LO IUS SOLI A SCUOLA - IRES Veneto
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LO IUS SOLI A SCUOLA Dirigenti e docenti raccontano le “seconde generazioni” Francesco Cerchiaro Paper Ires n°77 – marzo 2014 30174 Mestre Venezia Via Peschiera, 5 - Tel. 0415497820-1-2-3 Fax 0415497824 P.IVA 02309080279 http://www.iresveneto.it e-mail: ires@veneto.cgil.it
IRES VENETO PAPER N. 77 LO IUS SOLI A SCUOLA Dirigenti e docenti raccontano le «seconde generazioni» Francesco Cerchiaro 1 Marzo 2014 1 Dottore di ricerca in Scienze Sociali. Collabora con il Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia Applicata (FiSPPA) dell’Università degli Studi di Padova. 1
IRES VENETO PAPER N. 77 Ringraziamenti L’Autore ringrazia Salvatore Mazza e Alfiero Boschiero per il confronto in fase di progettazione della ricerca e scrittura del paper. Si ringraziano sentitamente i partecipanti alla ricerca, dirigenti e docenti, le cui testimonianze sono il risultato vivo di questo contributo. 2
IRES VENETO PAPER N. 77 SOMMARIO INTRODUZIONE 5 Capitolo 1 Lo Ius soli a scuola 8 1.1. Una nuova generazione di «cittadini senza cittadinanza» 8 1.2. Perché la scuola del primo ciclo? 9 Capitolo 2 Contesto demografico e strumenti metodologici della ricerca 11 2.1. La presenza di studenti figli di immigrati in Italia e in Veneto 11 2.2. Strumenti metodologici e campo d’indagine 12 2.2.1. Le interviste in profondità ai dirigenti scolastici 13 2.2.2. I focus group con i docenti 14 Capitolo 3 Ius soli e cittadinanza: la prospettiva della scuola 16 3.1. La scuola come luogo di inclusione e cittadinanza attiva 16 Capitolo 4 Quali criticità? 20 4.1. Dietro lo studente: famiglie migranti e traiettorie biografiche 21 4.2. Dentro la scuola: gli ostacoli tra accoglienza ed inclusione 25 4.2.1. Processi identitari e confronto con il «gruppo dei pari» 25 4.2.2. Alfabetizzazione e risorse 27 Capitolo 5 Autorappresentazioni della e sulla scuola 32 5.1. Dissonanze tra principi e pratiche 32 5.2. Tensioni e sensibilità differenti all’interno del corpo docente 34 5.2.1. Il «toto straniero» e lo «scarica barile» 34 5.2.2. Regola o eccezione? 36 5.3. Primaria e secondaria di primo grado: quali differenze? 38 Capitolo 6 Indicazioni emerse dalle buone pratiche scolastiche 42 6.1. Nuovi modi di «fare rete» 43 6.1.1.Una sensibilità di genere: perché è importante coinvolgere le madri? 44 6.1.2. Insegnanti creativi 46 CONCLUSIONI 48 BIBLIOGRAFIA 51 ALLEGATI 54 3
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IRES VENETO PAPER N. 77 Introduzione Il recente dibattito sullo ius soli ha al centro i minori figli di immigrati, le cosiddette «seconde generazioni», ragazzi e ragazze che, dall’inserimento scolastico alle reti affettive, vivono l’intero processo di socializzazione in un Paese che non li riconosce come cittadini. Quello dei meccanismi che regolano l’accesso alla cittadinanza è tema dalle ricadute ampie e complesse che si situa su più ambiti disciplinari. La presenza di un numero sempre maggiore di «cittadini senza cittadinanza» nel sistema scolastico italiano impone oggi una riflessione profonda che riguarda quel patto tra Stato e cittadini su cui si è sviluppata la moderna concezione di cittadinanza (Colombo&Domaneschi&Marchetti 2009). La scuola, di questi processi, è uno degli attori in prima linea, chiamata al contempo non solo a gestire il cambiamento sociale ma anche a tracciarne la rotta. L’idea che ha ispirato il progetto di ricerca si fonda sulla convinzione che la scuola sia non solo agente di socializzazione primario per guardare la società di domani ma, ancor più oggi, luogo fisico e simbolico che «fa» la cittadinanza: dal favorire l’integrazione al farsi promotrice della mobilità sociale di questi giovani. Proprio per questo essa è investita di una responsabilità storica senza precedenti. Il presente rapporto è frutto di una ricerca sul campo condotta in Veneto, che, con 91.867 studenti su un totale di 717.710 (MIUR 2013), è la seconda regione dopo la Lombardia in quanto a presenze di alunni figli di immigrati 2. In particolare l’indagine ha riguardato la scuola del primo ciclo, raggiungendo primarie e secondarie di primo grado, dove i figli di immigrati sono circa il 14%. L’ipotesi è che proprio nella scuola del primo ciclo si strutturino processi di inclusione ed esclusione fondamentali per comprendere criticità e peculiarità di questa eterogenea generazione di ragazzi. Cinque Istituti scolastici dislocati in altrettante significative realtà di provincia (Padova, Treviso, Venezia, Verona e Vicenza) sono stati coinvolti nella ricerca. Cinque casi di studio che ci hanno permesso di raccogliere le rappresentazioni di dirigenti e docenti attraverso interviste in profondità e focus group che restituiscono la complessità ed eterogeneità dell’esperienza scolastica, mettendo al centro la parola 2 Gli alunni con cittadinanza non italiana sono quindi il 12,8% del totale, con media nazionale che si situa attorno all’8,8%. 5
IRES VENETO PAPER N. 77 come veicolo di significati. Le narrazioni portano alla luce le rappresentazioni scolastiche sulle seconde generazioni nella loro veste dinamica: ambivalenze e peculiarità dei processi scolastici di inclusione, conflitti, tensioni ed eterogeneità all’interno del corpo docente, buone pratiche e opportunità nel cambiamento. Posta come un’incudine tra famiglia e società, la scuola appare innanzitutto come luogo di pratiche, ben distinto dal piano giuridico che divide cittadini italiani e non. Essa compie di continuo «atti di cittadinanza», pratiche tese all’inclusione degli studenti come cittadini. «Di che cittadinanza parliamo?» è stato dunque il nostro interrogativo di fondo per capire la prospettiva della scuola in questa precisa fase storica. Da qui uno studio che si è dipanato attraversando i temi emersi dalle narrazioni di dirigenti e docenti. Il nostro indice traccia così analiticamente una mappa della nuova geografia scolastica letta attraverso il fenomeno dei figli degli immigrati. Troviamo, da un lato, la narrazione di criticità proprie dei percorsi biografici e familiari che caratterizzano il vissuto del singolo studente e, dall’altro, ciò che egli incontra invece dentro la scuola e che riguarda i processi scolastici di cui i dirigenti e docenti sono artefici e testimoni diretti. Su quest’ultimo aspetto emerge rilevante la narrazione delle difficoltà che lo sforzo per l’alfabetizzazione incontra a causa del calo di risorse per implementarla. L’analisi si sofferma quindi sugli effetti della complessità scolastica sul corpo docente. Il capitolo «Auto rappresentazioni della e sulla scuola» è parentesi riflessiva dei docenti sulle pratiche scolastiche inerenti la relazione con gli alunni figli di immigrati. Questa parte rende conto dello sforzo che sta facendo la scuola in termini di energie e risorse umane per far fronte a classi sempre più complesse, con la linea guida di individualizzare la proposta formativa alle esigenze del singolo alunno. Emergono così anche narrazioni di conflitti e tensioni interne al corpo docente. L’alunno figlio di immigrati può diventare così un «peso» che si tende a delegare;; le espressioni emblematiche di «toto straniero» e «scarica barile» individuano e decostruiscono queste dinamiche tra docenti. L’analisi prosegue approfondendo alcune differenze fondamentali emerse dalle narrazioni riguardanti la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado cercando di individuare le specificità del cambiamento che riguarda gli studenti nel loro percorso scolastico. Lo studio si chiude provando a tirare le somme delle principali linee rintracciate nelle buone pratiche scolastiche, alcune realtà estese e strutturate nella scuola, altre legate all’inventiva e generosità del singolo docente. Emerge soprattutto la necessità di posizionare la 6
IRES VENETO PAPER N. 77 scuola come uno, ma non l’unico, vettore di integrazione. Si apre un discorso ampio sull’importanza di azioni sinergiche che sappiano «fare rete» con il territorio e con una molteplicità di attori. Sono messe in evidenza alcune iniziative non convenzionali che tracciano nuovi modi di fare inclusione. Sono percorsi che mettono al centro la famiglia immigrata, cercando di farla diventare parte attiva dei processi scolastici, attraverso percorsi di alfabetizzazione e partecipazione che mirano ad una maggior attenzione alla realtà familiare dietro lo studente. Da qui l’importanza di sensibilità e politiche di genere che migliorino l’interazione con le madri di questi ragazzi, chiamate, soprattutto nella scuola del primo ciclo, ad un ruolo fondamentale di supporto allo studio. Ne emerge una scuola per certi versi «più debole e fragile» di fronte alla complessità, ma anche generosa e ricca di risorse e professionalità preziose per farvi fronte in modo efficace. Una scuola che continua, malgrado le difficoltà, ad essere luogo di cittadinanza attiva. Sono frammenti di un puzzle complesso da ricostruire, un «sapere pratico» che la scuola ha fatto proprio e che merita di essere valorizzato e «fatto metodo», da sistematizzare e, dunque, riprodurre e diffondere. 7
IRES VENETO PAPER N. 77 Capitolo 1 Lo Ius soli a scuola 1.1. Una nuova generazione di «cittadini senza cittadinanza» La presenza di un numero sempre maggiore di «cittadini senza cittadinanza», sostiene Colombo (2013), tende ad indebolire il potere e la legittimità dello Stato stesso, imponendo un ripensamento del patto di cittadinanza attraverso cui si costruisce una rete che mira ad assicurare solidarietà ed eguaglianza a chi ne fa parte, escludendo di fatto da tale comunità il «non» cittadino. Oggi che si avvicinano al milione, i figli di immigrati in Italia, offrono una prospettiva nuova per leggere la contemporaneità e rileggere paradigmi interpretativi e trasformazioni inerenti la cittadinanza (Colombo&Domaneschi&Marchetti 2009). Definire le seconde generazioni 3 è di per sé opera controversa, oggetto spesso di confuse analisi proprio perché «confluiscono in questa categoria concettuale casi assai diversi che spaziano dai bambini nati e cresciuti nella società ricevente, agli adolescenti ricongiunti dopo aver compiuto un ampio processo di socializzazione nel Paese d’origine» (Ambrosini&Molina 2004: 5). Il recente dibattito sullo ius soli ha al centro i giovani figli di immigrati, questa generazione di ragazzi e ragazze socializzati nel nostro Paese da genitori di un’origine nazionale differente. Essi studiano e parlano la nostra lingua, si inseriscono nelle reti del nostro Paese in maniera attiva, dalle reti istituzionali a quelle economiche, a quelle più prettamente relazionali. In Italia queste ragazze e questi ragazzi non sono però riconosciuti come cittadini italiani fino a che, al compimento del diciottesimo anno di età, attraverso un complesso iter burocratico 4, possono accedere ai 3 Dentro l’etichetta «seconde generazioni» confluiscono una molteplicità di casi assai differenti a testimonianza della complessità di una definizione del fenomeno (Ambrosini&Molina 2004). Rumbaut (1997) ha infatti colto questa complessità introducendo il concetto di «generazione 1.5» e poi quelli di generazione 1.25 e 1.75. La generazione 1.5 è quella che ha iniziato il processo di socializzazione e la scuola primaria nel Paese d’origine e ha completato l’educazione scolastica all’estero;; la generazione 1,25 è quella che è emigrata tra i 13 e i 17 anni;; la generazione 1,75 quella che si è trasferita all’estero nell’età prescolare, dai 0-5 anni. 4 Chi nasce in Italia da genitori stranieri può diventare italiano per “naturalizzazione”, ma al compimento del 18° anno ha un anno di tempo per chiedere la cittadinanza. Tale passaggio implica innanzitutto l’esser in grado di 8
IRES VENETO PAPER N. 77 diritti e doveri legati all’ottenimento della cittadinanza (Colombo&Domaneschi&Marchetti 2009). Tale aspetto influenza dall’alto il loro percorso di crescita e, oltre ad avere ricadute sociali ampie e complesse, investe direttamente i processi di costruzione della loro identità (Colombo&Rebughini 2009;; Ambrosini 2001). L’idea che ha ispirato il progetto di ricerca si fonda sulla convinzione che la scuola sia non solo, da sempre, agente di socializzazione primario per guardare la società di domani ma, ancor di più oggi, luogo fisico e simbolico che dà contenuto alla cittadinanza formando gli italiani di domani. La presenza nella scuola dei giovani figli della migrazione diviene sempre più oggetto di analisi soprattutto da parte della sociologia e della psicologia sociale (Tieghi&Ognissanti 2009;; Casacchia et al. 2008;; Bastianoni 2001;; Mantovani 2008;; Ambrosini&Molina 2004), proprio perché «la crescita dei figli di immigrati mette alla prova i dispositivi delle società riceventi, ancora legati a una presunta omogeneità e coesione “naturale” delle società nazionali» (Ambrosini 2009: 50). Anche il diritto si interroga oggi su come formulare una legge basata sullo ius soli che tenga conto della formazione scolastica avvenuta in territorio italiano 5. La scuola si vede così sempre più investita, nel discorso pubblico, non solo della funzione di integrazione strettamente intesa, ma anche della promozione della mobilità sociale di questi giovani. Dirigenti scolastici e docenti, raccontando la loro esperienza diretta con questa «generazione senza cittadinanza», ci restituiscono una fotografia dal basso di una scuola in prima linea nell’affrontare una società sempre più plurale, aiutandoci anche ad interpretare, da una prospettiva privilegiata, il discorso pubblico che oggi ruota attorno allo ius soli. 1.2. Perché la scuola del primo ciclo? La scuola, come agente di socializzazione primaria insieme alla famiglia, è stata chiamata da subito a confrontarsi con il fenomeno dell’immigrazione e, dunque, ad accogliere nel sistema scolastico i dimostrare di aver risieduto in Italia legalmente, senza interruzioni, fino al raggiungimento della maggiore età (Caponio 2007). 5 Per un approfondimento sugli aspetti giuridici della riforma della legge 91/1992 e le sue principali proposte di riforma Cfr., Giovannetti M., Zorzella N, (2013). La cittadinanza alle seconde generazioni, L’economia dell’immigrazione, Fondazione Leone Moressa, 3, 8-14. 9
IRES VENETO PAPER N. 77 figli di immigrati. Una legge sullo ius soli cambierebbe infatti lo status giuridico di molti studenti nati in Italia o arrivati nei primi anni d’età e inseriti nel ciclo scolastico italiano. Essi sono portatori di diversità con la quale l’istituzione scolastica si deve misurare a più livelli: nella gestione del rapporto con i genitori, nell’inserimento scolastico dei figli, nel rapporto tra principi inclusivi e pratiche scolastiche per l’integrazione. Per sua natura la scuola è stata chiamata a precedere il diritto adottando strategie e prassi per rispondere ai cambiamenti di una società sempre più multietnica, ben prima che il diritto stesso iniziasse a porsi il problema di «registrare» formalmente tale cambiamento. L’ipotesi che ci ha spinto a circoscrivere questa ricerca alla scuola del primo ciclo, dunque, si fonda su due aspetti principali. In prima istanza vi è un dato statistico significativo 6 che evidenzia come sia proprio nella scuola del primo ciclo che si concentra oggi il maggior numero di studenti non cittadini italiani. La seconda considerazione si basa sull’ipotesi che sia dal loro primo inserimento nella scuola che si comincino a strutturare le pratiche di inclusione ed esclusione e si determinino quindi le condizioni per comprendere l’evoluzione del loro futuro scolastico. Ricerche (Tieghi&Ognissanti 2009) e dati MIUR 7 testimoniano infatti come, dopo la scuola del primo ciclo, il percorso scolastico dei minori figli di immigrati si differenzi sostanzialmente rispetto a quello dei loro coetanei autoctoni sia relativamente alla scelta di indirizzo nella scuola secondaria sia per le maggiori percentuali di dispersione e abbandono scolastico. Tale aspetto ci spinge ancor più a considerare la scuola del primo ciclo come luogo d’elezione in cui comprendere il futuro dei figli dell’immigrazione. 6 Cfr., Dati MIUR (2013). Vedi a tal proposito le tab.1-2 (allegati). 7 «I dati rilevati nell’anno 2012/2013 mostrano che ben il 38,2% degli alunni stranieri (di tutti gli ordini di scuola), si trova in una situazione di ritardo scolastico, a fronte di un ben più contenuto numero di alunni con cittadinanza italiana (11,6%). La percentuale è più elevata all’innalzarsi della loro età. Nella scuola primaria i bambini in ritardo rappresentano il 16,3% fra quelli con cittadinanza non italiana e il 2,0% fra quelli con cittadinanza italiana;; nella scuola secondaria di primo grado sono l’44,1% fra gli stranieri contro il 8,0% di quelli italiani;; nella scuola secondaria di secondo grado la percentuale di alunni stranieri in ritardo nel percorso scolastico è molto elevata: 67,1%, contro il 23,9% degli italiani.» Cfr., MIUR – Servizio Statistico, Gli alunni stranieri nel sistema scolastico italiano, A.S. 2012-2013, (Ottobre 2013), p.4. 10
IRES VENETO PAPER N. 77 Capitolo 2 Contesto demografico e strumenti metodologici della ricerca 2.1. La presenza di studenti figli di immigrati in Italia e in Veneto 8 La presenza degli alunni figli di immigrati nelle scuole italiane, oltre che eterogenea rispetto all’origine nazionale (sono circa 200 le nazionalità rappresentate a scuola) registra da anni una crescita costante. Nell’anno scolastico 2012/2013 il numero degli alunni con cittadinanza non italiana è stato pari a 786.630 unità, ovvero 30.691 unità in più rispetto all’anno scolastico 2011/2012 9. Nell’anno scolastico 2012/13 i giovani figli di immigrati iscritti nelle scuole del Veneto sono stati 91.867. La regione Veneto si attesta così al secondo posto in Italia (dopo la Lombardia, con 191.526) in quanto a numero di alunni con cittadinanza non italiana. Quasi 20.492 sono i minori nella scuola dell’infanzia, 34.335 nella scuola primaria, 19.596 nella secondaria di primo grado e circa 17.444 nella secondaria di secondo grado. L’incidenza maggiore si registra quindi nei primi ordini del sistema scolastico, con gli iscritti nella fascia prescolare che si attestano al 14,7% che insieme alle scuole primarie si conferma l’ordine a maggiore incidenza di studenti non italiani (14,7%). Nelle secondarie di primo grado la percentuale è del 13,6%, valore che scende all’8,7% nella scuola secondaria di secondo grado 10. La distribuzione provinciale degli studenti con cittadinanza non italiana in Veneto riflette le caratteristiche della presenza migratoria nel territorio, più concentrata nelle province manifatturiere e nei distretti industriali, dunque, nell’area centrale e pedemontana della regione. Un’incidenza complessiva superiore alla media si osserva nelle provincie di Treviso (14,2%), Vicenza (13,6%) e Verona (13,3%), mentre il valore minimo è quello di Belluno (7,2%). Questa presenza non varia significativamente tra i diversi ordini scolastici: solo nella scuola per l’infanzia Vicenza si attesta al primo posto, con ben 16 bambini stranieri ogni 100 iscritti (15 nella provincia di 8 I dati sopra riportati danno riferimento agli studenti con cittadinanza non italiana dell’anno scolastico 2012/2013 aggiornati al 29 luglio 2013. Cfr., MIUR - Ufficio di Statistica (ott.2013). 9 Cfr., Tab.1 – Allegati 10 Cfr., Tab.2 – Allegati 11
IRES VENETO PAPER N. 77 Treviso). La quota in assoluto più elevata si ritrova in corrispondenza della scuola primaria, che in provincia di Treviso vede gli studenti figli di immigrati al 16,7% (Gambuzza&Rasera 2013: 65, 68) 11. 2.2. Strumenti metodologici e campo d’indagine12 Visti gli obiettivi esplorativi dello studio ci si è serviti degli strumenti e delle opportunità offerti dall’indagine qualitativa. Essa ha infatti il fine di cogliere le peculiarità di processi di attribuzione di senso, spesso complessi e controversi, integrando dati e statistiche che danno le dimensioni di un fenomeno, ma non ne sondano in profondità caratteristiche ed implicazioni. Avvalendosi di interviste 13 e focus group 14 la ricerca ha perciò messo al centro la parola di dirigenti e insegnanti della scuola del primo ciclo. Questa emerge come veicolo che porta alla luce quel «racconto di pratiche» (Bertaux 1999) intraprese da e nell’istituzione scolastica per affrontare le trasformazioni in atto nella composizione delle classi. Non era nostro obiettivo raggiungere l’intero territorio regionale, quanto piuttosto far emergere una fotografia del fenomeno in alcune sue realtà significative. Abbiamo, quindi, circoscritto il campo d’indagine alle cinque province venete di Padova, Treviso, Venezia, Verona e Vicenza dove, secondo i dati MIUR (2013), vi è la maggiore concentrazione di studenti di cittadinanza non italiana. Grazie al supporto e al contributo della rete IRES e Cgil 15 sono stati individuati cinque Istituti scolastici comprensivi (Tab.3 - Allegati), rispettivamente dislocati nelle cinque province sopraccitate. Qui si è articolato un lavoro progressivo, al contempo conoscitivo e di accesso 11 I dati divisi per provincia in questo paragrafo fanno riferimento al Rapporto 2013 (Dati 30 sett. 2013), Immigrazione straniera in Veneto, a cura dell’Osservatorio Regionale sull’immigrazione. In particolare ci siamo rifatti ai dati presenti al capitolo 3, (a cura di) Gambuzza e Rasera: “Giovani stranieri nel sistema scolastico regionale” pp.65-72. 12 All’interno della ricerca sono stati usati pseudonimi per garantire l’anonimato. 13 All’interno della ricca tradizione di ricerca qualitativa si veda a riguardo i contributi allo sviluppo dell’intervista come metodo di indagine offerti da Cardano (2011), Kaufmann (2007), La Mendola (2009), Silverman (2000). 14 A questo proposito testi utili ai fini di una trattazione pratica del focus group sono quelli di Krueger e Casey (2000) e Frisina (2010). 15 A questo proposito fondamentale è stato il lavoro organizzativo di un dirigente sindacale della Cgil che ha individuato e favorito i contatti con i dirigenti scolastici dei cinque Istituti. 12
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