LA DEPUTATA 5 STELLE ESPULSA DAL GRUPPO: "HO SOLO PARLATO DI AGROMAFIE" - Matteoderrico

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LA DEPUTATA 5 STELLE ESPULSA DAL GRUPPO: "HO SOLO PARLATO DI AGROMAFIE" - Matteoderrico
LA DEPUTATA 5 STELLE ESPULSA
DAL GRUPPO: “HO SOLO PARLATO
DI AGROMAFIE”
                                      Sara Cunial, deputata
                                      veneta di Bassano del
                                      Grappa, del Movimento 5
                                      Stelle    espulsa    la
                                      scorsa settimana, ha
                                      pubblicato su Facebook
                                      la lettera con cui il
                                      gruppo M5S le ha dato
                                      il   benservito     “su
                                      indicazione del capo
                                      politico    Luigi    Di
                                      Maio”.

Era intervenuta in dissenso alla linea del suo gruppo
parlamentare sulla Xylella: “Sono stata espulsa il 17
aprile. Nessun parlamentare o capo politico mi ha chiesto di
entrare a far parte di una forza politica esistente”, scrive
su Facebook la deputata.

“Tantissimo affetto e stima dai cittadini di cui sono stata
chiamata ad essere portavoce. In fondo ho solo parlato di
mafia in parlamento. Sono serena. Oggi è giorno di festa. Per
Tutti. Un Abbraccio”, conclude Cunial.

Nel post, la deputata pubblica anche il video del suo
intervento in Aula e la foto della lettera con cui il
capogruppo alla Camera, Francesco D’Uva, scrive: “Con la
presente e su indicazione del capo politico del Movimento 5
Stelle, Luigi Di Maio, intendo comunicare la sua espulsione
dal Gruppo parlamentare Movimento 5 Stelle a decorrere dalla
data odierna”.
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In Aula, Cunial era intervenuta durante la discussione
dell’articolo 8 del decreto emergenze che recita “Le misure
fitosanitarie ufficiali e ogni altra attività ad esse
connessa, ivi compresa la distruzione delle piante
contaminate, anche monumentali, sono attuate in deroga a
ogni disposizione vigente”. Una norma che mira a contrastare
il diffondersi della Xylella, il batterio che sta portando
all’abbattimento degli olivi in molte aree della Puglia. Una
norma nei confronti della quale Cunial aveva espresso
contrarietà.

https://matteoderrico.it/wp-content/
uploads/2019/04/cunial.mp4

Eletta alla Camera lo scorso 4 marzo 2018 come capolista nella
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circoscrizione Veneto 2, non aveva votato nemmeno la legge di
Bilancio.

Già in campagna elettorale era stata sospesa per aver definito
i vaccini un ‘genocidio’. Poi era stata riammessa nelle liste
del Movimento. Allora venne (solo) criticata dai suoi compagni
di partito.

                                                    Fonte: Agi

L’EX    ASSESORE    DI   ROMA
PINUCCIA    MONTANARI:    “IN
CAMPIDOGLIO UNA LOBBY OPACA”
                                      Roma in mano a una
                                      lobby    opaca,    che
                                      indirizza la sindaca
                                      Raggi.         Grillo
                                      impotente. I dissidi
                                      interni. Le filiere di
                                      potere.

Pinuccia Montanari, ex assessore all’ambiente del Comune di
Roma, racconta la sua verità a Giuseppe Salvaggiuolo per il
quotidiano La Stampa. Chiamata a Roma a fine 2016, se ne è
andata l’8 febbraio, dopo che la giunta Raggi ha bocciato il
bilancio di Ama, l’azienda comunale dei rifiuti, e poco prima
del licenziamento del presidente, Lorenzo Bagnacani, che ha
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depositato gli esposti e gli audio della sindaca su cui indaga
la Procura.

Che effetto le ha fatto ascoltarli?

«In pubblico la Raggi ci sosteneva. In privato,           come
dimostrano gli audio, mostrava un’ altra faccia».

Bagnacani parla di pressioni. Le ha subite anche lei?

«Su di me non potevano esercitarle. Ma ho assistito a quelle
di Franco Giampaoletti, direttore generale del Comune, su
Rosalba Matassa, ottima dirigente del mio assessorato, perché
cambiasse il suo parere positivo al bilancio di Ama».

La dirigente come reagì?

«Era disperata. Alla fine si è dimessa. Il suo successore ha
poi fatto quello che Giampaoletti voleva».

La Raggi obietta: anche il collegio sindacale di Ama aveva
dato parere negativo.

«Un’ informazione inesatta. In un primo momento aveva dato
parere favorevole. Ma a distanza di mesi, e nonostante fosse
decaduto secondo pareri giuridici indipendenti e autorevoli,
lo stesso collegio ha ribaltato il parere. Una vicenda non
solo sorprendente e rarissima, ma anche inquietante».

In che senso?

«Durante la giunta dell’ 8 febbraio chiesi a Giampaoletti se
era vero che quel parere era stato cambiato dopo che lui aveva
preso un caffè col presidente del collegio sindacale, Marco
Lonardo. Lui confermò. E qui mi fermo, perché c’ è un’
inchiesta penale in corso».

Che altro successe in quella giunta, l’ ultima per lei?

«Giampaoletti mi mostrò per la prima volta la delibera che
bocciava il bilancio dell’ Ama: “Assessore, c’ è da firmare”.
Una scorrettezza assoluta».

E gli altri assessori?
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«Margherita Gatta condivideva le mie perplessità. Ma votò a
favore dopo che Marcello De Vito (allora presidente dell’
Assemblea capitolina, poi arrestato per corruzione, ndr), le
si avvicnò sussurrandole qualcosa all’ orecchio».

Fu stupita?

«Solo in parte. Negli ultimi mesi tra Raggi e De Vito c’ era
totale sintonia».

Poi cosa successe?

«Io votai contro e mi      dimisi. Grillo, che avevo informato
perché era stato lui a    chiedermi di fare l’ assessore a Roma
nel 2016, mi disse che    sulla mia rimozione erano irremovibili
e lui non poteva essere   d’ aiuto».

Sa se Grillo ne ha parlato con la Raggi?

«Certo, l’ ha anche tacciata di ingratitudine nei miei
confronti. Poi mi ha detto che avevo fatto bene ad andarmene».

Per la sua esperienza, che ruolo ha Grillo nel M5S?

«Ne custodisce i valori, ma non può far nulla. Ha scarsa voce
in capitolo, almeno su Roma».

Nei mesi precedenti aveva provato a parlare con la Raggi?

«Era totalmente        inaccessibile,       schermata     dai   suoi
collaboratori».

Come comunicavate?

«Con il sistema delle chat. Un meccanismo terrificante che,
all’ occorrenza, serve a colpire implacabilmente le persone
che dissentono, per delegittimarle».

Chi è Giampaoletti,       con   cui   lei   si   era   scontrata   in
Campidoglio?

«Direttore generale     del Comune e più stretto collaboratore
della sindaca. Come    Lemmetti, portato a Roma dall’ avvocato
Luca Lanzalone, che    nel suo ufficio lasciava la valigia ogni
volta che passava da   Roma».
A Genova vi eravate incrociati?

«Con Giampaoletti no. Con Lanzalone una volta. L’ aveva
chiamato il segretario generale del Comune per una consulenza
sull’ azienda trasporti».

Chi era il segretario generale?

«Mariangela Danzì, attuale capolista del M5S alle Europee nel
Nord-Ovest. Altro personaggio importante. Molto amica di
Pietro Paolo Mileti, segretario generale del Campidoglio, a
sua volta legatissimo a Giampaoletti. Stessa, unica filiera».

Ovvero?

«Lanzalone, Lemmetti, Giampaoletti. Gli ultimi due hanno
brindato alla buvette del Campidoglio la sera delle mie
dimissioni».

Lanzalone l’ ha poi ritrovato a Roma?

«Ce lo presentarono Bonafede e Fraccaro come un giurista a
nostra disposizione».

Il suo ruolo nasce dal rapporto con Grillo?

«Non mi risulta. Ho ragione di credere che nasca a Milano, non
a Genova».

Che idea si è fatta del licenziamento di Bagnacani?

«Vergognoso, come il mio isolamento. Cacciati perché portavamo
avanti i valori del M5S».

Chi prende le decisioni in Campidoglio: la sindaca?

«No. Mi sono fatta l’ impressione che a comandare sia una
lobby opaca. Lei non conta più molto, a quanto vedo. Pare
eseguire le direttive delle persone che la circondano».

Ama è un’ azienda decotta?

«Sciocchezze. È solida e ricca. Dal punto di vista industriale
può essere una macchina da guerra. Ma Lemmetti e Giampaoletti
avevano altre mire».
Quali?

«Non lo so. Ma certo fa gola un business miliardario garantito
per i prossimi 15 anni».

E quindi?

«Se paralizzata e sabotata, Ama può essere poi essere
spolpata».

La Raggi dice: Roma era nella merda, per questo ho cacciato
Bagnacani.

«Sciocchezze. Tutto quello che abbiamo fatto, con fatica, è
stato condiviso con lei. E poi per strada la merda, per usare
il suo linguaggio, c’ è anche ora che lei si è liberata di
noi.

Ma non se ne parla più».

Roma è un capitolo chiuso?

«Scriverò un libro. Titolo: Assesso’ nun se po fa’».

LA DEPUTATA GRILLINA CHE SI
LAMENTA PER IL RADUNO NEO-
NAZISTA   A  CEREA,  MA  AL
GOVERNO CI SONO LORO
Francesca Businarolo,
                                     deputata     M5S    del
                                     veronese e presidente
                                     della     Commissione
                                     Giustizia della Camera
                                     si    lamenta     della
                                     protezione     di   cui
                                     godono     i    gruppi
                                     fascisti. Ma alla guida
                                     del governo, insieme
                                     alla Lega di Matteo
                                     Salvini, ci sono i
                                     grillini. Il Movimento
                                     5 Stelle è partito con
cui l’onorevole Businarolo è stata eletta in parlamento ed è
il partito che governa l’Italia. Sono loro che dovrebbe
garantire legalità e sicurezza e che ha giurato sulla
costituzione antifascista. Sono loro che avrebbero dovuto
impedire il raduno.

”Sono indignata e preoccupata per quello che è accaduto a
Cerea. Il raduno di una serie di sigle neonaziste, tra cui il
Fronte veneto skinheads, per celebrare Hitler nella data
simbolica del 20 aprile, e alla vigilia della nostra festa
della Liberazione, è una provocazione che non va
sottovaluta”. Lo racconta l’agenzia di stampa AdnKronos.

“Questi gruppi, che si ispirano alla ideologia violenta e
razzista che tanto orrore ha portato in Europa, si sentono
evidentemente in diritto di poter manifestare quel che
vogliono -aggiunge- perché le autorità che dovrebbero non
intervengono. In questo caso c’è una lunga catena di autorità
che avrebbero dovuto impedire questo scempio della ragione e
del buon senso. Tutto è aggravato dal fatto che l’evento, a
cui hanno partecipato mille persone, si è svolto in
un’importante area fieristica di proprietà del Comune, senza
che la cittadinanza fosse minimamente informata”.
REDDITO   DI   CITTADINANZA,
L’INPS “TROLLA” I SUOI UTENTI
Il
reddito di cittadinanza non decolla. In compenso, a farlo
‘volare’ pensano i social media manager di ‘Inps per la
Famiglia’, pagina Facebook ufficiale dell’Istituto di
previdenza che vanta più di 220mila seguaci, che si è scusata
per i toni e le risposte che qualcuno avrebbe potuto
considerare offensivi.

“La ringraziamo per aver condiviso la sua riflessione con noi.
Ma per questi aspetti deve rivolgersi a chi ha fatto la legge
non a Inps che la applica”, rispondono a chi si lamenta di
esser stato chiamato a lavorare, ma scartato perché non
percepisce il reddito di cittadinanza.

“Perché invece di ripetere le stesse cose non va sul sito Inps
e richiede il Pin che ci vogliono 5 minuti!!??”, “Basta
richiederlo a Poste o a Inps. Oppure è troppo impegnata a
farsi i selfie con le orecchie da coniglio?” e, ancora, “Ma
insomma!!! Deve avere Spid e Pin che non ha richiesto
nonostante glielo abbiamo detto 1.000 volte”, sono invece le
risposte che sempre da Facebook hanno dato a una ragazza che
si lamentava di non poter accedere alla sua pagina.

Ma le risposte irriverenti non finiscono qui: “Non rispondete
al posto nostro o dobbiamo bloccarvi”, “Grazie per aver
condiviso la sua esperienza con noi”, continuano a rispondere.

Ha fatto molto ridere la saga di un utente con un account dal
nome singolare “Candy Candy Forza Napoli“ che ha letteralmente
imperversato nei commenti non riuscendo a capire come
recuperare il PIN o ottenere SPID. Un’operazione che in molti
sottolineano essere piuttosto macchinosa. Il discorso è sempre
lo stesso: fa ridere che ci sia una persona che non riesce a
fare un’operazione che noi consideriamo elementare. Fa ridere
anche perché il nome del profilo è buffo. Ma non siamo su
Commenti Memorabili e non c’è bisogno di fare il bomber. Per
quanto fastidiosi e petulanti possano essere gli utenti non
c’è bisogno di fare del sarcasmo.

“Importante a tutti gli utenti: In linea con quanto previsto
dalla netiquette e dalla social media policy della pagina e in
considerazione del grande interesse e impatto del reddito di
cittadinanza e di altre misure a favore della famiglia,
risponderemo solo a commenti inerenti agli aspetti tecnici
delle prestazioni erogate da Inps. Cogliamo l’occasione per
scusarci con quanti possano essersi sentiti toccati od offesi
da alcune nostre risposte” si legge sempre sulla pagina
istituzionale dell’istituto, che ha ricevuto messaggi di
solidarietà da parte degli utenti.
Fonte: AdnKronos

ALITALIA, IL GOVERNO SPINGE
SU ATLANTIA DEI BENETTON PER
EVITARE IL DEFAULT

La vicenda Alitalia rischia di complicarsi non poco. A due
mesi dalla restituzione del prestito per evitare una procedura
di infrazione dalla Ue per aiuti di Stato, il socio operativo
che dovrebbe assicurare il rilancio stenta a delinearsi
all’orizzonte. Il che rappresenterebbe un fallimento della
strategia dell’esecutivo e del ministro dello Sviluppo
economico, Luigi Di Maio, che si è speso in questi mesi per la
statalizzazione della compagnia (almeno per ciò che riguarda
la quota di controllo) e la costituzione di una cordata che in
un primo momento avrebbe dovuto prevedere anche easyJet,
invece sfilatasi anzitempo. Scrive Fabio Savelli sul Corriere.

Mentre si spacca la cordata messa insieme dalle Ferrovie dello
Stato perché nessuno sembra entusiasta di buttare soldi su un
vettore in perdita da trent’anni, nelle ultime settimane, per
riflesso, è cominciata una trattativa complessa e delicata con
Atlantia, la capogruppo degli Aeroporti di Roma e hub di
riferimento della compagnia. E holding di controllo anche di
Autostrade per l’Italia, vista col fumo dagli occhi dai Cinque
Stelle per il crollo del ponte Morandi a Genova e oggetto,
tuttora, di una richiesta di revoca della convenzione. La
società, per il 30% controllata dalla famiglia Benetton, ha
guardato il dossier supportata dai consulenti di Mediobanca.
Giovanni Castellucci ha visto almeno in un’occasione anche
Gianfranco Battisti, numero uno di Ferrovie, tentando di
trovare una sintesi per un’eventuale partecipazione nella
cordata ricavandone, almeno fino ad ora, l’impossibilità di
prenderne parte. Una fonte vicina alla trattativa racconta
che, al netto delle ricadute industriali tutte da verificare
anche per Atlantia vista la progressiva perdita di quota di
mercato di Alitalia sull’aeroporto di Fiumicino, i dubbi dei
vertici sarebbero anche di natura politica. Perché salvare il
progetto Alitalia costruito da Di Maio visti gli attacchi
ripetuti a Castellucci e ai Benetton? Atlantia è già stata
scottata dagli ultimi due fallimenti della compagnia in cui ha
visto azzerare la propria partecipazione e un esborso
iniziale, di almeno 300 milioni per il 30% della newco, non
verrebbe compreso dai soci istituzionali come il fondo sovrano
di Singapore, Lazard e la banca britannica HSBC.

Eppure più di qualcuno non esclude che il filo del negoziato
sia ancora aperto e a condurlo potrebbe essere lo stesso
premier Giuseppe Conte avocando a sé il dossier. In settimana
potrebbe essere convocato un consiglio dei ministri proprio su
Alitalia e qualcuno immagina che possa essere il presidente
del Consiglio ad aprire un canale diplomatico con Atlantia che
potrebbe essere letto come il primo gesto di normalizzazione
nei rapporti dopo la lettera di richiesta di caducazione della
convenzione con Aspi scritta proprio dal premier a pochi
giorni dal crollo del viadotto Morandi.

Nelle settimane scorse non è sfuggito quanto sia ancora
complessa la relazione tra governo e la capogruppo di
Autostrade. Soprattutto sulle interpretazioni normative
relative ai piani economico-finanziari, quasi tutti scaduti.
Cioè i documenti che registrano l’ammontare degli investimenti
e ne chiedono il relativo adeguamento al casello. Il governo,
con il decreto Genova, ha previsto che sia l’Authority dei
Trasporti a dare il via libera preventivo sui nuovi piani.
Proprio Autostrade per l’Italia ha appena impugnato al Tar la
delibera sui pedaggi firmata a febbraio dall’authority guidata
da Andrea Camanzi. Che stabilisce l’avvio di una consultazione
per fissare le nuove tariffe introducendo una novità: gli
aumenti dovranno essere strettamente correlati ai livelli del
servizio e passibili di riduzione nel caso i profitti per le
società autostradali siano superiori alle previsioni. Una
misura che Aspi ritiene incostituzionale.

Ecco perché i margini per un accordo sono strettissimi. Così
Alitalia rischia di esporre i Cinque Stelle, comunque la si
metta, ad una figuraccia. Se il governo trova l’accordo con
Atlantia la riabilita. Se non lo trova mette Alitalia nelle
mani di altri potenziali quanto interessati acquirenti. Più
volte si è fatto il nome di Lufthansa, opzione che però non è
al momento nemmeno al tavolo, e le cui condizioni fatte a suo
tempo trapelare erano molto pesanti. E così a meno di due
settimane dal termine del 30 aprile in cui Ferrovie dello
Stato e Delta Air Lines sarebbero chiamate alla presentazione
della proposta vincolante per Alitalia, la situazione è ancora
incerta. Incertezza che getta ancora più ombre su una
situazione che sarà affrontata dai sindacati (e dai
lavoratori) giovedì quando avranno un incontro informale con i
commissari straordinari di Alitalia. E sono pronti ad una
nuova mobilitazione senza una convocazione da parte del
governo.
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