Retribuzioni e mercato del lavoro: l'Italia a confronto con le maggiori economie dell'Eurozona
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“Retribuzioni e mercato del lavoro: l’Italia a confronto con le maggiori economie dell’Eurozona” di Lorenzo Birindelli Marzo 2019
Le retribuzioni nel confronto europeo, fra sei dei Principali Paesi che presentiamo sono il risultato di un’elaborazione dell’OCSE (Annual average wages), nella quale le retribuzioni italiane si caratterizzano rispetto a quelle degli altri Paesi per una stazionarietà di lungo periodo, con oscillazioni contenute. Nella Tabella 1 sono riportati gli anni di “picco” delle retribuzioni italiane dal 2000 (il 2001 e il 2010), il 2008, ossia l’anno iniziale della crisi, e l’ultimo triennio disponibile della serie (2015-17). L’evoluzione viene osservata a prezzi costanti per l’intera platea del lavoro dipendente, pubblico e privato. La stagnazione italiana trova pochi riscontri in ambito OCSE, comprese le altre cinque maggiori economie dell’Eurozona, pur in un quadro salariale complessivamente poco dinamico dell’intera area. I dati retributivi sono riportati al livello dei prezzi del 2017. Le retribuzioni medie italiane reali appaiono inchiodate a quota 29 mila euro lordi annui. Tabella 1. Retribuzioni lorde annue per un equivalente a tempo pieno. Valori medi in euro a prezzi costanti 2017 nelle 6 maggiori economie dell’Eurozona 2001 2008 2010 2015 2016 2017 Belgio 42.558 43.076 43.192 44.356 44.163 43.840 Francia 31.464 33.974 35.724 36.742 37.162 37.622 Germania 35.058 35.322 35.621 38.471 39.041 39.446 Italia 28.939 29.838 30.273 29.302 29.512 29.214 Olanda 42.649 44.881 46.885 47.016 47.125 46.755 Spagna 26.469 27.792 29.165 28.670 28.566 28.064 Fonte: elaborazioni FDV su dati OCSE (Annual average wages) Le retribuzioni medie tedesche rivelano un netto miglioramento rispetto al 2010, dopo un decennio di sostanziale stagnazione. Le retribuzioni lorde italiane in termini reali, invece, non solo non sono cresciute, ma nel confronto 2017-2010 si sono persi circa mille euro. Nello stesso intervallo, si registra un guadagno in tre degli Stati considerati (Germania, Francia e Belgio), un ritorno al livello del 2010 in Olanda ed una flessione dello stesso ordine di grandezza della nostra in Spagna. Le retribuzioni italiane risentono, della maggiore severità della crisi nel nostro Paese, e anche della maggior lentezza nel recupero, con analogie con il caso della Spagna. Oltre alla crisi, vi sono altri aspetti, in parte intrecciati con il nostro mercato del lavoro, che aiutano a leggere la stasi delle retribuzioni italiane. Si può iniziare dalla composizione per grande gruppo professionale dell’occupazione dipendente del nostro Paese. Rispetto alla media dell’Eurozona (che include, oltre agli Stati del Sud, anche i 3 Baltici), l’occupazione dipendente in Italia soffre di una ridotta presenza nelle alte qualifiche (complessivamente quasi 7 punti percentuali in meno). Al contrario, è più alta, di oltre 2 punti percentuali, la quota delle professioni a bassa qualificazione. Tra il 2008 ed il 2017 (Tabella 2) è cresciuta in Italia l’incidenza delle Professioni intellettuali e scientifiche, pur se la quota rimane ancora distante da quella dell’Eurozona (13,5% contro 17,6%). In calo invece nel nostro Paese sono la quota relativa dei dirigenti e quella delle Professioni tecniche, in modo molto più accentuato rispetto alla media dell’Eurozona. In Italia è cresciuta invece di circa 2 punti percentuali l’incidenza delle Professioni non qualificate, percentuale che è rimasta stabile nella media dell’Eurozona. Come ricordato nel recentissimo rapporto congiunto “Il mercato del lavoro 2018. Verso una lettura integrata”, in Italia nel decennio successivo il 2008 le retribuzioni orarie contrattuali hanno tenuto il passo dell’inflazione. Tuttavia, “la riallocazione occupazionale a favore di settori a bassa qualifica e bassa retribuzione ha contribuito alla lieve riduzione delle retribuzioni reali”. 2
Tabella 2. Distribuzione percentuale dell'occupazione dipendente per grande gruppo professionale aggregato nel 2017 e nel 2008 % sul totale degli occupati dipendenti 2017 2008 Italia Eurozona-19 Italia Eurozona-19 Dirigenti 1,3 4,1 2,2 4,3 Professioni intellettuali e scientifiche 13,5 17,6 9,0 13,4 Professioni tecniche intermedie 17,7 18,4 22,3 18,6 Impiegati di ufficio 14,9 12,0 14,6 13,1 Professioni nelle attività commerciali e nei servizi 17,3 16,6 12,9 14,1 Lavoratori manuali specializzati e qualificati 20,7 19,4 26,6 24,0 Professioni non qualificate 13,2 10,9 11,1 11,2 Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 (*) Include le Forze Armate e le mancate risposte. Fonte elaborazioni FDV su dati EUROSTAT (Structure of Earnings Survey e European Labour Force Survey) Nel confronto per singolo gruppo professionale, non sempre la retribuzione annua per equivalente a tempo pieno in Italia (i dati più aggiornati EUROSTAT, relativi alle imprese con almeno 10 dipendenti di Industria e Servizi esclusa l’Amministrazione Pubblica, sono al 2014) è inferiore al corrispettivo dell’Eurozona. È principalmente la diversa composizione a spiegare il divario medio. L’analisi che proponiamo prosegue con il part-time. Il dato retributivo medio viene calcolato dall’OCSE secondo una metodologia che riporta le retribuzioni di part-time e discontinui ad un impiego continuo e full-time. Questa procedura consente di avere un dato omogeneo e confrontabile, ma ignora necessariamente gli effetti negativi sulle condizioni individuali derivanti dall’aumento della quota del part-time involontario e della discontinuità, che hanno invece un impatto sulle condizioni individuali. Il lavoro a part-time risente infatti di una duplice differenziazione retributiva: la prima, ovvia, riguarda il minor numero di ore settimanali lavorate abitualmente: in media nel 2017 sono state 22,3 per i dipendenti in Italia, contro 39 per i full-time. Tabella 3. Orario settimanale abituale medio per dipendenti full-time e part-time nelle sei maggiori economie dell’Eurozona e nella media dell’Eurozona 2001 2008 2017 Part-time Full-time Part-time Full-time Part-time Full-time Eurozona-19 20,0 39,6 20,1 40,0 20,7 39,8 Belgio 22,1 39,2 23,7 39,1 25,8 39,1 Germania 18,0 39,9 18,1 40,4 19,4 40,3 Spagna 18,2 40,6 19,3 40,6 19,1 39,8 Francia 23,3 38,3 23,2 39,3 23,1 39,1 Italia 23,6 38,5 22,0 39,2 22,2 39,0 Olanda 19,0 39,0 19,8 38,9 20,3 39,0 Fonte: elaborazioni FDV su dati EUROSTAT (European Labour Force Survey) Il numero medio di ore abituali dei part-time (Tabella 3) è più elevato in Italia rispetto della media dell’Eurozona (20,7). La media dei quattro trimestri terminanti nel terzo 2018 è stata pari a 22,4 ore in Italia e a 20,9 nella media Eurozona. Per i full-time, si confermano sostanzialmente i valori del 2017. L’orario medio di un part-time non arriva quindi al 60% di quello medio di un full-time (57% nel 2017). A tale differenziazione si aggiunge una penalizzazione retributiva a parità di tempo di lavoro prestato. Secondo i dati EUROSTAT (Imprese con almeno 10 dipendenti di Industria e i Servizi escl. 3
la P.A.), nel 2014 la penalizzazione per la retribuzione riportata ad equivalente a tempo pieno era in Italia nettamente maggiore che nella media Eurozona: nel nostro Paese il rapporto era infatti pari al 70,1% contro 83,6% per la media Eurozona. La composizione professionale del part-time è spostata verso il basso rispetto a quella del full-time, e questo spiega per un effetto di composizione (maggior presenza delle basse professionalità rispetto alle alte) una parte della differenza nelle medie retributive per regime di orario. I dati presentati nella Tabella 4, nonostante l’anno sia diverso (il 2014) e l’osservazione si limiti all’Imprese con almeno 10 dipendenti dell’Industria e dei Servizi esclusa la P.A non si discostano in modo marcato da quelli della Tabella 2, che riferiscono invece al 2017 e all’intera platea del lavoro dipendente. La penalizzazione si riscontra, in particolare in Italia, anche a livello di singolo gruppo professionale: nel nostro Paese sono le medie ed alte qualifiche a soffrire della maggiore penalizzazione, mentre in quelle basse il divario è più contenuto anche per il maggior ruolo esercitato dai minimi contrattuali. Si tratta quindi, almeno in prima approssimazione, di un divario effettivo, non spiegato da un mero effetto di composizione per gruppo professionale. Tabella 4. Retribuzioni dei part-time (per equivalente a tempo pieno) in % di quelle dei full-time. Imprese con almeno 10 dipendenti dell’Industria e dei Servizi esclusa la P.A. Anno 2014 Rapporto % retribuzioni Distribuzione % dipendenti part-time/full-time Italia Eurozona-19 Italia Eurozona-19 Part-time Full-time Part-time Full-time Dirigenti 36,4 83,9 0,5 1,8 1,5 5,4 Professioni intellettuali e scientifiche 77,1 94,4 5,7 18,8 14,6 19,4 Professioni tecniche intermedie 73,2 93,0 13,0 21,7 14,9 18,9 Impiegati di ufficio 85,8 100,4 20,1 18,4 13,6 14,1 Professioni nelle attività commerciali e nei servizi 87,5 103,2 26,7 9,3 24,7 11,5 Lavoratori manuali specializzati e qualificati 72,5 94,2 21,0 22,3 8,6 23,8 Professioni non qualificate 89,6 96,8 12,9 7,6 22,0 6,9 Totale 70,1 83,6 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: elaborazioni FDV su dati EUROSTAT (Structure of Earnings Survey) I dati INPS (Tabella 5) dell’Osservatorio sui lavoratori dipendenti (settore privato esclusi agricoli e domestici), nella sezione dedicata all’analisi per classe di retribuzione effettiva, consentano di gettare una maggiore luce sull’impatto di tempo parziale e discontinuità sulle retribuzione effettive dei lavoratori dipendenti. Grazie a tali dati, si è suddiviso il mondo del lavoro dipendente privato in otto gruppi in base alla tipologia contrattuale, al regime di orario e alla presenza/assenza di discontinuità (periodo di lavoro inferiore all’anno intero). Da questi dati si percepisce concretamente la portata di part-time e discontinuità sulle retribuzioni individuali effettive e come questo incide sulle retribuzioni medie riportate equivalente a tempo pieno. 4
Tabella 5. Italia. Retribuzione effettiva lorda media, numero lavoratori presenti e incidenza % sui dipendenti presenti nell'anno per tipologia di rapporto di lavoro Retribuz. N. Incidenza Incidenza effettiva lavoratori 2014 2017 2017 2017 (%) (%) (€) T. determinato e stagionale part-time con discontinuità 5.537 1.615.957 7,8 10,6 Tempo indeterminato part-time con discontinuità 8.670 1.481.729 10,4 9,7 T. determinato e stagionale full-time con discontinuità 9.804 1.853.783 11,4 12,1 Tempo indeterminato full-time con discontinuità 14.870 1.968.113 16,8 12,9 T. determinato e stagionale part-time senza discontinuità 15.834 168.776 0,7 1,1 Tempo indeterminato part-time senza discontinuità 18.013 1.920.052 11,4 12,5 T. determinato e stagionale full-time senza discontinuità 27.262 260.935 1,3 1,7 Tempo indeterminato full-time senza discontinuità 35.480 6.036.662 40,1 39,4 Totale complessivo 21.535 15.306.007 100,0 100,0 Fonte: elaborazioni FDV su dati INPS (Osservatorio sui lavoratori dipendenti) Come si può osservare, in funzione delle variabili di classificazione utilizzata, la retribuzione media effettiva differisce radicalmente: si passa dai 5,5 mila euro del Tempo determinato discontinuo e part-time, agli oltre 35 mila euro dei lavoratori “completamente standard” (T. indeterminato, full- time e senza discontinuità). Come si vede la platea dei non standard o “parzialmente standard” è molto ampia, e - in un periodo relativamente breve - è cresciuta proprio nella sua componente maggiormente non standard, ed in generale nel tempo determinato. Nella condizione potenzialmente maggiormente critica si trovano circa 1,6 milioni di dipendenti In quella più stabile 6 milioni, passando tra tutte le gradazioni del rapporto di lavoro (Tabella 5). Degli oltre 15 milioni di lavoratori dipendenti presenti negli archivi dell’INPS (indipendentemente dalla quantità di lavoro prestata) nel 2017 (Tabella 6), ben 12 milioni ha una retribuzione lorda inferiore ai 30 mila euro, vale a dire il valore medio in precedenza richiamato. Di questi, quasi 4,3 milioni hanno una retribuzione inferiore ai 10 mila euro lordi annui. Di converso, solo 3,2 milioni di dipendenti hanno una retribuzione imponibile INPS da 30 mila euro in avanti. Il quadro si conferma sostanzialmente nei dati fiscali IRPEF sul complesso del lavoro dipendente (Tabella 7). Secondo la definizione di imponibile IRPEF, sono poco meno di 4,9 milioni coloro che dichiarano, possedendo solo redditi da lavoro dipendente oppure redditi da lavoro dipendente e fabbricati, fino a 10 mila euro annui. 5
Tabella 6. Italia. Distribuzione cumulata dei dipendenti Tabella 7. Italia. Distribuzione cumulata delle privati extra-agricoli (esclusi domestici) per classe di dichiarazioni dei lavoratori dipendenti* per classe di retribuzione effettiva imponibile INPS nel 2017 reddito da lavoro dipendente imponibile IRPEF per l’anno d’imposta 2016 Classe di retribuzione N. dipendenti Classe di reddito N. dichiaranti Fino a 5.000 € 2.408.602 Fino a 5.000 € 2.555.727 Fino a 9.999 € 4.259.444 Fino a 10.000 € 4.875.014 Fino a 14.999 € 6.163.094 Fino a 15.000 € 7.301.395 Fino a 19.999 € 8.116.251 Fino a 20.000 € 10.046.226 Fino a 24.999 € 10.412.913 Fino a 26.000 € 13.824.686 Fino a 29.999 € 12.107.605 Fino a 29.000 € 15.134.875 Fino a 34.999 € 13.118.240 Fino a 35.000 € 16.761.191 Fino a 39.999 € Fino a 40.000 € 17.408.091 13.750.356 Fino a 44.999 € Fino a 50.000 € 18.003.550 14.163.902 Fino a 49.999 € Fino a 60.000 € 14.453.347 18.273.571 Fino a 59.999 € Fino a 80.000 € 14.799.237 18.551.827 Fino a 79.999 € Totale 15.076.315 18.783.977 Totale 15.306.007 (*) Solo redditi da lavoro dipendente o redditi da lavoro Fonte: elaborazioni FDV su dati INPS (Osservatorio sui dipendente e da terreni/ fabbricati. lavoratori dipendenti). Fonte: elaborazioni FDV su dati Agenzia delle entrate. Introducendo con questi dati le questione fiscale, osserviamo (come è noto, d’altronde) che nonostante retribuzioni medie piuttosto distanti da quelle delle economie più avanzate, la pressione fiscale complessiva (imposta personale sul reddito e contributi a carico dei dipendenti) sui salari in Italia è alta, non inferiore alla media degli Stati della UE appartenenti all’OCSE. Lo stesso si può dire della pressione fiscale complessiva sul costo del lavoro, che è tra quelle più elevate anche in ambito europeo. Tabella 8. Retribuzioni dei full-time di I calcoli, sempre dell’OCSE1, prendono a riferimento l Industria e Servizi di mercato in euro a prezzi retribuzione media di un dipendente a tempo pieno correnti adulto nell’Industria o nei Servizi di mercato, quindi nei settori maggiormente esposti alla concorrenza internazionale e senza i settori con la retribuzione più bassa2. Per cinque dei sei paesi considerati, tale valore è superiore alla media per equivalente a tempo pieno riportata nella Tabella 1 a prezzi 2107, mentre la Tabella 8 qui a fianco è a valori correnti (comunque in presenza Fonte: elaborazioni FDV su dati OCSE (Taxing wages). di un’inflazione ai minimi storici). Lo scarto, generalmente positivo, è particolarmente cospicuo per la Germania3. Rispetto alla media delle economie degli Stati della UE che aderiscono all’OSCE, nel 2017 le aliquote italiane risultano superiori per i single e per le coppie monoreddito con retribuzioni pari o superiori alla media, in linea per quanto riguarda le famiglie bi-reddito ed inferiori nelle famiglie con un solo 1 OCSE (2018), Taxing Wages 2018, OECD Publishing, Paris, https://doi.org/10.1787/tax_wages-2018-en. 2Sezioni dalla B alla N della classificazione delle attività economiche. Vengono quindi escluse le due branche con la retribuzione più bassa, Agricoltura e Lavoro domestico, quasi per intero il Pubblico impiego e i Servizi personali. 3 In Germania, in presenza di un sistema progressivo di tassazione, vi è quindi una relativa sopravvalutazione delle aliquote medie rispetto agli altri Paesi. Il valore di riferimento per l’Italia, tratto dalla rilevazione ISTAT “OROS” (Occupazione, Retribuzioni, Oneri Sociali) sul settore privato, è nel 2017 pari a 30 mila e 838 euro lordi annui. 6
adulto con reddito basso o molto basso. Si tratta, è opportuno precisare, delle figure-tipo scelte dalla stessa OCSE. Inoltre, mentre a livello europeo le aliquote sono scese, anche se in modo differenziato, in Italia sono cresciute per i single con retribuzioni medio-alte e sia pure leggermente, per le coppie mono-reddito con retribuzione pari al 100% di quella di riferimento (rappresentata in Italia dai 30 mila e 838 euro lordi annui della media dei dipendenti di Industria e Servizi di mercato riportati ad equivalenti a tempo pieno). Qual è il livello delle retribuzioni nette familiari nella ricostruzione dell’OCSE 4? Secondo tali elaborazioni, in l’Italia la Coppia monoreddito (con il solo occupato con retribuzione pari alla media) con 2 figli nel 2017 è a -13/14 mila euro netti da Belgio, Olanda e Germania e a -6,6 mila dalla Francia. Rispetto alla Spagna, ci sono invece 2 mila euro residui di vantaggio (Tabella 9). Nel caso del Single al 100% della retribuzione di riferimento (per l’Italia, 30 mila e 800 euro lordi annui), lo scarto negativo è di -6/7 mila euro rispetto a Belgio e Francia e di -8 mila e 500 rispetto alla Germania. Nel caso delle coppie bi-reddito, i valori assoluti delle differenze sono, comprensibilmente, superiori. Nel caso delle Coppie bi-reddito con 2 figli (con un partner al 100% della retribuzione di riferimento e l’altro, rispettivamente, al 67% e al 33%), la differenza con il Belgio è vicina a -15 mila euro, nell’intervallo -14,5/17 con la Germania e di -8/10 mila con la Francia. Tabella 9. Retribuzione netta familiare in alcune situazioni-tipo nelle sei maggiori economie dell’Eurozona in euro correnti nel 2017 Single al 67% (2/3) Single al 100% della Single al 167% (3/2) Monogenitore con della retribuzione retribuzione media della retribuzione due figli al 67% della media media retribuzione media Belgio 21.186 28.149 40.925 26.787 Francia 19.288 27.319 42.131 25.419 Germania 21.558 29.729 46.307 27.099 Italia 16.117 21.223 31.275 20.300 Olanda 26.402 35.434 52.896 35.351 Spagna 14.828 20.938 32.427 17.496 Coppia monoreddito Coppia bireddito al Coppia bireddito al Coppia bireddito con occupato al 100% e 33% della 100% e 67% della senza figli al 100% e 100% della retribuzione media e retribuzione media e 33% della retribuzione media e 2 figli 2 figli retribuzione media 2 figli Belgio 37.522 48.005 54.338 42.952 Francia 31.571 41.476 49.613 38.013 Germania 38.704 47.802 56.505 42.855 Italia 24.897 33.285 39.675 30.942 Olanda 38.378 54.345 66.529 50.663 Spagna 22.847 29.623 36.736 29.139 Fonte: elaborazioni FDV su dati OCSE (Taxing wages) Rispetto alla maggiore economia europea, quella tedesca, le retribuzioni nette italiane valgono una quota che va nel 2017 da meno di 2/3 (nel caso della Coppia mono-reddito con 2 figli) a 3/4 (Single e Monogenitore con 2 figli, entrambi al 67% della retribuzione di riferimento). Nella crisi e nella contrastata ripresa, in Italia, la tutela del potere di acquisto delle retribuzioni era già un obiettivo difficile da conseguire, ancor più se da coniugare con quello, altrettanto cruciale, di contenere l’emorragia occupazionale. I dati confermano che non sono certo livelli retributivi elevati, 4 Nel calcolo della “take-home pay” (=retribuzione netta) si tiene conto anche dei trasferimenti monetari operati dallo Stato, che non rientrano nel calcolo nel cuneo fiscale sopra illustrato. 7
nel contesto delle economie avanzate, a frenare la crescita italiana, anche perché il divario retributivo a sfavore dell’Italia è maggiore proprio nei settori più esposti alla concorrenza internazionale. Semmai, il problema sono i pochi investimenti, pubblici e privati, che determinano il ristagno della base produttiva e occupazionale, con un tasso di occupazione tra i più bassi d’Europa. Gli investimenti fissi in Italia a prezzi costanti sono stati nel 2018 pari a solo i 4/5 del livello del 2008. E se il numero di occupati di Contabilità nazionale ha praticamente recuperato il livello del 2008, le ore lavorate per occupato sono indietro del -4,7% e la qualità del lavoro è in peggioramento. Retribuzioni basse e ristretta base occupazionale, oltre a provocare gravi disagi alla condizione delle persone, sono una delle cause della permanente situazione emergenziale dei conti pubblici italiani. 8
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