PARIGI, CHARLIE HEBDO E L'INTELLIGENCE - Analisi Difesa Luciano Piacentini e Claudio Masci

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PARIGI, CHARLIE HEBDO E L'INTELLIGENCE - Analisi Difesa Luciano Piacentini e Claudio Masci
PARIGI, CHARLIE HEBDO E L’INTELLIGENCE

Analisi Difesa
Luciano Piacentini e Claudio Masci

   L‘attentato dell’8 gennaio 2015 alla sede ed agli esponenti del periodico Charlie-Hebdo, ha
suscitato – come prevedibile – una serie di reazioni a catena che influirà sulle relazioni
internazionali per un lungo periodo.
   Una delle prime reazioni è stata in direzione dell’Intelligence, sottolineando ancora una
volta il suo fallimento nel contrasto di un fenomeno che ormai da anni ha preso di mira diversi
Paesi, e non più solo quelli cosiddetti “Occidentali”, come avveniva nel periodo della Guerra
Fredda in cui l’esercizio della violenza al di fuori di regole internazionali unanimemente
accettate (leggasi terrorismo), avveniva strumentalizzando opposte ideologie.

    Altra reazione è stata quella emotiva che ha turbato le coscienze di leader politici e di
gente comune, gli uni per aver trascurato il sottofondo politico che ispira il fenomeno di un
terrorismo che, cadute le ideologie, strumentalizza la religione come chiave ideologia
(terrorismo jihadista) e gli altri per aver creduto che una democrazia possa tranquillamente
esorcizzare gli estremismi, senza l’applicazione e l’osservanza delle regole su cui la stessa si
fonda.
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Sentimenti ed emozioni che sono confluiti nella manifestazione internazionale avvenuta
sulle strade di Parigi l’11 gennaio, ove tutti sono sembrati d’accordo nell’auspicare una UE più
unita e sicura.
Per ultima, ma non ultima, quella prodotta quotidianamente dai talk show televisivi ove
ognuno ha espresso le proprie idee, da quelle più concilianti a quelle più radicali, senza
trascurare la solita simultanea contrapposizione verbale che impedisce ai telespettatori di
comprendere le differenti opinioni per potersene formare una autonoma.

   In queste circostanze, peraltro, non di rado sono stati utilizzati termini impropri per indicare
i terroristi le cui gesta vanno poste al di fuori di ogni diritto se non si vuole distruggere lo Stato
di Diritto ed il Diritto Internazionale finora codificato ed ampiamente condiviso.
   Da un’analisi delle prime reazioni contro l’Intelligence si coglie l’evidenza che a fronte di
estremisti conosciuti agli organismi di sicurezza di vari Paesi – ivi compresa la Francia, in
quanto tali ed iscritti su “no fly list” (liste per il divieto di imbraco) – costoro nel recente
passato hanno viaggiato e soggiornato tranquillamente in aree controllate da gruppi jihadisti,
ritornando poi in patria a trascorrere normalmente la loro vita fino a quando non hanno deciso
di compiere le loro gesta. Nel merito le leggi che tuttora governano la maggior parte delle
democrazie, non permettono di perseguire le persone per le idee espresse ma solo per i fatti-
reato commessi ed una volta scontata la pena possono essere sottoposti a vigilanza ma non a
misure cautelari preventive se non ne ricorrono i presupposti.
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La vigilanza, ovviamente riguarda numerosi soggetti e richiede almeno il triplo delle forze di
sicurezza per attuarla. Inoltre, viene effettuata con mezzi tecnici (intercettazioni, localizzazioni,
riprese foto-video, ecc.), che però non rivelano le reali intenzioni del soggetto controllato, se
non nel momento in cui le mette in atto.
   Occorre altresì aggiungere che la tecnologia moderna consente di individuare quasi in
tempo reale eventuali documenti falsi o falsificati da utilizzare per entrare o uscire dai valichi
frontalieri rendendo oltremodo difficoltosa la mimetizzazione dei potenziali terroristi fra le
persone normali.
   Questa criticità trova la sua naturale correlazione con la nuova metodologia del terrorismo
jihadista – alimentato dalle teorie degli estremismi della Salafia, del Wahabismo e della
Fratellanza Mussulmana – peraltro enunciata pubblicamente da                 Ayman al-Zawahiri nel
settembre 2013, riportata su internet e sui media, in cui invita i giovani radicali a compiere
attacchi “qua e la”, per colpire gli USA ed i loro alleati in casa loro, con attentati puntiformi e
senza chiare direttive.

   Fra le interpretazioni date a questi proclami è stata ritenuta probabile una regressione di al-
Qaeda a causa di una carenza di strategia prima dettata dal carisma di Osama Bin Laden.
    Ma il “concetto operativo” del nuovo leader di al-Qaeda, esperto di strategie destabilizzanti
quale ex leader dell’ala rivoluzionaria dei Fratelli Mussulmani – che sostengono la conquista del
potere colpendo all’interno i paesi arabi moderati e quelli occidentali che li aiutano – non
conclama attentati con “effetto estetico” condotti dall’esterno ma attentati puntiformi, più
destabilizzanti che creano allarmismo e panico, comportano l’adozione di costose misure di
salvaguardia e sicurezza e rendono impossibile l’individuazione preventiva e la protezione di
tutti i potenziali obiettivi degli attentati, quand’anche si vogliano stabilire delle priorità.
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Per realizzare siffatta strategia non occorre una pianificazione centralizzata, non occorre
finanziare e mantenere per un congruo periodo i soggetti reclutati fino al compimento
dell’attentato, non occorrono documenti falsi o altri costosi supporti logistici.
   E’ sufficiente far leva sul disagio delle nuove generazioni in Europa, in America e perfino in
Asia, reclutando – tramite web o predicatori – giovani insoddisfatti e delusi, con aspettative
frustrate, con difficoltà di inserimento o di integrazione nell’ambiente culturale in cui vivono, in
crisi occupazionale, ecc., per convertirli all’islam radicale. Addestrarli sommariamente, dopo la
conversione, nel corso di brevi e saltuari soggiorni in aree conflittuali – che raggiungono,
passando per paesi terzi, con validissimi passaporti rilasciati dai rispettivi paesi di origine – e
reinserirli poi nelle rispettive aree di provenienza con il compito di organizzare e compiere, in
maniera autonoma o su ordinazione, azioni terroristiche.

   E’ intuibile che uno dei fattori di potenza del terrorismo – mimetismo e sostegno della
popolazione – con siffatta strategia viene esaltato al massimo delle sue capacità offensive ed è
difficilmente individuabile e neutralizzabile con sofisticate strumentazioni tecniche.
Le esortazioni al-Zawahiri, inoltre, non erano rivolte solo ai giovani mussulmani di seconda o
terza generazione, ma anche a quelli occidentali che, a fronte delle citate criticità esistenziali,
ormai globalizzate e comuni a tutte le nuove generazioni, avessero deciso di abbracciare
l’islam radicale, come soluzione dei loro problemi.
   E solo ora si fa la conta dei soggetti partiti dai vari Paesi occidentali per andare a
combattere in Siria nelle fila di Al Nursa, o in Yemen fra quelle di Al Qaeda nella penisola
arabica, o in quelle di Al Qaeda nel Maghreb islamico ed infine in quelle dell’Islamic State
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dell’arena siro-irachena, che viene considerato un nuovo gruppo estremista, mentre non è
altro che la diretta filiazione di al-Qaeda in Irak.

   Il risveglio della consapevolezza di valori che la manifestazione sulle strade di Parigi ha
inteso porre all’attenzione di tutto il globo, pur se ha trovato un altissimo consenso, ha però
registrato sul web e sui media voci discordanti e non univoche, non solo fra soggetti di fede
islamica ma anche fra gruppi e singoli elementi appartenenti alla cultura occidentale che in
alcuni casi hanno inneggiato all’eccidio, in altri hanno criticato la satira feroce contro credenze
religiose.
   Certamente una minoranza dissenziente, specie se disoccupata, indigente, emarginata,
frustrata e poco intelligente, ma è proprio da questa che trae alimento e protezione il
terrorismo, sono questi gli ambienti in cui vengono ricercati e reclutati gli attentatori.

   Inoltre i leader politici che lo presiedevano non hanno saputo o voluto dare ampio risalto al
discorso – rivolto a studenti e clero islamico – pronunciato il 1° gennaio 2015 dal Presidente
egiziano Abdel Fattah al-Sisi presso l’Università di Al-Azhar del Cairo, centrale teologica
dell’Islam sunnita, durante il quale fra l’altro ha sostenuto:

“È mai possibile che un miliardo e 600 milioni di persone possano mai pensare di riuscire a
vivere solo se eliminano il resto dei 7 miliardi di abitanti nel mondo? No, è impossibile!»….«…il
pensiero erroneo di cui ora si alimentano alcuni credenti islamici, è un’idea contrapposta
all’islam autentico, fatto di testi e pensieri che noi abbiamo sacralizzato nel corso degli anni»….
«Tutto ciò che vi dico non può essere compreso se rimanete intrappolati in questa mentalità.
Bisogna fare un passo uscendo da se stessi, per essere in grado di osservare tutto ciò e
rifletterci da una prospettiva più illuminata»….«Sto dicendo queste parole qui ad Al-Azhar,
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davanti a questa assemblea di studenti e ulema. L’onnipotente Allah possa essere testimone
della vostra verità nel giorno del giudizio rispetto a quanto vi sto dicendo».

   Iniziativa, unica nella storia degli ultimi decenni, a prescindere da qualsiasi dietrologia sulle
probabili finalità ed i possibili sponsor, che va comunque raccolta e sostenuta per arginare quel
pericolo di scontro di civiltà denunciato oltre 10 anni fa da Huntington.
  Infine la protezione dello Stato di diritto e del Diritto Internazionale finora sancito, non si
consegue usando linguaggi inappropriati perché si rischia di dare la patente di legalità a ciò che
è stato stabilito come illegale. I terroristi non possono essere definiti combattenti di una
guerra, ancorché “santa”, poiché questa definizione è giuridicamente attribuita ai “ legittimi
combattenti” così individuati dalle 4 Convenzioni di Ginevra          del 1949 ed dai protocolli
aggiuntivi del 1977. Il terrorismo non è assimilabile alla guerriglia perché si veste di
un’ideologia laica o religiosa per raggiungere scopi politici utilizzando ogni forma di violenza,
intendendo con essa ogni strumento coercitivo non regolato da norme – se lo fosse, sarebbe
un uso legittimo della forza – attaccando non il dispositivo di sicurezza avversario ma la
popolazione civile ed inerme.

   Comunque a prescindere da sottigliezze giuridiche è umanamente inaccettabile definire
“combattente” colui o coloro che nel corso di conflitti, ancorché giuridicamente definiti tali,
uccidono vittime innocenti come bambini, donne e vecchi.
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Nessuna delle religioni monoteiste, né tantomeno quella islamica autorizza – negli scritti e
nella tradizione musulmana – idea di Jihad che consenta l’uccisione di uomini, donne e bambini
innocenti, in base all’appartenenza a un’etnia, a una popolazione o a una fede religiosa.
Il problema di terrorismo non può essere risolto esclusivamente con l’uso legittimo della forza
ma soprattutto con un sistema di valori che ridiano agli emarginati, ai diseredati ed ai disperati
la dignità di uomini che hanno il diritto di vivere con il proprio lavoro senza essere ridotti
all’indigenza o in schiavitù.

   Ed i Valori che vanno posti alla base della civile convivenza sono: i comandamenti religiosi,
la democrazia così come intesa dall’ateniese Pericle, lo “ius” romano che ha ispirato la
legislazione di gran parte delle nazioni, la Magna Charta, l’Illuminismo che ha sancito la
separazione tra Stato e Religione, la Rivoluzione americana che ha abolito la schiavitù, la
Rivoluzione francese da cui sono nati gli Stati moderni, le democrazie parlamentari che sono
alla base del mondo moderno e la Dichiarazione dei diritti dell’uomo che ha salvaguardato la
dignità umana.
    Se non si condividono i valori sanciti da questo percorso storico, non sarà facile edificare
una possibilità di convivenza, tanto meno d’integrare culture diverse, né di pervenire ad una
convivenza di civiltà.

Foto: EPA/ANSA, AP e AFP
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