Mentale, il boom dell'app marketing intelligence
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Meditare in remoto fa bene alla salute mentale, il boom dell’app marketing intelligence È passato esattamente un anno dall’inizio della pandemia da Covid-19, un anno nel quale abbiamo imparato e reinventare la nostra vita, quella vita che, in parte, ci sembra ci sia stata strappata via. È passato esattamente un anno ma siamo ancora, più o meno, nella stessa situazione, cioè isolati in casa. È passato esattamente un anno da quando abbiamo capito che tante delle attività quotidiane possono e devono essere riadattate al remoto, e così ci siamo ritrovati a vivere una “remote life”. Nell’ansia del virus in primis e dell’isolamento sociale in secundis, si è evidenziata la necessità di supporti che possano aiutarci a calmarci, rasserenarci, e ad acquisire consapevolezza ed accettazione del presente, nella speranza di mitigare la paura per il futuro. Scopri il nuovo numero: Remote life A distanza da un anno dal primo lockdown, siamo ancora qui a confrontarci con chiusure più o meno generalizzate e con abitudini di vita e di lavoro che fatichiamo ancora a fare nostre. Ecco i nostri suggerimenti per la vostra remote life. E se, precedentemente alla pandemia, già erano presenti delle app per la meditazione, con l’emergenza c’è stato un vero e proprio boom. La meditazione è un supporto per alleggerire il carico mentale, gestire le emozioni e migliorare la qualità del sonno, e se pensavamo che non fosse possibile in remoto, dobbiamo ricrederci: YouGov (una delle principali società britanniche di ricerche di mercato) ha analizzato il comportamento degli italiani durante e dopo lo scorso lockdown, stimando che 1 italiano su 5 pratica meditazione regolarmente, il 56% dichiara di aver iniziato in quarantena, e ben 9 praticanti su 10 intendono continuare in futuro, riconoscendone i benefici psico-fisici. Nel momento in cui l’ansia prende il sopravvento, le app sullo smartphone diventano uno strumento di terapia e il device stesso, definibile nell’epoca contemporanea come l’estensione del nostro braccio, spesso demonizzato, diventa nostro alleato ed amico.
F o t o d i d e c l u t t e r t hemind da Pixabay. La “digital health” non è una novità, ma mai come in questo momento il marketing delle applicazioni viene sviluppato e sfruttato da parte delle imprese. Già nel 2018 negli store online si contavano circa 6 milioni di app (anche se la maggior parte di esse una volta scaricata viene abbandonata velocemente), riconoscibili come un valido strumento di contatto tra brand e utente, in quanto utili nel migliorare la relazione e le transazioni e-commerce con il cliente. Nell’implementare un’app, è opportuno tenere conto che il comportamento dell’utilizzatore dello smartphone è diverso rispetto a quello del pc, ed è bene inizialmente cercare di migliorare l’awareness e la facilità di scoperta dell’app, cercando di farla emergere nello store e successivamente prestare particolare attenzione alle recensioni sulla stessa, che hanno forte impatto nella scelta del download da parte dei potenziali futuri clienti, e cercare di strutturare il modello di revenue più adeguato all’azienda (membership, subscription…). A tal proposito, da sottolineare che, in questo particolare momento, quasi tutte le app di meditazione, nello specifico, stanno offrendo dei servizi gratuiti, al fine di avvicinare il neofito della mindfulness, mostrando poi la possibilità di acquisto di pacchetti qualora si diventi esperti e si voglia continuare il percorso. Ma quali sono le app di meditazione più gettonate del momento? La maggior parte di esse è americana: ■ Petit Bambou, che ha collaborato allo studio condotto dalla società YouGov; ■ Mindfulness Bell, una campana tibetana che ricorda durante la giornata il momento da dedicare alla meditazione; ■ Insight Timer, premiata app dell’anno dal Times, una vera community con insegnanti provenienti dalle principali università americane; ■ Headspace, che da gennaio 2021 ha aggiunto anche una serie guida su Netflix, perché come precisa Rich Pierson, CEO dell’azienda, “questo è il nostro piccolo modo di aiutare le persone in tutto il mondo a trovare un po’ di calma e compassione per sé stessi e per chi li circonda in un momento davvero difficile”;
■ Calm, che offre sessioni gratuite anche su Youtube e Facebook; ■ Serenity, che prevede delle sfide tra utenti per incentivare alla pratica. Non ci resta che provare a rilassarci da casa e dire “keep and calm” con le app! Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Addio al Maestro Gigi Proietti, Mito immortale della nostra vita Ci siamo svegliati questa uggiosa mattina di novembre e abbiamo esclamato “Ah, ma dunque anche i Miti muoiono?”. Già, perché mai avremmo pensato che Gigi Proietti potesse morire. La differenza tra un artista ed un Mito è proprio in questa sottile difformità. E ci si può commuovere, si, ci si può commuovere, perché vergognarsi? I Miti sono personaggi familiari, sono parte di noi, sono parte della nostra vita e delle nostre esperienze. Gigi Proietti è nato esattamente il giorno dopo di un altro immenso Mito romano e italiano, ovvero Aldo Fabrizi, con il quale condivideva tanti lati, artistici, territoriali e caratteriali.
Ma i Miti poi muoiono davvero? Ne siamo proprio certi? Gli uomini d’Arte non muoiono mai perché sono capaci di parlare alle nostre emozioni, perché sono capaci di toccare le corde più profonde e più nascoste dell’animo umano, perché chi fa del bene, non muore mai sul serio. Riflettiamo: chi pensa che un Totò, uno Shakespeare o un Dante Alighieri sia morto per davvero? E’ questa la magia dell’Arte e nello specifico è questa la magia del Cinema, che tra tutte le Arti, è la più giovane, ma anche la più capace di smuovere l’anima e i sentimenti. Gigi Proietti è stato tanto: talento unico, autoironia, umorismo romano. Ma soprattutto è stato un artista poliedrico come pochi, con questa sua innata propensione multiforme che gli ha permesso non solo di calcare tutti gli strati e i substrati dello spettacolo, cinema, teatro, televisione; ma ha anche avuto modo di attraversare per intero, l’arco dei vari generi, dal drammatico al comico, dal grottesco al brillante. Gigi Proietti entra nei cuori della gente a 30 anni precisi, proprio nel 1970, quando sostituisce Domenico Modugno, accanto a Renato Rascel nella rivista Alleluja brava gente. Da allora è interprete e autore di grandi successi teatrali, tra i quali Caro Petrolini, Cyrano, I sette re di Roma e recita anche, in maniera sublime, opere tratte da Shakespeare. La sua proteiformità si manifesterà anche come autore, quando nel 1976 stringe un sodalizio con lo scrittore Roberto Lerici, insieme al quale scrive e dirige i suoi spettacoli rimasti nella storia, tra cui A me gli occhi, please, che sarà un vero trionfo. E poi c’è il cinema, con il quale ha avuto un rapporto controverso, non sempre idilliaco, ma con alcune vette artistiche e popolari, davvero considerevoli. A cominciare dal ruolo della vita, quello dello sfortunato indossatore Bruno Fioretti, detto Mandrake, in Febbre da cavallo. Siamo nel 1976 e questo film reso grande ed immortale col passare degli anni, grazie anche ai molteplici passaggi televisivi, è diventata un vero e proprio culto: una delle sequenze memorabili del film è senza dubbio quella della storica tris, che si ritorcerà contro i tre protagonisti, dei cavalli King, Soldatino e D’Artagnan. Il successo di Febbre da cavallo, accanto ad Enrico Montesano, verrà poi replicato con il suo niente affatto deprecabile seguito datato 2002, Febbre da cavallo – La mandrakata, per il quale ottiene il Nastro d’Argento come miglior attore protagonista. Ventisei anni prima grazie
al primo film della serie, lo stesso attore venne definito il personaggio cinematografico dell’anno. https://youtu.be/gRP5xXn3pGA Degli oltre 40 film interpretati, possiamo suddividere la sua carriera cinematografica, in due macroaree: gli anni ’70, almeno fino all’ottima prova di Casotto, amara commedia di Sergio Citti; e gli anni 2000, dove proprio dal già citato Febbre da cavallo-La mandrakata in poi, prende parte a numerose pellicole, come signorile e ancora affascinante attore di mezz’età. Nella prima macroarea va almeno nominata la pellicola Conviene far bene l’amore, film del 1975, che rimane tra le migliori prove del Gigi Proietti cinematografico. Futurista, nel film è immaginata una civiltà del futuro alle prese con la crisi energetica, nella quale si scopre il sistema di trarre energia dai rapporti sessuali, facendoli diventare un obbligo. Si tratta di un curioso ibrido, particolarmente riuscito, tra commedia erotica e commedia di fantascienza influenzato dalle teorie di Wilhelm Reich (l’autore di La funzione dell’orgasmo) e dalla crisi petrolifera dei primi anni ‘70. Infatti il film esce in un’epoca dove viene sfatato il mito dell’inesauribilità delle fonti energetiche, nel contesto della crisi energetica di inizio anni ‘70 e dell’applicazione della cosiddetta Austerity. E poi quì va citato un vero e proprio gioiello del Gigi Proietti maturo, ovvero l’episodio finale di Un’estate al mare, commedia ad episodi del 2008 diretto dai fratelli Vanzina. Questa pellicola si regge unicamente sull’ultimo geniale ed esilarante episodio che vede come protagonista un grande Gigi Proietti, in una delle migliori interpretazioni della sua carriera. Se tutti gli altri episodi sono mediocri, raffazzonati e francamente dimenticabili, quello intitolato La signora delle Camelie, omonimo titolo del romanzo di Alexandre Dumas, si erge come uno dei prodotti comici più belli della storia del cinema italiano. La parodia dell’opera di Dumas è tratta da un vecchio sketch dell’umorista Dino Verde, reso però con epica bravura dalla vis-comica, quì eccezionale, di Gigi Proietti. Peccato, che l’episodio, un vero e proprio gioiellino dell’arte comica, sia stato inserito in un film così mediocre, ma è anche vero che se ci si ricorda di Un estate al mare è proprio per questo cortometraggio. https://www.youtube.com/watch?v=0xS9iueOMao Gli anni ’80 e ’90 saranno invece dedicati, oltre che al teatro, suo grande amore mai dimenticato, alla televisione, sia in veste di show-man che come interprete di serie televisive. Come show-man si ricordano spettacoli di successo come Sabato sera dalle nove alle dieci, Fatti e fattacci e Fantastico. Ma è soprattutto come interprete di serie televisive, che Gigi Proietti raggiunge l’apice della sua popolarità e del suo successo. Quello del Maresciallo Rocca, sarà infatti, il secondo ruolo della sua vita. Qui l’attore romano interpreta il ruolo di Giovanni Rocca, vedovo con tre figli, maresciallo comandante della stazione dei Carabinieri di Viterbo, che tra un caso e l’altro si innamora di una deliziosa farmacista, interpretata da Stefania Sandrelli. La serie, partita in sordina su Rai 2, conquista i favori del pubblico fino a superare agevolmente i dieci milioni di telespettatori a sera: l’ultima puntata del 12 marzo 1996 registrò il record di quasi 16 milioni di spettatori. Il colossale successo impone ai due autori, ai registi (al veterano e collaudato Capitani si alternano Lodovico Gasparini, José María Sánchez e Fabio Jephcott) e al protagonista la realizzazione di ben cinque stagioni, realizzate tra il 1998 e il 2005. Anche gli ultimi anni di vita hanno visto Gigi Proietti molto attivo tra cinema e televisione. Tra il 2014 e il 2018, in tv prende parte alla serie Una pallottola nel cuore, diretto da Luca Manfredi;
mentre dal cinema gli arrivano due delle soddisfazioni più grandi della sua vita: nel 2018 riceve il prestigioso Nastro d’Argento alla carriera, di fronte agli applausi scroscianti di una platea commossa; e nel 2019 è stato in sala con il Pinocchio di Matteo Garrone nei panni di Mangiafuoco, un ruolo che, per sua stessa ammissione, ha molto amato. Esattamente come Shakespeare, per uno strano scherzo del destino, Gigi se n’è andato il giorno stesso del suo 80esimo compleanno, lui che scherzava sempre sulla sua data di nascita (n.d.a. 2 novembre 1940). Una pratica del destino, quella di morire lo stesso giorno in cui si è nato, che viene lasciata solo ai veri grandi, alla stessa stregua di chi sogna di morire sul palcoscenico, così, con le braccia aperte, nel ricevere gli applausi scroscianti del pubblico, in un ultima, grande ed immortale recita. Quest’anno, segnato dal Covid, Gigi Proietti, si era battuto fino all’ultimo in difesa di quell’Arte suprema dello spettacolo, riaprendo in estate, dopo la prima pandemia, il suo Globe Theatre estivo nel cuore verde di Villa Borghese, a Roma. In questa città che lo annovera tra i suoi figli più meritevoli, e alla quale lui, pochi mesi fa aveva regalato i suoi ultimi capolavori teatrali, riportando in scena Shakespeare, per donare “questa magia ai più giovani, perché possano riprendere a sognare e a cambiare il mondo”. Grazie Gigi, ci mancherai, anche se sappiamo dove sei ora. Come nell’Antica Grecia, ci sarà un Olimpo, perché deve per foza esserci un Olimpo riservato agli artisti, e stai lì con Totò, con i fratelli De Filippo, con Massimino [Troisi], ne sono certo, perché il tuo posto è lì affianco a loro. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime
novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter La Copertina d’Artista - Recovery round È un’immagine molto forte quella che capeggia sulla copertina del numero di ottobre del nostro magazine: al centro della stessa assistiamo ad un vero amplesso, una ragazza con la mascherina chirurgica viene letteralmente e fisicamente posseduta da un uomo di cui scorgiamo solo parte del corpo. Tutta la scena è concentrata in uno spazio delimitato da 12 stelle, le stesse della bandiera dell’Unione Europea, anzi l’unico altro elemento di colore, a parte il celeste chiaro della mascherina e il giallo delle stelle, è il blu intenso del lenzuolo che giace sgualcito sulle gambe dei protagonisti. A bene vedere, più che un lenzuolo, sembra il telo della bandiera stessa, che cadendo ci ha mostrato questa scena scabrosa.
L’opera di questo numero sembra voglia raccontarci di uno scandalo, quello di un’Europa posseduta,
forse sottomessa, da una qualche potenza straniera o, peggio, da una congrega dei soliti poteri forti. Improvvisamente ci viene data la possibilità di sbirciare al di là del velo, dietro la bandiera, e quello che vediamo è una scena erotica al limite della censura, un amplesso che non capiamo quanto sia consenziente o meno, anche se non ci pare di scorgere violenza, ma più un senso di sano e godereccio piacere. È molto interessante che l’artista di questo numero, Paola Biandolino, abbia deciso di rappresentare uno scandalo attraverso un’immagine anche essa scandalosa, come se volesse evidenziare ancora di più il messaggio e renderlo inequivocabile. Ma, come sappiamo, l’arte si presta a molteplici interpretazioni, e le intenzioni dell’artista sono solo una parte della storia, l’altra è data appunto dal pubblico, ultimo fruitore dell’opera stessa e che chiude idealmente il circuito elettrico di quel magico dispositivo chiamato arte. Allora soffermiamoci di più su questa opera e cerchiamo di scoprire tutti quei significati che non sono immediatamente tangibili e che probabilmente l’artista ha voluto ironicamente nasconderci in
piena vista. Chissà se il tema del nostro numero, “Recovery round”, non abbia fatto prevalere una interpretazione politica ed economica della condizione europea: forse la Biandolino avrà pensato che tutte le misure economiche messe in campo dall’UE in questo periodo di pandemia e crisi economica (MES, Recovery Fund, etc.), potrebbero diventare il debito, pubblico e non solo, delle future generazioni? E quindi come dire: “OK, l’Europa una volta tanto ci sta aiutando, ma non è che alla fine ci sta fottendo?”. O forse, spingendo su una interpretazione più letteraria, potremmo arrivare a pensare che quella che vediamo è un’allegoria in chiave contemporanea del mito di Europa? Come forse ricordiamo dai nostri studi superiori, Europa era figlia di Agenore e fu principessa di Tiro e regina di Creta; la fanciulla fu rapita da Zeus, che aveva preso le sembianze di un possente
toro bianco, e dall’amplesso che ne seguì (che per la maggior parte degli autori classici fu consenziente) nacquero tre figli, Minosse, Radamanto e Sarpedonte, che poi furono adottati dal re di Creta Asterio, che successivamente sposò Europa. Oppure, più semplicemente, questa che vediamo è solo l’ultima delle opere dell’artista che da un po’ di tempo indaga ed esplora nelle sue creazioni la dimensione erotica dell’esistenza. Come sempre non possiamo saperlo con certezza, queste sono solo tre delle possibili interpretazioni, ma ciò che ha importanza qui, come per l’arte in generale, non è indovinare il “significato autentico” dell’opera, che spesso sfugge ed è inconscio perfino all’artista stesso, quello che vale è “interrogarsi sui possibili significati”: in un mondo che va sempre più in fretta, anche se in semi-lockdown come adesso, un’immagine che ci invita, come in questo caso, con ironia e spudorato erotismo a fermarci per cercare di comprenderla è il miglior risultato che un artista possa sperare. Perché è solo quando ci concediamo il tempo, riflettiamo e ragioniamo che cogliamo la vera essenza delle cose e possiamo decidere cosa dire o fare, perché anche il sesso, in cui è preponderante la
carica istintiva ed emozionale, richiede attenzione, altrimenti andremmo in giro a scopare senza ritegno e senza freni qualunque cosa e saremmo tutti erotomani e pervertiti (oltre che penalmente perseguibili), quando in realtà, nel profondo, noi desideriamo e vogliamo essere, più di ogni cosa, amanti appassionati. Paola Biandolino, classe 1991, di Taranto, fin da giovanissima prende lezioni di disegno nella bottega di un maestro, successivamente frequenta il Liceo Artistico Lisippo di Taranto, diplomandosi in Oreficeria, e poi l’Accademia di Belle Arti di Lecce, frequentando il corso di Pittura. Dopo la laurea triennale decide di cambiare e si iscrive ad Editoria D’Arte. Da questa formazione poliedrica nasce BiaLineArt, una sintesi tra pittura e grafica, disegni realizzati con un unico tratto di penna biro, un progetto nato prima da semplici ritratti per un esame accademico, poi portato avanti perché particolarmente affine alla sensibilità dell’artista. Durante la quarantena inizia a lavorare su materiale erotico, i lavori pubblicati sul gruppo Facebook Arteinquarantena riscuotono un successo strepitoso e fanno conoscere l’artista e la sua particolare ricerca. La sua attività sul web continua sempre più in maniera professionale, anche grazie a un corso post-laurea di Social Media Marketing, che le ha dato la possibilità di capire le dinamiche del web, dei social network, e soprattutto di prenderli seriamente come lavoro e non semplice svago. Ultime mostre: 2020 Giugno Mostra Personale, “Uno alla Volta”, Mercato Nuovo, Taranto; Marzo Pubblicazione di Illustrazioni su Queefmagazine, “Sexting e Quarantena”.
2019 Gennaio-Aprile Mostra collettiva, ex Terraferma, ora Ginetto, Taranto. 2012 Novembre Lavoro segnalato dalla giuria Emilio Notte. Progetti in corso “Somewhereline”, scatti Fotografici con grafica lineart, progetto in collaborazione con Andrea Basile. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter
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