La pericolosità sociale e i mass media - Associazione culturale ...

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                          La pericolosità sociale e i mass media

                                                Federico Tulli

                      Le parole sono importanti. Ricostruire con cura e precisione fatti
                  accaduti, “laicamente”, senza pregiudizi, è il compito e dovere di ogni
                  cronista. La necessità di fare un titolo suggestivo, di essere sintetici, di
                  stimolare la curiosità del lettore può comportare però l’uso di una ter-
                  minologia che – malgrado l’attenzione e l’impegno del giornalista –
                  non corrisponde alla realtà di quanto accaduto. Quando poi la notizia
                  è di cronaca, con sfumature drammatiche più o meno marcate, la ten-
                  denza a semplificare concetti prende a volte la mano di chi fa informa-
                  zione per professione, finendo per banalizzare dinamiche complesse.
                      L’esempio più immediato riguarda l’impiego di termini pseudo-psi-
                  chiatrici. Parole come “raptus”, “ansia”, “panico”, “delirio” fanno parte
                  del nostro gergo quotidiano ma raramente le utilizziamo in maniera
                  pertinente per descrivere un particolare stato d’animo. Poco male, a
                  meno che non siamo medici. O giornalisti. Così come uno psichiatra
                  nel fare una diagnosi deve essere preciso, altrettanto deve esserlo un
                  giornalista nel descrivere un fatto. Altrimenti si rischia di fare disinfor-
                  mazione. Eppure i luoghi comuni appena elencati sono quelli che più
                  di frequente leggiamo sui giornali, quando la notizia ruota intorno a
                  un’emergenza o a un crimine più o meno grave.
                      Se un giornalista parla di “raptus passionale”, raccontando vicende
                  efferate come l’assassinio di una donna da parte del partner, mette il
                  lettore completamente fuori strada, lasciando intendere che il desiderio
                  possa in certi casi portare a uccidere. L’espressione “delitto passionale”,
                  a ben vedere, è un ossimoro: ciò che spinge a uccidere il partner come
                  può essere definito amore? Chi fa informazione per professione non

                                                                 Il sogno della farfalla 2/2019 pp. 67-74
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                  Il sogno della farfalla 2/2019

                  può non tenerne conto. Peraltro, quando un giornalista chiama per
                  convenzione “raptus” oppure “momento di follia” un omicidio, tende
                  a far credere che il responsabile fino a un momento prima fosse una
                  persona “normale”, come tutti, che improvvisamente impazzisce. C’è
                  forse dietro l’idea, falsa, che di fondo siamo tutti potenziali assassini?
                  In realtà, invece, quel “momento” non è che l’esito violento e dramma-
                  tico di un processo patologico in atto da tempo in chi arriva a compiere
                  delitti del genere.
                      Proviamo a vedere alcuni esempi concreti. A metà estate del 2004, a
                  Roma, un uomo di 35 anni uccise con 40 coltellate una donna di 38
                  che conosceva a malapena, decapitandola dopo la morte con una man-
                  naia. Il sito di Rainews24, il canale all news della Rai, così descrisse nei
                  titoli il delitto, sulla base di un video che gli investigatori avevano reso
                  disponibile dieci giorni dopo il fatto:

                       «Delitto dell’Eur, video mostra il raptus di Leonelli. Voleva accoltellare
                       i pompieri. Dal primo esame dei filmati che hanno ripreso l’aggressione
                       emerge che quello di Leonelli è stato un raptus. Le immagini mostrano
                       anche i vigili del fuoco uscire dall’ingresso del monolocale inseguiti da
                       Leonelli armato di coltello»1.

                       Ed ecco cosa si legge nell’incipit dell’articolo:

                       «Un improvviso raptus di follia ha provocato il terribile omicidio del-
                       l’Eur. È quanto emerge dal primo esame dei filmati che hanno ripreso
                       l’aggressione alla colf ucraina Oksana Martseniuk, 38 anni, uccisa lo
                       scorso 24 agosto nel quartiere romano. La donna è stata accoltellata
                       mortalmente e poi decapitata da Federico Leonelli, 35 anni, a sua volta
                       colpito e ucciso dalla polizia durante il tentativo di fuga. La sequenza
                       del delitto è durata due-tre minuti. Le immagini ritraggono Leonelli nei
                       locali sottostanti alla villa mentre a colpi di coltello distrugge tessuti mes-
                       si ad asciugare su uno stenditore. Forse richiamata dai rumori la donna
                       scende nei locali e dopo aver visto Leonelli cerca di fuggire. Viene però
                       inseguita dall’uomo che la raggiunge in giardino e la colpisce più volte
                       con il coltello che impugna. Successivamente la trascina nei locali sot-
                       tostanti dove la decapita».

                  1
                      Delitto dell’Eur, video mostra il raptus di Leonelli. Voleva accoltellare i pompieri, in rainews.it,
                  5.9.2014.

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                      Il 25 agosto, giorno dell’omicidio, il quotidiano romano “Il Messag-
                  gero” aveva ricostruito con precisione la storia. A quanto pare la fami-
                  glia di Leonelli circa quaranta giorni prima dell’omicidio aveva chiesto
                  l’intervento dei servizi sociali per sottoporre il trentacinquenne a un
                  trattamento sanitario obbligatorio. Non era la prima volta ma la richie-
                  sta era stata sempre respinta:

                      «I genitori e la sorella lo sapevano, e avevano provato a fermarlo, quan-
                      do, ancora a casa, Federico aveva dato in escandescenze o tutte le volte
                      che aveva litigato con la moglie poi deceduta per un aneurisma cere-
                      brale. In più di un’occasione, avevano chiamato i servizi sociali chieden-
                      do un trattamento sanitario obbligatorio, sempre respinto perché il caso
                      non era “abbastanza grave”. Stessa risposta dai Centri di igiene menta-
                      le»2.

                     Anche la versione online di “Il Fatto quotidiano”, il giorno dopo, si
                  soffermò sullo stato di salute mentale dell’omicida, rilanciando quanto
                  rivelato da “Il Messaggero”:

                      «Federico Leonelli era una bomba a orologeria, pronta ad esplodere da
                      un momento all’altro. Per questo la famiglia lo convinse a farsi curare
                      in una struttura privata. E fino a prima dell’estate 2014 il 35enne era se-
                      guito da uno psichiatra di fiducia. Ma poi il medico gli disse di inter-
                      rompere per un po’ con le medicine: “Possono causarti delle allucina-
                      zioni”»3.

                     Forse questo è uno dei casi in cui malattia mentale e pericolosità so-
                  ciale coincidono? Ed è corretto parlare di “raptus improvviso” riguardo
                  a un caso del genere?
                     Le parole sono importanti, dicevamo all’inizio. Il dilagare sui media
                  di alcuni termini usati in modo inappropriato o superficiale può cau-
                  sare un vero e proprio cortocircuito della comunicazione, alterando la
                  realtà. Non siamo nel campo di quelle che chiamano fake news, ma poco
                  ci manca. Quantomeno l’utilizzo di termini impropri determina con-

                  2
                      Decapita una donna all’Eur, la famiglia: «Lo psichiatra gli sospese le medicine», in ilmessaggero.it,
                  25.8.2014.
                  3
                      Federico Leonelli, la famiglia: «Lo psichiatra gli disse di sospendere i farmaci», in ilfatto.it,
                  26.8.2014.

                                                                                                                       69
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                  Il sogno della farfalla 2/2019

                  fusione in chi legge; o addirittura può contribuire ad alimentare ten-
                  sione sociale pur in assenza di un pericolo reale.
                     Pensiamo alla definizione dell’“emergenza immigrazione”. La leg-
                  giamo e la sentiamo pronunciare dai politici da molto tempo, in pratica
                  dal 1998 quando, con la legge Turco-Napolitano sull’immigrazione,
                  vennero introdotti i Centri di permanenza temporanea per stranieri
                  sottoposti a provvedimenti di espulsione e/o di respingimento con ac-
                  compagnamento coattivo alla frontiera4, e poi più frequentemente do-
                  po l’entrata in vigore della legge Bossi-Fini del 2002, inasprita nel 2008
                  e nel 2009 dai due “pacchetti sicurezza” del ministro Maroni che hanno
                  introdotto il reato di clandestinità5. “Emergenza immigrazione”: nulla
                  di più falso in sole due parole. “Emergenza” sottintende l’idea di un fe-
                  nomeno improvviso (più o meno come “raptus”). Ma l’essere umano
                  emigra da quando esiste, si muove “per natura” alla ricerca delle mi-
                  gliori condizioni di vita possibile. E in Europa ciò avviene da circa
                  130.000 anni, da quando i primi africani si mossero dalla valle del Nilo
                  verso Nord per arrivare nell’attuale Europa attraverso la penisola araba.
                  Se invece vogliamo rimanere al nostro tempo guardando all’Italia, l’at-
                  tuale popolazione è composta solo per l’8,3% da stranieri6, molto meno
                  rispetto a paesi come la Germania (11,2%), la Spagna (9,5%), la Svezia
                  (8,4%) e il Regno Unito (9,2%)7. “Emergenza immigrazione” non solo
                  è una definizione falsa, ma instaura nell’opinione pubblica l’idea che

                  4
                       Legge 6 marzo 1998, n. 40.
                  5
                      Il decreto legge 23 maggio 2008, n. 92, recante misure urgenti in materia di sicurezza
                  pubblica, è stato approvato in via definitiva al Senato il 23 luglio 2008 e convertito con legge
                  24 luglio 2008, n. 125. Il provvedimento consente, secondo quanto dichiarato dal ministro
                  Maroni, «un contrasto più efficace dell’immigrazione clandestina, una maggiore prevenzio-
                  ne della microcriminalità diffusa, attraverso il coinvolgimento dei sindaci nel controllo del
                  territorio, e una più incisiva lotta alla mafia, grazie alla norma che prevede l’aggressione ai
                  patrimoni dei boss» (http: //www1.interno.gov.it). L’anno dopo la legge 125/2008 è stata ina-
                  sprita con l’approvazione della legge 15 luglio 2009, n. 94, «Disposizioni in materia di sicu-
                  rezza pubblica», http://www.parlamento.it.
                  6
                      Secondo i dati Istat, al 1o gennaio 2017 gli stranieri residenti in Italia erano 5.047.028,
                  pari all’8,3% della popolazione. Di questi, circa 1,5 milioni provenivano da altri paesi del-
                  l’Unione europea, mentre i cosiddetti extra-comunitari erano 3,5 milioni circa (5,8% della
                  popolazione).
                  7
                      Cfr. Ufficio statistico dell’Unione europea (Eurostat), Statistiche sulle migrazioni interna-
                  zionali e sulle popolazioni di origine straniera, marzo 2018, https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-
                  explained/pdfscache/15226.pdf, p. 11.

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                  si debba sempre e comunque avere paura di chi emigra. Se poi all’emer-
                  genza si aggiunge la parola “invasione”, altra falsità che da un paio di
                  anni è entrata di prepotenza nel gergo politico, ecco che il cerchio si
                  chiude.
                      Ma torniamo al tema della pericolosità sociale e della malattia men-
                  tale, e al modo in cui i mass media approcciano argomenti così delicati.
                      Il 3 febbraio 2018 a Macerata Luca Traini ferì, colpendole a caso per
                  strada, sette persone che avevano la sola colpa di avere la pelle nera. Il
                  28enne, vicino a Forza nuova e a CasaPound e con un passato da can-
                  didato della Lega alle comunali di Corridonia, è tornato a far notizia il
                  9 giugno seguente. Leggo questo titolo dal sito di “Il Resto del Carlino”:
                  «Omicidio di Pamela Mastropietro8, nigeriani scagionati. Scoppio d’ira
                  di Luca Traini. Testate e pugni contro la parete della cella. Il 29enne è
                  stato bloccato dalle guardie e si è ferito»9. L’articolo di cronaca recita
                  così:

                      «Un raptus di rabbia incontrollabile avrebbe avuto Luca Traini in car-
                      cere, giovedì: a scatenarlo, le ultime notizie sulle indagini per l’omicidio
                      di Pamela Mastropietro. A quanto sembra giovedì mattina il maceratese
                      29enne, in carcere dal 3 febbraio per la sparatoria in città, avrebbe sen-
                      tito dal telegiornale gli sviluppi: due dei nigeriani accusati per la morte
                      della diciottenne romana sono stati scagionati dall’accusa di omicidio
                      dalla procura, alla luce del fatto che su di loro non sono emersi elementi
                      che consentano di ritenerli colpevoli di quel misfatto. Sentendo questo,
                      però, stando a quanto trapelato, Traini avrebbe avuto uno scoppio di
                      rabbia e avrebbe iniziato a colpire prima con i pugni e poi con la testa
                      le pareti della stanza, senza alcun controllo, ferendosi in maniera poco
                      grave, ma evidente. Poi subito gli agenti della polizia penitenziaria sono
                      intervenuti per bloccarlo, poi sono stati chiamati gli psichiatri che fanno
                      assistenza nel carcere di Montacuto, perché si prendessero cura di lui.

                  8
                      Il 31 gennaio 2018 nelle campagne di Macerata venne trovato in due trolley il corpo
                  smembrato di Pamela Mastropietro, una ragazza diciottenne originaria di Roma. Le indagini
                  si concentrarono subito su tre nigeriani e fu questo a far “scattare” la vendetta stragista di
                  Traini. Due di loro, Lucky Awelima e Desmond Lucky, dopo pochi mesi uscirono dall’in-
                  chiesta. Il terzo, Innocent Oseghale, che abitava nella casa dove Pamela morì, è stato rinviato
                  a giudizio e il 13 febbraio 2019 a Macerata ha preso il via il processo in Corte d’Assise nei
                  suoi confronti. È accusato di avere ucciso e fatto a pezzi la ragazza.
                  9
                     Omicidio di Pamela Mastropietro, nigeriani scagionati. Scoppio d’ira di Luca Traini, http:
                  //www.ilrestodelcarlino.it, 9.6.2018.

                                                                                                                 71
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                  Il sogno della farfalla 2/2019

                       Il maceratese dunque avrebbe avuto una nuova esplosione d’ira simile
                       a quella che lo avrebbe travolto il 3 febbraio quando, come raccontato
                       da lui stesso durante l’interrogatorio, sentendo alla radio le notizie sugli
                       orrori fatti alla diciottenne romana, avrebbe deciso di uscire per vendi-
                       carla».

                     Stando a quel che si legge in questo articolo, sparare a caso a sette
                  persone che passeggiano per strada e prendere il muro a testate è in
                  entrambi i casi “uno scatto d’ira”. Il giornalista prosegue descrivendo il
                  modo in cui Traini aveva deciso di vendicarsi «sparando a caso tra la
                  gente in strada, per colpire i giovani immigrati che incrociava».

                       Per via dei Velini, alla stazione, in corso Cairoli e in altri punti fino a Ca-
                       sette Verdini, dove si era fermato per accendere un cero con l’immagine
                       di Mussolini e dire una preghiera nel posto in cui erano stati trovati i
                       trolley [con i resti di Pamela Mastropietro], Traini aveva fatto fuoco dal
                       finestrino ferendo sette persone, ma rischiando di fare una strage. Di
                       questo reato, oltre che di tentato omicidio, aggravati dall’odio razziale,
                       è sotto processo. Ora su Traini sta completando la perizia lo psichiatra
                       nominato dalla Corte d’assise, Massimo Picozzi. I risultati dell’accerta-
                       mento saranno consegnati il 23 agosto, e il 12 settembre ripartirà il pro-
                       cesso, con il rito abbreviato. Per ora, il professor Giovanni Camerini,
                       psichiatra consulente nominato dal difensore Giancarlo Giulianelli, ha
                       dichiarato il maceratese parzialmente capace di intendere e di volere, e
                       pericoloso socialmente».

                       Altro che “scatto d’ira”. Così il vocabolario Treccani definisce l’ira:

                       «Sentimento per lo più improvviso e violento, che, provocato dal com-
                       portamento di persone o da fatti, circostanze, avvenimenti, tende a sfo-
                       garsi con parole concitate, talvolta con offese, con atti di rabbia e di ri-
                       sentimento, con una punizione eccessiva o con la vendetta, contro chi,
                       volontariamente o involontariamente, lo ha provocato. L’ira funesta del
                       Pelide Achille nel proemio dell’Iliade, provocata dal crudele Agamen-
                       none. Nella dottrina cristiana, intesa come disposizione colpevole oltre
                       che come manifestazione è considerata uno dei sette peccati capitali.
                       Può esprimere però anche il giusto risentimento che esige la punizione
                       dell’offensore»10.

                  10
                       www.treccani.it/vocabolario/ira.

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6. Tulli_Sogno1 11/03/19 10:42 Pagina 73

                                                              F. Tulli, La pericolosità sociale e i mass media

                      Pensavano forse i giornalisti di “Il Resto del Carlino” che quello di
                  Traini fosse “giusto risentimento”?
                      Chiudo con un terzo esempio sul complicato rapporto dei mass me-
                  dia italiani con il concetto di pericolosità sociale: la tragedia di Franca-
                  villa del 20 maggio 2018. Tutti ricordiamo le immagini di Fausto Filip-
                  pone, l’uomo che, dopo aver ucciso la figlioletta gettandola dal viadotto
                  dell’autostrada A25, è stato per diverse ore in bilico sul vuoto e alla fine
                  si è lasciato cadere. Ricordo che, mentre seguivo quei drammatici mo-
                  menti e vedevo le riprese dell’uomo aggrappato alla rete metallica, un
                  titolo scorreva in basso sullo schermo della tv. Si sapeva che aveva già
                  ucciso la figlia (ancora non era noto che aveva ucciso anche la moglie)
                  e la frase riportata era questa: «La polizia: “Non è un malato di mente”».
                  Confesso di essere rimasto molto perplesso. Mi chiedo cosa altro debba
                  fare una persona per essere considerata affetta da un problema psichia-
                  trico, sia dal tutore dell’ordine che ha rilasciato quella incauta dichia-
                  razione, sia dal giornalista che altrettanto incautamente l’ha ripresa e
                  rilanciata senza filtro critico, e senza neanche proporre il parere di un
                  esperto, cioè di uno psichiatra. Anche così si fa falsa informazione, ep-
                  pure quella frase veniva riproposta con leggerezza in continuazione:
                  “Non è un malato di mente”. Ma c’è di più. Il giorno dopo il tragico
                  epilogo, i media hanno riportato alcuni passaggi della conferenza stam-
                  pa della polizia di Chieti che aveva tentato di dissuadere l’uomo dal sui-
                  cidio. Ecco cosa titola, per esempio, “Il Fatto quotidiano”: Tragedia di
                  Chieti, «Fausto Filippone non aveva problemi psichici». Indagini sul foglio che
                  ha lanciato dal cavalcavia. E l’articolo ancora una volta inizia così: «“Non
                  aveva nessun tipo di problema psichico”, ma la sua vita era stata desta-
                  bilizzata dalla morte della madre, avvenuta di recente»11. Certamente
                  la morte di un genitore è sempre causa di sofferenza, ma è possibile
                  che una reazione del genere venga raccontata come fosse un fatto nor-
                  male? Fausto Filippone era sano, come si continuava a ripetere, oppure
                  è anche questo uno dei casi in cui malattia mentale e pericolosità so-
                  ciale coincidono?

                  11
                       www.ilfattoquotidiano.it, 21.5.2018.

                                                                                                          73
6. Tulli_Sogno1 11/03/19 10:42 Pagina 74

                  Il sogno della farfalla 2/2019

                  Social dangerousness and mass media
                  This article analyzes how inappropriate terminology adopted by mass media can alter the accuracy
                  in reporting crimes, thus determining a false perception of the facts by the public opinion. The ex-
                  amples mentioned by the author particularly focus on the meaning of some recurrent words used
                  in the title and description of crime news.
                  Correspondence to Dr. Federico Tulli: federico.tulli@left.it

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