LA PUBBLICITÀ CHE HO SOGNATO - Mauro Lupi

Pagina creata da Enrico Leonardi
 
CONTINUA A LEGGERE
Mauro Lupi

 LA PUBBLICITÀ
CHE HO SOGNATO

 © 2003 Proprietà letteraria riservata – www.maurolupi.com – Ottobre 2003
INTRODUZIONE

    Non ho nulla contro i pubblicitari. Però questo breve racconto,
scritto di getto in un paio di nottate, è finito per essere un po’ acido ed
ironico. In fondo, anch’io mi occupo di pubblicità, ma non c’è nulla di
autobiografico in questa storia. Così come sono completamente inventati
tutti i nomi di persone e aziende che ho usato.
    Non voglio mettermi a fare lo scrittore: non ho il tempo e credo non
sia il mio mestiere. In realtà, un libro già l’ho scritto un paio di anni fa
ma, in quel caso, si è trattato principalmente di un documento
divulgativo.
    Questo testo invece prende spunto da un intervento che ho tenuto a
IAB Forum, un convegno sulla pubblicità on-line tenutosi a Milano lo
scorso 25 settembre. Inizialmente volevo solo scrivere il testo di quella
relazione, dato che le diapositive che ho utilizzato contenevano
principalmente degli elementi emotivi e non descrittivi. Invece, quando
ho iniziato a mette giù la storia, i personaggi mi hanno preso la mano ed
è uscito questa specie di romanzo in miniatura.

                                               La pubblicità che ho sognato ¦ 2
L’idea geniale

            La pubblicità che ho sognato ¦ 3
Serata svogliata davanti alla TV. Di quelle da cui non mi aspetti nulla,
specie dopo aver consultato la guida ai programmi ed aver scoperto che,
anche stasera, non troverò nulla di memorabile in nessuno dei cento
canali che ho a disposizione. Alla fine mi piazzo su una di quelle
emittenti che interrompe i film con delle sequenze di spot pubblicitari
piuttosto lunghe, così posso fare un po’ di sano zapping.
    Intento a saltare da un canale all’altro, penso a quanti altri
telespettatori apatici passino il loro tempo rimbalzando da un
programma all’altro e come il marketing possa sfruttare questa
situazione. Naturalmente vedo ogni cosa con gli occhi del pubblicitario,
di quelli con la funzione creativa sempre su “ON”, di quelli che sono
sempre pronti a colpi di genialità incontrollabili.
    Allora, pensiamoci un attimo. Migliaia, anzi, milioni di persone
giocano ogni giorno con il loro telecomando alla caccia di canali. In
genere non è una ricerca verso qualcosa di specifico, ma solo un
espediente per passare il tempo, per illudersi in questo modo di poter
aggirare gli spot. Si dovrebbe inventare qualcosa per loro, una funzione
che riempia i momenti dei break pubblicitari. Qualcosa da vendergli
come innovazione irrinunciabile o semplicemente come fatto “di
tendenza”… Sento che sto per inventare qualcosa di straordinario.
    Ci sono: i telecomandi potranno avere il tasto per lo zapping. O
meglio: lo “zapkey”!
    Grande idea! Premendo lo zapkey, la TV si mette a saltare in modo
casuale tra una serie di canali. Rimane su ognuno non più di una decina
di secondi e poi passa al successivo. Schiacciando di nuovo lo zapkey si
ritorna al programma originale.
    La genialità sta nel prestabilire la sequenza dei cana li in modo che si
finisca per vederne sempre uno dove c’è un determinato spot che, a quel
punto, il telespettatore non riesce più ad ignorare.
    Bello! Si crea una nuova concessionaria di pubblicità che vende la
presenza degli inserzionisti nella “zaplist”, cioè la lista dei canali scelti
(apparentemente) a caso dallo zapkey. Si possono chiedere delle
commissioni alle emittenti televisive, specie quelle minori, per poter
essere incluse nella zaplist. Nondimeno interessante le royalty sul
brevetto dello zapkey che dovranno versare i produttori di apparecchi e
telecomandi.

                                                La pubblicità che ho sognato ¦ 4
La promozione del sistema sarebbe facilissima. Basterebbe lasciare
che qualche opinionista (di quelli che sono ospiti nei talk-show per
capirci) si metta a sparlare dello zapkey additandolo come l’ultimo degli
strumenti di rincretinimento di massa. Qualche psicologo di grido
testimonierebbe senz’altro su come sia nocivo per i bambini perché
distrae le loro coscienza e li indirizza in modo incontrollato verso
programmi inopportuni. E poi si potrebbe aizzare qualche regista o
qualche attore che si ergano a paladini dell’opera d’arte vituperata da quel
volgare aggeggio dotato di bottoni tra i quali svetta lo zapkey. Vedo già i
titoli delle prime pagine: “Il tasto che sconvolge le menti”, “Il bottone
verso l’ignoto”, “Dal telecomando al caos”.
    Nel contempo partirebbe in modo spontaneo una reazione opposta.
Lo zapkey verrebbe interpretato come strumento di difesa contro le
major televisive, un segno di indipendenza del consumatore nei
confronti dei brand opprimenti e globalizzati, uno schiaffo al potere dei
mass media. Si possono assoldare due o tre paladini portatori del
messaggio “Zapkey: la libertà parte da qui” ed il gioco è fatto. Se ne
potrebbero vendere almeno dieci milioni e fare più di 400 milioni di euro
di fatturato nel primo anno. Niente male! Davvero niente male!
    Ho solo un dubbio. Ma un pubblicitario come me, che interessi ha nel
diffondere strumenti che allontanano gli utenti dagli spot? Si, certo, con
lo zapkey si possono fare un sacco di soldi, ma ai miei clienti poi che gli
racconto?
    È bene dormirci su. Anche perché il film è terminato e ho fatto
zapping su tutto quello che potevo. E poi non voglio fare tardissimo
stasera: domani ho un meeting importante in ufficio proprio con uno dei
miei migliori clienti. Chissà se un giorno gli potrò proporre una
pianificazione sulla zaplist…
    Ok, buonanotte.

                                               La pubblicità che ho sognato ¦ 5
Ho fatto un sogno

             La pubblicità che ho sognato ¦ 6
Mi ricordo tutto. Come quando guardo un film già visto e, anche se la
definizione delle immagini è indebolita dal tempo, collego con esattezza
la storia e le scene più importanti.
    Ero in ufficio mentre selezionavo i mezzi di comunicazione su cui
distribuire il budget per la Deluxe & Co., una grande azienda di beni di
largo consumo, nonché il mio miglior cliente.
    Io li ho sempre consigliati ad investire molto in spot televisivi. In
questo modo sono sicuro di raggiungere molti utenti e qualche risultato,
in un modo o nell’altro, arriva sempre. Certo, costa sempre di più. Oltre
a tutto, la mia collega che si occupa delle ricerche di mercato mi spiegava
che la tendenza dei telespettatori sia di crescente fastidio o indifferenza
verso gli spot; ma che colpa ne ho io? Mica posso contraddire tutto
quello che ho perorato fino ad oggi! E poi i ragazzi delle (due)
concessionarie sono così simpatici e mi portano sempre a Cannes, eh,
eh… Però, siccome sono uno di larghe vedute, nei piani media ci metto
sempre i quotidiani, specie quelli che di sicuro leggono le persone del
marketing del mio cliente: è sempre bello vedere la pubblicità della
propria azienda, no? Inoltre, non faccio mai mancare una pianificazione
sull’esterna, anche perché ci prendo delle over1 niente male.
    Mentre mi accingevo ad elaborare il mio bel media-plan, mi telefona
Pierluigi, l’amministratore delegato della Deluxe & Co. Era agitato, anzi
direi eccitato. Non ho capito esattamente di cosa stesse parlando, ma
doveva avere a che fare con delle nuove tecnologie o con qualche
diavoleria informatica. Secondo lui, era stato appena inventato un
marchingegno con il quale è possibile intuire cosa stanno pensando i
telespettatori mentre guardano la pubblicità, e ciò permetterebbe di poter
mandare in onda uno spot televisivo personalizzato per ogni persona
davanti alla TV, in funzione di quello che gli passa per la mente.
    «Ok, ok, probabilmente è qualcosa che in America stanno
sperimentando», gli dico io.
    E lui, sempre più eccitato.
    «No, no, guarda che è già disponibile e funziona pure sulla stampa.
Praticamente è possibile modificare anche gli spazi pubblicitari sulle
pagine dei quotidiani a seconda degli interessi del singolo lettore!”

1
  Commissioni aggiuntive sugli investimenti pubblicitari che le concessionarie
riversano alle agenzie pubblicitarie o ai centri media

                                                     La pubblicità che ho sognato ¦ 7
«Ma dai…», tento di replicare, «probabilmente hai letto qualche
newsletter di quelle che presentano scenari futuri impossibili. Comunque
verificherò la cosa e poi ti farò sapere».
    Prima di liquidare Pierluigi, mi è sembrato giusto ricordargli che il
regista del nuovo spot televisivo ha accettato di girare il film a Cinecittà
anziché in Micronesia come inizialmente aveva richiesto e che questo ci
farà risparmiare quasi un milione di euro. Wow!
    Secondo me, i clienti dovrebbero starsene al loro posto. Ma ti pare
giusto che perdano tempo ad informarsi sulle novità del settore? E le
agenzie che ci stanno a fare? E i centri media? E i consulenti? I clienti
continuano a non rendersi conto dell’immane sforzo che fanno ogni
giorno professionisti come me nel seguire l’evoluzione del mondo
pubblicitario. È vero: i soldi sono i loro, però vuoi mettere l’esperienza di
chi fa certe cose per mestiere? Che ci lascino lavorare, insomma!
    In quel momento, e non credo sia stato un caso, il vetro della finestra
dell’ufficio ha riflettuto la mia immagine: dio come sono bello! Anzi, più
che bello direi cool: esatto, sono proprio cool. Così mi sono alzato per
guardarmi meglio, ma la differente posizione ha fatto perdere il riflesso e
la finestra ha semplicemente mostrato lo scenario della strada sottostante
l’ufficio. Rumori, sirene, smog: insomma la solita scena. Adesso ci si
mette pure un enorme TIR fermo proprio qui sotto con una squallida
pubblicità colorata lungo tutta a fiancata. Ah, come vorrei farmi un po’ di
vacanze. Di quelle sconvolgenti, fuori dal mondo, esoticissime! Cose
come la Micronesia (alla faccia del regista) oppure come le Hawaii.
    Proprio mentre pensavo alla mia isoletta e alla sabbia bianca, il TIR in
strada emette una musichetta intrigante che canticchia il mio nome.
    “Alberto la-la-la, Alberto la-la-la, …”
    Ed il mega-poster lungo la fiancata cambia di colpo: al suo posto
compare un cartellone proprio sulle Hawaii. Oddio! Che diavolo è
successo? Mi torna in mente il mio cliente e la sua agitazione. Ora sono
io quello agitato. Ma come è possibile? Dai, sarà stato un caso, una
coincidenza…
    Squilla di nuovo il telefono: è sempre Pierluigi: il cliente-che-si-
informa. È sempre eccitato e dice di aver dimenticato di dirmi che quella
roba della pubblicità personalizzata funziona anche sull’esterna, come ad
esempio sui pannelli dei TIR…

                                                La pubblicità che ho sognato ¦ 8
Parte un clacson assordante, sempre più forte, mi sta scoppiando la
testa…

   Mi sveglio. Ho una strana sensazione e un po’ di sudore freddo sulla
fronte. Ma guarda che sogni vado a fare. Mi sa che sono davvero
stressato. Si, è vero, ogni tanto soffro nell’inseguire questo mondo della
comunicazione che si evolve troppo velocemente. Qualche volta vedo
che nella corsa al cambiamento, gli eventi mi sorpassano ed io dietro
arranco con fatica. Però adesso mi metto pure a sognarlo questo disagio.
È troppo! Oggi andrò in ufficio a piedi: un po’ di movimento e di aria
fresca non possono che farmi bene.

                                              La pubblicità che ho sognato ¦ 9
Il meeting

         La pubblicità che ho sognato ¦ 10
Arrivo in ufficio. Guardo con sufficienza Laura, la mia segretaria
intenta a leggere con evidente avidità alcune riviste del settore. Ha anche
un libro sulla sua scrivania: “Come cambia la pubblicità”. Bah, ancora
crede di imparare questo mestiere sui libri. Mentre gli passo davanti mi
ferma e mi dice che c’è una persona nel mio ufficio.
    «Chi è ?», gli chiedo, mentre sposto la rassegna stampa dalla mia
cassetta della posta al cestino più vicino.
    «È il tuo budget!», risponde lei strizzando l’occhio. Capisco al volo: è
proprio lui, Pierluigi della Deluxe & Co.
    «Pensa», dico con un atteggiamento tra la soddisfazione e la
preoccupazione, «l’ho sognato stanotte».
    «Caro Pierluigi, come va? », esordisco con fare sicuro.
    «Ciao Alberto», risponde lui con accogliente sorriso.
    Vedo che ha già usufruito del caffè e che ha approfittato per leggere
due o tre quotidiani che ha trovato sulla mia scrivania. Stava aspettando
da almeno mezzora.
    Faccio il premuroso: «Mi spiace se ti ho fatto aspettare, ma l’incontro
non era così presto, vero? ».
    «No, no, non ti preoccupare. Ho voluto anticipare io perché volevo
parlarti di un’idea che mi sembra davvero interessante».
    E mentre tira fuori alcune pagine evidentemente stampate da internet,
sento arrivare una strana sensazione. Saranno le solite suggestioni che ti
prendono quando si ha davanti un cliente importante.
    Ricordo quando sei anni fa ci aggiudicammo il loro budget. Dio che
fatica! Mai lavorato tanto come in quel periodo. Feci impazzire i miei
colleghi delle ricerche nel farmi prepararmi uno studio del loro mercato
degno della migliore società di consulenza. Ma quello che ci fece
acquisire davvero il cliente fu il lavoro creativo: mettemmo in piedi
diversi focus group2 per scegliere la comunicazione ed il packaging più
efficace e presentammo direttamente la soluzione che risultò migliore dai
test iniziali. Fu proprio un’operazione fantastica, tanto che ogni anno
vorrebbero un lavoro analogo. Io faccio finta di niente e glisso

2
 Testi di mercato effettuati mediante interviste a potenziali clienti, con l’obiettivo di
verificare la comunicazione che risulta più efficace

                                                       La pubblicità che ho sognato ¦ 11
tranquillamente le loro richieste: mica si può continuare ad investire in
continuazione sul cliente, no?
    «Sai che ti ho sognato stanotte? » dico cercando di smorzare il suo
evidente entusiasmo nell’idea che stava per presentarmi.
    «Ah si? E cosa stavamo combinando nel tuo sogno? » risponde senza
molta convinzione.
    «Eravamo proprio qui in ufficio e te mi stavi parlando di… Senti,
lasciamo stare. Raccontami questa tua idea».
    Così lui si sistema meglio sulla sedia e, come ormai avevo capito,
inizia a parlare di internet.
    «Come sai, non abbiamo praticamente mai fatto pubblicità su
internet. Si, qualche volta le concessionarie dei quotidiani ci regalano un
po’ di banner, ma non ho mai capito bene se funzionano davvero oppure
no. A proposito: la tua agenzia si occupa anche di pianificazioni su
internet? Non l’avete mai incluso nei nostri media-plan: magari
potremmo fare un test…»
    «Dai, parlami di quelle cose stampate che mi hai portato» lo
interrompo; tanto so che non vede l’ora di mostrarmi i suoi foglietti.
    «Ok, guarda qua» e distribuisce ordinatamente quattro fogli A4 sulla
mia scrivania, uno accanto all’altro; poi mi fissa serio.
    «Sai, sempre più spesso in ufficio mi collego a internet per fare delle
ricerche: è incredibile cosa puoi trovare! ».
    Ora che me lo dice, capisco che i fogli sulla scrivania sono le stampe
dei risultati di una ricerca on-line. Immagino che voglia presentarmi
qualche sito web che ha scoperto, o qualche idea creativa che ha scovato
nel caos della Rete. Ed invece si mette a fissare ancora più intensamente
i suoi foglietti.
    «Guardali bene: non ci vedi nulla di strano? »
    Riesco ad intuire che si tratta dei risultati elaborati da un motore di
ricerca sul web in base a quattro richieste differenti, tutte legate più o
meno all’attività della Deluxe & Co.: “creme idratanti”, “crema per le
mani”, “creme ph neutro”, “creme per il corpo”. Alcune cose sono
strane: in testa alla lista sono riportati dei nomi che non mi dicono nulla
e cerco di verificare anche gli altri fogli per vedere se incrocio qualche
nome conosciuto.
    Lui insiste:

                                              La pubblicità che ho sognato ¦ 12
«Allora? Trovato nulla di particolare? »
    «Dunque, vediamo, forse quest’azienda l’ho già sentita…»
    «No, no», mi interrompe, «non hai capito. Li vedi questi rettangoli?
Non ti suggeriscono nulla? »
    In effetti quei rettangoli li avevo notati. Sembrano come tante
manchette3 una sopra all’altra. Sopra c’è scritto “Sponsored Links”.
«Forse sarà qualche inserzionista», penso, «strano, perché non l’ho mai
sentito».
    «Caro mio», e qui il mio cliente fa un sorrisetto che proprio non mi
piace, «questa che stai vedendo è la più efficace forma di pubblicità mai
inventata».
    Lo guardo con fare diffidente e mi trattengo a fatica nel dirgli che
ogni giorno c’è qualcuno che crede di aver inventato la pubblicità del
secolo.
    Ma lui continua: «È talmente semplice da sembrare banale: tu fai una
ricerca e ti compaiono solo degli inserzionisti legati a ciò che stai
cercando. Io lo trovo comodissimo e spesso faccio click su questi
riquadri. Lo so che è pubblicità ma, in molti casi, sono proprio quelle le
aziende che sto cercando. Immagino quindi che anche per la mia azienda
potremmo utilizzare…».
    Non lo faccio continuare.
    «Aspetta un attimo: stiamo parliamo di internet, roba per ragazzini. E
poi quante ricerche pensi vengano fatte in Italia? Qui mica siamo in
America! »
    Ripenso al sogno. Accidenti: sto diventando un veggente? Mi sogno
un cliente che mi racconta di scenari futuri impossibili ed il giorno dopo
me lo trovo davanti a parlarmi di una diavoleria fatta con i computer. E
se stessi acquisendo delle capacità extra-sensoriali?
    Pierluigi mi riporta sui suoi fogli. Anzi, adesso ne ha tirato fuori un
altro che prima non avevo notato. Ma non me lo fa vedere; lo prende
invece in mano ed inizia a leggere. Sono evidentemente delle ricerche di
mercato, dalle quali risulterebbe che internet è usato da circa quindici
milioni di persone in Italia e che praticamente tutte fanno regolarmente

3
    Tipico spazio pubblicitario utilizzato sulla stampa, specie sui quotidiani

                                                        La pubblicità che ho sognato ¦ 13
delle ricerche on-line. Poi fa una pausa e comincia a leggere in modo
quasi solenne.
    «Oltre la metà degli utenti si è informata su internet in merito a
servizi e prodotti che poi ha acquistato off-line» e, alla fine, mi spara la
sua sentenza: «Questo significa che attraverso i motori di ricerca posso
incrociare le persone che in quel momento stanno cercando di informarsi
sui miei prodotti. Lo capisci? Praticamente non c’è dispersione: espongo
il mio annuncio pubblicitario solo dove c’è qualcuno realmente
interessato. Insomma: è come capire cosa ha in mente la gente e
mostrargli la pubblicità di un prodotto quando pensa proprio a quello.
Non lo trovi perfetto? »
    Cerco di trovare un’intuizione per ribattere che la pubblicità impiega
anni per sfruttare i nuovi media e che internet è ancora giovane, ecc. ma
non voglio rischiare di allargare il discorso. Però devo cercare di arginare
i facili entusiasmi di Pierluigi. Tornando sui risultati delle ricerche che ho
davanti agli occhi, immagino di aver trovato la probabile falla del sistema.
    «Guarda qua: in questa lista ci sono un paio di riquadri pubblicitari,
ma sono sicuro che solo pochi gli utenti internet li vanno a guardare;
piuttosto sceglieranno sicuramente i siti riportati nell’elenco più grande
sulla sinistra, anche perché mi sembrano anch’essi attinenti alla richiesta,
non trovi? »
    Sembra che non aspettasse altro.
    «Hai ragione. Non a caso le informazioni che ho raccolto, arrivano
principalmente da un’azienda che riesce a posizionare il tuo sito web
proprio nell’elenco che dicevi te. In sostanza loro analizzano cosa stanno
cercando gli utenti on-line in questo momento e mettono il tuo sito in
testa ai risultati, sia nell’area più grande, sia utilizzando gli spazi
pubblicitari».
    Sono alle corde. E pensare che l’avevo pure sognato questo matto che
mi parlava di pubblicità preveggente. In effetti il discorso sembra filare,
ma sicuramente ci sarà il trucco da qualche parte. E poi chissà quanto te
lo fanno pagare un servizio del genere.
    «Facciamo così», propongo, «lasciami alcuni giorni per capire come
funziona questa cosa e poi ti faccio sapere».
    Vedo Pierluigi che non vuole mollare l’osso ed insiste.

                                                La pubblicità che ho sognato ¦ 14
«Scusa Alberto, siamo qui per analizzare il budget della prossima
campagna e vorrei proprio non perderla questa opportunità. Aspetta che
ti faccio vedere un’altra cosa».
    «E adesso cos’altro mi tira fuori?», penso un po’ irritato; «poteva
dirmi che gli interessava internet e così predisponevamo un bel media-
plan. Invece è lui che si mette a fare il pianificatore… Ah, che pazienza
che ci vuole. Ci dovrebbero fare tutti santi!»
    Il documento che mi fa vedere adesso è molto più colorato dei
precedenti. È una brochure fatta piuttosto bene, devo ammetterlo. Si, si,
le solite chiacchiere: siamo forti, competenti, il cliente è al centro delle
nostre attenzioni e via con le solite cose. E allora? Pierluigi mi indica la
pagina che descrive i servizi, poi prende una penna e fa un cerchietto
accanto al punto 3 e al punto 5 della “lista di vantaggi”. Al punto 3 c’è
scritto che il servizio su può anche pagare in funzione delle visite
generate al sito web.
    «Cioè?».
    Pierluigi è raggiante:
    «Praticamente paghi solo in base ai risultati che ottieni. Nulla di più».
E poi passa la punto 5: «Puoi attivare la campagna in sole 48 ore. E oltre
a questo…»
    Per fortuna gli squilla il cellulare. Non perdo l’occasione: raccolgo
velocemente tutti i fogli di Pierluigi compresa la brochure e li metto in
una nuova cartellina su cui scrivo “internet”. Poi prendo il folder con il
media plan della prossima campagna, che poi sarebbe dovuto essere
l’oggetto della riunione.
    «Si, va bene, ho capito; tanto con Alberto ho quasi finito».
    Pierluigi quando parla al telefono urla e questo già mi dà fastidio. Ma
il fatto che oggi salti la definizione del budget mi fa davvero innervosire.
Allora cerco di concentrarmi su mio media-plan e sulle cose più urgenti
che avrei dovuto definire con lui. Sull’importo del budget siamo già
d’accordo. Se proprio vuole, qualche migliaio di euro lo spendiamo pure
su questi motori di ricerca. Però alla conferenza con i giornalisti io ci
tengo: su quella mi deve dare un’ok.
    Finita la sua telefonata, Pierluigi tira le somme.
    «Facciamo così: partiamo con un test sui motori di ricerca utilizzando
il 5% del budget di questa campagna. Per il resto, fai tu».

                                               La pubblicità che ho sognato ¦ 15
Ribatto: «Il 5%? A me sembra troppo, però se proprio ci tieni… In
ogni caso devi darmi il via libera alla conferenza di cui ti avevo parlato…
quella con i giornalisti. Dammi solo altri cinque minuti. Laura sta
curando la logistica ed ha i dati aggiornati».
   Chiamo Laura con l’interfono e lei arriva con un sorriso che non le
vedevo fare da tempo. È sempre stata orgogliosa di lavorare in questa
agenzia e cerca costantemente di mettersi in mostra con nuove idee e
proposte di continui cambiamenti; a volte per bloccarla ci vuole un certo
impegno. Spero che oggi non ne inventi una delle sue.
   «Alberto, per il convegno è praticamente pronto tutto. La sala è
opzionata e gli inviti possono partire nel giro di due giorni. Rispetto alle
stime iniziali, siamo riusciti a spuntare prezzi più bassi del 50%».
   «Complimenti! », interviene Pierluigi visibilmente interessato.
   Laura passa lo sguardo su di lui e continua.
   «Da quando ho iniziato a cercare i fornitori su internet, abbiamo
trovato nuove aziende molto competitive ed anche molto specializzate.
Guardate qui, ad esempio».
   E ci mostra la stampa di alcune pagine del sito web di una società che
organizza eventi, ed in particolare quelli riservati alle conferenze stampa.
   «L’ho trovata cercando si motori di ricerca internet, se volete vi faccio
vedere come ho fatto».
   «No, no, lascia stare», mi inserisco io pensando che, dopo il sogno e i
documenti di Pierluigi, adesso ci si mettono pure i fornitori scovati da
Laura. «Ormai sappiamo tutto dei motori di ricerca, vero? ».
   Sorrido ma è un mix di imbarazzo e voglia di cambiar discorso.
   La fastidiosa suoneria di Pierluigi ci interrompe ancora: lui urla a
qualcuno, probabilmente al suo autista, che sta uscendo.
   Mentre lo accompagno alla porta mi lancio con una frase di intesa.
   «Allora siamo d’accordo su tutto».
   «Si, procedi pure», mi congeda Pierluigi. «E mi raccomando,
partiamo subito con il posizionamento sui motori di ricerca: sto male a
pensare che in questo momento c’è qualcuno che sta cercando on-line i
prodotti che produciamo e in testa ai risultati trova i nostri competitor.
Ciao. »

                                              La pubblicità che ho sognato ¦ 16
Mi sprofondo nella mia poltroncina e non riesco a pensare che alla
conferenza stampa con i giornalisti. Meno male che almeno questa è
andata. Se la organizziamo bene possiamo ottenere una buona copertura
stampa, così facciamo morire d’invidia le agenzie concorrenti. E magari
ci scappa anche qualche redazionale anche sulle altre campagne che
stiamo lanciando. Il vero problema è cosa dire dell’utilizzo di internet nel
media mix di Deluxe & Co. Qui da noi nessuno si sporca più le mani con
la Rete, da quando per quel portale pianificammo un po’ di spot in TV e
poi si scoprì che nessuno ricordava il loro brand. Noi cercammo di
spiegargli che con 8 miliardi di vecchie lire non si riesce ad avere la giusta
pressione pubblicitaria, ma loro volevano risparmiare…
    Ho un’idea. Chiamo Laura.
    «Carissima, è forse arrivata la tua occasione. Che ne pensi di occuparti
di internet nella nostra agenzia? ».
    Lei non ha più il sorrisone esibito in precedenza. Ora è gelida,
sfrontata, sicura.
    «No grazie, ho appena ricevuto conferma da una web agency che ha
trovato il mio curriculum in Rete. Dalla prossima settimana vado ad
occuparmi di pianificazione on-line e anche di motori di ricerca. Hanno
già molti grandi clienti e anche io ne ho in mente qualcuno…».

                                                La pubblicità che ho sognato ¦ 17
Puoi anche leggere