La spesa pubblica in Italia: articolazioni, dinamica e un confronto con gli altri Paesi - CENTRO DI RICERCHE IN ANALISI ECONOMICA E SVILUPPO ...
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Università Cattolica del Sacro Cuore CENTRO DI RICERCHE IN ANALISI ECONOMICA E SVILUPPO ECONOMICO INTERNAZIONALE La spesa pubblica in Italia: articolazioni, dinamica e un confronto con gli altri Paesi Floriana Cerniglia ISBN 978-88-343-1316-X € 3,00
Università Cattolica del Sacro Cuore CENTRO DI RICERCHE IN ANALISI ECONOMICA E SVILUPPO ECONOMICO INTERNAZIONALE La spesa pubblica in Italia: articolazioni, dinamica e un confronto con altri Paesi Floriana Cerniglia Novembre 2005
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Abstract Il lavoro consiste prevalentemente in una analisi quantitativa sull’andamento della spesa pubblica in Italia dal 1960 al 2002 e si conclude con alcune osservazioni di carattere generale in un’ottica di confronto con altri Paesi. Nella prima parte si considera il trentennio 1960-1990, nel quale si è verificata l’espansione più prolungata del peso del settore pubblico sull’economia italiana: la quota di spesa pubblica sul Pil è passata dal 29 al 53,5%, mentre l’adeguamento delle entrate è stato più lento, portando la finanza pubblica agli inizi degli anni ’90 in condizioni assai precarie. Nel 1992, infatti, il debito pubblico ha superato il 100% del Pil e il peso del disavanzo ha raggiunto l’11%. Si analizza successivamente la fase di risanamento della finanza pubblica che caratterizza gli anni ’90, con particolare attenzione al periodo che va dal biennio 1992-1993 al 1997, poiché in esso si realizzano gli interventi più importanti che hanno consentito all’Italia di essere fra i Paesi che hanno dato vita all’euro. I conti economici delle Amministrazioni Pubbliche sono presentati per categorie economiche e per categorie funzionali. La classificazione delle spese per categorie funzionali solo recentemente è stata resa disponibile dall’Istat e consente di comprendere più precisamente per quale finalità e/o bene pubblico vengono erogate le risorse: come ci si può attendere, il maggior peso della spesa pubblica è quello della “protezione sociale” (o assistenza e previdenza), seguita da sanità e istruzione. Questa ripartizione per categorie funzionali è svolta anche per sottosettori che compongono le Ap (Amministrazioni Centrali, Amministrazioni Locali e Enti di Previdenza): coerentemente con il processo di decentramento in atto in Italia negli ultimi anni, si osserva che sono le amministrazioni locali che erogano la maggior parte delle risorse per alcune categorie funzionali (ad esempio nel caso della sanità). L’attenzione si sposta poi su un aggregato di funzioni di spesa particolarmente importanti: si tratta della spesa per il welfare (previdenza, assistenza, sanità e istruzione) che nell’anno 2002 3
ammonta a circa 370 miliardi di euro, circa il 70% della spesa totale delle amministrazioni pubbliche escludendo gli interessi passivi. L’analisi comprende alcuni cenni alle caratteristiche salienti del modello di welfare italiano, distinguendolo da quello di altri Paesi europei. È possibile riscontrare che soprattutto la previdenza ha un peso significativo nel modello di welfare italiano. La parte conclusiva dello studio svolge invece alcune considerazioni in merito alla “qualità” della spesa pubblica in un momento di crescita molto debole dei Paesi Ue e dunque sulla necessità di puntare su tipologie di “spesa produttiva,” capace cioè di stimolare lo sviluppo economico. Il riferimento è soprattutto alle spese per investimenti in Ricerca e Sviluppo e anche in formazione del capitale umano, per raggiungere gli obiettivi fissati in sede europea dal Consiglio di Lisbona del 2000. Si ricorda che l’Italia si colloca negli ultimi posti nella classifica della spesa in R&S (circa 1,07% sul Pil). Dal confronto tra l’andamento della spesa pubblica italiana e quello riscontrato in Francia, Germania e Regno Unito non emergono divari significativi in termini di peso del settore pubblico sul Pil e di singole categorie funzionali di spesa. Quello che invece emerge come specificità del caso italiano è il peso rilevante che hanno avuto e continuano ad avere il deficit, il debito e le spese per interessi passivi. Il debito e la quota rilevante di spesa per interessi che l’Italia ha dovuto sostenere in questi decenni è ciò che più impedisce oggi al nostro Paese di indirizzare maggiori risorse verso investimenti produttivi. 4
INDICE 1. Introduzione 7 2. Dal 1960 al 1990: una sintesi 12 3. La spesa delle amministrazioni pubbliche dagli anni novanta e la politica di risanamento 34 4. La composizione per categoria funzionale e per livelli di governo della spesa pubblica 48 5. La spesa per il welfare 58 6. Conclusioni: gli investimenti pubblici e la “qualità” della spesa pubblica 66 Riferimenti bibliografici 73 Appendice 77 Elenco Quaderni Cranec 80 5
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1. Introduzione* Nella storia dell’Italia di questo secolo i decenni che vanno dal 1960 in poi sono quelli che hanno visto l’espansione più prolungata del peso del settore pubblico sull’economia. In questi quaranta anni la quota della spesa pubblica sul Pil è passata dal 29% al 47% ed ha toccato quasi il 58% negli anni tra il 1992 e il 1993. Questa spesa ha contribuito a generare in Italia un ammontare di debito superiore al Pil. In questo lavoro l’obiettivo principale consiste nel tratteggiare, attraverso l’analisi dei dati del Conto economico consolidato delle Amministrazioni pubbliche, questo trend di crescita. Detto altrimenti, il nostro obiettivo è una presentazione quantitativa del fenomeno. Come la letteratura economica ha evidenziato, le dimensioni della spesa pubblica pongono infatti numerosi quesiti sulle cause, modalità ed evoluzione futura che meritano ulteriori approfondimenti soprattutto sulla base di una distinzione fra i fattori strutturali e i fattori di ordine politico- istituzionale che sono alla base di tale crescita. Il lavoro è organizzato come segue: nel paragrafo 2 si riassume l’andamento complessivo delle spese e delle entrate nel trentennio 1960- 1990. Ci è sembrato opportuno cominciare l’analisi dei dati a partire dagli anni ’60 perché, dopo la fase di boom economico del decennio precedente, l’Italia comincia a riformare il sistema di entrate e di spesa adeguandolo ad alcuni modelli di welfare europei. In questo primo * Questo saggio è stato elaborato per la Fondazione Edison in relazione al Convegno “Sussidiarietà ed economia, nuovi paradigmi di sviluppo in Italia” che si è tenuto il 28 giugno 2005. Il saggio è di prossima pubblicazione in un volume della Fondazione Edison che sentitamente si ringrazia. 7
decennio tuttavia l’espansione della spesa è abbastanza contenuta. A partire dai primi anni ’70 la politica del deficit spending comincia invece a diventare prassi nell’azione di politica economica a sostegno dell’economia (forse anche diventa strumento di raggiungimento di consenso a causa dei forti conflitti sociali). Nel 1975 il disavanzo pubblico è più dell’11% del Pil e nei primi cinque anni di questo decennio il debito cresce di 20 punti percentuali. Questo processo ha un’ulteriore accelerazione in tutti gli anni ‘80 quando la spesa pubblica totale passa dal 42% al 52% sul Pil. Dunque la finanza pubblica italiana arriva agli inizi degli anni ’90 in condizioni assai precarie. Soprattutto a partire dal 1992 la situazione appare fuori controllo: il debito pubblico ha superato il 100% del Pil, il disavanzo è dell’11%. Da questo momento comincia la nuova fase di risanamento nella storia della finanza pubblica che permette poi all’Italia di entrare in Europa. Queste vicende sono ripercorse nel paragrafo 3. Concentreremo l’attenzione anche al breve sottoperiodo che va dal biennio 1992-1993 al 1997 perché, come vedremo meglio nelle righe che seguono, in questo sottoperiodo si realizzano gli interventi più importanti che hanno con successo consentito all’Italia di essere fra i paesi che hanno dato vita all’Euro. Nel paragrafo 3 i conti economici consolidati delle spese delle Ap sono presentate per categorie economiche. Tuttavia questo tipo di informazione non permette di cogliere appieno per quali funzioni viene erogata la spesa pubblica. Detto altrimenti, da questo schema di conti soltanto la voce relativa alle prestazioni sociali può fornire alcune informazioni riguardo al peso della protezione sociale nel nostro sistema 8
economico, ma non si possono inferire informazioni in merito ad esempio alle risorse erogate per la sanità, per l’istruzione etc. Per avere informazioni di questo tipo dobbiamo disporre nel sistema dei conti pubblici della classificazione delle spese per categorie funzionali. Queste informazioni recentemente sono state rese disponibili dall’Istat. Dedichiamo il paragrafo 4 quindi a questo tipo di informazioni. Attraverso la scomposizione delle spese in dieci categorie di funzioni (servizi generali delle Pubbliche Amministrazioni; difesa; ordine pubblico e sicurezza; affari economici; protezione dell’ambiente; abitazione e assetto territoriale; sanità; attività ricreative, culturali e di culto; istruzione; protezione sociale) è possibile comprendere in maniera più puntuale per quale finalità o bene pubblico viene impiegata la spesa pubblica. Come ci si può attendere la parte del leone in questo insieme di spese è la funzione protezione sociale, seguita da sanità e istruzione. Questa classificazione delle funzioni è anche scomposta per sottosettore (amministrazioni centrali, amministrazioni locali, enti di previdenza). Coerentemente con il processo di decentramento in atto in Italia da alcuni anni, osserviamo anche che sono le amministrazioni locali ad erogare la maggior parte delle risorse per alcune categorie funzionali di spesa (ad esempio nel caso della sanità). Dopo aver osservato quantitativamente i dati relativi alle categorie funzionali di spesa pubblica, nel paragrafo 5 volgiamo l’attenzione ad un aggregato di funzioni di spesa particolarmente importanti, alle quali già nelle righe precedenti abbiamo accennato. Si tratta della spesa per il welfare vale a dire l’insieme delle spese destinate alla previdenza, assistenza, sanità, istruzione. Nell’anno 2002, la spesa per il welfare 9
ammonta complessivamente a circa 370 miliardi di euro, circa il 70% della spesa totale delle amministrazioni pubbliche escludendo gli interessi passivi. Si tratta in sostanza di tutte quelle risorse finalizzate a soddisfare alcuni diritti di cittadinanza quali la tutela della salute, la formazione e l’istruzione, il diritto ad un reddito nella vecchiaia, la protezione in caso di disoccupazione o di malattia, la tutela della maternità, il diritto in ogni caso a un minimo di risorse per la sopravvivenza. In ogni sistema economico la spesa per il welfare ha una funzione redistributiva (dal sano al malato, dal giovane al vecchio, dall’occupato al disoccupato) ed anche assicurativa contro ogni rischio riconosciuto come sociale a cui ogni cittadino può essere esposto. Nel paragrafo 5 pertanto si faranno alcuni cenni alle caratteristiche salienti del modello di welfare italiano distinguendolo da altre famiglie di modelli riscontrabili in Europa. Concludiamo il lavoro osservando che soprattutto il processo di unificazione europea (ma anche la crescente integrazione internazionale) ha posto e pone il problema della dinamica della spesa pubblica in una prospettiva sovranazionale. È indubbio che oggi il far parte dell’Unione europea costituisce un vincolo importante all’uso «improprio» della spesa pubblica, soprattutto se finanziata in disavanzo. Nella fase attuale il dibattito tocca principalmente la questione dell’entità, dell’adeguatezza e della tipologia della spesa pubblica e della pressione fiscale in un momento in cui tutti i paesi dell’area UE stanno avendo una crescita molto debole. Il dibattito ha recentemente toccato la questione della riforma del Patto di stabilità con l’obiettivo di rilanciare lo sviluppo economico. Questo induce a concludere che la spesa pubblica 10
dovrebbe puntare sempre di più verso una “spesa produttiva”, capace cioè di stimolare la crescita economica. Nel paragrafo 6 concludiamo pertanto mostrando qualche dato su alcune tipologie di “spesa produttiva” riferendoci anche ad alcune misure e orientamenti delle istituzioni dell’Unione europea che ad oggi si muovono in questa direzione. Infine in questo lavoro il nostro obiettivo è anche un confronto tra l’andamento della spesa pubblica italiana con quello riscontrato in Francia, Germania e Regno Unito. Questo confronto viene riferito alle grandezze più significative sul lato delle spese, ma anche su quello delle entrate, del settore pubblico con l’intento di mettere in evidenza eventuali elementi di affinità e difformità tra l’Italia e questi paesi. Va qui detto che, anche in questa comparazione internazionale, faremo delle considerazioni di carattere generale, prevalentemente descrittivo, che sotto vari aspetti invece richiederebbero ulteriori analisi. In generale da questa comparazione non emergono divari significativi in termini di peso del settore pubblico sul Pil. I dati italiani sono quasi sempre allineati a quelli della media della UE15. Inoltre non emergono disomogeneità sostanziali per quanto riguarda le singole categorie funzionali di spesa pubblica e neppure relativamente alla pressione fiscale. Quello che invece emerge è che nella finanza pubblica italiana (a differenza di questi paesi) un peso rilevante hanno avuto e continuano ad avere il deficit, il debito e le spese per interessi passivi. Il debito e la quota rilevante di spesa per interessi che l’Italia in questi decenni ha dovuto sostenere è ciò che oggi più impedisce all’Italia di utilizzare maggiori risorse verso investimenti produttivi. 11
2. Dal 1960 al 1990: una sintesi Nella storia dell’Italia di questo secolo (escludendo gli anni dei conflitti mondiali) i tre decenni che vanno dal 1960 al 1990 sono quelli che hanno visto l’espansione più prolungata del peso del settore pubblico sull’economia. In questi trenta anni infatti la quota della spesa pubblica sul Pil è passata dal 29 al 53,5%1. Questa dinamica di spesa, come autorevoli studi hanno documentato2, ha avuto fra le sue cause fattori di ordine strutturale (fattori demografici e fattori connessi al processo di sviluppo economico e sociale e quindi la crescita del reddito, fattori legati alla produttività del settore pubblico ed ai prezzi relativi del settore pubblico) ma anche fattori di ordine politico (fattori e vincoli istituzionali quali ad esempio i meccanismi decisionali, le caratteristiche dei vincoli di bilancio, scelte ideologiche, forti pressioni settoriali a seguito di conflitti sociali, i cicli politici). Rispetto all’espansione della spesa l’adeguamento delle entrate è stato più lento. In questo trentennio, la pressione tributaria aumenta di circa 9 punti percentuali sul Pil mentre quella fiscale di circa 14 punti3. È ampiamente noto il riflesso sul disavanzo e quindi sul debito di questa dinamica differenziata. Il disavanzo pubblico poco più dell’1% nel 1960 è dell’11% nel 1990. Anche per quanto concerne il debito questo trentennio si caratterizza per una crescita enorme del suo peso sul Pil 1 Franco (1992; 1993). 2 Cfr i saggi contenuti in Ente Einaudi (1992); Franco (1992, 1993); Monorchio (1996). Per un’analisi relativa soprattutto al periodo 1960-1980 cfr Gerelli e Majocchi, (1984). 3 La pressione tributaria passa dal 16,5% al 25,2%, quella fiscale passa dal 25,7 al 39,7%. Cfr Tabella 3. 12
che è pari al 36,9% all’inizio del periodo, ma raggiunge l’ammontare del Pil nel 1990. Nelle Tabelle 1, 2, 3 e 4 è riportata la serie storica completa per il trentennio qui considerato relativamente alla spesa della pubblica amministrazione e al prelievo fiscale del settore pubblico. Nelle Figure 1 e 2 sono riportati l’andamento del disavanzo e del debito rispetto al Pil4. In questo paragrafo ci limitiamo a richiamare gli aspetti quantitativi essenziali che emergono dai dati di queste tabelle, soprattutto quelli relativi alla dinamica della spesa, oggetto principale di analisi di questo lavoro. In particolare sulla dinamica della spesa nei principali comparti dello stato sociale (istruzione, sanità, previdenza e assistenza) di questo trentennio una interpretazione molto dettagliata ed articolata è fornita dalla analisi di Franco che qui seguiamo (1992, 1993). 4 I dati sul disavanzo e sul debito sono tratti da Artoni e Biancini (2003). 13
14 Tabella 1 Tabella 1 - Spesa delle amministrazioni pubbliche: 1960-1990. Classificazione Spesa delle amministrazioni pubbliche: 1960-1990. Classificazione economica: incidenza sul Pil (%) economica: incidenza sul Pil (%) Anno Redditi da Consumi Prestazioni Contributi alla Interessi Altre Totale Investimenti Contributi Altri Spese in Totale lavoro Intermedi sociali produzione passivi spese spese lordi agli trasferimenti C/capitale generale dipendente correnti investimenti in C/capitale spese 1960 8,4 3,7 9,3 1,3 1,5 0,7 24,9 3,4 0,6 0,1 4,1 29 1961 8,5 3,6 9,1 0,9 1,4 0,7 24,2 3,2 0,5 0,1 3,9 28,1 1962 8,7 3,7 9,5 1,1 1,3 0,7 25,1 3,1 0,8 0,1 4 29,1 1963 9,4 3,9 10,1 0,9 1,2 0,7 26,1 2,9 0,5 0,1 3,5 29,6 1964 9,7 4 10,3 1,2 1,1 0,4 26,7 3,1 0,4 0,1 3,6 30,4 1965 10,5 4 11,9 1,2 1,2 0,5 29,3 2,8 0,8 0,1 3,7 32,9 1966 10,5 3,9 12 1,2 1,4 0,5 29,5 2,8 0,8 0,1 3,6 33,1 1967 10,1 3,8 11,4 1,3 1,5 0,5 28,8 2,5 1,1 0,1 3,7 32,5 1968 10,2 3,8 12 1,6 1,6 0,6 29,7 2,8 0,9 0,1 3,7 33,4 1969 10 3,8 11,7 1,7 1,6 0,5 29,3 2,6 0,9 0,1 3,6 32,9 1970 9,8 3,7 12 1,6 1,6 0,7 29,4 3 1,3 0 4,3 33,7 1971 10,9 4,2 12,7 1,7 1,9 0,9 32,3 2,9 0,8 0 3,7 36 1972 11,3 4,3 13,5 1,7 2,1 0,9 33,8 3 0,7 0 3,8 37,6 1973 10,9 4 13,2 1,5 2,3 1 32,8 2,7 0,7 0 3,4 36,2 1974 10,3 3,9 12,8 1,5 2,8 0,9 32,1 2,9 0,8 0 3,8 35,9 1975 10,4 4,1 14,5 2,8 3,5 1,1 36,4 3,3 1 0,5 4,8 41,2 1976 10 3,7 14,4 2,5 4 1 35,7 3,2 1 0,1 4,3 39,9 1977 10,3 3,8 13,9 2,7 4,3 0,8 35,8 3 1,2 0 4,3 40,1 1978 10,6 3,9 14,8 2,8 5,1 1 38,1 2,8 1,1 0,2 4,2 42,3 1979 10,8 4 14,1 2,8 5 0,7 37,4 2,8 1,1 0,3 4,1 41,5 1980 11 3,9 14,1 2,9 5,3 0,7 37,9 3,2 0,9 0,2 4,3 42,2 1981 12,1 4,1 15,7 2,9 6,2 0,6 41,5 3,7 1,1 0 4,8 46,3 1982 12 4,3 16,3 3,1 7,1 0,6 43,3 3,7 1,4 0 5,1 48,4 1983 12 4,5 17,3 2,9 7,5 0,8 45 3,7 1,3 0 5,1 50 1984 11,9 4,6 16,7 3,1 8 0,8 45,1 3,6 1,3 0,1 5 50,1 1985 11,8 4,9 17,2 2,8 8 0,8 45,5 3,7 1,5 0,7 5,9 51,4 1986 11,7 4,8 17,2 3,1 8,5 0,9 46,1 3,5 1,5 0,1 5,1 51,2 1987 11,9 4,9 17,3 2,7 7,9 0,9 45,7 3,5 1,5 0,1 5 50,7 1988 12,1 5 17,4 2,4 8,1 0,9 46 3,4 1,5 0,1 4,9 50,9 1989 12 4,9 17,6 2,5 9 1,2 47,2 3,5 1,3 0,1 4,9 52 1990 12,6 4,9 18 2,2 9,7 0,9 48,3 3,5 1,4 0,3 5,2 53,5 Fonte: Franco (1993, pag14-15)
Cominciamo a commentare i dati della Tabella 1 relative alle spese sul Pil riferite a: reddito da lavoro dipendente, consumi intermedi, prestazioni sociali, contributi alla produzione, interessi passivi, altre spese, totale spese correnti, investimenti lordi, contributi agli investimenti, altri investimenti in conto capitale, spese in conto capitale, totale generale spese. Consideriamo i tre decenni presi singolarmente. In ognuno di questi decenni ci sono stati tre cicli principali di aumento della spesa. Innanzitutto le tabelle fanno riferimento alla spesa delle amministrazioni pubbliche5. Il primo decennio (1960-1969) ha una espansione della spesa pubblica abbastanza contenuta, poco più di quattro punti percentuali6 e soprattutto concentrata nel primo quinquennio con una accelerazione tra il 1964 e il 1965 quando si passa dal 30,4 al 32,9 come effetto della rivalutazione delle pensioni e dell’introduzione delle pensioni sociali di anzianità. In questo biennio il disavanzo7 passa dall’1,1% al 4,1 % (cfr Grafico 1). 5 Sulla definizione dell’aggregato istituzionale delle Amministrazioni Pubbliche e sulla classificazione delle spese per categorie economiche e per categorie funzionali cfr. più avanti nel lavoro. 6 Va comunque sottolineato che in periodi di forte crescita (come in questo decennio) un incremento di quattro punti rispetto al Pil implica rilevanti incrementi in termini reali o di spesa effettivamente erogata. 7 Anche per effetto della politica di bilancio usata in quegli anni a seguito della stretta creditizia del 1963. 15
16 Grafico 1 1 - Indebitamento Grafico Indebitamento netto delle AP in % del PIL netto delle AP in % del PIL 10,0 5,0 0,0 1960 1965 1970 1975 1980 1985 1990 -5,0 -10,0 -15,0
Un intervento molto importante verso l’ampliamento dello stato sociale avviene nel 1968 con l’introduzione del Sistema sanitario nazionale. Il quadro macroeconomico di questo periodo è comunque abbastanza favorevole, il tasso di crescita medio annuo è di circa il 6%8. Proprio in questo decennio ņ nel 1963 ņ il rapporto debito/Pil tocca il valore minimo di tutto il dopoguerra pari al 32,6 ma raggiunge quasi il 40% già alla fine del decennio (cfr il Grafico 2). Passiamo al periodo 1970-1979. Non possiamo qui riferire della quantità e della complessità di eventi negativi che hanno caratterizzato questo arco di tempo della storia italiana (solo per citare alcuni fatti, le crisi petrolifere, la svalutazione della lira, l’alto tasso d’inflazione, i conflitti sociali). Rispetto al decennio precedente, il tasso di crescita medio annuo composto del Pil quasi di dimezza: poco più del 3,5%. Sul fronte delle spese osserviamo dai dati della Tabella 1 che la spesa per interessi, sempre sotto il due per cento nel decennio precedente, tocca già nel 1978 il valore del 5%. Questo decennio, già nel primo quinquennio registra una considerevole espansione di alcune voci di spesa. Infatti a metà degli anni 70 la somma della spese per il personale e quella per le prestazioni sociali è quasi il 25% del Pil. 8 In questo paragrafo i tassi di crescita medi annui composti, riferiti ai tre decenni, sono stati da noi calcolati sulla base della serie storica del Pil (in dollari internazionali 1990) riportati in Maddison (2003), The World Economy: historical statistics, OECD, Paris. 17
18 Grafico Grafico2 2- Debito Debito pubblico pubblico in in% %del PIL del PIL 120,0 100,0 80,0 60,0 40,0 20,0 0,0 1960 1965 1970 1975 1980 1985 1990
A spiegazione dell’aumento della spesa per le retribuzioni va anche ricordato che a metà degli anni ’70 si ha l’istituzione delle Regioni con il successivo trasferimento a questo nuovo livello di governo di un insieme di funzioni in precedenza gestite dallo Stato. È chiaro quindi che la spesa corrente ha un ruolo predominante nella dinamica di espansione, infatti la spesa in conto capitale continua a rimanere intorno al 4%. In sintesi, in questo decennio la politica del deficit spending diventa prassi nell’azione di politica economica a sostegno dell’economia (forse anche diventa strumento di raggiungimento di consenso a causa dei forti conflitti sociali) e dunque nel 1975 il disavanzo pubblico è più dell’11% del Pil. Nei primi cinque anni di questo decennio il debito cresce di 20 punti percentuali, poi si arresta soprattutto a causa della sempre più elevata inflazione. Nel periodo 1980-1990 non si segnalano interventi di riforma particolarmente significativi sul sistema di spesa pubblica che però continua a crescere: dieci punti percentuali. La spesa aumenta soprattutto nel comparto delle prestazioni sociali (anche a causa dell’invecchiamento della popolazione) e in quella per interessi (circa 4 punti percentuali). La spesa in conto capitale aumenta di circa un punto. Il tasso di crescita medio annuo del Pil è poco più del 2% . Nel 1981 avviene anche il “divorzio” fra Banca Centrale e Tesoro, ma questa scelta non porta maggiore disciplina nel comportamento delle autorità politiche nel contenere il disavanzo che nel 1985 supera il 12%. La spesa corrente viene finanziata sempre di più da debito sottoscritto dalle famiglie che vengono allettate con alti tassi d’interesse. Come si osserva 19
nella Figura 2 la dinamica debito/Pil diventa esplosiva fino a che tra il 1990 e il 1991 il valore del debito supera quello del Pil. Abbiamo sin qui presentato la spese delle pubbliche amministrazioni secondo la classificazione in categorie economiche. Consideriamo ora la classificazione per categorie funzionali (servizi generali, difesa, istruzione, sanità, previdenza e assistenza, abitazioni, altri servizi, servizi economici, servizi vari) che è riportata nella Tabella 2. Su questi dati in particolare, riprendiamo l’analisi di Franco (1992, 1993) per riferire sinteticamente dell’evoluzione dei settori di spesa istruzione, sanità, previdenza e assistenza. Questi sono i comparti di spesa che più caratterizzano il modello di stato sociale e che rappresentano più della metà della spesa pubblica (al netto degli interessi). Innanzitutto la spesa per istruzione lungo tutto questo arco temporale aumenta di 2 punti percentuali rispetto al Pil, la spesa in sanità di 2,8 punti e quella in previdenza e assistenza di 6,7. 20
Tabella 2 Tabella 2 - Spesa delle amministrazioni pubbliche: 1960-1990. Classificazione funzionale: incidenza sul Pil (%) Spesa delle amministrazioni pubbliche: 1960-1990. Classificazione funzionale: incidenza sul Pil (%) Anno Servizi Difesa Istruzione Sanità Previdenza Abitazioni Altri Servizi Servizi Spesa generali e Assistenza servizi economici vari totale 1960 3,5 2,2 3,2 3 9,5 0,8 0,4 4,6 1,7 28,9 1961 3,5 2,1 3 3,1 9,2 0,8 0,4 4,2 1,7 27,9 1962 3,4 2,1 3,4 3,1 9,7 0,8 0,3 4,4 1,7 28,9 1963 3,7 2,1 3,5 3,4 10,1 0,8 0,4 4 1,5 29,4 1964 3,7 2,1 3,9 3,6 10,1 0,8 0,2 4,4 1,4 30,2 1965 3,9 2,2 4,2 3,9 11,6 0,9 0,3 4,5 1,5 32,8 1966 3,8 2,2 4,1 4 11,7 0,8 0,2 4,4 1,6 32,9 1967 3,7 1,9 4 4,2 11,1 0,8 0,3 4,8 1,6 32,2 1968 3,8 2 4,1 4,2 11,6 0,8 0,3 5 1,4 33,2 1969 3,5 1,9 4,3 4,3 11,3 0,7 0,3 5,1 1,2 32,6 1970 3,5 1,7 4,1 4,5 11,3 0,7 0,3 5,5 0,9 32,5 1971 3,9 1,9 4,5 4,9 12,1 0,7 0,3 5,5 0,8 34,7 1972 4 1,9 4,7 5,3 13 0,8 0,3 5,8 0,9 36,7 1973 3,7 1,9 4,6 5,2 12,4 0,7 0,3 5,5 0,8 35,2 1974 3,5 1,9 4,2 5,2 12,1 0,7 0,3 5,4 1,5 34,8 1975 3,7 1,7 4,5 5,2 13,7 0,8 0,3 6,6 2,7 39,3 1976 3,4 1,5 4,5 5,2 13,4 1,1 0,4 6,2 2,4 38,2 1977 3,5 1,6 4,6 4,9 13 0,9 0,3 6,7 2,8 38,3 1978 4,1 1,6 4,5 5,2 13,8 1 0,2 7 3,1 40,6 1979 3,6 1,7 4,6 5,2 13,1 1 0,3 6,7 3,5 39,8 1980 4,8 1,7 4,8 5,6 13,2 1,4 0,4 6,4 3,8 42 1981 5 1,7 5,3 5,3 14,8 1,5 0,5 6,4 5,6 46,1 1982 4,9 1,8 5,3 5,4 15,1 1,7 0,5 7,2 6,3 48,2 1983 5 2 5,2 5,5 16,1 1,7 0,5 7,1 6,7 49,8 1984 5 2 5,1 5,3 15,7 1,7 0,5 7,2 7,4 49,9 1985 6,1 2,1 5,1 5,4 16 1,9 0,5 6,9 7,1 51,2 1986 5,6 2 5,1 5,3 16,1 1,6 0,5 7,2 7,6 51 1987 5,6 2,1 5,1 5,7 16 1,6 0,6 6,7 7,2 50,5 1988 5,7 2,1 5,2 5,9 15,9 1,4 0,6 6,5 7,5 50,7 1989 5,8 2,1 5,2 5,8 16,2 1,4 0,6 6,3 8,4 51,8 1990 5,8 2,1 5,2 5,8 16,2 1,4 0,6 6,3 8,4 51,8 Fonte: Franco (1993, pag 19-20) 21
Per quanto riguarda l’istruzione, questo comparto si caratterizza per un’elevata intensità di lavoro, quindi sotto il profilo occupazionale questo settore è molto importante: nel 1960 assorbe il 27% dell’occupazione pubblica e il 2% di quella complessiva, nel 1990 le cifre sono rispettivamente 32% e 5%9. Inoltre, si verificano interventi significativi dal lato dell’offerta quali ad esempio l’allungamento del ciclo scolastico obbligatorio e la creazione della scuola materna statale. Si tratta di fattori che, secondo l’analisi di Franco, sono di ordine strutturale ed hanno contribuito in maniera preponderante all’espansione della spesa soprattutto fino alla metà degli anni ottanta10. Tuttavia, “in una seconda fase, è diventato rilevante il peso della decisione «politica» di fornire occupazione, aumentando considerevolmente il rapporto fra personale e studenti; quest’ultimo aumento è stato quanto meno agevolato dalla flessione del costo relativo del personale”11. Anche nella sanità, nel periodo in esame, si susseguono importanti riforme e innovazioni. La più importante è certamente l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale. Questa riforma ha l’obiettivo di fornire un’assistenza a tutti i cittadini dato che a differenza del precedente sistema mutualistico è a carattere universale. Abbiamo detto che in questo arco di tempo questa tipologia di spesa passa dal 3,0 per cento al 5,8 per cento; gli incrementi si registrano in tutte le voci di spesa (gli 9 Cfr Franco (1992, pag. 242). Franco scrive anche che “l’aumento è stato attenuato dallo scorporo nel 1990 del personale attribuito al nuovo Ministero dell’università e della ricerca scientifica”. (Franco, 1992, pag. 242, nota 37). 10 Ad esempio “se il tasso di scolarizzazione fosse rimasto quello del 1960, a parità di ogni altra circostanza, l’incidenza della spesa per il personale sarebbe aumentata solo dello 0,7% del prodotto, anziché dell’1,7 per cento. (Franco, 1992, pag 259). 11 Franco (1992, pag. 262). 22
oneri per i servizi dei medici passano dallo 0,3 allo 0,7 per cento, quello per i farmaci dallo 0,5 all’1,0 per cento, quello per gli ospedali pubblici dall’1,1 al 2,4 per cento)12. In altri termini, la spesa sanitaria è cresciuta non soltanto per l’estensione dell’assistenza a tutti i cittadini, ma anche per l’aumento della quantità dei servizi offerti a ciascun cittadino (il numero di farmaci e di visite si è circa triplicato e si è quadruplicata la manodopera ospedaliera per giorno di degenza)13. Si noti anche che la sanità presenta caratteristiche molto diverse rispetto all’istruzione: i servizi sono prodotti dal settore pubblico (principalmente da ospedali) ma anche da privati (cliniche, produttori e distributori di farmaci); è molto intensa l’evoluzione delle tecniche di diagnostica come pure i cambiamenti nell’organizzazione; nelle riforme che si sono susseguite le decisioni di spesa sono state decentrate e affidate agli stessi produttori di servizi14. Consideriamo infine la previdenza e l’assistenza che rappresentano il comparto di spesa che in questo trentennio più degli altri ha contribuito all’espansione della spesa pubblica. (Tabella 2). Innanzitutto, la previdenza e l’assistenza hanno caratteristiche di erogazione della spesa completamente diverse dall’istruzione e dalla sanità. In questo comparto infatti incidono molto poco gli oneri per il personale; è invece predominante la parte della spesa che consiste in meri trasferimenti in denaro. In altri termini la spesa in previdenza e assistenza è quasi tutta concentrata nelle prestazioni sociali in denaro. Riferendoci ai dati di 12 Franco (1992, pag. 264). 13 Franco (1992, pag. 288). 14 Soprattutto questa scelta è ciò che più ha portato fuori controllo la spesa sanitaria. 23
incidenza sul Pil la spesa per previdenza e assistenza nel 1960 è di 9,5 punti percentuali e nel 1960 e di 16,2 punti nel 1990 (Tabella 2). L’incidenza delle prestazioni sociali in denaro è rispettivamente dell’8,3 e del 15,7 per cento15. A loro volta le prestazioni sociali in denaro per funzione si suddividono in vecchiaia, invalidità, superstiti, infortuni e malattie professionali, famiglia, disoccupazione, malattia, maternità. Secondo l’analisi di Franco in questo arco di tempo però sono aumentate soprattutto le spese in favore di cittadini anziani, invalidi e superstiti, hanno avuto poco peso gli interventi per i disoccupati, è invece notevolmente diminuito il sostegno alle famiglie. Franco (1992, 1993) scrive che in nessun paese dell’aera OCSE la spesa per pensioni è stata elevata quanto quella italiana. A tal proposito, vale la pena riportare qui quanto segue: “Il progressivo aumento del peso relativo delle pensioni sul complesso della spesa sociale è, in primo luogo, dovuto al fatto che la tutela degli anziani, degli invalidi e dei superstiti è stata più importante di quella di soggetti quali i disoccupati, i cittadini con carichi familiari, i cittadini con problemi di alloggio. Le ragioni di questa scelta non sono ancora state sufficientemente esaminate. In secondo luogo, è dovuto all’utilizzo delle pensioni per il perseguimento di obiettivi non strettamente connessi con gli anziani, gli invalidi e i superstiti: le pensioni di invalidità dell’INPS sono state utilizzate per sostenere i cittadini relativamente poveri o con problemi occupazionali del settore agricolo e delle aree arretrate del paese; i prepensionamenti sono stati usati per sussidiare i lavoratori disoccupati; con le pensioni di invalidità 15 Franco (1992, pag. 292, tabella 18). 24
civile si è dato sostegno agli anziani con gravi problemi di salute. L’utilizzo «improprio» delle pensioni ha presentato vari aspetti negativi in termini di equità (solo alcune categorie di poveri e di disoccupati sono stati sussidiate), di incentivo ad abbandonare permanentemente il mercato del lavoro (in specie nel caso di prepensionamenti), di possibilità di avvalersi delle prestazioni sociali per fini clientelari”16. Tabella 3 Tabella Prelievo fiscale3del - Prelievo fiscale settore pubblico: del settore 1960-1990 pubblico: (in % del Pil) 1960-1990 (in % del Pil) Anno Imposte Imposte Pressione Contributi Pressione dirette indirette Tributaria sociali Fiscale 1960 5,2 11,3 16,5 9,2 25,7 1961 4,9 11,2 16,1 9,1 25,2 1962 5,4 11,1 16,5 9,6 26,1 1963 5,2 10,7 15,9 10,5 26,4 1964 5,7 10,8 16,5 11,1 27,6 1965 5,9 10,8 16,7 10,4 27,1 1966 5,9 10,7 16,6 10,3 26,9 1967 5,7 11,2 16,9 10,7 27,6 1968 6,1 11 17,1 11,3 28,4 1969 6 10,7 16,7 10,7 27,4 1970 5,3 10,4 15,7 11,3 27 1971 5,5 10,1 15,6 11,8 27,4 1972 6,1 9,5 15,6 11,9 27,5 1973 5,7 9 14,7 11,9 26,6 1974 5,8 8,8 14,6 11,8 26,4 1975 6,1 7,9 14 12,8 26,8 1976 7 8,5 15,5 12,7 28,2 1977 7,6 8,9 16,5 12,4 28,9 1978 8,8 8,7 17,5 12,4 29,9 1979 8,5 8 16,5 12,8 29,3 1980 9,7 8,6 18,3 12,8 31,1 1981 11,1 8,3 19,4 12,8 32,2 1982 12,4 8,6 21 13,7 34,7 1983 13,5 9,2 22,7 14 36,7 1984 12,9 9,3 22,2 13,5 35,7 1985 13,1 8,9 22 13,6 35,6 1986 13 9,1 22,1 14 36,1 1987 13,4 9,5 22,9 13,8 36,7 1988 13,5 10 23,5 13,7 37,2 1989 14,5 10,4 24,9 14 38,9 1990 14,6 10,6 25,2 14,5 39,7 Fonte: Ceriani, Frasca e Monacelli (1992, pag. 620) 16 Franco (1992, pag. 327-328). 25
Per completare il quadro di riferimento di questo trentennio, consideriamo ora il profilo e la dinamica del prelievo fiscale del settore pubblico con lo scopo di illustrare il grado di copertura della spesa pubblica con le entrate fiscali. Confrontando i dati della Tabella 3 con quelli della Tabella 1, è immediato osservare che (come già detto) rispetto all’espansione della spesa, l’adeguamento delle entrate è stato più lento anche perchè solo nei primi anni settanta prende avvio la riforma tributaria che ha segnato la nascita dell’attuale sistema17. Prima della riforma, rispetto ad altri paesi, il sistema tributario italiano si caratterizzava per la bassa incidenza della tassazione diretta rispetto a quella indiretta. Con la riforma si disegna un sistema moderno simile a quello degli altri paesi industrializzati, più orientato a obiettivi redistributivi attraverso la riduzione delle imposte indirette e con l’istituzione di un’imposta personale onnicomprensiva con aliquote fortemente progressive18. La riforma tributaria fu certamente un successo dal punto di vista del gettito soprattutto per quanto riguarda le imposte dirette la cui incidenza rispetto al Pil passa da un valore intorno al 6% prima della riforma al 14,6% nel 199019. Anche nel caso dell’entità delle risorse provenienti dal prelievo fiscale rispetto al Pil consideriamo i decenni separatamente. 17 Legge delega 9 ottobre 1971, n. 825. La riforma prende il via nel 1973 per quanto riguarda le imposte dirette e nel 1974 per le imposte indirette. 18 Ceriani, Frasca e Monacelli (1992, pag. 603). 19 Cfr. Tabella 3. Come scrivono Ceriani, Frasca e Monacelli “la crescita del gettito dell’imposizione diretta dal 1974 ad oggi è stato il fattore principale di aumento del livello del prelievo complessivo” (1992, pag. 624). 26
Nel decennio 1960-69 l’aumento delle entrate totali è più contenuto rispetto alla dinamica della spesa, circa il 2% a fronte di un 4% di aumento di spese. Questo decennio è quello precedente alla riforma ed il gettito delle imposte dirette era quasi il 6% del Pil, circa la metà rispetto all’incidenza del gettito delle indirette, pari al 11%. Inoltre se guardiamo alla composizione del prelievo fiscale nella Tabella 4 l’imposizione indiretta era ancora dominante, nonostante comincia già in questo decennio un lieve passaggio dalla imposizione indiretta a quella diretta. Le entrate provengono principalmente dalla tassazione indiretta e dai contributi sociali, la tassazione diretta contribuisce mediamente solo per il 20%. Osserviamo ancora che soprattutto l’aumento della pressione fiscale è quasi interamente dovuto al peso dei contributi sociali che alla fine del periodo contano per quasi il 40% delle entrate fiscali (Tabella 4). Abbiamo già ricordato che il decennio 1970-1979 si caratterizza per una rilevante crescita della spesa ed infatti nonostante lo sforzo fiscale a seguito della riforma tributaria il grado di copertura tributaria della spesa complessiva si riduce. Più in particolare la copertura tributaria nel decennio precedente è superiore al 50% nel decennio 1970-80 è di circa il 40%. In altri termini, “la riforma fiscale entra in vigore in una situazione di finanza pubblica già in parte compromessa… lo sforzo fiscale è riuscito a far fronte all’aumento della spesa primaria, ma non anche all’onere crescente del debito”20. 20 Ceriani, Frasca e Monacelli (1992, pag. 607). 27
T abella 4 Tabella P reliev o4fiscale - Prelievo fiscale del settore del settore pubblico: pubblico: 1960-1990 1960-1990%)(composizione %) (composizione A nno Impo ste Impo ste Co ntributi Pressio ne dirette indirette so ciali Fiscale 1960 20,0 44,1 35,9 100,0 1961 19,3 44,5 36,2 100,0 1962 20,8 42,6 36,6 100,0 1963 19,8 40,6 39,6 100,0 1964 20,8 39,0 40,2 100,0 1965 21,8 39,7 38,5 100,0 1966 22,0 39,6 38,4 100,0 1967 20,7 40,5 38,8 100,0 1968 21,6 38,6 39,8 100,0 1969 21,9 39,0 39,1 100,0 1970 19,7 38,4 41,9 100,0 1971 20,2 36,8 43,0 100,0 1972 22,2 34,5 43,3 100,0 1973 21,6 33,9 44,5 100,0 1974 21,8 33,4 44,8 100,0 1975 22,8 29,4 47,8 100,0 1976 24,8 30,0 45,2 100,0 1977 26,3 30,9 42,8 100,0 1978 29,4 29,1 41,5 100,0 1979 29,0 27,4 43,6 100,0 1980 31,2 27,8 41,0 100,0 1981 34,4 25,7 39,9 100,0 1982 35,7 24,7 39,6 100,0 1983 36,8 25,0 38,2 100,0 1984 36,2 25,9 37,9 100,0 1985 36,8 25,1 38,1 100,0 1986 36,0 25,3 38,7 100,0 1987 36,5 25,8 37,7 100,0 1988 36,3 26,9 36,8 100,0 1989 37,3 26,6 36,1 100,0 1990 36,7 26,8 36,5 100,0 Fo nte: Ceriani, Frasca e M o nacelli (1992, pag. 621, T ab. 7) Inoltre, alla fine di questo periodo il rapporto fra il gettito delle imposte dirette e quello indirette si comincia a rovesciare a favore delle prime. Infine, nell’ultimo decennio di questi trenta anni presi qui in considerazione si attua uno sforzo fiscale considerevole: la pressione tributaria aumenta di 5,8 punti percentuali rispetto al Pil, la pressione fiscale di 7,5. Muta anche la composizione del prelievo; alla fine del periodo il gettito delle imposte dirette supera quello dei contributi sociali che dal 1968 in poi erano stati la fonte principale del gettito. 28
Tabella 5 Tabella 5 - Dati di finanza pubblica in % del Pil: un confronto Dati di finanza pubblica in % del conPil:alcuni un confronto con alcuni paesi europei paesi europei (1960-90) (1960-90) Consumi collettivi 1960-67 1968-73 1974-79 1980-90 1960-90 Italia 13,1 14 13,9 16,3 14,6 Francia 14,4 14,8 16,9 18,8 16,5 Germania 14,9 16,5 19,8 19,9 17,9 Regno Unito 16,9 17,7 20,5 20,8 19,2 Trasferimenti sociali 1960-67 1968-73 1974-79 1980-90 1960-90 Italia 11,1 13 15,4 16,8 14,3 Francia 15,5 15,6 17,5 21,2 17,9 Germania 12,4 13,2 16,7 16,4 14,8 Regno Unito 7,3 8,8 10,7 13,1 10,3 Spese totali 1960-67 1968-73 1974-79 1980-90 1960-90 Italia 31,9 36 42,9 49,1 40,9 Francia 37,4 38,9 43,3 50,2 43,4 Germania 35,7 39,8 47,5 47,7 43 Regno Unito 34,7 39,5 44,4 44,8 41,1 Entrate correnti 1960-67 1968-73 1974-79 1980-90 1960-90 Italia 29,7 30,9 33,5 37,9 33,5 Francia 37,2 38,4 40,8 46,5 41,4 Germania 36,1 39,5 44 44,9 41,4 Regno Unito 32,5 37,9 39 41,3 37,9 Indebitamento 1960-67 1968-73 1974-79 1980-90 1960-90 Italia -1,8 -4,8 -9,2 -10,9 -7,1 Francia 0,5 0,5 -1,1 -2,1 -0,7 Germania 0,8 0,2 -3 -2,1 -1,1 Regno Unito -1,1 -0,4 -4,1 -2,3 -2 Fonte: OECD, Historical Statistics 1960-1990 , Paris, 1992, pp. 67-69 Concludiamo questa sezione con qualche dato di comparazione internazionale, in particolare relativamente alla Francia, alla Germania e al Regno Unito. Questa comparazione sui dati di finanza pubblica si rende necessaria perché la politica economica dell’Italia (in particolare 29
negli anni sessanta) guarda ai modelli di stato sociale di questi paesi. Detto altrimenti, sulla politica di spesa e tributaria di quel periodo è determinante la convinzione che dopo la fase di boom economico del decennio precedente l’Italia deve riformare il sistema di entrate e di spesa adeguandolo ad alcuni modelli di welfare europei21. Sulla base dei dati OECD, presentati nella Tabella 5, risulta che in effetti l’Italia nel periodo 1960-1967 presenta rispetto agli altri Paesi un livello più basso di consumi collettivi, di trasferimenti sociali (ad eccezione del Regno Unito), di spese totali e di entrate totali. Tuttavia, in questo periodo l’indebitamento italiano è già superiore a quello degli altri paesi (Francia e Germania presentato una situazione di avanzo). Dai dati OCSE risulta evidente che inizia poi il processo di adeguamento o “rincorsa” verso questi paesi ed infatti nel periodo 1980-1990 l’Italia ha spese inferiori alla Francia di poco meno di un punto e superiori a quelli di Germania e Regno Unito rispettivamente di 1,4 punti e 4,3. In questo periodo, a differenza di questi tre paesi, l’indebitamento italiano è a due cifre. Notiamo altresì che molto più accentuato è il divario italiano con riferimento alle entrate totali. Lungo questo arco temporale, l’Italia ha un livello più basso di entrate rispetto al Pil e tale divario si accentua nei periodi 1968-73 e 1974-79. Il divario si riduce nell’ultimo periodo. Il quadro è più o meno simile se guardiamo ai dati OCSE relativi alle entrate totali al netto dei contributi sociali nella Tabella 6. 21 Crf. Artoni e Biancini (2003, p. 363) e la bibliografia ivi citata in merito a questo. 30
Tabella 6 Tabella 6 - Entrate fiscali in % del Pil: un confronto con alcuni paesi europei (1960-90) Entrate fiscali in % del Pil: un confronto con alcuni paesi europei (1960-90) Totale delle entrate fiscali esclusi i contributi sociali 1965 1970 1975 1980 1985 1990 Italia 16,8 16,3 14,2 18,7 22,5 26,2 Francia 22,7 22,3 21,9 23,9 25,2 24,4 Germania 23,1 22,9 23,8 25,1 24,2 22,9 Regno Unito 25,7 31,8 29,4 29,4 31,2 30,2 Imposte sul reddito personale 1965 1970 1975 1980 1985 1990 Italia 2,8 2,8 4 7 9,2 10,3 Francia 3,7 4,2 4,5 5,4 5,7 5,2 Germania 8,2 8,8 10,8 11,3 10,9 10,1 Regno Unito 9,1 11,6 13,5 10,5 10,3 10,4 Fonte: Oecd, Revenue Statistics 1965-1994, Paris 1995. 31
Osserviamo che nel 1990 la pressione fiscale italiana è più alta di quella francese e tedesca. Soprattutto nella Tabella 6 emerge il trend di crescita della tassazione personale sul reddito che (soprattutto per effetto della riforma) cresce ad un tasso più alto di quello degli altre tre paesi qui considerati. Detto altrimenti in questi decenni l’onere di allineare la pressione fiscale a quella degli altri paesi europei cade prevalentemente sulle imposte dirette. Per concludere, negli anni sessanta e settanta l’andamento della spesa pubblica in Italia mostra un trend di crescita simile a quello di altri paesi occidentali, a partire dagli anni ’80, in Italia l’espansione della spesa presenta connotati più rilevanti. Questi dati illustrano quanto gli studi sulla interpretazione della crescita della spesa pubblica in Italia hanno ben documentato22. In sintesi c’e’ un certo grado di consenso negli studi nel ritenere che a partire dalla seconda metà degli anni 70, accanto a fattori di ordine strutturale, la crescita della spesa pubblica in Italia ha obbedito a fattori di ordine politico. Secondo Franco sono questi ultimi fattori a rendere «preoccupante» le dimensioni della crescita della spesa pubblica in Italia . Secondo questo studioso questa distinzione fra fattori strutturali a fattori di ordine politico comporta certamente un certo grado di arbitrarietà, ma: “è cruciale per giungere ad una valutazione di ciò che si poteva, e si può, fare in Italia in materia di controllo della spesa pubblica. Infatti, se un processo di aumento della spesa dipende da ragioni «strutturali», si deve cercare di finanziarlo con maggiori entrate; se invece esso ha origini «politiche», ci si deve, innanzi tutto, assicurare 22 Una rassegna di questi studi è presentata in Franco (1992, 1993). 32
che i processi decisionali siano tali dal evidenziare pienamente i costi delle scelte effettuate”23. Su questo sfondo, a partire dagli anni ’90 comincia a farsi strada una nuova fase nella storia della finanza pubblica italiana: quella del risanamento. 23 Franco (1993, pag. 196-197). 33
3. La spesa delle amministrazioni pubbliche dagli anni novanta e la politica di risanamento Come appena visto, la finanza pubblica italiana arriva agli inizi degli anni ’90 in condizioni assai precarie: il debito pubblico arriva a sfiorare il 100% del Pil, il disavanzo è dell’11%. Soprattutto a partire dal 1992 la situazione appare fuori controllo. Da questo anno comincia la nuova fase di risanamento. Per ripercorrere molto sinteticamente le principali vicende che hanno caratterizzato questo periodo della finanza pubblica italiana, come per i dati presentati nel precedente paragrafo, anche qui facciamo riferimento al conto economico consolidato delle Amministrazioni pubbliche (Ap). Le Ap sono l’aggregato istituzionale che comprendono le Amministrazioni centrali, gli Enti previdenziali e le Amministrazioni Locali; si ricordi anche che le Ap sono assunte come aggregato di riferimento negli obiettivi di finanza pubblica del Trattato di Maastricht e del Patto di stabilità e crescita. I dati si riferiscono agli anni 1991- 200224. In questo paragrafo i conti delle Ap per ciò che concerne le spese (o uscite) è per categorie economiche25. I dati sono riportati in percentuale rispetto al Pil e sono stati da noi elaborati sulla base delle Relazioni 24 Non riportiamo i dati relativi al 2003 perché per il biennio 2003-2004 nel momento in cui scriviamo è in corso da parte dell’Istat e di Eurostat una revisione dei conti dell’Italia. 25 Nel paragrafo successivo incrociamo questa analisi economica delle categorie di spese con la classificazione delle spese per funzioni. 34
annuali della Banca d’Italia per gli anni 2003, 2001, 199926. In particolare per le spese correnti riportiamo i dati relativi a: spese per interessi, redditi da lavoro (vale a dire il compenso che le amministrazioni pubbliche erogano ai propri dipendenti), consumi intermedi (vale a dire il valore dei beni e servizi consumati quali input nel processo produttivo) e prestazioni sociali in denaro. Tra le spese in conto capitale riportiamo la voce relativa agli investimenti fissi lordi27. Per le entrate riportiamo la ben nota distinzione tra entrate dirette, indirette, contributi sociali. Nella voce “altro” sono incluse le imposte in conto capitale. Nel commentare i dati nel seguito oltre a considerare l’andamento dei saldi di bilancio del periodo 1991-2002 faremo anche specifico riferimento al breve sottoperiodo che va dal biennio 1992-1993 al 1997 perché, come vedremo meglio nelle righe che seguono, in questo sottoperiodo si realizzano gli interventi più importanti che hanno con successo consentito all’Italia di essere fra i paesi che hanno dato vita all’Euro. Come è ampiamente noto nel 1992 viene firmato il Trattato di Maastricht che comporta per i paesi sottoscrittori un impegno molto severo in termini di obiettivi fiscali e monetari da raggiungere ai fini dell’ammissione all’Unione 26 Quindi le Relazioni annuali del Governatore che si sono svolte rispettivamente il 31 maggio 2004, il 31 maggio 2002, il 31 maggio 2000. 27 Che secondo la definizione metodologica data dall’Istat si tratta di “tutte le acquisizioni, nette delle cessioni, di capitale fisso che consiste nei beni materiali o immateriali che rappresentano il prodotto dei processi di produzione, i quali sono utilizzati più volte o continuamente nei processi di produzione per più di un anno”. Cfr. Istat, Conti ed aggregati economici delle Amministrazioni pubbliche – Serie SEC95 – anno 2000-2003. Statistiche in breve del 5 luglio 2004. 35
monetaria. Al contempo si abbatte sulla lira una grave crisi valutaria a cui segue una significativa svalutazione e l’uscita dallo Sme. In Italia questo anno rappresenta uno spartiacque fondamentale nella storia della finanza pubblica. Il Trattato di Maastricht impone all’Italia la strada del risanamento finanziario. In altre parole l’adesione al Trattato impone una disciplina fiscale che nessuna forza politica o di governo aveva osato prima imporre per paura di perdere consenso. Sono altresì gli anni di tangentopoli e quindi un momento di forte delegittimazione della classe politica stessa. Tutti questi eventi fanno sì che nell’ultima parte dell’anno 1992 inizia con un governo tecnico (il governo Amato) la manovra di risanamento finanziario. Fra il luglio 1992 e l’ottobre 1993 il governo Amato chiede e ottiene la delega per riforme strutturali nella previdenza, nella sanità, nel pubblico impiego e nella finanza locale, comparti questi ritenuti i maggiori responsabili della eccessiva crescita della spesa28. Nel 1993 succede il governo Ciampi che continua l’azione risanatrice. Detto altrimenti con questi due governi si comincia subito ad agire con manovre strutturali sul lato della riduzione delle spese (al netto degli interessi). Fra il 1992 e il 1993 (cfr Tabella 7) non migliora certamente il quadro, ma si riesce comunque ad impedire un ulteriore squilibrio di bilancio in un momento in cui i tassi d’interesse sono al massimo storico del periodo. 28 Cfr Bernasconi e Marenzi (1998, p. 93). In questo stesso studio si riportano le cifre della manovra del Dpef del governo Amato e del Dpef del governo Ciampi. Per un’analisi puntuale delle manovre nel periodo 1995-2000 cfr Bernardi e Parlato (2001). 36
T a b e lla 7 Tabella 7 - I conti economici delle Amministrazioni Pubbliche (1991-2002 in % del Pil) I c o n t i e c o n o m ic i d e lle A m m in is t r a z io n i P u b b lic h e ( 1 9 9 1 - 2 0 0 2 in % d e l P il) I s a ld i 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 S p e s e T o ta li 5 3 ,9 5 6 ,1 5 7 ,8 5 4 ,3 5 3 ,2 5 2 ,9 5 0 ,7 4 9 ,3 4 8 ,4 4 6 ,5 4 8 ,3 4 7 ,6 S p e s e p e r in te r e s s i 10 1 1 ,4 12 1 1 ,5 1 1 ,5 9 ,4 8 8 6 ,7 6 ,5 6 ,5 5 ,8 E n t ra te to ta li 4 3 ,8 4 6 ,5 4 8 ,3 4 5 ,1 4 5 ,6 45 48 4 6 ,5 4 6 ,7 4 5 ,8 4 5 ,7 4 5 ,3 S u r p lu s p r im a r io 0 ,1 1 ,9 2 ,6 2 ,1 3 ,9 4 ,4 6 ,7 5 ,2 5 5 ,8 3 ,9 3 ,5 In d e b i ta m e n to n e tto 1 0 ,1 9 ,6 9 ,5 9 ,3 7 ,6 7 ,1 2 ,7 2 ,8 1 ,7 0 ,6 2 ,6 2 ,3 D e b i to p u b b li c o 1 0 0 ,6 1 0 7 ,7 1 1 8 ,1 1 2 4 ,3 1 2 3 ,8 1 2 2 ,7 1 2 0 ,2 1 1 6 ,4 1 1 4 ,6 1 1 0 ,5 1 1 0 ,6 108 Le spe se 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 S p e s e C o r r e n te to ta le 4 8 ,7 5 0 ,9 5 2 ,4 5 0 ,6 4 8 ,5 4 9 ,1 4 7 ,2 4 5 ,4 4 4 ,4 4 3 ,9 4 4 ,4 4 4 ,2 s p e s e p e r i n te r e s s i 10 1 1 ,4 12 1 1 ,5 1 1 ,5 9 ,4 8 8 6 ,7 6 ,5 6 ,5 5 ,8 c o n s u m i in te rm e d i 4 ,9 5 5 ,1 5 ,2 4 ,8 4 ,8 4 ,7 4 ,8 4 ,9 5 5 ,1 5 r e d d d iti d a la v o r o d i p e n d e n te 1 2 ,6 1 2 ,5 1 2 ,4 1 1 ,9 1 1 ,2 1 1 ,5 1 1 ,6 1 0 ,7 1 0 ,6 1 0 ,6 1 0 ,8 1 0 ,8 p r e s ta z io n i s o c ia li * 1 8 ,1 1 9 ,1 1 9 ,4 1 7 ,3 1 6 ,7 1 6 ,9 1 7 ,3 17 1 7 ,1 1 6 ,8 1 6 ,6 17 S p e s e T o ta li in c . c a p i ta le 4 ,7 4 ,6 4 ,9 3 ,7 4 ,6 3 ,8 3 ,5 3 ,9 4 2 ,5 3 ,9 3 ,4 In v e s tim e n t i fis s i l o r d i 3 ,2 3 2 ,6 2 ,3 2 ,1 2 ,2 2 ,2 2 ,4 2 ,4 2 ,4 2 ,5 1 ,9 S p e s a P r im a r ia T o ta le 43 4 4 ,1 4 5 ,3 4 2 ,9 4 1 ,6 4 1 ,4 4 1 ,4 4 1 ,3 4 1 ,6 40 4 1 ,8 4 1 ,8 La p r e s s io n e fis c a le 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 Im p o s te d ir e t te 1 4 ,4 1 4 ,6 16 1 4 ,9 1 4 ,7 1 5 ,3 16 1 4 ,4 15 1 4 ,6 15 1 4 ,2 Im p o s te in d ir e tte 11 11 1 1 ,9 1 1 ,8 1 2 ,1 1 1 ,8 1 2 ,4 1 5 ,3 1 5 ,1 15 1 4 ,5 1 4 ,7 P r e s s io n e tr ib u ta r ia 2 5 ,4 2 5 ,6 2 7 ,9 2 6 ,7 2 6 ,8 2 7 ,1 2 8 ,4 2 9 ,7 3 0 ,1 2 9 ,6 2 9 ,5 2 8 ,9 C o n tr i b u ti s o c i a li e f f e tti v i 13 1 3 ,2 1 3 ,6 1 3 ,2 13 1 4 ,6 1 4 ,9 1 2 ,5 1 2 ,4 1 2 ,4 1 2 ,3 1 2 ,5 C o n tr i b u ti s o c i a li f ig u r a tiv i 1 ,6 1 ,7 1 ,8 1 ,9 1 ,7 0 ,4 0 ,4 0 ,4 0 ,3 0 ,3 0 ,3 0 ,3 A lt r o 0 ,2 2 0 ,7 0 ,1 0 ,6 0 ,3 0 ,7 0 ,4 0 ,1 0 ,1 0 ,1 0 ,2 P r e s s io n e f is c a le 4 0 ,2 4 2 ,5 44 4 1 ,9 4 2 ,1 4 2 ,4 4 4 ,4 43 4 2 ,9 4 2 ,4 4 2 ,2 4 1 ,9 F o n te : n o s tr e e la b o r a z io n i s u R e la z io n i B a n c a d 'I ta li a , a n n i 2 0 0 3 , 2 0 0 1 , 1 9 9 9 . * D a l 1 9 9 4 i n a v a n ti i d a t i s o n o r e la tiv i a lle p r e s ta z io n i s o c i a li in d e n a r o 37
Questi due governi certamente segnano l’inversione di rotta verso il riequilibrio finanziario e sopratutto l’Italia comincia ad acquistare credibilità sui mercati internazionale, i tassi d’interesse iniziano a scendere e quindi comincia anche a scendere la spesa per interessi. Si osservi anche che il governo Ciampi adotta una strategia del gradualismo, vale a dire si prosegue il risanamento dei conti, ma si cerca di non deprimere la crescita: la Finanziaria per il 1994 è relativamente “leggera”29. Nel 1994 il tasso di crescita reale del Pil diventa del 2,2% a fronte di un dato negativo dell’anno precedente (Cfr Tabella 1A in appendice). Nel 1992 parte anche un vasto processo di privatizzazione che fornisce negli anni un contributo significativo in termini di risorse: nel 1992 i proventi delle privatizzazioni sono lo 0,04% del Pil, nel 1995 sono 0,92%, nel 1997 sono il 2,05%, nel 1999 il 2,21%30. Le manovre si concentrano quindi su aumenti di entrate e riduzioni della spese come ad esempio contenimento negli acquisti dei beni, nelle retribuzioni e all’aumento numero dei dipendenti. Dai dati nella Tabella 7 troviamo un riscontro di quanto appena detto: la spesa per retribuzione dei dipendenti ha un’accelerazione a inizi anni ’90 (cfr. anche Tabella 1 del paragrafo precedente) a seguito del rinnovo contrattuale del 1988- 1990. Tra il 1993 e il 1994 questa voce di spesa comincia a calare per effetto anche dell’accordo sul costo del lavoro31. Se consideriamo tutto il 29 Bernardi (2000, pag. 15). 30 Fonte: Ministero del Tesoro, Libro bianco sulle privatizzazioni, 2001. 31 Cfr Bernasconi e Marenzi (1998, pag 100). 38
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