Riciclaggio di personal computer e componenti informatiche - Pacchetto tipo n. 4

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Riciclaggio di personal computer e componenti informatiche - Pacchetto tipo n. 4
Pacchetto tipo n. 4

Riciclaggio di personal computer e componenti informatiche
Pacchetto tipo n. 4

   Riciclaggio di personal computer e componenti informatiche
Indice della scheda
1. Definizione e caratteristiche dell’attività
2. Il profilo specifico dell’imprenditore/trice
3. Il mercato e la clientela
4. Regole e norme da rispettare
5. Ipotesi di conto economico
6. Opportunità di finanziamento
7. Riferimenti utili

1. Definizione e caratteristiche dell’attività
1.1 Numeri e rischi della “spazzatura tecnologica”

Una gigantesca collina da 50mila tonnellate: queste le dimensioni che, secondo le stime del Consorzio
Ecoqual’IT e dell’Osservatorio nazionale rifiuti, potrebbe assumere la quantità di rifiuti elettronici
prodotti in Italia nel solo 2002. Durante lo scorso anno, infatti, sono state dismesse, perché irrimedia-
bilmente guaste o semplicemente perché sostituite da modelli più potenti ed aggiornati, circa 12.000
tonnellate di monitor, 12.400 di computer (pc desktop e portatili, tastiere, mouse, modem), 1.240 di
server e workstation, 900 di scanner, 2.610 di stampanti, 13.800 di fax, copiatrici e multifunzione,
4.989 fra toner per laser, ink-jet e bubble jet, valicando così la soglia del milione di tonnellate di e-
waste (spazzatura elettronica) prodotte nel nostro paese nel corso dell’ultimo decennio, di cui il 90 per
cento finite in discarica.

I dati complessivi riguardanti l’Unione europea non sono certo più confortanti: già oggi, infatti, ogni
cittadino europeo produce in media 20 kg di rifiuti elettronici l’anno; e si prevede che fino al 2007 tale
quantità sia destinata ad aumentare con un tasso compreso tra il 16 ed il 28 per cento, per via
dell’accelerazione pressoché esponenziale che l’innovazione tecnologica e l’espansione del mercato
hanno impresso al processo di sostituzione delle apparecchiature informatiche, tanto che, mentre negli
anni Settanta i computer duravano in media dieci anni, oggi il ciclo vitale medio di un pc è sceso 4,3
anni, toccando i 18 mesi nel caso dei telefoni cellulari. Ancora, secondo il WWF il solo incenerimento
dei RAEE (rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche) emette nell’atmosfera circa 236 ton-
nellate di mercurio e 16 di cadmio all’anno, contribuendo inoltre per più della metà del piombo im-
messo negli inceneritori; ciò senza parlare dell’emissione di diossine ed altri agenti altamente nocivi,
come PCB e ritardanti di fiamma bromurati.

Tali numeri non possono dunque non allarmare, soprattutto in considerazione del fatto che l’Italia al
momento non sembra disporre di misure adeguate per fronteggiare tale volume di scarti, spesso
estremamente pericolosi per l’uomo e per l’ecosistema. Si rende pertanto quanto mai necessaria non
soltanto una corretta sensibilizzazione del cittadino sull’argomento, ma anche la creazione di un s i-
stema di centri per la separazione dei componenti delle apparecchiature elettroniche e per il loro riuti-
lizzo. Al momento, tali procedure non sono ancora standardizzate, ed è facile prevedere che per un
certo periodo di tempo le persone e le aziende meno coscienziose continueranno a preferire per lo
smaltimento la comoda via del cassonetto; in tempi brevi, tuttavia, qualcosa potrebbe cambiare, con
l’adozione di nuove normative tese ad applicare il principio della responsabilità estesa ai produttori.
Questi ultimi si troverebbero così obbligati a dover rispondere degli impatti che i loro prodotti, al ter-
mine del ciclo vitale, hanno sull’ambiente e sulla salute, e verrebbero dunque costretti a farsi carico
economicamente della corretta raccolta e del recupero; in questo senso, d’altra parte, si è già mosso il
Governo federale degli Stati Uniti, che per finanziare il funzionamento degli attuali centri di riciclag-
gio e la realizzazione di nuove infrastrutture ha emanato a fine 2002 una serie di decreti finalizzati ad
applicare una tassazione di 10 dollari su ogni vendita di hardware, sia in ambito consumer sia busi-
ness.

In tale ottica generale, nonché in considerazione dell’altissimo tasso di diffusione raggiunto dai co m-
puter e dalle altre apparecchiature informatiche all’interno di aziende e famiglie italiane, si può co m-
prendere come le prospettive per chi intenda dedicarsi allo smaltimento, recupero e riciclaggio delle
stesse assumano aspetti decisamente interessanti. Occorre tuttavia essere consapevoli del fatto che si
tratta di un’attività contraddistinta da un certo grado di complessità, che richiede un’approfondita c o-
noscenza tecnica dei diversi materiali e del loro grado di pericolosità intrinseca e una buona disponi-
bilità di capitale per porre in essere i necessari investimenti in attrezzature ed infrastrutture, come evi-
denziato anche nelle pagine che seguono.

1.2 Una piccola miniera: il computer visto nell’ottica del riciclaggio

Ai fini di porre in essere un’attività di smaltimento, recupero e riciclaggio di apparecchiature info r-
matiche, assume particolare importanza l’analisi della composizione merceologica dei materiali in e s-
se comunemente presenti. Le dimensioni e le configurazioni di tali apparecchiature possono essere tra
loro anche molto diverse: per esempio, rispetto ai computer da tavolo o desktop, i computer portatili o
notebook sono più compatti, leggeri e di dimensioni ridotte; per via del monitor a cristalli liquidi
(LCD) integrato nella struttura, tuttavia, creano di solito maggiori difficoltà durante le operazioni di
smontaggio, identificazione dei singoli materiali, smaltimento e riutilizzo degli stessi. Ogni unità
hardware va comunque considerata come risultato dell’assemblaggio di componenti elettronici, di
strutture metalliche e di materiali in plastica; all’interno di un pc, dunque, possono essere individuate
tre parti principali:
- l’unità centrale;
- il monitor;
- la tastiera.

L’unità centrale
L’unità centrale è composta da piastre e da schede a circuiti stampati; queste ultime sono costituite da
un supporto in materiale plastico su cui sono fissati circuiti integrati, condensatori, resistori ed indut-
tori, collegati opportunamente tra loro mediante piste in lega conduttrice depositate sulla piastra.
Nella fabbricazione di schede e piastre a circuito stampato vengono utilizzati:
- laminati polimerici a base di resina termoindurente rinforzata con fibre di vetro (generalmente si
tratta di resine epossidiche o fenoliche, ma talvolta anche poliesteri, melamminiche, ecc.);
- inchiostri e paste serigrafiche;
- fotopolimeri (a base poliestere, acrilica, ecc.);
- composti chimici organici ed inorganici (per le fasi di apporto e asportazione mediante processi
elettrochimici);
- vernici protettive;
- fissanti e diluenti;
- metalli preziosi e non preziosi.

I circuiti stampati (o PWB, printing wiring board) si suddividono in due grandi gruppi: con rinforzo e
senza rinforzo. I primi utilizzano a questo scopo trame di vetro e carta cellulosa, ed hanno resine con-
tenenti ritardanti di fiamma bromurati; i secondi possono essere di tipo flessibile o rigido. Essi si
compongono in media di:
- 33% di ceramica e vetro presenti in componenti, imballaggi, rinforzi;
- 33% di plastiche in PWB, componenti, imballaggi, connettori;
- 33% di metalli nei conduttori dei componenti e nelle piste dei PWB;
- un restante 1% circa di carta e liquidi situati nei condensatori.

Sono inoltre presenti anche alcuni metalli, distribuiti nel seguente modo:
- 12% rame (in conduttori dei componenti, piste dei PWB, connettori);
- 7% ferro (in conduttori dei componenti, dettagli meccanici, induttori);
- 2% nichel (in componenti e conduttori dei componenti);
- 1% circa di piombo (nelle saldature);
- meno dell’1% di zinco (in trattamenti di superficie);
- meno dell’1% di stagno (nelle saldature);
- meno dell’1% di manganese (nei condensatori elettronici a secco);
- meno dell’1% di antimonio (nelle saldature di componenti ed assemblaggi);
- meno dell’8% di altri metalli (come cromo, titanio, tungsteno, argento, palladio, alluminio, bario,
boro, berillio, cobalto, ecc.).

I circuiti integrati consistono in una matrice di materiale semiconduttore (generalmente silicio) incap-
sulata in un involucro che può essere di materiale ceramico o plastico e in conduttori metallici per il
collegamento con gli altri componenti. L’involucro di plastica, il più comune oggi in uso, presenta in
genere questa composizione:
- 65-75% di carica inerte (usualmente silicato, SiO2);
- 20-30% di resina epossidica;
- 2-6% di ritardante di fiamma (ossido di antimonio, Sb2O3);
- 1-10% di agente indurente (in genere un indurente amminico, per una percentuale tra il 5 e il 30%
del peso totale della resina);
- 0,6-1% di accelerante, costituito da un acido di Lewis (come il trifluoruro di boro nella forma del
suo complesso monoetilamminico, per una percentuale intorno al 3% del peso totale della resina);
- 0,5% di colorante, in genere nerofumo;
- un agente distaccante della mescola, come cera naturale o carnauba.
Il leadframe è costituito da silicio e da piccole concentrazioni di bromo, fosforo, arsenico ed antimo-
nio, ed è ricoperto da un piccolissimo strato protettivo di alluminio, plastica o ceramica (circa 0,001
mm). Le connessioni del chip con esso sono generalmente realizzate in allumina, con aggiunta di os-
sidi di magnesio, calcio, silicio e titanio; altri materiali impiegati per i semiconduttori possono essere
il germanio (per i diodi, in unione col silicio), l’arseniuro di gallio, il fosfuro di gallio, il fosfuro di i n-
dio (per i LED).

I condensatori possono essere di diversi tipi, caratterizzati da materiali dielettrici ben distinti. Quelli di
uso maggiormente comune sono:
- condensatori di carta metallizzata, composti da due strisce di cellulosa metallizzata su di un lato con
un sottile film di zinco o altro metallo a basso punto di fusione. Contengono anche piombo, stagno,
ferro, rame;
- condensatori di plastica metallizzata (policarbonato, polipropilene), con la stessa composizione dei
precedenti;
- condensatori elettrolitici in alluminio, contenenti acido borico miscelato con glicole, sali e solvente
organico in funzione di elettrolita (butirrolattone, dimetilformammide, dimetilacetammide, metilpir-
rolidone, etilenglicole, acido adipico, nitrofenolo o composti organici amminici);
- condensatori elettrolitici al tantalio, funzionanti come i precedenti con l’utilizzo di tantalio 205 come
strato dielettrico e biossido di manganese come elettrolita.

I resistori si compongono di un supporto ceramico in allumina sul quale viene depositato uno strato di
metallo conduttore o di miscela vetro-carbone; i terminali sono generalmente d’oro, di palladio-
argento o di materiali aventi le stesse proprietà elettriche.

Gli induttori sono costituiti da un avvolgimento di filo di rame intorno ad un nucleo ceramico o fer-
romagnetico (che può essere in ferro sinterizzato con leganti organici, in leghe al ferro nichel o al fer-
ro-zinco, e può contenere samario, praseodimio, cobalto o neodimio); in genere vengono rivestiti con
resina epossidica.

Utilizzati con funzioni di controllo periferico, i relais sono caratterizzati da bassa perdita di corrente,
bassa sensibilità ai disturbi esterni ed alta affidabilità. Si compongono per lo più di ferro, rame e resi-
ne epossidiche; le proprietà dei contatti a molla in rame vengono migliorate con l’utilizzo ricorrente
del berillio. Per la fabbricazione delle parti magnetiche sono adoperati ferro, nichel, manganese, zin-
co, cobalto, cromo, silicio, molibdeno, titanio, carbonio, vanadio, bario, samario, stronzio, selenio,
praseodimio e neodimio; un nucleo per alte prestazioni contiene spesso ferro combinato con samario,
neodimio o cobalto.

Le saldature vengono generalmente realizzate con leghe costituite dal 63% di stagno e 37% di piom-
bo. Per i SMT (Surface Mount Technology) sono comunemente utilizzate leghe al 2% di argento,
36% di piombo e 62% di stagno; il ricorso complessivo all’argento è comunque modesto, in quanto
soltanto il 10% dei componenti elettronici necessita di saldature SMT. Altri materiali per saldature
possono essere leghe antimonio-stagno, bismuto-stagno o indio-stagno. Gli adesivi normalmente im-
piegati sono costituiti di solito da composti di natura epossidica o acrilica.
Gli indicatori luminosi sono in genere costituiti da LED; questi contengono piccole quantità di mate-
riali semiconduttori come indio-palladio o gallio-palladio.
L’involucro dell’unità centrale è in metallo con parti in plastica, per un peso di 300 grammi circa.

Il monitor
I monitor dei computer, così come quelli di tutte le apparecchiature informatiche, contengono
anch’essi circuiti stampati per una superficie complessiva di 500 cm 2; si compongono inoltre di un tu-
bo catodico o di un display e dell’involucro.
Il tubo catodico è costituito essenzialmente da quattro parti: la parte conica, lo schermo, la connessio-
ne tra cono e schermo e la parte elettronica. Il vetro utilizzato per la fabbricazione può essere di diver-
si tipi, tutti però contenenti ossidi metallici (di piombo, bario, stronzio) in grado di assorbire i raggi; le
sostanze fluorescenti contenute all’interno dello schermo sono in genere solfuri o fosfuri di zinco, e u-
ropio, ittrio, cadmio. Nei modelli più vecchi il rivestimento fluorescente contiene principalmente sol-
furi di cadmio e zinco, mentre in quelli più recenti è composto per il 94% da solfuro di zinco e terre
rare.
Il display può assumere diverse tipologie:
- a cristalli liquidi, col ricorso a 2000 tipi diversi di liquido (tra i quali il trans-4-propil-(4-cianofenil)-
cicloesano e l’azossilbenzene) ed una lampada per la retroilluminazione dello schermo con mercurio o
metalli rari;
- a plasma, contenenti mercurio od isotopi radioattivi come Ni63, Kr85 o H3;
- elettroluminescente, con solfuro di zinco e metalli pesanti o metalli del gruppo delle terre rare.
L’involucro del monitor è realizzato in plastica ABS o similare con circa il 20% di ritardante di fia m-
ma (deca o octa-BDE), ed ha un peso di circa 1,7 kg.

La tastiera
La tastiera è costituita essenzialmente da piastre a circuiti stampati (per un’estensione di circa 200
cm2) e dal rivestimento in plastica.
In conclusione, i principali materiali che costituiscono un computer possono venire suddivisi con la
seguente ripartizione:

Tab. 1, Principali materiali che compongono un personal computer

             Materiale                          Peso (in kg)                                %
           Metalli ferrosi                            7,5                                   32
        Metalli non ferrosi                           0,5                                    2
                Vetro                                 3,6                                   15
              Plastica                                5,2                                   22
    Piastre a circuiti stampati                       5,3                                   23
             Disc driver                              1,2                                    5
             TOTALE                                  23,3                                  100

Fonte. www.rifiutilab.it
Volendo approfondire tale analisi, i risultati di un’altra ricerca giungono ad individuare all’interno di
un normale computer desktop, del peso approssimativo di 27 kg, oltre trenta elementi, contraddistinti
da possibilità di riciclaggio anche molto diverse tra loro; ad essi vanno inoltre ancora aggiunti i ritar-
danti di fiamma bromurati, non infiammabili, e centinaia di additivi e stabilizzatori.

Tab. 2, Suddivisione degli elementi presenti in un personal computer ed efficienza del processo di rici-
claggio

      Materiale           Quantità       Quantità        Efficienza               Uso/Posizione
                            (in kg)     (in % sul peso) del riciclaggio
   Materie plastiche         6,21          22,9907           20%          Include materie organiche e silicee
                                                                              Unione di metalli, schermo
       Piombo                1,71          6,2988             5%
                                                                              antiradiazioni, CRT, PWB
                                                                            Struttura, conduttività/housing,
       Alluminio             3,83          14,1723           80%
                                                                                CRT, PWB, connettori
      Germanio
Argento
ma di iniziare l’attività, è tuttavia consigliabile esaminare attentamente tali aspetti con l’ausilio delle
AA.SS.LL. competenti o di esperti in medicina del lavoro.

Piombo
Nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche viene utilizzata una percentuale compresa tra l’1,5 e il
2,5% di tutto il piombo estratto annualmente al mondo, principalmente per il vetro dei tubi catodici
(circa 0,4 kg) e per le saldature indispensabili all’assemblaggio dei circuiti stampati e di altri comp o-
nenti (in media 50 g al m2); altri usi principali di questo metallo sono le pile (63%), tubi e altri mate-
riali da costruzione (9%), additivi della benzina (2%). Gli effetti nocivi riscontrati in persone esposte
per motivi professionali a questa sostanza coinvolgono il sistema nervoso centrale e periferico, quello
circolatorio, quello endocrino ed i reni; può inoltre influenzare negativamente lo sviluppo del cervello
dei bambini. Lo stoccaggio, anche temporaneo, di apparecchiature elettriche ed elettroniche in siti di
smaltimento o discariche può provocare l’inquinamento da piombo delle falde acquifere sottostanti se
avviene in assenza di una adeguata impermeabilizzazione del terreno, tale da permettere al percolato
di lisciviare.

Cadmio
All’interno dei pc e delle periferiche il cadmio è presente in alcune componenti dei circuiti stampati
come resistori a chip SMD, rilevatori ad infrarossi e semiconduttori; in passato è stato inoltre impie-
gato nella fabbricazione di tubi a raggi catodici e come stabilizzatore nella plastica PVC. Secondo le
stime dell’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente (ANPA), la dismissione di oltre 315 m i-
lioni di computer prevista tra il 1997 ed il 2004 sul territorio dell’Unione europea renderà necessario
avviare a trattamenti specifici più di 900 tonnellate di questo elemento. I composti di cadmio sono
considerati tossici, in quanto capaci di cagionare danni irreversibili alla salute come lesioni renali, di-
sturbi della crescita, carenze nella funzione riproduttiva e demineralizzazione dell’apparato scheletr i-
co; se rilasciato nell’ambiente ha una tossicità acuta e cronica per gli animali terrestri ed acquatici,
con un semiperiodo di eliminazione calcolato tra i 10 e i 20 anni. Può essere inalato dal personale ad-
detto allo smaltimento durante l’esposizione.

Mercurio
Con un consumo annuo pari al 22% circa dell’intera produzione mondiale, nelle apparecchiature ele t-
triche ed elettroniche il mercurio viene utilizzato soprattutto per la fabbricazione di termostati, sensori
di posizione, relais, interruttori; è anche presente nelle batterie, negli interruttori/housing e nei circuiti
stampati. Nelle persone il suo accumulo può colpire in modo particolare il cervello e le parti di esso che
controllano la vista, il coordinamento e l’equilibrio. È stato inoltre dimostrato che nelle donne incinte il
mercurio metilato può essere trasmesso all’embrione attraverso la placenta, causando nei casi più gravi
lesioni cerebrali e deficienze mentali.

Cromo esavalente (Cromo VI)
Il cromo esavalente (o cromo VI) viene tuttora utilizzato da alcuni produttori di pc e periferiche in qua-
lità di difesa contro la corrosione di placche d’acciaio non trattate e galvanizzate, di elemento decorativo
e di indurente per contenitori d’acciaio. Può essere facilmente assorbito dalle cellule attraverso le me m-
brane, causando anche in piccole concentrazioni forti reazioni allergiche come la bronchite asmatica.
L’incenerimento non controllato di spazzatura contenente cromo è stato bandito da apposite convenzi o-
ni internazionali, in quanto può provocare la produzione di cenere inquinata che, fluttuando nell’aria,
giunge a contaminare l’ambiente.

Materie plastiche
In base alle stime dell’ANPA citate in precedenza, si può prevedere che intorno al 2004 vi saranno da
smaltire circa 1.935.000 tonnellate di materie plastiche contenute all’interno di computer e periferiche
ormai giunti al termine del loro ciclo vitale. La maggior parte di tale quantità sarà costituita da parti in
polivinil cloruro (più comunemente conosciuto come PVC), largamente utilizzato nella produzione di
cavi e contenitori per le sue caratteristiche di resistenza ed infiammabilità sino alla metà degli anni no-
vanta; la successiva scoperta della rilevante tossicità di questo materiale durante l’incenerimento ed il
riciclaggio (che costituiscono tuttora una delle principali cause di dispersione di diossine e furani
nell’ambiente) ne ha poi determinato una repentina messa al bando. Oggi la quasi totalità dei fabbricanti
di apparecchiature elettriche ed elettroniche impiega al posto del PVC il meno inquinante ABS; ma
l’enorme quantità contenuta nei macchinari non più utilizzati continua a costituire una seria minaccia
per l’ecosistema terrestre.

Ritardanti di fiamma bromurati
I brominati antincendio sono una classe di sostanze chimiche comunemente presenti nei pc per garantire
la protezione contro l’infiammabilità, in quanto capaci di ritardare la combustione dei materiali plastici
innalzando la temperatura d’innesco; per questo motivo vengono utilizzati in circuiti stampati, connett o-
ri, rivestimenti di plastica e cavi. I più diffusi sono i bifenili polibromurati (PBB) e gli eteri di difenile
polibromurati (PBDE): i primi sono altamente tossici, e producono effetti simili a quelli delle diossine
clorurate e dei PCB; i secondi sono in grado di provocare danni al fegato e al complesso tiroideo.

La presenza e gli effetti degli elementi chimici appena illustrati rendono il processo di riciclaggio di
apparecchiature elettriche ed elettroniche potenzialmente pericoloso sia per l’ambiente circostante sia
per gli operai che vi sono addetti. Nell’Unione europea oggigiorno più del 90% di tali dispositivi al
termine del loro ciclo vitale viene avviato alla discarica, incenerito o frantumato senza subire tratta-
menti preliminari, causando così notevoli emissioni nell’ambiente delle sostanze considerate. In gen e-
re le componenti di piccole dimensioni che possono essere smaltite insieme ai rifiuti domestici fini-
scono direttamente all’incenerimento o nelle discariche, con percentuali notevolmente diverse tra gli
Stati membri (in Danimarca, per esempio, il 90% di esse è destinato all’incenerimento, e soltanto il
10% alla discarica; in Grecia, invece, approda alle discariche la totalità di tali materiali). Il loro ince-
nerimento contribuisce fortemente alle emissioni di piombo, di mercurio e di cadmio nell’atmosfera;
inoltre, a causa del tenore di metalli pesanti, quantità notevoli di scorie, ceneri e residui vari devono
essere qualificate come pericolose e poste a discarica in strutture appositamente progettate, con possi-
bili dispersioni nell’ambiente e senza poter essere recuperate come materiale secondario da costruzi o-
ne. La messa a discarica, soprattutto in strutture non controllate, può invece provocare fenomeni di li-
sciviazione per l’azione dell’acqua piovana e a seguito di vari processi fisici e chimici: spesso il terr e-
no e le falde acquifere sottostanti risultano così contaminate da mercurio, cadmio, PBB e PBDE;
inoltre la vaporizzazione di mercurio metallico e di mercurio al dimetilene libera una quantità preoc-
cupante di tali sostanze nell’aria. Neppure la raccolta e il trattamento del percolato di discariche co n-
trollate secondo norme tecniche rispettose dell’ambiente, quali quelle stabilite dalle direttive europee
in materia, riescono ad eliminare completamente l’esposizione: nelle discariche più perfezionate, in
cui viene prevista la raccolta del percolato e l’impermeabilizzazione del fondo, l’invio dello stesso
percolato a impianti di trattamento sul sito oppure a impianti di trattamento delle acque reflue può di-
sturbare il processo di depurazione per via dei metalli pesanti, che finiscono comunque nei fanghi di
fogna e in quantità più ridotte, ma incontrollabili, nelle acque di superficie. I fanghi di fogna vengono
così sparsi sui terreni agricoli (se, oltre a rispettare altre condizioni, non superano i valori limite con-
siderati dall’Unione sull’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura) oppure sono posti a d i-
scarica o inceneriti, sollevando problemi simili a quelli dell’emissione delle discariche. Il caso dei r i-
tardanti di fiamma bromurati non è diverso: anche se la lisciviazione dei composti di plastica è a breve
termine ridotta, presto o tardi i composti vengono rilasciati dalla plastica in un periodo di degradazio-
ne che può raggiungere centinaia di anni. Poiché alcuni composti sono persistenti nell’ambiente, dalle
discariche sono probabili emissioni diffuse a lungo termine, anche in considerazione del fatto che i
PBB sono risultati 200 volte più solubili nel percolato di discarica che nell’acqua distillata.

Naturalmente i rischi potenziali si estendono anche agli operatori dediti alle attività di separazione dei
diversi materiali e di riciclaggio degli stessi: le tecniche di trattamento hanno ormai raggiunto un buon
grado di standardizzazione, caratterizzandosi per efficienza e capacità di messa in sicurezza; tuttavia
in materia sono ancora possibili sostanziali progressi, soprattutto per ciò che concerne la protezione
dai residui di ritardanti di fiamma bromurati. I produttori di tali sostanze hanno indicato che i rischi
sanitari legati all’estrusione di plastica contenente PBB e PBDE potrebbero essere evitati grazie a
maggiori misure di protezione dei lavoratori negli impianti di riciclo, come l’impiego di maschere d u-
rante le operazioni di smontaggio. Pur sostenendo questo tipo di misure, la Commissione europea ha
tuttavia evidenziato che esse potrebbero non ridurre in maniera sostanziale o eliminare i possibili ef-
fetti negativi provocati dai ritardanti di fiamma bromurati, e si spinge a sostenere che la loro sostitu-
zione con altre a minor impatto ambientale continua a rappresentare la migliore protezione per i lavo-
ratori interessati. D’altra parte, uno studio svedese ha calcolato che con buona probabilità gli operai
addetti allo smantellamento di pc hanno assorbito nel corso della loro attività lavorativa un livello di
elementi tossici 70 volte superiore a quello trovato in coloro che esercitano altri mestieri; e recenti in-
dagini sanitarie tedesche hanno confermato la presenza di alte concentrazioni di PBDE nel sangue di
tali lavoratori.

1.5 Le fasi del riciclaggio

Quanto scritto nelle pagine precedenti non deve scoraggiare chi è intenzionato ad avviare una impresa
nel campo del riciclo e dello smaltimento di apparecchiature elettroniche, quanto piuttosto incentivare
ad un serio approccio alla problematiche ambientali e sanitarie indissolubilmente legate a questa ti-
pologia di attività; d’altra parte, occorre evidenziare come tali rischi possano e debbano essere se non
eliminati, almeno ridotti in misura accettabile, così come previsto dalle normative vigenti (per le quali
si rimanda alla sezione apposita della presente scheda). Allo stesso modo, non devono spaventare né
la complessità delle varie fasi in cui è possibile scomporre l’intero processo relativo al riciclo e allo
smaltimento, né la portata degli investimenti, certo ingenti, necessari per realizzare siti ed impianti
tecnologicamente aggiornati e dotati di tutte le doverose autorizzazioni. Per chi desidera entrare in
questo settore (peraltro estremamente interessante, come risulta dalle prospettive illustrate più avanti),
appare infatti quanto mai consigliabile cominciare l’attività limitando il proprio campo d’azione so l-
tanto ad alcune operazioni di minor complessità tecnica ed organizzativa, come la raccolta ed il disas-
semblaggio delle apparecchiature dismesse da aziende e privati, e appoggiandosi ad altre realtà di
maggiori dimensioni, con le quali accordarsi preventivamente, per l’espletamento delle fasi success i-
ve: in questo modo diviene possibile ridurre in modo sensibile non soltanto la dimensione degli inve-
stimenti iniziali, ma anche i tempi e le difficoltà per ottenere i permessi occorrenti. In tale ottica,
l’illustrazione sequenziale del ciclo operativo che contraddistingue tale attività può dunque rivelarsi
utile per effettuare le opportune valutazioni.

Fig. 1, Suddivisione per fasi, componenti e quantità del processo di riciclaggio di 100 kg di apparec-
chiature elettroniche dismesse

Fonte: Chibo Ambiente s.r.l., www.chibo.it

Raccolta
Questa prima fase si presenta particolarmente importante per due ragioni diverse:
- dal punto di vista aziendale, prevede il principale momento di contatto con la clientela (aziende o
privati): puntualità, cortesia, pulizia possono dunque risultare determinanti per instaurare una corretta
e positiva immagine dell’impresa;
- dal punto di vista tecnico, richiede di apportare già una qualche forma di protezione alle apparec-
chiature prese in carico, in modo da evitare di vanificare l’intera operazione di recupero cagionando
alle stesse danneggiamenti o causando la fuoriuscita di sostanze nocive;

Il servizio si articola attraverso:
♣ fornitura alla clientela di specifici contenitori nei quali raccogliere toner, cartucce ed altri consuma-
    bili, nonché componenti di piccola dimensione;
♣ ritiro, effettuato su richiesta della clientela, di hardware dismesso, con verifica preliminare all’ac-
  cettazione, in modo da selezionare e rifiutare i materiali per i quali non si possiedono le apposite
  autorizzazioni al trattamento e allo smaltimento;
♣ carico su automezzo aziendale (furgoni, motrici con sponda idraulica, camion cassonati, ecc.) dei
  componenti dismessi e messa in protezione degli stessi;
♣ trasporto alla sede aziendale.

Non sembra inutile ricordare quali possono essere le apparecchiature o le componenti oggetto del ser-
vizio:
- hardware IT: sistemi completi di elaborazione;
- pc consumer: desktop consumer, portatili consumer;
- pc professionali / pc server: personal workstation, desktop professionali, notebook, palmari a penna,
accessori per PC;
- server: stazioni di lavoro professionali (workstation), sistemi d’elaborazione di grande capacità
(mainframe), implementazione hardware e periferiche;
- schede: schede PCMCIA, schede di controllo dischi, schede grafiche, schede audio/video, schede
per la gestione di CD-ROM, WORM, videodischi, DVD, schede di interfaccia LAN ed emulazione
terminale, schede di implementazione per grandi elaboratori, schede modem, altre schede;
- tastiere: mouse ed altre periferiche di input, tastiere alfanumeriche, penne ottiche e altre unità di
puntamento, scanner bianco/nero e colore;
- monitor: schermi monocromi, schermi a colori, schermi ad alta definizione, schermi piatti a cristalli
liquidi, plasma, ecc.;
- stampanti: stampanti a impatto, stampanti a getto d’inchiostro, stampanti laser, stampanti termiche,
stampanti multifunzione (copier, scanner, fax, ecc.), accessori per stampanti;
- unità di memoria di massa: unità a floppy disc, unità hard disc, unità dischi ottici, unità CD-ROM e
DVD, altre unità dischi removibili;
- terminali: terminali alfanumerici con video, terminali bancari (cash dispenser, POS, ecc.);
- dispositivi ausiliari per l’EDP: gruppi di continuità, alimentatori (UPS, ecc.), cabine insonorizzate,
leggii e altre attrezzature per CED, materiale di consumo per l’EDP;
- dischi: dischi ottici scrivibili (WORM), dischi ottici riscrivibili, altri dischi removibili, sistemi per la
comunicazione col grande pubblico;
- chioschi multimediali;
- telecomunicazioni/networking: LAN/WAN, centralini telefonici, PABX, telefoni fissi e cordless, ecc.;
- microprocessori, motherboard per pc, computer case, macchine ausiliarie e accessori per l’IT;
- hub, modem, adapter, armadi e rack;

Inoltre, senza la necessità di dover effettuare altri investimenti o richiedere ulteriori autorizzazioni, si
può agevolmente estendere il campo dell’attività anche a:
- televisori, videoregistratori, piccoli elettrodomestici, ecc.;
- strumentazione ospedaliera.

Cernita, collaudo e trattamento preparatorio
Questa seconda fase si compone di una serie di operazioni molto diverse:
♣ scarico e stoccaggio;
♣ esame del materiale scaricato, al fine di individuare e separare le apparecchiature o i componenti
  in base alle loro caratteristiche;
♣ collaudo e ripristino delle apparecchiature che offrono buone possibilità di essere rivendute in tale
  stato una volta ripristinato il buon funzionamento: se il collaudo ha esito positivo, il materiale se-
  lezionato viene messo in deposito in attesa di essere rivenduto; se il collaudo ha esito negativo e
  non si ritiene conveniente il ripristino, viene invece indirizzato alla fase di smontaggio;
♣ primo smontaggio: si opera sul materiale che, al controllo visivo o in seguito a collaudo con esito
  negativo, è risultato non idoneo alla vendita. In questa fase del processo si procede alla rimozione
  della carcassa e degli eventuali condensatori con PCB, relais e mercurio, in modo da rimuovere i
  materiali pericolosi e le sostanze facilmente infiammabili;

Smontaggio di parti e prelievo dei componenti per il reimpiego
Questo terzo passaggio prevede una definizione attente e precisa delle procedure, in modo da poter
recuperare i componenti potenzialmente validi:
♣ separazione piastre;
♣ separazione civetteria;
♣ separazione telaio;
♣ cernita e collaudo dei componenti recuperabili dalle piastre (circuiti integrati)
Tale operazione richiede la maggior quantità di lavoro manuale, in quanto oltre un certo livello
l’impiego di sistemi automatizzati finisce per andare a scapito della flessibilità dell’operazione; da
parte dell’operatore occorrono inoltre esperienza e capacità manuale, in modo da non compromettere
l’efficacia del recupero.

Frantumazione e selezione per il recupero di materiali ed energia
La fase in oggetto richiede un alto impiego di energia e di procedure automatizzate, in modo da ga-
rantire il massimo dell’efficacia e della sicurezza per i lavoratori; si compone prevalentemente delle
seguenti operazioni:
♣ asportazione generale delle impurità;
♣ macinazione delle schede;
♣ separazione grossolana dei materiali ferrosi dalle ceneri attraverso potenti magneti in grado di atti-
    rare quantità anche minime di metallo;
♣ separazione elettrostatica dei residui metallici, realizzata con appropriate strumentazioni capaci di
    isolare anche particelle finissime;
♣ polverizzazione delle sostanze non ferrose tramite sistemi di separazione ad acqua e mulini di ma-
    cinazione;
♣ ulteriore separazione particolareggiata delle sostanze non ferrose;
♣ inscatolamento automatico dei materiali;
♣ dissociazione delle soluzioni acide;
♣ depurazione di mulini e separatori;
♣ rimozione dei residui.

Metodologie di recupero di alcuni componenti
Grazie alle interessanti percentuali contenute di argento, oro, platino, alluminio e rame, i circuiti
stampati rientrano tra le parti più frequentemente avviate al riciclaggio. Gli stadi successivi del trat-
tamento sono:
♣ pretrattamento e caricamento dei materiali: le schede ed il materiale elettronico vengono macinati
  da un trituratore a coltelli e trasportati alla tramoggia di carico;
♣ trattamento termolitico e combustione dei gas organici: il materiale macinato viene inviato in un
  cilindro rotante in cui, per effetto del calore ricevuto, avviene il processo termolitico. Tra le diver-
  se metodologie, va segnalata la tecnologia tedesca denominata Pyrocom, capace di combina la
  pirolisi con una combustione ad alta turbolenza: quest’ultimo processo giunge a ridurre di 10-15
  volte la presenza delle dibenzodiossine e degli altri composti altamente tossici che possono essere
  generati dalla combustione dei ritardanti di fiamma nel corso della termodistruzione. Raggiunto lo
  stato gassoso, le componenti organiche vengono aspirate dalla zona di termolisi e attraversano un
  ciclone depolveratore ed un condensatore. I gas in uscita da quest’ultimo sono inviati al bruciat o-
  re-miscelatore del combustore, mentre il materiale inorganico ed il carbone passano al tamburo di
  trattamento;
♣ trattamento dei materiali inerti in uscita: dopo il raffreddamento sotto il punto di accensione, il fer-
  ro viene eliminato per via magnetica ed i restanti composti selezionati per via gravimetrica;
♣ depurazione (ad umido o semi secco) ed aspirazione dei fumi di scarico.

Nel caso dei tubi catodici, occorre distinguere tra quelli prodotti dopo il 1990, che possono essere fusi
e riutilizzati per produrne di nuovi, e quelli realizzati prima di tale data, in cui la composizione del
vetro è molto differente. Per quelli più recenti è prevista la separazione dello schermo dal cono e suc-
cessivamente un lavaggio con soluzioni acquose in modo da scindere i materiali pesanti; la fusione a
700° permette di raccogliere il materiale rigenerato.

La separazione delle materie plastiche avviene sfruttando le diverse caratteristiche chimiche e fisiche
degli elementi presenti. I sistemi sono diversi: alcuni si basano sulla proprietà di galleggiamento e af-
fondamento delle diverse plastiche in soluzioni acquose a densità controllata; la miscela plastica viene
macinata ed immessa in colonne o vasche di soluzioni acquose e alcol etilico o cloruro di sodio e se-
parate per elutriazione. Altri utilizzano la flottazione, un fenomeno di tensione superficiale: una volta
immersi i composti in acqua, insufflando aria si formano bolle che aderiscono alla superficie del ma-
teriale più idrofobo e lo portano in superficie, mentre l’altra componente precipita sul fondo. Altri a n-
cora adoperano processi di estrazione mediante solventi: poiché polimeri diversi si miscelano con sol-
venti diversi, ripetendo l’operazione più volte si ottengono polimeri contraddistinti da un alto grado di
purezza. Nel caso in cui i tempi di smantellamento siano elevati o economicamente non convenienti,
si preferisce sfruttare l’alto potere calorifico delle plastiche recuperando le parti metalliche di cons i-
stente valore.

Il recupero specifico dei vari metalli richiede processi chimici selettivi. La polvere di rame ottenuta
mediante i pretrattamenti precedenti viene elaborata termicamente in altoforno, ottenendo due frazioni
composte da metallo liquido all’80% di rame e da scorie contenenti una bassa percentuale di rame ed
altri metalli pregiati. La prima frazione viene inviata ad un forno convertitore, permettendo di giunge-
re un metallo al 96% di purezza, mentre la seconda viene trattata in altoforno se contiene almeno il
20% di rame; entrambe possono essere ulteriormente raffinate in un forno ad anodi o con trattamenti
idrometallurgici. Sempre attraverso processi idrometallurgici si recuperano i metalli preziosi, venendo
prima dissolti e successivamente precipitati in modo selettivo: l’argento, ad esempio, viene prima di s-
solto in acido nitrico e poi precipitato con cloruro di sodio; l’oro viene posto in soluzione di acqua r e-
gia o cianuro e poi precipitato con solfito di sodio; il nichel viene dissolto in acido solforico ed acqua
ossigenata e poi separato con nichel ammonio solfato.

Smaltimento
Il passaggio delle componenti elettroniche dismesse attraverso tutte le fasi di lavorazione precedente-
mente descritte ha l’obiettivo di ridurre il più possibile la frazione di materiale da avviare a smalt i-
mento, cercando di avvicinarsi almeno alla soglia del 10% circa sul totale del peso di pc e monitor che
oggi può essere considerata tecnologicamente accettabile. Appositi trattamenti preventivi devono
inoltre rendere inerti le parti maggiormente pericolose se disperse nell’ambiente, come:
- accumulatori non recuperabili;
- interruttori a mercurio;
- soluzioni di trattamento;
- plastiche componenti PCB o di composizione eterogenea,
di cui tuttora non si riesce ad ottenere alcun recupero.

Le tecniche di smaltimento fino ad oggi più utilizzate sono fondamentalmente due:
- l’incenerimento;
- la messa in discarica.

Attraverso tre processi principali di termodistruzione:
- l’incenerimento vero e proprio, che attua l’ossidazione completa del materiale combustibile in pr e-
senza di eccessi di ossigeno;
- la gassificazione, o combustione in difetto di ossigeno;
- la pirolisi, trattamento attuato in assenza totale di ossigeno,
l’incenerimento permette di diminuire in misura drastica la quantità dei residui, ottenendo polveri r i-
dotte ad un decimo circa del volume iniziale e al 30% in peso del materiale combusto. Nell’ipotesi o t-
timale, tali polveri possono venire riutilizzate come fondo stradale od avviate alla discarica; inoltre, se
alla termodistruzione si unisce il recupero di energia, si riesce a conseguire un doppio vantaggio am-
bientale: il calore generato dalla combustione può infatti essere impiegato per produrre vapore ad ele-
vata pressione, utilizzabile per usi civili (come il teleriscaldamento) o industriali (come la produzione
di energia elettrica). Anche in questo caso, tuttavia, occorre considerare tutta una serie di effetti nega-
tivi propri dell’incenerimento: durante i processi di combustione, come già accennato, vengono infatti
prodotte emissioni particolarmente nocive per l’intero ecosistema. Nel solo territorio dell’Unione e u-
ropea vengono rilasciate ogni anno nell’ambiente per effetto della termodistruzione dei componenti
elettrici ed elettronici ben 36 tonnellate di mercurio e 16 di cadmio, nonché quantità notevoli di piom-
bo, di diossine e di furani. L’introduzione negli inceneritori di elementi di piccole dimensioni provoca
inoltre l’accumulo di concentrazioni elevate di metalli pesanti nelle scorie oppure nei pannelli filtranti,
che devono perciò essere periodicamente sottoposti a speciali trattamenti di pulizia.

La messa in discarica avviene quando i pc e le altre apparecchiature elettroniche dismesse non rive-
stono più alcun valore economico e non sono ricuperabili in nessun modo; tale soluzione provoca
tuttavia grossi problemi di stoccaggio, in quanto, come si è già avuto modo di vedere, i componenti
inquinanti contenuti al loro interno possono lisciviare a seguito dell’infiltrazione dell’acqua piovana e
per via di vari processi fisici e chimici. È dunque indispensabile per gli operatori del settore avvalersi
soltanto di impianti controllati, che dispongano di opportuni accorgimenti come la raccolta del perco-
lato e l’impermeabilizzazione del fondo tali da evitare la dispersione nei fanghi e nelle acque sotterr a-
nee di liquami contaminati.

Attività accessorie
Oltre ai processi di riciclo e di smaltimento precedentemente descritti, le imprese attive nel settore
considerato, soprattutto quelle di minori dimensioni, possono utilmente a mettere a frutto le compe-
tenze acquisite per erogare alle aziende clienti alcune attività accessorie di consulenza. Molto spesso,
infatti, le imprese medio-piccole ignorano la normativa vigente in materia o, peggio ancora, la disat-
tendono per via delle troppe difficoltà pratiche e burocratiche: pertanto, l’offerta ai clienti di un servi-
zio completo, che oltre alla logistica e allo smaltimento dei rifiuti elettronici si preoccupi di risolvere
tutti gli adempimenti necessari, permette agli imprenditori del settore di ottenere ulteriori ricavi, il più
delle volte ad alto valore aggiunto e con modesti costi aggiuntivi. Nella maggior parte dei casi, si trat-
ta infatti di fornire:

- informazione in merito alla normativa vigente;
- studio della soluzione ai problemi specifici;
- compilazione (ed eventualmente anche, ove richiesto, acquisto e vidimazione) dei necessari docu-
menti, come il formulario trasporto rifiuti, il registro carico scarico, il modello unico di richiesta.

Una simile attività di consulenza non richiede certo grossi investimenti e permette di ottenere buoni
margini, soprattutto in considerazione dell’ampiezza del mercato potenziale (il numero delle imprese
che si trovano nelle condizioni di richiedere questi servizi è infatti piuttosto elevato, come indicato
nella sezione dedicata al mercato e alla clientela) e della facilità con cui può venire replicata; per quel-
le imprese che intendono affacciarsi sul mercato con una capacità di spesa limitata ma nel contempo
con una buona competenza (sul punto, improvvisare logicamente non paga), è dunque in grado di
rappresentare una fonte di reddito consistente, quando non di divenire il vero e proprio core business.

2. Il profilo specifico dell’impenditore/trice
2.1 Le caratteristiche

Anche alla luce di quanto scritto nelle pagine precedenti, è piuttosto immediato comprendere come
l’attività di riciclaggio di pc ed altre componenti elettroniche dismesse sia decisamente particolare;
pertanto, anche se la normativa vigente, che verrà esaminata più avanti, non richiede a chi intende
operare in questo settore di possedere specifici requisiti in termini di preparazione o di titoli di studio,
esistono tuttavia delle caratteristiche, certo più generali, di cui appare consigliabile essere dotati:

- innanzitutto, una spiccata sensibilità per la salvaguardia dell’ambiente e per le problematiche co n-
nesse. Sono già stati esaminati nel dettaglio gli effetti nocivi che i molteplici materiali presenti
all’interno di un computer o di una periferica possono provocare non soltanto ai lavoratori addetti,
ma anche all’intero ecosistema: occorre dunque che gli imprenditori del settore si impegnino rea l-
mente a mettere in atto tutte le misure di protezione previste dalle leggi in vigore, pur nella consa-
pevolezza dell’indubbio sforzo economico che queste comportano. Solo un forte senso di respons a-
bilità può allora permettere di non cedere alla diffusa tentazione di ricorrere a “scorciatoie” nella
gestione dell’attività, con l’obiettivo di abbattere i costi e di ottenere margini maggiori;

- in secondo luogo, un’ottima competenza tecnica. L’approfondita conoscenza delle parti da trattare,
nonché dei materiali che le compongono con le relative caratteristiche intrinseche, consente infatti
di individuare con rapidità e precisione le componenti per le quali può risultare economicamente
conveniente tentare un recupero, separandole da quelle che invece vanno condotte allo stoccaggio
od allo smaltimento, ognuna secondo il processo più ecologicamente compatibile;

- inoltre, la voglia di mantenersi costantemente aggiornati, sia dal punto di vista tecnico sia dal
punto di vista normativo. Da un lato, la continua introduzione di componenti inedite e di nuovi ma-
teriali all’interno dei processi produttivi delle apparecchiature elettroniche rende indispensabile per
gli operatori del settore compiere un’assidua opera di informazione, in modo da conoscere le o p-
portunità di recupero, le modalità di smaltimento e le procedure di sicurezza e da inserire tempesti-
vamente a catalogo i relativi servizi; dall’altro, seguire gli sviluppi nella progressiva produzione di
norme, leggi e regolamenti in materia a tutti i livelli (europeo, nazionale e regionale) consente di
non farsi trovare impreparati, permettendo sia di assicurare nel tempo alle autorità il rispetto dei re-
quisiti richiesti, sia di fornire alle aziende clienti opportune consulenze con efficacia e competenza
immutate;

- ancora, una notevole capacità organizzativa. Come indicato anche nella sezione dedicata al mercato
ed alla clientela, una impresa che intenda affacciarsi a questo settore, soprattutto se di dimensioni ri-
dotte e con una limitata possibilità di investimento in tecnologie (per lo più circoscritta alle prime fasi
dello stoccaggio, del riciclo e dello smaltimento), almeno per il periodo iniziale deve preferibilmente
rivolgersi all’affollato mercato delle piccole e medie imprese, degli studi professionali, degli enti pu b-
blici locali. Ne consegue la necessità di saper gestire simultaneamente un gran numero di clienti,
ognuno dei quali con specifiche esigenze;

- infine, una buona predisposizione degli addetti al contatto con la clientela. Aver a che fare con un
gran numero di clienti significa anche per la nuova impresa poter dedicare loro un tempo necessaria-
mente limitato: per instaurare una corretta e positiva immagine della propria realtà aziendale risulta
dunque determinante la capacità di ogni operatore coinvolto nelle fasi di ritiro delle apparecchiature di
effettuare gli interventi richiesti con professionalità, puntualità, cortesia e pulizia. In questo modo si
può ottenere non soltanto di fidelizzare i clienti già esistenti, ma anche di procurarne dei nuovi tramite
il passaparola (che da sempre rappresenta uno strumento promozionale assolutamente gratuito e di
comprovata efficacia).

2.2 L’attitudine all’imprenditoria

A queste caratteristiche va poi assommata una attitudine generale all’imprenditorialità. Indipendent e-
mente dalle sue dimensioni e dalle sue capacità tecnologiche, la futura attività sarà innanzitutto
un’impresa, con i suoi obblighi e le sue specificità; già in fase di progettazione, pertanto, occorre ver i-
ficare alcuni punti fondamentali, come:
- la dimensione dell’investimento necessario, distinguendo tra costi di avviamento e costi di gestione
(vale a dire le spese indispensabili per poter intraprendere l’attività, come quelle riguardanti la r i-
strutturazione e la messa a norma degli spazi e dei locali, la costituzione della società, l’acquisto dei
macchinari e delle attrezzature, ecc.; e le spese ripetibili periodicamente nel corso dell’esercizio, come
quelle inerenti la retribuzione dei collaboratori, l’affidamento a terzi di determinate fasi del processo
di lavorazione e di smaltimento, le utenze…), e tra questi ultimi i costi fissi (da sostenere cioè sempre
nella stessa misura, indipendentemente dal numero di apparecchiature recuperate e/o smaltite) e i costi
variabili (proporzionali all’andamento dell’attività);

- la quantità di capitale che si è disposti ad investire inizialmente, tenendo presente che partendo da
zero tutto risulta molto più difficile e si rischia di fornire una impressione negativa ai potenziali finan-
ziatori (se l’imprenditore è il primo a non fidarsi di ciò che vuole fare, perché concedergli un prest i-
to?);

- le fonti di finanziamento (parenti, amici, istituti di credito, provvedimenti di finanza pubblica age-
volata) da cui attingere eventualmente ulteriori risorse, appurando le effettive condizioni a cui queste
possono essere ottenute (una volta avuto un prestito, è sempre in agguato il rischio di venire schiac-
ciati dal peso degli interessi e dalla periodicità del rimborso del capitale);

- la suddivisione dei compiti tra i vari collaboratori (non si può fare tutto da soli…), accertando che i
singoli ruoli vengano ricoperti da chi possiede le effettive competenze, che i carichi di lavoro siano il
più possibile equilibrati e che non rimangano posizioni o incarichi scoperti;

- le tariffe che potranno essere richieste per i servizi offerti, analizzando sia la disponibilità di spesa
dei potenziali clienti sia la soglia critica necessaria per coprire gli investimenti messi in atto;

- la forma giuridica da dare all’impresa, nonché gli adempimenti conseguenti.

3. Il mercato e la clientela
3.1 Il quadro d’insieme

Una indicazione attendibile sulle prospettive di attività per chi intende operare nel campo del riciclo di
componenti elettroniche può venire dall’analisi dell’andamento del mercato dei pc e delle appare c-
chiature informatiche. Come si è già visto, l’alto tasso di innovazione tecnologica che ha contradd i-
stinto il settore dell’IT a partire dagli anni ottanta ha anche finito per condurre molti prodotti ad una
rapida dismissione; e poiché le principali compagnie di software ideano continuamente nuovi pro-
grammi che richiedono requisiti crescenti in termini di velocità, memoria e potenza, sempre più spes-
so risulta più conveniente acquistare un nuovo pc piuttosto che aggiornare quello che già si possiede
mediante un intervento di upgrade. Le stime attuali del ciclo di vita di un computer sono così scese a
tre/quattro anni per i desktop, i monitor e le workstation, e a quattro/cinque per le stampanti e gli
scanner. L’esame del mercato italiano dei computer nel 2001 può dunque fornire indicazioni utili per
giungere ad una valutazione probabile della quantità di attrezzature informatiche da smaltire intorno al
2004-2005, mentre l’analisi dei dati relativi agli anni 1999 e 2000 rende l’idea di quante appare c-
chiature di questo tipo siano già attualmente in corso di sostituzione e quindi di dismissione.
La produzione e la vendita di apparecchiature informatiche rappresentano il settore che negli ultimi
tre decenni ha fatto registrare i maggiori tassi di crescita all’interno del panorama economico del
mondo industrializzato: la società si è infatti informatizzata con ritmi frenetici, così come il lavoro ha
incorporato un contenuto tecnologico crescente. Si può dunque tranquillamente affermare che ormai
non esiste ambito dell’attività umana in cui non ci si avvalga in qualche modo di strumenti informat i-
ci; e non è quindi un caso se il mercato mondiale dell’informatica e delle telecomunicazioni (ITC) è
diventato il settore industriale di maggior rilevanza, superando a livello planetario il 5% del PIL com-
plessivo. L’aumento del numero di prodotti elettronici segue approssimativamente l’andamento della
produzione industriale, dei consumi energetici, del PIL e del reddito netto disponibile; la domanda si è
spostata da settori chiave come la difesa, la pubblica amministrazione, l’industria e la finanza verso il
terziario e l’utenza domestica. Al riguardo, anche l’Italia non fa eccezione, con un considerevole a u-
mento degli acquisti da parte delle famiglie: fra il 1996 ed il 2000 l’incremento complessivo ha to c-
cato il 119%, passando da 1.270.000 a 2.781.000 unità vendute. A questo progresso, quindi, si ac-
compagna un numero sempre crescente di apparecchiature giunte al termine del loro ciclo di vita e
dunque da smaltire.

3.2 Qualche dato

Nel corso del 2001, l’andamento del mercato italiano dell’informatica e delle telecomunicazioni è
stato influenzato dal peggioramento del quadro macroeconomico in misura minore rispetto ad altri
paesi: nonostante la fase di debolezza, infatti, tale mercato ha visto un aumento del 8,3% sull’anno
precedente, con un risultato ben superiore al 4,3% della Germania, al 7% della Francia e del Regno
unito e al 7,8% della Spagna che gli ha permesso di raggiungere un valore di 60,6 miliardi euro e di
confermarsi al quarto posto in Europa per dimensioni e fatturato. La domanda è stata alimentata so-
prattutto dagli acquisti delle medie e grandi imprese, mentre le piccole hanno ridotto i programmi di
investimento per via della congiuntura negativa. Il segmento dei personal computer, pur crescendo
in unità del 6,1%, ha subito un calo di valore a seguito della forte concorrenza sui prezzi: le vendite
sono salite a 2.946.500 unità, ma l’importo corrispondente è sceso a 2.992 milioni di euro. Il 2002
ha segnato un ulteriore peggioramento di questa tendenza, facendo riscontrare un calo del 4,2%
nelle unità vendute, in linea con il difficile andamento degli altri comparti economici.

Tab. 3, Vendite di personal computer in Italia, 1997-2002 (dati in unità)

     Anni              Desktop          Portatili      Totale Client        Server         Totale PC
      1997             1.242.900         223.200          1.454.100         85.500          1.539.600
      1998             1.554.000         308.000          1.862.000         88.000          1.950.000
      1999             1.840.000         409.500          2.249.500         115.500         2.365.000
      2000             2.010.000         666.500          2.676.500         104.500         2.781.000
      2001             2.085.000         726.500          2.811.500         135.000         2.946.500
     2002                1.897.000       818.000          2.715.000         108.000         2.823.000
Fonte: www.rifiutilab.it
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