Progetto Crocus A cura degli studenti della classe I D Liceo Scientifico "G. Marconi" - Colleferro - "Marconi" Colleferro

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Progetto Crocus A cura degli studenti della classe I D Liceo Scientifico "G. Marconi" - Colleferro - "Marconi" Colleferro
Progetto Crocus
  A cura degli studenti della classe I D

Liceo Scientifico "G. Marconi" - Colleferro
               a.s. 2015/2016
Progetto Crocus A cura degli studenti della classe I D Liceo Scientifico "G. Marconi" - Colleferro - "Marconi" Colleferro
Per non dimenticare ...
Holocaust Education Trust Ireland
(fondazione        irlandese      per
l’insegnamento        sull’Olocausto)
fornisce alle scuole bulbi di crocus
gialli da piantare in autunno in
memoria del milione e mezzo di
bambini    ebrei    che     morirono
nell’Olocausto e delle migliaia di
altri bambini che furono vittime del
nazismo.

                        I fiori ricordano le stelle di Davide gialle che gli Ebrei erano
                        costretti a cucire sugli abiti durante il dominio nazista.
                        Il crocus fiorisce alla fine di gennaio o all’inizio di febbraio,
                        intorno alla data della Giornata mondiale in memoria delle
                        vittime dell’Olocausto (27 gennaio).
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Il crocus è una pianta bulbosa perenne,
appartenente alla famiglia delle iridacee,
diffusa in natura in Europa, nord Africa e
Asia, soprattutto nelle zone collinari o
montuose; esistono circa ottanta specie di
crocus, di cui circa trenta sono coltivate.

                               Il nome deriva dal greco kròkos, che significa
                               “filo di tessuto”. Per alcuni è riferito alla forma
                               del   fiore,   caratterizzato   da   lunghi   stigmi
                               (evidenti nel Crocus sativus, la specie più
                               conosciuta). Altri invece hanno associato il
                               termine kròkos allo zafferano, la spezia che si
                               estrae dal fiore. In seguito si è però appurato
                               che il termine “zafferano” deriva dall’arabo
                               za‘farān, che significa “giallo”.
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Alcune fonti storiche...
La prima testimonianza dell’uso del nome " crocus "
la troviamo in Teofrasto di Efeso (371-287 a.C.),
filosofo e botanico greco, discepolo di Aristotele.
                                                             Teofrasto di Efeso

                     Il fiore fu descritto poi da studiosi come Dioscoride
                     Pedanio (40-90 ca. d.C.), botanico e farmacista greco
                     che esercitò a Roma, e da Pietro Andrea Mattioli
                     (1501 –1578), umanista e medico
                     italiano, il quale per primo
Dioscoride Pedanio
                     tradusse dal greco
                     le opere di Dioscoride.
                                                           Pietro Andrea Mattioli
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La prima trattazione scientifica sul crocus fu
elaborata da Joseph Pitton de Tournefourt
(1656-1708), botanico francese.
                                                 Joseph Pitton de Tournefourt

                      Il nome scientifico fu definito nel 1753 dal
                      biologo e scrittore svedese Carl von Linné
                      (1707–1778), considerato il padre della
                      moderna classificazione degli organismi
                      viventi.
    Carl von Linné
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Disse il figlio di Crono e afferrò tra le braccia la sposa:
 e sotto di loro la terra divina produsse erba tenera,
            e loto rugiadoso e croco e giacinto
 morbido e folto, che dalla terra di sotto era schermo:
    su questa si stesero, si coprirono di una nuvola
         bella, d’oro: gocciava rugiada lucente.
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Annibale Carracci, Giove e Giunone, Roma, Galleria Farnese
IL CROCUS NELLA STORIA
              DEI POPOLI ANTICHI

    Il Crocus è stato coltivato fin
      dall’antichità come pianta
 ornamentale e per la produzione
   dello zafferano, la spezia che si
ottiene attraverso l’essicazione degli
                stimmi.
Raccoglitrice di zafferano
                             Pittura murale rinvenuta a Santorini, isola dell’Egeo
Creta, Palazzo di Cnosso
LO ZAFFERANO NELL’ECONOMIA E
                         NELLE TRADIZIONI
Per ottenere 125 g di zafferano servono oltre 20.000 stimmi di
fiori, che devono essere raccolti a mano per non venire
rovinati; per questo la spezia è cosi preziosa e, fin
dall’antichità, fu simbolicamente collegata alla ricchezza
materiale e spirituale.
Lo zafferano fu usato, oltre che dagli Egizi,
dai popoli mesopotamici per tingere abiti
regali e religiosi, dai persiani per la tintura
dei fili di lana dei tappeti e per i tessuti di
kashmir.

                              Con esso si coloravano i veli delle spose
                              romane, così come le tuniche che le nobili
                              dame del Medioevo indossavano sotto gli
                              abiti nuziali, probabilmente per le
                              proprietà afrodisiache attribuite alla
                              spezia.

Nelle miniature lo zafferano sostituiva
l’oro. Veniva usato anche per tingere il
cuoio.
Ampio l’impiego dello zafferano nella cosmesi.
Egiziani, Greci, Romani,
Cinesi e Indiani, si servivano
del      crocus      per     la
preparazione di profumi, oli
e trucchi. Le donne lo
usavano per tingersi le
labbra, le guance e le unghie.

                             Ancora oggi in Occidente,
                             grazie al rinnovato interesse per
                             i prodotti naturali, viene
                             impiegato per creme, olii
                             profumati e cosmetici in genere.
Al tempo dei Romani, benché l’importazione fosse
stata vietata, lo zafferano veniva clandestinamente
importato in polvere dalla Grecia e, sotto forma di
unguenti e profumi, dalle regioni orientali.
Plinio il Vecchio lo indicava come cura in caso di
ulcere, tosse e dolori al torace.
Intorno al 1300 furono introdotte in Italia da un frate
domenicano le prime specie di fiori di croco coltivabili.

In Toscana la coltivazione di questa pianta fu particolarmente
importante per l’economia sociale.

Nella Repubblica di Venezia si aprì un ufficio commerciale
specializzato solamente nell’acquisto dello zafferano.
Per tutta la durata del Medioevo – epoca in cui lo zafferano
costituiva un vero e proprio simbolo di ricchezza - l’Italia si impose
in Europa come uno dei maggiori produttori e consumatori della
spezia. Carlo Magno la portava con sé in Oriente per scambiarla con
tessuti pregiati.

Dopo l’invasione araba della Spagna nel 961 a. C., ci fu un
incremento dell’uso dello zafferano in tutto il bacino del
Mediterraneo. Gli Spagnoli capirono che esso sarebbe stato fonte di
ricchezza e cercarono di ottenere il monopolio della coltivazione.
Questo portò alla nascita di leggi severe contro chi avesse esportato
i bulbi fuori dal Paese. Padre Cantucci, inquisitore all’epoca di
Filippo II, riuscì a rubare la pianta portandola in Abruzzo, dove
oggi, così come in Sardegna e in Toscana, si trovano le più estese
coltivazioni.

Nel 1450, il cuoco Martino De Rossi imbandiva le tavole degli
Sforza utilizzando lo zafferano in ben 70 ricette.
Una leggenda narra come sia nato l’utilizzo dello zafferano per la
preparazione del famoso risotto alla milanese: il pittore fiammingo
Mastro Valerio da Profondovalle si serviva della spezia per colorare le
vetrate del Duomo di Milano e un giorno, al pranzo di nozze della
figlia, per caso lo zafferano gli cadde sul risotto che, assaggiato
dapprima con diffidenza, fu poi trovato squisito.

A distanza di secoli l’utilizzo dello zafferano non ha subito nessun
mutamento.

Oggi trova largo impiego nella cucina spagnola, orientale,
mediorientale, nordafricana e araba. In Italia è molto utilizzato in
Sicilia, Sardegna e Lombardia.
Sezione sull’etimologia del nome crocus e sulle fonti
storiche:

Lorenzo Aquilani, Alessandro Marozza, Salvatore Porcu

Sezione sul mito:

Valerio Centofanti, Nicolò Coculo, Cecilia Ugolini

Sezione sul croco nella storia:

Federica Aureli, Kejsi Paja, Chiara Evangelista

Sezione sullo zafferano nell’economia e nelle
tradizioni:

Giada Campagna, Chiara De Nicola, Elena Puliti
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