MACBETH dI Giuseppe Verdi - 7 dicembre 2021 - Auditorium Gaber Direttore Riccardo Chailly - Consiglio regionale della Lombardia

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MACBETH dI Giuseppe Verdi - 7 dicembre 2021 - Auditorium Gaber Direttore Riccardo Chailly - Consiglio regionale della Lombardia
7 dicembre 2021 - Auditorium Gaber

              MACBETH
                      dI Giuseppe Verdi

Direttore Riccardo Chailly		          Regia di Davide Livermore
MACBETH dI Giuseppe Verdi - 7 dicembre 2021 - Auditorium Gaber Direttore Riccardo Chailly - Consiglio regionale della Lombardia
Pubblicazione a cura di: Emanuele Scataglini
Coordinamento: Marzia Steffani
Testi: Marzia Steffani, Emanuele Scataglini
Progetto grafico libretto: Rossana Perrone

L’evento è organizzato dal Servizio Comunicazione,
Relazioni istituzionali e Stampa

Coordinamento: Emanuele Scataglini
Redazione programma: Marzia Steffani
Organizzazione evento: Donatella Modica
Grafica: Antonella Piovani

Stampato presso il Centro stampa del Consiglio regionale
MACBETH dI Giuseppe Verdi - 7 dicembre 2021 - Auditorium Gaber Direttore Riccardo Chailly - Consiglio regionale della Lombardia
La vita!...Che importa?...
E’ il racconto d’un povero idiota!
 Vento e suono che nulla dinota!

                                         Macbeth
                                di Giuseppe Verdi
                   Testi di Francesco Maria Piave
                    ATTO QUARTO, scena sesta
MACBETH dI Giuseppe Verdi - 7 dicembre 2021 - Auditorium Gaber Direttore Riccardo Chailly - Consiglio regionale della Lombardia
7 dicembre 2021

          MACBETH
             Di Giuseppe Verdi
     Direttore		         Riccardo Chailly
     Regia			            Davide Livermore
     Scene			            Giò Forma
     Costumi		           Gianluca Falaschi
     Luci			             Antonio Castro
     Video			            D-Wok
     Coreografia		       Daniel Ezralow

                     Interpreti
Macbeth				                       Luca Salsi
Banco				                         Ildar Abdrazakov
Lady Macbeth			                   Anna Netrebko
Dama di Lady Macbeth              Chiara Isotton
Macduff				                       Francesco Meli
Malcolm				                       Iván Ayón Rivas
Medico				                        Andrea Pellegrini
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Con Macbeth il Direttore Musicale Riccardo
Chailly completa il percorso interpretativo
dedicato alla “trilogia giovanile” di Giuseppe
Verdi dopo Giovanna d’Arco e Attila.
Macbeth va in scena con la regia di Davide
Livermore, al suo quarto spettacolo inaugurale,
insieme agli scenografi di Giò Forma, al
costumista Gianluca Falaschi e a un grande
cast: Lady Macbeth è Anna Netrebko, che
conferma il suo rapporto privilegiato con il
Teatro alla Scala, accanto al Macbeth di Luca
Salsi, al Macduff di Francesco Meli e al Banco
di Ildar Abdrazakov.
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TRAMA
                                Atto I

In Scozia, nell'XI secolo, Macbeth e Banco sono di ritorno da una
vittoriosa battaglia contro i rivoltosi. Incontrano alcune streghe che
fanno loro una profezia: Macbeth sarà signore di Cawdor e in seguito
re di Scozia, mentre la progenie di Banco salirà al trono. Parte della
profezia si avvera subito. Giunge infatti un messaggero che comunica
a Macbeth che re Duncano gli ha concesso la signoria di Cawdor.
Venuta a conoscenza della divinazione delle streghe, l'ambiziosa
Lady Macbeth incita il marito a uccidere il re.

                                Atto II

Del delitto viene incolpato il figlio di Duncano, Malcolm, che si trova
costretto a fuggire in Inghilterra. Ora che Macbeth è re di Scozia, la
moglie lo convince ad uccidere Banco e soprattutto il figlio di costui,
Fleanzio, nel timore che si avveri la seconda parte della profezia. I
sicari di Macbeth assassinano Banco in un agguato, ma Fleanzio riesce
a fuggire. Durante un banchetto a corte, Macbeth viene terrorizzato
dall'apparizione del fantasma di Banco.

                               Atto III

Inquieto, Macbeth torna dalle streghe per interrogarle. Il verdetto
è oscuro: egli resterà signore di Scozia fino a quando la foresta di
Birnam non gli muoverà contro, e nessun "nato di donna" potrà
nuocergli. Lady Macbeth, intanto, lo incita a uccidere la moglie
e i figli del nobile profugo Macduff che, insieme a Malcolm, sta
radunando in Inghilterra un esercito per muovere contro Macbeth.
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Atto IV

L'esercito invasore giunge segretamente al comando di Malcolm e
Macduff. Giunti nei pressi della foresta di Birnam, i soldati raccolgono
i rami degli alberi e con questi avanzano mimetizzati dando
l'impressione che l'intera foresta si avanzi (come nella profezia). Lady
Macbeth, nel sonno, è sopraffatta dal rimorso e muore nel delirio.
Macbeth, rimasto solo, fronteggia l'invasore, ma è ucciso in duello da
Macduff, l'uomo che, venuto al mondo con una sorta di parto cesareo,
avvera la seconda parte della predizione ("nessun nato di donna ti
nuoce").

                            John Singer Sargent
                            Ellen Terry as Lady
                                 Macbeth
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IN SCENA

         Riccardo Chailly – DIRETTORE D’ORCHESTRA

Nasce a Milano il 20 febbraio 1953, in una famiglia di musicisti, studia
nei conservatori di Perugia, Roma e Milano. In seguito studia direzione
d’orchestra con Franco Ferrara a Siena.
A vent’anni diventa assistente di Claudio Abbado al Teatro alla Scala
di Milano. Nel 1974 debutta come direttore d’orchestra con Madama
Butterfly a Chicago. Nel 1977 dirige la ripresa nel Teatro Regio di Parma
di Simon Boccanegra di Giuseppe Verdi con Leo Nucci.
Alla Scala ha debuttato come direttore d'orchestra nel 1978 nella ripresa
de I masnadieri di Giuseppe Verdi. In poco tempo ha diretto nei più
prestigiosi teatri lirici del mondo e numerosissime orchestre sinfoniche.
Nel gennaio 2015 sostituisce Daniel Barenboim nel ruolo di Direttore
principale del Teatro alla Scala e dal novembre è Direttore principale
della Filarmonica della Scala.
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Davide Livermore (Regia)
Torinese di nascita, dal 2015 è Sovrintendente
e Direttore artistico del Palau de les Arts
Reina Sofía di Valencia dove è anche Direttore
artistico del Centro di perfezionamento Plácido
Domingo. Attivo come regista d’opera e di prosa
dal 1998, nella sua brillante ed eclettica carriera
ha lavorato in moltissimi ruoli oltre a esibirsi
come cantante nei più importanti teatri del
mondo.
Allievo di Carlo Majer, è un convinto sostenitore
del teatro pubblico e della funzione di
promozione sociale della cultura.

                              Luca Salsi - (Macbeth)
                              Baritono italiano, diplomato in canto presso
                              il Conservatorio Arrigo Boito di Parma. Ha
                              debuttato nel 1997 al Teatro Comunale di
                              Bologna ne La scala di seta di Rossini e ha vinto
                              il premio Viotti a Vercelli nel 2000. Da quel
                              momento inizia una intensa carriera che lo porta
                              a calcare i maggiori palcoscenici del mondo. È
                              oggi apprezzato per le numerose interpretazioni
                              del repertorio verdiano.
Ildar Abdrazakov (Banco)
                             Ildar Abdrazakov si è affermato come uno
                             dei più ricercati bassi d'opera. Da quando
                             ha debuttato alla Scala nel 2001 a 25 anni,
                             il cantante russo è diventato un pilastro dei
                             principali teatri d’opera del mondo.
                             La sua voce potente e raffinata unita alla sua
                             irresistibile presenza scenica ha spinto i critici a
                             parlare di lui come di un basso sensazionale che
                             ha praticamente tutto: suono imponente, legato
                             bellissimo, gran quantità di finezza.

Anna Netrebko (Lady Macbeth)
Soprano, siberiana, si trasferisce giovanissima
dalla natia Krasnodar a San Pietroburgo per
studiare canto e si mantiene lavando i pavimenti
del teatro Mariinsky per 300 rubli al mese. Il
direttore Valery Gergiev le concesse un’audizione
che si rivelò decisiva e da lì partì la sua carriera
come soprano.
Oggi acclamata come l’unica vera diva dopo la
Callas, ha ricevuto la consacrazione da parte di
critica e pubblico nel 2006 con La Traviata.
Chiara Isotton (Dama di Lady Mac-
                             beth)
                             Nasce nel 1985 a Belluno dove studia
                             presso la scuola di Musica “A. Miari”.
                             Dopo essersi brillantemente diplomata
                             presso il Conservatorio “B. Marcello” di
                             Venezia, prosegue il perfezionamento con
                             William Matteuzzi e Roberto Scandiuzzi e
                             frequenta nel 2008 i corsi dell'Accademia
                             Chigiana con Renato Bruson

Francesco Meli (Macduff)
Tenore italiano è nato a Genova nel
1980, dove ha iniziato gli studi di canto
a diciassette anni con il soprano Norma
Palacios al Conservatorio Nicolò Paga-
nini.
Ha debuttato alla Scala a soli 23 anni, vi
è poi tornato negli anni successivi per
nuove produzioni e ha inaugurato per
due volte la stagione della Scala.
Iván Ayón Rivas (Malcolm)
Nato in Piura (Perú) nel 1993, ha
studiato canto lirico sotto la guida della
Maestra María Eloisa Aguirre presso
il Conservatorio Nazionale di Musica
del Perú. Si è perfezionato con Juan
Diego Florez, Ernesto Palacio, Vincenzo
Scalera, Maurizio Colaccichi e Luigi Alva.
Attualmente studia canto lirico sotto la
guida del baritono Roberto Servile in
Italia.

                         Andrea Pellegrini (Medico)
                         Parmigiano d’adozione, studia presso il
                         Conservatorio “Arrigo Boito” di Parma
                         diplomandosi nel 2014.
                         Da settembre 2016 fino all’estate del 2018 ha
                         fatto parte del “Centre de Perfeccionament
                         Placido Domingo” di Valencia.
                         presso il Palau de les arts “Reina Sofia”.
                         Nell’estate 2020 ha meritato il secondo
                         premio al Concorso Lirico Internazionale
                         di Portofino.
Giuseppe Verdi
Giuseppe Verdi nasce il 10 ottobre 1813 a Roncole di Busseto, in provincia di
Parma. Il padre, Carlo Verdi, è un oste, la madre una filatrice. Fin da bambino
prende lezioni di musica dall'organista del paese, esercitandosi su una spinetta
scordata regalatagli dal padre. Gli studi musicali proseguono in questo modo
sconclusionato e poco ortodosso fino a quando Antonio Barezzi, commerciante
e musicofilo di Busseto, lo accoglie in casa sua, pagandogli studi più regolari ed
accademici.
Nel 1832 Verdi si trasferisce a Milano e si presenta al Conservatorio, ma non viene
ammesso per scorretta posizione della mano nel suonare e per raggiunti limiti di
età. Poco dopo viene richiamato a Busseto per ricoprire l'incarico di maestro di
musica del comune e, nel 1836, sposa la figlia di Barezzi, Margherita.
Nei due anni successivi nascono Virginia e Icilio. Intanto Verdi comincia a dare
corpo alla sua vena compositiva, già orientata al teatro e all'opera,
Nel 1839 esordisce alla Scala di Milano con Oberto, conte di San Bonifacio
ottenendo un discreto successo, purtroppo offuscato dall'improvvisa morte, nel
1840, prima di Margherita, poi dei due figli. Prostrato e affranto non si dà per
vinto. Proprio in questo periodo scrive un'opera buffa Un giorno di regno, che
si rivela però un fiasco. Amareggiato, Verdi pensa di abbandonare per sempre la
musica, ma solo due anni più tardi, nel 1842, il suo Nabucco ottiene alla Scala un
incredibile successo, anche grazie all'interpretazione di una stella della lirica del
tempo, il soprano Giuseppina Strepponi.
Iniziano quelli che Verdi chiamerà "gli anni di galera", ossia anni contrassegnati
da un lavoro durissimo e indefesso a causa delle continue richieste e del sempre
poco tempo a disposizione per soddisfarle. Dal 1842 al 1848 compone a ritmi
serratissimi. I titoli vanno da I Lombardi alla prima crociata a Ernani, da I due
foscari a Macbeth, passando per I Masnadieri e Luisa Miller. Sempre in questo
periodo, fra l'altro, prende corpo la sua relazione con Giuseppina Strepponi.
Nel 1848 si trasferisce a Parigi. La vena creativa è sempre vigile e feconda, tanto
che dal 1851 al 1853 compone la cosiddetta "Trilogia popolare", notissima per
i titoli ivi contenuti, ossia Rigoletto, Trovatore e Traviata. Il successo di queste
opere è clamoroso.
Conquistata la fama si trasferisce con la Strepponi nel podere di Sant'Agata, in
provincia di Piacenza, dove vivrà gran parte del tempo.
Alla sua vita artistica si aggiunge dal 1861 anche l'impegno politico. Viene eletto
deputato del primo Parlamento italiano e nel 1874 è nominato senatore. In questi
anni compone La forza del destino, Aida e la Messa da requiem, scritta e pensata
come celebrazione per la morte di Alessandro Manzoni. Nel 1887, all'età di
ottant'anni, dà vita a Otello, confrontandosi ancora una volta con Shakespeare;
nel 1893 con l'opera buffa Falstaff dà l’addio al teatro e si ritira definitivamente a
Sant'Agata.
Muore a Milano il 27 gennaio 1901.
L’opera
Il Macbeth fu la decima opera lirica di Verdi e la prima
delle tre, con Otello e Falstaff, su un libretto tratto da
William Shakespeare. Andò in scena per la prima volta
al Teatro della Pergola di Firenze il 14 marzo del 1847.
Certamente la prima opera nata dall’incontro di Verdi
con Shakespeare rappresenta un momento di passaggio
fondamentale per il compositore, per mezzo del quale,
egli definì meglio il suo stile, interpretando in maniera
originale la corrente romantica di quell’epoca.
L’opera è divisa in quattro atti, rispetto ai cinque della
tragedia shakespiriana, per la riduzione librettistica
di Francesco Maria Piave. La struttura portante della
composizione è quella tradizionale, anche se Verdi
introduce alcune sostanziali novità.
La prima è la scelta di un personaggio femminile come
quello di Lady Macbeth, con il quale Verdi si avvicinava
a quella corrente del secondo Ottocento che professava
un’estetica delle forme disarmoniche e degli ambiti
emarginati. Nelle lettere indirizzate a Piave, Verdi
scrive che voleva una Lady «brutta e cattiva», che non
«cantasse» in senso tradizionale, ma avesse «una voce
aspra, soffocata, cupa», che «avesse del diabolico».
Un’altra novità è l’assenza di un intreccio amoroso a
favore di un’azione interiore che indaga gli abissi della
psiche dei personaggi. È questo il caso di Macbeth, che
a partire dalla profezia delle streghe fino all’epilogo
tragico, si logora in un confronto angosciante con la
propria coscienza.
La traduzione drammaturgico-musicale dell’elemento
fantastico, rappresentato dalle tre streghe, fu sicuramente
un altro incentivo utile al maestro per mettere a punto
le sue idee. Sempre nella corrispondenza con Piave gli
richiedeva un testo caratterizzato da «brevità e sublimità»
in cui ci fossero poche parole ma ben studiate perché la
musica poi sarebbe venuta di conseguenza. Verdi curava
con grande attenzione ogni aspetto del dramma, dai
costumi, alla recitazione, alla gestualità, perché tutto
doveva concorrere all’esaltazione della «parola scenica»,
capace di essenzializzare il fulcro dell’opera.
L’atmosfera generale del Macbeth rimane sempre
tenebrosa, sinistra, a volte onirica, in perfetta consonanza
con il tipo di azioni che si susseguono sulla scena: dalla
ridda delle streghe fra lampi e tuoni, all’assassinio
notturno del re Duncan da parte di Macbeth su istigazione
della moglie, dall’ipocrisia che ostentano i due cospiratori
di fronte agli altri nobili, alla scena del sonnambulismo,
alla battaglia conclusiva di Macbeth, che si svolge
contro il prode Macduff ma, metaforicamente, è contro
l’ineluttabilità del destino.
Nell’intreccio di tali eventi, si presentano diversi momenti
in cui la realtà dei personaggi si mescola a immagini
scaturite dalla loro mente, ad apparizioni allucinatorie o
a condizioni in cui l’inconscio prende il sopravvento sul
resto.
Il Macbeth di Verdi rimane una riproposizione geniale
del capolavoro di Shakespeare in cui il compositore è
riuscito a tradurre musicalmente il tema della bramosia
di potere da parte dell’uomo e delle conseguenze nefaste
che si ripercuotono nel suo animo.
William Shakespeare
                        Stratford-on-Avon 1564-1616)

(di Marzia Steffani)

È senza dubbio uno dei drammaturghi più grandi, ammirati e rappresentati di
tutti i tempi per l'universalità dei temi e il linguaggio straordinariamente ricco.
Eppure a oltre 400 anni dalla sua morte di lui non si sa né il vero nome, né il
viso, né la storia. Tra gli studiosi c’è chi, analizzando la sua firma, ha sostenuto
che non fosse neppure capace di leggere e scrivere.
Esiste un suo ritratto che viene fatto risalire al 1610: molti ritengono perciò che
sia l’unico dipinto “dal vero” del poeta inglese. In realtà non ce n’è certezza.
Della sua vita privata si sa ben poco: le uniche notizie riguardano vicende legali
di scarsa importanza oppure le date di pubblicazione o di rappresentazione
delle sue opere.
Dopo aver accumulato una discreta fortuna, ritorna a Stratford dove
vive da gentiluomo di campagna fino alla morte. Muore il giorno del suo
cinquantaduesimo compleanno, forse per indigestione dopo i festeggiamenti.
Benché fosse già popolare in vita, divenne immensamente famoso dopo la sua
morte e i suoi lavori furono esaltati e celebrati da numerosi e importanti perso-
naggi nei secoli seguenti.
Chi era quindi Shakespeare? Uno scaltro e ignorante paesanotto, il socio di una
fortunata associazione letteraria, o il geniale autore dei drammi e dei sonetti
che resero grande la letteratura inglese elisabettiana? Il fatto che su di lui esi-
stano solo pochissimi documenti non fa che aumentare la curiosità: il figlio del
guantaio di Stratford-upon-Avon fu davvero l’autore di opere immortali come
Romeo e Giulietta, il Mercante di Venezia, Otello?
La più fedele alle fonti resta la lapidaria biografia del critico letterario
settecentesco George Steevens: “Nacque a Stratford-upon-Avon, si fece là
una famiglia, andò a Londra, fece l’attore e lo scrittore, tornò a Stratford, fece
testamento e morì”. Il resto sono solo ipotesi. Persino il suo volto resta un
mistero: i dipinti e le sculture che lo raffigurano furono realizzati solo dopo la
sua morte, da artisti che mai l’avevano conosciuto.
Lo Shakespeare dei documenti giudiziari e commerciali, gli unici finora
rinvenuti, era molto più simile ad un rozzo commerciante: all’Università di
Aberystwyth (Galles) si è scoperto che comprava grano durante le carestie per
rivenderlo a caro prezzo, che era un usuraio e un evasore fiscale.
Questa mancanza di spirito filantropico è confermata dal suo testamento:
nell’atto non nomina alcun patrimonio librario, né fa accenno alle sue opere. Si
concentra invece sui beni materiali, destinando alla moglie Anne Hathaway “il
secondo letto con il mobilio”. Da qui nascono le speculazioni sul matrimonio
infelice di Shakespeare. Sappiamo poi che, dopo la nascita di due gemelli nel
1585, Shakespeare lascia Stratford e da questo momento si perdono le sue
tracce: come trascorse i cosiddetti “anni perduti”, tra il battesimo dei figli e la
sua comparsa sulle scene londinesi nel 1592?
Le alternative ipotizzate dagli studiosi sono diverse: si aggrega a una delle
compagnie teatrali capitate a Stratford intorno al 1587, cominciando così la sua
carriera da attore, o impiega quel tempo per farsi una cultura?
Come scrisse nel XVIII secolo uno dei suoi biografi, l’inglese Robert Shiels,
William “era un giovane ridotto sul lastrico, che si guadagnava da vivere
a Londra prendendosi cura dei cavalli dei gentiluomini che si recavano a
teatro”.
Shiels però aggiunge che, colpiti dalla sua parlantina, alcuni attori lo avrebbero
raccomandato ai gestori del teatro, dandogli l’occasione di calcare finalmente
le scene e di ottenere la fama, “più come scrittore che come attore”. Raggiunto
il successo, grazie all'appoggio del duca di Southampton, diviene nel 1599
proprietario di un teatro, il Globe, dove fa rappresentare i suoi testi.
Nella capitale sarebbe rimasto fino al 1613, ma non intrattenne con i colleghi
letterati scambi epistolari, allora molto diffusi. E perché alla sua morte
nessuno scrisse un elogio funebre in sua memoria? Viene proprio da chiedersi
se:Shakespeare fu davvero il celebrato autore elisabettiano che pensiamo oggi.
Troppi dati non tornano, e infatti, fin dalla metà dell’Ottocento, alcuni studiosi
hanno pensato di intravvedere autori nascosti dietro quel nome: fra i più famosi
il filosofo Francis Bacon, lo scrittore Christopher Marlowe, il colto Edward de
Vere conte di Oxford, la contessa Mary Sidney di Pembroke e persino la regina
Elisabetta. Tutti inglesi, ovviamente. Tranne un ultimo candidato: John Florio,
letterato di origini italiane, docente a Oxford, con incarichi di prestigio alla
corte della regina d’Inghilterra.

Le fonti delle tragedie e delle commedie di Shakespeare sono numerose.
Egli attinge alla tradizione del teatro popolare inglese, alla cultura italiana,
alle cronache medievali, a novelle spagnole, arabe, latine, agli storici greci,
ma anche agli eventi della storia inglese. Rielabora, però. motivi e temi con
indiscussa originalità sia nella tecnica teatrale sia nell’uso di un linguaggio di
altissima poesia.
Shakespeare inventa una lingua nuova per ogni personaggio, per ogni stato
d’animo, una lingua talmente immediata e concreta da dare l’impressione di
essere creata nel momento stesso in cui viene scritta.
Grazie alla capacità di comprendere la natura umana, sa mettere in scena
passioni e sentimenti universali, tanto umani e reali da essere lo specchio degli
uomini di tutti i tempi, dando vita a un teatro tutto giocato sui contrasti: amore
e odio, follia e saggezza, prepotenza e sacrificio, realtà e immaginazione.
Il grande drammaturgo inglese non solo ha saputo fare del mondo un teatro
ma anche del teatro un piccolo mondo. Tra le opere teatrali di Shakespeare
più frequentemente rappresentate ricordiamo: La bisbetica domata, Romeo e
Giulietta, Sogno di una notte di mezza estate, Molto rumore per nulla, Giulio
Cesare, Amleto, Otello, Re Lear, Macbeth, La tempesta.
La ricerca della verità
 (di Emanuele Scataglini)

  Il preludio di Macbeth è costruito su dinamiche
  musicali e funzionali non ancora ascoltato nell’opera
  del 1947.
  L’orchestrazione è estremamente selettiva organizzata
  che ha la finalità di trasmettere subito all’ascoltatore
  la tonalità emotiva di tutta l’opera. Non si tratta di un
  preludio che riassume i temi principali e nemmeno
  di una sinfonia separata dal contesto drammatico ma
  di un vero è proprio brano incardinato nella struttura
  drammatica dell’opera. La sonorità degli archi è
  cupa viene imposta la sordina, i fiati più brillanti
  vengono eliminati e sono utilizzati clarinetti, fagotti
  e cimbasso che generano una tessitura misteriosa
  ambigua propria dell’opera. I primi temi evocano la
  presenza delle streghe, gli altri due più malinconici i
  personaggi principali del dramma, tra cui spicca Lady
  Macbeth; il resto della scrittura è dedicata ad una
  sintesi in cui gli elementi si mescolano. Verdi collega
  quindi due elementi caratteristici del dramma: il
  magico, il demoniaco, si contrappone al lato umano
  e psicologico. In Shakespeare il sovrannaturale serve
  a creare una rappresentazione in cui la dialettica
  coscienza - inconscio che caratterizza i personaggi,
  culmina nella crisi psicologica di Lady Macbeth. Per il
  compositore i temi musicali del preludio servono a far
  emergere da subito i caratteri emozionali del dramma.
Le streghe hanno per Verdi la precedenza rispetto a
qualsiasi altro aspetto del dramma e allo stesso modo
la vicenda di Lady Macbeth rappresenta il culmine
della vicenda umana dove il delitto commesso diventa
assoluto, amorale. È anche questa una novità dell’opera
verdiana rispetto alle tematiche dell’opera italiana,
ovvero la ricerca di significati profondi dove l’elemento
consolatorio, di solito l’ultima commuovente aria, non
trova spazio.
Tramite Shakespeare Verdi può anticipare quella
dimensione drammatico esistenziale che persegue
nelle sue opere e che troverà completa manifestazione
nei finali tragici di Luisa Miller, del Trovatore e alla
fine proprio nell’Otello. Non è un caso che mentre si
dibatteva della poetica wagneriana, il compositore di
Busseto facesse notare come egli stesso con il Macbeth
avesse cercato di stravolgere le convezioni teatrali non
solo per ciò che concerneva l’auspicata sintesi delle arti,
ma soprattutto nella ricerca di quella verità emotiva
propria dello spirito romantico, capace di condurre i
personaggi verso l’ineluttabile destino.
Anche per ciò che concerne i cantanti nel Macbeth Verdi
richiedeva lo studio del dramma e un’interpretazione
adeguata che superasse la dimensione del bel canto per
immergersi nel personaggio interpretato aderendo al
flusso dell’azione drammatica.
Con Macbeth siamo quindi di fronte ad un’opera
rivoluzionaria, poco compresa dal pubblico
contemporaneo italiano, non ancora pronto ad
accogliere un teatro d’opera di profonda verità.
Eventi in programmazione

              18 dicembre
            Concerti di Natale
Ore 15.30   Orchestra di Mandolini e Chitarre
		          Città di Brescia

Ore 18.30   Solo d’Archi Ensemble

Ore 21.00   Gospel Light Vocal Ensemble

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