"le farfalle stendono le loro vele sul mare della luce " R.Tagore
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Manuela Signorelli e Domizia Carafoli settembre 2018 "le farfalle stendono le loro vele sul mare della luce..." R.Tagore Sommario La mia preferita: Caryopteris x clandonensis Perle: Ixia, Pavonia Miskii Dianthus pygmaeus Itinerari: Orto Botanico di Salerno Libri e Giardini a Ginevra A pelo d’acqua: Rosa palustre Recensioni: La vita delle piante Emanuele Coccia Erbe, arbusti, alberi nella tradizione popolare delle Marche Elisabetta Baldoni Lab girl Hope Jahren immagini: Orto Botanico di Salerno fioriti a settembre: Caryopteris Salvia haenkei Pavonia rosea
La mia preferita: Caryopteris x clandonensis Piante discrete i Caryopteris, fedeli e costanti, di loro ci si dimentica quasi per tutto l’anno: legnosi e sgraziati in inverno, ai primi tepori di primavera rimettono le foglie annunciando nel loro modo sommesso la fine del grande freddo. Ma è a fine agosto che ci si accorge davvero di loro, quando, senza cura alcuna né concime e rarissime innaffiature, si ricoprono di boccioli che esplodono a settembre in una nuvola azzurro lilla. E’ allora che è un piacere osservare il ronzio incessante di api, bombi e farfalle sui fiori leggeri simili a piume, e annusare le foglie verde oliva, finalmente protagoniste, dal dolce aroma. Piante estremamente mellifere, i Caryopteris tollerano un terreno calcareo, sciolto, arido, e possono espandersi fino a 1metro e mezzo di larghezza. Resistono fino a meno 15 per brevi periodi. Appartengono alla famiglia delle Verbenaceae. Mi sono sempre chiesta come alla guida di importanti famiglie botaniche si trovino spesso piante apparentemente umili, in questo caso la Verbena officinalis, un tempo regina dei fitoterapici, o la Ruta della macchia mediterranea che accoglie “in famiglia” tutti gli agrumi, le Choysie, ecc, o il luminoso Mirto, che ha possenti alberi quali gli Eucalipti tra i membri della famiglia che porta il suo nome. Ricordiamo tra le Verbenaceae i profumati Clerodendron, alcuni ora in fiore, come Clerodendron ugandense, la Duranta dalle cascate fiorite di blu viola e bacche gialle, le Lantane, e ancora le Callicarpe, la deliziosa cedrina, Aloysia triphylla, dal profuma frizzante e sereno. Non ultima una splendida tappezzante, Phyla nodiflora, un tappetino soffice, calpestabile, basta una spruzzata d’acqua nei periodi più caldi e si ricopre di piccoli fiori bianchi a rosellina, bellissima. Durante l’inverno nel mio giardino sparisce, si rannicchia da qualche parte, ma in primavera riappare: in qualche punto del giardino si è associata con Lysimachia
nummularia a foglia quasi dorata, una primulacea tappezzante che sembra sopportare la mancanza d’acqua, nonostante sia quasi una pianta acquatica. Phyla nodiflora e Lysimachia nummularia. Manuela Sign. Perle: Ixia Iridaceae Fiori a forma di stella per queste piccole bulbose di vari colori appartenenti alla famiglia delle Iridaceae. Di origine sudafricana, conosciute forse più come fiori da taglio, hanno fiorito per la prima volta in agosto quest’anno, e continuano a fiorire. Ho acquistato una piantina al vivaio Strina di Ischia l’anno scorso, solo una manciata di esili steli filiformi, e l’ho interrata in autunno inoltrato. Ixia cresce al massimo 30cm, e il genere comprende una trentina di specie, sopporta la siccità e il freddo per brevi periodi, si può propagare dividendo i piccoli bulbi. Pavonia Miskii Malvaceae Piccola Pavonia dai grandi fiori color corallo, ha la dolcezza delle malvaceae e una resilienza inaspettata: ha sopportato il gelido vento siberiano di marzo, quando sembrava morta, si è poi lentamente ripresa e in estate un tasso dispettoso, dopo aver sradicato alcune piantine da poco interrate, si è accanito anche su Pavonia Miskii. Ormai allo stremo, è stata messa in convalescenza in vaso inattesa di tempi migliori: ora, cambiatole posto è di nuovo in piena terra e piena fioritura.
Dianthus pygmaeus Caryophyllaceae Viene dalle montagne di Taiwan questo garofanino , alto 15cm, dalla grazia leggera e aerea, acquistato a Lucca alla splendida Murabilia, ricca di espositori di qualità come Crug Farm Plants, gallese, segnalato nel Plant Finder tra i cercatori di piante. Manuela Signorelli Il Giardino della Minerva Orto Botanico Salerno Risale alla prima metà del milletrecento la nascita dell’Orto Botanico nel cuore della Salerno medioevale, fondato da Matteo Silvatico, medico e botanico. E' qui, tra le piante officinali coltivate a scopo terapeutico, che la f i o re n t e S c u o l a M e d i c a Salernitana trovava la sua sede, in questo luogo dal microclima ideale, protetto dai venti da nord e ricco di sorgenti. Un completo restauro nell’anno 2000 offre ora ai visitatori la sorpresa di un orto raccolto, quasi un hortus conclusus, dall’atmosfera silenziosa e antica. Il più antico Orto Botanico d’Europa. Una lunga scalea sottolineata da colonne con pergolato , con elementi del settecento, porta ai 4 livelli del giardino, con vasche e fontane: si sale guardando il mare e la città dall’alto, e le colline aspre nella luce del Sud. Il Giardino della Minerva è un vero e proprio
“giardino dei semplici”, con centinaia di essenze coltivate, ed è stato inserito tra i 10 Parchi più belli d’Italia nel 2018. A fine giugno la luce era sfolgorante, il mirto un albero fitto e frondoso fiorito di bianco, e i rami arcuati della salcerella (Lythrum salicaria), parente delle più note Lagestroemie, ricamavano in fucsia il cielo chiaro. Si coglie nel Giardino della Minerva qualcosa del mistero e del fascino delle piante medicinali, molte dall’umile apparenza ma potenti. L’Orto è Museo Regionale, sede di numerose mostre e di attività didattiche per le scuole. Vi a F. S a n s e v e r i n o 1 S a l e r n o www.giardinodellaminerva.it Manuela Signorelli LIBRI E GIARDINI - In una mostra a Ginevra l’universo affascinante del giardino e della scrittura 28/4 - 9/9 2018 Dalla Mesopotamia all’antico Egitto, dalla Grecia all’impero romano fino all’avanguardia del XX secolo passando per la Cina, il Giappone, la Persia e il Rinascimento europeo, la rassegna Des jardins et des livres alla Fondation Bodmer di Ginevra riunisce in una prospettiva storica gli scritti piú significativi dedicati ai giardini ai fiori e alle piante. Una brillante disamina con 250 opere dalle maggiori collezioni pubbliche e private che
partendo da un testo cuneiforme tardo babilonese del 6 secolo avanti Cristo sui Discorsi fondamentali intorno alle piante racconta il giardino come “predominio della cultura sulla natura”, fino ai toccanti scritti di Rilke sul suo giardino di Muzot nel Vallese. Le piante, i fiori e i giardini in tutto lo splendore culturale di preziose e rare edizioni di testi scientifici e poetici quali il De re rustica di Catone, il De situ orbis di Strabone in un’edizione di Venezia del 1516, al De historia et causis plantarum di Teofrasto in un’edizione di Treviso del 1483. E poi Omero e Plutarco, un Canzoniere del Petrarca edito a Padova nel 1500, il Tasso con la Gerusalemme liberata, Gli Asolani del Bembo. Di particolare fascino i disegni dei fiori nel Tempio di Flora nella Nuova Illustrazione del Sistema sessuale di Linneo di Robert John Thornton (1799-1807) e gli acquerelli, vedi i Girasoli, che illustrano il magnifico codice di Basilius Besler Hortus Eystettensis (1613). E ancora Ariosto, Leon Battista Alberti, Spenser, Cervantes, il Paradiso perduto di Milton, Darwin con Le origini della specie, fino al giardino nella letteratura moderna, con D’Annunzio, Stefan George, fino al Dr. Zhivago di Pasternak in cui si legge: “ Lo spazio intero si perdeva nel nulla, questo giardino soltanto era una fonte di vita”. Aridea Fezzi Price A pelo d’acqua. LA ROSA PALUSTRE: UNA ROSA PER IL LAGHETTO Le rose sono indubbiamente i fiori più conosciuti e tra quelli più amati: chi, infatti, non ha mai ricevuto o regalato una rosa? Non tutti però sanno che anche i laghetti possono vantare una loro rosellina: la rosa palustre (Rosa palustris Marsh.), appunto. Sicuramente non è tra le rose più appariscenti, ma è
comunque molto decorativa con il suo fiore semplice e profumato, formato da cinque petali rosa intenso, simile a quello della rosa canina, ma dal colore più deciso. La rosa palustre forma un cespuglio mediamente spinoso con rami eretti o dolcemente arcuati, rossastri e foglie pinnate, formate da sette foglioline verde-grigiastre. Fiorisce, un'unica volta, nei mesi caldi, dopodiché i fiori lasciano il posto ai cinorrodi rosso-arancioni, che rendono così la pianta colorata anche in autunno. E' una specie spontanea della costa orientale degli Stati Uniti, dove cresce lungo i corsi d'acqua, sulle sponde dei laghi e in zone umide, al sole o mezz'ombra. E' resistente al gelo e si adatta perfettamente al nostro clima. Gli amanti delle rose non possono, perciò, rinunciare a questa specie poco conosciuta sulle sponde del loro laghetto (o nell'angolo più umido del giardino), magari accompagnata (in una zona meno umida) da qualche esemplare della nostrana rosa canina. Francesca Panelli. Agronoma, esperta in piante acquatiche consulente del vivaio Menyanthes Recensioni Emanuele Coccia La vita delle piante. Metafisica della mescolanza. ed. Il Mulino pagg. 159 “Esigono solo il mondo, la realtà nelle sue componenti più elementari: le pietre, l’acqua, l’aria, la luce. Trasformano in vita tutto ciò che toccano.” Emanuele Coccia, filosofo italiano Professore Associato all’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi, riporta in questo denso piccolo libro, già recensito da Stefano Mancuso, la botanica al centro della riflessione sul mondo, ridona alle piante la centralità perduta. Sono le piante “a fare il mondo”. Mi ha affascinato, innamorata del mare, il tono poetico con cui Coccia parla delle prime forme di vita che vengono dal mare, e della fluidità del respiro che tutto compenetra: vivere è respirare, l’atmosfera è un respiro che respira e pulsa col mondo. “La visione è respirazione, ricevere la
luce e i colori, avere la forza per lasciarsi attraversare dalla sua bellezza, per sceglierne una, e una sola porzione, per creare una forma…” Le piante, pur nell’assenza di movimento, immerse nella terra e nel cielo vivono il mistero della loro vita in un sogno cosmico. Le radici , sede dell’intelligenza, il fiore e il seme, bellezza e scambio, la meraviglia delle foglie, “laboratorio climatico” e “paradigma dell’apertura”, che, attraversate dalla luce , permettono alla vita di esistere nelle sue infinite forme. E’ il vivente a creare l’ambiente intorno a sé, il concetto di ambiente estraneo ed esterno al vivente viene ribaltato dall’autore. Un libro su cui tornare, stimoli di riflessione, stupore sospeso per queste nostre alleate preziose, le piante, la cui importanza va ben oltre l’ornamento. Le stesse piante che hanno lasciato un segno profondo nella vita di Emanuele Coccia da quando, giovane studente nell’Italia centrale, frequentava un Istituto Agrario, osservando “il loro silenzio, la loro apparente indifferenza a tutto quello che chiamiamo cultura.” Manuela Sign. “LAB GIRL - LA MIA VITA TRA I SEGRETI DELLE PIANTE” di Hope Jahren, Codice Edi, pagg. 316 “Hope Jahren - ha scritto il New York Times - farà per la botanica quello che i libri di Oliver Sacks hanno fato per la neurologia”. Cioè rendere vivi, comprensibili e affascinanti dati scientifici altrimenti strettamente dedicati solo agli addetti ai lavori. L’autobiografia di questa “ragazza di laboratorio”è formata da due componenti: la sua storia di scienziata votata alla ricerca costi quel che costi da un lato e i dati accumulati in anni di studi sulla vita delle piante dall’altro. Il filo conduttore della prima è la vicenda di una magra ragazzina americana nata nel gelido Minnesota da una famiglia scandinava, laureatasi fra mille difficoltà economiche. La storia di una grande amicizia con il suo fedele collaboratore Bill, le scoperte scientifiche sulle piante, i laboratori, le conferenze, il colpo di fulmine per il bellissimo marito, la gravidanza mal sopportata, il figlio amato. Scandiscono questi anni di vita i risultati delle ricerche botaniche. Ma non si tratta di cifre,
formule, elenchi: Hope Jahren non considera le piante come semplici oggetti dei suoi studi bensì come creature intelligenti con le quali interagisce cercando di carpirne i segreti e le leggi interiori. Potremmo quasi dire: i sentimenti. I semi, ad esempio: “I semi sanno aspettare… Ci vuole una combinazione scatenante di temperatura-umidità-luce... per convincere un seme a gettarsi allo sbaraglio, Mentre aspetta, un seme è vivo... Quando entrate in un bosco, …forse non guardate in basso, dove proprio sotto l’impronta lasciata dalla vostra scarpa, si trovano centinaia di semi, ciascuno vivo, e in attesa, nella speranza di avere un’opportunità che potrebbe non arrivare mai.” La prospettiva è ribaltata rispetto a tanti importantissimi libri di botanica: il seme, il tronco, la foglia non sono osservati con fredda attenzione di studiosa ma raccontati con profonda empatia, complicità, affetto. Immedesimandosi nella grande lotta di tutte le creature per la sopravvivenza. E le foglie? Nessuna invenzione umana, sostiene la scrittrice, è perfetta come una foglia, piccola parte di un albero “progettato circa trecento milioni di anni fa”. Minuscolo laboratorio vivente di biochimica: “Le foglie producono zuccheri. Le piante sono gli unici organismi dell’universo in grado di produrre zuccheri a partire da materia inorganica non vivente. In mancanza di un apporto costante di glucosio, il cervello umano muore. Punto”. Molti autorevoli botanici potrebbero anche storcere il naso di fronte a questa “volgarizzazione” dei dati scientifici. Ma bisognerebbe riflettere su quanto la lettura di questo libro può significare per una comprensione diversa del mondo vegetale. E tenere a mente ancora una frase della scienziata : “L’uomo non è in grado di fare una foglia, ma sa come distruggerla”. Ogni dieci anni viene tagliato l’un per cento del patrimonio arboreo mondiale per un’estensione pari a quella della Francia. E si tratta di un patrimonio che non verrà più ricostituito. Domizia Carafoli “ERBE, ARBUSTI, ALBERI NELLA TRADIZIONE POPOLARE DELLE MARCHE” di Antonietta Baldoni, pagg.591, Tecnoprint Ed. Ecco un libro semplice, scritto da una donna semplice. Almeno si suppone, dal momento che dell’autrice il volume non porta alcuna notizia. Ma Antonietta Baldoni si presenta da sé con questo corposo scritto nel quale esamina, con estrema precisione, il grande patrimonio verde delle Marche (ma
riferibile in gran parte anche alle altre regioni dell’Italia Centrale) non soltanto sotto l’aspetto botanico ma anche sotto quello dell’uso secolare delle piante nell’alimentazione, nella medicina, nei riti magici, nei giochi infantili, nella fabbricazioni di oggetti domestici e nelle attività agro-pastorali. Insomma una sorta di affascinante zibaldone (viene quasi voglia di paragonarlo allo Zibaldone leopardiano, è un accostamento molto ardito ma dopotutto siamo nelle Marche) dove dalla A di Agnocasto (Vitex agnus-castus, verbenacea) alla Z di Zigolo (Cyperus longus L., cyperacea) sulle piante selvatiche e coltivate si trovano tantissime informazioni corredate di foto non sempre perfette ma sufficienti. Un’utile e rassicurante guida per lente passeggiate fra le morbide colline marchigiane alla ricerca di erbe mangerecce e medicali, alla scoperta di una natura antropizzata dove però era stato raggiunto, fino a non molti anni or sono, un felice equilibrio. Equilibrio oggi messo a rischio da colture estensive, meccanizzazione e urbanizzazione incontrollata. Anche lo zibaldone della signora Antonietta può diventare una difesa di questo patrimonio minacciato. Domizia Carafoli Salvia microphylla Ribambelle “ Diffidate di un giardino in cui non crescono erbacce ” antico proverbio signorellimanuela@gmail.com. carafoli@gmail.com
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