Rassegna Stampa Odierna - agsi.it
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Rassegna Stampa 14‐07‐2020 Odierna CORONAVIRUS, BOZZA DPCM: PROROGA AL 31 LUGLIO MISURE CONTENUTE NEL DPCM DELL’11 GIUGNO. NESSUNA NOVITÀ PER I GIOCHI. (AGIMEG – 14/07/2020) Il Governo dovrebbe emanare un nuovo DPCM in cui conferma e proroga le misure di prevenzione del contagio sino al 31 luglio. Nella bozza che Agimeg ha potuto visionare, non ci sono novità per il settore dei giochi ma verranno mantenuti in vigore l’obbligo di mascherina e il distanziamento sociale all’interno degli esercizi commerciali, come previsto dal provvedimento del Governo Conte datato 11 giugno 2020. Inoltre, vengono prorogate le linee guida dettate dal Ministero della Salute per le persone provenienti dai paesi fuori dall’area Schengen (ordinanza 30 giugno 2020) e prolungato il divieto di transito e accesso per 14 paesi. Al vaglio dell’esecutivo vi è anche la proroga dello stato di emergenza. Il Governo starebbe pensando di prolungarlo fino al 31 ottobre. GIOCHI. LA PROROGA ALL’ADOZIONE REGISTRO UNICO DEGLI OPERATORI HA CAUSATO UN BUCO ALL’ERARIO DA 30 MLN DI EURO (JAMMA – 14/07/2020) La mancata adozione del nuovo Registro Unico degli operatori del gioco nei tempi stabiliti ha determinato un mancato introito per lo Stato di 30 milioni di euro che vanno ‘ripianati’ entro l’anno. Il Registro Unico degli operatori si sarebbe dovuto implementare entro l’anno. L’emergenza COVID‐19, insieme ad altri imprevisto, ne ha impedito l’adozione nei tempi previsti. Così la misura introdotta con il collegato alla Legge di Bilancio 2020 è causa dell’enensima mancata entrata per l’Erario. Di cosa si tratta Con il d.l. n. 124/2019, il cosiddetto collegato fiscale alla Legge di Bilancio 2020, convertito, con modificazioni, nella legge 19 dicembre 2019, n. 157 sono state previste una serie di disposizioni e obblighi in 1
capo agli operatori del gioco pubblico pensate per il contrasto all’evasione e alla diffusione del gioco illegale. Tra queste l’istituzione, a decorrere dall’esercizio 2020, presso l’Agenzia delle dogane e dei monopoli (ADM), del Registro unico degli operatori del gioco pubblico, che va a sostituire il precedente “Ries”, ossia il registro dei soggetti detentori di apparecchi da gioco. L’obbligo di iscrizione al ‘nuovo’ registro viene esteso a tutti gli operatori di gioco pubblico con l’intento, dichiarato, di fornire un quadro di maggior dettaglio sulla distribuzione ai fini del controllo sul mercato. Secondo i Tecnici del Mef l’introduzione del Registro, che impone il versamento di una ‘tassa’ a carico dei soggetti operatori tenuti alla registrazione avrebbe garantito maggiori entrate per l’EErario quantificabili nell’ordine di 27,9 milioni di euro all’anno, considerando i costi annuali di iscrizione differenziati e crescenti a seconda dell’appartenenza dell’operatore ad una delle categorie previste. Il ritardo ad oggi accumulato trasforma questa previsione di entrata in una spesa da finanziare, come certificato nell’ultimo report sugli interventi da finanziare, in considerazione del fatto che il decreto Cura‐Italia del 24 aprile scorso ha prorogato l’entrata in vigore del RUOG. CTD, TAR CAMPANIA: NO A RILASCIO LICENZA DI POLIZIA SENZA CONCESSIONE (PRESSGIOCHI – 14/07/2020) “La licenza di cui all’art. 88 del t.u.l.p.s., anche alla luce dei principi eurounitari, non può essere rilasciata a chi non sia in possesso della concessione ministeriale e, sotto tale profilo, l’attività demandata al Questore è vincolata, non essendo ammessa alcuna discrezionalità dell’Amministrazione, che in assenza della concessione, è tenuta ad emettere un provvedimento di rigetto per insussistenza di uno dei presupposti di legge”. Questa la decisione del Tribunale amministrativo regionale della Campania ha respinto il ricorso di un centro trasmissione ed elaborazione dati sito in Casoria (NA) contro il diniego di rilascio della licenza di polizia da parte del Questore. Il giudice amministrativo ha ricordato: “la Corte di Giustizia aveva avuto modo di precisare che il sistema italiano delle concessioni per la raccolta delle scommesse non è incompatibile ex se con i principi del diritto comunitario, posto che restrizioni alle libertà garantite dagli artt. 43 CE e 49 CE «possono tuttavia essere ammesse in quanto rientranti tra le misure in deroga espressamente previste dagli articoli 45 CE e 46 CE, o possono essere giustificate da motivi imperativi di 2
interesse generale, a condizione che esse rispettino i requisiti di proporzionalità risultanti dalla giurisprudenza della Corte»… Anche il Consiglio di Stato ha recentemente confermato che è compatibile con il diritto comunitario il c.d. sistema concessorio‐ autorizzatorio del “doppio binario”, che richiede, per l’esercizio di attività di raccolta di scommesse, sia il rilascio di una concessione da parte del Ministero dell’economia e delle finanze, sia l’autorizzazione di pubblica sicurezza di cui all’art. 88 del Testo unico di pubblica sicurezza… Da ultimo, anche la Suprema Corte di Cassazione ha reputato le disposizioni di cui all’art. 88 del t.u.l.p.s. “non … in contrasto con i principi comunitari della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi all’interno dell’Unione Europea, atteso che la normativa nazionale persegue razionalmente finalità di controllo per motivi di ordine pubblico idonee a giustificare le restrizioni nazionali ai citati principi comunitari”. DISTANZE, BOCCIOLETTI (AS.TRO): ‘REVOCA LICENZA, PA HA OBBLIGO DI INDENNIZZO’ (GIOCONEWS – 14/07/2020) L’avvocato Filippo Boccioletti (consulente As.tro) commenta la recente sentenza del Tar Valle d’Aosta sull’indennizzo a una sala gioco per la revoca della licenza ai sensi della legge regionale. Nel caso “di una revoca legittima non è ravvisabile alcuna responsabilità in senso proprio da parte dell’amministrazione, ma grava sulla stessa un obbligo indennitario da commisurare al solo danno emergente”. Così si è espresso il Tar Valle d’Aosta con la sentenza n. 20 del 25 giugno 2020 a conclusione del giudizio instaurato da una società, titolare di una licenza di gioco, per l’annullamento del decreto questorile con il quale era stata disposta la revoca della licenza ex art. 88 Tulps. Con tale pronuncia i giudici amministrativi hanno dapprima respinto tutti i motivi con cui la società ricorrente denunciava l’illegittimità del provvedimento impugnato. In particolare, riguardo alla lamentata incompetenza della Questura, è stato affermato che “l’Autorità di pubblica sicurezza che in base alla normativa precedente abbia rilasciato titoli che si pongano in contrasto con la normativa sopravvenuta possa adottare le misure necessarie al ripristino della legalità” tale per cui la revoca della licenza disposta da tale autorità è da considerarsi pienamente legittima. Il ricorrente ha poi eccepito l’incostituzionalità della normativa regionale in materia, eccezione respinta dai giudici amministrativi in 3
quanto “il quadro normativo e giurisprudenziale [C. Cost. 27/2019 e 108/2017 specificatamente citate]… consente espressamente alle Regioni d’intervenire prevedendo distanze minime dai luoghi sensibili per l’esercizio delle attività legate ai giochi leciti, anche individuando luoghi diversi da quelli indicati dal d.l. n. 158 del 2012, come convertito”. Il Tar Valle d’Aosta si è poi espresso sul motivo di ricorso riguardante la “violazione del principio del legittimo affidamento e della certezza dei rapporti giuridici nonché della ragionevolezza”, ed è qui il passaggio della sentenza di maggior interesse. I giudici amministrativi, qualificato l’intervento dell’Amministrazione non come annullamento, ma come revoca, hanno richiamato la relativa disciplina di cui all’art. 21 quinquies l. 241/90, sulla base della quale hanno affermato: “È chiaro quindi che la revoca di un provvedimento amministrativo… comporti l’obbligo di indennizzo da parte dell’amministrazione in favore dei soggetti che abbiano subito direttamente un pregiudizio dalla revoca di un atto legittimo. Tale previsione, nella prevalenza accordata all’interesse pubblico rispetto a confliggenti posizione private, accorda rilevanza al principio del legittimo affidamento e della certezza dei rapporti giuridici”. Con ciò applicavano, quindi, il principio in base al quale deve essere tutelato “il contrapposto interesse destinato unicamente sul piano patrimoniale, attraverso l’indennizzo e dunque mediante un ristoro pecuniario conseguente ad un atto lecito ma pregiudizievole per i contrapposti interessi privati (ex multis Consiglio di Stato Sez. V 21 aprile 2015 n. 2013, Sez. V, 14 ottobre 2014, n. 5082)”. Nel caso di cui alla sentenza in parola, continuano i giudici amministrativi, “è indubbio, come dai documenti allegati in atti, che il venir meno della licenza con chiusura immediata del locale abbia comportato i pregiudizi previsti dal primo comma della disposizione in esame [quindi art. 21 quinquies comma 1 l. 241/90] e che questi debbano essere ristorati dall’amministrazione considerato l’affidamento del ricorrente sulla durata della licenza fino al 2023”. Sulla quantificazione di tale indennizzo la pronuncia in esame richiama la sentenza della quarta sezione del Consiglio di Stato n. 662/12, per la quale nel giudizio volto ad ottenere l’indennizzo, a differenza di quello risarcitorio, “la causa petendi… deve essere ravvisata nel più generale sistema della cosiddetta responsabilità da fatto lecito, nella legittimità dell’atto adottato dall’amministrazione, ovvero nella liceità della condotta da questa tenuta e che ha causato il pregiudizio, cui consegue, per ragioni di giustizia distributiva e di parziale traslazione dell’impatto pregiudizievole, un incompleto ristoro contemplato di volta in volta dal legislatore”, mentre il “petitum… è limitato al 4
pregiudizio immediatamente subito, ed è quindi limitato al cd. danno emergente” in quanto “l’obbligo di indennizzo gravante sulla Pubblica amministrazione non presuppone elementi di responsabilità della stessa, ma si fonda su valori puramente equitativi considerati dal legislatore, onde consentire il giusto bilanciamento tra il perseguimento dell’interesse pubblico attuale da parte dell’amministrazione e la sfera patrimoniale del destinatario (incolpevole) dell’atto di revoca, cui non possono essere addossati integralmente i conseguenti sacrifici”. Ove il soggetto destinatario del provvedimento di revoca lecito subisca un pregiudizio grava quindi sull’Amministrazione un obbligo indennitario limitato al danno emergente; il diverso profilo risarcitorio si configurerebbe, eventualmente, sussistendone gli ulteriori presupposti, solo nel caso in cui tale revoca sia illegittima. Nel caso della sentenza in parola, essendo legittima la revoca impegnata e chiaro il conseguente pregiudizio subito dal ricorrente, il Tar Valle d’Aosta ha quindi accolto il ricorso limitatamente “all’obbligo di indennizzo” gravante sull’amministrazione che questa dovrà, pertanto, corrispondere. Viale Primo Maggio (ang. Via M. de Petti) 80024 Cardito (Napoli) +039 02 80898711 agsc2013@yahoo.it www.agsi.altervista.org 5
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