L'indipendenza della Corte costituzionale turca fra - Diritti Comparati
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L’indipendenza della Corte costituzionale turca fra legittimità delle leggi e tutela dei diritti. Quali segnali per la tenuta della democrazia in Turchia? Valentina Rita Scotti SOMMARIO: 1. Introduzione: istituzione ed evoluzione della Corte costituzionale turca. – 2. Fra attivismo giudiziario “selettivo” e Alleanza Repubblicana. – 3. Quale evoluzione dopo il fallito golpe del 2016? – 4. Riflessioni conclusive: l’indipendenza della Corte e la deriva antidemocratica della Turchia. 1. Introduzione: istituzione ed evoluzione della Corte costituzionale turca Nell’ambito del dibattito circa la tenuta della democrazia turca, lo studio delle vicende politico-istituzionali legate alla Corte costituzionale turca (Anayasa Mahkemesi) e della sua giurisprudenza si pone come un interessante campo di indagine per valutare la possibilità di includere la Turchia fra le democrazie illiberali. Difatti, già la scelta di non prevedere un esplicito meccanismo per il controllo di costituzionalità delle leggi nella Costituzione repubblicana (1924) sembra essere legata alla concezione di democrazia dei padri fondatori che attraverso l’infallibilità del Parlamento, a quel tempo rappresentante la nazione sopravvissuta allo scioglimento dell’Impero Ottomano, assicurarono l’assenza di controllo sull’operato del partito unico kemalista. Una scelta che la Corte di Cassazione sostenne nel 1931, quando definitivamente negò la competenza delle Corti ordinarie in materia di controllo di costituzionalità1 e, rigettando le obiezioni del giudice Refik Gür della L’articolo è stato sottoposto, in conformità al regolamento della Rivista, a double-blind peer review. 1 Cfr. Corte di Cassazione, sentenza E 109 K 11, 4 febbraio 1931. ISSN 2532-6619 - 48 - N. 1/2019
Valentina Rita Scotti L’indipendenza della Corte costituzionale turca fra legittimità delle leggi e tutela dei diritti. Quali segnali per la tenuta della democrazia in Turchia? Corte civile di Aksehir che più volte aveva sottolineato i rischi che l’assenza del controllo di costituzionalità delle leggi avrebbe comportato per la tenuta del sistema2, pose fine alle suggestioni di quanti vedevano nell’assenza di un organo ad hoc una scelta dei costituenti in favore di un modello diffuso di ispirazione statunitense. A contrario, si può collegare ad un desiderio di maggiore democrazia la scelta della c.d. Commissione Istanbul3, organo costituente istituito a seguito del colpo di stato del 1960 che deponeva – e sanzionava con la pena capitale – il governo del Dp (Demokrat Parti – Partito Democratico)4, ritenuto reo di aver violato i principi del kemalismo. Concorde nel ritenere il controllo di costituzionalità delle leggi un valido strumento per garantire il rispetto del principio democratico e per allineare il paese alle evoluzioni costituzionali che avevano caratterizzato gli altri ordinamenti europei nel secondo dopoguerra, la Commissione Istanbul decise, infatti, di seguire i modelli europei di 2 Deve ricordarsi che la citata sentenza della Corte di Cassazione giunse alla fine di un lungo braccio di ferro con il giudice Gür, che, novello Marshall, si pronunciò più volte circa i rischi che l’assenza del controllo di costituzionalità avrebbe comportato per l’ordinamento, sostenendo che l’assenza di disposizioni costituzionali in materia autorizzavano di fatto i giudici ordinari ad assumere tale competenza. Per un ulteriore approfondimento al riguardo si rinvia a E. Sales, La Cour constitutionnelle turque, in Revue du droit public et de la science politique en France et à l’étranger, 2007, p. 1264-1290, spec. p. 1265-1266. 3 È questo il nome con cui è ricordato il gruppo di docenti universitari che, all’indomani del colpo di stato del 1960, il Comitato militare che assommava sia il potere legislativo che quello esecutivo convenne a Istanbul allo scopo di redigere la nuova Carta costituzionale. 4 Si ricorda che il Dp aveva espresso l’Esecutivo sin dall’apertura al pluripartitismo nel 1950. Sul punto è opportuno ricordare che la Costituzione del 1924 non garantiva l’egemonia del partito kemalista e che il monopartitismo fu la conseguenza di una scelta politica intervenuta allo scopo di garantire una più veloce approvazione delle leggi per l’attuazione del progetto modernizzatore kemalista. A conferma di ciò si pongono i tentativi di favorire la costituzione di un partito di opposizione già nel 1924 e il sostegno dato dall’allora Presidente İsmet İnönü alla nascita del Partito Democratico nel 1945. Occorre ricordare, inoltre, che le prime elezioni “aperte” si svolsero nel 1946, ma una reale accettazione del multipartitismo si ebbe solo con l’approvazione della legge elettorale del 16 febbraio 1950 per le elezioni dello stesso anno. Al riguardo si vedano i contributi F.W. Frey, The Turkish Political Elite, Cambridge, 1965; W.F. Weiker, Political Tutelage and Democracy in Turkey. The Free Party and its Aftermath, Leiden, 1973; F. Ahmad, The Turkish Experiment in Democracy, 1950-1975, London, 1977. ISSN 2532-6619 - 49 - N. 1/2019
Valentina Rita Scotti L’indipendenza della Corte costituzionale turca fra legittimità delle leggi e tutela dei diritti. Quali segnali per la tenuta della democrazia in Turchia? giustizia costituzionale, ed in particolare quello tedesco ed italiano. La nuova Carta, approvata in via referendaria nel 1961, previde pertanto l’istituzione della Corte Costituzione, i cui 20 giudici (15 incaricati e 5 supplenti5) furono nominati – attraverso un meccanismo che coinvolgeva il Presidente della Repubblica, la Grande Assemblea Nazionale di Turchia (Gant) e le Alte Corti e che consentiva di affidare l’incarico non solo a giudici di carriera ma anche ad accademici6 – il 25 aprile 1962 e si riunirono per la prima volta il 28 agosto dello stesso anno. Nel complicato scenario turco, tuttavia, anche questa interpretazione filodemocratica circa l’istituzione della Corte costituzionale sembra nascondere una peculiare interpretazione del principio della separazione dei poteri, strumentale al mantenimento del controllo politico da parte dell’élite militare e repubblicana sugli organi elettivi7. Una interpretazione ribadita nella Costituzione del 1982, anch’essa approvata in via referendaria a seguito di un colpo di stato militare, che conferma la presenza di un organo ad hoc per il controllo di costituzionalità così come ne conferma funzioni e competenze8. Da ultimo, sembrano ricollegabili ai coevi sviluppi della democrazia turca anche il l’emendamento 5 La figura dei supplenti, mutuata dall’ordinamento austriaco, si è rivelata controversa nella storia della Corte turca, giacché essi pur essendo a pieno titolo dipendenti della Corte – e dovendo dunque rispettare gli stessi limiti previsti per i giudici incaricati – non hanno mai partecipato alla nomina delle cariche interne alla Corte né hanno avuto un ruolo particolarmente rilevante nella definizione della giurisprudenza costituzionale, vista la loro limitata partecipazione alle sedute. 6 Tuttavia, nessun giudice proveniente dai ranghi dell’accademia è stato nominato durante la vigenza della Costituzione del 1961. Con riferimento alla nomina dei giudici in questo periodo, inoltre, può essere interessante notare che nessun giudice donna è stato nominato nei primi due decenni dall’istituzione della Corte e che, pur essendo il principio di uguaglianza di genere sancito in Costituzione, una correzione di questa carenza non è mai entrata fra le priorità delle istituzioni che concorrevano alla nomina dei giudici costituzionali. 7 In questo senso deve leggersi non solo l’istituzione della Corte costituzionale, ma anche l’introduzione di una Camera Alta, la cui composizione integrava gli artefici del colpo di stato, nonché il potenziamento delle Corti amministrative e il riconoscimento dell’autonomia amministrativa alle università e all’autorità per la radio e la televisione. 8 Una modifica solo marginare riguardò la composizione della Corte, ai sensi del nuovo testo composta da 15 giudici (11 incaricati e 4 supplenti). ISSN 2532-6619 - 50 - N. 1/2019
Valentina Rita Scotti L’indipendenza della Corte costituzionale turca fra legittimità delle leggi e tutela dei diritti. Quali segnali per la tenuta della democrazia in Turchia? costituzionale del 20109, che ha introdotto il ricorso diretto (bireysel başvuru) tuttavia modificando sia la composizione che il funzionamento della Corte, e gli emendamenti relativi alla Corte costituzionale introdotti con la riforma costituzionale del 2017, assurta agli onori della cronaca per l’introduzione della forma di governo presidenziale10. Con una breve digressione si potrà dunque ricordare che, a seguito di tali modifiche, al marzo 2018 la Corte costituzionale turca si compone di 17 giudici, nominati rispettivamente 3 dalla Grande Assemblea, di cui 2 scelti nella lista proposta dalla Corte dei Conti e 1 scelto nella lista proposta dall’Ordine degli Avvocati, e 14 dal Presidente della Repubblica, di cui 7 sono scelti fra le liste proposte dalle Assemblee Generali delle Alte Corti, 3 dalla lista predisposta dal Consiglio di Educazione Superiore, 4 direttamente dal Presidente fra individui che rispettano i requisiti per la nomina a giudice costituzionale (art. 146 Cost.). I giudici costituzionali restano in carica per 12 anni e comunque non oltre il compimento del 65° anno di età, non sono rieleggibili e non possono svolgere altre funzioni ufficiali o private durante la permanenza in carica, cui può essere posta fine solo per ragioni connesse alla commissione di un reato da cui deriverebbe la cessazione della professione giudiziaria ovvero per ragioni di salute (art. 147 Cost.)11. In ottemperanza all’art. 24 della Legge sull’organizzazione e il regolamento della Corte costituzionale del 201112, un numero congruo di rapporteur (assistenti dei giudici), 9 Legge costituzionale n. 5982, 12 settembre 2010. 10 Per un commento su entrambe le riforme sia consentito rinviare rispettivamente a V.R. Scotti, Il ricorso individuale in Turchia: fra riforma dell’ordinamento e influenze esterne, in C. Decaro, N. Lupo, G. Rivosecchi (a cura di), La “manutenzione” della giustizia costituzionale. Il giudizio sulle leggi in Italia, Francia e Spagna, Torino, 2012, pp. 301-314, e V.R. Scotti, Presidentialism in Turkey. A first appraisal of 2017 Constitutional Reform, in DPCE online, 2, 2017, pp. 251-266. Si rinvia, inoltre, con riferimento alle differenti posizioni espresso in dottrina circa l’impatto delle riforme sulla democrazia turca a L. De Grazia, Constitutional Coup e democrazie iliberali: l’esperienza della Turchia, in Rivista AIC, 4, 2018. 11 Tuttavia, perché si possa destituire un giudice per ragioni connesse allo stato della sua salute è necessaria una votazione a maggioranza assoluta dei membri della Corte. 12 Legge n. 6216, 30 Marzo 2011. ISSN 2532-6619 - 51 - N. 1/2019
Valentina Rita Scotti L’indipendenza della Corte costituzionale turca fra legittimità delle leggi e tutela dei diritti. Quali segnali per la tenuta della democrazia in Turchia? coordinati dal Segretario Generale istituito alle dipendenze della presidenza della Corte, assiste ciascun giudice nel proprio lavoro. La legge del 2011, riprendendo le disposizioni già in vigore ai sensi della legge n. 2949 del 11 novembre 1983 approvata per dare attuazione alla Corte costituzionale a seguito dell’entrata in vigore della Carta del 1982, chiarisce, infine, che la Anayasa Mahkemesi elegge al suo interno a maggioranza assoluta un presidente e due vicepresidenti, le cui cariche durano quattro anni e sono rinnovabili. Occorre tuttavia sottolineare che, pur restando al 2018 la legge del 2011 ancora in vigore, la riforma del 2017 prevede che i giudici costituzionali siano ridotti al numero di 15, essendo state abolite le Corti militari e conseguentemente i 2 giudici la cui nomina esse sottopongono all’approvazione del Presidente della Repubblica. La Corte così composta è competente a giudicare i ricorsi per incostituzionalità delle leggi avanzati in via principale e in via incidentale. Nel primo caso si tratta di un ricorso astratto che può essere avanzato non oltre sessanta giorni dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale dell’atto (art. 151 Cost.) dal Presidente della Repubblica, dai gruppi parlamentari che rispettivamente rappresentano la maggioranza e l’opposizione all’interno della Gant13 nonché, a ulteriore tutela delle opposizioni, da un quinto dei parlamentari14. Il ricorso in via incidentale, invece, non è soggetto ad alcun limite temporale e può essere avanzato da qualsiasi cittadino o dal competente tribunale nell’ambito di un procedimento che lo riguarda avendo riguardo di provare, come nei modelli di riferimento summenzionati, la rilevanza della questione ai fini della definizione del giudizio pendente e la sua non manifesta infondatezza. In questo ricorso, tuttavia, esiste un limite di tempo di cinque mesi per la pronuncia della Corte costituzionale, al termine del quale, in assenza di decisione da parte dei giudici costituzionali, il giudice a quo è 13 In caso più partiti formino il governo, tale diritto è riconosciuto al gruppo parlamentare più numeroso; la stessa regola si applica per l’individuazione del gruppo parlamentare che rappresenta l’opposizione. 14 A questi attori, nella vigenza della Costituzione del 1961, si aggiungevano anche il Consiglio dei Giudici e dei Procuratori, la Corte di Cassazione, il Consiglio di Stato, la Corte di Cassazione militare e le Università solo per le materie relative alla propria esistenza e alle proprie funzioni; tuttavia, nel modello più accentratore previsto dalla Costituzione del 1982 questi ricorsi sono stati eliminati. ISSN 2532-6619 - 52 - N. 1/2019
Valentina Rita Scotti L’indipendenza della Corte costituzionale turca fra legittimità delle leggi e tutela dei diritti. Quali segnali per la tenuta della democrazia in Turchia? chiamato a risolvere la controversia applicando la legge esistente; se, invece, la Corte si pronuncia nei tempi stabiliti, il giudice a quo dovrà decidere tenendo in considerazione la posizione della Corte. Ancora, nel caso in cui la Corte costituzionale emetta una pronuncia di rigetto, la medesima questione di incostituzionalità non potrà essere sollevata per i dieci anni successivi (art. 152 Cost.). Nella definizione delle conseguenze delle mancate pronunce da parte della Corte, la Costituzione del 1982 mostra un ulteriore elemento che ne conferma lo spirito più centralista rispetto alla Carta del 1960, ai sensi della quale nel caso in cui la Corte costituzionale non si pronunciava entro un periodo di sei mesi, la questione di costituzionalità doveva essere risolta dal giudice a quo15. Per ciò che concerne gli effetti delle pronunce della Anayasa Mahkemesi, esse dispongono l’annullamento dell’atto ex nunc ed erga omnes, pur avendo la Corte la possibilità di posticipare l’entrata in vigore degli effetti della decisione per un periodo che tuttavia non può essere superiore ad un anno, rendendo così prioritario in seno alla Gant la discussione di un progetto di legge finalizzato a colmare la lacuna normativa che deriverebbe dalla decisione di annullamento (art. 153, c. 3, Cost.). Nel discorso relativo alla tutela del principio democratico, è interessante notare come la funzione di giudice per le alte cariche dello Stato in caso di alto tradimento sia stata in qualche modo depotenziata con riferimento al giudizio del Presidente a seguito della riforma del 2017 attraverso la previsione di una procedura di autorizzazione parlamentare particolarmente complessa16. La Corte 15 Se ne deriva un passaggio da un sistema potenzialmente diffuso di controllo di costituzionalità, ad un sistema decisamente accentrato, tuttavia giustificato anche dalla riluttanza con cui i tribunali ordinari usufruivano di questa competenza. A riguardo si veda M. Turhan, The constitutional court of Turkey, Anayasa Mahkemesi Yayınları, Ankara, 1991, p. 13. 16 Le disposizioni per l’avvio del procedimento prevedono, infatti, l’approvazione da parte della Gant a maggioranza assoluta e la conferma della stessa, entro un mese, a maggioranza dei tre quinti, cui segue la nomina di una Commissione parlamentare apposita, composta proporzionalmente ai gruppi parlamentari, il cui report deve essere presentato allo Speaker della Gant entro cinque mesi e discusso dall’Assemblea in seduta plenaria entro dieci giorni. La Corte costituzionale viene chiamata in causa, quindi, solo in caso di voto favorevole a ISSN 2532-6619 - 53 - N. 1/2019
Valentina Rita Scotti L’indipendenza della Corte costituzionale turca fra legittimità delle leggi e tutela dei diritti. Quali segnali per la tenuta della democrazia in Turchia? mantiene invece un ruolo fondamentale a tutela dei diritti nella sua qualità di giudice per l’annullamento delle decisioni di rimozione dell’immunità parlamentare o ministeriale17, soprattutto a seguito dell’emendamento costituzionale del 201618 che, rimuovendo l’immunità di circa 140 deputati sotto inchiesta, ha nuovamente infiammato il dibattito circa l’assenza di garanzie per l’opposizione. A chiarire ulteriormente la concezione di democrazia degli ‘ultimi’ costituenti turchi si pone infine la nota competenza a sciogliere i c.d. partiti antisistema, ossia quei partiti i cui statuti, programmi o attività siano in contrasto con i diritti umani, l’indipendenza dello Stato, i principi di uguaglianza e dello stato di diritto, l’integrità territoriale e nazionale, la sovranità nazionale, i principi della Repubblica democratica e secolare (art. 68 Cost.)19. Si ricorda che i criteri per lo scioglimento originariamente previsti nella Costituzione del 1982 sono stati progressivamente temperati: nel 2002, infatti, l’istigazione all’odio religioso è stata esclusa dalle ragioni per procedere ad uno scioglimento, mantenendo in vigore le sole clausole per istigazione alla violenza e al terrorismo; nel 2007, inoltre, si è aggiunta la possibilità di procedere non ad uno scioglimento, ma ad una sanzione pecuniaria e alla limitazione nell’accesso ai fondi di finanziamento pubblici. Una sanzione sino ad oggi comminata solo all’Akp, primo fra i partiti ad ispirazione religiosa a superare il vaglio della Corte senza incorrere in uno scioglimento. maggioranza dei due terzi per la messa in stato di accusa in occasione della discussione del report della Commissione ad hoc. 17 Il ricorso al riguardo può essere presentato dinanzi ai giudici costituzionali sia dal diretto interessato sia da un altro deputato in sua vece entro sette giorni dal provvedimento di notifica dell’annullamento dell’immunità; la Corte costituzionale è tenuta a pronunciarsi entro 15 giorni dal ricorso. 18 Legge costituzionale n. 6718, 20 Maggio 2016. 19 I medesimi criteri per procedere allo scioglimento sono ribaditi anche dagli artt. 78-90 della legge recante la disciplina dei partiti politici (n. 2820, 22 aprile 1983). La legge prevede inoltre che i membri degli organi direttivi del partito disciolto e i deputati eletti tra le sue fila non possano divenire fondatori o dirigenti di un nuovo partito (art. 95) e che le proprietà del partito disciolto siano acquisite dal Ministero del Tesoro (art. 107). I membri del partito che con le proprie azioni e dichiarazioni ne causano lo scioglimento, infine, sono esclusi dalla vita politica del paese per un periodo di dieci anni. ISSN 2532-6619 - 54 - N. 1/2019
Valentina Rita Scotti L’indipendenza della Corte costituzionale turca fra legittimità delle leggi e tutela dei diritti. Quali segnali per la tenuta della democrazia in Turchia? Sotto il profilo dell’adesione della Turchia ai principi del costituzionalismo liberal-democratico rileva, infine, la competenza della Corte a giudicare dei ricorsi diretti per violazione dei diritti fondamentali, che la Corte esercita dal 2012, in attuazione del menzionato emendamento costituzionale del 2010. Tale ricorso, infatti, prevede specifici limiti nella definizione degli aventi diritto, essendo pieni titolari solo i cittadini turchi, mentre gli stranieri e le persone giuridiche private posso adire la Corte solo con riferimento ai diritti loro ascrivibili; una incompetenza ratione personae esiste invece con riferimento alle persone giuridiche pubbliche, che pertanto non possono usufruire di tale strumento. Si tratta di un ricorso molto peculiare anche con riferimento alle violazioni contestabili, giacché, se è piuttosto usuale che gli individual complaint siano vincolati al previo esperimento di tutti gli altri ricorsi amministrativi o giudiziali previsti dall’ordinamento e possano riguardare «procedure, atti o negligenze» delle pubbliche autorità, è una caratteristica specifica del ricorso introdotto in Turchia la limitazione alle sole violazioni dei diritti e delle libertà fondamentali «garantiti dalla Costituzione e rientranti negli scopi della Cedu e dei protocolli addizionali» (art. 45, Legge n. 6216/2011)20. Da un punto di vista procedurale, il ricorso può essere presentato direttamente alla Corte costituzionale, ovvero attraverso le Corti distrettuali o le rappresentanze dello Stato turco all’estero in seguito al pagamento di una somma che, seppur esigua, rappresenta un primo filtro per limitare la numerosità dei ricorsi. Allo stesso scopo, si è previsto un limite temporale di 30 giorni dall’esperimento di tutti gli altri ricorsi interni ovvero, nei casi in cui l’ordinamento non preveda ulteriori meccanismi di riparazione, entro 30 giorni dal configurarsi della violazione; in caso di gravi impedimenti al rispetto delle scadenze fissate, si prevede la possibilità di avanzare il ricorso non oltre 15 giorni dalla cessazione dell’impedimento, presentandone una valida prova. Tali limiti temporali sono oggetto della valutazione di ammissibilità da parte della Anayasa Mahkemesi, congiuntamente ai criteri di merito, essendo non ammissibili sia i ricorsi 20 Questa esplicita menzione della Cedu ha sollevato alcune critiche, giacché consentirebbe ai ricorsi diretti di porsi non tanto come un meccanismo di tutela dei diritti quanto piuttosto come un ulteriore ricorso da esperire prima di poter adire la Corte di Strasburgo in modo da limitare le frequenti condanne in cui la Turchia incorre per violazione della Cedu. ISSN 2532-6619 - 55 - N. 1/2019
Valentina Rita Scotti L’indipendenza della Corte costituzionale turca fra legittimità delle leggi e tutela dei diritti. Quali segnali per la tenuta della democrazia in Turchia? manifestamente infondati e sia quelli che, a giudizio della Corte, non hanno un significativo rilievo in termini di interpretazione della Costituzione. Rispetto agli esiti del ricorso, la Corte può decidere tutte le misure necessarie alla cessazione della violazione e delle sue conseguenze, potendo anche prevedere, qualora la violazione derivi da una sentenza e la mera dichiarazione di invalidità della stessa non faccia cessare la violazione, la ripetizione del processo. Alla luce delle più recenti vicende che hanno ulteriormente infiammato il dibattito circa la possibilità di iscrivere la Turchia nel novero delle democrazie illiberali, si ritiene opportuno chiarire anche oggetto e parametro dei giudizi della Corte sia nei ricorsi di incostituzionalità sia nei ricorsi diretti. Quanto all’oggetto, infatti, il giudizio della Corte può riguardare nella forma e nel merito le leggi, gli atti aventi forza di legge e il regolamento dalla Grande Assemblea Nazionale, mentre il controllo sugli emendamenti costituzionali, annullabili a maggioranza qualificata di tre quinti dei giudici costituzionali, è limitato al solo giudizio sul rispetto della forma (artt. 148-149 Cost.). Una simile disposizione sui limiti al controllo degli emendamenti ha originato una vasta ed interessante giurisprudenza già nella vigenza del testo del 1961 giacchè la Corte ha preferito una interpretazione piuttosto estensiva del limite al controllo formale per attribuirsi la possibilità di verificare che gli emendamenti costituzionali rispettino il “nucleo duro” della Costituzione21. Similmente, è stata oggetto di una controversa giurisprudenza la possibilità di procedere ad un controllo di costituzionalità dei decreti approvati nella vigenza dello stato di emergenza, della legge marziale e in tempo di guerra, discussa in seguito. Con riferimento al parametro, invece, è particolarmente rilevante sottolineare che il preambolo è parte integrante della Costituzione (art. 176 Cost.), rinforzando così la possibilità di considerare come parametro per il controllo di costituzionalità i principi fondanti del kemalismo, cui nel preambolo si fa riferimento, e 21 Cfr. sent. Corte costituzionale E 1970/1 K 1970/31 del 16 giugno 1970 Aymkd n. 8 pp. 313-340. Sul punto si veda İ.Ö Kaboğlu, Le contrôle juridictionnel des amendements constitutionnels en Turquie, in Les cahiers du Conseil constitutionnel, 2009, p. 38-42, in cui si evidenziano le modalità con cui la Corte ha progressivamente esteso, in via giurisprudenziale, la propria competenza a giudicare la legittimità degli emendamenti costituzionali. ISSN 2532-6619 - 56 - N. 1/2019
Valentina Rita Scotti L’indipendenza della Corte costituzionale turca fra legittimità delle leggi e tutela dei diritti. Quali segnali per la tenuta della democrazia in Turchia? che sono nella sostanza menzionati anche nei primi tre articoli della Carta, peraltro inemendabili ex art. 4 Cost.. Allo stesso modo, un emendamento all’art. 90 Cost. introdotto nel 2004 ha chiarito che i trattati e gli accordi internazionali in materia di diritti umani assumono un rango superiore alle leggi ordinarie, imponendo così alla Corte di tenere in considerazione tali tipi di impegni internazionali nello svolgimento del giudizio di costituzionalità; la specifica menzione della Cedu nelle disposizioni relative al ricorso diretto, infine, ha trasformato il giudice costituzionale anche in un giudice di primo grado nel giudizio di convenzionalità, con importanti conseguenze nel rapporto fra la Corte turca e i giudici di Strasburgo. Alla luce di quanto detto e considerando che l’azione della Corte si inserisce in un quadro politico-istituzionale determinatosi attraverso colpi di stato militari, governi autoritari e influenze sovrastatali, è interessante analizzare le evoluzioni della giurisprudenza costituzionale turca per evidenziare come essa abbia spesso interpretato i principi fondanti del costituzionalismo – richiamati in Costituzione – in modo da salvaguardare le frecce del kemalismo (repubblicanesimo, secolarismo, nazionalismo, riformismo, populismo, statalismo), anch’esse richiamate nella Carta, nonostante le maggioranze parlamentari abbiano sostenuto progetti politici differenti. La riforma costituzionale del 2010 e, soprattutto, i decreti emergenziali seguiti al fallito colpo di stato del 15 luglio 2016 hanno tuttavia comportato una interessante evoluzione che lascia aperto il dubbio circa la possibilità che la Corte abbia acquisito una effettiva indipendenza volta alla tutela dei diritti fondamentali o abbia invece scelto di allinearsi al progetto di Nuova Turchia (Yeni Turkiye) che l’Akp (Adalet ve Kalkinma Partisi – Partito della Giustizia e dello Sviluppo) al governo dal 2002 sta tenacemente portando avanti, confermando così i dubbi sulla tenuta del principio democratico nell’ordinamento soprattutto con riferimento al rispetto della separazione dei poteri. 2. Fra attivismo giudiziario “selettivo” e Alleanza Repubblicana Come accennato, dunque, la Corte costituzionale turca è stata sin dal principio istituita allo scopo di concorrere a garantire i principi ISSN 2532-6619 - 57 - N. 1/2019
Valentina Rita Scotti L’indipendenza della Corte costituzionale turca fra legittimità delle leggi e tutela dei diritti. Quali segnali per la tenuta della democrazia in Turchia? fondanti della Repubblica turca e assicurare, pur a fronte di elezioni libere e competitive, una adeguata sorveglianza sul rispetto degli stessi. In tal modo, i giudici costituzionali sono stati “vincolati” alla c.d. Alleanza Repubblicana e al ruolo di garanti del kemalismo già autoattribuitosi dai miliari e dagli esponenti del partito erede della tradizione kemalista, il Chp (Cumuhriyet Halk Partisi – Partito Repubblicano del Popolo)22. La Corte, peraltro, non si è sottratta a questa alleanza e, attraverso un attivismo definito selettivo, ha sostenuto la “missione civilizzatrice” che le élite si erano poste sin dall’istituzione della Repubblica23. La competenza a sciogliere i partiti antisistema, e l’utilizzo che la Corte ne ha fatto sanzionando in molteplici occasioni sia i partiti di ispirazione religiosa che i partiti “secessionisti”, ben dimostra le modalità con cui questa guardiania è stata intesa24. Estrema rilevanza è stata attribuita, ad esempio, alla salvaguardia dell’integrità territoriale e dell’unità della nazione. Lo scioglimento del Partito Comunista Unito di Turchia (Tbkp – Turkiye Birlesik Komunist Partisi) occorsa nel 1991, infatti, fu fondata sia sull’utilizzo del termine “comunista” nella denominazione del partito – vietata ai sensi dell’art. 96, c. 3, della Legge sui partiti politici25 insieme ai termini “fascista”, “anarchico”, “teocratico” e “nazional-socialista” – sia sulle presunte attività separatiste che il Tbkp avrebbe condotto in alleanza con i separatisti kurdi, in violazione dei numerosi articoli costituzionali, primo fra tutti l’art. 2, c. 3, e della legge sui partiti politici. Accanto alle proibizioni specificamente legate alla denominazione dei partiti, il combinato disposto della Costituzione e della legge sui partiti vieta anche la costituzione di partiti espressione di peculiarità nazionali, religiose, culturali, confessionali, razziali o linguistiche, ovvero finalizzati ad attentare all’unità della nazione o a promuovere 22 Si veda al riguardo C. Belge, Friends of the Court: The Republican Alliance and Selective Activism of the Constitutional Court of Turkey, in Law & Society Review, 2006, p. 653-692. 23 H. Shambayati and E. Kirdiş, In Pursuit of “Contemporary Civilization”: Judicial Empowerment in Turkey, in Political Research Quarterly, 2009, p. 767-780. 24 Sarebbe ultroneo riportare in questa sede tutte le decisioni di scioglimento operate dalla Corte e si rinvia pertanto a Z. Arslan, Conflicting Paradigms: Political Rigths in the Turkish Constitutional Court, in Critical Middle Eastern Studies, 2000. 25 Cfr. Legge n. 2820, 22 aprile 1983. ISSN 2532-6619 - 58 - N. 1/2019
Valentina Rita Scotti L’indipendenza della Corte costituzionale turca fra legittimità delle leggi e tutela dei diritti. Quali segnali per la tenuta della democrazia in Turchia? specificità culturali o linguistiche diverse da quelle turche. L’attentato all’unità della nazione ha giustificato anche i ripetuti scioglimenti di partiti filo-kurdi, accusati di legami con il movimento terrorista- secessionista del Pkk26. Simile rilievo è stato attribuito al divieto di ispirazione religiosa dei partiti, intesa come attentato al principio di secolarismo, che ha giustificato numerosi scioglimenti. Il più noto ha riguardato il Partito della Prosperità (Rp – Refah Partisi), unico caso fra quelli giunti dinanzi alla Corte di Strasburgo in cui quest’ultima non ha ravvisato una violazione dell’art. 11 della Cedu27. L’ispirazione religiosa è stata anche all’origine della pronuncia della Corte del 2008 relativamente alla possibilità di sciogliere l’Akp su ricorso del Presidente della Corte di Cassazione, secondo cui l’Akp stava tentando di approvare riforme costituzionali e legislative miranti ad introdurre la shari’a nell’ordinamento. Benché la Corte costituzionale abbia riscontrato l’assenza di fondati motivi per lo scioglimento, limitandosi ad invitare l’Akp ad una maggiore prudenza nelle esternazioni pubbliche e nell’attività politica dei propri membri e a comminare al medesimo partito una sanzione consistente nella riduzione dei fondi per il finanziamento pubblico ai partiti28, tale pronuncia non deve essere intesa come una abdicazione del potere di controllo dei partiti e un allineamento alla volontà della maggioranza 26 Da ultimo si veda lo scioglimento del Partito per la società democratica (Dtp – Demokratic Toplum Partisi), Corte costituzionale K 2009/4 E 2007/1, 11 dicembre 2009. Ai legami con il terrorismo kurdo si ricollegano, inoltre, la revoca dell’immunità per i deputati del Bdp nel 2012. 27 Sulle pronunce della Corte Edu in reazione ai ricorsi per scioglimento dei partiti da parte della Corte costituzionale turca, si vedano M. Kocak, E. Orucu, Dissolution of Political parties in the name of Democracy: Cases from Turkey and the European Court of Human Rights, in European Public Law, 2003, p. 399-424; Y.S. Hakyemez, B. Akgun, Limitation on the freedom of political parties in Turkey and the Jurisdiction of the European Court of Human Rights, in Mediterranean Politics, 2002, p. 54-78. Una posizione particolarmente critica nei confronti dell’operato della Corte Edu nel caso del Refah Partisi si rinviene in G. Lebreton, L’Islam devant la Cour européenne des droits de l’homme, in Revue de droit public et de la Science politique en France et à l’étranger, 2002, p. 1493-1510. 28 Corte costituzionale, K2009/3 E2002/3, 7 ottobre 2009. Cfr. T. Rambaud, Les arrêts de la Cour constitutionnelle turque du 5 juin 2008 sur l’interdiction du voile islamique dans les universités turque et du 30 juillet 2008 sur la dissolution de l’AKP: principe de laïcité, universités publiques et dissolution d’un partis politique, in Revue française de droit administratif, 2008, p. 1244-1247. ISSN 2532-6619 - 59 - N. 1/2019
Valentina Rita Scotti L’indipendenza della Corte costituzionale turca fra legittimità delle leggi e tutela dei diritti. Quali segnali per la tenuta della democrazia in Turchia? elettorale; semmai, la Corte ha compiuto un atto dovuto dinanzi alla popolarità del partito e alla necessità di mostrare un atteggiamento più democraticamente maturo nel momento in cui i negoziati con l’Unione europea sembravano condurre finalmente all’adesione. Anche la giurisprudenza relativa ai principi fondanti dell’ordine democratico è stata orientata dai termini dell’Alleanza. Già nella vigenza della Costituzione del 1961, infatti, la Corte, interpretando il principio dello stato di diritto recepito nella Carta in formale traduzione (hukuk devleti) aveva chiarito che si configura come stato di diritto quello Stato «che rispetta i diritti umani e stabilisce un giusto ordinamento in cui tali diritti sono protetti e garantiti. Tutte le azioni e le funzioni di tale Stato devono essere in conformità con la legge e la Costituzione. In uno Stato retto dallo stato di diritto, la legge assolutamente prevale sulle istituzioni, compreso il legislativo»29. Un chiarimento che mirava a ribadire come anche il potere derivato dalla consacrazione elettorale non fosse immune da controlli e dalla necessità di rispettare la Costituzione, che nel caso turco significa un implicito rispetto dei principi del kemalismo che essa sancisce. Nel gennaio 1977, inoltre, reagendo ad un emendamento costituzionale che avrebbe voluto coartare l’indipendenza del potere giudiziario, la Corte non ha esitato a dichiararne l’incostituzionalità, avendo sposato con pienezza la filosofia soggiacente alla Costituzione del 1982 che privilegia la sicurezza dello stato alla tutela dei diritti dei cittadini. Se, infatti, il principio dell’indipendenza del giudiziario rientra a pieno titolo nei principi fondanti degli ordinamenti democratici, nel caso turco la pronuncia della Corte consentiva il perpetuarsi dell’indipendenza dal controllo del potere civile al sistema di corti militari che ha per lungo tempo assicurato l’impunità ai violatori dei diritti fondamentali, le cui più violente azioni hanno riguardato la popolazione del sud-est del paese (soggetta quasi ininterrottamente allo stato di emergenza sin dall’istituzione della Repubblica). Di fatto, dunque, il rispetto dei principi del costituzionalismo è stato strumentale alla salvaguardia dei principi del repubblicanesimo kemalista, confermando il posizionamento della Corte costituzionale fra i garanti della preservazione egemonica degli stessi. Una preservazione che è divenuta ancor più evidente quando la Anayasa 29 Corte costituzionale, E11572, 11 ottobre 1963. ISSN 2532-6619 - 60 - N. 1/2019
Valentina Rita Scotti L’indipendenza della Corte costituzionale turca fra legittimità delle leggi e tutela dei diritti. Quali segnali per la tenuta della democrazia in Turchia? Mahkemesi ha dovuto confrontarsi con le leggi ordinarie e costituzionali approvate sin dal 2002 da maggioranze parlamentari espressione dell’Akp allo scopo di modificare le impostazioni ideologiche dell’ordinamento. Il confronto ha riguardato soprattutto il principio del secolarismo, introdotto nella Costituzione del 1924 con un emendamento approvato nel 1932 e confermato nei testi successivi al fine di garantire il controllo dello Stato sulle manifestazioni del fenomeno religioso, da cui sono derivati i noti divieti di ostentazione dei simboli religiosi nei luoghi pubblici, in primo luogo il velo islamico, simbolo devozionale delle donne musulmane. Nonostante il supporto sovrastatale al divieto di indossare il velo imposto da numerose circolari ministeriali e dagli organi dirigenti delle istituzioni educative30, la novella del quadro legislativo e costituzionale al fine di consentire alle donne musulmane di mostrare pubblicamente la propria devozione ha rappresentato un impegno costante dell’Akp cui la Corte si è lungamente opposta. I giudici costituzionali, infatti, non si sono mai allontanati dalla posizione già espressa nel 198931 con cui si recepiva l’opinione del Consiglio di Stato secondo cui è «inaccettabile che delle donne istruite abbiano la stessa attitudine di donne che si coprono con il velo, condizionate dal peso della tradizione»32. Strenui difensori del principio di secolarismo à la turca33, i giudici costituzionali non hanno esitato a interpretare estensivamente la competenza al controllo degli emendamenti costituzionali ben oltre il limite del controllo formale pur di dichiarare l’incostituzionalità dell’emendamento agli artt. 10 e 42 che avrebbe consentito l’utilizzo del velo negli edifici universitari34. La Corte, infatti, ritenne l’emendamento contrario al principio di secolarismo (come già ricordato, inemendabile ex art. 4 Cost.) e ne dichiarò 30 Si ricordi, al riguardo, la celebre sentenza Leyla Sahin v. Turchia (10 novembre 2005, n. 44774/98) in cui la Corte Edu ha ritenuto che il divieto di indossare il velo negli edifici pubblici e nelle università era giustificato in una società democratica e proporzionato allo scopo di tutelare l’ordinamento dall’Islam radicale e fondamentalista. 31 Corte costituzionale, n. 12, 7 marzo 1989. 32 Consiglio di Stato, n. 2788, 20 dicembre 1983. 33 E. Sales, La protection du principe de laicitè par la Cour constitutionnel turque, in Revue du droit public et de la science politique en France et à l’étranger, 2009, p. 1649-1682. 34 Corte costituzionale, E 2008/16 K 2008/116, 5 giugno 2008. ISSN 2532-6619 - 61 - N. 1/2019
Valentina Rita Scotti L’indipendenza della Corte costituzionale turca fra legittimità delle leggi e tutela dei diritti. Quali segnali per la tenuta della democrazia in Turchia? pertanto l’incostituzionalità, forzando la disposizione costituzionale che le assegna la competenza ad esercitare il solo controllo formale35. Poggiandosi sulla dottrina degli emendamenti costituzionali incostituzionali già elaborata dal Tribunale Costituzionale Federale Tedesco, la Corte sembra così aver confermato la propria convinzione che, nel progetto per consolidare i valori fondanti della Repubblica, vi possono essere casi in cui la legittimità delle procedure può essere subordinata alla necessità di garantire la supremazia di più alti valori36. Non si tratta tuttavia di un caso isolato nella giurisprudenza costituzionale turca. L’anno successivo, infatti, la Corte non ha esitato a dichiarare incostituzionale la legge istitutiva dell’Ombudsman, confermando l’opinione dell’allora Presidente della Repubblica Sezer che l’aveva adita secondo cui doveva ritenersi incostituzionale l’istituzione di un organo dipendente dal potere legislativo competente a esprimersi sulla legittimità di atti della pubblica amministrazione37. Lo scontro tra l’Alleanza Repubblicana e la nuova élite Akp è divenuto più esplicito quando più evidente è stato l’attacco di quest’ultima per assicurarsi il controllo della più alta carica dello Stato, sino ad allora anch’essa espressione dell’Alleanza. In occasione delle elezioni da parte della Gant del Presidente della Repubblica nel 2007, infatti, l’Akp candidò Abdullah Gül, che aveva già ricoperto l’incarico di Ministro degli Esteri e la cui adesione alla visione politico-religiosa dell’Akp era conclamata. In ragione della 35 Sulla rilevanza di questa pronuncia, si veda İ.Ö. Kaboğlu, Le contrôle juridictionnel des amendements constitutionnels en Turquie, in Le cahiers du Conseil constitutionnel, 27, 2009, p. 38-42. 36 M. Sancar, Constitutional democracy: Obstacle to, or safeguard of democracy, in O. Ergiil (a cura di), Democracy and the Judiciary, Ankara, 2006, p. 50. 37 Corte costituzionale, E 2006/140, K 2008/185, 4 aprile 2009. Al riguardo occorre ricordare che il Presidente Sezer aveva già cercato di opporsi all’entrata in vigore della legge n. 5521 recante l’istituzione dell’Ombudsman pubblico del 15 giugno 2006, rifiutandone la promulgazione e rinviando il testo alla Grande Assemblea, che tuttavia l’aveva riapprovato in identica formulazione il 26 settembre 2006, consentendone l’entrata in vigore il 13 ottobre 2006. Sulla vicenda si veda E. Saygin, Improving Human Rights through Non-judicial National Institutions: the Effectiveness of the Ombudsman Institution in Turkey, in European Public Law, 2009, p. 403-428. ISSN 2532-6619 - 62 - N. 1/2019
Valentina Rita Scotti L’indipendenza della Corte costituzionale turca fra legittimità delle leggi e tutela dei diritti. Quali segnali per la tenuta della democrazia in Turchia? composizione della Grande Assemblea in quel momento, vi era la chiara consapevolezza che l’Akp, pur non potendo raggiungere i quora richiesti ai primi due scrutini, avrebbe facilmente ottenuto l’elezione del proprio candidato in occasione della terza votazione. Dapprima, i militari tentarono una intimidazione diretta attraverso un comunicato in cui si metteva in guardia il paese dalla deriva islamista che l’elezione di Gül avrebbe rappresentato e si esprimeva l’augurio che la Gant avrebbe alla fine preferito un candidato espressione della corrente laica. Dinanzi alla perseveranza dell’Akp, il partito di origine kemalista Chp (Chumurriyet ve Halk Partisi – Partito repubblicano del popolo), confermando il proprio ruolo di terza colonna dell’Alleanza Repubblicana, boicottò la prima votazione (27 aprile 2007) e quindi chiamò in causa la Corte costituzionale per l’interpretazione dei quora elettorali. L’art. 102 Cost. allora in vigore prevedeva, infatti, una maggioranza dei due terzi per i primi due turni e una maggioranza assoluta al terzo turno; in caso di mancata elezione del Presidente della Repubblica, al quarto turno si sarebbe dovuto procedere al ballottaggio tra i due candidati che avevano ottenuto la maggioranza dei voti al turno precedente. L’art. 102, c. 3, chiariva che «…il Presidente della Repubblica è eletto a maggioranza dei due terzi del numero totale dei membri della Grande Assemblea Nazionale…». In principio, considerato il totale di 550 seggi allora componenti l’Assemblea, Abdullah Gül avrebbe dunque dovuto ottenere 367 voti, ma il boicottaggio del Chp aprì all’interpretazione del quorum visto che il candidato dell’Akp riuscì ad ottenere 357 voti su 361 votanti. Il Chp, infatti, sostenne nel ricorso alla Corte costituzionale che la votazione non poteva ritenersi valida mancando il numero legale richiesto dalla Costituzione. La Corte, non contravvenendo all’Alleanza, dichiarò quindi nullo il primo scrutinio, interpretando la norma costituzionale in modo che il quorum necessario per procedere all’elezione fosse fissato a 367 deputati, ossia i due terzi degli aventi diritto e non, come avrebbe voluto il partito di governo, dei presenti e votanti. Benché questa pronuncia non abbia fermato l’elezione di Gül38, essa rappresenta un altro evidente esempio delle triangolazioni fra i 38 Nella situazione di stallo che seguì la pronuncia della Corte, infatti, si decise lo scioglimento anticipato della Gant e l’indizione di nuove elezioni, che ISSN 2532-6619 - 63 - N. 1/2019
Valentina Rita Scotti L’indipendenza della Corte costituzionale turca fra legittimità delle leggi e tutela dei diritti. Quali segnali per la tenuta della democrazia in Turchia? militari, il partito kemalista e la Corte che hanno caratterizzato l’Alleanza Repubblicana. Alcuni studiosi hanno infatti evidenziato come il ricorso alla Corte da parte del Chp sia stata una costante dell’operato politico di questo gruppo come principale partito di opposizione durante gli anni dei governi dell’Akp al fine di limitare l’attuazione del programma politico del partito di maggioranza39, paragonabile solo a quella già mostrata contro il Demokrat Parti fra il 1950 e il colpo di stato del 1960. I 737 ricorsi per incostituzionalità presentanti in via principale dal Chp fra il 2002 e il 2010 dimostrano quanto la Corte sia stata coinvolta nella definizione delle politiche del paese con scelte determinanti per l’attuazione del programma politico della maggioranza, coinvolgendo così anche la Turchia nel fenomeno di judicialization of politics40. Nonostante l’entrata in vigore nel 2012 della riforma sulla composizione e il funzionamento della Corte costituzionale del 2010 abbia aumentato il carico di lavoro della Corte in misura esponenziale a causa dell’introduzione dei ricorsi diretti e abbia consentito la ebbero luogo il 22 luglio 2007. Intanto, in attesa delle nuove elezioni, il governo presentò un pacchetto di riforme costituzionali, approvato il 7 maggio 2007, il cui perno era costituito dalla legge n. 5660 che consentiva l’elezione diretta del Presidente della Repubblica; il Presidente uscente Sezer, dopo aver rinviato la legge all’Assemblea, fu obbligato, dopo una nuova approvazione in testo identico, a promulgarla, pur esercitando la propria competenza ex art. 175 Cost. indicendo un referendum. Il 21 ottobre 2007, pertanto, il popolo turco si pronunciò in favore della riforma. Le elezioni per la Grande Assemblea, dunque, ebbero luogo nel lasso di tempo intercorso tra l’indizione del referendum e il suo svolgimento e in qualche misura ne anticiparono il successo. Il 22 luglio 2007, infatti, l’Akp ottenne il 46,5% dei voti e trecentoquarantuno su cinquecentocinquanta seggi nella Grande Assemblea Nazionale; la nuova composizione dell’Assemblea consentì quindi all’Akp di eleggere il proprio candidato il 28 agosto 2007. 39 S. Gülener, İ. Haşlak, Relations between Politics and Constitutional Review in Turkey with Special Reference to the Referrals of Republican People’s Party: 2002-2010 Period, in Alternatives Turkish Journal of International Relations, 10, 2011. 40 Sul punto si vedano, fra i molti, M. Shapiro, A. Stone Sweet, On Law, Politics & Judicialization, Oxford, 2002; C. Neal Tate, T. Vallinder, “The Global Expansion of Judicial Power: The Judicialization of Politics”, in C. Neal Tate, T. Vallinder (a cura di), The Global Expansion of Judicial Power: The Judicialization of Politics, New York, 1995, p. 1-10; R. Hirschl, “The Judicialization of Politics”, in K. E. Whittington, R. Daniel, G. A. Caldeira (a cura di),The Oxford Handbook of Law and Politics, Oxford, 2010, p. 119-141. ISSN 2532-6619 - 64 - N. 1/2019
Valentina Rita Scotti L’indipendenza della Corte costituzionale turca fra legittimità delle leggi e tutela dei diritti. Quali segnali per la tenuta della democrazia in Turchia? nomina di nuovi giudici più vicini all’Akp, in un primo momento la “nuova” Corte non è sembrata discostarsi eccessivamente dalla tendenza sin qui delineata e ha mostrato una netta opposizione alla visione dirigista del partito di governo, questa volta attraverso decisioni che hanno rappresentato anche importanti pietre miliari per la tutela di quei diritti fondamentali più aspramente minacciati dalla scelte politiche dell’élite maggioritaria. Un primo esempio si è avuto nel 2014, con riferimento alla querelle derivata dall’approvazione il 15 febbraio 2014 della legge di iniziativa governativa n. 6524 che estende i poteri di controllo del Ministro di Giustizia sia sul Consiglio (allora, Supremo) dei Giudici e dei Procuratori che sull’Accademia della Magistratura, e gli consente di intervenire sulla composizione delle Corti rimuovendo i giudici qualora esistano «fondate motivazioni». All’approvazione della legge era seguita la rimozione di alcuni giudici e la successiva nomina di sostituti ritenuti dall’opposizione più vicini all’Akp e meno inclini a procedere ad inchieste sulla possibile corruzione dei suoi affiliati. Al ricorso dell’opposizione che ne era seguito, la Corte ha risposto con una decisa dichiarazione di incostituzionalità delle norme che avevano consentito l’intervento ministeriale41 ed ha chiarito che gli interventi legislativi riguardanti il potere giudiziario non possono far venire meno l’indipendenza dello stesso tutelata dalla Costituzione (art. 159)42. Nello stesso periodo, inoltre, la Corte non ha esitato a colpire duramente il partito di governo in occasione di ricorsi diretti che hanno al contempo rappresentato chiari puntelli per la tutela della libertà di espressione, il più evidente tallone d’Achille dell’Akp. Il riferimento è all’accoglimento del ricorso avanzato dai proprietari del 41 Corte costituzionale, E2014/57 K2014/8, 10 aprile 2014. 42 Per ulteriori dettagli su questa vicenda, si veda E. Özbudun, Turkey’s Judiciary and the Drift Toward Competitive Authoritarianism, in The International Spectator, 2015, p. 42-55. L’autore evidenzia anche come la vicenda relativa alle nomine dell’Alto Consiglio si sia comunque conclusa in favore dell’Akp a seguito delle elezioni per i suoi componenti svoltesi tra il settembre e l’ottobre del 2014, in occasione delle quali l’Akp riuscì a far eleggere 10 membri e sette sostituti tra le fila della “Piattaforma per l’Unità del potere giudiziario” (Ybp) che, congiuntamente con i membri ex officio e i quattro membri di nomina presidenziale, hanno garantito all’Akp una maggioranza a favore delle suo posizioni. ISSN 2532-6619 - 65 - N. 1/2019
Valentina Rita Scotti L’indipendenza della Corte costituzionale turca fra legittimità delle leggi e tutela dei diritti. Quali segnali per la tenuta della democrazia in Turchia? social network Twitter a seguito della censura in cui questo social network era incorso nel 2014, quando l’Autorità per le Telecomunicazioni (Tib) aveva oscurato alcuni siti internet e successivamente autorizzato il blocco di Twitter, di Google Public DNS, utilizzato dagli utenti per bypassare il blocco, e di YouTube. Nello specifico la Corte ha ritenuto che l’oscuramento rappresenti una violazione della libertà di espressione così come tutelata dalla Costituzione turca (art. 26) e dalle numerose convenzioni internazionali ratificate dal paese, prima fra tutte la Cedu, e ha richiamato il diritto ad essere informati anch’esso tutelato dall’art. 26 Cost., ingiungendo così alla Tib di adoperarsi per procedere alla riapertura dei siti internet oscurati43. 3. Quale evoluzione dopo il fallito golpe del 2016? Il tentativo di colpo di stato condotto da una ristretta cerchia di militari di basso rango e il cui mandante è stato riconosciuto nel leader del movimento Hizmet, Fetullah Gülen, autoesiliatosi negli Stati Uniti già nel 1999, ha fortemente colpito la popolazione e i partiti politici. Da un lato, ne è derivato un rafforzamento dell’Akp che, dopo alcune elezioni in cui il supporto popolare era sembrato declinare, è riuscito ad ottenere – seppur non con le stesse maggioranze “bulgare” che ne avevano contraddistinto i primi anni di governo – sia la vittoriosa approvazione del referendum per la modifica della forma di governo in senso presidenziale, sia l’elezione di Recep Tayyip Erdoğan alla carica di Presidente della Repubblica già al primo turno. Dall’altro lato, e soprattutto con la definitiva consacrazione elettorale della Presidenza nelle mani dell’Akp, l’Alleanza Repubblicana è sembrata smembrarsi: i militari hanno perso la loro credibilità anche agli occhi della popolazione laica; il Chp non è stato capace di rappresentare una reale alternativa politica e, soprattutto negli immediati momenti successivi al golpe, si è lasciato “assorbire” nelle manifestazioni di unità nazionale; la Corte costituzionale, infine, ha fiancheggiato il governo approvandone le politiche emergenziali e non ravvisando in esse violazioni delle procedure o dei diritti. 43 Corte costituzionale sentenza K2014/3986, 2 aprile 2014. ISSN 2532-6619 - 66 - N. 1/2019
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