanti un quadro esatto della
situazione e per far loro capire che il diritto a pensione, diritto soggettivo
perfetto, non può e non deve trasformarsi in una lotteria e che nessun
lavoratore deve essere lasciato senza alcun sostegno economico e senza
pensione. Da gennaio invece ci sono lavoratori senza alcun sostegno
economico. Mentre quelli che hanno avuto il prolungamento dell'indennità di
mobilità in quanto hanno maturato il diritto a pensione nel 2011 non hanno più
alcuna copertura figurativa. Appare vergognoso, inoltre, il fatto che anche in
queste fattispecie debba applicarsi l'incremento dell'età relativo alla speranza
di vita, con la conseguenza che molti lavoratori potranno perdere il diritto al
mantenimento della previgente normativa visto che il predetto aumento
potrebbe far loro perdere il raggiungimento del diritto a pensione durante la
percezione della mobilità. Questo problema ha assunto una rilevanza enorme:
ormai si parla di una vera e propria emergenza sociale. Da un Istituto come
l'INPS non ci aspettiamo solo interpretazioni corrette e di buon senso ma anche
un intervento autorevole nei confronti dei Ministeri Vigilanti per far loro capire
la grave sottovalutazione che hanno fatto della situazione creando un clima di
enorme tensione sociale, che sta culminando in una serie di suicidi. Insomma
dall'INPS ci aspettiamo che svolga pienamente il suo ruolo di attore
protagonista del welfare e non si limiti, invece, ad agire, come una piccola
comparsa costretta ad obbedire agli ordini.

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