LA NUOVA EMIGRAZIONE ITALIANA IN GERMANIA, FRANCIA E INGHILTERRA IL MERCATO DEL LAVORO E LA RICERCA DI NUOVE OPPORTUNITÀ - Associazione Emilia ...

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LA NUOVA EMIGRAZIONE ITALIANA IN GERMANIA, FRANCIA E INGHILTERRA IL MERCATO DEL LAVORO E LA RICERCA DI NUOVE OPPORTUNITÀ - Associazione Emilia ...
Working paper – La nuova immigrazione italiana in Germania, Francia e Inghilterra a cura di Pietro Piro

                   LA NUOVA EMIGRAZIONE ITALIANA
                 IN GERMANIA, FRANCIA E INGHILTERRA
                        IL MERCATO DEL LAVORO
                 E LA RICERCA DI NUOVE OPPORTUNITÀ
                                        Working paper a cura di Pietro Piro1

                Abstract: A first analysis of the material available on the new Italian
       emigration in Germany, France and England. Italian immigrants are more culturally
       prepared than their ancestors, emigrate more women and entire families. All are
       accumulated by the search for new opportunities for work and life. The analysis of
       statistical data favors a greater understanding of the phenomenon. Phenomenon that
       must be framed in a global perspective.

                 Sommario: Una prima analisi del materiale disponibile sulla nuova
       emigrazione italiana in Germania, Francia e Inghilterra. Gli immigrati italiani sono più
       preparati culturalmente dei loro antenati, emigrano più donne e intere famiglie. Tutti
       sono accumulati dalla ricerca di nuove opportunità di lavoro e di vita. L’analisi dei dati
       statistici favorisce una maggiore comprensione del fenomeno. Fenomeno che deve
       essere inquadrato in una prospettiva globale.

                 Keywords: immigration, migration, labor market, new Italian emigration;
       skills of workers; solidarity networks.

                Indice: 1. Migrare. Una condizione globale - 2. Definizioni necessarie - 3.
       Mondo migrante - 4. Mappe e rotte 5. Lo scenario europeo - 6. L’Italia - 7. La nuova
       emigrazione italiana - 8. Dall’emergenza alla soggettività - 9. La nuova emigrazione
       italiana in Germania - 10. La nuova emigrazione italiana in Francia - 11. La nuova
       emigrazione italiana in Inghilterra - 12. Conclusioni.

                            Le comunità italiane attualmente residenti all’estero sono il risultato di oltre
                          150 anni di storia migratoria. Le loro dimensioni e la loro struttura riflettono,
                                  di conseguenza, non solo l’intensità dei diversi flussi ma anche tutti quei
                              complessi processi che, nel corso di questo lungo intervallo di tempo, hanno
                           influenzato i percorsi individuali, familiari e collettivi nelle aree di partenza e
                          nei paesi d’arrivo. Di questa complessa articolazione sarebbe necessario tener
                             conto, non solo in sede di ricostruzione storica, ma anche in sede politica. Se,
                               infatti, si vogliono individuare strumenti efficaci di intervento è necessario
                          scomporre un aggregato così eterogeneo nelle sue parti costitutive. È del tutto
                            evidente che problemi ed esigenze dei discendenti dei nostri emigranti di fine
                         Ottocento o del secondo dopoguerra sono cosa ben diversa da quelli dei giovani
                                                   laureati che lasciano oggi l’Italia per lavorare all’estero.

                                                              M. Bonifazi, Un pezzo d’Italia poco conosciuto

1 Il presente working paper, rappresenta una primissima esplorazione del materiale disponibile sul fenomeno

della nuova immigrazione italiana in Germania, Francia e Inghilterra. Si basa su analisi quantitative elaborate
da altri studiosi e che non è stato possibile approfondire con ricerche condotte in autonomia. Tutti gli autori
sono stati citati e le immagini sono tratte tutte da dai contributi citati e liberamente disponibili in rete. Il
presente lavoro necessita di numerosi approfondimenti e precisazioni ed è dunque da considerare provvisorio.
Gli elementi di analisi qualitativa, quando non espressamente citati gli autori a cui fanno riferimento, sono del
curatore.
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Working paper – La nuova immigrazione italiana in Germania, Francia e Inghilterra a cura di Pietro Piro

         1. Migrare. Una condizione globale

        La presenza ormai consolidata in Italia di persone provenienti da paesi
diversi dal nostro e il continuo afflusso di nuovi immigrati associati alla potente
ripresa del fenomeno migratorio da parte di nostri connazionali all’estero - nonché
dei flussi migratori interni2 - stimola sempre più una riflessione attenta3 e
approfondita sulle cause dei fenomeni migratori.4
        Soprattutto, quando da più parti si cominciano ad utilizzare termini come
“invasione”5, “esodo”6, “assedio”7, occorre uno sforzo analitico per interpretare
numeri8 e proporzioni di un fenomeno che richiede uno sforzo notevole di
comprensione.9 Ancora di più, quando un tema come questo incide sull’agenda
politica delle nazioni e sui molteplici canali della comunicazione.10

2  Possono essere utili: C. Bonifazi, (cur.), Migrazioni e integrazioni nell’Italia di oggi, Consiglio Nazionale delle
Ricerche, Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali, Roma 2017; M. Colucci-S. Gallo, Fare
spazio: rapporto 2016 sulle migrazioni interne in Italia, Donzelli, Roma 2016; N. Panichella, Meridionali al Nord:
migrazioni interne e società italiana dal dopoguerra ad oggi, Il Mulino, Bologna 2014.
3 Si potrebbe partire per una prima ricostruzione da: M. Sanfilippo-L. M. Vignali, La nuova emigrazione italiana,

Centro studi emigrazione, Roma 2017.
4 Per una prima introduzione possono essere utili i più recenti: M. Ambrosini, Migrazioni, Egea, Milano 2017; S.

Cavasola-R. De Mucci, (cur.), 21st century migrations: fluxes, policies and politics, LUISS University Press, Roma
2017; D. Strangio, Globalizzazione, disuguaglianze, migrazioni: introduzione alla storia economica
contemporanea, Carocci, Roma 2017; B. Milanović, Ingiustizia globale: migrazioni, disuguaglianze e il futuro
della classe media, LUISS University Press, Roma 2017; C. Bonifazi, Migrazioni e integrazioni nell’Italia di oggi,
Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali, Roma 2017; G. Sciortino, Rebus immigrazione, Il
Mulino, Bologna 2017.
5 Può essere utile per rendersi conto della differenza tra numeri e percezione del pericolo questo recente

articolo di A. Magnani, «Invasione islamica»? In Italia i musulmani sono meno del 5%, 17 gennaio 2018 su:
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-01-16/invasione-islamica-italia-musulmani-sono-meno-
5percento-211907.shtml?uuid=AErc9wjD&refresh_ce=1
6 L. Romano, L'esodo degli italiani all'estero, su: http://www.ilgiornale.it/news/cronache/lesodo-degli-italiani-

allestero-1399292.html
7 Scrive Andrea Riccardi: «Qualcuno parla di un assedio da parte dei migranti e dei rifugiati. Quale la risposta

più logica all’assedio, se non il muro? Ha cominciato Orbàn in Ungheria, costruendo il muro per respingere i
rifugiati che salivano dai Balcani e ricordando che proprio a Buda nel 1686 erano stati battuti i turchi. Il muro
– così sostiene – dovrebbe preservare il carattere ungherese e “cristiano”. Altri Paesi dell’Est hanno seguito il
modello fino alla Macedonia. Il muro è una risposta archetipale all’assedio. Si è sempre fatto così, si dice. Si
pensi alla Grande Muraglia cinese, cominciata prima di Costantino, nel III secolo o al Vallo di Adriano verso la
Scozia, iniziato nel II secolo. Al di là del muro c’era l`ignoto: popoli in movimento che non si controllavano né
monitoravano. Mircea Eliade parla di “terrore della storia”». A. Riccardi, L’Europa non sbatta contro i muri che
uccidono la speranza, su: http://www.andreariccardi.it/leuropa-non-sbatta-contro-i-muri-che-uccidono-la-
speranza/ Si veda anche: M. Franco, L’assedio: come l'immigrazione sta cambiando il volto dell'Europa e la
nostra vita quotidiana, Mondadori, Milano 2016.
8 Scrive Roberto Ciccarelli: «Nel 2016 è aumentata l’emigrazione dei giovani italiani, in particolare verso il

Regno Unito. In maggioranza si tratta di diplomati (56 mila, +11%), mentre i laureati – alle cui spese è stata
creata la narrazione della «fuga dei cervelli» – sono meno della metà: 25 mila (+9% sul 2015). Si va soprattutto
in Inghilterra, poi in Germania (16,5%), Svizzera e Francia. Cresce l’emigrazione interna dopo tre anni di calo.
Si tratta di trasferimenti di residenza che hanno coinvolto oltre un milione di persone, +4% sul 2015. Nel 76%
sono trasferimenti tra comuni della stessa regione. A conferma del fatto che l’odio razzista, le campagne contro
fantasmatiche «invasioni» da parte dei migranti sono infondate l’Istat conferma una realtà completamente
diversa». In dieci anni cala l’immigrazione, triplica l’emigrazione degli italiani, su: https://ilmanifesto.it/in-10-
anni-cala-limmigrazione-triplica-lemigrazione-degli-italiani/
9 Scrive a tal proposito Marco Dotti: «In un momento di forte destabilizzazione, dove «gli immigrati diventano

il simbolo di un mondo minaccioso e imperscrutabile che entra in casa nostra» il confine fra “noi” e “loro”
diventa sempre più delicato. Lo sanno bene gli operatori politici e della comunicazione che di questa paura
trasformata in rancore hanno colto le potenzialità di aggregazione politica. Diventa allora importante -
davvero importante - capire chi sono le persone alle quali attribuiamo l’etichetta “immigrati”, decostruendo
l’immaginario in cui siamo l’immaginario in cui siamo abituati a immergerci quando parliamo di “loro”. […]
L’Italia è a quota 3 ogni 1000 abitanti. Eppure, la percezione - alimentata, va detto, non solo dagli imprenditori
del rancore ma anche dai retori dell’emergenza - è che vi sia un’invasione. E questa percezione impatta sul
discorso pubblico, specie in un Paese - il nostro - in campagna elettorale permanente». M. Dotti, Migrazioni:
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        Prima di approfondire i temi della nuova immigrazione italiana all’estero11
è necessario, a nostro avviso, collocare la dinamica degli spostamenti dei nostri
connazionali nel processo globale delle migrazioni.12
        Lo facciamo per un motivo preciso: è necessario in un mondo globalizzato
considerare i fenomeni come una complessa trama di un unico disegno per poter
comprendere come ogni singolo individuo sia, allo stesso tempo, protagonista in
grado di decidere in autonomia sulle scelte da compiere e semplice comparsa in uno
scenario globale di forze molto più grandi e potenti di lui che esercitano sulla sua
soggettività una spinta notevole che, il più delle volte, è capace d’imprimere al
destino personale svolte decisive.13
        Come ha scritto Marco Dotti: «A Nord come a Sud del Pianeta la condizione
umana si configura come quella di uno spaesamento senza limiti [...] Non ci si
orienta più nemmeno nei confini più intimi, ogni spazio è abitato dall’ombra di un
altro che attrae e al contempo respinge in un rilancio senza fine e senza scopo».14
        Nessuno si sente più a casa propria, spinto da energie caotiche e spesso
distruttive, attraversa lo spazio e il tempo desideroso di trovare un luogo dove
vivere una felicità impossibile. In questa condizione diffusa, si configurano nuove
identità e nuove classi: da un lato chi riuscirà a vivere al ritmo della città globale e
quelli che sopravviveranno ai margini, fuori da ogni diritto e garanzia.15

chiavi per capire, 14 gennaio 2018, su: http://www.vita.it/it/article/2018/01/14/migrazioni-chiavi-per-
capire/145619/
10 «Il ruolo ricoperto dal linguaggio e, in particolare, i termini utilizzati per definire i protagonisti di questo tipo

di notizie sono davvero fondamentali nel delineare i contorni del discorso pubblico intorno all’immigrazione.
[…] i migranti sono definiti come “richiedenti asilo” in pochissimi casi nei telegiornali e praticamente mai nei
quotidiani (un solo caso riscontrato nel nostro periodo campione), eppure nell’anno 2008, del 13%
complessivo dei migranti giunti in Italia via mare, quindi attraverso sbarchi e arrivi, ben il 73% era costituito
da “richiedenti asilo”, cioè da persone vittime di persecuzioni, guerre o altre situazioni per cui può richiedere,
in base alla Convenzione di Ginevra del 1951, la protezione internazionale. Questo tipo di persone non sono
affatto riconducibili ai migranti irregolari, anche se giungono in maniera illegale (come nel caso dello sbarco) e
senza documenti. Ancora più importante è riflettere sulla parola “clandestino” che, […] è la più frequentemente
utilizzata da telegiornali e quotidiani. Il termine è sempre più usato come equivalente di “criminale” (al di là
della recente introduzione del reato di immigrazione clandestina) attraverso l’accostamento di parole,
espressioni, infographic per cui si viene a creare una stretta associazione tra la criminalità straniera e la
condizione di clandestinità. In questo modo non solo il discorso sulla delinquenza straniera confluisce, e
talvolta si esaurisce, nelle proposte di espulsione degli stranieri non in regola con il permesso di soggiorno, ma
contribuisce a operare una dicotomizzazione tra un’immigrazione “buona” e una “cattiva”, dove nella prima
rientrano coloro che possono entrare a far parte del noi, della nostra comunità, e nella seconda confluiscono –
in maniera indistinta – criminali e clandestini». M. Morcellini (dir.), Ricerca nazionale su
immigrazione e asilo nei media italiani (Sintesi), p. 28 consultabile integralmente su: https://www.unhcr.it/wp-
content/uploads/2016/01/7sintesi_ricerca_immigrazione_e_asilo_sui_media__sapienza_v3.0.pdf Può essere
utile anche: P. Orrù, Il discorso sulle migrazioni nell’Italia contemporanea: un’analisi linguistico-discorsiva sulla
stampa (2000-2010), Franco Angeli, Milano 2017.
11 E. Caneva, Giovani italiani che emigrano: percorsi di vita inediti all’epoca della crisi economica globale, in:

MONDI MIGRANTI, N° 3, 2016, pp. 79-93.
12 Fondamentale in questa direzione: Fondazione Migrantes, Rapporto italiani nel mondo 2017, Editrice Tau,

Todi 2017. Si veda anche: A. Aledda, Gli italiani nel mondo e le istituzioni pubbliche: la politica italiana nei
confronti dell'emigrazione e delle sue forme di volontariato all'estero, Franco Angeli, Milano 2016.
13 Riteniamo opportuno, per delineare un primo quadro della “condizione umana” nell’epoca della

globalizzazione, fare riferimento alle seguenti opere: B. Amoroso, L’apartheid globale: globalizzazione,
marginalizzazione economica, destabilizzazione politica, Castelvecchi, Roma 2017; B. Milanović, Ingiustizia
globale: migrazioni, disuguaglianze e il futuro della classe media; LUISS University Press, Roma 2017; U. Beck, I
rischi della libertà: l'individuo nell'epoca della globalizzazione, Il Mulino, Bologna 2012; Z. Bauman, Dentro la
globalizzazione: le conseguenze sulle persone, GLF Editori Laterza, Roma 2012; S. Sassen, Espulsioni: brutalità e
complessità nell'economia globale, Il Mulino, Bologna 2015; R. Sennett, L’uomo flessibile: le conseguenze del
nuovo capitalismo sulla vita personale, Feltrinelli, Milano 2016.
14 M. Dotti, Finis Europae? Corpi intermedi digitali, welfare, immigrazione e neonazionalismo, Luca Sosella

Editore, Bologna 2017, p. 16.
15 Id., p. 26.

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        In questa prospettiva politico ed economico danno vita a una nuova
dialettica la cui sintesi perfetta è una condizione diffusa di guerra permanente
contro gli spazi intermedi e gli individui che li abitano.16
        Fattori demografici, climatici, politici ed economici, spingeranno sempre più
persone a mettersi in movimento alla ricerca di futuro. Di fronte a questo esodo di
massa nessuna istituzione sembra essere ancora preparata. E si delineano così
modelli di welfare a più velocità: inclusivi per chi è già incluso e espulsivi per chi
necessita d’inclusione.17
        Se è vero dunque che nel 2016 i migranti nel mondo erano circa 244 milioni
(il 41% in più dal 2000) ci rendiamo conto dell’urgenza di connettere i fenomeni
tra di loro per non lasciare “vuoti di senso” che c’impediscono di comprendere in
profondità l’oggetto della nostra indagine.

        2. Definizioni necessarie

        Oggi, diverse sono le definizioni del termine migrante in uso è potrebbe
essere di fondamentale importanza, nell’economia del mostro ragionamento,
riportare di seguito (quasi integralmente) un approfondito quadro delle definizioni
del fenomeno fornito dall’UNESCO:18 «La Convenzione delle Nazioni Unite sui
diritti dei migranti definisce lavoratore migrante una “persona che deve essere
assunta o impegnata in un’attività remunerata in uno Stato di cui non è cittadino”.
Da ciò segue una definizione più ampia di migranti: Il termine “migrante” dovrebbe
essere inteso nel senso di comprendere tutti i casi in cui la decisione di migrare è
presa liberamente dall’interessato, per motivi di convenienza personale e senza
l’intervento di un fattore esterno convincente.
        Questa definizione indica che il termine migrante non fa riferimento a
rifugiati, sfollati o altri costretti o costretti a lasciare le loro case. I migranti
sono persone che fanno delle scelte su quando partire e dove andare, anche se a volte
queste scelte sono estremamente limitate.
        In effetti, alcuni studiosi fanno una distinzione tra migrazione volontaria e
involontaria. Lo Special Rapporteur on the Human Rights of Migrants19 ha
proposto che le seguenti persone debbano essere considerate come migranti:

              • Le persone che si trovano al di fuori del territorio dello Stato
       di cui sono cittadini o cittadini non sono soggette alla sua protezione
       giuridica e che si trovano nel territorio di un altro Stato;

              • Le persone che non godono del riconoscimento giuridico
       generale dei diritti che è inerente alla concessione da parte dello Stato
       ospitante dello status di rifugiato, persona naturalizzata o di status
       analogo;

              • Persone che non godono né della tutela legale generale dei
       loro diritti fondamentali in virtù di accordi diplomatici, visti o altri
       accordi.

16 Id., p. 28.
17 Id., p. 87.
18           Fonte:     http://www.unesco.org/new/en/social-and-human-sciences/themes/international-
migration/glossary/migrant/ La traduzione in lingua italiana e alcuni adattamenti sono del curatore.
19 http://www.ohchr.org/EN/Issues/Migration/SRMigrants/Pages/SRMigrantsIndex.aspx

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        Questa ampia definizione di migranti riflette l’attuale difficoltà di
distinguere tra migranti che lasciano i loro paesi a causa di persecuzioni politiche,
conflitti, problemi economici, degrado ambientale o una combinazione di questi
motivi e coloro che lo fanno alla ricerca di condizioni di sopravvivenza o di
benessere. Passando al concetto di migrazione, è l’attraversamento del confine di
un’unità politica o amministrativa per un certo periodo minimo di tempo.
Comprende il movimento di rifugiati, sfollati, sradicati e migranti economici.
        La migrazione interna si riferisce a un trasferimento da un’area (una
provincia, un distretto o un comune) a un’altra all’interno di un paese. La
migrazione internazionale è una delocalizzazione territoriale di persone tra stati
nazionali. Due forme di delocalizzazione possono essere escluse da questa
definizione ampia: in primo luogo, un movimento territoriale che non porta a
nessun cambiamento nei legami di appartenenza sociale e pertanto rimane in gran
parte irrilevante sia per l’individuo che per la società d’origine e destinazione come
per il turismo; in secondo luogo, una ricollocazione in cui gli individui o i gruppi
interessati sono oggetti puramente passivi piuttosto che agenti attivi del
movimento, come il trasferimento organizzato di rifugiati dagli Stati di origine a un
rifugio sicuro. Le forme dominanti di migrazione possono essere distinte in base ai
motivi (economico, ricongiungimento familiare, rifugiati) o allo status giuridico
(migrazione irregolare, emigrazione controllata, immigrazione libera) degli
interessati. La maggior parte dei paesi distingue tra diverse categorie nelle
politiche e nelle statistiche sulla migrazione. Le variazioni esistenti tra i paesi
indicano che non esistono definizioni obiettive di migrazione. Quello che segue è
una classificazione più comune dei migranti internazionali:

              • Immigrati temporanei (noti anche come lavoratori ospiti o
       lavoratori assunti all’estero): persone che emigrano per un periodo
       limitato di tempo al fine di assumere un impiego e inviare denaro a
       casa.

               • Migranti altamente qualificati e imprenditori: persone con
       qualifiche come dirigenti, dirigenti, professionisti, tecnici o simili, che si
       spostano all’interno dei mercati del lavoro interni di società
       transnazionali e organizzazioni internazionali, o che cercano lavoro
       attraverso mercati del lavoro internazionali per scarse competenze.
       Molti paesi accolgono favorevolmente tali migranti e hanno programmi
       speciali di “immigrazione specializzata e imprenditoriale” per
       incoraggiarli a migrare.

             • Immigrati irregolari (o migranti privi di documenti):
       persone che entrano in un paese, di solito in cerca di lavoro, senza i
       documenti e i permessi necessari.

               • Migrazione forzata: in un senso più ampio, ciò include non
       solo i rifugiati e richiedenti asilo, ma anche le persone costrette a
       spostarsi a causa di fattori esterni, come catastrofi ambientali o progetti
       di sviluppo socio economico.

                                                                                                          5
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               • Familiari (o       ricongiungimento       familiare/migranti     di
       ricongiungimento familiare): persone che condividono legami familiari
       che uniscono persone che sono già entrate in un paese d’immigrazione
       in una delle categorie sopra menzionate. Molti paesi riconoscono in
       linea di principio il diritto al ricongiungimento familiare per i migranti
       legali. Altri paesi, in particolare quelli con sistemi di lavoro a contratto,
       negano il diritto al ricongiungimento familiare.

              • Rientri: persone che ritornano nei loro paesi di origine dopo
       un periodo in un altro paese».

        La migrazione è un fattore importante nell’erosione dei confini tradizionali
tra lingue, culture, gruppi etnici e stati nazionali. Anche quelli che non migrano
sono influenzati dai movimenti di persone dentro o fuori le loro comunità e dai
cambiamenti che ne derivano. La migrazione non è un singolo atto di
attraversamento di un confine, ma piuttosto un processo permanente che interessa
tutti gli aspetti della vita di coloro che sono coinvolti.
        In sintesi, i motivi che possono spingere una persona a lasciare il proprio
Paese d’origine possono essere moltissimi ma i principali al momento sembrano
essere:

             a) Sfuggire a forme diverse di persecuzione e discriminazione basata
                sulla razza, l’appartenenza religiosa, la nazionalità;
             b) L’appartenenza a un gruppo sociale o una opinione politica e sociale
                oggetti di persecuzione;
             c) Allontanarsi da sistemi politici instabili incapaci di far fronte alle
                esigenze della popolazione;
             d) Sfuggire a forme molteplici di violenza, sopruso, conflitto,
                coercizione, ricatto, minaccia;
             e) Trovare rifugio sicuro in seguito a disastri ambientali;
             f) Cercare assistenza sanitaria di livello superiore o un sistema di
                welfare che permetta condizioni di vita migliori;
             g) Sfuggire alla povertà;
             h) Offrire maggiori opportunità di vita e di crescita ai propri
                discendenti; ricercare modelli e sistemi educativi ritenuti più
                opportuni per la crescita personale;
             i) Ricercare opportunità di crescita professionale; stabilire legami
                sentimentali.

       Che siano uno o più di questi motivi elencati, le ragioni che spingono a
lasciare il proprio paese possono mutare nel tempo e determinare successivi
spostamenti e generare forme di migrazione permanente.

        3. Mondo migrante

       La storia del Novecento ci ha insegnato che le persecuzioni religiose,
politiche e sociali; le guerre; i mutamenti degli assetti geopolitici; le epidemie; le
crisi economiche; le carestie; la colonizzazione e la decolonizzazione, hanno
determinato le migrazione forzate di milioni d’individui desiderosi di fuggire da

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condizioni tragiche per dare a sé stessi e alle proprie famiglie una nuova speranza
di vita.
         In passato, milioni di vite sono state costrette alla fuga con ogni mezzo
disponibile, respinte da confini e da barriere e costrette a risiedere in campi
profughi improvvisati.
         Moltissimi in questo esodo tragico hanno perso la vita. Dopo la fine della
Seconda Guerra Mondiale non sono cessate né le guerre né le migrazioni forzate.
         La scomposizione dei territori, le crescenti disuguaglianze, il terrorismo, le
crisi ecologiche; le ripetute crisi economiche; le guerre civili e fratricide; i
trasferimenti in massa dalle campagne alle città; spingono ancora oggi milioni di
persone a fuggire dalla propria terra d’origine.
         Milioni di lavoratori si spostano da un paese all’altro, da un lavoro precario
all’altro. A questa “continua emergenza” gli Stati reagiscono attivando dispositivi di
controllo ispirati alla logica della maggiore selettività e del rigore, rendendo - di
fatto - sempre più difficile attraversare i confini e quando questo accade, la
possibilità di soggiornare è sempre più limitata nel tempo e il rimpatrio nei paesi
d’origine sempre più favorito.
         L’incessante e inarrestabile mobilitazione umana a livello planetario,
innesca profonde dinamiche di cambiamento sociale, economico, etico e
ambientale e genera problemi nuovi di ordine demografico, sanitario, logistico,
burocratico, militare.
         Allo stesso tempo, emerge la consapevolezza che i fenomeni umani sono
tutti legati e inter connessi e come sia urgente nelle valutazioni politiche,
economiche e sociali, una prospettiva di ecologia profonda per comprendere e
governare le mutazioni in atto.
         Globalizzazione, flussi migratori, mutamenti economici e ambientali
ridisegnano la mappa delle conquiste sociali, dei diritti del lavoro, del welfare.
Generano una messa in discussione radicale dei sistemi di vita e di pensiero.
Stabiliscono nuove gerarchie tra popolazione autoctona e immigrata, tra cittadini e
stranieri, tra chi gode dei diritti e chi invece lotta per vederli riconosciuti.
         La mutazione in atto genera conflitti e tensioni, derive razziste e
rivendicazioni campanilistiche. Ma anche aperture, contaminazioni, arricchimenti
culturali. Sembra impossibile fare un bilancio di un fenomeno così ampio e
complesso, cosi profondamente in evoluzione. La globalizzazione non ha
certamente inventato le migrazioni e le diaspore ma le ha rese più complesse e più
visibili, più “presenti” nel dibattito pubblico e nei mezzi di comunicazione.
         Allo stesso tempo, ha rivelato in maniera drammatica come le
discriminazioni, gli stereotipi e i pregiudizi non appartengono a un lontano passato
ma continuano ad abitare la dimensione complessa del mondo di oggi. Ogni paese è
coinvolto in questo fenomeno come luogo di arrivo, di transito, di partenza o di
attraversamento. Ogni “passaggio” genera difficoltà di convivenza, diffidenza,
paura. Chi cerca di fermarsi e di mettere radici si trova spesso di fronte a
dissonanze con l’ambiente che dovrebbe accoglierlo; difficoltà nell’inserimento nel
mercato del lavoro a causa degli effetti di ripetute e prolungate crisi economiche;
arretramenti culturali rispetto alle posizioni acquisite nei paesi d’origine; clima di
ostilità; discriminazione razziale e culturale.
         Ma può trovare anche ospitalità, rispetto, opportunità di vita e di lavoro
inedite. Le migrazioni sono una porta aperta verso l’ignoto e come tutte le porte è
possibile dare un giudizio di qualità su questo passaggio solo dopo averle
attraversate. Diverso invece è l’atteggiamento dei media. Più intenzionato ad
                                                                                                          7
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esacerbare le differenze tra “amici” e “nemici” piuttosto che a comprendere il reale
potenziale di crescita che scaturisce dall’incontro di culture diverse.
      Temi come quelli dell’invasione degli stranieri o della fuga dei cervelli,
continuano ad alimentare il dibattito pubblico ma senza fornire al pubblico i dati
necessari per crearsi una opinione corretta e approfondita dei fenomeni sociali.

        4. Mappe e rotte

        Come abbiamo precedentemente accennato, lo scenario globale delle
migrazioni vede coinvolti moltissimi Paesi come luoghi di partenza, transito,
arrivo, attraversamento.
        Secondo le più recenti stime (2016-2017) sono 253 milioni i migranti nel
mondo di cui 17,2 milioni rifugiati e 2,8 milioni richiedenti asilo;
complessivamente sono 65,6 milioni i “migranti forzati” (50% donne) compresi gli
sfollati interni al proprio paese a causa di una crescente instabilità mondiale (33
conflitti in corso, 11 situazioni di crisi, 16 missioni ONU attive). Il numero di
migranti internazionali in tutto il mondo ha continuato a crescere rapidamente
negli ultimi anni, raggiungendo 258 milioni nel 2017, contro i 220 milioni di 2010
e 173 milioni nel 2000. Più del 60% dei migranti internazionali vive in Asia (80
milioni) o in Europa (78 milioni). L’America Settentrionale ha ospitato il terzo
maggior numero di migranti internazionali (58 milioni), seguiti da Africa (25
milioni), America Latina e Caraibi (10 milioni) e Oceania (8 milioni). Nel 2017, due
terzi (67%) di tutti i migranti internazionali vivevano in soli venti paesi. Nel 2017
dei 258 milioni di migranti internazionali in tutto il mondo, 106 milioni sono nati
in Asia, (61 milioni) in Europa, seguita dall’America Latina e i Caraibi (38 milioni) e
l’Africa (36 milioni di euro). Nel 2017, l’India era il più grande paese di origine
dei migranti internazionali (17 milioni), seguiti dal Messico (13 milioni). Altri paesi
di origine della popolazione migrante includono la Federazione russa (11 milioni),
Cina (10 milioni), Bangladesh (7 milioni), Repubblica araba siriana (7 milioni)
Pakistan e Ucraina (6 milioni ciascuno). Nel 2017, l’età media dei migranti
internazionali in tutto il mondo era 39 anni, un leggero aumento da 38 anni nel
2000.

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         Sempre più persone sono costrette ad abbandonare la propria terra
d’origine a causa di persecuzioni, conflitti, violenze generalizzate o violazioni dei
diritti umani.
         Si pensi alla più recente crisi siriana20 che ha visto più della metà della
popolazione costretta ad abbandonare le proprie case per fuggire nei Paesi più
vicini. Inoltre, si fa sempre più strada l’ipotesi che i cambiamenti climatici
rappresentino uno dei fattori più decisivi per comprendere i fenomeni migratori in
atto.21
         Osservare le “mappe” di questi flussi ci aiuta a comprendere come il migrare
sia un fenomeno “planetario e socialmente diffuso”:22

20      Possono        essere      utili:    I      recenti      sviluppi      della    crisi       siriana,    su:
http://documenti.camera.it/leg17/dossier/Pdf/ES0495.pdf                 ;       Fallimento          Siria,      su:
https://www.oxfamitalia.org/wp-content/uploads/2015/03/ReportSiria_12Mar15_definitivo.pdf;                       D.
Franceschi, Il contesto storico e geopolitico della crisi siriana, su: http://www.storiain.net/storia/il-contesto-
storico-e-geopolitico-della-crisi-siriana/
21 Vedi: S. Altiero-M. Marano, Crisi ambientale e migrazioni forzate: L'ondata silenziosa oltre la fortezza Europa,

Associazione a Sud, Roma 2006, su: http://asud.net/wp-content/uploads/2016/07/Crisi-ambientali-e-
migrazioni-forzate-def.pdf
22 Per la fonte delle mappe vedi: The World’s Congested Human Migration Routes in 5 Maps. Europe is not the

only part of the world facing a refugee crisis; https://news.nationalgeographic.com/2015/09/150919-data-
points-refugees-migrants-maps-human-migrations-syria-world/)
                                                                                                                      9
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                                            Fonte dell’immagine: vedi nota23

23   http://www.limesonline.com/rubrica/migranti-deuropa-tornatevene-a-casa
                                                                                                          10
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                                              Fonte dell’Immagine: vedi nota24

24Lo scenario globale dell’immigrazione. Nel mondo ci sono 244 milioni di migranti, 41% in più dal 2000, su:
http://www.infodata.ilsole24ore.com/2016/03/14/lo-scenario-globale-dellimmigrazione-nel-mondo-ci-
sono-244-milioni-di-migranti-41-in-piu-dal-2000/?refresh_ce=1
                                                                                                               12
Working paper – La nuova immigrazione italiana in Germania, Francia e Inghilterra a cura di Pietro Piro

      In questo scenario globale è infatti possibile distinguere quattro flussi
migratori secondo Maurizio Ambrosini:25

               1. Il primo va “dal Nord al Nord” e interessa 50 milioni di persone,
                  generalmente ben qualificate, che godono nel Paese d’arrivo degli
                  stessi diritti del Paese di partenza.
               2. Il secondo è un flusso che va “dal Sud al Sud”, interessa circa 70
                  milioni di persone, e generalmente i migranti in arrivo ottengono
                  diritti altrettanto scarsi di quelli di cui godevano nei Paesi di
                  partenza.
               3. Il terzo flusso è “dal Nord al Sud”, interessa 20 milioni di persone, e
                  difficilmente coloro che si muovono (l’esempio tipico fu, negli anni
                  scorsi, quello dei pensionati piemontesi che si trasferivano in Kenya)
                  incontrano barriere all’ingresso.
               4. Il quarto flusso, quello “Sud-Nord” quello che viene solitamente
                  preso in considerazione quando si parla di migranti. Un flusso con
                  caratteristiche peculiari, basti considerare che le donne ne sono la
                  componente crescente.

      Osservando le mappe è possibile stabilire i principali “poli d’attrazione” così
come i paesi dai quali si “fugge” con più frequenza. Generalmente - con eccezioni
che confermano la regola - ai primi corrisponde prosperità economica e regimi
democratici ai secondi, conflitti e regimi liberticidi.

           5. Lo scenario europeo

        Nello scenario globale delle migrazioni l’Europa gioca un ruolo da
protagonista. Contemporaneamente terra desiderata - migliaia sono le vite perdute
nel desiderio di raggiungerla tra il 2000 e il 2014 infatti, sono morti circa
ventiduemila migranti - e terra da cui fuggire per lasciarsi alle spalle delusioni e
amarezze.
        Secondo i più recenti dati a disposizione26 il numero totale di arrivi in
Europa entro la fine di marzo 2017 è stato di 30.465 unità con oltre 29.000
persone giunte via mare in Grecia, Italia e Spagna.
        Dato in netto contrasto con i 175.056 arrivi registrati nello stesso periodo
nel 2016. La diminuzione del numero di arrivi può essere osservata in molti dei
paesi che hanno visto il maggior numero di arrivi nel 2016. Nei primi tre mesi del
2017 le autorità greche hanno registrato 4.407 arrivi rispetto ai 152.617 registrati
nel primo trimestre 2016, una diminuzione del 97%.
        Contrariamente a ciò, l’Italia vede un aumento degli arrivi dal 2015
raggiungendo un picco a fine marzo 2017. Le cifre indicano un aumento dell’85%
degli arrivi confrontando i primi trimestri del 2015 (10.165) e il 2016 (18.777), e
Incremento del 29% del numero di arrivi nei primi tre mesi del 2017 con un totale
di 24.292 migranti registrati al 31 marzo 2017.
        Molte persone vedono l’Europa come un luogo di pace e ricchezza rispetto
alla violenza e alla disperazione che caratterizzano i loro paesi d’origine. Una terra

25   Vedi: http://www.vita.it/it/article/2018/01/14/migrazioni-chiavi-per-capire/145619/
26   Vedi: http://migration.iom.int/docs/Q1_2017_statistical_Overview.pdf
                                                                                                          13
Working paper – La nuova immigrazione italiana in Germania, Francia e Inghilterra a cura di Pietro Piro

“fertile” dove trovare rifugio e le condizioni di base - pace, lavoro, prosperità - per
poter dare alla propria traiettoria di vita un senso nuovo.
        Il 2015 è stato un anno di forte tensione a causa delle migrazioni in Europa,
più di un milione di migranti e rifugiati, infatti, hanno attraversato il territorio
europeo. La guerra civile in Siria,27 le continue violenze in Afghanistan e in Iraq, la
dittatura in Eritrea28 la miseria del Kosovo29 hanno accentuato la presenza di
persone in cerca di protezione e pace nel territorio europeo.

                                               Fonte dell’immagine30

        La richiesta d’asilo in Europa è una delle “strategie di sopravvivenza” che
molti migranti utilizzano per cercare stabilità e rifugio. Nel 2016, più di 1,2 milioni
di persone hanno presentato per la prima volta domanda di asilo in uno dei paesi
dell’Unione Europea (1 milione e 257 mila nel 2015) il doppio rispetto a quelle del
2014 (562.700).
        La Germania è il paese in cui sono state registrate la maggior parte delle
nuove richieste e cioè il 60% del totale pari a 722.300 domande (6 richieste su 10).
Seguono poi l’Italia (il 10% del totale pari a 121.200 richieste), la Francia (6%, cioè
76.000 domande) e la Grecia (49.900 pari al 4%). In proporzione alla popolazione
le statistiche mostrano che nel 2016 il maggior numero di domande di asilo è stato
registrato sempre in Germania. Seguono Grecia, Austria, Malta e Lussemburgo. I
numeri più bassi di richieste, in rapporto alla popolazione, sono stati registrati
invece in Slovacchia, Portogallo, Romania, Repubblica Ceca e Estonia. In Italia le
richieste sono aumentate del 46 per cento: l’Italia è al secondo posto in numeri
assoluti, ma solo decima in base al numero di abitanti.31

27 Possono essere utili per una ricostruzione: http://documenti.camera.it/leg17/dossier/Pdf/ES0495.pdf ;
http://www.caritas.it/materiali/Mondo/mor_naf/Siria/dossier_siria_marzo2015.pdf
28 Per approfondire: http://openmigration.org/analisi/5-cose-da-sapere-sui-rifugiati-eritrei/
29 Vedi: http://www.caritas.it/materiali/Europa/Kosovo/ddt31_kosovo2017.pdf
30         http://data2.unhcr.org/en/situations/mediterranean#_ga=2.145876404.1247378538.1516355993-
1564328024.1516355993
31 Vedi: http://www.ilpost.it/2017/03/16/i-dati-sulle-domande-di-asilo-in-europa-nel-2016/

                                                                                                           14
Working paper – La nuova immigrazione italiana in Germania, Francia e Inghilterra a cura di Pietro Piro

                                                 Fonte: Eurostat

                                                                                                          15
Working paper – La nuova immigrazione italiana in Germania, Francia e Inghilterra a cura di Pietro Piro

       Per ricostruire l’entità del fenomeno migratorio in Europa è molto utile
riportare i dati dell’Eurostat (L’Ufficio Statistico dell’Unione Europea):
«Complessivamente, nel 2015 sono immigrate in uno degli Stati membri dell’UE-28
4,7 milioni di persone, mentre almeno 2,8 milioni di migranti hanno lasciato uno
Stato membro dell’UE. Di questi 4,7 milioni di immigrati nel 2015, 2,4 milioni sono
cittadini di paesi terzi (cifra stimata), 1,4 milioni possiedono la cittadinanza di uno
Stato membro dell’UE diverso da quello in cui sono immigrati, circa 860 000 sono
immigrati in uno Stato membro dell’UE del quale avevano la cittadinanza (per
esempio cittadini che rimpatriano o cittadini nati all’estero) e circa 19 000 sono
apolidi. La Germania ha registrato il numero totale più elevato di immigrati (1 543
800) nel 2015, seguita dal Regno Unito (631 500), dalla Francia (363 900), dalla
Spagna (342 100) e dall’Italia (280 100). La Germania ha registrato il numero più
elevato di emigrati (347 200) nel 2015, seguita dalla Spagna (343 900), dal Regno
Unito (299 200), dalla Francia (298 000) e dalla Polonia (258 800). In totale, 17
Stati membri dell’UE hanno registrato più immigrati che emigrati nel 2015, mentre
in Bulgaria, Irlanda, Grecia, Spagna, Croazia, Cipro, Polonia, Portogallo, Romania,
Lettonia e Lituania il numero degli emigrati ha superato quello degli immigrati. In
rapporto al totale della popolazione residente, il tasso di immigrazione più elevato
nel 2015 è stato registrato dal Lussemburgo (42 immigrati per 1 000 abitanti),
seguito da Malta (30 per 1 000 abitanti) e da Austria e Germania (19 per 1 000
abitanti in entrambi i casi) (cfr. grafico 1).
       Nel 2015 i tassi di emigrazione più elevati sono stati registrati in
Lussemburgo (22 emigrati per 1 000 abitanti), a Cipro (20 emigrati per 1 000
abitanti) e a Malta (20 emigrati per 1 000 abitanti). Nello stesso anno, la quota
relativa di immigrati nazionali (ossia persone con la cittadinanza dello Stato
membro dell’UE verso cui stavano migrando) rispetto al numero complessivo di
immigrati ha riportato i valori più alti in Romania (87 % sul totale degli immigrati),
Lituania (83 %), Ungheria (56 %), Croazia (55 %), Lettonia (52 %), Estonia (52 %)
e Portogallo (50 %).
       Questi sono stati gli unici Stati membri dell’UE a registrare una quota di
immigrati nazionali superiore alla metà del numero totale degli immigrati (cfr.
grafico 2. Per contro, Lussemburgo, Germania e Austria hanno riportato quote
relativamente basse, con una percentuale di immigrati nazionali nel 2015 non
superiore al 5 o 6 % del totale degli immigrati. Nel 2015 gli immigrati nell’UE-28
provenienti da paesi non membri sono stati 2,7 milioni. Un’analisi effettuata
considerando la precedente residenza rileva che il Lussemburgo ha registrato la
quota più elevata di immigrati provenienti da un altro Stato membro dell’UE (91 %
del numero complessivo di immigrati nel 2015), seguito da Slovacchia (80 %) e
Romania (71 %); relativamente modeste sono invece le quote registrate dall’Italia
(26 % sul totale degli immigrati), nonché da Bulgaria, Slovenia e Svezia (tutte 28
%).
       Quanto alla ripartizione in base al sesso degli immigrati nell’UE, nel 2015 gli
uomini superavano di poco le donne (56 % contro il 44 %). Lo Stato membro con la
quota più elevata di immigrati maschi è la Germania (63 %); per contro, la quota
più elevata di donne immigrate è stata registrata da Cipro (57 %). Nel 2015 gli
immigrati negli Stati membri dell’UE sono risultati in media molto più giovani della
popolazione complessiva già residente del paese di destinazione: il 1° gennaio

                                                                                                          16
Working paper – La nuova immigrazione italiana in Germania, Francia e Inghilterra a cura di Pietro Piro

2016 l’età mediana della popolazione totale dell’UE-28 era di 42,6 anni. Per contro,
l’età mediana degli immigrati nell’UE-28 nel 2015 era di 27,5 anni».32
        L’Europa attrae sempre più immigrati perché convinti di trovare condizioni
lavorative favorevoli - con conseguente accesso al reddito per mantenersi e poter
inviare denaro ai familiari rimasti nei paesi d’origine - condizioni politiche in grado
di offrire protezione e sostegno; condizioni sociali in grado di favorire
l’inserimento attivo nella società e un futuro di dignità per le generazioni
successive. L’attività economica è al centro dei processi d’inclusione.
        La capacità dei migranti e dei rifugiati di generare reddito è decisiva per
stabilire sé esistono o meno delle possibilità di permanenza di lungo periodo.
Questa possibilità è influenzata dalle norme di accesso nei paesi d’accoglienza,
nelle abilità e professionalità dei migranti, dalla durata del soggiorno, dalla
situazione economica generale; dalla vitalità del mercato del lavoro, dal genere e
dalle condizioni economiche di partenza.33
        Le aspettative di vita non sempre corrispondono alle reali condizioni che un
immigrato è costretto ad affrontare. Gli studi dimostrano infatti che rispetto alla
popolazione autoctona l’immigrato è mediamente più esposto alle difficoltà
lavorative (precarietà; poca sicurezza sul lavoro; bassi salari) residenziali
(sovraffollamento; prezzi inaccessibili per l’affitto e l’acquisto; condizioni abitative
malsane o inadatte) sociali (ostilità della popolazione residente; ghettizzazione;
emarginazione) e più soggetto allo sfruttamento (sessuale; lavorativo; economico).
        Allo stesso tempo, la popolazione immigrata contribuisce a fornire
manodopera in quei settori dove la popolazione autoctona non fornisce più
ricambio; contribuisce a dare avvio a nuove imprese e a nuove forme di creatività
sostenute da uno spirito laborioso e responsabile, arricchisce economicamente e
culturalmente il tessuto sociale contribuisce al mantenimento dei tassi demografici
da diversi anni in negativo in tutta Europa.34
        L’Europa non è solo terra d’immigrazione. Dall’Europa si continua a partire
sebbene in termini numerici siamo lontanissimi dai 40 milioni di europei che tra il
1880 e il 1914, partirono alla ricerca di migliori condizioni di vita in paesi “lontani”
come il Sudafrica, l’Australia e le Americhe. Secondo i dati dell’Eurostat (relativi al
2015): «La Germania ha registrato il numero più elevato di emigrati (347 200) nel
2015, seguita dalla Spagna (343 900), dal Regno Unito (299 200), dalla Francia
(298 000) e dalla Polonia (258 800). In totale, 17 Stati membri dell’UE hanno
registrato più immigrati che emigrati nel 2015, mentre in Bulgaria, Irlanda, Grecia,
Spagna, Croazia, Cipro, Polonia, Portogallo, Romania, Lettonia e Lituania il numero
degli emigrati ha superato quello degli immigrati. Nel 2015 i tassi di emigrazione
più elevati sono stati registrati in Lussemburgo (22 emigrati per 1 000 abitanti), a
Cipro (20 emigrati per 1 000 abitanti) e a Malta (20 emigrati per 1 000 abitanti)».35
        Si parte soprattutto alla ricerca di nuove opportunità di lavoro ma anche
per conoscere nuove realtà e allargare i propri orizzonti culturali.

32                                Vedi:                                   http://ec.europa.eu/eurostat/statistics-
explained/index.php/Migration_and_migrant_population_statistics/it :
33                     Si                    veda                       l’approfondito                      studio:
https://www.milifestatus.com/upload/Ebook_IntegrationMigrantsRefugees2017.pdf
34 Può essere utile per “smontare” alcuni luoghi comuni: J. Ottaviani, Sei grafici ci dicono come smontare i luoghi

comuni sull’immigrazione, su: https://www.internazionale.it/opinione/jacopo-ottaviani/2015/09/17/luoghi-
comuni-immigrazione-grafici
35                                Vedi:                                   http://ec.europa.eu/eurostat/statistics-
explained/index.php/Migration_and_migrant_population_statistics/it
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Working paper – La nuova immigrazione italiana in Germania, Francia e Inghilterra a cura di Pietro Piro

        6. L’Italia

        Alcuni dati forniti dall’ISTAT pubblicati nel novembre del 2017 e riferiti al
2016, permettono di delineare un primo quadro dei fenomeni migratori che
interessano il nostro Paese.36
        Secondo questi dati: «Nel 2016 il saldo migratorio netto con l’estero torna a
crescere di oltre 10mila unità, raggiungendo quota 144mila (+8% rispetto al 2015)
per effetto del maggiore aumento delle immigrazioni rispetto alle
emigrazioni. Le immigrazioni (iscrizioni in anagrafe dall’estero) ammontano a
quasi 301mila (+7% rispetto al 2015); circa nove su dieci riguardano cittadini
stranieri. Con 45mila iscritti la comunità rumena è sempre la più numerosa tra i
flussi di immigrazione, seguono pakistani (15mila), nigeriani (15mila), marocchini
(15mila), albanesi (13mila) e cinesi (12mila). Continuano a crescere le
immigrazioni dei cittadini africani; in particolare, incrementi significativi degli
ingressi si registrano per i cittadini guineiani (+161%), ivoriani (+73%), nigeriani
(+66%) e ghanesi (+37%). Sono molto consistenti anche i flussi di pakistani (15
mila, +30%), albanesi (13mila, +12%) e brasiliani (10 mila, +50%), calano invece le
immigrazioni dei cittadini di area asiatica: cingalesi (-18%), cinesi (-17%),
bengalesi (-14%) e indiani (-11%).
        Ancora in crescita le emigrazioni (cancellazioni dall’anagrafe per
l’estero): nel 2016 sono 157mila (+7% sul 2015). L’aumento è dovuto
esclusivamente alle cancellazioni di cittadini italiani (+12%). Gli emigrati di
cittadinanza italiana nati all’estero ammontano a circa 28mila (+19% rispetto
all’anno precedente): il 50% torna nel Paese di nascita, il 43% emigra in un Paese
dell’Unione europea, il restante 7% si dirige verso un Paese terzo non Ue. Le
principali mete di destinazione per gli emigrati di cittadinanza italiana si
confermano il Regno Unito (21,6%), la Germania (16,5%), la Svizzera (9,9%)
e la Francia (9,5%). In aumento i laureati italiani che lasciano il Paese, sono quasi
25mila nel 2016 (+9% sul 2015) anche se tra chi emigra restano più numerosi
quelli con un titolo di studio medio-basso (56mila, +11%). Dopo tre anni di calo
tornano a crescere i trasferimenti di residenza interni al territorio nazionale, che
nel 2016 hanno coinvolto 1 milione 331mila individui (+4% sul 2015), con
trasferimenti per lo più di breve e medio raggio. Nel 76% dei casi avvengono tra
Comuni della stessa regione (1 milione 6mila)».
        Da Paese-corridoio per raggiungere il Nord Europa, il nostro si sta
trasformando sempre più in un Paese-destinazione.37 Secondo il XXVI Rapporto
Immigrazione 201638 di Caritas e Migrantes: «Al 1° gennaio 2016, con un aumento
di sole 1.217 unità (+0,03%) rispetto alla stessa data del 2015, sono stati concessi
3.931.133 permessi di soggiorno, di cui il 48,7% riguarda le donne. Rispetto alla
durata, il totale dei permessi si ripartisce tra 1.681.169 “con scadenza” (40,5%) e
2.338.435 “di lungo periodo” (59,5%). Distinguendo i permessi nella loro totalità
per paesi di cittadinanza, si nota che si distinguono maggiormente il Marocco
(13,0%), peraltro una delle comunità di più antica immigrazione in Italia e tra le
più numerose, seguito dall’Albania (12,3%), dalla Cina (8,5%) e dall’Ucraina

36 Possono essere utili per approfondire: http://www.vita.it/it/article/2016/07/05/limmigrazione-in-italia-
numero-per-numero/140039/ http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-07-06/oltre-250000-italiani-
emigrano-all-estero-erano-300000-dopoguerra-094053.shtml?uuid=AEuX6nsB
37 Immigrazione: "Tra cinquant’anni un terzo della popolazione italiana di origine straniera", su:

http://www.repubblica.it/cronaca/2017/10/25/news/immigrazione_in_italia_tutti_i_numeri_del_rapporto_id
os_2017-179316783/
38 Vedi: http://s2ew.caritasitaliana.it/materiali/Rapporto_immigrazione/2017/Sintesi_RICM2016.pdf

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Working paper – La nuova immigrazione italiana in Germania, Francia e Inghilterra a cura di Pietro Piro

(6,1%). Queste nazionalità nell’insieme arrivano a quasi il 40% del totale dei
permessi di soggiorno rilasciati. Va altresì rilevato che le nazionalità con maggiori
incidenze di lungo soggiornanti sono quelle presenti da più tempo in Italia, come
l’Albania (71,1%), la Tunisia (70,8%) e il Marocco (68,2%).

        Nella disaggregazione per classi di età il dato più evidente è determinato
dalla maggiore incidenza dei minori fino ai 17 anni nei permessi di lungo periodo
rispetto a quelli con scadenza (28,5% vs. 17,9%). Per quanto riguarda i permessi di
soggiorno a termine è possibile distinguerli per motivo della richiesta. In questo
caso, si conferma la prevalenza dei motivi di lavoro (42,0%) e di famiglia
(41,5%). Va sottolineato che il terzo motivo per importanza è quello legato alla
richiesta di asilo (9,7%) che, rispetto agli anni precedenti, ha sopravanzato il
motivo dello studio. I dati diffusi dall’ISTAT sulla popolazione residente mostrano
che al 1° gennaio 2016 risiedevano in Italia 60.665.551 persone, di cui 5.026.153 di
cittadinanza straniera (8,3%). Le donne straniere sono 2.644.666 (52,6%). La
popolazione complessiva è diminuita rispetto all’anno precedente di 130.061 unità
(-0,2%). A inizio 2016, il 58,6% degli stranieri vive nel Nord, mentre questa
percentuale scende al 25,4% nel Centro, con un ulteriore calo nel Mezzogiorno
(15,9%). Entrando nel dettaglio regionale, in tre regioni del Nord ed una del Centro
è concentrata più della metà dell’intera popolazione straniera presente in Italia
(56,2%). In particolare, si tratta della Lombardia (22,9%), del Lazio (12,8%),
dell’Emilia Romagna (10,6%) e del Veneto (9,9%).
        Al 1° gennaio 2016, in Italia sono presenti 198 nazionalità, su un totale
mondiale di 232 (fonte ONU), e dei cittadini stranieri presenti in Italia, oltre il 50%
(oltre 2,6 milioni di individui) sono cittadini di un paese europeo. In particolare,
poco più del 30% degli stranieri residenti (1,5 milioni) sono cittadini di un paese
dell’Unione. La restante parte proviene dagli Stati dell’Europa Centro-Orientale
non appartenenti all’UE (1,1 milioni). I gruppi, le cui quote sono più consistenti,
sono i romeni (22,9%), gli albanesi (9,3%) e i marocchini (8,7%): nel complesso,
queste tre nazionalità rappresentano il 40,9% del totale degli stranieri residenti.
[…] La maggiore concentrazione di occupati stranieri si osserva nelle regioni del
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Working paper – La nuova immigrazione italiana in Germania, Francia e Inghilterra a cura di Pietro Piro

Nord (1.427.996, pari al 59,3% del totale nazionale), e in particolare in quelle del
Nord Ovest (811.923: 33,7% del totale nazionale) e del Nord Est (616.073: 25,6%).
In generale, quindi, nelle regioni con maggiore presenza di residenti stranieri si
registrano percentuali più alte di occupati immigrati sul totale degli occupati. In
particolare, il 58,0% degli stranieri occupati si distribuiscono tra la Lombardia
(22,8%), il Lazio (13,7%), l’Emilia Romagna (11,1%) e il Veneto (10,4%). Mentre la
distribuzione degli occupati stranieri non-UE è simile a quella del totale degli
stranieri, a proposito di quella degli occupati provenienti da paesi dell’UE si si
osserva una maggiore quota di presenze nelle regioni del Centro (UE: 30,5%,
nonUE:23,6% ) e del Sud (UE: 12,1%, non-UE: 9,6%).
        La distribuzione territoriale della disoccupazione segue, sostanzialmente, le
proporzioni registrate tra gli occupati, con una maggiore concentrazione nelle
regioni del Nord Ovest e del Nord Est, dove gli stranieri alla ricerca di lavoro
rappresentano circa un terzo del totale dei disoccupati. Nelle regioni del
Mezzogiorno la disoccupazione è quasi totalmente italiana. L’inserimento
degli occupati stranieri nelle diverse attività economiche, confrontato con quella
degli italiani, conferma la collocazione tipica del modello di segmentazione del
mercato del lavoro, con le maggiori quote di occupati stranieri, rispetto agli italiani,
nel settore dei servizi collettivi e personali (28,3%), nell’industria in senso stretto
(17,3%), nelle costruzioni (10,2%) nel settore alberghiero e della ristorazione
(10,1%), e nel commercio (9,7%). Nell’insieme di questi settori è collocato il 75,6%
degli occupati stranieri. Un aspetto da notare è anche il diverso modello di
inserimento lavorativo degli stranieri rispetto agli italiani. Questa “segregazione
occupazionale” risulta ancora più evidente se si mette in relazione al genere. Le
donne straniere, infatti, lavorano soprattutto nel settore dei servizi collettivi o alla
persona, mentre gli uomini si concentrano nell’industria in senso stretto e nelle
costruzioni».

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