Nuova mafia sui fondi Ue: arrestate 94 persone, tra cui insospettabili professionisti

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Nuova mafia sui fondi Ue: arrestate 94 persone, tra cui insospettabili professionisti
Nuova mafia sui fondi Ue:
arrestate 94 persone, tra cui
insospettabili professionisti

I Pm: “La mafia dei pascoli non c’è
più”
Per anni s’è meritata la definizione di provincia “babba”,
ingenua, per la presenza di una mafia minore rispetto a quella
dei “cugini” palermitani e catanesi. Una visione che cozza con
quella fotografata dall’inchiesta della Procura di Messina
sulle cosche dei Nebrodi: clan bene organizzati, al passo coi
tempi, che alle armi e al traffico di droga hanno preferito le
truffe all’Ue. Affari sicuri, poco rischiosi e difficili da
svelare. E tanti, tanti milioni. È una mafia moderna quella
raccontata nell’indagine della dda guidata sulle “famiglie”
dei Batanesi e dei Bontempo Scavo che ha portato oggi al
sequestro di 151 imprese e all’arresto di 94 persone: boss,
gregari, prestanomi e insospettabili professionisti come un
notaio.
Nuova mafia sui fondi Ue: arrestate 94 persone, tra cui insospettabili professionisti
La “mafia dei pascoli” non c’è più, scrivono i pm guidati da
Maurizio de Lucia, sostituita da una organizzazione
imprenditoriale al passo coi tempi e capace di sfruttare le
potenzialità offerte dall’Unione Europea all’agricoltura.
Prevalentemente su base familiare, in rapporti con Cosa nostra
palermitana e catanese, continua a usare vecchi metodi come la
minaccia e la violenza, ma i taglieggiamenti spesso sono
finalizzati all’accaparramento di terreni, la cui
disponibilità è presupposto per accedere ai contributi
comunitari; “settore, questo, – scrive il gip che ha disposto
gli arresti – che costituiva il principale, moderno, ambito
criminale di operatività delle famiglie mafiose”. Gli
inquirenti hanno anche accertato che il denaro illecito
transitava spesso su conti esteri per, poi, “rientrate in
Italia, attraverso complesse e vorticose movimentazioni
economiche, finalizzate a farne perdere le tracce”. “Le
organizzazioni mafiose in questione, – conclude il giudice –
grazie all’apporto di professionisti, presentano una
fisionomia dinamica, muovendo dal controllo dei terreni, forti
di stretti legami parentali e omertà diffusa (e, quindi,
difficilmente permeabili al fenomeno delle collaborazioni con
la giustizia), mirano all’accaparramento di utili,
infiltrandosi in settori strategici dell’economia legale,
depredandolo di ingentissime risorse”.

Arce, omicidio                           diSerena
Mollicone.                                Udienza
preliminare                           per      il
Nuova mafia sui fondi Ue: arrestate 94 persone, tra cui insospettabili professionisti
Maresciallo dei carabinieri
Franco Mottola: un caso in
salita per il criminologo
Carmelo Lavorino

Dopo diciotto anni, pareva che si avvicinasse la conclusione
del caso di omicidio che ha riguardato la morte di Serena
Mollicone, ad Arce,
in provincia di Frosinone, uccisa presumibilmente il 1 giugno
del 2001, giorno
in cui non fece ritorno a casa.

Ne fu trovato il cadavere due giorni dopo, il 3 di giugno, nel
bosco della Anitrella, in località Fontecupa, in un luogo già
setacciato nelle
ricerche dai carabinieri. Il corpo era adagiato in posizione
supina coperto da
alcuni arbusti e fogliame, la testa avvolta in un sacchetto di
plastica, mani e
piedi legati con scotch e fil di ferro. Naso e bocca erano
stati avvolti con
diversi giri di nastro adesivo, causando presumibilmente alla
ragazza una lenta
morte per asfissia.
Del delitto fu accusato in un primo tempo Carmine Belli, un
carrozziere
di Arce, condannato in prima istanza, poi assolto in appello e
Cassazione
grazie al pool difensivo che vedeva come consulente il
professor Carmelo
Lavorino.

Lo stesso criminologo è presente ora nel pool difensivo del
maresciallo Franco Mottola, ex comandante della stazione dei
carabinieri di
Arce, di sua moglie Annamaria, e di suo figlio Marco, accusati
dell’omicidio
che, secondo l’accusa, sarebbe avvenuto proprio nei locali
della caserma dei
carabinieri. In particolare, il figlio Marco avrebbe avuto a
che fare con un
giro di droga in paese, ragione per la quale Serena Mollicone
quella mattina si
sarebbe recata in caserma per denunziare il figlio al padre:
da qui il movente
per l’omicidio.

La prima udienza preliminare per il rinvio a giudizio dei
Mottola si è tenuta ieri mattina, presso il Tribunale di
Cassino. Dopo diciotto
anni, e dopo il lavoro ai fianchi effettuato nei confronti
dell’opinione
pubblica dal padre di Serena e dai vari programmi di
intrattenimento televisivi
che lo hanno visto ospite, Guglielmo Mollicone riteneva che le
sue accuse, da
lui ritenute fondate in base alla conoscenza che lui stesso si
era formata del
caso e degli eventi, trovassero finalmente la loro logica
conclusione nella
condanna della famiglia Mottola. Ma così pare che non sia.
Lo stesso professor Lavorino che ha fatto assolvere Belli,
si occupa ora, con il suo team criminologico-investigativo,
della consulenza
per la difesa dei Mottola.

Lavorino afferma che non assume mai la consulenza per la
difesa di persone che lui stesso, a ragion veduta, ritenga
colpevoli. Si
prospetta per lui, dato tutto ciò che è stato detto e scritto,
un lavoro in
salita.

Abbiamo voluto intervistarlo, e queste
sono le sue parole

Carmelo Lavorino criminologo
Professor Lavorino, dopo l’udienza preliminare di oggi,
ritiene che il camino sia ancora lungo?
Ci vorranno ancora tre udienze, programmate per il mese di
febbraio, in cui il giudice dovrà valutare alcuni aspetti.
dopodichè verso aprile deciderà per l’eventuale rinvio a
giudizio di una o più persone. Abbiamo presentato la nostra
consulenza, del dottor Antonio Dalla Valle medico legale,
dello psicologo dottor Enrico Delli Compagni, oltre che del
sottoscritto, una relazione complessa, in cui affrontiamo
tutti i temi, e praticamente confutiamo dal punto di vista
tecnico-scientifico e criminalistico l’impianto accusatorio, e
concludiamo con ventiquattro punti.

Professor Lavorino, ci dica un po’ chi è lei. Noi la
conosciamo da tempo, e conosciamo bene la sua professionalità
e il suo ‘tirar
diritto’, ma visto che in televisione vanno sempre certi
personaggi, vorremmo
far sapere a chi non la conosce chi è il criminologo Lavorino,
quali sono state
le sue esperienze, quali casi ha trattato, e così via.
Sappiamo anche che lei
cura la pubblicazione on line di un periodico che tratta di
criminologia, e che
ha la gestione del     CESCRIN,   una   scuola   di   formazione
criminologica e
criminalistica.

Bè, mi sono formato essenzialmente sul campo, mi sono
occupato di circa duecentocinquanta omicidi, ho iniziato con i
delitti del
‘mostro di Firenze’, attribuiti al contadino di Mercatale val
di Pesa Pietro
Pacciani, che facemmo assolvere in appello assieme
all’avvocato Nino Marazzita
con un pool tecnico investigativo fondato da me, e sono
specializzato
nell’organizzare, fondare e coordinare pool tecnici di difesa
o investigativi
di analisi criminale. Mi sono interessato del caso di Via
Poma, facendo
prosciogliere Federico Valle, e poi del caso di Arce, in cui
facemmo assolvere
in primo grado, appello e Cassazione Carmine Belli, accusato
di essere
l’assassino di Serena Mollicone. Ora invece per gli inquirenti
l’assassino non
è più Carmine Belli, ma l’assassino sarebbe Marco Mottola con
il concorso del
padre e della madre. Ancora, l’omicidio di Cogne, e diversi
altri. Sono
professore a contratto all’Università dell’Aquila alla facoltà
di Scienza
dell’investigazione, in analisi e scena del crimine.

Quindi anche se il grosso pubblico televisivo non la
conosce, è chiaro che lei può vantare un’esperienza che pochi
altri possano
dire di avere accumulato.

Sono d’accordo con lei soltanto sulla seconda delle sue
affermazioni. Per ciò che riguarda la prima, una volta il
pubblico televisivo
mi conosceva, poi è successo che pian piano sono stato messo
un po’ in
punizione, perché non mi piego mai ai dettami degli autori e
di chi vuol far
diventare il crimine un argomento da salotto, in cui si parla
di tutto e del
contrario di tutto senza avere le basi, e poi anche perché
molti opinionisti
del crimine non gradiscono la mia presenza perché secondo loro
potrei rubare
loro visibilità. E poi questi soggetti sono abituati, in
maniera molto
maleducata, e non deontologica, che, congiuntamente alla loro
attività di
opinionisti in certi programmi, poi si procacciano clienti
proprio abusando di
questa visibilità. Io questo lo vedo in effetti come
concorrenza sleale, però
tanto è, tanto succede in Italia, non m’importa nulla, ciò che
mi importa è la
scienza del crimine.

Quindi lei possiamo dire che è un personaggio un po’
scomodo per la televisione.

Senz’altro per un tipo di televisione in cui è evidente il
pressappochismo nell’analisi criminale, nei fatti di cronaca,
e in cui si cerca
di usare la tecnica del fango, la tecnica di molestare le
persone imputate
perché le vogliono trascinare per forza sullo schermo per fare
spettacolo,
eccetera. Io sono per      uno   studio   del   crimine,   della
criminologia e della
criminalistica e dell’investigazione criminale, in una forma
seria, tecnica,
scientifica a prova, e con molta coerenza, bisogna essere
coerenti.

Quindi, secondo ciò che si sente soprattutto in
televisione, in questi programmi di intrattenimento, quella
che lei ha preso in
mano oggi è una patata bollente, forse derivante
dall’esperienza che lei ha
maturato nella difesa del carrozziere Carmine Belli?

Certo, una patata estremamente bollente perché ci troviamo
contro tutti. Questa famiglia [Mottola ndr] è sospettata e
anche indagata da
circa otto anni per l’omicidio di Serena Mollicone, e siamo
riusciti ad
ottenere gli atti del processo, quindi conoscere le
investigazioni fatte e i
capi d’accusa, soltanto da sei, sette mesi, e sono ben
cinquantadue faldoni.
Naturalmente è una patata bollente perché li abbiamo tutti
contro, perché
finora, l’opinione pubblica, grazie agli opinionisti, grazie
alle ‘vittime’,
fra virgolette, che si lamentano di ciò che è accaduto
eccetera, l’opinione
pubblica è stata ammorbata con la notizia che questi tre sono
colpevoli e non
presunti innocenti. L’opinione pubblica è convinta fermamente
che nella caserma
dei carabinieri DI Arce è avvenuto l’omicidio ai danni di
Serena Mollicone,
cosa che, secondo me, è falsa. L’opinione pubblica è convinta
che l’arma del
delitto contro Serena Mollicone sia la porta del bagno che è
stata sequestrata
sempre in questa caserma. Secondo me e i nostri consulenti è
una notizia falsa
e sballata. Hanno    propalato   per   anni   queste   notizie,
l’opinione pubblica ha
abboccato, ha bevuto tutto, e purtroppo ora ci troviamo a
cercare di pulire, di
eliminare il veleno della vipera che si è sparso. Però devo
dire che da quando
abbiamo incominciato a fare delle conferenze stampa con dei
giornalisti, – però a ragion veduta, perché lì abbiamo dovuto
studiare tutti quanti gli atti, non abbiamo sparato cavolate,
come fa ogni
tanto qualche opinionista, senza sapere nulla, –     dobbiamo
dire che il vento sta cambiando,
perché giornalisti e opinione pubblica stanno incominciando a
rendersi conto di
non trovarsi di fronte ad un caso risolto, e che molte
fesserie, o altrimenti
molte versioni di parte sono state finora propalate a cavolo.

Questa volta lei e il pool difensivo avete di fronte due
nuovi avversari, l’Arma dei carabinieri che si costituisce
parte civile, e la
figlia del brigadiere Santino Tuzi. Lei, però, afferma che
assume la consulenza
di personaggi che secondo le sue valutazioni non sono
assolutamente colpevoli.

La famiglia Tuzi con la famiglia Mottola non c’entra nulla,
quindi conseguentemente con la morte di Serena Mollicone. Noi
avremo come avversari l’Arma dei carabinieri, i familiari
della Mollicone, e probabilmente ancora qualcun altro. Però è
una cosa che non ci preoccupa assolutamente, perché ora che
siamo arrivati al contraddittorio, e tutto quello che dovrà
essere fatto sarà fatto in maniera estremamente seria,
organizzata, meticolosa, per cui daremo il massimo di quello
che possiamo dare. Una cosa che mi da’ fastidio come essere
umano e criminologo professionista, è che, quando facemmo
assolvere Carmine Belli, accusato dello stesso omicidio,
contro di noi c’erano tutti quelli che abbiamo contro anche
oggi. Tutti quanti puntarono contro Carmine Belli come
l’assassino di Serena Mollicone, addirittura anche i familiari
di Serena vedevano Carmine Belli come l’assassino. Fummo noi a
salvare il Belli, e congiuntamente salvammo anche la giustizia
e la verità. Ora ci troviamo a fare lo stesso schieramento
contro diversi avversari tra cui ci sono alcuni che sono gli
stessi di prima, che così come prima hanno sposato una tesi
senza avere cognizione di causa, lo stanno facendo tuttora.
Quindi una patata bollente molto forte, e una sfida molto
forte che noi accettiamo, perché siamo certi che il nostro
lavoro si produrrà al massimo delle sue potenzialità.
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