Museo della violenza - The Wall - Scuola Holden

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Museo della violenza - The Wall - Scuola Holden
Museo della violenza

Il Museo è un percorso esperienziale, volto a rendere consapevoli i visitatori delle varie
sfumature che può assumere la violenza. Quanto sappiamo degli stati emotivi che
precedono i comportamenti violenti? Quali parti del nostro corpo sono coinvolte?
Pensato per essere itinerante, il percorso si compone di cinque ambienti principali dove si
vivranno in prima persona le varie gradazioni della rabbia, emozione principale collegata
alla violenza: dal semplice fastidio fino alla vera e propria ira, passando per la frustrazione,
la crudeltà, la polemicità e il rancore. Ad esse si alterneranno tre stanze cuscinetto dove
verranno restituiti i numeri relativi ad episodi di violenze di vario tipo, nonché le storie ad
essi collegati.
L’esperienza completa è rivolta a un pubblico maggiorenne, mentre per le scolaresche
abbiamo pensato ad un percorso che tocca soltanto le parti informative.
Due delle dodici persone che costituiranno i gruppi visita saranno attori professionisti che
provvederanno a stimolare e controllare la temperatura emotiva.
Se pensi che tutto questo non abbia a che fare con te, vieni a trovarci. Non hai nulla da
temere, no?
Museo della violenza - The Wall - Scuola Holden
ANALISI

1. Perché:

È violento un attentato kamikaze, ma è violento anche tuo padre che ti costringe a studiare
ingegneria. È violento uno schiaffo, ma anche l’omissione di soccorso.
La violenza riguarda tutti, nessuno escluso.
Il museo vuole minare la convinzione delle persone che la violenza riguardi sempre
qualcun altro e intende farlo agendo su due livelli. Il primo è di tipo esperienziale, facendo
cioè provare la violenza in ogni sua sfumatura. Il secondo è divulgativo, perché i visitatori
escono con molte più informazioni di quando sono entrati.

2. Cosa:

Al contrario di esempi che trattano il tema in maniera tradizionale, coinvolgendo
passivamente l’audience (v. Museo della Tortura in Toscana e Museo del terrore a Praga), il
museo della violenza offre un percorso sensoriale ed esperienziale in cui lo spettatore si trova
prima a essere testimone, poi complice, vittima, e, infine, carnefice. Un viaggio che lo
conduce dalla dimensione dell’innocenza a quello della colpevolezza.

3. A chi è rivolto:

Abbiamo pensato due percorsi differenti per contenuto. Quello principale si rivolge ad un
target maggiorenne. I visitatori vengono suddivisi in gruppi composti da dodici persone,
comprensivi di due/tre attori che servono sia ad alzare che a controllare la temperatura
emotiva.

Il secondo, pensato per le scolaresche, si suddivide ulteriormente in un percorso di visita
adattato per i ragazzi ed uno pensato per dare ai professori degli strumenti didattici con cui
portare in classe alcuni meccanismi di violenza. Questo consentirebbe di sfruttare il c.d.
“effetto moltiplicatore” che il museo otterrebbe attraverso il passaparola tra classi e
insegnanti.

Questo obiettivo didattico mirato sarebbe concentrato nelle fasce orarie di minor afflusso.

La prenotazione per la visita avviene online, così da controllare assortimento delle comitive
e distribuzione orarie dei gruppi (passaggio fondamentale anche per poter attivare uno dei
meccanismi di ingaggio studiati appositamente per i visitatori).
4. Struttura:
L’idea è di creare un percorso basato su un numero preciso di moduli d’impatto,
intervallati da “stanze cuscinetto” più leggere. L’intensità dell’esperienza aumenta man
mano che il visitatore si avvicina alla fine del percorso.
Abbiamo pensato di situare il museo all’interno di grandi strutture già presenti nelle città di
approdo, modificando gli spazi in base alle esigenze (esempio: le OGR a Torino; gli ex-
depositi ATAC a Roma).

5. Il museo:

Il museo prevede una serie di meccanismi di ingaggio che cominciano non appena si arriva.
Un esempio: la lunga attesa per entrare unita all’intervento di alcuni attori che si mescolano
ai visitatori saltando la fila, contribuiranno a generare impazienza e nervosismo.

Una visita tipo si snoda attraverso cinque nuclei principali, intervallati dalle “stanze
cuscinetto”. L’intenzione è di far seguire all’azione un’escalation di stampo
drammaturgico. Per questo vorremmo instaurare una collaborazione con compagnie che
mettono in scena il “teatro dell’oppresso”.
Esempio dei nuclei principali (la teoria delle sfumature emotive si basa sugli studi del
dottor Ekman e della dottoressa Watt Smith):

   1. Fila (e bagni). Emozione di riferimento: fastidio.
       Già nella fase di accesso al museo, i visitatori verranno rallentati con varie scuse,
       esempio: problemi nell’iscrizione, problemi al museo, ecc.
       Sfruttando i nomi dei visitatori ottenuti in fase di registrazione online, scriveremo
       nei bagni alcuni insulti personali che avranno lo scopo di mantenere sempre alto il
       livello di irritazione delle persone.

   2. Stanza uno. Emozione di riferimento: frustazione/disagio.

       Lungo un corridoio vengono mostrate immagini di una parabola familiare : si parte
       dai momenti felici per arrivare a quelli di crisi. Alla fine del corridoio il visitatore
       assiste a una violenta lite tra i due attori protagonisti della vicenda narrata, mentre
       le pareti, che hanno un meccanismo mobile, iniziano a chiudersi alle sue spalle,
       costringendolo a passare tra i due performer e a procedere nell’ambiente
       successivo.

   3. Stanza due. Emozione di riferimento: crudeltà.
In un ambiente molto ampio si riprodurranno dei meccanismi tipici degli esperimenti
   sociali (v. esperimento di Milgram). Questo creerà meccanismi per cui chi non preme
   il bottone avrà reazioni verso chi lo preme e viceversa.

4. Stanza tre. Emozione di riferimento: rabbia/polemicità.
   Sulla scia di “the circle” i visitatori verranno informati che solo alcuni di loro
   potranno procedere. Sarà presente un tornello per il proseguimento del percorso con
   sopra un counter, accanto a lui ci sarà una porta su cui è indicata l’uscita (e il
   termine della visita). Per decidere chi deve proseguire, il gruppo si selezionerà
   attraverso criteri casuali e quindi pregiudizievoli, creando astio tra chi procede e chi
   esce. (Immaginiamo anche che qualche momento dopo il bloccaggio del tornello si
   aprirà un altro posto e qualcuno ci vada suscitando le reazioni del suo gruppo).

5. Stanza quattro. Emozione di riferimento: irritazione/rancore.
   Entrambi i gruppi si trovano in due passaggi paralleli. Il gruppo “escluso” avrà
   riportati su uno schermo i commenti di derisione del gruppo del tornello.
   Al gruppo “passato” verrà annunciata a sua volta l’uscita dal museo perché
   attraverso una scelta egoista ha escluso gli altri. Nel suo schermo verranno riportati
   commenti di arrabbiatura da parte degli esclusi.

6. Reunion (escalation violenza). Emozione di riferimento: ira/vendicatività.

   I due gruppi divisi si rincontrano nell’ultimo modulo. Prima di terminare l’esperienza
   lo spettatore sarà portato dalla temperatura elevata, dalla vicinanza con gli altri
   visitatori e dalle istigazioni degli attori infiltrati nei gruppi (che possono essere i
   primi a beccarsi verbalmente e non) a reagire con violenza.

7. Stanza di decompressione
   Una volta ottenuto l’effetto desiderato, la comitiva si dirigerà verso l’ultima stanza.
   Il gruppo verrà fatto sedere e verrà distribuita ad ognuno dei visitatori una foto che
   li ritrae (singolarmente) in un momento di rabbia. Si inviteranno le persone a
   riflettere, in silenzio, sull’esperienza appena trascorsa e ognuno sarà libero di uscire
   e terminare la visita appena se la sente.
6. Stanze cuscinetto (di passaggio tra un modulo e l’altro) e esperienze durante il
percorso.

Negli spazi di passaggio, invece, il visitatore ha a che fare con un counter che riporta in
tempo reale il numero di violenze che avvengono su scala mondiale durante la visita,
elaborate grazie ai dati raccolti da osservatori specifici.

Partnership con associazioni che assistono vittime di violenza forniranno, attraverso
testimonianze reali, un bacino di storie vere su cui sviluppare nuovi nuclei narrativi del
museo. In questo modo il museo diventa un megafono nelle mani delle vittime che, fornendo
le loro esperienze personali, aiutano a informare e fare prevenzione.

Due attori del teatro dell’oppresso infiltrati nel gruppo, sono chiamati, di stanza in stanza, a
dare origine a un conflitto che inizia nel primo ambiente fino a deflagrare nell’ultimo.

Siamo arrivati alla fine. I quindici visitatori si ritrovano in una comune sala d’attesa. Una
delle pareti della sala è uno specchio semiriflettente (tipo la stanza degli interrogatori nei
film americani)

Finita la performance comparirà su uno schermo la statistica di quanti visitatori avranno
effettivamente schiacciato il bottone di aiuto.

7. Possibili interlocutori

    -   Vastari: piattaforma web che mette in contatto collezionisti, curatori e musei.
        Puntano molto sulle mostre itineranti (attualmente si occupano solo di opere
        d’arte, ma chissà…)
        https://www.vastari.com/
    -   ParteciParte (http://www.parteciparte.com/it/rete/): rientra nei gruppi del Teatro
        dell’oppresso e negli anni hanno collaborato con:
        ActionAid
        BeFree Cooperativa

        C.A.DO.M. Centro Aiuto Donne Maltrattate

        CeSPI – Centro Studi di Politica Internazionale
        CIES – Centro di Informazione e Educazione allo Sviluppo
        CIRPS – Centro Interuniversitario di Ricerca per lo Sviluppo sostenibile
        CISP – Comitato Internazionale per lo sviluppo dei Popoli
        Dedalus Cooperativa (questa potrebbe essere utile per il reclutamento di gente in loco)
        Dipartimento Filosofia, Comunicazione e Spettacolo dell’Università Roma Tre

        Dipartimento di Studi di Genere, London School of Economics and Political Science
        Donne in Genere – Centro Donna L.I.S.A.
EIGE – Istituto Europeo per l’Uguaglianza di Genere
FAO – Food and Agriculture Organization
NoiNo.org

Nuovo Maschile – Uomini liberi dalla violenza
Save the Children

WFP – World Food Programme
WICAS Lutheran World Federation

Altri interlocutori potrebbero essere le ONG e istituzioni internazionali, ma anche
associazioni grandi che si occupano di violenza (che potrebbero servirci per
reperire le storie vere). Ad esempio Emergency.
Molte associazioni e organizzazioni si rifanno ai Comuni stessi o alle Regioni.

   -   Fondazione del monte di Bologna e Ravenna: fondazione bancaria che
       si occupa già di progetti per il sociale e il patrimonio culturale.
       https://www.fondazionedelmonte.it/category/sociale/
   -   BNL, San Paolo e banche varie: finanziano spesso attività culturali
   -   Fondazione Cariplo: sta in mezzo a tutti gli eventi culturali grandi d’Italia.
   -   Fondazione CRT
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