L'Umbria del Trasimeno - "Un velo d'acqua gettato su un prato "
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5 Indice Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 L'AMBIENTE LA BELLEZZA DEL TRASIMENO Acque e cielo, lo stesso destino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 Il parco delle meraviglie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13 L’ambiente su misura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15 LA STORIA PERSONAGGI, SCORCI, RACCONTI I paesaggi del Perugino e di Raffaello . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19 Arte moderna a cielo aperto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21 Annibale e le altre storie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 La meraviglia dei castelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26 La cintura delle torri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30 LA TRADIZIONE DELLA PESCA Le tecniche di pesca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33 I pescatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39 IL PESCE DEL LAGO TRASIMENO Pesce per papi, principi e popolani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43 Le specie ittiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47 LE RICETTE. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55 Ringraziamenti
7 Introduzione “Un velo d’acqua gettato su un prato ...” ... con questa celebre immagine il grande storico dell’arte Cesare Brandi riassumeva il fascino del lago Trasimeno: un paesaggio vasto e quieto, capace di riconciliare con il mondo. Uno scenario animato, languida cornice a tesori d’arte, cultura, tradizioni, natura e sapori, dove si muovono operosi protagonisti che dal passato hanno attinto attività che del lago permettono di preservarne l’anima autentica. Questa pubblicazione fa seguito a un percorso programmato della Camera di Commercio di Perugia che vuole valorizzare e far conoscere, anche al di là dei confini regionali, le ricchezze del territorio. Una nuova pubblicazione, questa, che vuole rendere omaggio al Trasimeno, al suo specchio d’acqua e al suo mondo. Ogni giorno, infatti, sulle rive del grande lago dell'Umbria si rinnova lo spettacolo di un paesaggio straordinario: uliveti a perdita d'occhio, boschi verdissimi e morbide colline, a contorno di acque che appaiono di colori diversi ad ogni ora del giorno. Un ambiente ancora incontaminato e vero attorno al quale ruota tutta l’economia dell’area, dall’agricoltura al turismo fino alla pesca professionale. La massima godibilità del territorio del Trasimeno è stata resa possibile dall’intrec- ciarsi di vari felici fattori, che voglio ricordare uno per uno. Oltre alla presenza di splendidi paesaggi, resi eterni dalla pittura di grandi artisti, tra cui spicca Pietro Vannucci detto il Perugino, vi sono anche meravigliosi borghi tali da ispirare a Fiorello Primi, allora sindaco di Castiglione del Lago, la promozione della nascita dei Borghi più belli d’Italia, che compare tra i soci fondatori anche dell’associazione internazionale Les Plus Beaux Villages de la Terre.
8 Introduzione In secondo luogo, l’attività esemplare di coloro che vi lavorano. Come gli agricoltori, i quali hanno saputo curare così bene la terra al punto tale che le colline sembrano “pettinate” e gli olivicoltori produttori di un olio pregiato ed amabile. Senza dimenti- care l’impegno di due cooperative di pescatori, con sede a Panicarola e a San Feliciano, che hanno reso sostenibile la professione dei pescatori ed hanno fatto sì che il pregiato pesce del lago Trasimeno, il quale per moda o pigrizia dei consumato- ri era quasi scomparso dagli usi familiari e dai menù dei ristoranti della nostra regio- ne, sia tornato ad essere apprezzato e valorizzato. In terzo luogo, un’offerta turistica e commerciale di tutto rispetto, promossa da ope- ratori professionali, attenti e preparati, tutta da scoprire, perché basata soprattutto sulle emozioni e sulle esperienze, per esempio con dimostrazioni didattiche, visite guidate e pescaturismo. Se, infatti, nell’immaginario collettivo la vacanza lacustre viene consigliata per rilassarsi e riposarsi, il Lago Trasimeno, oltre ad assicurare tran- quillità e clima disteso, sa stupire il visitatore con una serie di intrattenimenti sportivi ed escursionistici che non lasciano spazio alla noia, dalla pratica della barca a vela alla pesca sportiva e notturna, dalla possibilità di escursioni in bicicletta, passeggia- te e trekking a tour su quad e su vespa, tanto per citarne alcuni. Un modello da seguire. E un invito a scoprire le altre meraviglie di storia, arte e cultu- ra che offre il Trasimeno. Giorgio Mencaroni Presidente Camera di Commercio di Perugia
L’ambiente 11 La bellezza del Trasimeno Gli Antichi Umbri, il primo popolo che abitò l'Italia, lo chiamavano Tarsmeno, “quello che si prosciuga”. Un grande lago, tondo, capace di mutare di continuo forma e colori, a seconda del ritmo delle piogge. Nella lingua degli Etruschi, per assonanza, diventò Tarsminass. Un nome entrato nella storia dell'archeologia: fu impresso nel bronzo, più di 22 secoli fa, in uno dei sette frammenti della Tabula Cortonensis, il manufatto etrusco riemerso in Valdichiana nel 1992. Si parla delle acque di Tarsminass a proposito dell'atto di vendita di fertilissimi terreni agricoli da parte di un altolocato personaggio di Cortona. Il Trasimeno è il lago più antico d'Italia: ha circa un milione di anni. Nella depressione di origine tettonica che lo accoglie si è accumulata, per circa cinque milioni di anni, una pila enorme di sedimenti spessa più di 600 metri. È anche l'unico lago italiano ad essere ospitato in una depressione originata da un movimento tettonico, come è accaduto, nel resto del mondo, per il Mar Morto, il Tanganica, il Titicaca e il Bajkal. Con oltre 120 km quadrati è anche il lago più esteso dell'Italia centrale. Il quarto della penisola, dopo il Garda, il Lago Maggiore e il Lago di Como. Lo specchio d’acqua, che riceve apporti da un ridotto bacino scolante, è largo quasi 15 km con un perimetro di 53 km. Le acque, in media, sono profonde meno di 6 metri. Tre verdissime isole emergono dal lago: la Maggiore e la Minore a nord, davanti a Tuoro e Passignano e l'isola Polvese, la più grande, sul lato opposto, solo a qualche centinaio di metri dall'abitato di San Feliciano. Acque e cielo, lo stesso destino Acque e cielo appaiono uniti dallo stesso destino: uno specchio fragile nel quale sembra riflettersi tutta la grande bellezza dell'Umbria. “Sembra un uovo di pavoncella; ulivi grigi preziosi, delicati, freddo mare, verde con-
12 L’ambiente chiglia”. Così, nell'inverno del 1935, descrisse il Trasimeno nel suo diario la grande scrittrice inglese Virginia Woolf. Colori resi sempre nuovi dalla luce che dal cielo si riflette sulle acque: argentee al mattino, verdi, blu o rosa a seconda del sole e delle ore del giorno. Fino a rosseggiare d'estate, in tramonti che sembrano infiniti. Lo spettacolo ammalia ancora oggi il viaggiatore. Una emozione che si ripete ogni giorno. E che spesso si ha voglia di condividere, come scriveva in modo appassiona- to Goethe, nel suo “Viaggio in Italia”: “Il lago di Perugia offre uno spettacolo di grande bellezza. Mi struggo dal desiderio di avere al mio fianco qualcuno dei miei”. Lo scrittore di fiabe Hans Christian Andersen (1805-1875), che forse proprio sulle rive del lago, a Passignano, trovò ispirazione per la storia de “Il brutto anatroccolo”, rac- contò lo stupore di un Trasimeno “illuminato dalla sera, come oro fiammeggiante fra le montagne azzurre”. E aggiunse: "Dall'alto e al di là delle distese di uliveti, ammira- vamo lo stesso incantevole paesaggio che si rifletteva negli occhi di Raffaello come aveva fatto in quelli di Augusto...”.
L’ambiente 13 Il parco delle meraviglie Fragile e bellissimo, come un ricamo, è anche il Parco del lago Trasimeno, una delle zone umide più caratteristiche d’Europa per la presenza di specie botaniche, fauni- stiche ed ittiche di rilevante significato. La porta di questa meraviglia della natura è l'Oasi la Valle, a San Savino di Magione, accanto all'imbocco dell'emissario che porta fino al Tevere le acque in eccesso del lago. Un luogo privilegiato per studiare centinaia di specie migratorie: il rifugio di almeno 60mila uccelli di duecento specie diverse che qui si fermano a nidificare o svernare. Due terzi sono folaghe: quelle nere si riconoscono da una macchia caratteristica sulla fronte. Sembrano quasi passeggiare sulla superficie del lago, appena sopra le vaste praterie di piante acquatiche che crescono sui bassi fondali. Gli svassi nuotano veloci, poi si immergono per pescare. Insieme a loro, alzavole, moriglioni e germani
14 L’ambiente reali. Quando tira la tramontana, si concentrano nell'angolo sud est tra l'isola Polve- se e il promontorio di San Feliciano. Migliaia di esemplari di uccelli, si aggiungono ogni anno ai volatili che hanno scelto il loro stabile nido sulle rive del Trasimeno: morette, cavalieri d'Italia, aironi bianchi e cenerini e aironi rossi che nidificano tra i canneti. I cormorani si asciugano le ali al vento, sui margini dei canneti. Rapaci, come l'albanella minore e il biancone, cacciano d'estate. In autunno arrivano migliaia di storni e di rondini che si preparano alla migrazione annuale. Tra loro, anche qualche cicogna bianca insieme ai falchi pescatori. Molti passeriformi vengono marcati ogni anno con un anellino in una apposita stazione di inanellamento. Così si scopre che una cannaiola bigia che pesa meno di dodici grammi, sverna in Africa, a migliaia di chilometri dal cuore d'Italia. E che uno storno è arrivato fino in Russia, a duemila chi- lometri dal Trasimeno. Tanta meraviglia si può osservare con tutta la calma necessa- ria, grazie ad una struttura attrezzata per il birdwatching e le visite guidate, accessi- bili anche ai bambini in passeggino e alle persone diversamente abili.
L’ambiente 15 L’ambiente su misura Spiagge, campeggi, agriturismo. E piccoli, accoglienti hotel nei centri abitati. La vacanza sul lago riserva sorprese, non solo per gli amanti della vela, del windsurf e della canoa. Il Trasimeno si può scoprire a piedi, in una miriade di sentieri attrezzati, oppure a cavallo. E anche in bicicletta o in mountain bike lungo una affascinante pista ciclabile che compie il periplo del bacino o attraverso decine di itinerari che si snodano tra i paesi e le colline. C'è tempo anche per soste golose. Come quelle lungo la Strada dell'Olio Dop Colli del Trasimeno per gustare un olio che nasce da una culti- var particolare: la Dolce Agogia che, come spiega il nome, attenua la nota amara e insieme piccante degli altri eccellenti oli dell'Umbria. C’è anche il tempo per apprezzare una delle tipiche, numerose e caratteristiche manifestazioni che ogni anno vengono riproposte nell’area, come, per citarne alcu- ne, “Coloriamo i cieli” a Castiglione del Lago, “Congiura al Castello” a Magione, “Palio
16 L’ambiente delle Barche” a Passignano sul Trasimeno, “Ferragosto Toreggiano” a Tuoro sul Trasi- meno, “Palio dei Terzieri” a Città della Pieve, “la Corsa dei Carretti” a Paciano, “Fili in Trama” a Panicale, la “Sagra della Castagna” a Piegaro. Tanta bellezza non passa inosservata: negli ultimi anni decine di personaggi della cultura, della politica e dello spettacolo hanno scelto di vivere, almeno in alcuni periodi dell'anno su queste rive. A partire da George Lucas il produttore e regista americano, ideatore di Guerre Stellari e Indiana Jones, che ha comprato una villa sulla collina che domina Passignano. Fino a Mario Draghi, ex presidente della Bce che torna spesso a Città della Pieve, all'attore britannico Colin Firth, proprietario di un casale tra gli ulivi, e a Ed Sheeran, fenomeno della musica mondiale, innamorato di Paciano.
La storia
La storia 19 Foto 1 Personaggi, scorci, racconti I paesaggi del Perugino e di Raffaello Beato Angelico, Perugino, Raffaello, Leonardo: il paesaggio, reale o immaginario, del Trasimeno, ha percorso la storia dell'arte. La prima rappresentazione conosciuta del lago, secondo alcuni, compare nel 1430, nella predella di una Annunciazione del Beato Angelico destinata alla chiesa di San Domenico di Cortona: un trionfo di ariose colline quasi a corona delle acque e immerse in una nebbia leggera. Un altro, realistico panorama del Trasimeno, visto dal valico di Monte Colognola, emerge sullo sfondo di un affresco di Fiorenzo di Lorenzo, datato 1488 e conservato tra le tante meraviglie della Galleria Nazionale dell’Umbria. Il più importante e conosciuto tra i “figli del lago” è però Pietro Vannucci, detto “Il Perugino”. Il suo Trasimeno è una visione, idealizzata in altri lontani e sognanti paesaggi lacustri, come appare nel dipinto “L’ Adorazione dei Magi” (1504) che si può visitare nell'Oratorio di Santa Maria dei Bianchi di Città della Pieve (foto 1). Nel duomo di Città della Pieve, sua città natale, c'è anche un “Battesimo di Cristo" e una "Madonna in Gloria e Santi" insieme alla "Deposizione dalla Croce" esposta nella bella chiesa di Santa Maria dei Servi. Fontignano conserva invece un'altra “Madonna con Bambino”, dipinta nel 1522, appena un anno prima della morte. Panicale offre agli amanti dell'arte un altro suo capolavoro, “Il Martirio di San Sebastiano” (1505) con il martire che riceve le frecce quasi in estasi, con lo sguardo in cerca di Dio benedicente. Questa è l'Umbria, una terra dove ogni piccola chiesa è un tassello sorprendente e segreto di un grande museo diffuso. A Paciano, Francesco da Castel della Pieve, primo maestro del Perugino, dipinse nel 1452 una grande ed espressiva Crocifissione. Passeggiando tra i piccoli centri abitati si può scoprire anche l'arte di Giovan Battista Caporali (Perugia 1496- 1560), allievo di Pietro Vannucci e del Signorelli. Non solo pittore ma anche
20 La storia architetto. Nel Santuario di Castel Rigone dipinse “ L' i n c o ro n a z i o n e d i M a r i a “. N e l l a c a p p e l l a dell'Ospedale di Castiglione del Lago si può scoprire il fascino intatto della sua “Madonna con la rosa“. La chiesa di San Michele Arcangelo di Panicale conserva “L’Adorazione dei Magi“. E a Paciano, sull'altare maggiore del tempio dedicato al Santissimo Salvatore, compare l'affresco “I l Salvatore tra San Pietro e San Giovanni Battista“. Ma nei primi anni del Cinquecento le rive del Trasimeno ispirarono anche il giovane Raffaello Sanzio, il “divin pittore” di Urbino. La conferma arriva se si osserva con cura il paesaggio di acque e di terre colto dall'alto del castello di Passignano che fa da sfondo alla “Madonna del Prato”, dipinta intorno al 1505 e ora esposta al Kunsthistorisches Museum di Vienna (foto 2). Un altro disegno di Raffaello, con uno scorcio del “laco de Peroscia” che appare tra le colline, fu utilizzato da Domenico Alfani, in una pala dedicata alla “Sacra Famiglia” che gli fu richiesta per l’altare maggiore della chiesa perugina di San Simone al Carmine e che il pittore, vissuto a cavallo tra il Quattrocento e il Cinquecento, realizzò in collaborazione con Pompeo di Anselmo. Lo specchio azzurro del Trasimeno circondato dai monti appare anche in altre due sue Foto 2 opere realizzate nel santuario della Madonna dei Miracoli di Castel Rigone, una “Visitazione” e un altro affresco sulla navata. Una veduta singolare del castello di Paciano si può invece ancora ammirare in una tavola della Galleria Nazionale dell’Umbria: sulla cornice spicca la prestigiosa firma di Luca Signorelli. Forse più che del grande pittore di Cortona, fu però opera della sua bottega. Colpisce il realismo della rappresentazione. Non è più un Trasimeno idealizzato: le barche e le colline fanno da sfondo ai pescatori che nel giorno della festa, liberi dal lavoro, festeggiano al suono di una cornamusa. Intorno al Trasimeno si specchia anche gran parte della produzione artistica di Niccolò Circignani detto il Pomarancio, vissuto nella seconda metà del Cinquecento: dipinse affreschi mitologici nelle vaste sale del Palazzo Ducale della Corgna a Castiglion del Lago e
La storia 21 Foto 3 lasciò opere in quasi tutte le chiese di Città della Pieve. C'è la sua traccia d'artista anche nel vicino santuario di Mongiovino insieme a quelle di Arrigo Van den Broeck, Johannes Wraghe e Giovan Battista Lombardelli. Arte moderna a cielo aperto Un altro lago, mistico e futurista, è evocato nell'ossessione paesaggistica dell'aeropittura di Gerardo Dottori. Quando era già un maestro riconosciuto, l'artista perugino provò a spiegare questo amore, nato negli anni dell'infanzia e dell'adolescenza: “Fui così preso da questa visione splendida che non l’ho più dimenticata, e nella maggioranza dei miei quadri è entrato come protagonista o come elemento secondario ma sempre presente, il mio bel Trasimeno”. Trasimeno come centro di ogni sogno e ogni ricordo, ombelico di ogni ispirazione: la passione di Gerardo Dottori si ritrova ancora nel ciclo di affreschi nella Sala del Consiglio nel Palazzo Comunale di Magione (foto 3), davanti alla famosa tavola raffigurante l’incontro tra Fra’ Giovanni da Pian di Carpine e il Gran Khan dei Mongoli. E in altre opere mirabili degli Anni Quaranta del Novecento: nella chiesa di San Cristoforo a Monte Sperello, con il dipinto dedicato al santo; dentro Santa Maria Annunziata a
22 La storia Montecolognola, con la cappella di Santa Lucia interamente affrescata. E nei dipinti a tema religioso nella chiesa magionese di San Giovanni Battista. Fino all'imponente dipinto murale di 84 mq realizzato a Tuoro, sulla superficie del catino absidale della Chiesa di Santa Maria Maddalena. Lo stesso Dottori considerò “La conversione della Maddalena” come il suo capolavoro: la scena della peccatrice redenta è collocata su un grande terrazzo da cui si domina il lago sottostante. Il percorso d'arte continua a Punta Navaccia di Tuoro in un museo particolare, nato all'aria aperta: Campo del Sole (foto 4). In un’area destinata a “verde pubblico attrez- zato”, proprio dove si aspettano i traghetti per le isole del lago, 28 artisti, di genera- zioni e paesi diversi, hanno esposto le loro opere: grandi colonne, in pietra serena, alte circa 4,5 metri per un diametro che varia tra i 70 e gli 80 cm, realizzate intorno a un monumento in arenaria scolpito da Pietro Cascella. Il cammino, a spirale, ricorda il “circolo di pietra” del sito neolitico inglese di Stonehenge. Così, nella quiete del lago, si passeggia in un luogo della memoria, tra alte colonne di “ricordo e meditazione”. Foto 4
La storia 23 Annibale e le altre storie La battaglia di Annibale. Il Trasimeno è un luogo dove ogni memoria sembra rie- mergere. A Villastrada, nei pressi di Castiglione del Lago, un gigantesco albero di ulivo di 2500 anni di età, è il muto testimone di grandi e piccole storie. L'ulivo millenario fu piantato intorno al V secolo avanti Cristo. Il tronco, tortuoso e imponente, misura più di 12 metri di circonferenza. E domina con la sua presenza gli altri alberi centenari, disposti tutt'attorno, quasi a volergli rendere omaggio. La pianta secolare aveva già salde radici all'alba del 21 giugno del 217 a.C. quando a pochi chilometri di distanza, sulle colline di Sanguineto di Tuoro, Anniba- le, condottiero cartaginese, annientò l'esercito di Roma nella memorabile battaglia del Trasimeno. Nacque allora, tra quei fumi e nel crepitio dei fuochi, il mito di Annibale, il geniale ed enigmatico condottiero che una quindicina di anni dopo fu comunque costretto ad arrendersi alla potenza di Roma. Oggi i turisti possono rivivere il “Percorso storico- archeologico della Battaglia del Trasimeno” (foto 5) in tredici aree di sosta che ricostruiscono quello scontro Foto 5 epocale e le intere vicende della seconda guerra puni- ca nell'affascinante scenario di un vero e proprio museo all'aperto. Nel Centro di Documentazione di Tuoro, vengono presentate, gra- zie agli ultimi studi geografici-storici e geofisici sul lago Trasimeno e ad un accurato studio delle fonti, dati scientifici che consentono di chiarire quale fu lo svolgimento e il teatro della battaglia. Vengono utilizzati allo scopo plastici, ricostruzioni video, filmati. E ogni anno, nel mese di agosto, cortei storici e rappresentazioni teatrali ricordano l'evento. Favolosi personaggi. Storie antiche, che il tempo non ha cancellato. Nemmeno nei nomi dei luoghi. Basta volgere lo sguardo a Castel Rigone, adagiato sulla cima del vicino Monterone, quasi a montare la guardia al panorama che abbraccia il grande lago. È l'antico Castrum Rigonis, il castello del barbaro Rigo, il luogotenente di Totila, il re degli Ostrogoti: nel 543 d. C. fece del paese il suo rifugio quando assediò Perugia per sette lunghi anni, fino alla resa per fame della città e al martirio del santo vescovo
24 La storia Ercolano. Nella prima decade di agosto, ogni anno La Festa dei Barbari con il suo cor- teo storico, l'unico in Italia in costume gotico, rievoca la leggenda del feroce guerrie- ro che lo scorrere dei secoli ha reso familiare agli abitanti del paese. I segni della Storia riemergono anche seguendo le tracce dei signori della guerra: i capitani di ventura che nell'età medievale nacquero e trovarono rifugio tra Perugia e la Val di Chiana. Sulla facciata di un severo palazzo di Panicale sono ancora presenti gli stemmi di famiglia del terribile Boldrino: un gigante di più di due metri che pesava più di 130 kg, vissuto nella seconda metà del Trecento. Così amato dai suoi seguaci che anche dopo la morte, per tre anni, le sue soldatesche portarono in battaglia il cadavere imbalsamato dentro una bara. A Panicale, il pittore ottocentesco Marino Pier- vittori ha esaltato il momento di gloria del capitano di ventura nel sipario dipinto del piccolo ma splendido Teatro Caporali. Poco lontano, nel 1502, il Castello dei Cavalieri di Malta di Magione fu invece il teatro della celebre congiura contro Cesare Borgia detto il Valentino. Il complotto descritto da Niccolò Machiavelli ne “Il Principe” fu ordito dagli stessi capitani e alleati del figlio del papa. La ven- detta del duca fu spietata: i congiurati vennero strango- lati o costretti all'esilio. Foto 6 A Castiglione del Lago e Città della Pieve, due maestosi palazzi progettati dall’architetto Galeazzo Alessi ricordano la figura di un altro formi- dabile guerriero: Ascanio della Corgna (1514-1571). Splendidi affreschi del Poma- rancio (foto 6 ) narrano le gesta di quello che fu a lungo considerato il più famoso spa- daccino del Cinquecento. Molto più che un signore della guerra, anche se si gettò con foga in tutti i conflitti della sua epoca cambiando bandiera spesso e volentieri. Ascanio fu anche un architetto, un raffinato umanista e mecenate. Ascanio ora è sepolto a Perugia, nella bella chiesa di San Francesco al Prato, proprio nei pressi della Porta Trasimena, costruita dagli Etruschi e aperta in direzione di quello che per secoli è stato ed è ancora oggi il “Laco de Peroscia”. Il giaciglio di San Francesco. È ancora vivo il ricordo del passaggio di San Francesco a Isola Maggiore. Nella biografia ufficiale del santo di Assisi, la “Vita Prima” di Tomma- so da Celano, è scritto: “Fece una quaresima in una isola del lago di Perugia, dove
La storia 25 digiunò 40 dì e 40 notti, e non mangiò più che un mezzo pane”. A ricordo dell'avvenimento vennero costruiti una chiesa e un convento e, su un masso, tuttora visibile, si narra ci siano le sue orme. Nei pressi di Castel Rigone si può ancora visitare una grande pietra che si dice sia stata il giaciglio del santo, seppure soltanto per una notte. A Laviano, un villaggio poco lontano da Castiglione del Lago, nel 1247 nacque invece Santa Margherita da Cortona, considerata la vera figlia spirituale di San Francesco. Il primo esploratore dell’impero dei mongoli. Un altro francescano, Giovanni da Pian del Carpine (l'attuale Magione) fu il primo europeo a visitare l'impero cinese e a descrivere gli usi dei Mongoli ben 27 anni prima del famoso viaggio di Marco Polo. Giovanni partì da Lione, in Francia, nel 1245 quando già aveva 65 anni. Dopo un viaggio durato due anni segnato da incredibili peripe- zie, consegnò al Gran Khan una lettera di papa Innocen- zo IV. Il resoconto della sua avventura aprì uno squarcio su un mondo lontanissimo e sconosciuto (foto 7 - Palaz- zo comunale di Magione). L’uomo che volava sulle acque. Meno nota è un'altra storia che ebbe il lago come teatro: quella del perugino Giovan Battista Danti, nato nel 1478, che sperimentò Foto 7 il volo umano librato prima di Leonardo da Vinci. Costruì grandi ali ferme con pelli, penne e ferri. Voleva sfruttare il favore del vento e le correnti ascensionali, come fanno oggi gli alianti o i deltaplani. La prima volta, assi- stito da un suo servitore, si lanciò da una altura dell'Isola Maggiore. Usava l’acqua del Trasimeno come pista di atterraggio. I suoi concittadini lo sopran- nominarono Dedalo, come il personaggio mitologico che accompagnava il volo del figlio Icaro. Ma Giovan Battista poi volò davvero, nel febbraio del 1498, davanti a una folla enorme, accorsa a Perugia per festeggiare il matrimonio di Pantasilea Baglioni con il celebre capitano di ventura Bartolomeo d'Alviano: imbracato nelle grandi ali di sua invenzione, volteggiò, per qualche minuto sui tetti della città dalla piazza centra- le della città fino alla Sapienza Nuova. Lo tradì la rottura della giuntura di un'ala: rovinò al suolo ma gli andò comunque bene. Si spezzò solo una gamba. Ma da allora rinunciò per sempre al suo sogno sovrumano.
26 La storia Storie d’amore tra le isole e le rive. Una passione oltre la morte fu quella che nel primo Novecento unì il nobile possidente on. Guido Pompilj, impegnato con tutte le sue forze contro chi voleva prosciugare il lago e sua moglie, la poetessa di origine armena Vittoria Aganoor, una donna dal fascino magnetico con amicizie nei circoli intellettuali di tutta Europa. Vittoria morì, stroncata da un male incurabile. E Guido, sopraffatto dal dolore, si uccise il giorno stesso della scomparsa dell'amatissima moglie. Di Vittoria rimangono appassionate lettere e poesie delicate. In suo onore, dal 1998 il Comune di Magione organizza il Festival delle Corrispondenze, dedicato agli scambi epistolari di uomini e donne che hanno fatto la storia. La meraviglia dei castelli Specchio d'acqua al confine di mondi vicini e diversi: Antichi Umbri, Etruschi, Roma- ni. Popoli nemici, ma destinati a mescolarsi fino a fondersi in una civiltà comune. Nel VI secolo le acque del grande lago distavano appena una manciata di chilometri Foto 8
La storia 27 dal cosiddetto “corridoio bizantino”, un territorio controllato dai Romani d'Oriente che attraversava le terre dei Longobardi tagliando in due parti la Penisola. La lunga e stretta striscia di terra univa due grandi capitali, Roma e Ravenna e assicurava i colle- gamenti tra il Tirreno e l'Adriatico. In quegli anni e lungo tutti i dieci secoli che chiamiamo Medioevo, il territorio peru- gino fu vegliato da più di duecento castelli. Molti svettano ancora, tra il verde delle colline e nel cuore dei piccoli centri abitati. Per scoprirli può bastare anche un giorno, dall'alba al tramonto: il percorso, cir- colare, costeggia il lago in senso ora- rio, seguendo l'orologio di storie che sembrano infinite. Si parte da Vaiano, vicino Castiglione del Lago, proprio sul crinale che sepa- ra la Valdichiana dall'Umbria. Da lì pas- sava l'unica strada di collegamento tra Chiusi e Cortona. Una terra a lungo contesa tra Siena e Perugia. E un confi- ne precario, da difendere e sorveglia- re. Così, l'una davanti all'altra, come duellanti di pietra, a un centinaio di metri di distanza, due torri doganali si fronteggiano ancora in aperta campa- gna. I senesi a mo' di sfida e per mostrare i muscoli chiamarono il loro Foto 9 fortino “Beccatiquesto”. A meno di un anno di distanza, i perugini risposero con la costruzione di un altro torrione, chiama- to, per ripicca “Beccatiquestaltro”. La sfida silenziosa tra le due torri trecentesche sem- bra continuare ancora oggi. Una storia singolare, immortalata anche da Leonardo da Vinci nella “Veduta a volo d’uccello della Valdichiana”, una mappa disegnata fra il 1502 ed il 1503 e ora conser- vata negli archivi della Royal Library del castello di Windsor. A Castiglione del Lago, sul promontorio calcareo che anticamente costituiva la quarta isola del Trasimeno, è rimasta pressoché intatta la Rocca del Leone con le sue imponenti torri angolari, le tre porte del castello (Fiorentina, Senese e Perugina) e il mastio centrale a forma di triangolo, alto più di 20 metri. Un camminamento (foto 8) collega ancora il castello con il rinascimentale Palazzo dei Duchi della Corgna, oggi sede del Comune.
28 La storia A pochi chilometri, su una altura ad occidente di Tuoro, tra gli ulivi e in posizione dominante, appare l'intatta cinta muraria della fortezza di Montegualandro. La stra- da che costeggia il lago conduce in fretta su un'altra altura: la fatica dell'ascesa è però ripagata dallo spettacolare panorama e dalla visione curiosa della millenaria torre di Vernazzano, che pende su un burrone, così inclinata che sembra precipitare nel vuoto. Di fronte, lo sguardo del viaggiatore corre all'Isola Maggiore e al castello Guglielmi (foto 9), il sogno neogotico di un marchese che sul finire dell'Ottocento volle edificare sui resti di un convento e di una chiesa francescana una costruzione fiabesca ispirata al castello di Neuschwanstein di re Ludwig II di Baviera. Il maniero porta ancora il nome di Villa Isabella, pegno romantico dell'amore di Guglielmi per la sua giovane moglie. A Passignano, passaggio obbligato fra Perugia e Arezzo, una poderosa fortezza lon- gobarda sovrasta ancora il centro storico (foto 10). Dal terrazzo posto in cima alla Torre della Rocca il panorama del lago è abbagliante. Sotto e tutto intorno, viuzze, ripide scalinate, altre torri, due porte ogivali e i resti di altri due castelli con la bella Torre dell'Orologio proprio al centro del paese. Il viaggio nel tempo continua davanti alla torre mozza di Torricella, alla superba Foto 10
La storia 29 Foto 11 rocca di Montecolognola e a Castel Rigone, posto all'incrocio cruciale di tre vallate: Trasimeno, Tevere e Niccone. A Magione, "La Badia", per secoli casa e luogo di sosta di papi, principi e sovrani, ha finito per dare il nome al borgo di Pian di Carpine: il castello dei Cavalieri di Malta in origine era solo un ospizio, utile al ristoro dei pellegrini medievali diretti a Roma o in Terrasanta attraverso la via Francigena. All'inizio del Duecento vi si insediarono i Cavalieri Templari. Nel Quattrocento fu ricostruito per intero. Con la sua rocca a pian- ta quadrata, i torrioni circolari e un cortile interno a logge sovrapposte su tre lati, è ancora oggi uno dei castelli più belli dell'Umbria. Un'altra torre, alta trenta metri, quella dei Lambardi (foto 11), sovrasta il centro abitato: dall'alto si gode il meraviglio- so panorama di tutta la vallata. E si possono avvistare altri palazzi, da Monte del Lago, antico villaggio di pescatori arroccato su una collina, fino alla rocca delle cinque torri dell'Isola Polvese. Sulla strada che porta a San Feliciano appaiono le fascinose rovine del castello di Zocco, edificato su un convento del Duecento. Insieme alla Rocca del Leone di Casti- glione del Lago era considerato il più importante castello del Trasimeno. I perugini lo fortificarono nel Quattrocento. Della struttura originale resta ben poco: alcuni tor- rioni, la porta ogivale e la cappella adibita a fienile. Poco oltre, appare l'alta torre
30 La storia triangolare della fortezza di San Savino, un paese cresciuto intorno all'anno Mille vicino a un monastero. Il nostro “tour dei castelli” si conclude pochi chilometri oltre, davanti la Badia di Sant'Arcangelo, per secoli proprietà del potente monastero perugino di San Pie- tro. Nel XV secolo briganti e malandrini fecero del paese un rifugio serale per le loro scorribande intorno a una locanda chiamata, non a caso, Hosteriaccia. Ma poi il centro abitato rifiorì grazie a dei migranti del nord Europa che reduci da un Giu- bileo, decisero di fermarsi a vivere sulle rive del lago per coltivare fertilissimi terre- ni che erano stati abbandonati. La cintura delle torri Le antiche torri riemergono nell'anfiteatro naturale disegnato dalle colline. Domina- no la pianura sottostante da alture una volta strategiche: Monte Ruffiano, Monte Città di Fallera, Mongiovino, Montalera, Monte Melino, Monte Sperello. A sud, intor- no alla strada tra Perugia e Città della Pieve, un'altra cintura di rocche avvolge il gran- de lago: la fortezza longobarda di Gaiche; l'elegante Castiglion Fosco, a guardia della Valle del Nestore; il piccolo borgo fortificato di Oro; Greppolischieto, maniero dell'anno Mille; l’abbazia di S. Benedetto a Pietrafitta o “dei Sette Frati” per via di sette martiri figli di Santa Felicita e poi il paese medievale di Cibottola con la cinta muraria quasi intatta e un misterioso cunicolo lungo mezzo chilometro che dal cuore della fortezza fuoriesce a metà di una collina. Tra boschi, vigne e oliveti una volta svettava sicuro anche il castello di Piegaro, il borgo dei mastri vetrai del duomo di Orvieto. La vicina Paciano è abbellita ancora da splendidi torrioni uniti da seicento metri di mura insieme alla Torre d'Orlando che fa ancora da sentinella alla strada che porta fino alla severa fortezza di Panicale. Un'altra ripidissima salita conduce alla piccola collina di Agello, paese natale di San Pietro Vincioli, l'abate, fondatore del monastero benedettino di Perugia che ancora porta il suo nome. Un proverbio contadino recita: “Agello brutto si vede dappertut- to”. Dall'alto del torrione trecentesco, a 30 km in linea d'aria dal capoluogo, grazie ai segnali dei fuochi, il capoluogo poteva controllare un territorio strategico per la sua economia. Castrum Agelli, “granaio di Perugia”, per via delle sue ricche campagne.
La tradizione della pesca
La tradizione della pesca 33 Le tecniche di pesca Pescare nell’antichità La pesca in questo grande lago ad acque basse ha profonde e solide radici. La navigazione con imbarcazioni scavate su tronchi d’albero è documentata già dal Neolitico antico, VI millennio a.C.. Sempre al Neolitico si riferiscono i tre piccoli ami in selce di pregevole fattura rinvenuti nel corso dell’Ottocento, che sono custoditi al Museo archeologico di Arezzo e al Rivers Museum di Oxford. Un amo doppio in rame, da ritenere un prototipo di strumenti poi realizzati in bronzo, tipici dell’età del bronzo finale (1200-1000 a.C.) nonché alcuni ami e un ago in bronzo di epoca romana, rinvenuti a seguito di scavi e dragaggi, sono custoditi presso il Museo della pesca e del Lago Trasimeno di S. Feliciano. La varietà delle forme dei pesi in terracotta, emersa a seguito di scavi e dragaggi lungo le rive del lago e delle isole, non ha uguali nelle zone umide italiane indagate. Questi manufatti venivano utilizzati per appesantire le reti da posta (forme ad anello, lenticolari, cilindriche, discoidali e a goccia) e quelle a strascico (forme cilindriche e trapezoidali). Al Trasimeno erano presenti pescatori professionisti già alla fine dell’età del bronzo quando si pescava utilizzando reti con pesi di fogge ormai standardizzate. La cristianizzazione e la pesca dei tori Durante il processo di cristianizzazione delle province romane maturarono cambia- menti nel regime alimentare della popolazione. Il consumo maggiore di pesce, con- centrato nel periodo quaresimale, rese necessario adottare nuove soluzioni. Già in epoca imperiale Oppiano ed Eliano, scrittori greci, segnalano l’utilizzo di fasci- ne di giunco e di canne, trattenute al fondo da grosse pietre, per attirare i pesci e pescarli poi lì attorno con la lenza. Al Trasimeno, nel corso dell’Alto Medioevo, ripren- dendo queste osservazioni, viene affinata una tecnica che dominerà l’economia peschereccia per molti secoli. Gli impianti, costruiti su fondali di pochi metri, a poche
34 La tradizione della pesca Foto 12 centinaia di metri dalle rive sottovento rispetto alla tramontana, sono costituiti da grandi cumuli subacquei di fascine di quercia, detti “tuori” o “tori” (foto 12). Il primo documento, in cui questa tecnica di pesca è menzionata, è un atto di dona- zione dell’ottobre 1074, data in cui la fase sperimentale è da tempo superata ed i “to- ri” hanno già dimensioni considerevoli. La pesca iniziava il primo di novembre e si concludeva il sabato santo. I “tori” vengono disposti all’incrocio di rette ortogonali prese a vista incolonnando riferimenti sulla terraferma, per poter essere facilmente rinvenibili, essendo, come si è detto, completamente sommersi. All’interno di questi mucchi di fasci, negli anfratti tra le fronde, i pesci cercano riparo dai rigori dell’inverno. Catturarli richiede un’in- tera giornata di lavoro massacrante. L’equipaggio è composto da un capo barca e 8 uomini di fatica. Utilizzano un grande barcone da carico (la nave) e un’imbarcazione di stazza inferiore (il navigiolo). Rinvenuto il “toro” da pescare, i pescatori lo circonda- no con grandi reti di canapa a maglie molto strette appese, con dei ganci di ferro, ad
La tradizione della pesca 35 una palizzata circolare di pali infissi nel fondale. Fanno scendere il lembo inferiore della rete sul fondo del lago e con delle funi lo assicurano a una seconda palizzata costruita con lunghe pertiche all’interno della prima. A questo punto il “toro” è chiuso e gli uomi- ni tolgono dal fondo tutti i rami e le fascine. I pescatori spaventano i pesci per allontanarli dalla parte centra- le, tirano a sé le funi, sollevano fuori dall’acqua anche il lembo sommerso delle reti e lo agganciano ai pali interni. Si crea così una grande borsa circolare che con- tiene tutti i pesci. Ora occorre penetrare con la nave all’interno dello spazio d’acqua compreso tra le paliz- zate, raccogliere la rete, costringere il pesce in uno spazio sempre più ristretto e recuperarlo. L’età comunale e pontificia. Equilibrio tra sfruttamento e tutela delle risorse lacustri I “frutti delle acque del lago”, ovvero, i pesci, gli uccelli, le piante palustri…, garantivano introiti notevoli al bilancio del Comune di Perugia prima e dello Stato Pontificio poi. Nella Fontana Maggiore (1276-1278) vediamo rap- presentate la “Signora del Chiugi” e la “Signora del Lago” (foto 13), i veri pilastri dell’economia della città medievale. La cura estrema dell’ambiente lacustre, Foto 13 compresi i boschi che lo cingono, le regole severe imposte dagli statuti e dagli atti di appalto (le cedole) garantiscono per secoli la pro- duttività di queste acque, regolando i tempi e i modi della pesca con pause tassative nei periodi di riproduzione e di primo accrescimento delle varie specie ittiche.
36 La tradizione della pesca Oltre alla pesca dei “tori” un’altra tecnica di cattura con impianti fissi, soprattutto delle anguille, è quella delle arèlle, documentata dalla seconda metà del sec. XIII. Il luogo eletto è l’insenatura sud-orientale del lago, la Valle, in cui sono presenti folti canneti. Un centinaio di concessionari, nei loro appezzamenti, tagliano ampi canali perpendicolari alla riva (i cainoni), dove dispongono, al riparo dal vento, in lunghe sequenze, labirinti di canne palustri intrecciate, che conducono il pesce in trappole coniche di rete di canapa (tofe d’arèlla e martavèlle). Nel corso del secondo decennio del sec. XV i livelli del lago crescono sensibilmente. Nel 1421-1422 viene realizzato un emissario per favorire il deflusso delle acque. Il cunicolo ha una portata ridotta, è pieno di curve e strettoie e non riesce a svolgere al meglio la sua funzione occludendosi continuamente. Pescare con i “tori” diventa difficile. I pali, le reti, i barconi, i mucchi di fascine…, vengono sovradimensionati e gli impianti, ridotti di numero, vengono avvicinati a riva. La pesca dei “tori” viene abbandonata dopo la grandissima piena conosciuta dal lago tra la fine del sec. XVI e l’inizio del XVII di cui resta un segno nell’abitato di Passignano. Per rispondere a queste difficoltà viene introdotta una nuova tecnica con impianti fissi dedicata alla cattura della specie più abbondante, la lasca. Della pesca dei pòrti dà notizia il letterato laghigiano Matteo dall’Isola Maggiore nel suo poema epico Trasimenide del 1537. Egli li descrive come strutture a forma di pettine, composte da corridoi d’acqua affiancati a corridoi di fascine di quercia ed erica dove il pesce sem- pre in inverno cerca riparo. I fasci sono contenuti da palizzate di tronchi e pietre. Il tutto è appoggiato a riva. Almeno a partire dalla seconda metà del Settecento l’impianto si evolve. Dalla strut- tura a pettine si passa ad un corridoio singolo, diviso in due porzioni. La parte più produttiva è il porto vero e proprio. Posto sui fondali più alti, viene pescato con i bar- coni e le grandi reti di canapa fornite dall’Amministrazione del Lago che ne riceve in cambio metà del pescato (foto 14). I grandi possidenti investono su queste strutture che rendono più di un podere.
La tradizione della pesca 37 Foto 14
38 La tradizione della pesca Almeno dalla prima metà del Quattrocento al Trasimeno si pesca con una grande rete a strascico, il górro. Viene tirata nei tratti di riva liberi dalla vegetazione, alla foce dei fossi. Coloro che a riva recuperano le funi si aiutano con un canto ritmato di cui si è tramandata la memoria (foto 15). Questa pesca è rimasta in uso fino agli anni Trenta del secolo scorso. Foto 15
La tradizione della pesca 39 I pescatori I pescatori hanno imparato a conoscere il lago, ad amarlo e a temerlo. Hanno appreso a leggere i segni premonitori del vento, come quelli del cambiamento del tempo; sanno costruire barche, navigare e orientarsi; hanno affinato tecniche di pesca che sfidano il tempo. La categoria dei pescatori di professione ha avuto un ruolo importante garantendo fino ad un recente passato un'accurata manutenzione delle sponde lacustri, zone elette per la riproduzione del pesce. Con il coraggio delle idee occorre oggi ripensare alla salute del Trasimeno come ad un investimento produttivo per aumentare la pescosità di queste acque e tenere insieme natura e cultura, tradizione, innovazione e sviluppo occupazionale. (E. Gambini) I borghi lacustri del Trasimeno sono sempre stati caratterizzati dalla pesca e dalla figura del pescatore: la pesca costituisce infatti l’identità stessa dei borghi, nati laddove questo antico mestiere assicurava il sostentamento di numerose famiglie. Ma spesso, specie a partire dalla seconda metà del novecento, la scelta non è stata dettata solo da motivi economici, ma dal voler inseguire una definita visione della vita, collegata al lavoro all’aria aperta, ma soprattutto alla libertà, al lavoro non sottoposto a regole e vincoli come quello subordinato. Ed è la passione per questo lavoro e per questa modalità di vita che fa superare tutte le fatiche, l’aleatorietà del reddito, la solitudine, la perenne competizione tra gli stessi pescatori e la continua sfida con gli elementi naturali come il vento, la pioggia e la nebbia. Una professione che continua, con ritmi e cadenze che sembrano scontrarsi con i moderni e frenetici stili di vita. Un comparto produttivo, infatti che, pur non avendo i numeri dei primi anni ’60 del novecento, in cui vi erano circa 500 pescatori professionisti, interessa circa 40 pescatori con un avvicinamento all’attività anche di giovani, non necessariamente figli di pescatori. Pescatore il cui ruolo, a motivo delle profonde conoscenze della natura del lago, acquisite o tramandate, e della mutata attenzione verso l’ambiente e la sostenibilità, si è evoluto diventando quello di vero custode e sorvegliante della salute del lago. Ma il ruolo e le vite dei pescatori sarebbero state più dure senza la presenza delle
40 La tradizione della pesca cooperative di pescatori, oggi quelle di San Feliciano e di Panicarola, vero punto di riferimen- to per chi voglia approfondire la conoscenza e le tradizioni del mondo della pesca nel lago Trasimeno. Nel 2018, la “Cooperativa Pescatori del Trasime- no” di San Feliciano ha festeggiato il suo 90° anni- versario ed in tale occasione è stato pubblicato un apposito ed interessante volume, edito da Morlacchi e scritto da Claudio Marinelli ed Ermanno Gambini, che, come intesta appunto la prefazione, è un vero spaccato sui “valori e il sapo- re di una storia” del lago. La Cooperativa Pescato- ri del Trasimeno lavora sul modello esemplare della filiera corta. Il pescato arriva freschissimo Foto 16 nel laboratorio di San Feliciano: in poche ore il pesce fresco viene eviscerato, raschia- to, filettato, se è il caso affumicato e quindi congelato e confezionato in recipienti ermetici prima di essere stoccato nei moderni magazzini. Dalla rete alla tavola, dal pescatore al consumatore. In poche ore. L'impresa dà lavoro, di fatto, a quasi duecen- to persone e ogni giorno mette in moto una economia circolare, “naturale” e sosteni- bile, alimentata dalla innovazione e dalla conoscenza dei prodotti. Grazie all’insostituibile ruolo delle cooperative il pesce del lago Trasimeno, ed il lago nel suo complesso, sta vivendo una fase di sviluppo e valorizzazione, migliorando di conseguenza le condizioni economiche e la qualità della vita dei pescatori ed offren- do ai giovani opportunità di lavoro. Cooperative quindi quali unici soggetti in grado di gestire non solo le varie operazioni di tipo burocratico ma, consapevoli del fatto che la pesca fa parte di una filiera più ampia e complessa, l’intero processo di moder- nizzazione di un settore che, pur non recidendo il suo legame con la tradizione, sta vivendo profonde trasformazioni. Quindi un ruolo fondamentale nell’evoluzione e nel riconoscimento del ruolo del pescatore del lago Trasimeno, non solo in termini di produttività ma anche in termini sociali quale categoria di sostegno nel campo dell’occupazione, dell’alimentazione, dell’ambiente, del turismo e della cultura. Al Museo della pesca e del Lago Trasimeno di San Feliciano (foto 16) è possibile cono- scere le caratteristiche geo-fisiche e geografico-storiche di questo antichissimo lago, insieme alla lingua e alla cultura materiale dei suoi pescatori, un vero spaccato del rapporto tra l’uomo ed il lago.
Il pesce del lago Trasimeno
Il pesce del lago Trasimeno 43 Pesce per papi, principi e popolani A San Feliciano fino a qualche decennio fa, al calar del sole, gli uomini, le donne e i bambi- ni ancora lavoravano per “strigà le réti”: lo strumento quotidiano del pescatore prendeva forma in fretta grazie alla canapa macerata sull'acqua e a “ l'aco”, l'apposito ago che insie- me allo “nnòlbo”, un pezzo di cannuccia, serviva a far sì che le maglie venissero tutte della stessa lunghezza. Con le altre piante palustri si costruivano le corde e le ceste dove, oggi come allora, al ritorno delle barche, guizzano ancora persici trota, latterini, persici reali, carpe, anguille, tinche e lucci. (F. Fioravanti) Sono molte le specie di pesce presenti nelle acque del Lago Trasimeno. Ma all’appello manca la lasca, scomparsa negli Anni Sessanta del Novecento. Eppure una volta era il pesce del lago per eccellenza. Pieno di lische ma facile da catturare. Una parola così presente nella vita di tutti i giorni da essere utilizzata in vari modi di dire del dialetto perugino. Ancora oggi, per descrivere di un tizio dai riflessi appannati, reduce da una sbornia o addirittura innamorato, a Perugia si dice: “C'ha ‘na lasca...”. Per descrivere un forte schiaffo o un cazzotto si dice anche "prendere una lasca". E dagli anni Settanta "la Lasca del Lago" è pure un famoso dolce alle mandorle, a forma di pesciolino, inventato dalla storica pasticciera perugina Carla Schucani. Nel Medioevo quintali di lasche invadevano i mercati del pesce di Perugia, dell'Umbria e della Toscana e arrivavano fino ad Ancona dove facevano concorrenza anche al pesce di mare. Il pesce serviva alle tavole degli umili ma anche agli intrighi della politica. Quello pre- giato veniva inviato dai priori, con regolarità ai cardinali, agli ambasciatori e ai pontefi- ci romani, interessati protettori della città di Perugia. Nel 1342, la pesca sul Trasimeno era stata regolamentata con precise disposizioni, riportate nel quarto libro dello Statuto del Comune di Perugia. Norme severe negava- no la pesca agli abitanti di Cortona, prevedevano il divieto di gettare le reti dal 1mag- gio al 29 settembre, precisi spazi di pesca per ogni paese, la presenza continua di guar- die per punire i trasgressori e la disposizione di ripopolare il lago, ogni anno, con 10.000 anguille. Anche perché le pregiate carni del pesce di lago, grasse e saporite,
44 Il pesce del lago Trasimeno venivano consumate in grandi quantità: cucinate allo spiedo, alla griglia o in umido, comparivano quasi ogni giorno, sia fresche che affumicate, sulle altolocate tavole di papi, principi, nobili e condottie- ri. Nei registri del convento della Santissima Annunziata, la chiesa del cuore dei fiorentini, annotazioni vergate agli inizi del Quattrocento, ci informano invece sugli acquisti di enormi partite di pregiate tinche del “lago di Perugia” per le cene lus- suose con le quali, ogni 25 marzo, veniva festeggiato il capodanno fiorentino. Per altre tavole, quelle popolari, sia a Peru- gia che nelle altre città dell'Italia centrale, il Trasimeno, grande e prezioso serbatoio di cibo, rappresentava una vera e propria assicurazione contro lo spettro della fame. Una scultura della meravigliosa Fontana Maggiore rappresenta la città come una matrona dallo sguardo fiero rivolto verso l'orizzonte: accanto ha una cornucopia, simbolo del grande potere economico e politico raggiunto da Perugia nella seconda metà del Due- cento. Ai suoi fianchi, i territori sottomessi: la signora di Chiusi che porta il grano e quel- la del Trasimeno, la "Domina laci" raffigurata nell'atto di offrire alla città le lasche e le tinche che mostra sul grembo. Fazio degli Umberti, nel Trecento, con i suoi versi, cantava la città operosa: "E traver- sammo per veder Perugia / Il suo contado un ricco lago serra /Il qual è si fornito di buon pescie / Ch’assai ne manda fuor de la sua terra". Pio V nel 1566 emanò un altro “Regolamento per il Lago” nel quale previde delle gabel- le per il pesce pescato ma esentò dalla tassa i frati minori di Isola Maggiore. Birri e gabellieri, i pubblici ufficiali incaricati delle riscossioni, inseguivano di continuo i tanti contrabbandieri. Una regola era tassativa: il pesce doveva essere inviato soltanto a Perugia per poi essere smerciato verso altre eventuali destinazioni. Ai Priori, signori della città, spettavano di diritto, ogni anno, 300 libbre di pesce, tra tinche e lucci. Il Tesoriere, alto magistrato perugino, riservava per sé altre 200 libbre di pescato. Trenta some al giorno arrivavano ogni giorno in città. Nel “mare di Perugia” ogni anno si pescavano più di 25mila quintali di pesce. Anche perché tra i quaranta giorni della Quaresima e gli altri giorni di vigilia, per almeno 120 giorni all'anno l'unica alternativa
Il pesce del lago Trasimeno 45 al digiuno era il consumo di pesce. Soma dopo soma, ogni giorno di mercato, il pesce del Trasimeno arrivava a Perugia. Un traffico ininterrotto: la cosiddetta “via del pesce” partiva da Porta Trasimena, una delle sette porte di accesso all'antica città etrusca, proprio all'inizio di Via dei Priori, appena sotto l'acropoli cittadina. L'originale arco a tutto sesto diventò ogivale nel XIV secolo. E in alto, oltre alla croce, sulla bella porta spuntò un sagittario vicino a una specie di mezzaluna: era il rilievo di una umile e spinosa lasca, omaggio imperituro al pesce tipico del Trasimeno. Così amato dai perugini da diventare quasi un simbolo della città, un patrimonio collettivo. La lasca identificava, “tout court” gli abitanti dell'Augusta Perusia. Gli esempi letterari non mancano. Sacchetti in un breve racconto del suo “Trecentonovelle” composto alla fine del XIV secolo, parla di un pittore, Buonamico di Cristoforo, detto Buffalmacco, che era stato incaricato dal governo di Perugia di dipingere l’immagine di S.Ercolano, patrono della città, su una parete di una piazza cittadina. I perugini criticavano l'eccessiva lentezza con la quale quell'artista forestiero portava avanti il lavoro. Così Buffalmacco pensò di vendicarsi delle offese nemmeno tanto vela- te e incoronò la figura del santo “non d’alloro, come i poeti, non di diadema, come i santi, non di corona d’oro, come li re”, ma con una ghirlanda di lasche, “delle maggiori che mai uscissino del lago”.
Il pesce del lago Trasimeno 47 Le specie ittiche Un insieme di saperi, un insieme di natura, cultura e tradizione, che, unitamente alla qualità delle acque, garantisce un prodotto di qualità, eccellente da gustare in abbi- namento con i vini doc e gli oli dop del territorio. Il lago Trasimeno, anche a motivo delle acque poco profonde e ricche di sali minerali, è, infatti, molto ricco di vita, sia animale sia vegetale. Per quanto concerne la fauna ittica, caratterizzata dalla presenza di specie indigene e non, con momenti di espansione di alcune specie e contrazioni/estinzioni di altre, si riportano alcuni dei protagonisti più eccellenti.
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