PRE-PRINT Studi italiani di Linguistica Teorica e Applicata 2020, 49/3 VIRGINIA CALABRIA, KU Leuven ELWYS DE STEFANI, KU Leuven

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Studi italiani di Linguistica Teorica e Applicata 2020, 49/3

VIRGINIA CALABRIA, KU Leuven
ELWYS DE STEFANI, KU Leuven

PER UNA GRAMMATICA SITUATA: ASPETTI TEMPORALI E MULTIMODALI
DELL’INCREMENTAZIONE SINTATTICA

                                                ABSTRACT
This article examines turn-extensions occurring after a possibly complete utterance in conversational
Italian. Drawing on a corpus of dyadic and multi-party talk-in-interaction, we use conversation
analysis and interactional linguistics to analyse grammatically dependent extensions, or increments.
We offer a first investigation of the phenomenon in Italian talk-in-interaction that highlights the
situated, temporal and embodied dimensions of the practice. We propose to differentiate between self-
increments and other-increments. We use the former term for cases in which the current speaker
extends their own turn, whereas the latter refers to turn-extensions accomplished by an other-speaker.
We show that the “incrementability” of turns is a fundamental resource for interactants, enabling them
to organise turn-taking, take a specific stance or accomplish a socially relevant action. Through the
lens of increments we reflect on syntactic dependence, the notion of action and provide a situated, and
temporally sensitive account of grammar-in-interaction.

KEYWORDS: turns-at-talk, self-increments, other-increments, grammar, interactional linguistics
PAROLE CHIAVE: turni di parola, autoincrementi, eteroincrementi, grammatica, linguistica
interazionale

                                                   Eine Form der Fortführung ist es, wenn vom Hörer
                                                    gezogene Konklusionen an die Rede des Sprechers
                                                        in Form von Relativsätzen angeknüpft werden.
                                                                               (L. Spitzer, 1922: 190)

1. INTRODUZIONE

Questo articolo verte su un fenomeno ricorrente nel parlato spontaneo che possiamo descrivere,
per ora, come estensione, sintatticamente dipendente, di un enunciato potenzialmente
compiuto. Vediamone un esempio, tratto da una lezione di scuola guida. L’allieva (ALL) e
l’istruttore (IST) sono impegnati in una fase di small-talk (v. De Stefani e Horlacher, 2018)
mentre la loro auto è ferma al semaforo. L’allieva chiede all’istruttore quanti anni ha suo figlio
(r. 01):
Es. 1 (15sg2BM1, 16:46-16:50)1
01 ALL        quan[ti anni] ha?
02 IST              [°( )°]
03            (0.5)
04 IST        diciotto.
05            (1.2)
06 IST        mesi.
07            (0.5)
08 ALL        a:::h

Alla r. 04 l’istruttore fornisce una risposta (“diciotto.”). Adempie, in altre parole, alla
proiezione sequenziale della domanda iniziale (produce, cioè, un enunciato riconoscibile come
risposta-a-una-domanda). La risposta è type-conforming (Raymond, 2003), ovvero rispetta i
vincoli grammaticali proiettati dalla domanda. La risposta è completa a livello semantico
nonché prosodico, come risulta dall’intonazione discendente. Tale conformazione
(compiutezza sintattica, semantica, pragmatica, prosodica) fa emergere uno spazio di rilevanza
transizionale (transition relevance place; Sacks et al., 1974) in cui l’interlocutrice potrebbe
prendere la parola. Si verifica invece una pausa di oltre un secondo (r. 05), dopodiché
l’istruttore dice “mesi.” (r. 06). Questo sostantivo è sentito come un’estensione della risposta,
che, nel caso specifico, corregge la presupposizione espressa nella domanda iniziale per cui
l’età del figlio sarebbe calcolabile in “anni” (r. 01). Infatti, è solo a questo punto (r. 08), dopo
una pausa di 0.5 secondi (r. 07), che l’allieva produce il segnale di ricezione a:::h (Bazzanella,
1994; o change-of-state token, Heritage, 1984). Il sostantivo “mesi.” (r. 06) è sintatticamente
dipendente da “diciotto.” (r. 04) poiché è accordato al plurale e con esso forma,
retrospettivamente, un nuovo sintagma nominale. Continuazioni di questo tipo – che si
verificano, cioè, dopo un enunciato potenzialmente compiuto e che esibiscono una dipendenza
sintattica da esso – sono stati identificati come incrementi (increments; Schegloff, 1996, 2016).
A livello pragmatico, secondo la definizione schegloviana, il parlante non compie una nuova
azione producendo un incremento, bensì estende, o ‘compie di nuovo’ l’azione precedente. Nel
nostro estratto, “mesi.” è in effetti sentito come relativo alla stessa azione che l’istruttore aveva
compiuto alla r. 04, ovvero fornire una risposta.
L’obiettivo di questo contributo è di verificare l’applicabilità del concetto di incremento a dati
conversazionali italiani. Il concetto ci obbliga a riesaminare l’idea stessa di ‘dipendenza
sintattica’, così come la nozione di ‘azione’ e, più generalmente, il modo in cui

1
 Nelle trascrizioni, abbiamo usato le convenzioni di Jefferson (2004) per il parlato e di Mondada (2001) per il
comportamento corporeo.
concettualizziamo la grammatica. È quanto svolgeremo nei paragrafi che seguono, proponendo
nel contempo una distinzione terminologica tra autoincremento e eteroincremento.

2. METODO E DATI

Analizzeremo gli incrementi con gli strumenti che offrono l’analisi conversazionale (Sacks et
al., 1974; Sacks, 1992) e la linguistica interazionale (Selting e Couper-Kuhlen, 2001; Couper-
Kuhlen e Selting, 2018). Proponiamo uno studio basato su dati empirici raccolti nell’habitat
naturale della loro occorrenza. Sottoponiamo i dati a un’analisi che rispetta l’organizzazione
sequenziale dell’interazione, nonché la dimensione temporale che caratterizza l’uso orale della
lingua. Mentre producono il turno-in-corso, i parlanti proiettano (Auer, 2009) costantemente
il modo in cui esso (probabilmente) continuerà. È proprio tale proiezione sintattica che
consente ai co-partecipanti non solo di anticipare il probabile punto di conclusione di un turno,
ma anche di estendere o completare l’enunciato prodotto dal parlante precedente prendendo la
parola (v. Sacks et al., 1974). La costruzione grammaticale dei turni di parola si svolge quindi
in tempo reale, in modo situato; di qui la nozione di online syntax proposta da Auer (2009). La
grammatica, nella sua situatezza, è un fenomeno emergente (Hopper, 1987), una risorsa a
disposizione dei parlanti (che, nel costruire i propri enunciati, si avvalgono delle proprie
conoscenze grammaticali) e, nel contempo, un epifenomeno dell’interazione sociale (Hopper,
2004; De Stefani, 2009). Inoltre, una volta prodotte, le strutture grammaticali rimangono
disponibili temporaneamente: sono latenti (Auer, 2014) e possono essere sfruttate dai co-
partecipanti nei turni di parola successivi.
La proiezione sintattica si incrocia con una proiezione di tipo sequenziale, per cui un turno di
parola proietta delle aspettative strutturali sul turno successivo: la prima azione (ad es. una
domanda) rende condizionalmente rilevante (Schegloff, 1968) un certo tipo di seconda azione
(una risposta), con cui forma una coppia adiacente (Schegloff e Sacks, 1973). La nozione di
sequenza ci obbliga pertanto a riflettere sulle azioni che i partecipanti compiono nel produrre i
propri enunciati. Infine, essendo la strutturazione grammaticale dei turni di parola una pratica
situata (che si iscrive in un contesto spazio-temporale e partecipativo mentre, nel contempo, lo
costituisce in modo riflessivo), è necessario tenere conto anche di azioni non vocali (gesti,
sguardi, manipolazione di oggetti, ecc.), almeno laddove tali azioni incidono sulla
strutturazione grammaticale dei turni di parola. L’analisi di tali comportamenti corporei
evidenzia, in effetti, la dimensione multimodale dell’interazione (De Stefani, 2011; Mondada,
2019).
L’articolo contribuisce alla ricerca sul modo in cui i parlanti usano le risorse grammaticali
specifiche della lingua italiana nell’interazione spontanea. Si inserisce nel quadro degli studi
di orientamento interazionale sull’italiano dedicati, ad esempio, agli enunciati collaborativi
(Orletti, 2008; ma vedi già Spitzer, 1922: 190), a costruzioni specifiche come la dislocazione
a sinistra (Duranti e Ochs, 1979; Monzoni, 2005; Bonetto, 2013), le scisse (Berretta, 1995; De
Stefani, 2009), o gli enunciati-eco e i temi sospesi (Calaresu, 2015, 2018).
Le analisi si basano su un ampio corpus di italiano parlato-in-interazione, raccolto nel corso
degli scorsi 20 anni in varie aree italofone (dal Canton Ticino alla Calabria, oltre 100 ore). I
dati sono stati registrati in contesti ordinari e istituzionali e comprendono interazioni diadiche
e pluriadiche (multi-party). Scandagliando il corpus nell’intento di individuare estensioni
sintatticamente dipendenti di enunciati potenzialmente conclusi, ben presto ci siamo resi conto
che il concetto stesso di incremento, applicato a dati italiani, presenta un certo numero di
difficoltà – sia nell’analisi sintattica che pragmatica del fenomeno – che illustreremo nella
sezione analitica di questo articolo.

3. INCREMENTI

Il fenomeno che qui maggiormente ci interessa è riportato in vari modi dalla letteratura. Per
l’italiano, Voghera (1992: 156) parla di turno complementare (TC), per indicare “tutti i
costituenti di frase che appartengono a turni [di parlanti] diversi”, riferendosi in particolare a
costruzioni avviate (ma non completate) da un primo locutore e terminate dall’interlocutore,
che Orletti (2008) chiamerà poi “enunciati a più voci”. Monzoni (2005: 150-151) usa il termine
incremento per rinviare a espansioni (expansions) di una proposizione compiuta, realizzate
attraverso l’aggiunta di un sintagma nominale lessicale (risultando, retrospettivamente, in una
dislocazione a destra; v. es. 4). Anche Biazzi (2009: 264) chiama incrementi le “unità aggiunte
a enunciati che hanno già raggiunto un potenziale PRT [punto di rilevanza transizionale]”.
In modo simile, per l’inglese, continuazioni di questo tipo sono state descritte, ad esempio,
come added segments (Goodwin M. H., 1980), added units (Goodwin C., 1981). Schegloff
(1996) introdurrà la nozione di incremento che si imporrà nell’ambito della linguistica
interazionale. Oltre agli studi sull’inglese (Schegloff, 1996, 2016; Walker, 2004), si
annoverano numerose ricerche su altre lingue, ad es. ceco (Oloff e Havlik, 2018), coreano
(Kim, 2001), finlandese (Seppänen e Laury, 2007), francese (Horlacher, 2015; Stoenica, 2020),
giapponese (Tanaka, 2000), mandarino (Lim, 2014), navajo (Field, 2007), svedese (Lindström,
2006), e tedesco (Auer, 1991, 1996, 2006). Infine, occorre sottolineare l’esistenza di studi di
orientamento contrastivo, come Vorreiter (2003) e Couper-Kuhlen e Ono (2007), che hanno
permesso di illustrare la diversità delle risorse lessicali, sintattiche e prosodiche che i parlanti
di lingue diverse hanno a disposizione per incrementare un enunciato.
Per Schegloff (1996: 90) gli incrementi sono “grammatically structured extensions” che
vengono aggiunte in quanto “new grammatical unit[s]” a un’unità costitutiva di turno (UCT)
precedente. Si tratta di estensioni che sfruttano una struttura grammaticale già articolata, senza
peraltro essere state proiettate da essa (cfr. Auer, 2006: 280). A livello pragmatico, come già
accennato, per Schegloff (1996) gli incrementi non costituiscono una nuova azione, ma
estendono l’azione precedente, ricompletandola (v. es. 1). Ford et al. (2002: 16) precisano che
un incremento è “any non-main-clause continuation of a speaker’s turn after that speaker has
come to what could have been a completion point, or a transition-relevance place, based on
prosody, syntax, and sequential action”. Le autrici delineano le dimensioni analitiche che gli
analisti – ma anche i parlanti stessi – prendono in considerazione nell’individuare gli
incrementi: prosodia, sintassi e azione (v. anche Thompson e Couper-Kuhlen, 2005).
Esemplifichiamo con un estratto tratto da una conversazione telefonica: Padellaro (PAD),
impiegata di una banca, chiama una cliente (Sara, SAR) che sta per compiere vent’anni, il che
comporterà dei cambiamenti contrattuali con la banca.

Es. 2 (obfc9, 01:24-01:49)
01 PAD       hm::: io non so se ha voglia lo stesso di passare
02           a sentire perché c'è la possibilità, (0.2) di
03           valutare se eh::: (.) di tenere questo conto
04           risparmio junior per altri due anni,=
05 SAR       =mhm=
06 PAD       =col conto lifestyle.
07           (0.8)
08 PAD       che le permette di avere tutto gratuito per venti-
09           (0.3) per altri due anni appunto fino ai $ventidue,
10           (0.4)
11 SAR       sì:=
12 PAD       =e avere la carta maestro gratuita,
13           (0.3)
14 SAR       mhm=
15 PAD       =colla possibilità di prelevare sia^ai bancomat che
16           ai postmat della svizzera gratuitamente.
17           (0.5)
18 SAR       ah.

Alle righe 01-06 Padellaro offre alla cliente la possibilità di “passare” in banca per valutare la
situazione specifica della cliente. Padellaro giunge alla conclusione del suo turno alla r. 06,
come si evince dalla compiutezza sintattica, pragmatica e prosodica raggiunta a questo punto.
Padellaro offre insomma a Sara la possibilità di prendere la parola. Sara non approfitta di questa
possibilità, sì che si verifica una pausa (r. 07). Alla r. 08 Padellaro estende il proprio turno con
una costruzione sintatticamente dipendente. Tale dipendenza è riconoscibile sin dal primo
elemento dell’estensione (“che”; r. 08) e si concretizza in una subordinata relativa, il cui
antecedente è il sintagma nominale “conto lifestyle.” (r. 06). Osserviamo inoltre che alle rr. 08-
09 Padellaro non compie una nuova azione, ma rimane impegnata nella stessa azione compiuta
nel suo parlato precedente.2 Questo estratto illustra un’incrementazione di tipo post-gap
(Schegloff, 2016) che si verifica, cioè, dopo una pausa (r. 07).
L’estratto presenta anche altre estensioni, che però non rientrano nella definizione schegloviana
di incremento. Ad esempio, dopo l’elemento “$ventidue,” (r. 09) Padellaro sospende
momentaneamente il proprio turno, dando luogo a una pausa (r. 10). Dopo un “sì:” di Sara (r.
11) – che possiamo descrivere come un continuatore (Schegloff, 1982) – Padellaro continua a
parlare (r. 12), estendendo il proprio turno-in-corso. Benché la congiunzione “e” (r. 12) esibisca
dipendenza grammaticale con quanto precede, in questo caso non parleremmo di incremento,
proprio perché l’elemento linguistico che precede la pausa (r. 10) è pronunciato con
un’intonazione continuativa (“$ventidue,”; r. 09), che rende riconoscibile la non-compiutezza
del turno-in-corso e che proietta quindi una estensione.3
Le varie pratiche di estensione sono state descritte da Vorreiter (2003) che distingue, a un primo
livello, tra ‘continuazioni di UCT’ (TCU continuations) e ‘nuove UCT’ (new TCUs): le prime
sono descritte come estensioni sintattiche e semantiche dell’UCT precedente, mentre le
seconde sono sintatticamente e semanticamente indipendenti dall’UCT che precede. In base a
un criterio prosodico, l’autrice distingue due tipi di continuazioni di UCT, ovvero add-ons
(‘aggiunte’) e non-add-ons (‘non aggiunte’): mentre nelle prime l’estensione è percepibile
come prosodicamente distaccata da quanto precede, le seconde non esibiscono tale distacco
prosodico. Fanno parte degli add-ons gli incrementi e i replacements (‘sostituenti’): se i
replacements sono definiti a livello funzionale (si tratta di estensioni che rimpiazzano in
qualche modo del materiale linguistico usato nell’UCT precedente), la categoria degli
incrementi viene ulteriormente suddivisa: vi troviamo i glue-ons (continuazioni ‘incollate’) e
gli insertables (‘inseribili’). I glue-ons di Vorreiter (2003) corrispondono agli incrementi
prototipici nella definizione di Schegloff (1996); sono quindi grammaticalmente simbiotici alla

2
  Lo si evince anche dal fatto che alle rr. 08-09 (“le permette di avere tutto gratuito […] per altri due anni”)
Padellaro ridice quanto affermato precedentemente, alle rr. 02-04 (“c’è la possibilità […] di tenere questo conto
risparmio junior per altri due anni,”).
3
  Un caso analogo di estensione non-incrementale è osservable alle rr. 12-16.
fine del turno precedente. Gli insertable, invece, non sono allacciabili alla fine del turno
precedente, bensì a una posizione sintattica che si trova in una parte più remota del turno
precedente.4 Tuttavia, come si vedrà di seguito, il lavoro sui dati mostra che non sempre è
possibile applicare tali categorie ai fenomeni osservati. Non a caso, per Auer (2007) gli
incrementi sono degli ‘oggetti elusivi’, che sfuggono appunto a una concettualizzazione
sistematica.
Molti autori hanno anche sottolineato l’utilità pratica del potenziale di incrementabilità del
proprio turno di parola. Horlacher (2015) e Stoenica (2020) mostrano, ad esempio, come gli
incrementi possano servire a gestire l’alternanza dei turni di parola. Bolden et al. (2019)
analizzano invece dei ‘completamenti sovversivi’ (subversive completions), ovvero
completamenti di turno con cui i parlanti sovvertono il contenuto dell’enunciato precedente,
stuzzicando l’interlocutore o minandone l’autorità. Tra questi si annoverano anche i recipient
increments (‘incrementi del ricevente’) che hanno in comune con la definizione classica degli
incrementi il loro essere grammaticalmente simbiotici con quanto precede, ma se ne
allontanano perché prodotti da un altro locutore. Anche in questo articolo illustreremo casi di
quelli che chiameremo autoincrementi (articolati cioè dallo stesso parlante che ha prodotto il
turno precedente) e eteroincrementi (prodotti da un altro parlante, e che danno luogo a un turno
co-costruito). Nella sua analisi di riunioni pluriadiche in neerlandese, Mazeland (2019: 399) si
concentra su estensioni avviate con la congiunzione en (‘e’) e distingue le same-speaker
continuations (‘continuazioni del parlante in corso’) da continuazioni compiute da un altro
parlante (other continuatons, ‘eterocontinuazioni’). Solo nel caso delle eterocontinuazioni il
parlante compierebbe una nuova azione (contribuendo tuttavia all’attività collettiva in corso).5
Le analisi che svolgeremo nei successivi pargarafi ci permetteranno di affrontare le domande
seguenti:
§     Quali sono i modi in cui i parlanti manifestano dipendenza grammaticale?
§     Secondo Schegloff (1996) e altri, un incremento non costituisce una nuova azione, ma
      continua l’azione precedente. Ma come si riconosce un’azione?
§     Qual è la rilevanza interazionale dell’incrementazione di un turno?

3.1. Autoincrementi

4
  Basandosi sul modello di Vorreiter (2003), Couper-Kuhlen e Thompson (2007) propongono una tassonomia
leggermente adattata.
5
  Cfr. Mazeland (2019: 399): “The ‘same-speaker continuation’ elaborates the speaker’s ‘action’; the ‘other
continuation’ begins an action that contributes to the ‘ongoing activity’”.
In questa sezione analitica proponiamo un’analisi granulare di due casi di autoincrementi.
L’estratto che segue è stato raccolto in un bar dell’area friulana e riproduce la fase di apertura
di un incontro tra la cameriera (CAM) e due avventori (Osvaldo, OSV e Carlo, CAR) che sono
appena entrati nel bar, posizionandosi al bancone in attesa di essere serviti.

Es. 3 (P18BC3-10, 08:43-08:49)
01 CAM      [buondì.
02 OSV      [buongiorno.
03          (0.4)
04 CAM      ditemi:.
05 OSV      eh:: (0.6) io::: +caffè *+co*rr#etto.
   OSV                       +...........+guarda BAR-->
   BAR                                 *......*guarda OSV-->
   Fig                                          #Fig. 1
06              *(0.3)*
   BAR      -->*,,,,,,,,*
07 CAM       sì.+
   OSV      -->+
08          *§(0.2)
   BAR      *guarda CAR-->
   BAR        §testa alzata-->
09 CAR      #anche io.*§
   BAR              -->*
   BAR                 -->§
   Fig      #Fig. 2
10          (0.6)
11 OSV      con grappa.

Dopo i saluti reciproci (rr. 01-02), la cameriera sollecita i clienti appena entrati ad articolare il
motivo della loro visita (“ditemi:.; r. 04). Le parole “eh:: (0.6) io::: caffè corretto.” di Osvaldo
(r. 05) sono riconoscibili, per la cameriera, come un ordine. Mentre Osvaldo produce il proprio
turno, i due partecipanti instaurano un orientamento reciproco dello sguardo (Fig. 1).

Fig. 1: Sguardo reciproco tra Osvaldo e la cameriera.
La cameriera conferma la ricezione dell’ordine con un “sì.” (r. 07), mentre Osvaldo abbassa lo
sguardo. La cameriera quindi dirige lo sguardo verso Carlo e alza la testa, selezionandolo in tal
modo come prossimo parlante (r. 08; Fig. 2).

Fig. 2: La cameriera seleziona Carlo con lo sguardo; Osvaldo abbassa lo sguardo.

Sospendendo il contatto oculare reciproco, Osvaldo e la cameriera esibiscono un disimpegno
momentaneo (disengagement; Goodwin C., 1981: 95-125) tra questi due partecipanti. Il turno
di Osvaldo (r. 05) è trattato, da tutti i partecipanti, come un turno potenzialmente concluso; si
tratta di una costruzione grammaticale compiuta, con cui Osvaldo compie un’azione
riconosciuta da tutti (ossia un ordine). Segue quindi una sequenza interazionale tra la cameriera
e Carlo il quale, con “anche io.” (r. 09), si allinea con l’ordine di Osvaldo. Mentre la cameriera
avvia la preparazione dell’ordine, Osvaldo si autoseleziona con il sintagma preposizionale “con
grappa.” (r. 11).
Tale sintagma non costituisce un turno indipendente ma si presenta, a livello grammaticale,
come una continuazione di “caffè corretto.” (r. 05). Quanto alla dimensione pragmatica, i
partecipanti vi riconoscono un ricompletamento dell’azione precedente: Osvaldo produce una
seconda versione dell’ordine precedente, specificando che desidera un ‘caffè corretto con
grappa’. Possiamo riconoscervi un incremento che è prodotto non solo post-other-talk
(Schegloff, 2016), ma addirittura dopo una sequenza in cui la cameriera era impegnata con un
altro partecipante.
Se in questo estratto la preposizione “con” (r. 10) instaura un rapporto sintattico manifesto con
quanto precede, nel successivo frammento tale relazione appare meno trasparente. Assistiamo
di nuovo a una lezione di guida. L’aspirante conducente racconta all’istruttore di un episodio
divertente che ha osservato poco prima.

Es. 4 (15sg2BM1, 15:40-16:06)
01 ALL      ma prima:, (0.5) c'era una signora, (.) tutta
02          stravagant°(e)° vestita tutta di giallo,
03          (0.3)
04 IST      mhm,
05          (0.2)
06 ALL      °con un maiale^al guinza:glio.° ((tono lamentoso))
07          (0.4)
08 IST      ma dai?
09 ALL      °ma da:i io non (lo) so certa gente.°
10          (0.5)
11 IST      ma era lì perché c'è la festa di san provino^o perché::.
12 ALL      no penso che^è suo.
13          (0.5)
14 ALL      >s^o< portava in giro tutta felice.
15          (0.5)
16 IST      porca mise:ria.
17          (1.0)
18 IST      .h chissà se si è abituato.
19          (.)
20 IST      (‘l) maiale.=
21 ALL      =hh.
22          (0.5)
23 ALL      ((schiocco))
24 IST      (a^)andare in giro con una così.
25          (0.4)
26 ALL      poveraccio.
27          (0.3)
28 IST      porca miseria.

Alle rr. 01-02 l’allieva avvia un turno che è riconoscibile, per l’istruttore, come l’inizio di una
narrazione (“prima:,”, “c’era una signora,”), ovvero di un turno esteso. L’allieva pronuncia
l’elemento “giallo,” (r. 02) con intonazione continuativa, dopodiché si verifica una pausa (r.
03) che è seguita dal continuatore “mhm,” (r. 04) dell’istruttore. L’allieva giunge quindi al
culmine della storia: la signora in questione aveva un “maiale^al guinza:glio.” (r. 06). Il turno
della r. 06 è pronunciato con voce quasi piagnucolante ed esibisce l’atteggiamento (stance) che
la parlante assume nei confronti dell’evento riportato. In questo modo, la narrante consente
all’interlocutore di ravvisare il modo in cui costui è tenuto a accogliere la narrazione.
L’istruttore esprime quindi sorpresa, meraviglia (“ma dai?; r. 08), in una maniera che sembra
essere compatibile con la reazione proiettata dall’allieva, come si evince dal turno successivo
(r. 09). I partecipanti precisano quindi alcuni punti della narrazione (r. 11-14) e la sequenza
arriva a una chiusura possibile con il commento “porca mise:ria.” (r. 16) dell’istruttore.
Tuttavia, dopo una pausa di un secondo (r. 17), l’istruttore si autoseleziona dicendo “.h chissà
se si è abituato.” (r. 18). Benché il formato sintattico del turno sia di tipo interrogativo, il
prosieguo della conversazione mostra che i partecipanti non trattano questo turno come una
domanda, ma piuttosto come un commento valutativo. Il turno è completo a livello sintattico,
pragmatico e prosodico, ma dopo una micropausa (r. 19), l’istruttore lo estende con il sintagma
nominale “(’l) maiale.” (r. 20):6 retrospettivamente, le rr. 18-21 sono dunque interpretabili,
anche per i parlanti, come una costruzione unica. Usando la terminologia linguistico-funzionale
corrente, potremmo riconoscervi una dislocazione a destra. In effetti, come ha mostrato per il
francese Horlacher (2015: 95-170), che in proposito parla di dislocations à droite
incrémentales, l’estensione di un turno tramite un sintagma nominale è una pratica ricorrente,
che consente ai parlanti, appunto, di ricompletare il proprio turno di parola e di risolvere
eventuali problemi interazionali. La presenza di una pausa (r. 19) potrebbe orientarci verso il
concetto di afterthought (Hyman, 1975) o ripensamento (Berruto, 1986). Tuttavia, nella
letteratura un afterthought è spesso visto come una tecnica di risoluzione di un problema
referenziale (cfr. Hyman, 1975: 120), sì che Auer (1991), Geluykens (1987) e altri vi
riconoscono una pratica di auto-riparazione. Nell’occorrenza analizzata qui, però, risulta
difficile individuare un problema referenziale, dato che alla r. 18 l’istruttore usa la forma
maschile “abituato.” che, tra i due protagonisti della narrazione, non può che riferirsi al
“maiale” (r. 06). L’estensione dell’istruttore dà invece luogo a un riso soffocato (r. 21) e uno
schiocco di labbra (r. 23) dell’allieva. L’istruttore estende quindi nuovamente il proprio turno
con le parole “(a^)andare in giro con una così.” (r. 24), ovvero con una completiva.
Grammaticalmente, la completiva può essere collegata al sintagma nominale precedente “(’l)
maiale.” (r. 20). In tal caso, l’estensione potrebbe essere descritta come un incremento. Una
seconda possibilità consisterebbe nel collegare l’estensione alla fine del turno riportato alla r.
18, stabilendo quindi una dipendenza grammaticale tra “si è abituato.” (r. 18) e la completiva
della r. 24. Si tratterebbe, seguendo la terminologia di Vorreiter (2003), di un insertable, di un
elemento cioè che viene grammaticalmente ‘inserito’ in una posizione prefinale del parlato
precedente.7 Alla luce di questo estratto, ci si può chiedere in che misura una distinzione tra
incremento (glue-on per Vorreiter, 2003) e insertable sia applicabile a dati italiani. A livello
interazionale, si noterà che la seconda incrementazione del turno è seguita da un turno
valutativo dell’allieva (“poveraccio.”; r. 26) e quindi da un’ulteriore valutazione dell’istruttore
(r. 28) che chiude l’episodio narrativo.

6
  Schegloff (2016) distingue incrementi che ricorrono post-other-talk (es. 3) da quelli che si verificano post-gap
(ess. 1, 2) o ancora dagli incrementi next beat, che si manifestando ‘alla prossima battuta’, ovvero
immediatamente dopo un turno potenzialmente compiuto. Vista la brevità della pausa trascritta alla r. 19 (meno
di 2 decimi di secondo), l’incremento può essere visto sia come post-gap, e quindi la pausa va trascritta in una
riga separata, come proponiamo qui, o come next beat, in qual caso la pausa andrebbe attribuita al parlante e
verrebbe aggiunta, insieme all’estensione successiva, alla fine della riga 18.
7
  Una terza possibilità di lettura riconosce nella r. 24 una costruzione con nominalizzazione dell’infinito
“andare” prodotta come valutazione negativa e sintatticamente indipendente da quanto precede. Tuttavia, le
caratteristiche prosodiche ci portano a interpretare l’inizio della r. 24 come “a^andare” piuttosto che solo
“andare”. La presenza della preposizione “a” escluderebbe una lettura sintatticamente indipendente.
L’analisi di questo estratto ci ha permesso di vedere come l’incrementazione possa essere
ricorsiva, ovvero come un parlante possa incrementare ripetutamente il proprio turno di parola.
Ogni ricompletamento dà luogo a un nuovo spazio di rilevanza transizionale, offrendo quindi
all’interlocutrice una nuova possibilità di prendere la parola. Proprio per questo,
l’incrementazione del turno si configura come una risorsa fondamentale per l’organizzazione
dei turni di parola, in particolare in casi come quello analizzato qui, dove l’interattante stenta
a prendere la parola negli spazi di rilevanza transizionale fornitele dall’interlocutore (v.
Horlacher, 2015: 125-148). Gli incrementi hanno, insomma, un’utilità pratica per gli
interattanti. Approfondiamo questa dimensione nei paragrafi che seguono.

3.2. Agire incrementando

La letteratura ha descritto gli incrementi come estensioni di un turno di parola che non
costituiscono una nuova azione, bensì continuano l’azione precedente (v. § 1, 3). In effetti,
l’analisi conversazionale definisce l’UCT come unità d’azione. In molti casi risulta tuttavia
difficile stabilire quale sia lo status pragmatico di un’estensione del turno. Esemplifichiamo
con un frammento tratto da una cena tra cinque amici svoltasi a Milano. I ragazzi stanno
parlando del fatto che un coinquilino di Giulio (GIU) prossimamente lascerà l’appartamento,
condiviso tra tre ragazzi. Alla r. 01 Giorgio (GIO) domanda chi verrà ad abitare
nell’appartamento al posto suo.

Es. 5 (Mi13CE2-44, 19:33-19:51)
01 GIO      >e chi^è che viene< qua ades[so?
02 GIU                                      [.hh (.) eh: nessuno.
03          io:::^ho votato per restare in due
                                           $
04          e dividere l’affitto in due.
05          (0.8)
06 GIU      >alla fine< la casa [non è grande.]
07 GIO                           [tu e lucas? ]
08 GIU      io e nino.
09 GIO      tu e nino [sì.
10 RIN                 [hm::: °°non ce la fa[ccio°°
11 GIO                                       [vabbè non è male in realtà.
12 GIU      eh in du:e a trecento euro a testa: va anche bene.
13          (0.4)
14 GIU      °per me.°
15          (0.6)
16 ANG      ma sarai praticamente::
17          (0.4)
18 RIN      da solo.
19 ANG      spesso solo perché-
Alle rr. 02-04 Giulio spiega che in futuro saranno solo in due a condividere l’appartamento,
dopodiché motiva questa scelta dicendo che “la casa non è grande.” (r. 06). Seguono una breve
sequenza sul nome del secondo inquilino (rr. 07-09), e un commento (r. 10) che Rino (RIN)
rivolge a un’altra partecipante (che rimane silenziosa in questo estratto). Dopo un turno
valutativo di Giorgio (r. 11), Giulio fornisce un ulteriore motivo per questa scelta, riferendosi
al costo mensile del fitto e sostenendo che “in du:e a trecento euro a testa: va anche bene.” (r.
12). Questo turno è compiuto a livello sintattico, semantico, prosodico e pragmatico. Dopo una
pausa (r. 13), Giulio estende il proprio turno con le parole “°per me.°” (r. 14). Questo sintagma
preposizionale può essere collegato, retrospettivamente, con le parole immediatamente
precedenti di Giulio (“va anche bene.”; r. 12). Vi si può riconoscere un incremento in cui la
relazione grammaticale con quanto precede è espressa attraverso l’uso di una preposizione.8 È
però anche vero che sintagmi preposizionali di questo tipo appaiono meno simbiotici rispetto
agli incrementi analizzati agli ess. 1-3, proprio perché potrebbero ricorrere anche in altre
posizioni sintattiche del turno (ad esempio, in posizione iniziale). È tuttavia fondamentale
rispettare la temporalità con cui i parlanti costruiscono i propri enunciati, che ci permette di
descrivere il sintagma in questione come grammaticalmente dipendente da quanto precede.
Dobbiamo però domandarci se “°per me°” (r. 14) estenda semplicemente l’azione precedente
o se Giulio compia una nuova azione. Da un lato si potrebbe dire che Giulio estende l’azione
precedente poiché continua a essere impegnato in una affermazione valutativa. Dall’altro, il
fatto stesso di estendere una valutazione possibilmente compiuta ci orienta verso l’ipotesi che
aggiungendo “°per me.°” (r. 14) Giulio faccia qualcosa ‘in più’, che va oltre la semplice
valutazione. In effetti, con questa estensione Giulio mette in rilievo il carattere personale della
sua valutazione, adottando quindi un posizionamento (stance) specifico rispetto a quanto
appena affermato.
In altri casi, nell’estendere un turno di parola potenzialmente compiuto con elementi
grammaticalmente dipendenti, i parlanti compiono palesemente una nuova azione. Riportiamo
di seguito una versione estesa dell’es. 1. L’istruttore sta parlando della nuova casa in cui si è
trasferito da poco, e introduce il (sopran)nome “Claffone” (r. 1), che l’allieva interpreta come
riferito al figlio dell’istruttore (r. 2).

Es. 6 (15sg2BM1, 16:42-16:54)

8
 Per altri esempi (in inglese e tedesco) di sintagmi preposizionali che costituiscono degli incrementi, si rinvia a
Couper-Kuhlen e Ono (2007).
01 IST       claffone sì è ambientato subito.
02           (1.2)
03 ALL       il tuo figlio?
04 IST       sì.
05           *(0.5)
   ALL       *volto sorridente-->
06 IST       superclaffone.
07           (0.3)
08 ALL       quan[ti anni] ha?
09 IST             [°( )°]
10           (0.5)
11 IST       diciotto.#
   Fig                 #Fig. 3
12           %(0.4)%*(0.8)
   IST       %........%guarda ALL-->
   ALL              -->*volto sorpreso-->
13 IST       #mesi.
             #Fig. 4
14           (0.5)*
   ALL          -->*
15 ALL       a:::h
16 IST            %HH.% H. H.# [H. h.
   IST       -->%,,,,,,%
   Fig                           #Fig. 5
17 ALL                            [°(o)°ddio
18           (1.7)
19 ALL       diciotto mes[i?
20 IST                      [sì.

Abbiamo illustrato nell’introduzione di questo articolo (es. 1) come nella sua risposta alla
domanda “quanti anni ha?” (r. 08), l’istruttore incrementi il turno responsivo “diciotto.” (r. 11)
con l’aggiunta di “mesi.” (r. 13), ricompletando in tal modo la risposta iniziale. Ci siamo già
soffermati sui rapporti grammaticali che il locutore instaura tra i due elementi (v. es. 1);
approfondiamo ora la dimensione pragmatica di questa estensione. Il topic di “claffone” (r. 01),
cioè il “figlio” (r. 03) dell’istruttore è trattato dall’allieva come un argomento piacevole, come
si evince dal volto sorridente esibito a partire dalla pausa riportata alla r. 05 (Fig. 3).

Fig. 3: L’allieva sorride; entrambi i partecipanti guardano la strada.
L’allieva mantiene il sorriso fino alla fine della risposta “diciotto.” (r. 11). Durante la pausa
che segue (r. 12), l’istruttore ruota la testa verso l’allieva; l’allieva esibisce un volto di
“stupore” proprio nel momento in cui lo sguardo dell’istruttore è orientato su di lei (Fig. 4).

Fig. 4: L’istruttore guarda l’allieva; l’allieva esibisce sorpresa, stupore.

Il mutamento della mimica facciale mostra che l’allieva tratta “diciotto.” (r. 11) come una
risposta completa, genuina e rendicontabile (accountable) – e il modo in cui l’istruttore fornisce
tale risposta (con un volto serio, v. Fig. 4) è strumentale proprio in questo senso. Nel contempo,
l’espressione del volto esibisce stupore e rende riconoscibile come l’allieva cerchi di attribuire
‘senso’ alla risposta “diciotto.” (r. 11), nel caso specifico, di farla combaciare con l’aspetto
giovanile dell’istruttore. È in questa situazione che l’istruttore estende il proprio turno,
aggiungendo “mesi.” (r. 13). Tale aggiunta veicola una nuova informazione che l’allieva
accoglie con un “a:::h” prolungato (r. 15), una risorsa che esibisce, per l’appunto, un change-
of-state (Heritage, 1984). L’istruttore riorienta quindi lo sguardo sulla strada e ride in modo
udibile e visibile (r. 16; Fig. 5).

Fig. 5: L’istruttore sorride; entrambi i partecipanti guardano la strada.
Alla luce di quanto sopra descritto, risulta difficile riconoscere nell’incremento dell’istruttore
(r. 13) un semplice ricompletamento della propria risposta, ovvero ‘soltanto’ un’estensione
dell’azione precedente. Nel caso specifico, questo modo di fornire una risposta è una pratica
che consente all’istruttore di far emergere un episodio ilare – e quindi di compiere un’azione
socialmente rilevante. Nell’orchestrare l’episodio ilare l’istruttore si avvale di risorse vocali
(l’incrementazione), ma anche corporee. Questa osservazione ci invita ad analizzare gli
incrementi in modo olistico, tenendo conto delle risorse corporee che i partecipanti mobilitano
nell’interazione.

3.3. L’incrementazione come risorsa di autoselezione

Abbiamo visto sin qui come i parlanti estendano i propri turni di parola al di là delle frontiere
sintattiche e prosodiche dei loro enunciati, fondandosi su un’analisi del parlato svolta ‘in tempo
reale’ (online; Auer, 2009), così come sulle risorse grammaticali messe a disposizione dal
sistema linguistico. L’analisi dell’es. 7 mostra come l’incrementazione di un turno sia una
risorsa utilizzabile non solo dal parlante in corso, ma anche dai co-partecipanti. Il frammento
è tratto da una riunione di lavoro a cui partecipano quattro persone. Dopo che Annina ha
proposto di fare “il punto della situazione sui sotto-servizi dell’area commerciale” (non
riprodotto), (Paolo (PAO) introduce alle rr. 01-04 un argomento leggermente diverso: “fare un
inquadramento generale della situazione societaria.”

Es. 7 (Mi13PRO1-49, 30:29-30:44)
01 PAO      eh:: io: credo però per- pe:- >che prima bisognereb-
02          si si debba< fare un inqua[dramento] generale&
03 ANN                                   [certo.    ]
04 PAO      &[della si]tuazione, (0.5) bo- (0.7) societaria.
05 MAR        [°certo. °]
06 MAR      °certo.°=
07 ANN      =sì cer[to. ]
08 PAO              [che:^]è stata fatta ieri nel board.
09          (0.3)
10 PAO      allora,
11          (0.2)
12 ANN      che è una novità.
13          (0.2)
14 PAO      è una novità.=
15          =novità.

Il turno di Paolo (rr. 01-04), prodotto con numerose autoriparazioni, è potenzialmente compiuto
alla fine della r. 04. Sovrapponendosi con Paolo, Mario (MAR) mostra il proprio accordo (r.
05). Si verifica quindi uno spazio di rilevanza transizionale che permette a Mario e Annina
(ANN) di esibire “in chiaro” (cioè, non in sovrapposizione) il proprio accordo con quanto Paolo
ha appena detto (rr. 06-07). Alla r. 08, Paolo estende il proprio turno con una subordinata
relativa, dove il pronome relativo “che” rende esplicita la dipendenza sintattica. Da un punto
di vista prettamente sintattico, tuttavia, l’individuazione dell’antecedente può risultare
problematica. La forma femminile del verbo coniugato (“è stata fatta”; r. 08), ci indirizza verso
il sintagma nominale “la situazione societaria” (r. 04) ma si scontra con l’utilizzo del verbo
fare. Semanticamente, il pronome relativo “che” (r. 08) potrebbe riferirsi anche
all’“inquadramento generale” (r. 02), che può essere fatto. In tal caso il parlante non
rispetterebbe la concordanza di genere. Questa incertezza referenziale non costituisce tuttavia
nessun problema pratico per i co-partecipanti, né impedisce loro di riconoscere un incremento
nell’estensione che Paolo compie alla r. 08. Ciò che importa sembra essere l’esibizione di una
dipendenza grammaticale (attraverso il pronome relativo “che”; r. 08), non la correttezza
grammaticale dell’enunciato. Che questo incremento sia pubblicamente riconoscibile, lo
vediamo nel prosieguo dell’incontro. Alla r. 10 Paolo si accinge a delineare la situazione
societaria con un “allora,”, che in italiano viene spesso usato in apertura di turno, in particolare
nel manifestare la transizione verso un nuovo topic (v. Bazzanella e Borreguero Zuloaga,
2011). Annina produce quindi un eteroincremento utilizzando il medesimo formato
grammaticale con cui Paolo aveva esteso il proprio turno, ovvero una subordinata relativa (“che
è una novità.”; r. 12). Con la sua estensione, che verrà ratificata da Paolo (r. 14), Annina si
riferisce al fatto che la presentazione della situazione societaria è una novità per le altre persone
presenti (Mario e Duilio, che non hanno partecipato alla riunione del giorni prima).
L’analisi di questo frammento ci ha consentito di mostrare come l’estensibilità di un turno di
parola sia una pratica a disposizione del parlante-in-corso (r. 08), ma anche dei co-partecipanti
(r. 12). In tal senso, l’incrementazione può essere non solo ricorsiva (v. es. 4), ma anche
multipla. Proprio sugli eteroincrementi ci focalizzeremo nel paragrafo che segue.

3.4. Eteroincrementi

La possibilità di estendere il turno di parola del parlante precedente con materiale
sintatticamente dipendente è formulata già nella quarta lezione che Sacks tenne nell’autunno
del 1967 all’UCLA (v. Sacks, 1992, I: 647-655). Dopo l’introduzione del concetto di
incremento ad opera di Schegloff (1996), diversi studiosi si sono interessati al fenomeno
dell’eteroincrementazione. Lo stesso Schegloff illustra alcuni casi di quelli che chiama other-
initiated increments ‘incrementi etero-avviati’ (Schegloff, 2016: 258-261), senza tuttavia
proporre un’analisi dettagliata del fenomeno. Bolden (2010) ne parla in termini di recipient
increments ‘incrementi del ricevente’, mentre Sidnell (2012) preferisce il termine other-
continuations ‘etero-continuazioni’ (v. anche Mazeland, 2019). Per Lerner (2004), invece,
auto- e eteroincrementi sono costituiti attraverso pratiche simili. I parlanti dispongono di
risorse che permettono loro di avviare un incremento (come le parole to, for, at, ecc. in inglese),
attraverso i quali esibiscono aderenza grammaticale con l’enunciato precedente. Dopo un turno
potenzialmente compiuto, gli incrementi possono essere auto-avviati (es. 1-7), oppure etero-
avviati (es. 8-10). Nel modello di Lerner, i parlanti possono limitarsi ad avviare un incremento,
senza necessariamente completarlo, come illustriamo con il frammento seguente. Teresa (TER)
e Maria (MAR) stanno facendo la spesa insieme. Teresa sta manipolando un contenitore per
alimenti:

Es. 8 (cons45111AAB, 31:01-31:08)
01 TER      questo è carino per la silvana da andare a lavorare.
02          (1.0)
03 MAR      per metter- ah i:[:
04 TER                       [per mettere le cose da mangiare.

Alla r. 01 Teresa produce un turno potenzialmente compiuto. Dopo una pausa, utilizzando
l’increment initator “per”, Maria etero-avvia un incremento (r. 03), che Teresa auto-completa
successivamente (r. 04).9 In questa ottica, gli incrementi sarebbero quindi sequenzialmente
organizzati, poiché l’avvio proietta e rende rilevante un completamento.
I due frammenti che seguono illustrano estensioni etero-avviate e etero-completate. Entrambi
sono tratti dalla cena tra amici già menzionata all’es. 5. Nell’es. 9, Giorgio (GIO), un educatore
di scuola primaria, sta spiegando ai commensali le regole di comportamento che gli allievi
devono seguire durante la pausa pranzo (rr. 01-02), mentre rolla una sigaretta a mano.

Es. 9 (Mi13CE2-42, 18:39-18:51)
01 GIO      >io +gli chie+do< di *mettere a *posto il tavolo, di non
   ANG          +............+guarda GIO-->
   PIE                               *...............*guarda GIO-->

9
  Lerner (2004) menziona la direzionalità (directionality) dell’estensione come un criterio fondamentale per
stabilire se l’estensione possa essere analizzata come un’incremento: se l’estensione sintatticamente dipendente
continua l’azione del turno precedente ed è indirizzata verso lo stesso ricevente (come nell’es. 8), allora
avremmo a che fare con un incremento; se invece la direzionalità è invertita – ovvero l’estensione costituisce
una nuova azione indirizzata verso il locutore del turno precedente, pur esibendo una dipendenza sintattica con
esso – allora non si tratterebbe di un incremento. Sidnell (2012: 333-335) esprime tuttavia delle riserve a
proposito di questa distinzione, poiché non di rado la direzionalità di un’estensione è ambigua per i partecipanti
stessi, in particolare in contesti pluriadici.
02          sbriciolare per terra, e di* non rove*sciare l’a#cqua.=
   PIE                                    -->*,,,,,,,,,,,,,,,,*
   Fig                                                                 #Fig. 6
03 ANG      =%di *non §+#b%ut%tar *via§ §il #ci*bo.* §
   GIO       %guarda ANG%...%guardi mani-->
   ANG                  -->+
   PIE             *..............................*guarda ANG*,,,*
   RIN                     §guarda PIE-------§..§guarda ANG§
   Fig                         #Fig. 7                         #Fig. 8
04 GIO      e di non- (.) minchia quando
05          ±[vedo il] cibo sul- ma#dò::: (.) lì m’incaz%zo.
   GIO                                                            -->%
06 ANG      ±[hh. hh.]
   ANG      ±volto sorridente-->
07 GIO      .h lì m’incazzo. >perché piuttosto ne chiedi
08          di me±no °scusa.°<
  ANG          -->±

Giorgio avvia l’enunciato con la proposizione principale “>io gli chiedo
turno, ed è l’unica che ha lo sguardo orientato su di lui quando si verifica uno spazio di
rilevanza transizionale (r. 02; Fig. 6).

Fig. 6: Angela guarda Giorgio.

Giorgio non si orienta verso nessun ricevente privilegiato mentre produce il proprio turno. In
questa situazione, ognuno dei co-partecipanti può autoselezionarsi e il primo a farlo ottiene il
turno (v. Sacks et al., 1974). Con l’avvio dell’incremento da parte di Angela, Giorgio porta il
suo sguardo su di lei (r. 03; Fig. 7).

Fig. 7: Sguardo reciproco tra Angela e Giorgio.

Angela diventa la prossima parlante – e in quanto tale attira gli sguardi di due altri
partecipanti, Rino (RIN) e Piera (PIE) (r. 03; Fig. 8).

Fig. 8: Piera e Rino guardano Angela mentre produce l’incremento (r. 03).

Chiudiamo la parte analitica con un frammento tratto dagli stessi dati. I ragazzi stanno ora
parlando di quanto sporco possa diventare un appartamento condiviso con altre persone. Piera
ha appena menzionato il lavandino della sala da bagno, che può accogliere “le macchioline^e
i sputacchi di dentifricio” (r. 01). Sin dall’inizio dell’estratto, gli altri partecipanti rivolgono lo
sguardo verso di lei.10

Es. 10 (Mi13CE2-45, 00:09-00:19)
01 PIE        %((..)) le macchioline^e i sputacchi di dentifricio
   GIU        %>>guarda PIE-->
02            §ai quali §si appiccicano i piedi: le cose no:,
   RIN        §.............§guarda PIE-->
03            .hh[hh >(man mano)
09 RIN                  [.hh .HH %.hh .h]% .HH .h
   GIU                          -->%...........%guarda RIN-->
10 GIU        al #§tuo§ lavandino?
   RIN         -->§.....§guarda GIU
   Fig           #Fig. 10
11 RIN        .h .hh § .h§*%
   RIN            -->§,,,,§
   PIE                    -->*
   GIU                      -->%

La descrizione di Piera (rr. 01-02) dà luogo a una valutazione da parte di Giulio (“che schifo.”,
r. 04) che il parlante produce in sovrapposizione con una valutazione congrua di Piera (r. 03).
Anche Angela si conforma a questa valutazione esibendo una mimica che denota ribrezzo (r.
05). A questo punto Rino rivolge a Piera la domanda “a cosa stai pensandoh .h?” (rr. 06-07)
che produce ridendo. Piera, che è la compagna di Rino, riorienta lo sguardo su di lui (r. 07) e
si impegna in un complessa manifestazione espressiva mentre espira in modo udibile e
pronuncia le parole “°°(non so)°°” (r. 08). Le seguenti immagini illustrano l’orientamento
visivo mentre Rino produce la sua domanda (Figg. 9a, 9b; r. 07) e l’espressione che Piera
esibisce successivamente (Fig. 10; r. 10).

10
  Al fine di non sovraccaricare la trascrizione, non abbiamo trascritto i comportamenti corporei di Angela e
Giulio.
Figg. 9a, 9b: Sguardo reciproco tra Rino e Piera; Angela esibisce ribrezzo.

Fig. 10: Espressività di Piera; Giulio guarda Rino.

Pronunciandola ridendo, Rino struttura la propria domanda (rr. 06-07) come una domanda
scherzosa. In effetti, Piera non fornisce una risposta conforme alla domanda, ma manifesta,
attraverso il suo comportamento corporeo, che la risposta a questa domanda è scontata,
talmente ovvia che non necessita di una risposta vocale (Fig. 10). Rino accoglie questa
manifestazione incorporata (embodied) con una risata prolungata (r. 09) – che mostra, a sua
volta, che lo stesso Rino tratta la propria domanda come l’avvio di un episodio scherzoso.
Chiaramente, Piera e Rino posseggono conoscenze comuni, sì che in questa breve sequenza si
manifesta il loro essere una coppia affettiva. Gli altri partecipanti, invece, non hanno accesso
a questo sapere condiviso. Si spiega in questo modo la presa di parola di Giulio che,
rivolgendosi a Rino, dice “al tuo lavandino?” (r. 10). Lo status pragmatico e grammaticale di
questa estensione risulta ambiguo. Possiamo domandarci se le parole di Giulio estendano
l’azione precedente (ovvero la domanda di Rino) o se costituiscano un’azione nuova. Nel primo
caso, l’aggiunta di Giulio sarebbe un’estensione della domanda rivolta a Piera, che si
configurerebbe ora come a che cosa stai pensando, al tuo lavandino?, dove “al tuo lavandino”
sarebbe una ‘risposta candidata’ (candidate answer; v. Pomerantz, 1988). In tal caso,
l’estensione conserverebbe la direzionalità (Lerner, 2004) della domanda iniziale. Tuttavia,
l’orientamento dello sguardo di Giulio (che guarda Rino) mostra che l’estensione non è rivolta
a Piera, bensì a Rino. In altre parole, l’estensione non ha la stessa direzionalità espressa dalla
domanda iniziale di Rino. Costituisce quindi, almeno nella prospettiva di Lerner (2004),
un’azione nuova che Giulio rivolge a Rino e che emerge da un’inferenza che Giulio trae
dall’episodio scherzoso a cui sta assistendo. Si tratta, insomma di un esempio di quelle che
Sacks (1992, I: 523-534, 647-664) chiama appendor questions (‘domande appendice’) che
anche per Schegloff (1996: 76) non vanno annoverate tra gli incrementi. Giulio costruisce la
propria estensione tuttavia come sintatticamente dipendente dal turno di Rino (rr. 06-07): è un
sintagma preposizionale che sfrutta una struttura latente (Auer, 2014) messa a disposizione da
Rino, cioè la struttura argomentale del verbo pensare (che regge la preposizione a).11 Questo
estratto illustra come il fenomeno dell’incrementazione sia configurato attraverso risorse non
solo sintattiche, ma anche prosodiche e corporee (in particolare lo sguardo) che consentono ai
partecipanti, e quindi anche agli analisti, di attribuire un senso pratico e situato alle produzioni
vocali degli interattanti.

4. DISCUSSIONE E CONCLUSIONE

Abbiamo analizzato in questo articolo una serie di estensioni sintatticamente dipendenti che, a
nostra conoscenza, non hanno goduto di studi approfonditi sull’italiano. In questo paragrafo
conclusivo sistematizziamo le osservazioni emerse dalle analisi, rilevando nel contempo la loro
rilevanza per la ricerca nell’ambito della linguistica interazionale.

Formati grammaticali
Le estensioni analizzate si presentano come sintagmi nominali lessicali (ess. 1/6, 4), sintagmi
preposizionali (che si configurano talora come proposizioni relative e finali; ess. 3, 4, 5, 8, 9,
10) e proposizioni relative (ess. 2, 7). Queste categorie di incrementi denotano in vario modo
il rapporto grammaticale che li lega al turno precedente. I sintagmi preposizionali e le
proposizioni relative esibiscono ‘dipendenza sintattica’ sin dal primo elemento dell’estensione:
Lerner (2004) chiama increment initiators ‘avviatori di incremento’ elementi come con, per,
di, a (tutti attestati negli estratti analizzati in questa sede), a cui aggiungiamo anche il pronome
relativo che. Diverso il caso dei sintagmi nominali, la cui dipendenza grammaticale da quanto
precede deve essere inferita, stabilendo ad esempio rapporti di co-referenzialità. Pertanto,
estensioni formate da sintagmi nominali possono rapportarsi a quanto precede non solo come
incrementi, ma anche come costituenti liberi, o replacements, ovvero ‘sostituzioni’ di materiale

11
   Si noterà che la medesima struttura grammaticale, pronunciata con un’intonazione finale discendente,
costituirebbe una risposta alla domanda delle rr. 06-07 perfettamente formata e che, pur sfruttando la stessa
struttura latente, non sarebbe sentita come un’estensione di turno.
lessicale precedentemente usato (v. Couper-Kuhlen e Ono, 2007). Il tipo di rapporto con quanto
precede può comunque risultare ambiguo – ad esempio in continuazioni che esibiscono
discordanze grammaticali (come il mancato accordo di genere nell’es. 7). È invece comune a
tutti gli incrementi il loro orientamento retrospettivo, che permette al parlante di sfruttare
materiale grammaticale precedente dando luogo a una ‘nuova’ costruzione monoclausale o
multicalusale. La relazione grammaticale con il parlato precedente può manifestarsi, insomma,
in vari modi, più o meno esibiti (l’utilizzo di increment initiators, il riciclaggio di strutture
sintattiche latenti, l’aggiunta di un elemento co-referenziale, ecc.). In quest’ottica, la
‘dipendenza sintattica’ si rivela un compimento pratico dei partecipanti che, nel caso degli
incrementi, sembrano privilegiare l’esibizione di un rapporto sintattico alla ‘correttezza’
grammaticale delle loro produzioni (es. 7).

Posizioni sequenziali
L’analisi ha confermato le osservazioni di Schegloff (2016) sulla posizione sequenziale degli
incrementi, che possono ricorrere in posizione next-beat ‘alla prossima battuta’ (es. 9), post-
gap ‘dopo una pausa’ (ess. 1/6, 2, 5, 8), oppure post-other-talk ‘dopo un enunciato
dell’interlocutore’ (es. 7). Un parlante può quindi posizionare l’incremento a una distanza
minore o maggiore rispetto al turno da cui lo fa dipendere. Se la distanza minima si manifesta
come incremento next-beat, non siamo in grado, attualmente, di pronunciarci sulla distanza
massima che può separare un incremento dal turno a cui si collega. Inoltre, ci si può domandare
perché in taluni casi i parlanti incrementino immediatamente il turno precedente, in altri casi
invece no. Sono questioni strettamente legate, ci sembra, alle contingenze e ai fini interazionali
dei partecipanti. Abbiamo osservato, ad esempio, come un eteroincremento next-beat sia una
risorsa che permette ai partecipanti di autoselezionarsi (es. 9) e quindi di compiere l’alternanza
dei turni di parola in modo agevole. Abbiamo visto, inoltre, un caso in cui un autoincremento
è separato dal turno a cui si allaccia da un’intera sequenza (es. 3). Infine, possiamo rilevare dei
casi che sono difficilmente inseribili nel modello schegloviano, ovvero incrementi realizzati in
seguito a vocalizzazioni non lessicali (ess. 4, 10) o azioni incorporate (embodied; es. 10).

Azioni sociali
L’analisi delle pratiche (linguistiche) con cui gli interattanti compiono azioni socialmente
rilevanti ha fatto versare molto inchiostro (Levinson, 2013; Enfield e Sidnell, 2017, tra molti
altri). Almeno da quando Austin (1962) ha illustrato come fare cose con le parole, il concetto
di azione si è imposto come dimensione analitica fondamentale nel campo della linguistica
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