"Murders, Mysteries, Names" - Nicoletta Brazzelli Beryl Bainbridge e la riscrittura della Storia fra parodia postmoderna e prospettive femminili

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Nicoletta Brazzelli

“Murders, Mysteries, Names”

        Beryl Bainbridge e la riscrittura
   della Storia fra parodia postmoderna
                  e prospettive femminili
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                   (06) 93781065

              ISBN   978–88–548–2531–4

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               I edizione: aprile 2009
Indice

Premessa                                                  9

Capitolo I
“In pursuit of the past”: Storia, narrazione, immaginazione
   1.1. Beryl Bainbridge e la riscrittura della Storia    13
   1.2. Il postmodernismo fra esperienza e racconto       22
   1.3. Destini individuali e responsabilità collettive   25

Capitolo II
“A passage to England”: il giovane Hitler a Liverpool
  2.1. La formazione di un dittatore                     31
  2.2. Variazioni sul tema                               36

Capitolo III
“Going South”: l’ultimo viaggio del capitano Scott
  3.1. Ragazzi del compleanno o eroi dei ghiacci?        41
  3.2. Rivelazioni di umanità                            47

Capitolo IV
“Death by water”: la catastrofe e la sopravvivenza
  4.1. Gli uomini vuoti del Titanic                      55
  4.2. Apocalisse nell’oceano Atlantico                  63

Capitolo V
“Pictures from a war”: la messinscena della Storia
   5.1. Un racconto a tre voci                           67
   5.2. Ombre di eroi                                    78

Appendice                                                87

Bibliografia                                             97

Indice dei nomi                                         105
10   Premessa
Premessa

Questo lavoro nasce dall’interesse per le problematiche connes-
se alla riscrittura della Storia nel romanzo inglese contempora-
neo, che ho sviluppato soprattutto in seguito all’attività didattica
svolta presso l’Università degli Studi di Milano nell’ambito del
corso di Letteratura Inglese per Scienze Storiche, tenuto da Car-
lo Pagetti, negli anni accademici 2002-2003 e 2004-2005, in cui
sono stati letti, tradotti e discussi brani tratti da due romanzi sto-
rici di Beryl Bainbridge, The Birthday Boys e Every Man for
Himself. Più recentemente, la partecipazione a una programma
di ricerca intitolato “Storia e narrazione”, coordinato da Maria-
luisa Bignami (Università degli Studi di Milano) mi ha permes-
so di prendere in considerazione da un punto di vista teorico e
metodologico i rapporti tra storia e narrazione, consentendomi
di riflettere in maniera più consapevole sulla dimensione narra-
tiva della riscrittura storica. Parte della mia attività di ricerca è
stata compiuta presso la Cambridge University Library e, per
quanto riguarda The Birthday Boys, presso lo Scott Polar Re-
search Institute di Cambridge.
    “Murders, mysteries, names”, la citazione che ho scelto co-
me titolo di questo studio su Beryl Bainbridge, è tratta da un
saggio recente della scrittrice inglese, “Made in England”, ela-
borato nell’ambito di un progetto dell’Arts Council, che compa-
re integralmente nell’Appendice. Bainbridge vi articola il suo
interesse verso il mondo al di fuori della sua città natale, Liver-
pool – pur sempre richiamata direttamente o indirettamente –
come un’esplorazione storica, che trae origine dalla curiosità
per i misteri di cui si nutrono le vicende che hanno segnato la
contemporaneità. Si tratta di enigmi spesso tragici, crudeli, vio-
lenti, di cui è possibile rintracciare l’attrazione esercitata su
Bainbridge da personaggi ed eventi che hanno acquisito, in mo-
di diversi, una dimensione simbolica. La scrittrice in più occa-
sioni ha messo in rilievo efficacemente – e ironicamente – il
rapporto tra la scrittura romanzesca e l’azione storica, con il suo
carattere imprevedibile, e nello stesso tempo, suscettibile di
10                            Premessa

molteplici interpretazioni e manipolazioni. In Bainbridge il pre-
sente proietta sempre memorie del passato, che però appaiono
per lo più distorte o alterate, come le lastre fotografiche che
compaiono in Master Georgie. Il discorso si carica anche di una
dimensione autobiografica e di una valenza teatrale: è come se
il passato, ripreso attraverso la scrittura, diventasse più “reale”
del presente, e nello stesso tempo ribadisse la propria lontanan-
za, in quanto messinscena calcolata, ricostruzione sempre sog-
gettiva e parziale di avvenimenti, in cui i dettagli sviluppano le
movenze di un racconto ora ironico ora satirico, volutamente
inaffidabile eppure necessario per scavare i resti di una memo-
ria che è già stata riadattata in primo luogo dagli storici di pro-
fessione.
    Bainbridge ha comunque ribadito anche recentemente, in un
intervento sul Guardian (17 febbraio 2009), la sua convinzione
che il romanziere deve avvalersi di scrupolosi dettagli docu-
mentari, pur conservando la libertà di inventare i suoi personag-
gi: “In writing a fictional account of a real-life event it is impor-
tant to get the historical facts right, even though the characters
can be drawn from the imagination”. La ricostruzione storica si
configura come una meticolosa e non banale ricerca delle fonti,
per quanto sempre accompagnata dall’estro creativo e dalle re-
miniscenze autobiografiche dell’artista.
    In particolare, la ripresa di alcuni episodi tragici della storia
britannica dal periodo vittoriano al primo Novecento, su cui si
concentrerà la mia analisi, consente all’autrice di riflettere sulla
problematicità del presente e sui valori della Englishness alla
fine del XX secolo, attraverso l’elaborazione di strutture narra-
tive che si ispirano alle tecniche del postmodernismo e mettono
in primo piano il discorso del gender. Gli avvenimenti scelti da
Bainbridge hanno senza dubbio una “national relevance” e una
consolidata notorietà nell’ambito della storia inglese; tuttavia il
loro trattamento non ha nulla di nazionalistico e di epico; piut-
tosto che i dettagli storici di per sé, sono le relazioni fra i perso-
naggi, la loro ambiguità, ad attirare, in vario modo, l’attenzione
della scrittrice. Il significato storico di un evento viene per così
dire sovrastato dalle considerazioni sulla condizione umana –
Premessa                           11

complicata, incompleta, frammentata e confusa – dei personag-
gi che vi partecipano o che lo determinano. D’altra parte,
l’“umanità” non è da intendersi in senso lato, ma riferita princi-
palmente al mondo femminile, privato di una Storia raccontata
di solito al maschile, in cui le donne sono relegate in secondo
piano. Con la sua rappresentazione beffarda, che finisce per so-
stituire al fasullo eroismo maschile l’universo assai più com-
plesso costituito dalla presenza/assenza femminile sul palcosce-
nico della Storia, Bainbridge destabilizza il romanzo storico, ma
anche qualsiasi consolidata prospettiva contemporanea che vo-
glia porsi come semplicistica alternativa a esso. Allo stesso mo-
do, Bainbridge ribadisce la centralità della Gran Bretagna e di
Liverpool, la città in cui è nata e vissuta.
    La fortuna di Beryl Bainbridge in Italia è stata decisamente
limitata; per quanto alcuni dei suoi romanzi siano stati tradotti
in italiano, non è mai apparso nessuno studio critico di una certa
ampiezza sulla scrittrice. Nel mondo anglosassone Bainbridge
ha riscosso un costante successo di pubblico, ha ricevuto impor-
tanti premi letterari, ma è stata comunque quasi ignorata dal-
l’ambiente accademico, se si escludono un volume pubblicato
qualche anno fa dalla studiosa svedese Elizabeth Wennö e la
recente comparsa di Understanding Beryl Bainbridge di Brett
Josef Grubisic, in una collana della University of South Caroli-
na Press dedicata agli scrittori contemporanei, che costituisce
una guida alla lettura delle opere della scrittrice sicuramente at-
tenta.
    Attrice teatrale prima, autrice ironica e corrosiva poi, Bain-
bridge si è costruita un percorso narrativo che, dalla ricostruzio-
ne autobiografica e dal black humour di certe aspre rivisitazioni
della Liverpool del secondo dopoguerra, è passato al romanzo
storico, senza trascurare qualche excursus nel campo della sto-
ria della letteratura, ed è divenuta una figura di spicco nel pano-
rama intellettuale inglese contemporaneo.
12                           Premessa

    Desidero ringraziare, oltre ai docenti anglisti dell’Università
di Milano già menzionati, Francesco Marroni, per avermi inco-
raggiato lungo il percorso, offrendomi la possibilità di inserire il
volume nella collana “Studi di Anglistica”. I miei ringraziamen-
ti vanno anche a Guglielmo Scaramellini, i cui insegnamenti
geografici rimangono fondamentali nella mia attività di ricerca,
e a Lidia De Michelis, che, facendomi conoscere nuovi autori e
nuovi testi, mi ha permesso di ampliare i miei interessi intellet-
tuali.
Capitolo I

                   “In pursuit of the past”:
              Storia, narrazione, immaginazione

1.1. Beryl Bainbridge e la riscrittura della Storia

Beryl Bainbridge è approdata al romanzo storico, o, meglio, alla
rivisitazione di alcuni eventi ed episodi storici attraverso la nar-
razione romanzesca, solo nella fase matura della sua carriera di
scrittrice. Nata a Liverpool nel 1934, Bainbridge si è imposta a
partire dagli anni Settanta del Novecento come autrice di ro-
manzi incentrati sulla vita della provincia inglese del secondo
dopoguerra. Lo sviluppo di trame intrise di violenza e di brutali-
tà, la creazione di figure femminili trasgressive e senza scrupoli
morali, il ricorso a epiloghi macabri e sconvolgenti caratteriz-
zano le prime opere narrative di Bainbridge, per lo più ambien-
tate nella Liverpool postbellica, un luogo famigliare, squallido e
impoverito dalla guerra, anche perché stravolto dai bombarda-
menti aerei tedeschi1.

   1
      Si riporta di seguito l’elenco delle opere narrative di Beryl Bainbridge,
con la casa editrice e la data della prima edizione (sono esclusi saggi e arti-
coli): A Weekend with Claud, London, Hutchinson, 1967; Another Part of the
Wood, London, Hutchinson, 1968; Harriet Said, London, Duckworth, 1972;
Sweet William, London, Duckworth, 1973; The Dressmaker, London,
Duckworth, 1973; The Bottle Factory Outing, London, Duckworth, 1974; A
Quiet Life, London, Duckworth, 1976; Injury Time, London, Duckworth,
1977; Young Adolf, London, Duckworth, 1978; Winter Garden, London,
Duckworth, 1980; English Journey, London, Duckworth, 1984; Watson’s
Apology, London, Duckworth, 1984; Forever England, London, Duckworth,
1985; Mum and Mr Armitage, London, Duckworth, 1985; Filthy Lucre, or
The Tragedy of Andrew Ledwhistle and Richard Soleway, London,
Duckworth, 1986; An Awfully Big Adventure, London, Duckworth, 1989; The
Birthday Boys, London, Duckworth, 1991; Something Happened Yesterday,
London, Duckworth, 1993; Collected Stories, London, Duckworth, 1994;
Every Man For Himself, London, Duckworth, 1996; Master Georgie, London,
14                                Capitolo I

    Come ha più volte sottolineato nel corso delle interviste rila-
sciate negli ultimi anni, la scrittrice ha tratto ispirazione per i
primi romanzi soprattutto dalle complicate vicende famigliari
vissute in prima persona, nell’infanzia difficile e ribelle, intro-
ducendo nei suoi testi da una parte personaggi femminili che
rifiutano i valori tradizionali della famiglia e ricercano altre vie,
spesso discutibili o degradanti, per emanciparsi; dall’altra, varie
rielaborazioni della figura paterna, intesa come espressione di
un’autorità ormai vacillante o in crisi2.
    Se le opere iniziali, pubblicate tra il principio degli anni Set-
tanta e la fine degli anni Ottanta del Novecento, sono fonda-
mentalmente di carattere autobiografico, esse presentano tutta-
via una struttura narrativa piuttosto ricercata e comprendono al-
cune variazioni di genere: se la componente psicologica risulta
in primo piano, gli elementi del gotico si mescolano agli espe-
dienti del thriller, oltre che ad aspetti della black comedy. Se-
condo Elizabeth Wennö, il cui studio si riferisce appunto alla
prima fase della produzione di Bainbridge, la scrittrice inglese,
attraverso l’impiego di un’aspra tonalità ironica, riesce a ridurre
l’estrema complessità delle situazioni rappresentate a una appa-
rente semplicità3.

Duckworth, 1998; According to Queeney, London, Little, Brown, 2001; Front
Row: Evenings at the Theatre, London, Continuum International, 2005.
     2
       Per un recente profilo bio-bibliografico di Beryl Bainbridge, si veda
C.M. Jagodzinski, “Beryl Bainbridge”, in M. Mosley (ed.), Dictionary of Lite-
rary Biography. Vol. 231: British Novelists since 1960, Detroit - London, The
Gale Group, 2001, pp. 15-30. Nell’intervista di S. Guppy, “The Art of Fiction:
CLXIV, Beryl Bainbridge”, Paris Review, vol. 157, 2000-2001, pp. 243-268,
la scrittrice precisa come all’inizio della sua attività narrativa la convinzione
più salda fosse quella di attenersi all’ambiente e alle situazioni conosciute,
ossia “stick to what you know, to your own life” (p. 256), secondo una conce-
zione fondamentalmente realistica, tuttavia subito deformata dall’utilizzo della
parodia e del grottesco.
     3
       Si veda E. Wennö, Ironic Formula in the Novels of Beryl Bainbridge,
Göteborg, Acta Universitatis Gothoburgensis, 1993. Il lavoro, essendo stato
pubblicato nel 1993, esclude tutta la produzione della scrittrice dall’inizio de-
gli anni Novanta in poi, e quindi i romanzi di carattere storico (ad eccezione di
Young Adolf). A lungo quella di Wennö è stata l’unica monografia disponibile
“In pursuit of the past”                            15

    Harriet Said, il primo romanzo, scritto alla fine degli anni
’50, ma pubblicato solo nel 1972 per le sue implicazioni scan-
dalose, ha come protagoniste due tredicenni che cercano di se-
durre un uomo di mezza età e commettono un delitto efferato.
La ricostruzione degli eventi è resa ambigua dall’uso del punto
di vista di un personaggio che si presenta come succuba
dell’altra figura femminile, alle cui istigazioni (“Harriet said”,
appunto) attribuisce la responsabilità delle azioni feroci da lei
compiute. Si afferma così, subito, la figura del “narratore inaffi-
dabile”, che è una costante del discorso narrativo di Bainbridge.
    An Awfully Big Adventure, uscito nel 1989, costituisce una
svolta nella produzione di Bainbridge: il percorso formativo di
un’aspirante attrice, che approda a una relazione incestuosa dal-
le conseguenze disastrose, offre l’occasione di affiancare al-
l’ambientazione realistica l’ambigua dimensione teatrale4.
    La scrittrice, prima di dedicarsi alla narrativa, ha recitato per
diversi anni a teatro, e la passata attività di attrice esercita senza
dubbio un’influenza notevole sui suoi romanzi, a partire dal-
l’estrema attenzione per la parola e per i dialoghi. Anche la
struttura dei testi, suddivisi in capitoli brevi che assomigliano
ad atti teatrali, e l’interesse per la descrizione del setting e dei
movimenti dei personaggi nello spazio, sono senz’altro legati
all’esperienza della recitazione e alla conoscenza del mondo te-
atrale5.

su Bainbridge, fino alla recente pubblicazione di B.J. Grubisic, Understanding
Beryl Bainbridge, Columbia, University of South Carolina Press, 2008.
     4
       Harriet Said e An Awfully Big Adventure sono stati tradotti in italiano
presso Anabasi (Milano), rispettivamente nel 1993, con il titolo Lo dice Har-
riet, e nel 1995, con il titolo Un’avventura terribilmente complicata.
     5
       Bainbridge si è anche cimentata in alcune sceneggiature televisive e in
adattamenti delle sue opere narrative per la radio e la televisione, oltre ad ave-
re sviluppato diverse collaborazioni giornalistiche. Tra le sceneggiature, pro-
dotte dalla BBC, si ricordano: Tiptoe through the Tulips, 1976; Blue Skies
from Now On, 1977; It’s a Lovely Day Tomorrow, 1977; The Warrior’s Re-
turn, 1977; Sweet William, 1979; Words Fail Me, 1979; The Journal of
Bridget Hitler, 1980; A Quiet Life, 1980; Somewhere More Central, 1981;
Evensong, 1986.
16                                Capitolo I

    Nonostante la scarsa considerazione accademica, forse da
mettere in relazione con il presunto “provincialismo” di un’au-
trice che sembra preferire Liverpool alla scena di Londra6, oltre
che con una certa eccentricità di comportamenti, Bainbridge ha
ricevuto importanti riconoscimenti letterari a livello internazio-
nale nella seconda fase della sua carriera7. Meticolosa cronista
della vita quotidiana di provincia e di ambienti popolari spesso
violenti e degradati, nei quali si rivelano le difficoltà delle rela-
zioni interpersonali ed emerge, da parte dei personaggi femmi-
nili, la ricerca di amore e comprensione quale estremo tentativo
di affermazione in un mondo instabile e caotico8, Bainbridge
sposta poi la sua attenzione verso gli scenari più movimentati
della vita teatrale e della rievocazione storica.
    A partire dal già citato An Awfully Big Adventure Bainbridge
incomincia a manifestare interesse per la rappresentazione degli
spazi alternativi del teatro e della fantasia; il riferimento al Pe-
ter Pan si rivela fondamentale nella sua ispirazione9. La tensio-
ne tra il rifiuto della storicità e del mondo adulto, che è centrale

     6
       Si veda H. Carr, “‘Unhomely Moments’: The Fictions of Beryl Bain-
bridge”, in M. Murphy - D.R. Jones (eds.), Writing Liverpool. Essays and In-
terviews, Liverpool, Liverpool University Press, 2007, pp. 72-87.
     7
       Quanto ai premi letterari ottenuti, si segnalano: Whitbread Novel Award
(1996) per Every Man For Himself; James Tait Black Memorial Prize (1998)
per Master Georgie; Commonwealth Writers Prize (1999) per Master Geor-
gie; WH Smith Literary Award (1999) per Master Georgie. Si possono reperi-
re informazioni biografiche e bibliografiche su Beryl Bainbridge all’indirizzo
http://www.contemporarywriters.com/authors/? p=auth10. Inoltre è possibile
accedere a quattro interviste rilasciate da Bainbridge, attraverso il sito della
BBC, su vari temi: si veda http://www.bbc.co.uk/bbcfour/ audiointer-
views/profilepages /bainbridgeb1.shtl. Altri commenti e materiali utili per lo
studio delle opere di Bainbridge sono le recensioni, apparse su giornali e rivi-
ste, relative ai suoi romanzi.
     8
       Cfr. D. Punter, The Hidden Script. Writing and the Unconscious, London
- Boston, Routledge and Kegan Paul, 1985, in particolare il capitolo “Beryl
Bainbridge: the new psychopathia”, pp. 59-77.
     9
       Cfr. J.M. Barrie, Peter Pan in Kensington Gardens. Peter and Wendy,
Oxford, Oxford University Press, 1999 [1906, 1911]. Il titolo del romanzo di
Bainbridge è una citazione diretta dal play di Barrie (nell’edizione indicata, p.
152).
“In pursuit of the past”             17

nella nostalgica evocazione barriana della Never-Never Land, e
il confronto ineludibile con le condizioni storiche, di cui le don-
ne sono spesso le vittime più dirette, finisce per modellare l’esi-
stenza di molti personaggi di Bainbridge, conferendo ad essi
una drammaticità che va al di là della pura condanna moralistica
nei loro confronti.
    Ad ogni modo, la Storia si dimostra in misura sempre mag-
giore un polo di attrazione decisivo per Beryl Bainbridge, tanto
da diventare il motore della sua narrativa: secondo quanto ha
affermato la scrittrice stessa, il suo interesse principale è rivolto
alle due guerre mondiali, che hanno trasformato il mondo, visto
che “nothing was the same after 1918” e che “what happened to
the Jews changed me forever”10.
    È proprio la fascinazione per i processi storici che distingue
Bainbridge da altre scrittrici inglesi della seconda metà del No-
vecento, collocabili nell’ambito di una più decisa sperimenta-
zione postmoderna (Angela Carter) e di una più deliberata vo-
cazione satirica femminista (Fay Weldon).
    Il primo esperimento nell’ambito della riscrittura della Sto-
ria, in effetti, si verifica già nel 1978, con la pubblicazione di
Young Adolf, che ricostruisce un presunto viaggio a Liverpool
compiuto nel 1912 dal giovane Hitler, e rappresenta il breve
soggiorno inglese del futuro Führer in chiave comico-grottesca.
Il romanzo inaugura l’atteggiamento di beffarda curiosità di
Bainbridge per lo scenario storico precedente la Grande Guerra,
ed esprime una notevole ambizione da parte dell’autrice, che
non esita a giocare con un personaggio storico così difficilmen-
te ricostruibile o “giustificabile” come Hitler.
    D’altra parte, il 1912, in particolare, appare, nella prospetti-
va di Bainbridge, un anno cruciale, in quanto esso rappresenta il
tramonto definitivo del mondo ottocentesco e delle ambizioni
imperiali vittoriane, che tramontano insieme agli eroi che le in-
carnano. Nei suoi romanzi pubblicati negli anni Novanta, la
scrittrice inglese riprende due eventi tragici, subito entrati a far
parte dell’immaginario collettivo, verificatisi proprio in
   10
        S. Guppy, op. cit., p. 261 e p. 258.
18                               Capitolo I

quell’anno. Infatti The Birthday Boys (1991) ricostruisce il
viaggio fatale di Scott e dei suoi compagni al Polo Sud, conclu-
sosi con la morte fra i ghiacci antartici alla fine di marzo, men-
tre Every Man for Himself (1996) raffigura l’affondamento del
Titanic durante il viaggio inaugurale dall’Inghilterra agli Stati
Uniti, nella notte tra il 14 e il 15 aprile, a un mese dalla scom-
parsa di Scott e dei suoi uomini.
    Il fallimento dell’impresa del capitano Scott, che non solo
non riesce a raggiungere il Polo Sud per primo, essendo prece-
duto da Amundsen, ma muore sulla via del ritorno, in seguito
all’esaurimento delle provviste, allo sfinimento fisico e all’in-
clemenza del tempo, e la scomparsa tra i flutti del transalantico
più poderoso mai realizzato, il gioiello della tecnologia navale
britannica, dopo la collisione con un iceberg nell’oceano Atlan-
tico, segnano la fine della belle époque edoardiana, mettendo in
crisi i sogni imperiali e distruggendo le certezze della superiori-
tà industriale e tecnologica della Marina di Sua Maestà11.
    In un certo senso, i due eventi preannunciano le catastrofi
che di lì a poco si abbatteranno sulla Gran Bretagna e su tutta
l’Europa. L’età edoardiana, apertasi con la controversa guerra
anglo-boera, è un’epoca caratterizzata dallo scontro tra il vec-
chio mondo e le nuove istanze di cambiamento, in cui le sicu-
rezze vittoriane vengono meno di fronte alle sfide della demo-
craticizzazione, della modernizzazione e della tecnologia12. Ep-
pure, il periodo che precede lo scoppio della prima guerra mon-
diale, con il declino inarrestabile degli imperi e delle loro ideo-

     11
       Per quanto il Titanic sia evidentemente una “private enterprise”, esso
rinvia a una serie di valori nazionali. Quanto alla spedizione di Scott, essa è
patrocinata dalla National Geographic Society e viene seguita con entusiasmo
e partecipazione dall’opinione pubblica inglese.
    12
       Cfr. D. Powell, The Edwardian Crisis. Britain 1901-14, London, Mac-
millan, 1996 e D. Read (ed.), Edwardian England, London - Canberra, Croom
Helm, 1982, specialmente pp. 14-39. Si veda anche S. Kern, The Culture of
Time and Space 1880-1918, Cambridge, MA - London, Harvard University
Press, 1983. Kern, in particolare, mette in evidenza come i cambiamenti tec-
nologici verificatisi all’epoca modifichino radicalmente il modo di percepire
lo spazio e il tempo.
“In pursuit of the past”                            19

logie, è pur sempre un’età di tranquillità e di innocenza, non an-
cora macchiata dal sangue e dagli orrori della Grande Guerra.
    Adottata una prospettiva femminile, Bainbridge procede alla
riscrittura romanzata di due disastri emblematici della storia in-
glese del Novecento, e decostruisce gli eroi nazionali come
Scott, enfatizzando le loro debolezze e le loro paure. Alternando
personaggi autentici a figure immaginarie, mescolando dettagli
storici con particolari di pura invenzione, inserendo allusioni a
volte enigmatiche che rinviano alla contemporaneità, la scrittri-
ce crea molteplici prospettive per i suoi lettori, manipolando i
fatti secondo le tecniche del postmoderno13. Bainbridge stessa
individua un filo che unisce i suoi romanzi, e che trae origine
dal ruolo, nell’età edoardiana di J.M. Barrie, il creatore di Peter
Pan e amico personale di Scott:

   Researching Barrie I discovered that he had been a great friend of
   Captain Scott, the Antarctic explorer. I thought what a strange couple,
   but of course, the idea of lost boys in never-never land leads logically
   (to my mind) to my next book, The Birthday Boys. And that led to the
   Titanic14.

D’altra parte, lo stesso Barrie appare come una figura non priva
di interesse: un piccolo (anche fisicamente) provinciale scozze-
se, attaccato morbosamente alla madre, egli ottiene un clamoro-
so successo a Londra, e, dopo il fallimento del suo matrimonio,
contrae un legame affettivo ai limiti della morbosità con Sylvia

    13
       Sul postmoderno, la cui definizione problematica non può essere ogget-
to di riflessione in questa sede, si vedano: L. Hutcheon, A Poetics of Postmo-
dernism. History, Theory, Fiction, London, Routledge,1988; D. Harvey, The
Condition of Postmodernity. An Enquiry into the Origin of Cultural Change,
Oxford, Blackwell, 1990. Inoltre F. Jameson, Postmodernism, or, the Cultural
Logic of Late Capitalism, London - New York, Verso, 1991 e F. Jameson, The
Cultural Turn: Selected Writings on the Postmodern: 1983-1998, London -
New York, Verso, 1998. Occorre anche ricordare R. Ceserani, Raccontare il
postmoderno, Torino, Bollati Boringhieri, 1997.
    14
       S. Guppy, op. cit., p. 260.
20                                 Capitolo I

Llewellyn-Davies e con i suoi quattro figli, che diventano i mo-
delli dei “lost boys” della Never-Never Land15.
    L’interesse per la ricostruzione della Storia prosegue anche
in seguito, quando Bainbridge rivolge l’attenzione ad altri even-
ti. Master Georgie, un romanzo del 1998, è ambientato tra Li-
verpool e Sebastopoli durante la sanguinosa guerra di Crimea,
che si trascina dal 1853 al 1856. According to Queeney, pubbli-
cato nel 2001, si spinge più indietro nel tempo, nella seconda
metà del Settecento, per esplorare gli ultimi anni di vita del Dot-
tor Johnson, e indagare la sua relazione con la più giovane E-
sther Thrale, attraverso gli occhi di Queeney, la figlia di lei.
Come in Orlando (1928) di Virginia Woolf, Storia e storia della
letteratura si incrociano e si mescolano.
    Anche la nascita di Master Georgie viene spiegata dettaglia-
tamente dalla scrittrice, che individua nella visione casuale di
una fotografia della città di Sebastopoli, pubblicata sul Times
all’inizio degli anni Novanta del Novecento, in occasione
dell’apertura della città al pubblico, dopo un lungo periodo di
inaccessibilità, il momento preciso in cui si manifesta la sua cu-
riosità nei confronti della guerra di Crimea:

     There was a photograph with the article, showing high-rise blocks,
     and I thought, All those buildings were built on bones. All I knew
     about Crimea was Tennyson’s poem “Into the Valley of Death rode
     six hundreds...” I couldn’t think of a plot. So again I went to the Lon-
     don Library and looked up the Times for 184616.

In effetti, dalla consultazione di un numero del Times del 1846,
Bainbridge ricava una notizia, quella della morte di un “Oxford
don” in un bordello, che all’epoca aveva sollevato un grande
scandalo. Sono proprio i fatti sconosciuti, e rielaborati con la
fantasia, a interessare la scrittrice, e a costituire il tessuto narra-
tivo della sua opera, mentre gli episodi più noti della guerra di

     15
       Cfr. J.M. Barrie, Peter e Wendy, traduzione di A. Strambo, a cura di C.
Pagetti, Pordenone, Edizioni Studio Tesi, 1991 (è particolarmente significati-
va in proposito l’introduzione di C. Pagetti).
    16
       Ibidem, p. 261.
“In pursuit of the past”                        21

Crimea, celebrati dalla tradizione patriottica britannica, come la
famosa carica della “Light Brigade” commemorata da Alfred
Tennyson, vengono espulsi dalla narrazione o menzionati sol-
tanto per la loro insensata brutalità.
    Bainbridge manifesta, nelle sue operazioni di riscrittura, lo
scetticismo femminile, se non femminista, verso ogni forma di
master narrative, ossia verso la rappresentazione della storia dal
punto di vista maschile: le donne, escluse per secoli dalle dina-
miche del potere, dalla possibilità di raccontare la loro versione
della Storia, acquisiscono la consapevolezza, nel corso del No-
vecento, e in maggior misura dagli anni Sessanta in poi, della
loro capacità di proporre nuove interpretazioni degli eventi17.
Nella sua polemica contro l’autorità maschile, la scrittrice af-
fronta i miti della storia britannica, conducendo un’esplorazio-
ne, basata sull’immaginazione, ma anche sulla ricerca delle fon-
ti, di eventi che sono diventati parte della memoria collettiva del
paese, cercando di cogliere al loro interno i presagi che annun-
ciano cambiamenti ancora più radicali e dolorosi, e valorizzan-
do la dimensione femminile del racconto.

   17
      Si veda D. Wallace, The Woman’s Historical Novel. British Women
Writers, 1900-2000, Basingstroke - New York, Palgrave - Macmillan, 2005,
pp. 176-201. Cfr. anche, per alcune considerazioni più generali, M. Bradbury,
The Modern British Novel, London, Penguin, 2001.
22                                Capitolo I

1.2. Il postmodernismo fra esperienza e racconto

Se ogni narrazione è una rielaborazione degli avvenimenti pas-
sati, nella prospettiva postmoderna, venuta meno la fiducia nella
conoscenza e nella possibilità di organizzare i fatti in forma or-
ganica e definitiva, il romanzo si configura come un modo,
provvisorio e privo di ogni pretesa di veridicità, di riscrivere il
passato e di riflettere criticamente su di esso18. La narrazione
storica postmoderna mette in primo piano la frantumazione
dell’esperienza, offrendo una rappresentazione degli avveni-
menti da una molteplicità di punti di vista diversi, con l’inclu-
sione delle prospettive marginali, degli sguardi periferici19.
Dunque, il racconto è caratterizzato da una fondamentale di-
scontinuità e si presenta come inaffidabile, soprattutto quando
fa la sua comparsa un io narrante, appunto “unreliable”, incapa-
ce di offrire una versione unica e incontrovertibile dei fatti.
    In questo senso, Bainbridge si inserisce nella narrativa stori-
ca postmoderna in cui l’autore e il lettore si collocano consape-
volmente all’interno di una costruzione problematica, talvolta
esplicitamente menzognera20. Linda Hutcheon, in particolare, ha
concettualizzato questa prospettiva parlando di “historiographic
metafiction”21: la distinzione tra discorso storico e invenzione

     18
       Cfr. S. Connor, The English Novel in History, 1950-1995, London,
Routledge, 1996, p. 3.
    19
       Si veda H. Bertens, The Idea of the Postmodern. A History, London -
New York, Routledge, 1995, pp. 3-19. Per il rapporto tra intertestualità, po-
stmodernismo e recupero della storia cfr. anche G. Allen, Intertextuality, Lon-
don - New York, Routledge, 2000, pp. 181-199.
    20
        Cfr. A. Heilmann - M. Llewellyn, “Historical Fictions: Women
Re(Writing) and Re(Reading) History”, Women: A Cultural Review, vol. 15,
n. 2, July 2004, p. 142. Si veda anche E. Wesseling, Writing History as a
Prophet: Postmodernist Innovations of the Historical Novel, Amsterdam -
Philadelphia, J. Benjamin, 1991, pp. 1-16. Sul romanzo storico postmoderno,
in particolare sulle relazioni tra storiografia e narrazione romanzesca, si veda
inoltre A.J. Elias, Sublime Desire. History and Post-1960s Fiction, Baltimore
- London, The John Hopkins University Press, 2001.
    21
       L. Hutcheon, The Politics of Postmodernism, London - New York,
Routledge, 1989.
“In pursuit of the past”                         23

letteraria viene meno, mentre è la dimensione narrativa a confe-
rire significato ai documenti storici; infatti, la specificità dei
singoli eventi del passato viene trasmessa attraverso i testi nar-
rativi, che seguono determinate convenzioni di genere ovvero,
nella decostruzione postmoderna, la mettono in discussione. Per
Hutcheon la fiction di carattere storico costituisce la forma es-
senziale del postmodernismo; in particolare, per le scrittrici essa
ha una forte valenza “politica”, in quanto permette di stabilire il
loro ruolo determinante in un ambito tradizionalmente maschile,
fosse solo attraverso la presenza fantasmatica delle figure fem-
minili, come avviene spesso in Beryl Bainbridge.
    All’inizio degli anni Settanta del Novecento, Hayden White
ha introdotto il concetto di “metahistory”: gli eventi non parlano
mai da soli, ma devono essere narrati e organizzati in una strut-
tura discorsiva; dunque, lo storico, proprio come il narratore, si
serve di espediente retorici, di modelli immaginativi22. È pro-
prio attraverso la “historical imagination” che si cerca di stabili-
re una continuità con il passato, indagandone il senso nel pre-
sente23: la “metafiction” storica si interroga sullo stato ontologi-
co della rappresentazione della Storia, attraverso la frammenta-
zione testuale e la molteplicità dei punti di vista, che ne ribadi-
scono il carattere artificioso e provvisorio.
    Nel dibattito sulla natura della narrazione storica occupa un
ruolo di primo piano Paul Ricoeur, che ha riflettuto sulla linea
sottile e impercettibile che separa romanzo e storiografia, sotto-
lineando il fatto che entrambi producono “emplotted stories”.

   22
        Si veda H. White, Metahistory: the Historical Imagination in Nine-
teenth-Century Europe, Baltimore, John Hopkins University Press, 1973; inol-
tre, in italiano, H. White, Storia e narrazione, traduzione e cura di Daniela
Carpi, Ravenna, Longo Editore, 1999. Su White, cfr. K. Korhonen (ed.),
Tropes of the Past. Hayden White and the History/Literature Debate, Amster-
dam - New York, Rodopi, 2006, pp. 11-14.
     23
        Cfr. F. M. Holmes, The Historical Imagination: Postmodernism and the
Treatment of the Past in Contemporary British Fiction, University of Victoria,
English Literary Studies, 1997. Si veda inoltre L. Anderson (ed.), Plotting
Change. Contemporary Women’s Fiction, London - Melbourne, Edward Ar-
nold, 1990, pp. 129-141.
24                                Capitolo I

Secondo Ricoeur, sia il romanzo che la narrazione degli eventi
del passato appartengono alla categoria del discorso simbolico e
condividono il loro “ultimate referent”, ossia l’esperienza uma-
na della temporalità24.
    La memoria individuale e la scrittura storica vengono in un
certo senso assimilate a un processo immaginativo da Bainbri-
dge, quando sostiene che “what we remember is probably
fiction anyway”25. Questa considerazione mette in evidenza il
carattere manipolabile del ricordo individuale e della memoria
storica, accanto alla varietà delle interpretazioni possibili a po-
steriori, che accentuano la “vulnerabilità” del passato26. Anche
la parodia, impiegata come rielaborazione critica, sia nella nar-
razione autobiografica che nella ricostruzione storica, è ampia-
mente presente nelle opere di Bainbridge: nella dimensione
femminile, infatti, la parodia consente di sviluppare una forte
differenziazione rispetto al discorso maschile dominante, e si
configura come una forma alternativa di scrittura27.
    Riflettendo sul rapporto tra esperienza autobiografica e fin-
zione narrativa, Bainbridge ha osservato, d’altronde, che rivol-
gere la propria attenzione agli eventi storici costituisce quasi
una necessità a mano a mano che gli episodi della vita si rare-
fanno e si corre il rischio di non avere più materiale sufficiente
per la produzione letteraria. Evidentemente un tocco di auto-
ironia modella anche questa affermazione:

     24
        I testi di riferimento sono: P. Ricoeur, Temps et Récit, Paris, Seuil,
1983-1985 e P. Ricoeur, La Mémoire, l’Histoire, l’Oubli, Paris, Seuil, 2000.
Particolarmente interessante il saggio di Hayden White su Paul Ricoeur “The
Metaphysics of Narrativity. Time and Symbol in Ricoeur’s Philosophy of His-
tory”, in D. Wood (ed.), On Paul Ricoeur. Narrative and Interpretation, Lon-
don - New York, Routledge, 1991, pp. 140-159 (da cui sono tratte le citazioni
nel testo).
    25
        S. Guppy, op. cit., p. 256.
    26
        Si veda M. Scanlan, Traces of Another Time: History and Politics in
Postwar British Fiction, Princeton, N.J., Princeton University Press, 1990, pp.
6-7.
    27
        Per una riflessione sulla parodia come rielaborazione critica, cfr. M.
Billi, Il testo riflesso: la parodia nel romanzo inglese, Napoli, Liguori, 1993.
“In pursuit of the past”                           25

    You grow old – and you write and you write and you write – and you
    don’t live any more. And that’s why in my later novels I had to turn to
    historical events and real-life subjects28.

La scrittice – ormai anziana – si presenta come una perfetta af-
fabulatrice, intenta a riempire gli spazi vuoti della sua esistenza
privata con i materiali di un’epoca precedente. L’“immersione
nel passato” di Bainbridge, in ogni caso, viene condotta attra-
verso una serie di ricerche accurate, “background reading” e let-
ture specifiche effettuate tra librerie e biblioteche, con una pre-
cisione quasi maniacale per i particolari29. La narratrice è inoltre
assolutamente consapevole dell’importanza del ruolo del letto-
re, con cui l’autore postmoderno interagisce esplicitamente, in-
staurando un rapporto di complicità: infatti la manipolazione
degli eventi, la loro messa in scena e la loro rivisitazione pro-
blematica, necessitano della presenza del lettore, e trovano in
lui, nelle sue conoscenze storiche e nella sua capacità di com-
piere collegamenti e confronti, il referente indispensabile30.

1.3. Destini individuali e responsabilità collettive

Nelle riscritture storiche di Bainbridge, sia la spedizione al Polo
Sud di Scott che il viaggio inaugurale del Titanic sembrano
condurre a catastrofi annunciate, così come, seppure su un pia-
no diverso, pare evidente che il presunto viaggio di Hitler in In-
ghilterra abbia generato nel personaggio dell’ancora giovane e
“innocente” Adolf un odio inesorabile e una violenza sproposi-
tata. La lontana guerra di Crimea, combattuta dalla Gran Breta-
gna contro la Russia per conservare uno sbocco sul Mar Nero,

    28
       B. Bainbridge, “Waiting for the Biographer”, in M. Bostridge (ed.),
Lives for Sale. Biographers’ Tales, London - New York, Continuum, 2004, p.
210.
    29
       Cfr. J. Baker, “Beryl Bainbridge: Total Immersion in the Past”, Pub-
lishers Weekly, vol. 245, n. 45, 9 November 1998, pp. 52-53.
    30
       Cfr. P. Splendore, Il ritorno del narratore: voci e strategie del romanzo
inglese contemporaneo, Parma, Pratiche, 1991, p. 46.
26                           Capitolo I

con il suo disastroso e per molti versi incomprensibile carico di
crudeltà e di morte, viene proiettata sul lettore attraverso perso-
naggi inventati eppure in parte “famigliari”, principalmente il
medico borghese di Liverpool, filantropo e omosessuale, Master
Georgie, che presta la sua opera al seguito del corpo di spedi-
zione inglese. La scrittrice si insinua nelle pieghe della Storia,
inventa o ricostruisce dettagli in apparenza insignificanti, ma
capaci di gettare ombre lunghe sugli eventi futuri, che il lettore
evidentemente già conosce e che può rivisitare attraverso le
immagini del passato.
    I personaggi storici, che agiscono sempre in concomitanza
con figure di pura invenzione, recitano la parte che la narratrice
ha scelto per loro, mentre una grande attenzione è riservata alle
loro azioni, ai gesti e ai movimenti che rivelano, insieme alle
parole, proprio come su un palcoscenico, la loro umanità o di-
sumanità. Nel bene e nel male, gli aspiranti eroi vengono ridotti
a una dimensione terrena; anzi, sono proprio le debolezze, le
inquietudini e i dubbi ad avere un ruolo determinante nella loro
caratterizzazione. Se, nel discorso di Bainbridge, i ruoli sociali e
di gender risultano fondamentalmente rigidi, è vero che i perso-
naggi maschili sono di solito più deboli delle loro controparti
femminili, che pure risaltano solo per contrasto, di fronte all’ap-
parente predominio maschile (Scott e i suoi compagni; Morgan,
passeggero del Titanic e narratore dell’affondamento del tran-
satlantico; Hitler; Master Georgie, che approfitta dell’amore
farneticante di Myrtle, una povera orfana). In Bainbridge l’as-
senza delle donne, in quanto creature che popolano l’imma-
ginario maschile, conta forse più della loro presenza.
    L’autrice inserisce nelle sue opere “storiche” numerose tra-
me secondarie, che mettono in discussione la centralità di ogni
evento, creando una costante tensione narrativa; in questo sen-
so, la cura dei dialoghi è importante, ma altrettanto significativa
è l’attenzione per il setting, ossia l’ambientazione delle “scene”,
sempre assai precisa: da una parte il paesaggio esterno, che oc-
cupa un ruolo determinante nel progetto della ricostruzione sto-
rica, appare delineato con accuratezza; dall’altra, gli interni, con
gli oggetti quotidiani e famigliari, che richiamano il mondo de-
“In pursuit of the past”                        27

gli affetti o, al contrario, mostrano la sterilità dei rapporti inter-
personali, ricevono un trattamento minuzioso.
    Le vicende narrate rispondono a una mai totalmente negata
esigenza di realismo e di verosimiglianza, e sono dotate, nello
stesso tempo, di un carattere fortemente simbolico. Soprattutto
attraverso la rappresentazione dei due viaggi (quello di Scott e
quello del Titanic) votati alla morte e alla distruzione, Bainbri-
dge induce i suoi lettori a riflettere sul destino umano e sulla re-
lazione tra il caso e la responsabilità morale individuale. The
Birthday Boys e Every Man for Himself pongono come discorso
cruciale la rivisitazione di eventi che hanno fatto vacillare il
senso dell’identità nazionale e continuano a far riflettere, nella
contemporaneità, sui valori che hanno costruito i modelli della
Britishness. Tuttavia, se il fallimento delle due imprese contri-
buisce alla smitizzazione della Gran Bretagna imperiale, la ma-
ledizione lanciata dal giovane Adolf al momento della partenza
da Liverpool richiama il ruolo della Gran Bretagna nella lotta
contro il nazismo, e riabilita indirettamente la nazione come ba-
luardo dei valori della democrazia e della sanità mentale, seb-
bene Liverpool appaia in Young Adolf come una sorta di grotte-
sca arena circense. In Master Georgie si fa riferimento al pieno
periodo vittoriano, in cui l’interesse imperiale inglese si concre-
tizza in una guerra presto diventata emblematica dell’ag-
gressività coloniale e della sostanziale inutilità e falsificazione
degli obiettivi politici.
    In effetti, proprio gli eventi traumatici, in quanto distruttivi,
disorientanti, forieri di cambiamenti radicali, come sostiene
Dominick LaCapra, costituiscono occasioni negative, comun-
que dolorose, di revisione identitaria. Eppure il trauma può di-
ventare paradossalmente la base della ricomposizione delle i-
dentità personali e collettive31. L’esperienza storica si esprime,

   31
     Cfr. D. LaCapra, Writing History, Writing Trauma, Baltimore - London,
The John Hopkins University Press, 2001, p. 81. LaCapra considera eventi
traumatici innanzitutto l’Olocausto e il lancio delle bombe atomiche su Hiro-
shima e Nagasaki, ma anche la schiavitù e l’apartheid.
28                           Capitolo I

narrativamente, nella sua elusività, attraverso le modalità della
ripetizione, e consente insieme distanziamento e ricostruzione.
    Se in linea di massima le sequenze cronologiche di ogni vi-
cenda sono rispettate, le narrazioni bainbridgiane sono però,
come ho già sottolineato, assai frammentarie, includono storie
che si intrecciano, a volte confusamente, lasciando di solito più
di un mistero irrisolto. La prospettiva solitamente limitata degli
eventi, raccontati da uno o più io narranti, è una scelta della
scrittrice, che, in questo modo, rifiutando i vantaggi di una “pa-
noramica”, degna di uno dei grandi quadri storici della tradizio-
ne europea, non esclude interpretazioni diverse degli avveni-
menti, anzi, le incoraggia. Al massimo, lo scenario storico appa-
rirà come una fotografia annerita, che rispecchia, falsificandolo,
un dramma privato (Master Georgie).
    Gli episodi e gli eventi selezionati in relazione alla spedizio-
ne del capitano Scott e al viaggio del Titanic sono così cono-
sciuti e famosi da lasciare poco spazio, almeno a prima vista, a
una ricostruzione sorprendente; nel caso di Hitler, inoltre, si no-
ta il gusto, forse ancora più sottile, di scavare nella storia nove-
centesca per individuare gli aspetti patologici della personalità
del futuro dittatore. E non è un caso che questo “meccanismo”
perverso venga situato proprio a Liverpool.
    In fin dei conti, quello che viene decostruito in tutte le opere
che si intendono esaminare nei capitoli seguenti è il grande te-
ma della “iniziazione alla vita”. Se il giovane Hitler traumatiz-
zato che si aggira per le strade di Liverpool non può che “cre-
scere” fino al punto di diventare lo spietato dittatore nazista,
Scott e i suoi rimangono nella condizione infantile dei ragazzi
perduti di Peter Pan, celebrando i loro giochi imperiali ormai
obsoleti, e il narratore di Every Man for Himself si mostra, dopo
la conclusione degli eventi, un maldestro e incerto testimone,
anch’egli impossibilitato a divenire adulto, per sempre condan-
nato a raccontare il momento del pericolo e della sua salvezza
materiale. Master Georgie, infine, ucciso da un soldato russo,
viene posto grottescamente davanti all’obiettivo fotografico che
dovrebbe ritrarre i sopravvissuti alla battaglia di Inkerman:
anch’egli non è stato capace di diventare una figura completa,
“In pursuit of the past”                  29

nonostante il suo ruolo di medico sul campo di battaglia, non è
riuscito a crearsi una coscienza personale basata sui valori stabi-
li della famiglia e dell’amore.
    Bainbridge non fornisce alcuna spiegazione definitiva degli
eventi storici che si susseguono nelle pagine dei suoi romanzi;
anzi, l’impressione finale è quella di una totale mancanza di si-
gnificato nei passaggi storici che si formano e si sfaldano sullo
sfondo della narrazione. Del resto, i personaggi creati da Bain-
bridge sono protagonisti di eventi che non comprendono e che
non sono in grado di determinare con la loro volontà. Il falli-
mento costante delle intuizioni e delle interpretazioni soggettive
consente al lettore di esercitare il suo giudizio distaccato e iro-
nico sulla frattura che si spalanca tra la consapevolezza limitata
dei personaggi e i tragici movimenti della Storia europea tra Ot-
tocento e Novecento, (intra)vista da una prospettiva inconfondi-
bilmente britannica e, nello stesso tempo, profondamente critica
della Gran Bretagna e dei suoi sogni (infranti) di gloria.
30   Capitolo I
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