MONETE COMPLEMANTARI E CRIPTOMONETE, TRA ANARCHIA E VIGILANZA

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MONETE COMPLEMANTARI E CRIPTOMONETE,
                   TRA ANARCHIA E VIGILANZA
                          (Giuliano Lemme*)

    1. La moneta come “oggetto” antropologico. – Lo studioso che si proponga di
indagare sulla storia economica dell’umanità difficilmente potrà prescindere
dall’esaminare, tra i primi, il fenomeno della moneta, la cui nascita, nelle
forme che vedremo, è caratteristica di stadi molti antichi (diremmo
ancestrali) della civiltà.
    Sotto questo profilo, è facile identificare la moneta come una sorta di a
priori del sistema economico, il cui significato è tanto più pregnante, in
quanto apparentemente basato su dati antropologico-culturali piuttosto che
razionali 1.
    D’altro canto, la moneta si configura come un presupposto necessario
per la nascita della stessa civiltà 2 e come questa è dunque caratterizzata dal
duplice profilo del mantenimento di caratteri originari per alcuni aspetti, e
dalla sua evoluzione costante per altri.
    Una “antropologia della moneta”, dunque, deve proporsi di verificare la
continua immanenza tra aspetti culturali e sociologici e conseguenze
           (*) Professore Ordinario di Diritto dell’Economia, Università di Modena e Reggio
Emilia
       1 C. MENGER, On the Origins of Money, in The Economic Journal, n. 2 (1892), vol. 6, p. 239

segg., sottolinea in maniera significativa l’apparente irrazionalità dell’uso della moneta: “There
is a phenomenon which has from of old and in a peculiar degree attracted the attention of social philosophers
and practical economists, the fact of certain commodities (these being in advanced civilizations coined pieces of
gold and silver, together subsequently with documents representing those coins) becoming universally acceptable
media of exchange. It is obvious even to the most ordinary intelligence, that a commodity should be given up
by its owner in exchange for another more useful to him. But that every economic unit in a nation should be
ready to exchange his goods for little metal disks apparently useless as such, or for documents representing the
latter, is a procedure so opposed to the ordinary course of things, that we cannot well wonder if even a
distinguished thinker like Savigny finds it downright “mysterious.”.
       2 K. WIKSELL, Lectures on Political Economy, in Money, vol. 2, New York, 1967, p. 5, fa

riferimento alla moneta come ad una sorta di “lubrificante” del mercato; è intuitivo, del resto,
che la civiltà come noi la conosciamo non sussisterebbe, o sarebbe assai diversa, in assenza
di meccanismi di scambio, che appaiono connaturati all’agire della nostra specie. In generale,
sulle origini della moneta e sul significato dello scambio, v. l’ampio saggio di S. ORTINO, La
struttura delle rivoluzioni economiche, Bari, 2010, p. 416 ss. che definisce quest’ultimo quale “fattore
di base a carattere universale”, sottolineando altresì che lo scambio è immanente tra gli esseri
organici (come nei rapporti di simbiosi) ma anche nel regno inorganico, sotto forma di
interazioni chimico-fisiche.
economiche, proprio al fine di verificare se i profili cui accennavamo prima
siano effettivamente verificati.
    Iniziamo dunque col dire che nella moneta possiamo originariamente
rinvenire approcci utilitaristici, simbolici e a valore intrinseco 3. Il primo è
certamente quello più remoto, nel quale il bene scambiato è suscettibile di
uso diverso da quello di mezzo di scambio (ad esempio nel caso del sale, da
cui salario, o dei capi di bestiame, da cui pecunia). Anticipiamo, peraltro,
che la moneta utilitaristica, mai in fondo abbandonata del tutto, sta vivendo
una sorta di rinascita proprio grazie alle monete complementari.
    Nell’approccio simbolico, la moneta viene scelta per meccanismi
associativi, ad esempio di tipo religioso. L’esempio più frequente è quello
delle conchiglie usate dalle civiltà isolane 4.
    Nell’approccio metallico, infine, si identificano con moneta metalli
aventi valore intrinseco, come tipicamente l’oro 5. Il passaggio alla moneta
metallica, che sino a tempi molto recenti ha caratterizzato l’economia
mondiale, ha consentito al contempo di mantenere un valore simbolico-
associativo, che però è consistito nel riferimento al sovrano, ossia alla
autorità che consentiva (e controllava) l’emissione della moneta.
    Il sovrano, e questo è significativo, non si limita ad assicurare e garantire
il corso della moneta, ma ne impone l’accettazione quale mezzo di scambio,
punendo altresì coloro che ne alterino il valore 6.
    Come già si accennava, l’adozione dei metalli preziosi (in primo luogo
l’oro, ma anche l’argento) come base monetaria ha caratterizzato l’economia
degli scambi di buona parte del mondo per oltre due millenni. Il successo

     3 V. G. LEMME, Storia ed evoluzione della moneta, in AA. VV., Diritto ed economia del mercato, a
c. G. Lemme, Padova, 2021, p. 490
     4 L’ideogramma cinese che significa “moneta” indica anche una conchiglia, il cui nome

scientifico è cypraea moneta, usata come mezzo di scambio con i popoli marittimi,
probabilmente, durante la dinastica Shang (1675 a.C. – 1046 a.C.)
     5 In realtà, dire che l’oro ha valore intrinseco potrebbe assumere carattere tautologico,

in quanto si dovrebbe anzitutto definire un concetto universale di valore. Essenzialmente,
possiamo comunque affermare che l’oro è percepito come metallo di valore per le sue
caratteristiche di duttilità, incorruttibilità, rarità, ma anche per il suo colore, che evoca il Sole,
e dunque la vita.
     Il riferimento all’oro come moneta permane in alcune lingue, come il tedesco (Geld
significa oro ma anche denaro). In francese nella stessa accezione vi è il riferimento
all’argento (argent), mentre in giapponese 銀 (gin) è uno dei radicali della parola 銀行
(ginkō), che significa “banca” (ossia, il luogo dove si tiene l’argento)
     6 E. BARCELLONA, Ius monetarium, Bologna, 2012, p. 92 ss.
del modello è essenzialmente basato sul fatto che i progressi tecnologici,
che accanto alle scoperte geografiche consentivano di aumentare la quantità
di metallo estratto, mantenevano tendenzialmente un rapporto
sostanzialmente costante con l’espansione demografica, e di conseguenza
con quella economica 7. Tuttavia, temporanei disequilibri tra i volumi degli
scambi e la disponibilità di metalli imposero, già in una fase remota della
storia, soluzioni adeguate. È in Cina, all’epoca ben più avanzata rispetto
all’Europa, che già dal VII – VIII secolo dell’era volgare nascono le prime
carte monete, che si diffondono poi in maniera crescente soprattutto dopo
l’anno mille 8, ad opera di privati ma poi, dal 1032, con monopolio statale,
imposto per prevenire fenomeni inflazionistici.
    L’arrivo in Europa del nuovo strumento di circolazione monetaria
(conosciuto, come è noto, attraverso la testimonianza di Marco Polo) fu più
tardivo, ma ben presto la praticità di una moneta rappresentativa di metallo
prezioso, e non essa stessa metallo prezioso, si rese evidente. Il meccanismo
su cui si basava, ossia la convertibilità, presupponeva una fiducia
nell’emittente, fiducia che si rafforzò con l’attribuzione allo Stato, per il
tramite della banca centrale, del monopolio dell’emissione delle banconote 9.
    Il meccanismo della convertibilità, con varie vicende (ivi comprese
interruzioni e stabilimento del corso forzoso) è durato sino al 15 agosto
1971, quando fu posta fine all’accordo di Bretton Woods sulla convertibilità
in oro, diretta (per il dollaro) e indiretta (per altre valute) 10. Allo stato, vige
in maniera pressoché universale una sorta di corso forzoso stabile, nel quale
si è definitivamente rinunciato alla convertibilità, con la conseguenza che la
moneta ha assunto esclusivamente un duplice regime di circolazione
fiduciario ed imposto 11.
     7 Si consideri che nei periodi di regresso tecnologico, il cui più significativo dei quali fu

l’Alto Medioevo, si verificò anche un decremento demografico, e di conseguenza una
contrazione economica.
     8 S. ORTINO, op. cit., p. 475 ss.
     9 Nel Regno Unito, il Bank Charter Act del 1844 stabilì il monopolio della Bank of

England nell’emissione delle banconote. In Italia, sino al 1926, potevano emettere moneta,
oltre alla Banca d’Italia, anche il Banco di Napoli ed il Banco di Sicilia, sulla base di
quantitativi autorizzati.
     10 G. DI GASPARE, Teoria e critica della globalizzazione finanziaria, Padova, 2011, p. 3 ss.
     11 Si è definito “duplice” il regime in quanto, anche in presenza di una imposizione
sull’accettazione della moneta statale, fenomeni iperinflattivi uniti alla scarsa possibilità di
enforcement possono determinarne la scarsa diffusione come mezzo di scambio, come è
accaduto in Zimbabwe e come accade tuttora in Paesi come il Laos.
Preso atto di questo, occorre accennare al fatto che nella declinazione
delle tre tipiche funzioni della moneta (mezzo di scambio, unità di misura
dei valori, mezzo di riserva) si può prescindere dal riferimento ad uno
strumento fisico, sia esso la moneta metallica o la banconota, per
considerarne esclusivamente la natura normativa. In altri termini, riteniamo
da tempo 12 che l’espressione “moneta legale” non indichi un oggetto
materiale, bensì un contesto normativo, nel quale varie forme di strumenti
di circolazione trovano la propria giustificazione.
    Corollario, in un certo senso, di questa affermazione è che la moneta
non sia un bene, in quanto la sua funzione si esaurisce con la disposizione,
mentre non se ne può configurare un godimento 13. Sotto questo profilo,
non si può essere “proprietari” di moneta, ma solo avere un potere
dispositivo di moneta 14.
    Da questo punto di vista, la dematerializzazione progressiva della
moneta, cui faremo cenno anche oltre, ha inciso, ma non in maniera
significativa: è nostro convincimento che, quantomeno dalla nascita della
moneta scritturale (che è fenomeno tutt’altro che recente), le espressioni
“moneta fisica”, “moneta bancaria” e poi “moneta elettronica” e
“criptomoneta” indichino non tanto la moneta come fattispecie, ma
piuttosto le sue forme di circolazione 15.
    2. Dalla fiat money alla moneta complementare. – La moneta convertibile, in
metalli preziosi, spezie, o altri beni 16, anche chiamata commodity-backed money,
è stata come abbiamo visto progressivamente sostituita dalla fiat money, ossia
la moneta basata sul suo essere definita tale (dal latino fiat, sia) all’interno di
un ordinamento, senza che vi sia collegamento con un bene in cui essa possa
essere convertita.

      12 G. LEMME, Moneta scritturale e moneta elettronica, Torino, 2003, p. 16 ss.; v. anche G.

LEMME, La rivoluzione copernicana della Cassazione: la moneta legale, dunque, non coincide con la moneta
fisica, nota a Cass. SS. UU. 18 dicembre 2007 n. 26617, in Banca borsa tit. cred., 2008, p. 562 ss.
      13 Così già P. FERRO-LUZZI, Lezioni di diritto bancario, vol. I, Torino, 2004, p. 255 ss.
      14 P. FERRO-LUZZI, Una nuova fattispecie giurisprudenziale: l’”anatocismo bancario”. Postulati e

conseguenze, in Giur. comm., 2001, I, p. 16
      15 I primi significativi spunti di questa lettura del fenomeno monetario sono dovuti a L.

FARENGA, La moneta bancaria, Torino, 1997 e A. SCIARRONE ALIBRANDI, L’interposizione della
banca nell’adempimento dell’obbligazione pecuniaria, Milano, 1997.
      16 Gli Aztechi e i Maya, ad esempio, usavano come moneta le fave di cacao; v. J. MÉLITZ,

Primitive and Modern Money: an Interdisciplinary Approach, Reading (Massachussetts), 1974, p 129
ss.
Evidentemente, mentre la sorte della commodity-backed money è quella di
essere scambiata, ad un certo momento, con il bene sottostante (scambio
che tipicamente avviene quando si perda fiducia nelle istituzioni che hanno
emesso la moneta) la fiat money continua a circolare senza mai “estinguersi”.
    Ciò avviene, come già si accennava nella n. 11, fino a che la scarsa fiducia
nelle istituzioni unita alla debolezza del sistema di enforcement causi la
mancata accettazione generalizzata della moneta, il che può portare
frequentemente al c.d. mercato nero valutario, nel quale una valuta pregiata
viene scambiata con quella locale ad un tasso diverso da quello ufficiale, alla
circolazione parallela, nella quale più valute, quella locale e quelle forti,
circolano parallelamente, o addirittura all’abbandono della fiat money locale,
che viene sostituita ufficialmente da una o più valute forti 17.
    Tuttavia, a parte casi estremi, il principio generale è che la fiat money
governativa è il solo mezzo generalizzato di estinzione delle obbligazioni
pecuniarie all’interno di un determinato territorio. Questo non solo per
motivi di certezza nei rapporti giuridici, ma anche per la necessità
economica di un controllo pubblico sull’emissione di moneta 18.
    L’adozione di un apparato normativo che imponga la moneta statale
come mezzo di estinzione delle obbligazioni pecuniarie non implica,
peraltro, un monopolio perfetto da parte dello Stato. In altri termini:
quest’ultimo impone che la moneta “avente corso legale”, per usare
l’espressione dell’art. 1277 c.c., sia accettata come adempimento delle
obbligazioni pecuniarie, ma non vieta che le parti possano stabilire che
l’estinzione delle medesime avvenga con mezzi diversi, come
implicitamente ammette l’art. 1197 c.c. 19.

     17 Uno degli esempi più noti è quello dell’Ecuador, che ha rinunciato nel 2000 alla propria

valuta, il sucre, per dollarizzare l’economia. In Zimbabwe, nel 2019 è stata reintrodotta una
valuta locale, il dollaro RTGS, dopo che esattamente 10 anni prima, a seguito di uno dei più
clamorosi fenomeni inflattivi mai verificitesi nella storia, il dollaro dello Zimbabwe era stato
abbandonato. Ciò nonostante, già nel 2020 si è preso atto di una nuova corsa inflattiva, e
sono stati ammessi gli scambi in valute estere, oggi prevalenti. Attualmente, in Zimbabwe
circolano dollaro USA, euro, yuan cinese, yen, rupia indiana, dollaro australiano, sterlina
britannica, rand sudafricano, pula del Botswana.
     18 Sul punto, gli economisti hanno da tempo evidenziato tale necessità; v. per tutti B.

KLEIN, The competitive supply of money, in Journal of Money, Credit and Banking, 1974, specie a p.
423 ove si afferma che “few areas of economic activity can claim as long and unanimous a record of
agreement on the appropriateness of governmental intervention as the supply of money”.
     19 Giustamente notava B. INZITARI, La moneta, in Tratt. dir. comm. dir. pubbl. econ. diretto

da Galgano, VI, Padova, 1983, p. 59, che il principio stabilito dall’art. 1277 c.c. “è sorto ed è
In altri termini: se una parte offre di adempiere in moneta avente corso
legale l’altra non potrà non accettarla, ma se entrambe le parti concordano
sull’uso di un mezzo diverso l’obbligazione si estinguerà in maniera del tutto
lecita.
     Il principio dell’accordo su un mezzo estintivo diverso è stato utilizzato
molto spesso per legittimare l’equiparazione della moneta scritturale al
contante (che si riteneva coincidere con la moneta legale) 20. Su tale ultimo
punto, riteniamo, l’evoluzione dottrinaria e giurisprudenziale 21 ha oramai
chiarito come moneta scritturale (ed elettronica) siano sostanzialmente del
tutto equiparate al contante, essendo il termine “moneta legale” riferito ad
un contesto normativo. Peraltro, il concetto di adempimento con mezzo
diverso dalla moneta (statale) non è per questo venuto meno, essendosi
viceversa esteso ad altre forme di denaro: ci riferiamo alla moneta
complementare o free money.
     Il termine free money è di per sé evocativo, ma deve essere chiarito: si tratta
certamente di una moneta libera (nel duplice senso della libertà rispetto
all’autorità statale e della libertà nell’accettarla o meno), la cui base è un
accordo tra le parti. Ove l’accordo sia tra due individui avrà luogo
normalmente una permuta (art. 1552 c.c.) o una comune datio pro solvendo;
ove però lo stesso “bene” venga accettato normalmente come
adempimento dell’obbligazione pecuniaria in un contesto sufficientemente
ampio, potrà essere identificato come free money 22.
     Analogamente, parlare di “moneta complementare” sottolinea
l’esistenza di una moneta principale (quella statale) cui la prima si affianca,
determinando una circolazione parallela più o meno estesa.
     Partendo da questo profilo, e tralasciando i casi, cui abbiamo già
accennato, in cui altre valute affiancano (o sostituiscono del tutto) la valuta
nazionale, possiamo fare una distinzione tra monete utilitaristiche, monete

stato affermato non certo al fine di escludere forme di trasferimento della somma di denaro diversa da quella
per contanti, ma, al contrario, per realizzare la massima protezione della moneta statale almeno nel mercato
nazionale”.
     20 Oltre alla giurisprudenza, anche la dottrina aveva inizialmente sposato questa

impostazione: v. S. MACCARONE, Moneta elettronica e titoli di credito elettronici, in AA.VV., I
contratti informatici, a c. Clarizia, Torino, 2007, p. 476 ss.
     21 G. LEMME, La rivoluzione, cit.
     22 Già A. NUSSBAUM, Money in the Law, Chicago, 1950, p. 50, notava come l’accettazione

generalizzata di un bene come moneta potesse renderlo tale.
token e criptomonete23; queste ultime saranno l’oggetto specifico del
paragrafo che segue.
    Le monete utilitaristiche, il cui contatto con la moneta “primitiva” è del
tutto evidente, si sono (ri)diffuse in epoca relativamente recente, specie in
contesti “emergenziali”, come nel caso delle sigarette nelle carceri o nei
campi di prigionia durante la Seconda Guerra Mondiale 24. Forme di moneta
utilitaristica sono peraltro ancora diffuse in alcune nazioni africane, sotto
forma di SIM ricaricabili per telefono cellulare 25.
    Più complessa, ma anche più recente, è la storia delle monete token.
Queste nascono in Inghilterra agli albori della rivoluzione industriale,
quando una espansione economica senza precedenti rese insufficiente la
quantità di denaro circolante coniata dalla zecca. A ciò rimediarono
autonomamente alcuni industriali, che iniziarono a coniare e diffondere dei
gettoni (token) con i quali pagavano gli operai 26. La circolazione dei token,
sotto varie forme, andò prima diffondendosi, poi gradualmente scemò per
esaurirsi del tutto verso la fine del XIX secolo.
    Negli anni ’30 del XX secolo, peraltro, ebbe diffusione un’altra forma di
moneta token, il Depression scrip, diffusosi per aumentare la circolazione
monetaria durante la Grande Depressione 27. Bisogna però arrivare agli anni
’70 per incontrare il caso più noto, almeno in Italia, che è quello dei c.d.
mini assegni, diffusisi per far fronte alla clamorosa carenza di monete
metalliche, cui inizialmente si sopperì con altri fantasiosi mezzi di
pagamento (gettoni telefonici, francobolli, persino caramelle, a
testimonianza dei punti di contatto tra moneta token e moneta utilitaristica).

     23 G. LEMME e S. PELUSO, Criptomoneta e distacco dalla moneta legale: il caso Bitcoin, in Riv. dir.

banc., 2016, p. 387
     24 R. A. RADFORD, The Economic Organisation of a POW Camp, in Economica, 1945, p. 189

ss.
     25 Airtime is money: the use of pre-paid mobile-phone minutes as a currency, in The Economist,

19.1.2013. In Kenya, un particolare servizio, MPESA, consente l’acquisto di beni e servizi
attraverso il credito del cellulare, e questo spiega in parte il diffondersi di questo particolare
tipo di moneta ad utilità intrinseca.
     26 G. SELGIN, Good Money. Birmingham Button Makers, the Royal Mint and the Beginnings of

Modern Coinage, Ann Arbor, 2008, arriva a sostenere che la Prima Rivoluzione Industriale non
avrebbe avuto altrettanto impeto se l’espediente dei token non fosse stato adottato.
     27 L. GATCH, Local Money in the United States During the Great Depression, in Essays in Economic

and Business History, 2008, p. 47 ss.; J. W.C. HARPER, Scrip and Other Forms of Local Money,
Chicago, 1948.
Vari tipi di monete token sono diffuse ancor oggi; gli esempi più noti
sono quelli della Brixton Pound e della Totnes Pound, per i quali dovrebbe
più che altro parlarsi di “moneta locale”, ossia circolante, in maniera
complementare alla moneta legale, all’interno di un territorio circoscritto 28.
    Per quanto riguarda l’Italia, il precedente recente più noto è quello del
Simec, creato nel 2000 per la circolazione nella cittadina di Guardiagrele, in
Abruzzo 29.
    3. Le monete complementari digitali e le criptomonete. – Il progressivo affermarsi
del servizio Internet si è inevitabilmente sposato a nuove opportunità per
la creazione e la diffusione delle monete complementari.
    Dai primi esperimenti con la valuta e-cash, a metà degli anni ’90 del
secolo scorso 30 la diffusione di monete complementari è stata esponenziale,
ed ha seguito l’altrettanto esponenziale ampliamento della base utenti di
Internet. Sono interessanti, a questo proposito, i tentativi di affrancare le
monete digitali (distinguendole, in questo, da quelle complementari) dal
legame con un territorio specifico.
    Emblematico, a quest’ultimo proposito, è un caso non molto noto in
Italia, ma oggetto di studio economico negli Stati Uniti: quello del Linden
Dollar.

     28. M. NAQVI e J. SOUTHGATE, Banknotes, Local currencies and Central Bank Objectives,

https://www.bankofengland.co.uk/-/media/boe/files/quarterly-bulletin/2013/banknotes-local-
currencies-and-central-bank-
objectives.pdf?la=en&hash=95BAD173D3267307336144D544709BFAC10DA92A.
     La funzione delle monete locali è di creare una circolazione monetaria parzialmente
chiusa (la valuta complementare può essere spesa solo negli esercizi convenzionati in un’area
circoscritta e dunque, non potendo essere utilizzata altrove, stimola gli acquisti in tale area).
     29 N. L BRAGAZZI, Glocal Currecìncies: a Special Focus on Italian Communities and Experiments,

paper per il convegno Defence Resources Management in the 21st Century, 15.11.12, disponibile su
https://www.researchgate.net/profile/Nicola-
Bragazzi/publication/234051705_The_7_th_International_Scientific_Conference_DEFE
NSE_RESOURCES_MANAGEMENT_IN_THE_21st_CENTURY_Brasov_November
_15_th_2012_GLOCAL_CURRENCIES_A_SPECIAL_FOCUS_ON_ITALIAN_COM
MUNITIES_AND_EXPERIMENTS/links/09e4150e968f7aafd2000000/The-7-th-
International-Scientific-Conference-DEFENSE-RESOURCES-MANAGEMENT-IN-
THE-21st-CENTURY-Brasov-November-15-th-2012-GLOCAL-CURRENCIES-A-
SPECIAL-FOCUS-ON-ITALIAN-COMMUNITIES-AND-EXPERIMENTS.pdf
     30 Concepita da David Chaum sin dal 1983, la e-cash, all’epoca una notevole intuizione,

era destinata ai micropagamenti, ma fallì per la scarsa diffusione: l’unica banca ad
implementarla fu infatti la Mark Twain Bank di St. Louis, e dopo solo tre anni dalla prima
transazione, avvenuta nel 1995, il sistema fu abbandonato.
Questa “moneta” nasce in un contesto particolare: quello del videogioco
di tipo MMPORG (Massive Multi-player Online Role Playing Game) Second Life,
nel quale i giocatori, interagendo in una società virtuale composta di altri
giocatori, scambiano beni e servizi utilizzando come moneta il Linden
Dollar 31.
    L’aspetto a nostro avviso più interessante dell’economia di Second Life
è legato al ruolo del gioco (esplicitato sin dal titolo) come modello
alternativo alla vita reale, arricchito dal fatto che, al contrario dei normali
giochi di ruolo, i giocatori interagiscono con altri giocatori creando un
mondo “diverso” nel quale, però, il gameplay non è “iperbolico”,
richiamandosi ad esempio agli universi fantasy, ma del tutto analogo al
mondo “ordinario”.
    Al contempo, Second Life rappresenta sì un esperimento globale
(partecipavano persino alcuni partiti politici italiani, nonché istituzioni
universitarie di tutto il mondo, che creavano campus virtuali) ma al
contempo circoscritto, per l’appunto, ai soli giocatori (in base agli ultimi dati
disponibili, circa 600.000 utenti attivi, con un “PIL” che nel 2015 toccò il
mezzo miliardo di dollari).
    In Italia, sono oramai numerosi i casi di circuiti di moneta
complementare digitale; il più noto, ma non certo l’unico, è il Sardex 32. In
tutto, vi sono circa quindici piattaforme, tutte basate su circolazione in
ambito strettamente territoriale della moneta.
    Tuttavia, il fenomeno delle monete complementari digitali evoca
immediatamente quello delle criptomonete, ossia basate su sistemi
crittografici, la più nota delle quali è di gran lunga Bitcoin.
    Sarebbe persino inutile riferire in questa sede la genesi ed i meccanismi
di funzionamento di Bitcoin, per i quali, pertanto, rimandiamo alla copiosa
letteratura formatasi in materia 33. L’aspetto che qui più interessa è però che,

     31 G. MACARIO, Il passato, presente e futuro del mondo virtuale Second Life, Roma, 2014; sugli

aspetti economici del Linden Dollar si veda il paper P. ERNSTBERGER, Linden Dollar and
Virtual             Monetary              Policy,            2009,           disponibile           su
https://citeseerx.ist.psu.edu/viewdoc/download?doi=10.1.1.555.9589&rep=rep1&type=p
df; M. A. KAPLAN e M. HANLEIN, Consumer use and business potential of virtual worlds: the case of
Second Life, in International Journal of Media Management, 2009
     32 Sul Sardex v. L. SARTORI e P. DINI, From complementary currency to institution: a micro-macro

study of the Sardex mutual credit system, in Stato e mercato, 2016, pp. 273 ss.
     33 Per tutti, v. S. CAPACCIOLI, Criptovalute e Bitcoin. Un’analisi giuridica, Milano, 2015; M.

MANCINI, Valute virtuali e Bitcoin, in An. giur. econ., 2015, p. 117 ss.; R. SCALCIONE, Gli interventi
oltre ad essere certamente una moneta complementare, in quanto circola
parallelamente alle monete ufficiali, Bitcoin è basata su una architettura peer-
to-peer. In altri termini, manca un soggetto emittente o, se vogliamo essere
più precisi, l’emissione è decentralizzata ed affidata ad un network di utenti,
nessuno dei quali, da solo, è in grado di controllare l’emissione complessiva
di moneta, potendo, al più, emettere (il termine usato è mining) un singolo
Bitcoin per volta.
     Vale la pena dar però conto del dibattito formatosi sulla natura giuridica
di Bitcoin, ed in particolare se ed in che misura possa essere moneta.
     La dottrina prevalente, cui aderiamo in maniera convinta, opina in senso
decisamente contrario 34, rilevando, in particolare, come Bitcoin non sia in
grado di adempiere alle tre tradizionali funzioni della moneta (mezzo di
scambio, mezzo di accantonamento del risparmio, unità di misura dei
valori). L’aspetto che però ci sembra fondamentale è anche quello legato
all’architettura di Bitcoin, che prevedendo, come è noto, un numero
massimo di unità creabili, impedisce l’implementazione di una qualsiasi
politica monetaria, avendo natura fondamentalmente e rigidamente
deflattiva.
     Se anche si volesse obiettare che l’assenza di politica monetaria è
connaturata ad una struttura peer-to-peer, o che una moneta non cessa di
essere tale per il solo fatto che non è gestibile da una autorità centrale che
abbia la funzione di implementare una politica monetaria, come avviene,
sostanzialmente, per le monete complementari 35 resta il dato empirico della
quotazione di Bitcoin, il cui andamento erratico ed estremamente volatile

delle autorità di vigilanza in materia di schemi di monete virtuali, ivi, p. 139 ss.; G. LEMME e S. PELUSO,
Criptomoneta, cit., p. 390 ss.. Per la letteratura in lingua inglese v. AA.VV., The Law of Bitcoin,
Bloomington, 2015
      34 M. MANCINI, Valute virtuali e Bitcoin, cit., p.124; V. DE STASIO, Verso un concetto europeo

di moneta legale: valute virtuali, monete complementari e regole di adempimento, in Banca borsa tit. cred.,
2018, p. 756 ss.; M. KROGH, Transazioni in valute virtuali e rischi di riciclaggio. Il ruolo del notaio, in
Notariato, 2018, p. 158; più recentemente, sia pure con posizione maggiormente sfumata, G.
M. NORI, Bitcoin, tra moneta e investimento, in Banca impr. soc., 2021, p. 171
      35 Peraltro, le altre monete complementari non hanno struttura deflattiva, ma semmai

inflattiva, essendo volte ad alimentare l’economia di un territorio attivando una circolazione
ulteriore rispetto alla moneta legale. Inoltre, alle monete complementari fa normalmente
capo una struttura centralizzata di gestione, che quindi, attraverso l’emissione, può regolarne
la quantità immessa nel sistema di mercato.
contrasta, a nostro avviso in maniera insanabile, con la stabilità
funzionalmente connessa alle monete 36.
     Non sono mancate, tuttavia, voci dottrinarie più possibiliste in merito
alla natura monetaria di Bitcoin 37, che si basano, essenzialmente, sul dato
dell’accettazione quale mezzo di pagamento e, come già si accennava, sulla
non necessità della presenza di una autorità emittente.
     Questa, in sintesi, la posizione della dottrina. Peraltro, anche la
giurisprudenza ed il regolatore si sono interessati al fenomeno. Punto di
partenza può essere la pronuncia della Corte di Giustizia UE 38, che ha
qualificato Bitcoin come un mezzo di pagamento contrattuale tra gli
operatori che lo accettano, implicitamente richiamando la disciplina della
datio in solutum, ma dando un possibile ingresso ad una equiparazione alle
monete – quantomeno – complementari 39. Più netta, in senso negativo, la
posizione della Banca Centrale Europea, che ha concluso come “analysis
from the economic and legal perspectives leads to the conclusion that virtual currencies
should not be bundled into the generic words of money or currency, even though their
technical appearance takes a form which has some similarities to scriptural money and/or
electronic money” 40.
     Il legislatore italiano, sia pure nell’ottica della repressione dei fenomeni
di riciclaggio, ha introdotto il concetto di “valuta virtuale”, equiparandola
sostanzialmente ai mezzi di circolazione del denaro, nel d. lg. 25 maggio
2017 n. 90 41, e successivamente nel d. lg. 4 ottobre 2019 n. 125, ove viene
definita come “rappresentazione digitale di valore, non emessa né garantita da una

     36  G. LEMME e S. PELUSO, Criptomoneta, cit., p. 432 ss.
     37  G. GASPARRI, Timidi tentativi giuridici di messa a fuoco del Bitcoin: miraggio monetario
crittoanarchico o soluzione tecnologica in cerca di un problema? in Dir. inf., 2017, p. 417; implicitamente
aderisce alla natura monetaria anche N. MANCINI, Bitcoin: rischi e difficoltà normative, in Banca
impr. soc., 2016, p. 119 ss.
      38 Causa C 264-14, Skattegat v. Hedqvist
      39 Contra G. M. NORI, Bitcoin, cit., p. 167
      40 Rapporto Virtual currency schemes – a further analysis, Febbraio 2015. La posizione ivi

espressa dalla BCE, peraltro, è estremamente conservatrice anche sull’uso del termine
“moneta” per la moneta e quella elettronica. Ritornando sul tema nel parare del 12 ottobre
2016, la BCE ha peraltro indicato che le valute virtuali costituiscono mezzo di scambio
(equiparabile, dunque, alla permuta o alla datio in solutum) piuttosto che mezzo di pagamento.
      41 V. A. URBANI, La disciplina antiriciclaggio alla prova del processo di digitalizzazione dei

pagamenti, in Riv. dir. banc, 2018, p. 703 ss.; L. D’AGOSTINO, Operazioni di emissione, cambio e
trasferimento di criptovaluta: considerazioni sui profili di esercizio (abusivo) di attività finanziaria a seguito
dell’emanazione del d.lgs. 90/2017, in Riv. dir. banc., 2018, p. 1 ss.
banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta
avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l'acquisto di beni e servizi o per
finalità di investimento e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente”.
    Nella definizione, è evidente peraltro lo scopo del legislatore di trattare
il fenomeno dal punto di vista repressivo, ossia nella sua potenzialità di
strumento per transazioni illegali, ferma restandone la liceità in linea
generale. Tale intento traspare dalla genericità della formula (mezzo di
scambio…finalità di investimento), che ad avviso di chi scrive non comporta una
chiara presa di posizione sulla “essenza” monetaria delle criptovalute, ma
pone piuttosto la questione su un piano pratico: nella misura in cui Bitcoin
e le altre valute virtuali consentano transazioni di acquisto, vanno trattate
alla stregua dei mezzi di pagamento ordinario, ancorché non ne possiedano
le caratteristiche essenziali; al più, per riprendere la posizione prima
espressa, potranno essere considerati strumenti finanziari di investimento.
    Nelle prime prese di posizione, anche la giurisprudenza italiana si è
mostrata oscillante; se App. Brescia, Sez. I, 30 ottobre 2018, ha equiparato
le criptovalute al denaro (salvo peraltro negarne l’utilizzabilità in sede di
conferimenti societari, a causa della loro volatilità) Cass. Sez. II Pen., 17
settembre 2020 n. 26807 ha fatto riferimento ai servizi di investimento (ma
perché, nel caso di specie, Bitcoin era stato presentato nell’offerta come
tale). Trib. Verona, 24 gennaio 2017, n. 195, ha invece qualificato in maniera
più esplicita le criptovalute come strumenti finanziari 42.
    Dal canto loro, altri ordinamenti hanno preso posizioni contrastanti: in
Giappone, nell’aprile 2017 è stata modificata la legge sui servizi di
pagamento (legge 24 giugno 2009 n. 59) introducendo il concetto di moneta
virtuale, nella quale, tuttavia, non si fa tanto riferimento all’assenza di una
autorità centrale quanto alla possibilità di circolazione esclusivamente
elettronica della moneta e della sua accettazione quale mezzo di
pagamento 43. Tuttavia, il 7 giugno 2019, a seguito di un importante

     42 M. PASSARETTA, Bitcoin: il leading case italiano, in Banca borsa tit. cred., 2017, II, p. 417 ss.;

v. però le considerazioni di G. M. NORI, Bitcoin, cit., p. 178 ss.
     43 Nella traduzione inglese, la definizione è la seguente “The term "Virtual Currency" as used

in this Act means any of the following: (i) property value (limited to that which is recorded on an electronic
device or any other object by electronic means, and excluding the Japanese currency, foreign currencies, and
Currency-Denominated Assets; the same applies in the following item) which can be used in relation to
unspecified persons for the purpose of paying consideration for the purchase or leasing of goods or the receipt
of provision of services and can also be purchased from and sold to unspecified persons acting as counterparties,
and which can be transferred by means of an electronic data processing system; and (ii) property value which
hackeraggio di un portafoglio Bitcoin la Dieta (il Parlamento bicamerale
giapponese) ha introdotto una nuova modifica della legge, che rende più
severi i controlli sull’offerta di valute virtuali 44.
    Si ha l’impressione generale, almeno a nostro avviso, di un certo
disorientamento di fronte ad un fenomeno che presenta caratteristiche
peculiari, difficilmente assimilabili a quelle delle categorie tradizionali. A chi
scrive, il dibattito sembra presentare non poche analogie con quello sulla
assimilabilità della moneta scritturale a quella legale 45.
    4. Gli sviluppi futuri: criptomoneta a base centralizzata. – Di Bitcoin, di gran
lunga la più diffusa e nota tra le criptomonete, si è già sottolineata la
sostanziale natura anarchica, tra le basi, riteniamo, del suo successo. Tale
“anarchia” non è solo conseguenza dell’architettura peer-to-peer, ma della
stessa percezione di Bitcoin da parte degli utenti, a partire dalla identità di
Satoshi Nakamoto, che – potremmo dire – contende allo street artist Bansky
il primato di identità più misteriosa dei nostri tempi.
    Certamente al consolidamento di tale aura sul Bitcoin giova il suo uso
quale mezzo di scambio per transazioni illecite nel dark web 46, favorito, in
questo, dall’anonimato delle transazioni garantito dalla tecnologia della
blockchain 47.
    Peraltro, dopo l’iniziale scetticismo, l’esistenza e la diffusione della
criptovaluta, assieme alle opportunità tecnologiche offerte dalla blockchain,
hanno indotto sia operatori privati che banche centrali a studiare o
implementare propri sistemi di pagamento basati su concetti e tecnologie
analoghi.

can be mutually exchanged with what is set forth in the preceding item with unspecified persons acting as
counterparties, and which can be transferred by means of an electronic data processing system.
     44 Per ulteriori spunti sulla regolamentazione in altri Paesi rinviamo a G. L. GRECO,

Valute virtuali e valute complementari, tra sviluppo tecnologico e incertezze regolamentari, in Riv. dir. banc.,
2019, p. 82 ss.
     45 Si vedano gli scritti citati a n. 12
     46 Il c.d. dark web è una parte di Internet che sfugge ai motori di ricerca, e che è accessibile

in forma anonima attraverso un particolare browser, Tor. Per la verità, occorre distinguere tra
deep web, in cui la navigazione avviene in forma anonima, e dark web in senso stretto, ove le
attività svolte (acquisto di medicinali, droghe, armi, materiale pedopornografico) sono quasi
esclusivamente illegali.
     47 V. G. LEMME, Blockchain, smart contracts, privacy, o del nuovo atteggiarsi della volontà

contrattuale, in AA.VV., Privacy digitale, a c. E. Tosi, Milano, 2019, p. 293 ss., ove si illustra,
anche ai fini della riservatezza dei dati stabilita dalla GDPR, il meccanismo (e i limiti)
dell’anonimato della blockchain.
Partendo dai primi, il caso più noto è quello del social network
Facebook, il quale sta implementando un mezzo di pagamento su base
crittografica chiamato Diem (precedentemente Libra) 48.
    Al contrario di quanto avviene per Bitcoin, Diem, che si basa sulla
blockchain, ha come intento quello di controllare la volatilità, non essendo
uno strumento monetario isolato e svincolato da qualsiasi asset, ma al
contrario legato ad un paniere di strumenti finanziari di altro tipo (depositi
bancari, titoli di debito pubblico) che possano garantirne la solvibilità e la
stabilità. In un certo senso, il sistema di emissione di Diem si comporta
come una banca centrale che accantona riserve in oro e valuta 49.
    Facebook è il capofila del progetto, che coinvolge altri soggetti della Big
Data Economy, da Uber a eBay, ma anche società più tradizionali come
Vodafone o Visa. È evidente che l’idea di fondo è quella di appoggiarsi su
una enorme base di utenti potenziali per integrare in maniera efficace gli
annunci di beni o servizi con un pagamento immediato all’interno della
piattaforma di social network, usufruendo anche dell’architettura normativa
della Direttiva sui servizi di pagamento (c.d. PSD2), recepita in Italia con il
d. lg. 15 dicembre 2017 n. 218.
    Sono del tutto evidenti le differenze tra una moneta complementare
come Diem e una “moneta” come Bitcoin: la funzione principale è quella
di pagamento, l’anonimato non è il profilo rilevante, la stabilità è ricercata,
e soprattutto esiste un soggetto (l’Associazione Diem) che ne controlla
l’emissione e ne garantisce la circolazione. Rimane il fatto che questo
soggetto non è una banca centrale, ma una associazione privata. Al
contrario di quanto avviene con altre monete complementari, peraltro, tale
associazione ha dimensioni, potenza economica e diffusione territoriale di
livello planetario.
    Queste caratteristiche sono state guardate con preoccupazione 50; è stato
ad esempio notato che un successo significativo di Diem destabilizzerebbe
l’implementazione delle politiche monetarie mondiali, creando una

     48 J. RRUSTEMI e N. S. TUCHSCHMID, Facebook’s Digital Currency Venture “Diem”: the ew

Frontier…or a Galaxy far, far away?, in Technology Innovation Management Review, 2020, 12, p. 19
ss.
     49 Diem dovrebbe avere riserve denominate in Dollari USA per il 50%, Euro per il 18%,

Yen per il 14%, Sterline inglesi per l’11%, Dollari di Singapore per il 7%.
     50 A. N. DIDENKO, D. A. ZETSCHE, D. W. ARNER e R. P. BUCKLEY, After Libra, Digital

Yuan and Covid-19: Central Bank Digital Currencies and the New World of Money and Payment
Systems, in University of New South Wales Law Research Series, 2020
massiccia circolazione parallela di denaro e creando inoltre un flusso di
acquisti verso gli strumenti di riserva di Diem ed un monopolio sui servizi
di pagamento.
    Anche come reazione a questi rischi, nonché per “de-dollarizzare” il
proprio stock di riserve51, la Cina, tra i primi Stati, ha iniziato a progettare
una criptovaluta basata sul controllo da parte della banca centrale, nota
come “yuan digitale” o DCEP (Digital Currency Electronic Payment).
L’architettura della valuta sarebbe di moneta token centralizzata con
controllo governativo 52 e differirebbe pertanto sia da Bitcoin (mancando di
un sistema peer-to-peer) sia da Diem (essendo controllata da una banca
centrale).
    Un progetto analogo a quello dello yuan digitale è attualmente in fase
avanzata di studio da parte della Sveriges Riksbank, la quale vorrebbe
implementare la eKrona, una moneta digitale su base centralizzata
agganciata alla Corona svedese. Il progetto è significativo sia perché
proveniente da un Paese dell’UE, sia perché la Svezia è tra gli Stati più vicini
ad un abbandono totale del contante 53.
    Sulla base di questi presupposti, come è stato notato 54 la eKrona sarebbe
nient’altro che una forma particolare della valuta legale, ossia la corona
svedese. Non ci sarebbero dunque problemi di sorta, anche alla luce
dell’impatto dimensionalmente modesto della moneta svedese sul mercato
valutario.
    Infine, ma non certo per importanza, dobbiamo dar atto del dibattito
crescente attorno alla creazione dell’euro digitale.

     51 Idem, p. 28 ss.; M. A PETERS, B. GREEN e H. YANG, Cyptocurrencies, China’s sovereign digital

currency (DCEP) and the US dollar system, in Educational Philosophy and Theory, 2020
     52 T. G. VOLKOVA, Y. V. SERYUGIN e S. N. FIRSOVA, Central Bank Digital Currencies as the

Instrument of National Economic Sovereignty Consolidation, in Advances in Economic, Business and
Management Research, 2020, i quali sottolineano il ruolo strategico che lo Yuan digitale avrebbe
nelle relazioni con i Paesi dell’Africa e dell’America Latina dei quali la Cina è partner
commerciale principale.
     53 Dati recenti indicano che il contante in Svezia riguarda ormai solo il 6% circa delle

transazioni; si prevede, al trend attuale, che nel 2023 il Paese dovrebbe del tutto abbandonare
i pagamenti in moneta fisica.
     54 G. SÖDERBERG, What is money and what type of money would e-krona be? in Sveriges Riksbank

Economic Review, 2018, 3, p. 25; nella medesima pubblicazione, v. anche i rilievi di R. JUKS,
When a central bank digital currency meets private money: effects of an e-krona on banks, p. 79 ss.
Nell’ottobre del 2020, la BCE ha infatti pubblicato il “Rapporto su un
euro digitale” 55 nel quale si dà atto dell’opportunità di venire incontro al
declino dei pagamenti in contante e al contempo favorire la digitalizzazione
dell’economia europea, migliorare la sicurezza dei pagamenti, assecondare
le politiche monetarie, rafforzare il ruolo dell’euro come valuta di riserva.
    Al tempo stesso, continua il Rapporto, bisognerebbe evitare il ricorso
all’euro digitale come forma di investimento (ci sembra chiaro, qui il
riferimento a Bitcoin) ed immaginare un’architettura che coinvolga la BCE
ma anche, come veicoli trasmissivi, gli intermediari bancari.
    Il Rapporto si pone il problema dello status legale dell’euro digitale. Per
quanto la BCE abbia sempre aderito alla tesi (per noi, come si è visto,
superata56) delle banconote come unica fiat money, nel rapporto sposa
viceversa la tesi che il termine “banconote” possa essere esteso sino a
comprendere l’euro digitale, con conseguente funzione, ai sensi dell’art. 128,
primo co. del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, di mezzo
di estinzione delle obbligazioni a carattere obbligatorio 57.
    A seguito del Rapporto, una intera sezione della Conferenza legale del
SEBC (Sistema Europeo delle Banche Centrali), i cui atti sono stati
pubblicati nel febbraio 2021 58, è stata dedicata all’euro digitale.
    Nella Conferenza sono stati ripresi gli elementi già presenti nel rapporto;
in particolare, si è ad esempio sottolineato che lo scopo di evitare che l’euro
digitale venga usato come forma di investimento potrebbe essere raggiunto
predisponendo un tetto massimo di disponibilità della moneta da parte di
ciascun soggetto 59. Per la verità, il fatto che l’euro digitale abbia un rapporto
di cambio 1:1 con l’euro non lo renderebbe, almeno in una prima fase,
soggetto a volatilità paragonabile a quella che “affligge” Bitcoin. Ad ogni
modo, l’approccio scelto sarebbe, ovviamente, incompatibile con
l’anonimato che caratterizza molte criptovalute, ed allontanerebbe inoltre

   55

https://www.ecb.europa.eu/pub/pdf/other/Report_on_a_digital_euro~4d7268b458.en.p
df, d’ora in avanti per brevità “Rapporto”
     56 Vedi il riferimento a n. 21
     57 Rapporto, p. 25
   58

https://www.ecb.europa.eu/pub/pdf/other/ecb.escblegalconferenceproceedings2020~4c
11842967.en.pdf#page=173, d’ora in avanti per brevità “Conferenza”.
    59 U. BINDSEIL, Issuing a digital euro, Conferenza, p. 175
l’euro digitale dalle banconote, mezzo di pagamento intrinsecamente
anonimo.
     Le motivazioni per un euro digitale, secondo molti commentatori 60
avrebbero uno scopo “difensivo”, volto essenzialmente a consentire alla
moneta legale di adempiere ai suoi scopi (anche) di gestione della politica
monetaria e riducendo possibili elementi di concorrenza con la moneta
privata. Certamente, a nostro avviso, si tratta della presa d’atto di una
tendenza, probabilmente irreversibile, verso l’implementazione di un
sistema di pagamenti interamente digitale ed integralmente tracciabile, che
presenterebbe, sotto molti punti di vista, numerosi vantaggi.
     5. Conclusioni – Nel passaggio dalla fiat money come mezzo privilegiato
quando non unico di adempimento delle obbligazioni pecuniarie
all’adozione crescente di sistemi di pagamento privati in grado di non essere
limitati a singoli contesti o territori, ma al contrario di avere carattere
potenzialmente universale, ben si coglie l’essenza globalizzante del periodo
in cui viviamo.
     D’altro canto, l’idea di favorire in ogni modo la digitalizzazione dei
pagamenti, anche coinvolgendo soggetti privati, è insita nella normativa
europea di riferimento (in particolare, nella PSD2). Il pagamento digitale
presenta infatti i vantaggi della accessibilità, basandosi su strumenti
largamente diffusi quali il telefono cellulare, della sicurezza e, come si è
detto, della tracciabilità. Inoltre, favorendo gli acquisti d’impeto, come del
resto in tempi più remoti la carta di credito 61 contribuisce alla circolazione
del denaro in ottica consumistica, tanto più ricercata in un contesto oramai
da molti anni tendenzialmente deflattivo.
     Accanto a questi indubbi vantaggi, non sono mancate voci discordi, che
temono l’avvento della cashless society come un vero e proprio attentato alla
libertà individuale. Paradossalmente, uno di coloro che più si sono spesi nel
paventare questo rischio è un banchiere, Scott A. Shay, che nel dicembre

    60 F. PASSACANTANDO, The Digital Euro: Challenges and Opportunities, in AA.VV., The (Near)

Future of Central Bank Digital Currencies, a c. N. Bilotta e F. Botti, Bern. 2021, p. 119 ss.; v.
anche P. SANZ BAYÓN, Euro Digital: context y perspectivas regulatorias, in Revista Alastria, 2020, p.
61 ss.
    61 G. RESTUCCIA, La carta di credito nell’ordinamento giuridico italiano e comunitario, Milano,

1999, p. 7 ss., sottolinea peraltro i rischi inflazionistici e per l’indebitamento dei consumatori
che sono favoriti dalla diffusione delle carte di credito.
del 2013, in una intervista alla CNBC 62 preconizza una sorta di orwelliano
sistema di controllo dei nostri comportamenti da parte dei governi.
    Nei poco più di sette anni trascorsi da tale intervista, abbiamo avuto
modo di constatare come siano in realtà gli enti privati, più che i governi, a
gestire dati su (tra l’altro) le abitudini di pagamento. Ma d’altro canto, come
già si accennava, la transizione verso una società totalmente digitalizzata,
nella quale anche i pagamenti avvengano esclusivamente in forma
elettronica, sembra non solo inevitabile, ma molto più vicina di quanto si
possa immaginare.

    62 https://www.cnbc.com/2013/12/12/cashless-society-a-huge-threat-to-our-

freedomcommentary.html
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