LA NUOVA EMIGRAZIONE ITALIANA IN GERMANIA, FRANCIA E INGHILTERRA IL MERCATO DEL LAVORO E LA RICERCA DI NUOVE OPPORTUNITÀ - Associazione Emilia ...
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
Working paper – La nuova immigrazione italiana in Germania, Francia e Inghilterra a cura di Pietro Piro LA NUOVA EMIGRAZIONE ITALIANA IN GERMANIA, FRANCIA E INGHILTERRA IL MERCATO DEL LAVORO E LA RICERCA DI NUOVE OPPORTUNITÀ Working paper a cura di Pietro Piro1 Abstract: A first analysis of the material available on the new Italian emigration in Germany, France and England. Italian immigrants are more culturally prepared than their ancestors, emigrate more women and entire families. All are accumulated by the search for new opportunities for work and life. The analysis of statistical data favors a greater understanding of the phenomenon. Phenomenon that must be framed in a global perspective. Sommario: Una prima analisi del materiale disponibile sulla nuova emigrazione italiana in Germania, Francia e Inghilterra. Gli immigrati italiani sono più preparati culturalmente dei loro antenati, emigrano più donne e intere famiglie. Tutti sono accumulati dalla ricerca di nuove opportunità di lavoro e di vita. L’analisi dei dati statistici favorisce una maggiore comprensione del fenomeno. Fenomeno che deve essere inquadrato in una prospettiva globale. Keywords: immigration, migration, labor market, new Italian emigration; skills of workers; solidarity networks. Indice: 1. Migrare. Una condizione globale - 2. Definizioni necessarie - 3. Mondo migrante - 4. Mappe e rotte 5. Lo scenario europeo - 6. L’Italia - 7. La nuova emigrazione italiana - 8. Dall’emergenza alla soggettività - 9. La nuova emigrazione italiana in Germania - 10. La nuova emigrazione italiana in Francia - 11. La nuova emigrazione italiana in Inghilterra - 12. Conclusioni. Le comunità italiane attualmente residenti all’estero sono il risultato di oltre 150 anni di storia migratoria. Le loro dimensioni e la loro struttura riflettono, di conseguenza, non solo l’intensità dei diversi flussi ma anche tutti quei complessi processi che, nel corso di questo lungo intervallo di tempo, hanno influenzato i percorsi individuali, familiari e collettivi nelle aree di partenza e nei paesi d’arrivo. Di questa complessa articolazione sarebbe necessario tener conto, non solo in sede di ricostruzione storica, ma anche in sede politica. Se, infatti, si vogliono individuare strumenti efficaci di intervento è necessario scomporre un aggregato così eterogeneo nelle sue parti costitutive. È del tutto evidente che problemi ed esigenze dei discendenti dei nostri emigranti di fine Ottocento o del secondo dopoguerra sono cosa ben diversa da quelli dei giovani laureati che lasciano oggi l’Italia per lavorare all’estero. M. Bonifazi, Un pezzo d’Italia poco conosciuto 1 Il presente working paper, rappresenta una primissima esplorazione del materiale disponibile sul fenomeno della nuova immigrazione italiana in Germania, Francia e Inghilterra. Si basa su analisi quantitative elaborate da altri studiosi e che non è stato possibile approfondire con ricerche condotte in autonomia. Tutti gli autori sono stati citati e le immagini sono tratte tutte da dai contributi citati e liberamente disponibili in rete. Il presente lavoro necessita di numerosi approfondimenti e precisazioni ed è dunque da considerare provvisorio. Gli elementi di analisi qualitativa, quando non espressamente citati gli autori a cui fanno riferimento, sono del curatore.
Working paper – La nuova immigrazione italiana in Germania, Francia e Inghilterra a cura di Pietro Piro 1. Migrare. Una condizione globale La presenza ormai consolidata in Italia di persone provenienti da paesi diversi dal nostro e il continuo afflusso di nuovi immigrati associati alla potente ripresa del fenomeno migratorio da parte di nostri connazionali all’estero - nonché dei flussi migratori interni2 - stimola sempre più una riflessione attenta3 e approfondita sulle cause dei fenomeni migratori.4 Soprattutto, quando da più parti si cominciano ad utilizzare termini come “invasione”5, “esodo”6, “assedio”7, occorre uno sforzo analitico per interpretare numeri8 e proporzioni di un fenomeno che richiede uno sforzo notevole di comprensione.9 Ancora di più, quando un tema come questo incide sull’agenda politica delle nazioni e sui molteplici canali della comunicazione.10 2 Possono essere utili: C. Bonifazi, (cur.), Migrazioni e integrazioni nell’Italia di oggi, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali, Roma 2017; M. Colucci-S. Gallo, Fare spazio: rapporto 2016 sulle migrazioni interne in Italia, Donzelli, Roma 2016; N. Panichella, Meridionali al Nord: migrazioni interne e società italiana dal dopoguerra ad oggi, Il Mulino, Bologna 2014. 3 Si potrebbe partire per una prima ricostruzione da: M. Sanfilippo-L. M. Vignali, La nuova emigrazione italiana, Centro studi emigrazione, Roma 2017. 4 Per una prima introduzione possono essere utili i più recenti: M. Ambrosini, Migrazioni, Egea, Milano 2017; S. Cavasola-R. De Mucci, (cur.), 21st century migrations: fluxes, policies and politics, LUISS University Press, Roma 2017; D. Strangio, Globalizzazione, disuguaglianze, migrazioni: introduzione alla storia economica contemporanea, Carocci, Roma 2017; B. Milanović, Ingiustizia globale: migrazioni, disuguaglianze e il futuro della classe media, LUISS University Press, Roma 2017; C. Bonifazi, Migrazioni e integrazioni nell’Italia di oggi, Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali, Roma 2017; G. Sciortino, Rebus immigrazione, Il Mulino, Bologna 2017. 5 Può essere utile per rendersi conto della differenza tra numeri e percezione del pericolo questo recente articolo di A. Magnani, «Invasione islamica»? In Italia i musulmani sono meno del 5%, 17 gennaio 2018 su: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-01-16/invasione-islamica-italia-musulmani-sono-meno- 5percento-211907.shtml?uuid=AErc9wjD&refresh_ce=1 6 L. Romano, L'esodo degli italiani all'estero, su: http://www.ilgiornale.it/news/cronache/lesodo-degli-italiani- allestero-1399292.html 7 Scrive Andrea Riccardi: «Qualcuno parla di un assedio da parte dei migranti e dei rifugiati. Quale la risposta più logica all’assedio, se non il muro? Ha cominciato Orbàn in Ungheria, costruendo il muro per respingere i rifugiati che salivano dai Balcani e ricordando che proprio a Buda nel 1686 erano stati battuti i turchi. Il muro – così sostiene – dovrebbe preservare il carattere ungherese e “cristiano”. Altri Paesi dell’Est hanno seguito il modello fino alla Macedonia. Il muro è una risposta archetipale all’assedio. Si è sempre fatto così, si dice. Si pensi alla Grande Muraglia cinese, cominciata prima di Costantino, nel III secolo o al Vallo di Adriano verso la Scozia, iniziato nel II secolo. Al di là del muro c’era l`ignoto: popoli in movimento che non si controllavano né monitoravano. Mircea Eliade parla di “terrore della storia”». A. Riccardi, L’Europa non sbatta contro i muri che uccidono la speranza, su: http://www.andreariccardi.it/leuropa-non-sbatta-contro-i-muri-che-uccidono-la- speranza/ Si veda anche: M. Franco, L’assedio: come l'immigrazione sta cambiando il volto dell'Europa e la nostra vita quotidiana, Mondadori, Milano 2016. 8 Scrive Roberto Ciccarelli: «Nel 2016 è aumentata l’emigrazione dei giovani italiani, in particolare verso il Regno Unito. In maggioranza si tratta di diplomati (56 mila, +11%), mentre i laureati – alle cui spese è stata creata la narrazione della «fuga dei cervelli» – sono meno della metà: 25 mila (+9% sul 2015). Si va soprattutto in Inghilterra, poi in Germania (16,5%), Svizzera e Francia. Cresce l’emigrazione interna dopo tre anni di calo. Si tratta di trasferimenti di residenza che hanno coinvolto oltre un milione di persone, +4% sul 2015. Nel 76% sono trasferimenti tra comuni della stessa regione. A conferma del fatto che l’odio razzista, le campagne contro fantasmatiche «invasioni» da parte dei migranti sono infondate l’Istat conferma una realtà completamente diversa». In dieci anni cala l’immigrazione, triplica l’emigrazione degli italiani, su: https://ilmanifesto.it/in-10- anni-cala-limmigrazione-triplica-lemigrazione-degli-italiani/ 9 Scrive a tal proposito Marco Dotti: «In un momento di forte destabilizzazione, dove «gli immigrati diventano il simbolo di un mondo minaccioso e imperscrutabile che entra in casa nostra» il confine fra “noi” e “loro” diventa sempre più delicato. Lo sanno bene gli operatori politici e della comunicazione che di questa paura trasformata in rancore hanno colto le potenzialità di aggregazione politica. Diventa allora importante - davvero importante - capire chi sono le persone alle quali attribuiamo l’etichetta “immigrati”, decostruendo l’immaginario in cui siamo l’immaginario in cui siamo abituati a immergerci quando parliamo di “loro”. […] L’Italia è a quota 3 ogni 1000 abitanti. Eppure, la percezione - alimentata, va detto, non solo dagli imprenditori del rancore ma anche dai retori dell’emergenza - è che vi sia un’invasione. E questa percezione impatta sul discorso pubblico, specie in un Paese - il nostro - in campagna elettorale permanente». M. Dotti, Migrazioni: 2
Working paper – La nuova immigrazione italiana in Germania, Francia e Inghilterra a cura di Pietro Piro Prima di approfondire i temi della nuova immigrazione italiana all’estero11 è necessario, a nostro avviso, collocare la dinamica degli spostamenti dei nostri connazionali nel processo globale delle migrazioni.12 Lo facciamo per un motivo preciso: è necessario in un mondo globalizzato considerare i fenomeni come una complessa trama di un unico disegno per poter comprendere come ogni singolo individuo sia, allo stesso tempo, protagonista in grado di decidere in autonomia sulle scelte da compiere e semplice comparsa in uno scenario globale di forze molto più grandi e potenti di lui che esercitano sulla sua soggettività una spinta notevole che, il più delle volte, è capace d’imprimere al destino personale svolte decisive.13 Come ha scritto Marco Dotti: «A Nord come a Sud del Pianeta la condizione umana si configura come quella di uno spaesamento senza limiti [...] Non ci si orienta più nemmeno nei confini più intimi, ogni spazio è abitato dall’ombra di un altro che attrae e al contempo respinge in un rilancio senza fine e senza scopo».14 Nessuno si sente più a casa propria, spinto da energie caotiche e spesso distruttive, attraversa lo spazio e il tempo desideroso di trovare un luogo dove vivere una felicità impossibile. In questa condizione diffusa, si configurano nuove identità e nuove classi: da un lato chi riuscirà a vivere al ritmo della città globale e quelli che sopravviveranno ai margini, fuori da ogni diritto e garanzia.15 chiavi per capire, 14 gennaio 2018, su: http://www.vita.it/it/article/2018/01/14/migrazioni-chiavi-per- capire/145619/ 10 «Il ruolo ricoperto dal linguaggio e, in particolare, i termini utilizzati per definire i protagonisti di questo tipo di notizie sono davvero fondamentali nel delineare i contorni del discorso pubblico intorno all’immigrazione. […] i migranti sono definiti come “richiedenti asilo” in pochissimi casi nei telegiornali e praticamente mai nei quotidiani (un solo caso riscontrato nel nostro periodo campione), eppure nell’anno 2008, del 13% complessivo dei migranti giunti in Italia via mare, quindi attraverso sbarchi e arrivi, ben il 73% era costituito da “richiedenti asilo”, cioè da persone vittime di persecuzioni, guerre o altre situazioni per cui può richiedere, in base alla Convenzione di Ginevra del 1951, la protezione internazionale. Questo tipo di persone non sono affatto riconducibili ai migranti irregolari, anche se giungono in maniera illegale (come nel caso dello sbarco) e senza documenti. Ancora più importante è riflettere sulla parola “clandestino” che, […] è la più frequentemente utilizzata da telegiornali e quotidiani. Il termine è sempre più usato come equivalente di “criminale” (al di là della recente introduzione del reato di immigrazione clandestina) attraverso l’accostamento di parole, espressioni, infographic per cui si viene a creare una stretta associazione tra la criminalità straniera e la condizione di clandestinità. In questo modo non solo il discorso sulla delinquenza straniera confluisce, e talvolta si esaurisce, nelle proposte di espulsione degli stranieri non in regola con il permesso di soggiorno, ma contribuisce a operare una dicotomizzazione tra un’immigrazione “buona” e una “cattiva”, dove nella prima rientrano coloro che possono entrare a far parte del noi, della nostra comunità, e nella seconda confluiscono – in maniera indistinta – criminali e clandestini». M. Morcellini (dir.), Ricerca nazionale su immigrazione e asilo nei media italiani (Sintesi), p. 28 consultabile integralmente su: https://www.unhcr.it/wp- content/uploads/2016/01/7sintesi_ricerca_immigrazione_e_asilo_sui_media__sapienza_v3.0.pdf Può essere utile anche: P. Orrù, Il discorso sulle migrazioni nell’Italia contemporanea: un’analisi linguistico-discorsiva sulla stampa (2000-2010), Franco Angeli, Milano 2017. 11 E. Caneva, Giovani italiani che emigrano: percorsi di vita inediti all’epoca della crisi economica globale, in: MONDI MIGRANTI, N° 3, 2016, pp. 79-93. 12 Fondamentale in questa direzione: Fondazione Migrantes, Rapporto italiani nel mondo 2017, Editrice Tau, Todi 2017. Si veda anche: A. Aledda, Gli italiani nel mondo e le istituzioni pubbliche: la politica italiana nei confronti dell'emigrazione e delle sue forme di volontariato all'estero, Franco Angeli, Milano 2016. 13 Riteniamo opportuno, per delineare un primo quadro della “condizione umana” nell’epoca della globalizzazione, fare riferimento alle seguenti opere: B. Amoroso, L’apartheid globale: globalizzazione, marginalizzazione economica, destabilizzazione politica, Castelvecchi, Roma 2017; B. Milanović, Ingiustizia globale: migrazioni, disuguaglianze e il futuro della classe media; LUISS University Press, Roma 2017; U. Beck, I rischi della libertà: l'individuo nell'epoca della globalizzazione, Il Mulino, Bologna 2012; Z. Bauman, Dentro la globalizzazione: le conseguenze sulle persone, GLF Editori Laterza, Roma 2012; S. Sassen, Espulsioni: brutalità e complessità nell'economia globale, Il Mulino, Bologna 2015; R. Sennett, L’uomo flessibile: le conseguenze del nuovo capitalismo sulla vita personale, Feltrinelli, Milano 2016. 14 M. Dotti, Finis Europae? Corpi intermedi digitali, welfare, immigrazione e neonazionalismo, Luca Sosella Editore, Bologna 2017, p. 16. 15 Id., p. 26. 3
Working paper – La nuova immigrazione italiana in Germania, Francia e Inghilterra a cura di Pietro Piro In questa prospettiva politico ed economico danno vita a una nuova dialettica la cui sintesi perfetta è una condizione diffusa di guerra permanente contro gli spazi intermedi e gli individui che li abitano.16 Fattori demografici, climatici, politici ed economici, spingeranno sempre più persone a mettersi in movimento alla ricerca di futuro. Di fronte a questo esodo di massa nessuna istituzione sembra essere ancora preparata. E si delineano così modelli di welfare a più velocità: inclusivi per chi è già incluso e espulsivi per chi necessita d’inclusione.17 Se è vero dunque che nel 2016 i migranti nel mondo erano circa 244 milioni (il 41% in più dal 2000) ci rendiamo conto dell’urgenza di connettere i fenomeni tra di loro per non lasciare “vuoti di senso” che c’impediscono di comprendere in profondità l’oggetto della nostra indagine. 2. Definizioni necessarie Oggi, diverse sono le definizioni del termine migrante in uso è potrebbe essere di fondamentale importanza, nell’economia del mostro ragionamento, riportare di seguito (quasi integralmente) un approfondito quadro delle definizioni del fenomeno fornito dall’UNESCO:18 «La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dei migranti definisce lavoratore migrante una “persona che deve essere assunta o impegnata in un’attività remunerata in uno Stato di cui non è cittadino”. Da ciò segue una definizione più ampia di migranti: Il termine “migrante” dovrebbe essere inteso nel senso di comprendere tutti i casi in cui la decisione di migrare è presa liberamente dall’interessato, per motivi di convenienza personale e senza l’intervento di un fattore esterno convincente. Questa definizione indica che il termine migrante non fa riferimento a rifugiati, sfollati o altri costretti o costretti a lasciare le loro case. I migranti sono persone che fanno delle scelte su quando partire e dove andare, anche se a volte queste scelte sono estremamente limitate. In effetti, alcuni studiosi fanno una distinzione tra migrazione volontaria e involontaria. Lo Special Rapporteur on the Human Rights of Migrants19 ha proposto che le seguenti persone debbano essere considerate come migranti: • Le persone che si trovano al di fuori del territorio dello Stato di cui sono cittadini o cittadini non sono soggette alla sua protezione giuridica e che si trovano nel territorio di un altro Stato; • Le persone che non godono del riconoscimento giuridico generale dei diritti che è inerente alla concessione da parte dello Stato ospitante dello status di rifugiato, persona naturalizzata o di status analogo; • Persone che non godono né della tutela legale generale dei loro diritti fondamentali in virtù di accordi diplomatici, visti o altri accordi. 16 Id., p. 28. 17 Id., p. 87. 18 Fonte: http://www.unesco.org/new/en/social-and-human-sciences/themes/international- migration/glossary/migrant/ La traduzione in lingua italiana e alcuni adattamenti sono del curatore. 19 http://www.ohchr.org/EN/Issues/Migration/SRMigrants/Pages/SRMigrantsIndex.aspx 4
Working paper – La nuova immigrazione italiana in Germania, Francia e Inghilterra a cura di Pietro Piro Questa ampia definizione di migranti riflette l’attuale difficoltà di distinguere tra migranti che lasciano i loro paesi a causa di persecuzioni politiche, conflitti, problemi economici, degrado ambientale o una combinazione di questi motivi e coloro che lo fanno alla ricerca di condizioni di sopravvivenza o di benessere. Passando al concetto di migrazione, è l’attraversamento del confine di un’unità politica o amministrativa per un certo periodo minimo di tempo. Comprende il movimento di rifugiati, sfollati, sradicati e migranti economici. La migrazione interna si riferisce a un trasferimento da un’area (una provincia, un distretto o un comune) a un’altra all’interno di un paese. La migrazione internazionale è una delocalizzazione territoriale di persone tra stati nazionali. Due forme di delocalizzazione possono essere escluse da questa definizione ampia: in primo luogo, un movimento territoriale che non porta a nessun cambiamento nei legami di appartenenza sociale e pertanto rimane in gran parte irrilevante sia per l’individuo che per la società d’origine e destinazione come per il turismo; in secondo luogo, una ricollocazione in cui gli individui o i gruppi interessati sono oggetti puramente passivi piuttosto che agenti attivi del movimento, come il trasferimento organizzato di rifugiati dagli Stati di origine a un rifugio sicuro. Le forme dominanti di migrazione possono essere distinte in base ai motivi (economico, ricongiungimento familiare, rifugiati) o allo status giuridico (migrazione irregolare, emigrazione controllata, immigrazione libera) degli interessati. La maggior parte dei paesi distingue tra diverse categorie nelle politiche e nelle statistiche sulla migrazione. Le variazioni esistenti tra i paesi indicano che non esistono definizioni obiettive di migrazione. Quello che segue è una classificazione più comune dei migranti internazionali: • Immigrati temporanei (noti anche come lavoratori ospiti o lavoratori assunti all’estero): persone che emigrano per un periodo limitato di tempo al fine di assumere un impiego e inviare denaro a casa. • Migranti altamente qualificati e imprenditori: persone con qualifiche come dirigenti, dirigenti, professionisti, tecnici o simili, che si spostano all’interno dei mercati del lavoro interni di società transnazionali e organizzazioni internazionali, o che cercano lavoro attraverso mercati del lavoro internazionali per scarse competenze. Molti paesi accolgono favorevolmente tali migranti e hanno programmi speciali di “immigrazione specializzata e imprenditoriale” per incoraggiarli a migrare. • Immigrati irregolari (o migranti privi di documenti): persone che entrano in un paese, di solito in cerca di lavoro, senza i documenti e i permessi necessari. • Migrazione forzata: in un senso più ampio, ciò include non solo i rifugiati e richiedenti asilo, ma anche le persone costrette a spostarsi a causa di fattori esterni, come catastrofi ambientali o progetti di sviluppo socio economico. 5
Working paper – La nuova immigrazione italiana in Germania, Francia e Inghilterra a cura di Pietro Piro • Familiari (o ricongiungimento familiare/migranti di ricongiungimento familiare): persone che condividono legami familiari che uniscono persone che sono già entrate in un paese d’immigrazione in una delle categorie sopra menzionate. Molti paesi riconoscono in linea di principio il diritto al ricongiungimento familiare per i migranti legali. Altri paesi, in particolare quelli con sistemi di lavoro a contratto, negano il diritto al ricongiungimento familiare. • Rientri: persone che ritornano nei loro paesi di origine dopo un periodo in un altro paese». La migrazione è un fattore importante nell’erosione dei confini tradizionali tra lingue, culture, gruppi etnici e stati nazionali. Anche quelli che non migrano sono influenzati dai movimenti di persone dentro o fuori le loro comunità e dai cambiamenti che ne derivano. La migrazione non è un singolo atto di attraversamento di un confine, ma piuttosto un processo permanente che interessa tutti gli aspetti della vita di coloro che sono coinvolti. In sintesi, i motivi che possono spingere una persona a lasciare il proprio Paese d’origine possono essere moltissimi ma i principali al momento sembrano essere: a) Sfuggire a forme diverse di persecuzione e discriminazione basata sulla razza, l’appartenenza religiosa, la nazionalità; b) L’appartenenza a un gruppo sociale o una opinione politica e sociale oggetti di persecuzione; c) Allontanarsi da sistemi politici instabili incapaci di far fronte alle esigenze della popolazione; d) Sfuggire a forme molteplici di violenza, sopruso, conflitto, coercizione, ricatto, minaccia; e) Trovare rifugio sicuro in seguito a disastri ambientali; f) Cercare assistenza sanitaria di livello superiore o un sistema di welfare che permetta condizioni di vita migliori; g) Sfuggire alla povertà; h) Offrire maggiori opportunità di vita e di crescita ai propri discendenti; ricercare modelli e sistemi educativi ritenuti più opportuni per la crescita personale; i) Ricercare opportunità di crescita professionale; stabilire legami sentimentali. Che siano uno o più di questi motivi elencati, le ragioni che spingono a lasciare il proprio paese possono mutare nel tempo e determinare successivi spostamenti e generare forme di migrazione permanente. 3. Mondo migrante La storia del Novecento ci ha insegnato che le persecuzioni religiose, politiche e sociali; le guerre; i mutamenti degli assetti geopolitici; le epidemie; le crisi economiche; le carestie; la colonizzazione e la decolonizzazione, hanno determinato le migrazione forzate di milioni d’individui desiderosi di fuggire da 6
Working paper – La nuova immigrazione italiana in Germania, Francia e Inghilterra a cura di Pietro Piro condizioni tragiche per dare a sé stessi e alle proprie famiglie una nuova speranza di vita. In passato, milioni di vite sono state costrette alla fuga con ogni mezzo disponibile, respinte da confini e da barriere e costrette a risiedere in campi profughi improvvisati. Moltissimi in questo esodo tragico hanno perso la vita. Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale non sono cessate né le guerre né le migrazioni forzate. La scomposizione dei territori, le crescenti disuguaglianze, il terrorismo, le crisi ecologiche; le ripetute crisi economiche; le guerre civili e fratricide; i trasferimenti in massa dalle campagne alle città; spingono ancora oggi milioni di persone a fuggire dalla propria terra d’origine. Milioni di lavoratori si spostano da un paese all’altro, da un lavoro precario all’altro. A questa “continua emergenza” gli Stati reagiscono attivando dispositivi di controllo ispirati alla logica della maggiore selettività e del rigore, rendendo - di fatto - sempre più difficile attraversare i confini e quando questo accade, la possibilità di soggiornare è sempre più limitata nel tempo e il rimpatrio nei paesi d’origine sempre più favorito. L’incessante e inarrestabile mobilitazione umana a livello planetario, innesca profonde dinamiche di cambiamento sociale, economico, etico e ambientale e genera problemi nuovi di ordine demografico, sanitario, logistico, burocratico, militare. Allo stesso tempo, emerge la consapevolezza che i fenomeni umani sono tutti legati e inter connessi e come sia urgente nelle valutazioni politiche, economiche e sociali, una prospettiva di ecologia profonda per comprendere e governare le mutazioni in atto. Globalizzazione, flussi migratori, mutamenti economici e ambientali ridisegnano la mappa delle conquiste sociali, dei diritti del lavoro, del welfare. Generano una messa in discussione radicale dei sistemi di vita e di pensiero. Stabiliscono nuove gerarchie tra popolazione autoctona e immigrata, tra cittadini e stranieri, tra chi gode dei diritti e chi invece lotta per vederli riconosciuti. La mutazione in atto genera conflitti e tensioni, derive razziste e rivendicazioni campanilistiche. Ma anche aperture, contaminazioni, arricchimenti culturali. Sembra impossibile fare un bilancio di un fenomeno così ampio e complesso, cosi profondamente in evoluzione. La globalizzazione non ha certamente inventato le migrazioni e le diaspore ma le ha rese più complesse e più visibili, più “presenti” nel dibattito pubblico e nei mezzi di comunicazione. Allo stesso tempo, ha rivelato in maniera drammatica come le discriminazioni, gli stereotipi e i pregiudizi non appartengono a un lontano passato ma continuano ad abitare la dimensione complessa del mondo di oggi. Ogni paese è coinvolto in questo fenomeno come luogo di arrivo, di transito, di partenza o di attraversamento. Ogni “passaggio” genera difficoltà di convivenza, diffidenza, paura. Chi cerca di fermarsi e di mettere radici si trova spesso di fronte a dissonanze con l’ambiente che dovrebbe accoglierlo; difficoltà nell’inserimento nel mercato del lavoro a causa degli effetti di ripetute e prolungate crisi economiche; arretramenti culturali rispetto alle posizioni acquisite nei paesi d’origine; clima di ostilità; discriminazione razziale e culturale. Ma può trovare anche ospitalità, rispetto, opportunità di vita e di lavoro inedite. Le migrazioni sono una porta aperta verso l’ignoto e come tutte le porte è possibile dare un giudizio di qualità su questo passaggio solo dopo averle attraversate. Diverso invece è l’atteggiamento dei media. Più intenzionato ad 7
Working paper – La nuova immigrazione italiana in Germania, Francia e Inghilterra a cura di Pietro Piro esacerbare le differenze tra “amici” e “nemici” piuttosto che a comprendere il reale potenziale di crescita che scaturisce dall’incontro di culture diverse. Temi come quelli dell’invasione degli stranieri o della fuga dei cervelli, continuano ad alimentare il dibattito pubblico ma senza fornire al pubblico i dati necessari per crearsi una opinione corretta e approfondita dei fenomeni sociali. 4. Mappe e rotte Come abbiamo precedentemente accennato, lo scenario globale delle migrazioni vede coinvolti moltissimi Paesi come luoghi di partenza, transito, arrivo, attraversamento. Secondo le più recenti stime (2016-2017) sono 253 milioni i migranti nel mondo di cui 17,2 milioni rifugiati e 2,8 milioni richiedenti asilo; complessivamente sono 65,6 milioni i “migranti forzati” (50% donne) compresi gli sfollati interni al proprio paese a causa di una crescente instabilità mondiale (33 conflitti in corso, 11 situazioni di crisi, 16 missioni ONU attive). Il numero di migranti internazionali in tutto il mondo ha continuato a crescere rapidamente negli ultimi anni, raggiungendo 258 milioni nel 2017, contro i 220 milioni di 2010 e 173 milioni nel 2000. Più del 60% dei migranti internazionali vive in Asia (80 milioni) o in Europa (78 milioni). L’America Settentrionale ha ospitato il terzo maggior numero di migranti internazionali (58 milioni), seguiti da Africa (25 milioni), America Latina e Caraibi (10 milioni) e Oceania (8 milioni). Nel 2017, due terzi (67%) di tutti i migranti internazionali vivevano in soli venti paesi. Nel 2017 dei 258 milioni di migranti internazionali in tutto il mondo, 106 milioni sono nati in Asia, (61 milioni) in Europa, seguita dall’America Latina e i Caraibi (38 milioni) e l’Africa (36 milioni di euro). Nel 2017, l’India era il più grande paese di origine dei migranti internazionali (17 milioni), seguiti dal Messico (13 milioni). Altri paesi di origine della popolazione migrante includono la Federazione russa (11 milioni), Cina (10 milioni), Bangladesh (7 milioni), Repubblica araba siriana (7 milioni) Pakistan e Ucraina (6 milioni ciascuno). Nel 2017, l’età media dei migranti internazionali in tutto il mondo era 39 anni, un leggero aumento da 38 anni nel 2000. 8
Working paper – La nuova immigrazione italiana in Germania, Francia e Inghilterra a cura di Pietro Piro Sempre più persone sono costrette ad abbandonare la propria terra d’origine a causa di persecuzioni, conflitti, violenze generalizzate o violazioni dei diritti umani. Si pensi alla più recente crisi siriana20 che ha visto più della metà della popolazione costretta ad abbandonare le proprie case per fuggire nei Paesi più vicini. Inoltre, si fa sempre più strada l’ipotesi che i cambiamenti climatici rappresentino uno dei fattori più decisivi per comprendere i fenomeni migratori in atto.21 Osservare le “mappe” di questi flussi ci aiuta a comprendere come il migrare sia un fenomeno “planetario e socialmente diffuso”:22 20 Possono essere utili: I recenti sviluppi della crisi siriana, su: http://documenti.camera.it/leg17/dossier/Pdf/ES0495.pdf ; Fallimento Siria, su: https://www.oxfamitalia.org/wp-content/uploads/2015/03/ReportSiria_12Mar15_definitivo.pdf; D. Franceschi, Il contesto storico e geopolitico della crisi siriana, su: http://www.storiain.net/storia/il-contesto- storico-e-geopolitico-della-crisi-siriana/ 21 Vedi: S. Altiero-M. Marano, Crisi ambientale e migrazioni forzate: L'ondata silenziosa oltre la fortezza Europa, Associazione a Sud, Roma 2006, su: http://asud.net/wp-content/uploads/2016/07/Crisi-ambientali-e- migrazioni-forzate-def.pdf 22 Per la fonte delle mappe vedi: The World’s Congested Human Migration Routes in 5 Maps. Europe is not the only part of the world facing a refugee crisis; https://news.nationalgeographic.com/2015/09/150919-data- points-refugees-migrants-maps-human-migrations-syria-world/) 9
Working paper – La nuova immigrazione italiana in Germania, Francia e Inghilterra a cura di Pietro Piro Fonte dell’immagine: vedi nota23 23 http://www.limesonline.com/rubrica/migranti-deuropa-tornatevene-a-casa 10
Working paper – La nuova immigrazione italiana in Germania, Francia e Inghilterra a cura di Pietro Piro 11
Working paper – La nuova immigrazione italiana in Germania, Francia e Inghilterra a cura di Pietro Piro Fonte dell’Immagine: vedi nota24 24Lo scenario globale dell’immigrazione. Nel mondo ci sono 244 milioni di migranti, 41% in più dal 2000, su: http://www.infodata.ilsole24ore.com/2016/03/14/lo-scenario-globale-dellimmigrazione-nel-mondo-ci- sono-244-milioni-di-migranti-41-in-piu-dal-2000/?refresh_ce=1 12
Working paper – La nuova immigrazione italiana in Germania, Francia e Inghilterra a cura di Pietro Piro In questo scenario globale è infatti possibile distinguere quattro flussi migratori secondo Maurizio Ambrosini:25 1. Il primo va “dal Nord al Nord” e interessa 50 milioni di persone, generalmente ben qualificate, che godono nel Paese d’arrivo degli stessi diritti del Paese di partenza. 2. Il secondo è un flusso che va “dal Sud al Sud”, interessa circa 70 milioni di persone, e generalmente i migranti in arrivo ottengono diritti altrettanto scarsi di quelli di cui godevano nei Paesi di partenza. 3. Il terzo flusso è “dal Nord al Sud”, interessa 20 milioni di persone, e difficilmente coloro che si muovono (l’esempio tipico fu, negli anni scorsi, quello dei pensionati piemontesi che si trasferivano in Kenya) incontrano barriere all’ingresso. 4. Il quarto flusso, quello “Sud-Nord” quello che viene solitamente preso in considerazione quando si parla di migranti. Un flusso con caratteristiche peculiari, basti considerare che le donne ne sono la componente crescente. Osservando le mappe è possibile stabilire i principali “poli d’attrazione” così come i paesi dai quali si “fugge” con più frequenza. Generalmente - con eccezioni che confermano la regola - ai primi corrisponde prosperità economica e regimi democratici ai secondi, conflitti e regimi liberticidi. 5. Lo scenario europeo Nello scenario globale delle migrazioni l’Europa gioca un ruolo da protagonista. Contemporaneamente terra desiderata - migliaia sono le vite perdute nel desiderio di raggiungerla tra il 2000 e il 2014 infatti, sono morti circa ventiduemila migranti - e terra da cui fuggire per lasciarsi alle spalle delusioni e amarezze. Secondo i più recenti dati a disposizione26 il numero totale di arrivi in Europa entro la fine di marzo 2017 è stato di 30.465 unità con oltre 29.000 persone giunte via mare in Grecia, Italia e Spagna. Dato in netto contrasto con i 175.056 arrivi registrati nello stesso periodo nel 2016. La diminuzione del numero di arrivi può essere osservata in molti dei paesi che hanno visto il maggior numero di arrivi nel 2016. Nei primi tre mesi del 2017 le autorità greche hanno registrato 4.407 arrivi rispetto ai 152.617 registrati nel primo trimestre 2016, una diminuzione del 97%. Contrariamente a ciò, l’Italia vede un aumento degli arrivi dal 2015 raggiungendo un picco a fine marzo 2017. Le cifre indicano un aumento dell’85% degli arrivi confrontando i primi trimestri del 2015 (10.165) e il 2016 (18.777), e Incremento del 29% del numero di arrivi nei primi tre mesi del 2017 con un totale di 24.292 migranti registrati al 31 marzo 2017. Molte persone vedono l’Europa come un luogo di pace e ricchezza rispetto alla violenza e alla disperazione che caratterizzano i loro paesi d’origine. Una terra 25 Vedi: http://www.vita.it/it/article/2018/01/14/migrazioni-chiavi-per-capire/145619/ 26 Vedi: http://migration.iom.int/docs/Q1_2017_statistical_Overview.pdf 13
Working paper – La nuova immigrazione italiana in Germania, Francia e Inghilterra a cura di Pietro Piro “fertile” dove trovare rifugio e le condizioni di base - pace, lavoro, prosperità - per poter dare alla propria traiettoria di vita un senso nuovo. Il 2015 è stato un anno di forte tensione a causa delle migrazioni in Europa, più di un milione di migranti e rifugiati, infatti, hanno attraversato il territorio europeo. La guerra civile in Siria,27 le continue violenze in Afghanistan e in Iraq, la dittatura in Eritrea28 la miseria del Kosovo29 hanno accentuato la presenza di persone in cerca di protezione e pace nel territorio europeo. Fonte dell’immagine30 La richiesta d’asilo in Europa è una delle “strategie di sopravvivenza” che molti migranti utilizzano per cercare stabilità e rifugio. Nel 2016, più di 1,2 milioni di persone hanno presentato per la prima volta domanda di asilo in uno dei paesi dell’Unione Europea (1 milione e 257 mila nel 2015) il doppio rispetto a quelle del 2014 (562.700). La Germania è il paese in cui sono state registrate la maggior parte delle nuove richieste e cioè il 60% del totale pari a 722.300 domande (6 richieste su 10). Seguono poi l’Italia (il 10% del totale pari a 121.200 richieste), la Francia (6%, cioè 76.000 domande) e la Grecia (49.900 pari al 4%). In proporzione alla popolazione le statistiche mostrano che nel 2016 il maggior numero di domande di asilo è stato registrato sempre in Germania. Seguono Grecia, Austria, Malta e Lussemburgo. I numeri più bassi di richieste, in rapporto alla popolazione, sono stati registrati invece in Slovacchia, Portogallo, Romania, Repubblica Ceca e Estonia. In Italia le richieste sono aumentate del 46 per cento: l’Italia è al secondo posto in numeri assoluti, ma solo decima in base al numero di abitanti.31 27 Possono essere utili per una ricostruzione: http://documenti.camera.it/leg17/dossier/Pdf/ES0495.pdf ; http://www.caritas.it/materiali/Mondo/mor_naf/Siria/dossier_siria_marzo2015.pdf 28 Per approfondire: http://openmigration.org/analisi/5-cose-da-sapere-sui-rifugiati-eritrei/ 29 Vedi: http://www.caritas.it/materiali/Europa/Kosovo/ddt31_kosovo2017.pdf 30 http://data2.unhcr.org/en/situations/mediterranean#_ga=2.145876404.1247378538.1516355993- 1564328024.1516355993 31 Vedi: http://www.ilpost.it/2017/03/16/i-dati-sulle-domande-di-asilo-in-europa-nel-2016/ 14
Working paper – La nuova immigrazione italiana in Germania, Francia e Inghilterra a cura di Pietro Piro Fonte: Eurostat 15
Working paper – La nuova immigrazione italiana in Germania, Francia e Inghilterra a cura di Pietro Piro Per ricostruire l’entità del fenomeno migratorio in Europa è molto utile riportare i dati dell’Eurostat (L’Ufficio Statistico dell’Unione Europea): «Complessivamente, nel 2015 sono immigrate in uno degli Stati membri dell’UE-28 4,7 milioni di persone, mentre almeno 2,8 milioni di migranti hanno lasciato uno Stato membro dell’UE. Di questi 4,7 milioni di immigrati nel 2015, 2,4 milioni sono cittadini di paesi terzi (cifra stimata), 1,4 milioni possiedono la cittadinanza di uno Stato membro dell’UE diverso da quello in cui sono immigrati, circa 860 000 sono immigrati in uno Stato membro dell’UE del quale avevano la cittadinanza (per esempio cittadini che rimpatriano o cittadini nati all’estero) e circa 19 000 sono apolidi. La Germania ha registrato il numero totale più elevato di immigrati (1 543 800) nel 2015, seguita dal Regno Unito (631 500), dalla Francia (363 900), dalla Spagna (342 100) e dall’Italia (280 100). La Germania ha registrato il numero più elevato di emigrati (347 200) nel 2015, seguita dalla Spagna (343 900), dal Regno Unito (299 200), dalla Francia (298 000) e dalla Polonia (258 800). In totale, 17 Stati membri dell’UE hanno registrato più immigrati che emigrati nel 2015, mentre in Bulgaria, Irlanda, Grecia, Spagna, Croazia, Cipro, Polonia, Portogallo, Romania, Lettonia e Lituania il numero degli emigrati ha superato quello degli immigrati. In rapporto al totale della popolazione residente, il tasso di immigrazione più elevato nel 2015 è stato registrato dal Lussemburgo (42 immigrati per 1 000 abitanti), seguito da Malta (30 per 1 000 abitanti) e da Austria e Germania (19 per 1 000 abitanti in entrambi i casi) (cfr. grafico 1). Nel 2015 i tassi di emigrazione più elevati sono stati registrati in Lussemburgo (22 emigrati per 1 000 abitanti), a Cipro (20 emigrati per 1 000 abitanti) e a Malta (20 emigrati per 1 000 abitanti). Nello stesso anno, la quota relativa di immigrati nazionali (ossia persone con la cittadinanza dello Stato membro dell’UE verso cui stavano migrando) rispetto al numero complessivo di immigrati ha riportato i valori più alti in Romania (87 % sul totale degli immigrati), Lituania (83 %), Ungheria (56 %), Croazia (55 %), Lettonia (52 %), Estonia (52 %) e Portogallo (50 %). Questi sono stati gli unici Stati membri dell’UE a registrare una quota di immigrati nazionali superiore alla metà del numero totale degli immigrati (cfr. grafico 2. Per contro, Lussemburgo, Germania e Austria hanno riportato quote relativamente basse, con una percentuale di immigrati nazionali nel 2015 non superiore al 5 o 6 % del totale degli immigrati. Nel 2015 gli immigrati nell’UE-28 provenienti da paesi non membri sono stati 2,7 milioni. Un’analisi effettuata considerando la precedente residenza rileva che il Lussemburgo ha registrato la quota più elevata di immigrati provenienti da un altro Stato membro dell’UE (91 % del numero complessivo di immigrati nel 2015), seguito da Slovacchia (80 %) e Romania (71 %); relativamente modeste sono invece le quote registrate dall’Italia (26 % sul totale degli immigrati), nonché da Bulgaria, Slovenia e Svezia (tutte 28 %). Quanto alla ripartizione in base al sesso degli immigrati nell’UE, nel 2015 gli uomini superavano di poco le donne (56 % contro il 44 %). Lo Stato membro con la quota più elevata di immigrati maschi è la Germania (63 %); per contro, la quota più elevata di donne immigrate è stata registrata da Cipro (57 %). Nel 2015 gli immigrati negli Stati membri dell’UE sono risultati in media molto più giovani della popolazione complessiva già residente del paese di destinazione: il 1° gennaio 16
Working paper – La nuova immigrazione italiana in Germania, Francia e Inghilterra a cura di Pietro Piro 2016 l’età mediana della popolazione totale dell’UE-28 era di 42,6 anni. Per contro, l’età mediana degli immigrati nell’UE-28 nel 2015 era di 27,5 anni».32 L’Europa attrae sempre più immigrati perché convinti di trovare condizioni lavorative favorevoli - con conseguente accesso al reddito per mantenersi e poter inviare denaro ai familiari rimasti nei paesi d’origine - condizioni politiche in grado di offrire protezione e sostegno; condizioni sociali in grado di favorire l’inserimento attivo nella società e un futuro di dignità per le generazioni successive. L’attività economica è al centro dei processi d’inclusione. La capacità dei migranti e dei rifugiati di generare reddito è decisiva per stabilire sé esistono o meno delle possibilità di permanenza di lungo periodo. Questa possibilità è influenzata dalle norme di accesso nei paesi d’accoglienza, nelle abilità e professionalità dei migranti, dalla durata del soggiorno, dalla situazione economica generale; dalla vitalità del mercato del lavoro, dal genere e dalle condizioni economiche di partenza.33 Le aspettative di vita non sempre corrispondono alle reali condizioni che un immigrato è costretto ad affrontare. Gli studi dimostrano infatti che rispetto alla popolazione autoctona l’immigrato è mediamente più esposto alle difficoltà lavorative (precarietà; poca sicurezza sul lavoro; bassi salari) residenziali (sovraffollamento; prezzi inaccessibili per l’affitto e l’acquisto; condizioni abitative malsane o inadatte) sociali (ostilità della popolazione residente; ghettizzazione; emarginazione) e più soggetto allo sfruttamento (sessuale; lavorativo; economico). Allo stesso tempo, la popolazione immigrata contribuisce a fornire manodopera in quei settori dove la popolazione autoctona non fornisce più ricambio; contribuisce a dare avvio a nuove imprese e a nuove forme di creatività sostenute da uno spirito laborioso e responsabile, arricchisce economicamente e culturalmente il tessuto sociale contribuisce al mantenimento dei tassi demografici da diversi anni in negativo in tutta Europa.34 L’Europa non è solo terra d’immigrazione. Dall’Europa si continua a partire sebbene in termini numerici siamo lontanissimi dai 40 milioni di europei che tra il 1880 e il 1914, partirono alla ricerca di migliori condizioni di vita in paesi “lontani” come il Sudafrica, l’Australia e le Americhe. Secondo i dati dell’Eurostat (relativi al 2015): «La Germania ha registrato il numero più elevato di emigrati (347 200) nel 2015, seguita dalla Spagna (343 900), dal Regno Unito (299 200), dalla Francia (298 000) e dalla Polonia (258 800). In totale, 17 Stati membri dell’UE hanno registrato più immigrati che emigrati nel 2015, mentre in Bulgaria, Irlanda, Grecia, Spagna, Croazia, Cipro, Polonia, Portogallo, Romania, Lettonia e Lituania il numero degli emigrati ha superato quello degli immigrati. Nel 2015 i tassi di emigrazione più elevati sono stati registrati in Lussemburgo (22 emigrati per 1 000 abitanti), a Cipro (20 emigrati per 1 000 abitanti) e a Malta (20 emigrati per 1 000 abitanti)».35 Si parte soprattutto alla ricerca di nuove opportunità di lavoro ma anche per conoscere nuove realtà e allargare i propri orizzonti culturali. 32 Vedi: http://ec.europa.eu/eurostat/statistics- explained/index.php/Migration_and_migrant_population_statistics/it : 33 Si veda l’approfondito studio: https://www.milifestatus.com/upload/Ebook_IntegrationMigrantsRefugees2017.pdf 34 Può essere utile per “smontare” alcuni luoghi comuni: J. Ottaviani, Sei grafici ci dicono come smontare i luoghi comuni sull’immigrazione, su: https://www.internazionale.it/opinione/jacopo-ottaviani/2015/09/17/luoghi- comuni-immigrazione-grafici 35 Vedi: http://ec.europa.eu/eurostat/statistics- explained/index.php/Migration_and_migrant_population_statistics/it 17
Working paper – La nuova immigrazione italiana in Germania, Francia e Inghilterra a cura di Pietro Piro 6. L’Italia Alcuni dati forniti dall’ISTAT pubblicati nel novembre del 2017 e riferiti al 2016, permettono di delineare un primo quadro dei fenomeni migratori che interessano il nostro Paese.36 Secondo questi dati: «Nel 2016 il saldo migratorio netto con l’estero torna a crescere di oltre 10mila unità, raggiungendo quota 144mila (+8% rispetto al 2015) per effetto del maggiore aumento delle immigrazioni rispetto alle emigrazioni. Le immigrazioni (iscrizioni in anagrafe dall’estero) ammontano a quasi 301mila (+7% rispetto al 2015); circa nove su dieci riguardano cittadini stranieri. Con 45mila iscritti la comunità rumena è sempre la più numerosa tra i flussi di immigrazione, seguono pakistani (15mila), nigeriani (15mila), marocchini (15mila), albanesi (13mila) e cinesi (12mila). Continuano a crescere le immigrazioni dei cittadini africani; in particolare, incrementi significativi degli ingressi si registrano per i cittadini guineiani (+161%), ivoriani (+73%), nigeriani (+66%) e ghanesi (+37%). Sono molto consistenti anche i flussi di pakistani (15 mila, +30%), albanesi (13mila, +12%) e brasiliani (10 mila, +50%), calano invece le immigrazioni dei cittadini di area asiatica: cingalesi (-18%), cinesi (-17%), bengalesi (-14%) e indiani (-11%). Ancora in crescita le emigrazioni (cancellazioni dall’anagrafe per l’estero): nel 2016 sono 157mila (+7% sul 2015). L’aumento è dovuto esclusivamente alle cancellazioni di cittadini italiani (+12%). Gli emigrati di cittadinanza italiana nati all’estero ammontano a circa 28mila (+19% rispetto all’anno precedente): il 50% torna nel Paese di nascita, il 43% emigra in un Paese dell’Unione europea, il restante 7% si dirige verso un Paese terzo non Ue. Le principali mete di destinazione per gli emigrati di cittadinanza italiana si confermano il Regno Unito (21,6%), la Germania (16,5%), la Svizzera (9,9%) e la Francia (9,5%). In aumento i laureati italiani che lasciano il Paese, sono quasi 25mila nel 2016 (+9% sul 2015) anche se tra chi emigra restano più numerosi quelli con un titolo di studio medio-basso (56mila, +11%). Dopo tre anni di calo tornano a crescere i trasferimenti di residenza interni al territorio nazionale, che nel 2016 hanno coinvolto 1 milione 331mila individui (+4% sul 2015), con trasferimenti per lo più di breve e medio raggio. Nel 76% dei casi avvengono tra Comuni della stessa regione (1 milione 6mila)». Da Paese-corridoio per raggiungere il Nord Europa, il nostro si sta trasformando sempre più in un Paese-destinazione.37 Secondo il XXVI Rapporto Immigrazione 201638 di Caritas e Migrantes: «Al 1° gennaio 2016, con un aumento di sole 1.217 unità (+0,03%) rispetto alla stessa data del 2015, sono stati concessi 3.931.133 permessi di soggiorno, di cui il 48,7% riguarda le donne. Rispetto alla durata, il totale dei permessi si ripartisce tra 1.681.169 “con scadenza” (40,5%) e 2.338.435 “di lungo periodo” (59,5%). Distinguendo i permessi nella loro totalità per paesi di cittadinanza, si nota che si distinguono maggiormente il Marocco (13,0%), peraltro una delle comunità di più antica immigrazione in Italia e tra le più numerose, seguito dall’Albania (12,3%), dalla Cina (8,5%) e dall’Ucraina 36 Possono essere utili per approfondire: http://www.vita.it/it/article/2016/07/05/limmigrazione-in-italia- numero-per-numero/140039/ http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-07-06/oltre-250000-italiani- emigrano-all-estero-erano-300000-dopoguerra-094053.shtml?uuid=AEuX6nsB 37 Immigrazione: "Tra cinquant’anni un terzo della popolazione italiana di origine straniera", su: http://www.repubblica.it/cronaca/2017/10/25/news/immigrazione_in_italia_tutti_i_numeri_del_rapporto_id os_2017-179316783/ 38 Vedi: http://s2ew.caritasitaliana.it/materiali/Rapporto_immigrazione/2017/Sintesi_RICM2016.pdf 18
Working paper – La nuova immigrazione italiana in Germania, Francia e Inghilterra a cura di Pietro Piro (6,1%). Queste nazionalità nell’insieme arrivano a quasi il 40% del totale dei permessi di soggiorno rilasciati. Va altresì rilevato che le nazionalità con maggiori incidenze di lungo soggiornanti sono quelle presenti da più tempo in Italia, come l’Albania (71,1%), la Tunisia (70,8%) e il Marocco (68,2%). Nella disaggregazione per classi di età il dato più evidente è determinato dalla maggiore incidenza dei minori fino ai 17 anni nei permessi di lungo periodo rispetto a quelli con scadenza (28,5% vs. 17,9%). Per quanto riguarda i permessi di soggiorno a termine è possibile distinguerli per motivo della richiesta. In questo caso, si conferma la prevalenza dei motivi di lavoro (42,0%) e di famiglia (41,5%). Va sottolineato che il terzo motivo per importanza è quello legato alla richiesta di asilo (9,7%) che, rispetto agli anni precedenti, ha sopravanzato il motivo dello studio. I dati diffusi dall’ISTAT sulla popolazione residente mostrano che al 1° gennaio 2016 risiedevano in Italia 60.665.551 persone, di cui 5.026.153 di cittadinanza straniera (8,3%). Le donne straniere sono 2.644.666 (52,6%). La popolazione complessiva è diminuita rispetto all’anno precedente di 130.061 unità (-0,2%). A inizio 2016, il 58,6% degli stranieri vive nel Nord, mentre questa percentuale scende al 25,4% nel Centro, con un ulteriore calo nel Mezzogiorno (15,9%). Entrando nel dettaglio regionale, in tre regioni del Nord ed una del Centro è concentrata più della metà dell’intera popolazione straniera presente in Italia (56,2%). In particolare, si tratta della Lombardia (22,9%), del Lazio (12,8%), dell’Emilia Romagna (10,6%) e del Veneto (9,9%). Al 1° gennaio 2016, in Italia sono presenti 198 nazionalità, su un totale mondiale di 232 (fonte ONU), e dei cittadini stranieri presenti in Italia, oltre il 50% (oltre 2,6 milioni di individui) sono cittadini di un paese europeo. In particolare, poco più del 30% degli stranieri residenti (1,5 milioni) sono cittadini di un paese dell’Unione. La restante parte proviene dagli Stati dell’Europa Centro-Orientale non appartenenti all’UE (1,1 milioni). I gruppi, le cui quote sono più consistenti, sono i romeni (22,9%), gli albanesi (9,3%) e i marocchini (8,7%): nel complesso, queste tre nazionalità rappresentano il 40,9% del totale degli stranieri residenti. […] La maggiore concentrazione di occupati stranieri si osserva nelle regioni del 19
Working paper – La nuova immigrazione italiana in Germania, Francia e Inghilterra a cura di Pietro Piro Nord (1.427.996, pari al 59,3% del totale nazionale), e in particolare in quelle del Nord Ovest (811.923: 33,7% del totale nazionale) e del Nord Est (616.073: 25,6%). In generale, quindi, nelle regioni con maggiore presenza di residenti stranieri si registrano percentuali più alte di occupati immigrati sul totale degli occupati. In particolare, il 58,0% degli stranieri occupati si distribuiscono tra la Lombardia (22,8%), il Lazio (13,7%), l’Emilia Romagna (11,1%) e il Veneto (10,4%). Mentre la distribuzione degli occupati stranieri non-UE è simile a quella del totale degli stranieri, a proposito di quella degli occupati provenienti da paesi dell’UE si si osserva una maggiore quota di presenze nelle regioni del Centro (UE: 30,5%, nonUE:23,6% ) e del Sud (UE: 12,1%, non-UE: 9,6%). La distribuzione territoriale della disoccupazione segue, sostanzialmente, le proporzioni registrate tra gli occupati, con una maggiore concentrazione nelle regioni del Nord Ovest e del Nord Est, dove gli stranieri alla ricerca di lavoro rappresentano circa un terzo del totale dei disoccupati. Nelle regioni del Mezzogiorno la disoccupazione è quasi totalmente italiana. L’inserimento degli occupati stranieri nelle diverse attività economiche, confrontato con quella degli italiani, conferma la collocazione tipica del modello di segmentazione del mercato del lavoro, con le maggiori quote di occupati stranieri, rispetto agli italiani, nel settore dei servizi collettivi e personali (28,3%), nell’industria in senso stretto (17,3%), nelle costruzioni (10,2%) nel settore alberghiero e della ristorazione (10,1%), e nel commercio (9,7%). Nell’insieme di questi settori è collocato il 75,6% degli occupati stranieri. Un aspetto da notare è anche il diverso modello di inserimento lavorativo degli stranieri rispetto agli italiani. Questa “segregazione occupazionale” risulta ancora più evidente se si mette in relazione al genere. Le donne straniere, infatti, lavorano soprattutto nel settore dei servizi collettivi o alla persona, mentre gli uomini si concentrano nell’industria in senso stretto e nelle costruzioni». 20
Puoi anche leggere