L'influenza dell'ossigeno in vinificazione e la tecnica della microssigenazione
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
L'influenza dell'ossigeno in vinificazione e la tecnica della microossigenazione Drius Denis Esame di Stato a.s 2013/2014 ISIS "Paolino d'Aquileia" Cividale del Friuli L'influenza dell'ossigeno in vinificazione e la tecnica della microssigenazione Drius Denis Cl.6°sez.E Corso sperimentale viticoltura ed enologia Discipline coinvolte: Enologia, Chimica, Microbiologia 1
L'influenza dell'ossigeno in vinificazione e la tecnica della microossigenazione Drius Denis Indice: INTRODUZIONE ______________________________________________________________ 3 1.0 OSSIGENO: GENERALITÀ __________________________________________________ 3 1.1 FATTORI E COMPOSTI CHE INFLUISCONO SULLA CAPACITÀ DI CONSUMO E DI SOLUBILIZZAZIONE DELL'OSSIGENO NEL VINO ________________________________________________________ 3 1.1.1 Influenza della composizione di un mosto o di un vino sul consumo di ossigeno. _____ 4 1.1.1 Influenza della composizione di un mosto o di un vino sul consumo di ossigeno ______ 4 1.1.2 Fattori che influenzano la solubilizzazione e il consumo di ossigeno nel vino ________ 5 1.1.3 Utilizzo di gas inerti per limitare l'arricchimento del mosto o del vino in ossigeno_____ 5 2.0 LE VIE DI CONSUMO DELL'OSSIGENO ______________________________________ 6 2.1 Via enzimatica di consumo dell'ossigeno ________________________________________ 6 2.2 Via microbiologica di consumo dell'ossigeno _____________________________________ 7 2.3 Via chimica di consumo dell'ossigeno ___________________________________________ 9 3.0 GESTIONE DELL'OSSIGENO: GENERALITÀ ________________________________ 10 4.0 LA TECNICA DELLA MICRO-OSSIGENAZIONE: GENERALITÀ_______________ 11 4.1 MACRO O MICRO -OSSIGENAZIONE ___________________________________________ 11 4.2 APPLICAZIONI DELLA MICROOSSIGENAZIONE ___________________________________ 12 4.2.1 Micro-ossigenazione in dose singola in fermentazione _________________________ 12 4.2.2 Microossigenazione per la stabilizzazione del colore dei vini rossi e la maturazione dei tannini____________________________________________________________________ 13 4.2.3Fase di estrazione: gestione dell'ossigenazione durante la macerazione dei vini rossi _________________________________________________________________________ 13 4.2.3.1 Generalità sulla macerazione __________________________________________ 14 4.2.3.2 Macroossigenazione in fase di estrazione ________________________________ 14 4.2.3.3 Macroossigenazione pre-fermentazione malolattica ________________________ 15 4.2.3.4 Microossigenazione post-fermentazione malolattica________________________ 16 4.2.4 Applicazione secondarie della microossigenazione __________________________ 17 4.2.4.1 Microossigenazione e correzione difetti di "vegetale"_______________________ 17 4.2.4.2 Microossigenazione e correzione degli stati di riduzione ____________________ 18 4.2.4.3 Microossigenazione nei vini bianchi ____________________________________ 19 4.2.4.4 Microossigenazione: affinamento "sur lies" ______________________________ 20 4.2.4.5 Microossigenazione e uso di legno alternativo alle barriques _________________ 21 4.3 I MICROOSSIGENATORI _____________________________________________________ 22 4.4 IL DOSAGGIO DELL'OSSIGENO ________________________________________________ 23 4.5 PARAMETRI DI CONTROLLO DELLA MICROOSSIGENAZIONE ________________________ 23 4.5.1 Parametri analitici ______________________________________________________ 24 4.5.2 Parametri Organolettici __________________________________________________ 25 4.5.3 Condizioni necessarie per la microossigenazione______________________________ 26 CONCLUSIONI _______________________________________________________________ 27 BIBLIOGRAFIA ______________________________________________________________ 29 2
L'influenza dell'ossigeno in vinificazione e la tecnica della microossigenazione Drius Denis Introduzione: L'ossigeno ha da sempre partecipato alla qualità del vino, determinando sia difetti (quali ossidazioni o imbrunimenti, l'insorgenza di malattie del vino dovute a microorganismi a metabolismo respiratorio quali batteri acetici o lieviti filmogeni della fioretta), sia miglioramenti qualitativi dati, per esempio, da una microossigenazione lenta e continua attraverso le botti di legno. Il primo a intuire l'influenza positiva dell'ossigeno sul vino fu Luis Pasteur che nel suo Etudes sur le vin del 1866 costata che l'ossigeno partecipa alla vita del vino nel bene e nel male, infatti l'ossigeno è causa dei principali difetti ossidativi e contemporaneamente partecipa all'eliminazione dei cattivi odori dal vino e alla riduzione dei sentori acerbi. Oggi l'influenza dell'ossigeno sulla vinificazione riveste notevole importanza e determina spesso i diversi stili di produzione di un vino, è cosi che per esempio è nata la tecnica dell'iperossigenazione oppure recentemente la tecnica dell'iperriduzione. Nell'ultimo decennio è nata anche la pratica della microossigenazione,allo scopo di dosare nel vino precise dosi di ossigeno, che può essere utilizzata in varie fasi del processo di vinificazione e che richiede un adeguata conoscenza dei processi chimici e microbiologici coinvolti per essere applicata al meglio. Di seguito verranno esposte le generalità sull'influenza dell'ossigeno in vinificazione, dei processi ossido-riduttivi che avvengono nel vino, ponendo attenzione ai fattori intrinseci ed estrinseci che partecipano sinergicamente all'ossigeno alla qualità finale del vino. Infine si tratterà la tecnica della microossigenazione sottolineando i diversi utilizzi e i vari parametri di controllo. 1.0 Ossigeno: Generalità La solubilità di un gas in un solvente con il quale non reagisce, ad una determinata temperatura, è proporzionale alla pressione parziale del gas che sovrasta la superficie di contatto con il liquido. Inoltre la solubilità di un gas diminuisce con l'aumentare della temperatura. Tuttavia la velocità di consumo dell'ossigeno in un vino (enzimatico, chimico o microbiologico) diminuisce al diminuire della temperatura. Quindi, quando un vino in affinamento viene lasciato a contatto con l'aria si ha la dissoluzione di ossigeno in quantità crescesti quanto più l'agitazione è intensa e prolungata e quanto più bassa è la temperatura. Successivamente quando il vino è posto nuovamente al riparo dall'aria l'ossigeno reagisce con i costituenti del vino e scompare tanto più velocemente quanto più il vino è ricco in molecole ossidabili e quanto più la temperatura è alta. La concentrazione di ossigeno disciolto in condizioni di saturazione in vino a 20 C° e a pressione atmosferica è di 8,3 mg/L. La presenza di altri gas disciolti del mezzo, di origine esogena o endogena (anidride carbonica, azoto o argon), riducono la solubilità dell'ossigeno in un vino. 1.1 Fattori e composti che influiscono sulla capacità di consumo e di solubilizzazione dell'ossigeno nel vino Il mosto ed il vino contengono numerosi composti che influiscono sulla capacità di consumo dell'ossigeno da parte di un vino. Vivas (1999) ha dimostrato che sono i composti polifenolici i maggiori responsabili del consumo chimico di ossigeno in un vino, sopratutto quelli poco condensati a basso peso molecolare, che sono i più reattivi. In effetti il consumo di ossigeno in un vino rosso è superiore rispetto al consumo di ossigeno dei vini bianchi anche se in questi ultimi vini il tempo per raggiungere la concentrazione di saturazione è inferiore. Inoltre sono innumerevoli, come specificato precedentemente, i fattori fisici e ambientali che influenzano il consumo di ossigeno e la sua solubilizzazione in un vino. 3
L'influenza dell'ossigeno in vinificazione e la tecnica della microossigenazione Drius Denis 1.1.1 Influenza della composizione di un mosto o di un vino sul consumo di ossigeno Il consumo dell'ossigeno ad opera dell'anidride solforosa procede secondo la seguente reazione: SO2 +1/2 O2 →SO3 L'anidride solforosa protegge quindi il vino dalle ossidazione ossidandosi a sua volta. Questa reazione risulta lenta e necessiterebbe di catalizzatori quali ioni ferro o rame. Infatti come dimostrato da Ribereau Gayon (1974) l'attività antiossidante dell'anidride solforosa in vinificazione (fasi pre-fermentative) è piuttosto poco rilevante, mentre riveste fondamentale importanza nella prevenzione delle ossidazioni durante le fasi di conservazione. La limitazione del consumo di ossigeno da parte del mosto dovuto all'aggiunta di anidride solforosa nelle prime fasi di vinificazione è invece dovuto all'attività antiossidasica dell'anidride solforosa stessa. Quest'ultima infatti protegge il mosto dalle ossidazioni distruggendo gli enzimi ossidasici quali la laccasi e la tirosinasi. Si ricorda inoltre che le ossidazioni enzimatiche sono più veloci delle ossidazioni chimiche ed è per questo che le ossidazioni enzimatiche sono le più importanti nelle prime fasi della vinificazione. Al contrario durante l'affinamento sono le ossidazioni chimiche a svolgere il ruolo più importante ed è in queste fasi che la solforosa esplica la sua attività antiossidante. Inoltre e stato dimostrato da Vivas che l'anidride solforosa influisce poco sulla capacità di consumo dell'ossigeno da parte di un vino rosso, mentre influisce in maggior misura sul consumo di ossigeno da parte dei vini bianchi. Il glutatione è una molecola fortemente riducente relativamente molto presente nelle uve. Questa molecola riveste notevole importanza nell'interruzione delle catene di ossidazione dei composti fenolici innescate dalle polifenolossidasi, infatti questa molecola funge da "cattura chinoni", ovvero si combina ai chinoni dell'acido caftarico impedendo a questi composti molto reattivi di ossidare ulteriormente altri composti fenolici. Questa reazione porta alla produzione di GRP (Grape Reaction Product o acido s-glutationilcaftarico) che non ha colorazione bruna. Pertanto finché i tenori in glutatione in un mosto sono elevati, il consumo di ossigeno da parte del mosto non comporterà un accumulo di chinoni che imbruniscono il mosto. Il GRP si presenta stabile nei confronti della tirosinasi, ma può essere ossidabile dalla laccasi. Inoltre elevate concentrazioni di ossigeno possono comportare l'ossidazione chimica del GRP a GRP2 (colorazione bruna). Tuttavia questa ossidazione chimica è più lenta rispetto all'ossidazione enzimatica dovuta alla laccasi. Il rapporto acidi cinnamici/glutatione riveste quindi considerevole importanza nella gestione del ossigeno delle fasi pre-fermentative della vinificazione. Il ferro e il rame sono catalizzatori delle reazioni di ossidazione, pertanto una loro aggiunta comporta un aumento del consumo di ossigeno in un mosto o in un vino. L'acido ascorbico viene utilizzato in sinergia con l'anidride solforosa sia per limitare le ossidazioni enzimatiche sia quelle chimiche. L'acido ascorbico inoltre rappresenta un substrato della laccasi e si ossida evitando l'ossidazione degli acidi cinnamici. Inoltre l'acido ascorbico interviene anche nella limitazione delle ossidazione chimiche accelerando l'attività dell'anidride solforosa. 4
L'influenza dell'ossigeno in vinificazione e la tecnica della microossigenazione Drius Denis H2O2 + SO2 → H2O + SO3 → H2SO4 → 2H+ + SO4-- Fig.1 Reazione dell'acido ascorbico con l'ossigeno che libera acqua ossigenata. L'acqua ossigenata cosi liberata va a reagire con l'anidride solforosa: la sparizione dell'ossigeno è più veloce. L'acido ascorbico se non utilizzato con un adeguata dose di anidride solforosa può liberare acqua ossigenata dalla sua ossidazione, molecola che risulta molto più ossidante dell'ossigeno stesso. I composti fenolici sono i maggiori responsabili del consumo di ossigeno in un vino. Le catechine e le epicatechine possono aumentare la capacità di consumo dell'ossigeno fino a 2,5 volte quella iniziale, gli antociani possono aumentare la capacità di consumo di ossigeno fino a 4 volte quella inziale e infine i complessi tannino-antociano possono aumentare il consumo di ossigeno fino a 3,2 volte quella iniziale. 1.1.2 Fattori che influenzano la solubilizzazione e il consumo di ossigeno nel vino I principali fattori che influenzano la solubilizzazione e il consumo di ossigeno nel vino sono la temperatura e il pH. Al crescere della temperatura la solubilità dell'ossigeno e il suo tasso di saturazione nel vino diminuisce ma la velocità di consumo aumenta. In fase pre-fermentativa è comunque essenziale mantenere il mosto sotto una certa temperatura (es. 12°C) per limitare il consumo enzimatico (polifenolossidasi) di ossigeno a scapito delle sostanze polifenoliche del mosto. Il pH del vino influenza soprattutto il consumo enzimatico e chimico del vino. Nel primo caso l'influenza del pH è data dalla vicinanza al pH ottimale dell'enzima. La tirosinasi per esempio ha pH ottimale a 4.75, la laccasi invece è più attiva a pH del mosto. Mosti con pH più bassi sono meno suscettibili a queste ossidazioni enzimatiche. Per quanto riguarda il consumo chimico di ossigeno nel vino l'influenza del pH è data soprattutto dal fatto che le sostanze polifenoliche sono reattive con l'ossigeno soprattutto nella forma dissociata presente in maggiore misura soprattutto a pH alti (pH 8-9 per i flavonoidi) e alle loro caratteristiche acide. Il consumo chimico di ossigeno nel vino quindi aumenta all'aumentare del pH. Infine sono molte le operazioni che arricchiscono il vino in ossigeno, soprattutto i trasferimenti. Un travaso arricchisce il vino mediamente da 2 a 5 mg/L di ossigeno. Durante queste fasi il vino si arricchisce in ossigeno soprattutto all'inizio e alla fine dell'operazioni e quindi nelle fasi di discontinuità. Di conseguenza anche il volume di vino trattato è direttamente correlato al arricchimento in ossigeno. Essenziale è anche la turbolenza a cui è sottoposto il vino che incrementa l'ossigeno disciolto, allo scopo di ridurre questa turbolenza è consigliabile effettuare il trasferimento utilizzando in uscita la valvola inferiore del contenitore. Anche il tipo di pompa utilizzato per il trasferimento del vino influenza la solubilizzazione dell'ossigeno. Per limitare eccessivi apporti di ossigeno durante un travaso sono consigliate pompe di tipo monovite che causano una minore turbolenza del vino, mentre le pompe peggiori da questo punto di vista sono quelle di tipo centrifuga a causa della cavitazione che si forma a inizio e a fine pompaggio. Per ridurre questa cavitazione si può utilizzare dei variatori di frequenza (inverter). Anche l'affinamento in botti di legno provoca un arricchimento in ossigeno di cui il 16% attraverso il legno (a seconda dell'età della botte e della tua grana), il 63% tra una doga e l'altra e il 21% dal foro del cocchiume (circa 0,5 mg/L anno). La colmatura inoltre apporta sistematicamente un arricchimento in ossigeno medio di 1 mg/L circa. Altre fasi critiche sono la filtrazione, soprattutto la stabilizzazione tartarica a freddo (elevata solubilizzazione di ossigeno se non si utilizzano coperture a gas inerti) e infine il confezionamento. 1.1.3 Utilizzo di gas inerti per limitare l'arricchimento del mosto o del vino in ossigeno I gas utilizzabili a questo scopo sono l'anidride carbonica, l'azoto e l'argon. L'argon presenta una solubilità nel vino pari a 4 L/hL e a causa del suo elevato costo viene poco utilizzato nella pratica 5
L'influenza dell'ossigeno in vinificazione e la tecnica della microossigenazione Drius Denis enologica. L'anidride carbonica invece presenta una solubilità in vino pari a 107,2 L/hL e può quindi causare modifiche delle caratteristiche organolettiche di un vino, dannose soprattutto nel caso dei vini rossi. Il gas maggiormente utilizzato è l'azoto che presenta una solubilità in vino pari a 1,8 L/hL (inferiore a quella dell'ossigeno 3,6 L/hL). L'anidride carbonica grazie al suo maggior peso specifico rispetto all'ossigeno (e all'azoto) può essere utilizzata allo scopo di creare una sorta di strato protettivo tra la superficie del vino e l'atmosfera sovrastante. 2.0 Le vie di consumo dell'ossigeno L'ossigeno esplica la sua azione positiva o negativa sulla qualità finale del vino reagendo con i composti del vino secondo tre diverse vie d'accesso: via enzimatica, via microbiologica e la via chimica. Ognuna di queste vie di consumo dell'ossigeno predomina in determinate fasi della vinificazione. Solo in pochi casi si può avere la sinergica presenza delle diverse vie di consumo dell'ossigeno, per esempio nel affinamento "sur lies". Risulta importante conoscere queste vie per comprendere al meglio la gestione dell'ossigeno. 2.1 Via enzimatica di consumo dell'ossigeno Il consumo di ossigeno per via enzimatica avviene dal momento di raccolta dell' uva (all'interno dei contenitori), al momento di ricezione delle uve (diraspatura, pressatura ecc) fino all'inizio della fermentazione alcolica. Gli enzimi coinvolti solo le polifenolossidasi rappresentate dalla tirosinasi e dalla laccasi nel caso di uve affette da Botritys cinerea. I substrati preferenziali delle polifenolossidasi sono gli acidi cinnamici (contenuti nelle uve a bacca nera o bianca in misura pressoché equivalente, nel ordine dei 140 g/kg di uva). Gli acidi cinnamici maggiormente interessati sono l'acido caftarico e l'acido cutarico, rispettivamente esteri con l'acido tartarico del acido caffeico e cumarico. Le polifenolossidasi ossidano gli acidi cinnamici ai loro ortochinoni. Fig. 2: ossidazione enzimatica dell'acido caftarico, estere del acido caffeico con l'acido tartarico, al suo ortochinone di colore bruno, reazione catalizzata dalle polifenolossidasi L'ortochinone dell'acido caftarico è molto reattivo è può quindi ossidare altri composti meno facilmente ossidabili come le catechine e le procianidine portanti gruppi orto-di-fenolici ai loro rispettivi ortochinoni. In questo modo si instaura la catena di ossidazione dei polifenoli, questa catena può essere interrotta dal glutatione che si trasforma in GRP (grape reaction product). Finché vi è disponibilità di un antiossidante (glutatione, acido ascorbico) quindi la catena di ossidazione non procede oltre. 6
L'influenza dell'ossigeno in vinificazione e la tecnica della microossigenazione Drius Denis Fig.3: L'ortochinone dell' acido caftarico si riduce a sua volta ossidando il flavanolo avente un gruppo ortodifenolico sull'anello B alla sua forma ossidata di colore bruno 2.2 Via microbiologica di consumo dell'ossigeno La principale via microbiologica di consumo di ossigeno durante la vinificazione è rappresentata da Saccharomyces cerevisae, microorganismo eucariote agente della fermentazione alcolica. Saccharomyces cerevisae è in grado di attuare metabolismo sia respiratorio (aerobio) che fermentativo (anaerobio) ma visto che appartiene al gruppo dei microorganismi Crabtree positivi, nei quali il metabolismo respiratorio viene inibito da concentrazioni zuccherine superiori al 2%, in condizioni enologiche questo lievito è in grado di attuare solo il metabolismo fermentativo. Nonostante S. cerevisae attui un metabolismo anaerobio è stato dimostrato che il suo fabbisogno in ossigeno riveste un'importanza determinante per il buon andamento della fermentazione alcolica. Infatti l'ossigeno è essenziale per la sintesi, da parte del lievito, dei suoi fattori di sopravvivenza, acidi grassi costituenti dei fosfolipidi e steroli, che rappresentano i principali costituenti della membrana cellulare dei lieviti. Un tenore in acidi grassi insaturi e di steroli insufficiente determina una perdita di funzionalità della membrana cellulare causando così l'arresto di fermentazione, dovuta, ad esempio, dall'entrata dell'etanolo nel citoplasma della cellula. La molecola base nella sintesi dei composti lipidici in S.cerevisae è l'acetil CoA che può essere prodotto dalla piruvato deidrogenasi (solamente con metabolismo respiratorio, quindi non avviene), oppure tramite la decarbossilazione del piruvato ad acetaldeide che viene poi ossidato ad acido acetico e infine utilizzato per sintetizzare acetil CoA tramite due vie: una inibita dal glucosio e una responsabile della sintesi degli acidi grassi a lunga catena. L'acetil CoA viene poi utilizzato per la sintesi degli acidi grassi a lunga catena dopo la sua carbossilazione a malonil CoA (processo di elongazione della catena). La sintesi di acidi grassi insaturi a lunga catena richiede l'intervento di una desaturasi che è attiva solo in presenza di ossigeno. In assenza di ossigeno si ha quindi un accumulo acidi grassi saturi a lunga catena che causano l'inattivazione dell'enzima acido grasso sintetasi con conseguente accumulo di intermedi quali acido acetico e acidi grassi a media catena. Nella sintesi degli steroli l'acetil CoA viene utilizzato nella sintesi dello squalene che viene poi ciclicizzato a lanosterolo e successivamente a ergosterolo dall'enzima squalene epossidasi che necessita della presenza di ossigeno. In anaerobiosi si avrà quindi l'accumulo dello squalene. 7
L'influenza dell'ossigeno in vinificazione e la tecnica della microossigenazione Drius Denis Fig.4: Vie di sintesi dei composti lipidici in S. Cerevisae Si ricorda inoltre che anche le cellule non più attive di S. cerevisae che si depositano sul fondo del vinificatore a fermentazione conclusa sono in grado di consumare ossigeno probabilmente a causa della liberazione di ergosterolo in seguito all'autolisi dei lieviti che va poi incontro a processi ossidativi. Questa proprietà delle cellule non vitali di S. cerevisae riveste notevole importanza nell'affinamento "sur lies". I batteri lattici sono microorganismi anaerobi o aerobi facoltativi quindi un'eccessiva concentrazione in ossigeno può essere d'ostacolo al loro sviluppo. Tuttavia è stato dimostrato che la somministrazione di piccole dosi di ossigeno tramite la tecnica della microossigenazione può favorire la fermentazione malolattica. Nel corso della fermentazione malolattica la degradazione dell'acido malico non è influenzata dal contenuto in ossigeno, la degradazione dell'acido citrico che porta alla formazione di acido acetico e diacetile (responsabile del sentore "burroso") è invece influenzata dal contenuto in ossigeno. La gestione dell'ossigeno durante la fermentazione malolattica può essere dunque svolta a seconda che si voglia promuovere o inibire la produzione di diacetile. Generalmente durante la fermentazione malolattica gli apporti di ossigeno vengono interrotti. Anche altri microorganismi responsabili di deviazioni organolettiche nel vino sono responsabili del consumo microbiologico dell'ossigeno. Brettanomyces, responsabile del difetto di fenolico la cui principale molecola responsabile è il 4-etilfenolo (odore di scuderia), è favorito dalla presenza di ossigeno disciolto nel vino, tuttavia l'anaerobiosi non impedisce del tutto il suo sviluppo. Inoltre alcuni studi dimostrano che la pratica della microossigenazione non ne favorisce l'attività. Anche i lieviti filmogeni agenti della fioretta, che sono in grado di sviluppare una film bianco-grigiastro sulla superficie del vino, sono favoriti da condizioni di aerobiosi. Questi lieviti causano difetti di natura ossidativa. Per evitare il loro sviluppo si devono ridurre le condizioni di aerobiosi con l'utilizzo di gas inerti e di colmature oltre ad una adeguata pulizia di cantina. Infine anche i batteri acetici, microorganismi aerobi, che ossidano l'etanolo ed il glucosio ad acido acetico, sono favoriti da condizioni di aerobiosi. La loro attività è comunque dovuta soprattutto al livello di contaminazione. 8
L'influenza dell'ossigeno in vinificazione e la tecnica della microossigenazione Drius Denis 2.3 Via chimica di consumo dell'ossigeno Dato il maggiore consumo di ossigeno dei vini rossi rispetto ai vini bianchi risulta evidente che i principali composti coinvolti nel consumo chimico di ossigeno nel vino siano i composti polifenolici, e tra questi soprattutto gli ortodiidrossifenoli (ac. caffeico, ac. caftarico, le catechine ecc.). Altre molecole coinvolte nel consumo chimico di ossigeno nel vino sono i solfiti, l'acido ascorbico e l'etanolo che rivestono tuttavia importanza secondaria. Le reazioni tra ossigeno e composti fenolici avvengono solo dopo la loro attivazione: l'attivazione dell'ossigeno avviene tramite la fissazione su alcune sostanze chiamate autossidabili (Fe3+, Cu2+) dando perossidi instabili in grado di ossidare altre sostanze non direttamente ossidabili dall'ossigeno, l'attivazione dell'ortodifenolo è rappresentata invece dal radicale semichinonico formato a sua volta dall'ossidazione dello ione fenolato, presente in maggiore quantità al crescere del pH. Forma colorata (flavilio) - elettrofilo Forma incolore (emichetale) - nucleofilo Fig.5: Forme degli antociani in equilibrio in funzione del pH Dall'ossidazione di uno ione fenolato (nucleofilo) si ottiene quindi un radicale semichinonico estremamente instabile che porta subito alla formazione di un chinone. I chinoni così formati hanno una spiccata attitudine elettrofila, ovvero tendono ad ossidare altre sostanze nucleofile come i fenoli nucleofili (quindi riducenti), portando alla riformazione di nuovi ortodifenoli reattivi. L'ossidazione degli ortodifenoli a radicale semichinonico prima e ortochinone poi, inoltre porta alla formazione di radicali perossidi intermedi molto reattivi, come l'acqua ossigenata. L'acqua ossigenata così formata ha come substrato ossidabile preferenziale, in quanto presente in maggiore quantità, l'etanolo che viene ossidato ad aldeide acetica (etanale). L'acetaldeide così formata partecipa alle reazioni di condensazione antociani-flavanoli, antociani- antociani e flavanoli-flavanoli (tannini-tannini). La formazione di polimeri via acetaldeide (ponte etanale) avviene in seguito alla protonazione dell'acetaldeide, quindi alla formazione di un carbocatione che subisce un addizione nucleofila con una proantocianidina o un antociano nella sua forma incolore (forma emichetale). La molecola così formata subisce un'ulteriore protonazione e la perdita di una molecola d'acqua, portando alla formazione di un nuovo carbocatione che reagisce quindi con una molecola nucleofila (un tannino o un antociano) formando un dimero di due molecole fenoliche collegate tramite un ponte etanale. Fig.6: Dimero tra un antociano e un tannino mediante ponte etanale 9
L'influenza dell'ossigeno in vinificazione e la tecnica della microossigenazione Drius Denis Se questa polimerizzazione procede con molecole di tannini, il polimero, raggiunto una data dimensione, precipita, mentre nel momento in cui viene addizionata una molecola antocianica la catena di polimerizzazione si interrompe formando molecole colorate di maggiore stabilità e di colore malva. Esistono anche altri composti di reazione tra antociani e acetaldeide (o antociano e acido piruvico) che si formano da reazione di cicloaddizione degli antociani nella loro forma colorata di ione flavilio in posizione 4 con l'acetaldeide: sono i pirano-antociani, composti di colore giallo-arancio, stabili alla decolorazione con SO2 e alle variazioni di pH, sono responsabili del colore rosso dei vini sottoposti ad affinamento in bottiglia di almeno 6 anni, ma si formano anche durante la fermentazione contribuendo alla colorazione dei vini. Fig.7: Struttura generica delle forme pirano-antocianiche che si sviluppano nel corso dell'affinamento Sono possibili anche altre reazioni tra tannini e antociani che come le precedenti reazioni richiedono la presenza di ossigeno, è questo il caso in cui la molecola di antociano sia presente in forma flavilio (elettrofila) mentre i tannini si presentano in forma reattiva (tendenza nucleofila). Dalla reazione di queste due molecole si ottiene una molecola incolore che solo dopo essere stata riossidata assume un colore rosso. Questo tipo di reazione è molto lenta. Vi sono infine anche altre reazioni di condensazione tannini-antociani o tannini-tannini che non richiedono la presenza di ossigeno che porta alla progressiva scomparsa dei monomeri reattivi presenti. 3.0 Gestione dell'ossigeno: Generalità La gestione dell'ossigeno durante il processo di vinificazione si può suddividere in 3 fasi: una prima fase pre-fermentativa (per i vini bianchi), una seconda fase fermentativa che va fino ai momenti immediatamente successivi alla svinatura nei vini rossi e una fase di affinamento. Durante la fase pre-fermentativa ogni enologo può scegliere, a seconda degli obbiettivi ricercati, dalla tipologia di vino e dallo stato sanitario dell'uva, se procedere con una totale protezione del mosto dall'ossigeno mediante solforosa, acido ascorbico, gas inerti ecc. allo scopo di preservare tutto il potenziale aromatico delle uve oppure se procedere a una iper-ossigenazione del mosto allo scopo di eliminare la tirosinasi e tutti i substrati fenolici ossidabili presenti (solubilizzazione di circa 50 mg/L di ossigeno) o meglio ancora ricorrere ad un'ossigenazione gestita che si basa su una preliminare analisi delle sostanze fenoliche ossidabili utile per determinare il reale dosaggio di ossigeno necessario per ossidare solamente le sostanze fenoliche facilmente ossidabili. La vinificazione in iperossigenazione necessita per forza la vinificazione di uve aventi un'eccellente stato sanitario. Questa pratica spesso porta a vini troppo "piatti" o semplici. La tecnica dell'iper- riduzione spinta si presenta invece assolutamente positiva solamente per i mosti da uve Sauvignon Blanc, e per vinificazioni particolari, mentre per altre varietà la protezione spinta dei mosti dall'ossigeno non porta sempre a dei risultati migliori ad altre pratiche ed inoltre fornisce dei vini successivamente più soggetti a ossidazioni e a invecchiamenti precoci. La gestione dell'ossigeno durante la fase fermentativa differisce per scopo e dosaggi a seconda della vinificazione in bianco o in rosso. Nella vinificazione in bianco la presenza di ossigeno e la sua corretta gestione durante la fermentazione alcolica permette l'ottenimento di fermentazioni più regolari e complete oltre alla prevenzione dei fenomeni riduttivi. Nella vinificazione in rosso una corretta gestione dell'ossigeno durante la macerazione consente una maggiore stabilità del colore ed un ammorbidimento dei vini. Questa gestione è da sempre stata praticata mediante i rimontaggi all'aria. 10
L'influenza dell'ossigeno in vinificazione e la tecnica della microossigenazione Drius Denis Durante l'affinamento dei vini rossi un'ossigenazione continua e a dosi minime consente l'ottenimento di vini più stabili e morbidi. Da sempre questo risultato si è ottenuto con l'affinamento dei vini rossi in barrique. Infine anche per i vini bianchi affinati "sur lies" una corretta gestione dell'ossigeno risulta importante per evitare spiacevoli difetti riduttivi dovuti alla presenza delle fecce di lievito. Anche a questo scopo un determinante ruolo è stato svolto dalle botti di legno. La gestione dell'ossigeno in enologia è quindi sempre stata praticata mediante la gestione dei rimontaggi all'aria in fase di maturazione, la gestione dei travasi, l'affinamento in botti di legno di diversa grana o dimensioni e la gestione delle colmature nell'affinamento in botti di legno nelle diverse fasi del processo di vinificazione. Dall'affinamento dei vini in botti di legno si apprende che un apporto di ossigeno nel vino continuo e in dosaggi minimi ha effetti diversi e migliori rispetto ad un apporto istantaneo e violento come quello che si può ottenere mediante un travaso. Questa differenza si può spiegare con due spiegazioni. La prima è che con un accumulo violento di ossigeno nel vino oltre alle sostanze polifenoliche facilmente ossidabili vengono consumate anche altre molecole importanti per la qualità del vino, come alcune sostanze aromatiche e le stesse antocianine. La seconda spiegazione è che le reazioni di polimerizzazione tannini-antociani o tannini-tannini sono di carattere ciclico, ovvero per potere rigenerare un orto-difenolo ossidabile e necessario che il chinone precedentemente formatasi reagisca con una molecola fenolica ridotta: se l'apporto di ossigeno è troppo elevato tutti i substrati fenolici si ossidano e la catena di rigenerazione si interrompe. 4.0 La tecnica della micro-ossigenazione: Generalità La tecnica della micro-ossigenazione nasce in Francia durante gli anni '90 con gli studi dell'equipe di Michael Mountounet. La nascita di questa tecnica è dovuta alla necessità di potere riprodurre gli effetti benefici e stabilizzanti dell'affinamento in botti di rovere anche in vasche inerti. Con il progredire degli studi sulla tecnica della micro-ossigenazione questa tecnica si è arricchita di numerosi altri scopi come, per esempio, il dosaggio dell'ossigeno in fermentazione allo scopo di promuovere la sintesi di fattori di crescita essenziali per la buona funzionalità della membrana della cellula del lievito oppure il dosaggio di ossigeno in un vino allo scopo di riequilibrare il potenziale ossido-riduttivo per evitare difetti riduttivi. Il principio fondamentale di questa tecnica consiste nel dosare nel mosto o nel vino una precisa quantità di ossigeno tale da non superare mai la capacità di consumo degli stessi costituenti del vino. La dose di ossigeno da somministrare ad un certo vino non risponde a regole fisse ed è in funzione soprattutto delle caratteristiche intrinseche del vino e dalla fase del processo di vinificazione ma anche dal risultato ricercato, dal tempo disponibile e dagli obbiettivi di mercato. Questa tecnica per essere correttamente applicata necessità un'approfondita conoscenza dei meccanismi coinvolti (descritti sinteticamente nei precedenti paragrafi) e del vino soggetto al trattamento, ovvero della sua composizione, del contenuto di ossigeno già disciolto e dei trattamenti che il vino ha già subito in precedenza senza dimenticare i trattamenti che subirà in futuro (travasi, stabilizzazioni a freddo che arricchiscono il vino in ossigeno). 4.1 Macro o Micro -ossigenazione Il micro-ossigenatore è in grado di dosare l'ossigeno in modo istantaneo o in modo continuo, a seconda del momento in cui deve essere utilizzato. Si distinguono quindi l'ossigenazione in dose singola, la macro-ossigenazione e la micro- ossigenazione. L'ossigenazione in dose singola consiste in un dosaggio puntuale che avviene, per esempio nell'arco di un ora (mg/L/h), questa trova applicazione durante la fase fermentativa dove il fabbisogno dei lieviti e nell'ordine dei 5-10 mg/L. La macro-ossigenazione invece consiste in un ossigenazione continua che avviene nell'arco di una giornata, nell'ordine dei mg/L/giorno, che trova applicazione soprattutto durante le fasi di macerazione fino ai momenti immediatamente successivi alla svinatura nei vini rossi. Infine la microossigenazione consiste in un dosaggio minimo e 11
L'influenza dell'ossigeno in vinificazione e la tecnica della microossigenazione Drius Denis continuo che avviene nell'arco di un mese (mg/L/mese) che trova invece applicazione durante le fasi di affinamento quando il fabbisogno di ossigeno del vino e relativamente limitato. Tuttavia spesso la tecnica della micro-ossigenazione, della macro-ossigenazione e dell'ossigenazione in dose singola vengono convenzionalmente indicate nel loro complesso come tecnica della microossigenazione in quanto il micro-ossigenatore, lo strumento utilizzato a questo scopo, è generalmente dotato di tutte e tre le funzioni. 4.2 Applicazioni della microossigenazione 4.2.1 Micro-ossigenazione in dose singola in fermentazione La micro-ossigenazione viene applicata durante la fase fermentativa fondamentalmente per promuovere la sintesi dei fattori di sopravvivenza necessari per l'attività fermentativa, come gli acidi grassi insaturi e gli steroli che partecipano attivamente alla buona funzionalità della membrana cellulare e quindi ai meccanismi di trasporto attivi e passivi tra il citoplasma e il mezzo (paragrafo 2.2). Il dosaggio dell'ossigeno viene quindi effettuato in dose singola solitamente nell'ordine dei mg/L/h, ma può essere effettuata anche in mg/L/giorno (macro-ossigenazione). L'aggiunta di ossigeno in fermentazione deve essere effettuata quando la principale via di consumo dell'ossigeno è rappresentata dai lieviti, poiché se l'ossigeno venisse somministrato quando la principale via di consumo è ancora quella enzimatica (paragrafo 2.1), si potrebbero verificare arresti fermentativi o casse ossidasiche. Secondo lo studio di Jean Marie Sablayrolles il momento ottimale per la somministrazione di ossigeno in fermentazione coincide con il momento in cui sono stati consumati 1/4 degli zuccheri totali, che coincide con la fine della fase di crescita dei lieviti. Questo studio stima inoltre il fabbisogno dei lieviti tra i 5 mg/L e i 10 mg/L di ossigeno. Inoltre è stato dimostrato che anche la somministrazione di solo 1 mg/L migliora comunque la cinetica fermentativa. I lieviti secchi attivi (LSA) vengono prodotti in condizioni fortemente aerobiche e che quindi, in un primo momento, hanno già a disposizione una buona quantità di fattori di crescita (acidi grassi e steroli) localizzati nella membrana o come composti di riserva. Tuttavia con il procedere della fermentazione questi fattori di crescita di diluiscono progressivamente con il susseguirsi delle generazioni, comportando un non più adeguato tenore in fattori di crescita: In questo momento risulta fondamentale la somministrazione di un'adeguata concentrazione di ossigeno allo scopo di promuovere la sintesi di acidi grassi insaturi e steroli anche allo scopo di incrementare la resistenza all'etanolo che diventa in questa fase fondamentale (funzionalità delle membrana). Il dosaggio di ossigeno durante questa fase, nella vinificazione in bianco, è inoltre in funzione del grado di torbidità del mosto. Mosti torbidi (es. 250 NTU) necessitano dosaggi minori poiché il lievito può compensare la sua alimentazione lipidica mediante i residui vegetali. Tuttavia a torbidità superiori ai 250 NTU, l'eccesso di acidi grassi favorisce l'accumulo di metionolo, caratterizzato da un spiacevole sentore di cavolo cotto. Mosti troppo illimpiditi invece necessitano dosaggi maggiori poiché l'alimentazione lipidica risulta insufficiente e si potrebbero avere elevate produzioni di acido acetico conseguenti ad una fermentazione alcolica stentata e nel peggiori dei casi un arresto fermentativo. Con l'aggiunta contemporanea di ossigeno e azoto si possono ottenere ottimi risultati sulla velocità di fermentazioni. L'aggiunta di ossigeno va effettuata ad 1/4 della fermentazione, mentre l'aggiunta di azoto a 1/2 fermentazione. In alternativa ossigeno e azoto possono essere somministrati contemporaneamente a 1/2 fermentazione. In presenza di dosi di ossigeno reputate ottimali per una buona cinetica fermentativa (circa 7 mg/L) si avrà quindi una maggiore Fig. 8:Metionolo (3-metiltio-propan-1-olo): si forma per deaminazione, decarbossilazione e riduzione della metionina da parte dei lievito (via di Ehrlich) 12
L'influenza dell'ossigeno in vinificazione e la tecnica della microossigenazione Drius Denis produzione di acidi grassi e steroli con accumulo di ergosterolo. Somministrando invece dosi maggiori al mosto in fermentazione (37mg/L), una volta soddisfatto il fabbisogno di ossigeno per la sintesi di fattori di sopravvivenza , il lievito attiva meccanismi di ossidazione dell'ergosterolo e l'attivazione delle vie respiratorie. La somministrazione di ossigeno durante la fermentazione può influenzare anche le fasi successivi della vinificazione. Il consumo di ossigeno da parte delle fecce di lievito è stato attribuito principalmente all'ergosterolo, contenuto nelle membrane cellulari delle cellule in lisi, che secondo quando osservato da Fornairon et al (2003) diminuisce in presenza di ossigeno andando incontro a fenomeni ossidativi. Il consumo di ossigeno da parte delle cellule di lievito viene inoltre attribuito da Vivas (2007) alla presenza di composti azotati, amminoacidi solforati, peptidi e proteine stabili rilasciati in seguito ai processi di autolisi del lievito. Fornairon e altri autori hanno dimostrato che il consumo di ossigeno delle fecce fini di lievito durante l'affinamento sur lies è inversamente proporzionale all'aggiunta di ossigeno durante la fermentazione. Questo studio afferma quindi che somministrando ossigeno durante la fermentazione si potrebbe ridurre i rischi di riduzione frequenti durante l'affinamento sur lies soprattutto in contenitori ermetici quali le vasche in acciaio INOX. Tuttavia da un mio punto di vista personale tale affermazione non trova applicazione poiché questo fenomeno è stato verificato sulle fecce di lievito proveniente da una fermentazione alla quale sono stati addizionati ben 37 mg/L di ossigeno, condizioni ben lontane dalla reale pratica enologica, che portano all'ossidazione dell'ergosterolo con contemporaneo accumulo di lanosterolo. Questo minore consumo di ossigeno e sicuramente dovuta alla precedente ossidazione dell'ergosterolo, evidenziando che si è andati oltre al ottimale fabbisogno del lievito in ossigeno, causando sicuramente danni organolettici al vino soggetto alla sperimentazione. 4.2.2 Microossigenazione per la stabilizzazione del colore dei vini rossi e la maturazione dei tannini Ai fini di ottenere un vino rosso di qualità è di fondamentale importanza ottenere dalle uve il massimo della loro potenzialità qualitativa. A questo scopo si può dunque intervenire con la gestione dell'ossigenazione durante macerazione allo scopo di ottimizzare l'estrazione degli antociani e dei tannini dalla buccia, e durante le fasi immediatamente post-fermentative e di affinamento allo scopo di stabilizzare e conservare il corredo polifenolico del vino. La microssigenazione quindi trova applicazione in questo scopo sostituendo o integrando i tradizionali trattamenti attuati durante la fase di estrazione per gestire l'ossigeno che venivano attuati mediante travasi e rimontaggi all'aria che tuttavia non permettono una precisa quantificazione dell'ossigeno davvero disciolto nel vino. Di seguito verranno esposte tutte le applicazioni della pratica della microossigenazione allo scopo di estrarre e stabilizzare il colore dei vini rossi e di alleviare l'astringenza dei loro tannini, durante le diverse fasi del processo di vinificazione. 4.2.3 Fase di estrazione: gestione dell'ossigenazione durante la macerazione dei vini rossi Come abbiamo visto in precedenza nel paragrafo 2.2 l'ossigeno rientra in numerose reazioni che portano alla stabilizzazione della sostanza colorante. Durante la fase di estrazione quindi la gestione dell'ossigeno mediante rimontaggi all'aria o alla macro-ossigenazione risulta fondamentale a questo scopo. Tuttavia e necessario comprendere anche la cinetica della macerazione per potere applicare queste tecniche al meglio. 13
L'influenza dell'ossigeno in vinificazione e la tecnica della microossigenazione Drius Denis 4.2.3.1 Generalità sulla macerazione Durante la fase di estrazione sarebbe ottimale potere stabilizzare le sostanze coloranti man mano che esse vengono rilasciate dalle bucce al mezzo. Tuttavia questa condizione ideale risulta molto lontana dalla realtà in quanto durante la macerazione i diversi composti vengono rilasciati nel mezzo in momenti diversi. Gli antociani, per esempio, sono presenti nel mosto in quantità Fig.9:rappresentazione grafica dell'evoluzione dell'estrazione di aldeide acetica, antociani e tannini durante la macerazione massime durante i primi 8-10 giorni di macerazione (maggiore intensità colorante) poiché la loro estrazione non richiede la presenza dell'etanolo, questo momento non corrisponde con la massima ricchezza in tannini, quindi il rapporto tannini antociani di 1:4 ritenuto ottimale non è rispettato e verrà raggiunto solamente quando la concentrazione in antociani sarà in declino. La dissoluzione dei tannini avviene più tardi in quanto facilitata dalla presenza dell'etanolo. I primi ad essere estratti sono i tannini della buccia (morbidi ma amari se la maturazione delle uve non è completa), poi, previa eliminazione dei lipidi, quelli dei vinaccioli (più rugosi ma meno amari). Nemmeno l'aldeide acetica si ritrova nel mezzo in massima concentrazione nel momento in cui sarebbe più utile, infatti essa trova la sua massima concentrazione durante la fase di crescita esponenziale dei lieviti, durante i primi 4 -5 giorni di macerazione. Inoltre il momento di massima dissoluzione degli antociani nel mezzo si verifica quando la principale via di consumo dell'ossigeno è quella microbiologica dei lieviti ed in certi casi più spesso ancora quella enzimatica. In sintesi la stabilizzazione delle sostanze coloranti in fase di estrazione risulta difficile in quanto i diversi composti coinvolti (antociani, tannini, acetaldeide) si ritrovano in quantità massime in momenti diversi durante la macerazione. Una soluzione proposta da alcuni ricercatori consiste nel riequilibrare il rapporto tannini/antociani nel momento in cui la concentrazione in antociani è massima con l'apporto di tannini esogeni (tannini idrolizzabili a basso peso molecolare o tannini ellagici con ulteriore funzione per quanto riguarda la protezione dalle ossidazioni). 4.2.3.2 Macroossigenazione in fase di estrazione L'apporto di ossigeno durante questa fase deve tenere conto delle diverse vie di consumo dell'ossigeno. Risulta essenziale evitare ossidazioni quando il consumo enzimatico di ossigeno è ancora quello preponderante soprattutto nel caso si vinifichi uve affette da Botrytis cinerea che potrebbe portare ad una rilevante ossidazione delle sostanze coloranti. Inoltre durante le prime fasi gli antociani sono molto più presenti dei tannini e anche questo fattore può determinare, in seguito ad un'ossigenazione, l'ossidazione della materia colorante. La macroossigenazione avrà quindi inizio quando la principale via di consumo dell'ossigeno sarà rappresentata da quella microbiologica dei lieviti. Il momento in cui gli antociani e i tannini reattivi sono presenti in maggiore quantità coincide con la fermentazione. Bisognerà quindi considerare che del momento in cui i lieviti avranno degradato l'1/4 degli zuccheri presenti fino a metà fermentazione, essi consumeranno la maggior parte dell'ossigeno. Da questo momento in poi invece l'ossigeno sarà utilizzato prevalentemente per via 14
L'influenza dell'ossigeno in vinificazione e la tecnica della microossigenazione Drius Denis chimica per stabilizzare la sostanza colorante. Il dosaggio dell'ossigeno è quindi in funzione della tipologia di fermentazione. Con macerazioni brevi, dove la svinatura avviene in corrispondenza del contenuto massimo in antociani, prime della fine della fermentazione alcolica, l'ossigeno verrà consumato prevalentemente dai lieviti a seconda della fase fermentativa. In questo caso sarà d'obbligo riequilibrare il rapporto tannini/antociani con l'aggiunta di tannini esogeni e permettere una certa stabilizzazione della sostanza colorante che richiederà anche essa una parte dell'ossigeno apportato. Con macerazioni lunghe con svinature a fine fermentazione invece l'ossigeno verrà in un primo momento utilizzato prevalentemente dai lieviti e man mano che la fermentazione procede dalle reazioni di stabilizzazione del colore. Inoltre una parte dell'ossigeno verrà consumato anche dalle parti solidi presenti in sospensione nel mezzo. Infine in una macerazione lunga, con durata superiore alla fermentazione, il consumo di ossigeno da parte dei lieviti andrà esaurendosi con la fermentazione. Il consumo da parte delle parti solide e delle fecce di lievito rimarrà invece costante. I tannini e gli antociani potranno quindi avviare i meccanismi di stabilizzazione del colore mediante ponte etanale. Tuttavia in questa fase gli apporti di ossigeno potrebbero causare la comparsa di batteri acetici (acetobacter) sul cappello di vinacce, anche a causa dell'assenza dell'anidride carbonica che svolgeva un certo ruolo di protezione dall'ossigeno nel capello di vinacce, con importanti incrementi dell'acidità volatile. Il dosaggio di ossigeno durante la fase di estrazione avverrà in due momenti. Una prima macro ossigenazione, quando il mosto in fermentazione raggiunge i 6-7% alcolici (metà fermentazione) con 10-15 mg/L di ossigeno in dose singola o nell'arco di 4 ore. In questo caso 5-10 mg/L dell'ossigeno apportato saranno consumati dai lieviti e la quantità restante nelle reazioni di stabilizzazione del colore e dai solidi in sospensione. Un secondo intervento invece consisterebbe in 2-6 mg/L/giorno a fine fermentazione (circa 50 g/L di zuccheri residui) per soddisfare il fabbisogno delle reazioni di stabilizzazione del colore fino 5-6 giorni dopo la fine della fermentazione alcolica. Prima di procedere con questi dosaggi è comunque molto importante verificare il rapporto tannini/antociani ed eventualmente correggerlo a 4:1 e procedere eventualmente ad un analisi del quadro polifenolico totale. Si ricorda infine che bisogna considerare, prima di determinare il dosaggio, le operazioni precedenti che avrebbero potuto arricchire il vino in ossigeno, come i rimontaggi o travasi, procedendo eventualmente ad un analisi dell'ossigeno disciolto. Durante il dosaggio se si osservassero incrementi dell'acidità volatile e/o di microorganismi contaminanti, si dovrà procedere con l'immediata interruzione dell'ossigenazione e con la messa al riparo del vino dall'ossigeno. Infine prima di effettuare dei dosaggi è necessario verificare la cinetica fermentativa e tenere sotto controllo l'acetaldeide e l'acido acetico. 4.2.3.3 Macroossigenazione pre-fermentazione malolattica Per ottenere la massima stabilizzazione dei composti estratti durante la macerazione, la fase che intercorre tra la svinatura e l'inizio della fermentazione malolattica riveste un ruolo di determinante importanza e risulta dunque fondamentale la gestione dell'ossigeno al fine di promuovere le reazioni di stabilizzazione della sostanza colorante estratta con la pratica del travaso o della microossigenazione. Come specificato in precedenza le reazioni di stabilizzazione sono facilitate da un alto contenuto in tannini reattivi e antociani liberi che devono tuttavia essere presenti in un adeguato rapporto di 4/1. Anche durante questa fase tale rapporto va corretto con l'aggiunta di tannini esogeni nel caso in cui si sia dovuto, per esempio, procedere ad una macerazione breve a causa di uve botrytizzate. Gli altri composti che promuovono tale reazioni sono l'etanolo e l'aldeide acetica di cui una parte si è formata per ossidazione dell'etanolo e la restante dal metabolismo dei lieviti. Questa fase risulta determinante poiché non vi è una sostanziale presenza di solforosa che verrà aggiunta solamente a fine fermentazione malolattica. Questo fattore è importante perche l'anidride solforosa è fortemente reattiva con l'acetaldeide e può determinarne una suo consumo. Inoltre 15
L'influenza dell'ossigeno in vinificazione e la tecnica della microossigenazione Drius Denis elevati tenori possono precipitare gli antociani, bloccare la formazione di perossidi e riportare alcuni polifenoli ossidati nella loro forma ridotta determinando un arresto dei processi di stabilizzazione. Un gruppo di ricerca dell'Università di Auckland (Nuova Zelanda) ha infatti verificato l'influenza della microossigenazione sul profilo polifenolico e del colore dei vini su mosti aventi dosi crescenti di solforosa (da 0 a 200 mg/L) confermando che la solforosa determina un rallentamento progressivo delle reazioni di stabilizzazione del colore in funzione del suo dosaggio. La monitorazione della fermentazione malolattica è necessaria, infatti nel caso in cui fosse avviata la microossigenazione deve essere interrotta quando è stato consumato il 70 % dell'acido malico altrimenti si potrebbe promuovere la formazione di diacetile e acido acetico dalla degradazione dell'acido citrico che avviene nell'ultima fase della fermentazione malolattica (2.2). Nel caso in cui non vi sia la possibilità di monitorare la fermentazione malolattica può essere necessario interrompere il dosaggio di ossigeno fino alla sua conclusione. Interessante risulta l'utilizzo del lisozima allo scopo di ritardare la fermentazione malolattica (che verrà successivamente avviata con un inoculo di batteri selezionati) per ampliare questa fase del processo di vinificazione che risulta essenziale per la stabilizzazione dei composti polifenolici estratti senza dover ricorrere al uso di anidride solforosa. La dose da somministrare in questa fase dipende dalla varietà, dal stato di maturazione, dallo stato sanitario, dalla qualità delle uve, dalla torbidità del vino (presenza di lies di lievito), profilo polifenolico (tannini e antociani) e dall'obbiettivo enologico ricercato. La moltitudine dei fattori che influenzano il dosaggio sottolineano la necessità di avere una stretta conoscenza del vino da trattare. Nel caso in cui si voglia raggiungere solo la stabilità dei composti polifenolici senza apportare quindi una sostanziale modificazione organolettica si può intervenire con dosaggi variabili tra 0.5 e 2 mg/L/giorno per 4-5 giorni a seconda del profilo fenolico del vino (basso profilo fenolico: da 0,5 a 1 mg/L/giorno per 4-5 giorni; profilo fenolico elevato: 1-2 mg/L/giorno per 4-5 giorni). Nel caso si voglia invece intervenire, oltre che sulla stabilizzazione delle sostanze polifenoliche estratte, anche sulle caratteristiche organolettiche del vino migliorandole si può procedere con dosaggi compresi tra 1,5 e 4 mg/L/giorno per 7-10 giorni a seconda delle caratteristiche intrinseche del vino (vino con profilo fenolico basso 1,5 - 2 mg/L/giorno per 7-10 giorni, vino con profilo fenolico elevato da 2 a 4 mg/L giorno per 7-10 giorni) e dell'impatto organolettico ricercato. 4.2.3.4 Microossigenazione post-fermentazione malolattica L'affinamento in barrique dei grandi vini rossi fornisce al vino l'ossigeno necessario al suo elevage. In un vino rosso conservato in vasche in INOX il fabbisogno in ossigeno richiesto dalle reazioni di stabilizzazione della sostanza colorante e dell'ammorbidimento dei tannini non viene soddisfatto. Durante affinamento in vasche INOX l'unico strumento di dosaggio dell'ossigeno in passato era rappresentato dai travasi che tuttavia apportano una dose d'ossigeno troppo elevata (mediamente 4 mg/L) e in un arco di tempo troppo ristretto. Come detto in precedenza un'ossigenazione brusca ha risultati diversi e peggiori rispetto ad un'ossigenazione lenta e progressiva. Così è nata la necessità di avere a disposizione sistemi di dosaggio di ossigeno in grado di dosare l'ossigeno in dosi minime e in tempi lunghi: i micro ossigenatori. La loro applicazione in questa fase di elevage è stata facilitata dagli studi dei fenomeni dell'affinamento in barrique. Il fabbisogno d'ossigeno in questa fase dipende dalla presenza di lies di lievito (consumo di ossigeno), dalla varietà, dal grado di maturazione, dallo stato sanitario, dai metalli (Cu++, Fe+++) dal corredo polifenolico, dallo stato cromatico iniziale, dall'impatto enologico ricercato e dal tempo trascorso dalla fine della fermentazione malolattica. Infatti, più tempo trascorre dalla fermentazione malolattica, minore sarà il fabbisogno d'ossigeno del vino e quindi del suo dosaggio, come rappresentato dal seguente grafico: 16
Puoi anche leggere