Big data, privacy e diritti - della collettività: bilanciamento degli interessi nella giurisprudenza costituzionale e di legittimità - Ente Editoriale

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                         Big data, privacy e diritti
              della collettività: bilanciamento degli interessi
                    nella giurisprudenza costituzionale
                                e di legittimità
                                               di Alberto Franceschin*

                  1. Premessa – 2. Dati e analisi di rischio vs. big data e analisi predittiva –
                  3. Diritto alla riservatezza e altri doveri costituzionali – 3.1 I fini istituzionali,
                  l’interesse pubblico e i diritti individuali – 4. La teoria del bilanciamento dei
                  diritti – 4.1 Il bilanciamento dei diritti fondamentali – 5. Big data e ricerca degli
                  evasori: la sentenza 27 dicembre 2019, n. 796 del Conseil Constitutionnel –
                  5.1 Le argomentazioni della Corte francese – 6. La sentenza della Corte Costitu-
                  zionale 2 febbraio 1971, n. 10 in tema di libertà del domicilio e diritto alla riser-
                  vatezza – 7. La sentenza 23 maggio 1994, n. 218 della Corte Costituzionale –
                  8. Conclusioni.

             1. PREMESSA

                  L’utilizzo dei big data nella strategia di contrasto all’evasione fiscale
             è argomento caratterizzato da un certo grado di innovatività, per affrontare
             il quale si è deciso di approfondire, nel presente testo, la tematica dei possibili
             limiti all’utilizzo, ai fini di pubblico interesse, dei big data e dei nuovi
             modelli di analisi predittiva.

                   * Tenente Colonnello della Guardia di Finanza, titolato scuola polizia economico-finanziaria,
             in servizio presso il Nucleo di polizia economico-finanziaria di Roma.

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                  In particolare, si è mirato al profilo del bilanciamento dei diversi interessi
             in gioco: da un lato, le istanze di tutela della riservatezza, dall’altro il rispetto
             dei princìpi alla base del patto sociale sanciti, il primo, dall’art. 14 Cost., i
             secondi, tra gli altri, dagli artt. 2, 3 e 53 Cost.
                  A tal fine, sono state brevemente commentate alcune sentenze della
             Corte Costituzionale (sentenze 2 febbraio 1971, n. 10 e 23 maggio 1994,
             n. 218) e dell’omologo organo di garanzia transalpino (Conseil Constitu-
             tionnel, sentenza 27 dicembre 2019, n. 796), ritenute ancora oggi conferenti
             e di specifico interesse.
                  Non si è trattato di un mero esercizio di stile: in un futuro molto prossimo
             (forse tale da potersi considerare già presente), infatti, se è vero che la tec-
             nologia diverrà onnipervasiva rispetto alla vita privata dei membri della co-
             munità, è altrettanto realistico ritenere che la collettività – attesi non da
             ultimo i cambiamenti in atto nella società e con una crisi economica senza
             precedenti nella storia repubblicana – si farà portatrice di sempre più numerose
             istanze di tutela e garanzia rispetto a comportamenti illeciti che minano la
             tenuta sociale, ponendo in pericolo il corretto esplicarsi dei princìpi di so-
             lidarietà, uguaglianza, giustizia, contribuzione di tutti alle spese pubbliche.
                  Da quanto sopra deriva la necessità di comprendere se si potrà assolu-
             tizzare l’uno (la privacy) o l’altro (sfruttamento sine limine degli algoritmi
             predittivi e delle informazioni digitali), o, più ragionevolmente, quale tra i
             due prevarrà nella delicata e costante opera di bilanciamento. Pur considerato
             che la sede naturale per la soluzione del quesito è quella giurisdizionale, il
             tema risulta di centrale rilevanza per la nostra Amministrazione che, da
             sempre attenta dell’investire risorse in sviluppo tecnologico utile al perse-
             guimento della propria mission istituzionale, dovrà ponderare costi e rischi
             con benefici, opportunità, limiti.

             2. DATI E ANALISI DI RISCHIO VS. BIG DATA E ANALISI PREDITTIVA

                 Il presente contributo nasce dalla necessità di comprendere – o perlomeno
             chiedersi – se nel prossimo futuro eventuali schemi di reale analisi predittiva,

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             basati su algoritmi complessi in grado di estrarre i big data liberamente (1)
             presenti nel web (2), potranno essere sfruttati dal Corpo nel perseguimento
             della propria mission istituzionale sine limene anche rispetto a profili di pri-
             vacy (3).
                  Il tema impone innanzitutto una descrizione di cosa rientri nel termine
             “big data”, evidentemente senza pretesa alcuna di esaustività e rimandando,
             per una compiuta disamina di tale aspetto, ad altri specifici contributi.
                  In via di prima approssimazione, dunque, può dirsi che non esiste una
             definizione universale e ufficiale di big data: per semplicità, possono dirsi
             essi il prodotto della raccolta massiva di dati personali originati digitalmente
             e in tempo reale dagli utenti delle piattaforme web e dei servizi on line (4).
                  Generati da diverse fonti (tanto in senso quantitativo che qualitativo),
             non è dunque difficile comprendere che si tratta di dati eterogenei, non ne-
             cessariamente strutturati né nominativi, che:
             - per la loro intrinseca caratteristica, diversità e formato non possono essere
                elaborati e archiviati dai data base tradizionali;
             - acquistano valore a seguito di un processo algoritmico c.d. di datizzazione,
                a mezzo del quale i singoli dati, tra loro interpolati, si trasformano in in-
                formazione (5).
                  Ancora, in via di ulteriore avvicinamento al tema del rapporto tra big
             data e privacy, va chiarito che le informazioni contenute oggi nelle banche

                   (1) Sul significato del termine liberamente: per semplicità si fa riferimento alle informazioni
             il cui reperimento non è subordinato all’accesso con username e password.
                   (2) Tecnicamente, web scraping.
                   (3) Invero, la velocità con cui il mondo e le comunità sociali si stanno evolvendo verso il
             digitale rende il tema di stretta attualità, tanto da rendere opportuno l’inserimento della citata
             tematica tra le prime pagine dell’agenda dei lavori dei policy maker e di coloro i quali – ivi
             incluso il Corpo – si troveranno in una posizione “dominante” rispetto allo sfruttamento delle
             informazioni digitali.
                   (4) Tra cui, ad esempio, le app, i giochi, i social media, i siti di eCommerce e i motori di
             ricerca.
                   (5) È proprio tale processo ad aver dato avvio a dibattiti attorno all’utilizzo che di tali dati
             si può fare (ed entro quali limiti), specialmente in ambito commerciale (atteso il loro utilizzo
             a fini di profilatura del cliente, scelte di marketing, previsioni sulle preferenze di acquisto, ecc.).

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             dati in uso al Corpo non possono tecnicamente considerarsi big data: la loro
             datizzazione difficilmente potrà, su base sistemica, portare a una analisi
             predittiva in senso stretto circa possibili trend “criminali” futuri, essendo
             piuttosto utile a riscostruire scelte e andamenti che appartengono alla sfera
             del presente (rectius, recente passato) e del passato con finalità di “targe-
             tizzazione operativa” nei diversi settori di intervento del Corpo.
                  Diverso è, invece, il potenziale esprimibile dall’acquisizione in rete di
             grandi masse di dati non già strutturati e la raccolta, anche massiva, di in-
             formazioni liberamente disponibili sul web.
                  In altri termini, si ritiene debba aversi chiara e netta, anche sotto il profilo
             linguistico, la distinzione tra analisi di rischio – per quanto vicina alla successiva
             implementazione operativa e già normativamente ammessa per il Corpo e le
             Agenzie fiscali (6) – e analisi predittiva, la cui funzione non è tanto la selezione
             di posizioni anomale per come emergenti dall’incrocio (più o meno elaborato
             e complesso) di informazioni “nativamente datizzate” e ordinatamente im-
             magazzinate nelle banche dati disponibili (7), quanto piuttosto identificare
             nuove potenziali minacce e tendenze, siano esse anonime (e quindi fotografe
             di un trend: “nel prossimo futuro ci sarà una esplosione degli investimenti di
             somme evase nel mercato immobiliare del Paese x”) o meno (e quindi iden-
             tificative di una o più posizioni ben individuate: “Tizio commetterà, con ogni
             probabilità, queste violazioni nel prossimo futuro”) (8).

                   (6) Su tutti, cfr. Legge 27 dicembre 2019, n. 160, recante il Bilancio di previsione dello
             Stato per l’anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022, che, all’art.
             1 commi da 681 a 686, stabilisce la legittimità dell’utilizzo, da parte dell’Agenzia delle Entrate
             e della Guardia di Finanza e sentito il Garante per la protezione dei dati personali, delle infor-
             mazioni contenute nell’archivio dei rapporti finanziari tenuto presso l’anagrafe tributaria, anche
             avvalendosi delle tecnologie, delle elaborazioni e delle interconnessioni con le altre banche
             dati di cui dispongono, allo scopo di individuare criteri di rischio utili per far emergere posizioni
             da sottoporre a controllo e incentivare l’adempimento spontaneo, nel rispetto di specifiche con-
             dizioni poste a protezione dei dati personali dei cittadini.
                   (7) Si fa riferimento, a titolo d’esempio, alle informazioni presenti in Web AT e in Serpico
             profilato.
                   (8) Si pensi, ad esempio, al potenziale esprimibile dall’analisi dei dati relativi alle pagine
             maggiormente visualizzate sulla rete attraverso i social network (anche in forma anonima e su

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                  Fugato l’equivoco su cosa debba intendersi per big data e analisi pre-
             dittiva, risulta di estremo interesse per il futuro utilizzo delle risorse e degli
             investimenti da parte del Corpo riflettere sul loro utilizzo e su eventuali
             limiti connessi.

             3. DIRITTO ALLA RISERVATEZZA E ALTRI DOVERI COSTITUZIONALI

                  Sinteticamente espresso il potenziale dei big data e in assenza di divieti
             e preclusioni assoluti alla raccolta (lecita) e all’utilizzo, da parte della Guardia
             di Finanza, di informazioni aliunde provenienti al fine della prevenzione,
             ricerca e repressione delle violazioni in materia economico-finanziaria (9),
             si impongono di seguito alcune brevi riflessioni in materia di bilanciamento
             dei poteri pubblici e diritti del cittadino, particolarmente in termini di rispetto

             base territoriale), ovvero alla frequenza nell’uso di determinate parole chiave: si tratta di elementi
             che possono agevolare la comprensione di futuri trend criminali.
                   (9) Cfr. D.Lgs. 19 marzo 2001, n. 68, art. 2 (Tutela del bilancio) 1. Fermi restando i compiti
             previsti dall’art. 1 della Legge 23 aprile 1959, n. 189, e dalle altre leggi e regolamenti vigenti,
             il Corpo della Guardia di Finanza assolve le funzioni di polizia economica e finanziaria a tutela
             del bilancio pubblico, delle regioni, degli enti locali e dell’Unione europea. 2. A tal fine, al
             Corpo della Guardia di Finanza sono demandati compiti di prevenzione, ricerca e repressione
             delle violazioni in materia di: a) imposte dirette e indirette, tasse, contributi, monopoli fiscali
             e ogni altro tributo, di tipo erariale o locale; b) diritti doganali, di confine e altre risorse proprie
             nonché uscite del bilancio dell’Unione europea; c) ogni altra entrata tributaria, anche a carattere
             sanzionatorio o di diversa natura, di spettanza erariale o locale; d) attività di gestione svolte da
             soggetti privati in regime concessorio, ad espletamento di funzioni pubbliche inerenti la potestà
             amministrativa d’imposizione; e) risorse e mezzi finanziari pubblici impiegati a fronte di uscite
             del bilancio pubblico nonché di programmi pubblici di spesa; f) entrate ed uscite relative alle
             gestioni separate nel comparto della previdenza, assistenza e altre forme obbligatorie di sicurezza
             sociale pubblica; g) demanio e patrimonio dello Stato, ivi compreso il valore aziendale netto
             di unità produttive in via di privatizzazione o di dismissione; h) valute, titoli, valori e mezzi di
             pagamento nazionali, europei ed esteri, nonché movimentazioni finanziarie e di capitali; i)
             mercati finanziari e mobiliari, ivi compreso l’esercizio del credito e la sollecitazione del pubblico
             risparmio; l) diritti d’autore, know-how, brevetti, marchi ed altri diritti di privativa industriale,
             relativamente al loro esercizio e sfruttamento economico; m) ogni altro interesse economico-
             finanziario nazionale o dell’Unione europea.

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             del diritto alla riservatezza (quale diritto strettamente connesso a quello,
             più ampio, della inviolabilità del domicilio di cui all’art. 14 Cost.) (10).
                  Più nel dettaglio e senza pretesa di esaustività, si ritiene di contribuire
             alla complessa tematica fornendo alcuni spunti critici sugli interessi in gioco
             e sui diritti che potrebbero tra loro trovarsi in posizione antinomica, anche
             attraverso l’analisi di alcune sentenze, nazionali ed europee.

             3.1 I fini istituzionali, l’interesse pubblico e i diritti individuali

                  L’argomento è di particolare interesse se solo si considera (e nella misura
             in cui) che l’eventuale ricerca e raccolta di big data, in una al loro trattamento
             è fatto, dal Corpo:
             - nel rispetto e nei limiti definiti delle norme vigenti;
             - ai soli fini istituzionali sanciti, in primis, dall’art. 2 D.Lgs. 19 marzo 2001,
               n. 68.
                  Fini istituzionali che rispondono, in prima battuta, non già a esigenze
             del singolo ma a istanze collettive e a princìpi Costituzionali cui dare at-
             tuazione; in tal senso, si potrebbe perciò affermare, in via di prima (ma
             anche di seconda) approssimazione, che le attività del Corpo sono funzionali
             alla concreta (e dalle singole leggi mediata) attuazione di precetti Costitu-
             zionali, ivi inclusi, tra gli altri (11):
             - l’art. 2, nella parte in cui enuncia il dovere di solidarietà politica, economica
               e sociale. Posto dalla Carta tra i valori fondanti l’ordinamento giuridico
               e riconosciuto al pari dei diritti inviolabili del cittadino, è uno dei doveri

                   (10) Art. 14 Costituzione.
                   Il domicilio è inviolabile.
                   Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri, se non nei casi e modi
             stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale.
                   Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica o a fini
             economici e fiscali sono regolati da leggi speciali.
                   (11) Per una compiuta disamina degli artt. 2, 3 e 53 Cost. si rimanda a S. BARTOLE – R.
             BIN, Commentario breve alla Costituzione, in Breviaria Iuris, 2008.

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               alla base della convivenza sociale normativamente prefigurata dal Costi-
               tuente (12).
               La forza del principio in argomento è tale da costituire, secondo alcuni,
               il leitmotiv della Costituzione (13) che provvede ad enunciarne alcuni
               espressamente (artt. 4, 48, 52 e 54), altri implicitamente (su tutti, il principio
               di capacità contributiva di cui all’art. 53);
             - l’art. 3, che stabilisce l’uguaglianza nei diritti e nei doveri dei cittadini.
               Unanimemente riconosciuto anch’esso quale principio fondamentale per
               l’intero edificio costituzionale, il principio costituisce, nelle sue molteplici
               declinazioni, un postulato essenziale per vagliare sia le legittimità delle
               leggi, sia l’operato dei Governi, tanto in senso formale (ne è corollario il
               principio di obbligatorietà dell’azione penale) che sostanziale.
               In relazione a tale ultimo profilo, il secondo comma dell’art. 3 impone
               alla Repubblica di “(…) rimuovere gli ostacoli di ordine economico e so-
               ciale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impe-
               discono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione
               di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del
               Paese (…)”.
               La Costituzione supera, dunque, la concezione liberale dell’eguaglianza
               formale dei soggetti che partecipano al contratto sociale e aderisce a una
               visione dinamica, per il raggiungimento di un modello di democrazia in-
               clusivo ed emancipatorio, con la consapevolezza di porre una sfida per-
               manente all’economia, alla politica e alle istituzioni.
               In tal senso, l’uguaglianza sostanziale non è solo una enunciazione di
               principio: si tratta piuttosto di uno scopo cui tendere attraverso un’attività
               di promozione (per mezzo dell’attività legislativa) e di garanzia (attraverso
               un controllo del rispetto delle leggi) delle Istituzioni (14);

                   (12) Corte Cost. sentenze n. 75 del 1992, n. 409 del 1989. Cfr. anche G.M. LOMBARDI,
             Contributo allo studio dei doveri costituzionali, 1967, p. 45 ss.; La solidarietà nell’ordinamento
             costituzionale, 2002.
                   (13) P. BARILE, Studi Elia, 1999, p. 137.
                   (14) Ivi incluso il Corpo.

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             - art 53 che – per quanto qui di interesse – afferma il dovere generalizzato
               di contribuzione alle spese pubbliche secondo la propria capacità con-
               tributiva.
               Il richiamo alle spese in realtà si ricollega al concetto di entrate, essendo
               le prime altro se non il risultato dell’azione pubblica verso la collettività
               resa possibile nei limiti della capacità che le seconde hanno di finan-
               ziarle.
               Le entrate pubbliche, in altri termini, rappresentano il mezzo di esplicazione
               dell’attività statale e costituiscono condizione di esistenza stessa delle
               istituzioni (15): la potestà impositiva, insomma, è correlata, come parte
               del medesimo rapporto (16), al dovere del singolo di contribuire alle spese
               della comunità, tanto da far sostenere a taluna dottrina che il potere im-
               positivo e il dovere contributivo non discenderebbero nemmeno dall’art.
               53 ma dai princìpi generali dell’ordinamento democratico che regolano
               la vita nella (e della) comunità.
               Sulla base di tali argomentazioni è oggi riconosciuto lo stretto legame del
               dovere di contribuzione a quelli di solidarietà sociale, politica ed economica
               di cui all’art. 2 Cost.: abbandonata la concezione della c.d. finanza neutrale,
               il tributo ha oggi una chiara funzione redistributiva ed extrafiscale della
               ricchezza, connessa all’esplicazione di un servizio alla collettività, in
               piena aderenza all’azione di rimozione degli ostacoli sancita quale obbligo
               dello Stato ex art. 3, comma 2 Cost.
               Un ultimo cenno, di fondamentale rilevanza ai nostri fini, va effettuato
               in relazione anche al concetto di interesse fiscale, sovente evocato in re-
               lazione all’art. 53 Cost.
               Secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale (17), esso:
               . rappresenta “(…) condizione di vita per la comunità, perché rende pos-
                  sibile il regolare funzionamento dei servizi statali (…)”;

                   (15) Cfr. Corte Cost. sentenze n. 45 del 1963, n. 91 del 1964 e n. 50 del 1965.
                   (16) I MANZONI, Il principio della capacità contributiva nell’ordinamento costituzionale
             italiano, 1965, p. 26.
                   (17) Cfr. Corte Cost. sentenze n. 45 del 1963, n. 91 del 1964 e n. 50 del 1965.

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               . si atteggia alla stregua di “(…) condizione trascendentale della vita in
                 comunità (…)”, al pari di ogni diritto individuale (18).
                  Ora, gli articoli sopra menzionati si rivolgono ai singoli quali membri di
             una comunità più che al cittadino singolarmente considerato: si tratta di diritti
             della collettività, di princìpi sui quali si fonda il concetto stesso di comunità,
             mentre l’art. 14 Cost. attiene, pur nella sua essenzialità, alla sfera del singolo.
                  Per tale motivo potrebbe risultare di interesse, ai fini della presente trat-
             tazione, volgere lo sguardo ai diritti e ai doveri costituzionali in un’ottica
             di bilanciamento di valori, chiedendosi se la privacy – quale esplicazione
             del diritto alla riservatezza e, in ultima istanza, dell’art. 14 Cost. – non debba
             recedere di fronte ai doveri di pari rango che tutelano non già il diritto del
             singolo ma l’intera collettività e che, in quanto tali, garantiscono l’esistenza
             stessa del patto sociale.
                  In questo senso può risultare opportuno interrogarsi sul valore delle
             norme costituzionali sopra riportate in relazione al diritto alla riservatezza
             del singolo, anche in considerazione del fatto che l’art. 53 Cost. se, da un
             lato, necessita di un comportamento proattivo del contribuente-cittadino,
             dall’altro è il pilastro fondante la legittimità dei poteri, più o meno invasivi,
             di cui l’Amministrazione fiscale e la Guardia di Finanza dispongono (19).
                  Si tratta di valutazioni che, peraltro, prendono le mosse dall’ulteriore
             ulteriore considerazione che il Regolamento Ue 2016/679 (General Data
             Protection Regulation – GDPR) (20):
             - “(...) non si applica a questioni di tutela dei diritti e delle libertà fonda-
               mentali o di libera circolazione dei dati personali riferite ad attività che

                   (18) Cfr. Corte Cost., sentenze n. 45 del 1963, n. 91 del 1964 e n. 198 del 1976.
                   (19) Nel prosieguo del lavoro si riporteranno le conclusioni della sentenza della Corte Co-
             stituzionale n. 218 del 1994 che, pur nell’ambito di un contesto molto particolare (il tema verteva
             sulla obbligatorietà di effettuazione di analisi cliniche per accertare la sieropositività di determinati
             classi di lavoratori) ha stabilito la prevalenza delle esigenze di tutela dell’interesse collettivo
             (alla salute pubblica) sul diritto alla riservatezza, poiché su di esso si fonda il patto sociale.
                   (20) Regolamento Ue 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016,
             relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali,
             nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la Direttiva 95/46/CE (regolamento
             generale sulla protezione dei dati).

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               non rientrano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, quali
               le attività riguardanti la sicurezza nazionale (…)” e nemmeno “(…) al
               trattamento dei dati personali effettuato dagli Stati membri nell’esercizio
               di attività relative alla politica estera e di sicurezza comune dell’Unione”,
               con ciò potendosi quantomeno dubitare della sua applicabilità anche alla
               materia della fiscalità diretta, ad oggi ancora esclusa dai processi di ar-
               monizzazione europea [cfr. Considerando n. 16 e art. 2, par. 2, lett. a),
               b), d)];
             - stabilisce che il tema della protezione delle persone fisiche con riguardo
               al trattamento dei dati personali da parte delle Autorità competenti
               “(…) a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento
               di reati o esecuzione di sanzioni penali, incluse la salvaguardia contro
               e la prevenzione di minacce alla sicurezza pubblica, e la libera circo-
               lazione di tali dati (…)” è fuori dall’applicazione dello specifico atto
               normativo.
               A esso, invece, si applicherà la Direttiva UE 2016/680 (21), a mezzo della
               quale potranno essere assegnati alle Autorità competenti compiti ulteriori,
               “(…) che non siano necessariamente svolti a fini di prevenzione, indagine,
               accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali,
               incluse la salvaguardia contro, e la prevenzione di, minacce alla sicurezza
               pubblica, affinché il trattamento di dati personali per tali altre finalità,
               nella misura in cui ciò ricada nell’ambito di applicazione del diritto del-
               l’Unione, rientri nell’ambito di applicazione (…)” del regolamento stesso
               (cfr. Considerando n. 19);
             - nel prevedere che:
               . “(…) per accertare la ragionevole probabilità di utilizzo dei mezzi per
                 identificare la persona fisica, si dovrebbe prendere in considerazione

                   (21) Direttiva Ue 2016/680 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016,
             relativa alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da
             parte delle Autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento
             di reati o esecuzione di sanzioni penali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga
             la decisione quadro 2008/977/GAI del Consiglio.

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                 l’insieme dei fattori obiettivi, tra cui i costi e il tempo necessario per
                 l’identificazione (…)”;
               . “(…) i princìpi di protezione dei dati non dovrebbero (…) applicarsi a
                 informazioni anonime, vale a dire informazioni che non si riferiscono
                 a una persona fisica identificata o identificabile o a dati personali resi
                 sufficientemente anonimi da impedire o da non consentire più l’iden-
                 tificazione dell’interessato (…)”,
               espressamente chiarisce la sua inapplicabilità ai dati anonimi ovvero
               a quei dati anonimizzati in maniera tale da rendere oltremodo diffi-
               coltosa l’attività di back tracing a un soggetto individuato (cfr. Con-
               siderando n. 26);
             - ammette il trattamento dei dati personali anche per finalità diverse da
               quelle per le quali gli stessi sono stati inizialmente raccolti, in quanto con
               esse compatibili. Per quanto concerne le attività del Corpo, dunque, deve
               potersi ammettere la liceità del trattamento del dato anche successivamente
               (e per finalità diverse, ancorché istituzionali) da quelle iniziali (cfr. Con-
               siderando n. 50);
             - stabilisce la liceità del trattamento dei dati personali quando necessario
               all’adempimento di un obbligo legale (al quale è soggetto il titolare del
               trattamento) e all’esecuzione di un compito di interesse pubblico o con-
               nesso all’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trat-
               tamento [cfr. art. 6, par. 1 lett. c) e lett. e)], disposizione, questa, che
               potrebbe rivelarsi utile laddove non si dovesse accogliere una visione
               delle diverse attività del Corpo quali rispondenti a esigenze di preven-
               zione, ricerca e repressione di violazioni (anche per l’ambito strettamente
               tributario).

             4. LA TEORIA DEL BILANCIAMENTO DEI DIRITTI

                 Come visto, la tematica in esame, articolata e complessa, attiene alla
             contrapposizione tra diritti del singolo e interesse pubblico, anche nella con-
             siderazione di alcune specifiche previsioni contenute nella normazione eu-
             ropea di riferimento.

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                  Orbene, quando (e se) simili diritti, di pari rango (costituzionale, nel
             caso in esame), vengano a trovarsi tra loro in conflitto, si deve ponderarli,
             contemperarli, coordinarli (22).
                  Il metodo del bilanciamento e armonizzazione dei valori e dei diritti
             fondamentali configgenti:
             - permette di interpretare in chiave sistematica la carta costituzionale (23);
             - è funzionale all’applicazione concreta di enunciati di principio che la carta
               costituzionale offre come assoluti, di frequente privi di un significato nor-
               mativo preciso o autosufficiente e affiancati l’un l’altro senza una preor-
               dinazione gerarchica o “(…) altro principio di coordinazione” (24);
             - non garantisce certezza o determinatezza rispetto a successive ponde-
               razioni dei medesimi diritti. L’interpretazione non ha valore assoluto
               ma è piuttosto la risultante di una valutazione avvenuta in uno specifico
               momento storico.
                  Da quanto sopra – e al netto di valutazioni attorno a princìpi, interessi e
             valori costituzionali – deriva che sovente l’attività della Corte si sostanzia nel
             bilanciamento tra diversi interessi, relativamente ai quali la stessa fornisce
             una propria valutazione in termini di maggiore o minore rilevanza, con la
             conseguenza di ritenere incostituzionale (o meno) una disposizione di legge
             che rispetto a tale lettura costituzionalmente orientata si ponga in contrasto.
                  Il bilanciamento (25) è, dunque, quella particolare tecnica di argomen-
             tazione adottata in via giurisprudenziale quale rimedio al conflitto generatosi
             tra princìpi o diritti.

                   (22) G. PINO, Teoria e pratica del bilanciamento: tra libertà di manifestazione del pensiero
             e tutela dell’identità personale, in Danno e responsabilità, n. 6 del 2003, p. 577.
                   (23) V. ANGIOLINI, Costituente e costituito nell’Italia repubblicana, 1995, p. 260 ss.
                   (24) V. ANGIOLINI, ibidem.
                   (25) Sul tema esiste una sconfinata produzione dogmatica. Su tutti, si rimanda a L. GIAN-
             FORMAGGIO, L’interpretazione della Costituzione tra applicazione di regole e argomentazione
             basata su princìpi, in Riv. int. fil. dir., 1985, 65103; R. ALEXY, Diritti fondamentali, bilanciamento
             e razionalità, in Ars Interpretandi, 2002, 7, pp. 131-144; G. ZAGREBELSKY, Il diritto mite. Legge
             diritti giustizia, Torino, 1992, p. 170 ss.; J.J. MORESO, Conflitti tra princìpi costituzionali, in
             Ragion pratica, 2002, p. 18; B. CELANO, Defeasibility e bilanciamento. Sulla possibilità di
             revisioni stabili, in Danno e responsabilità, 2003.

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             4.1 Il bilanciamento dei diritti fondamentali

                  Si devono distinguere i conflitti tra diritti che trovano la loro fonte nella
             legge (26) – per i quali sovente l’Autorità normativa ha già provveduto ex
             ante a disciplinare le modalità di esercizio del diritto, anche in rapporto ad
             eventuali posizioni giuridiche soggettive con esso in contrasto – dai diritti
             di rango costituzionale, in riferimento ai quali manca un criterio prestabilito
             di coordinamento e non è possibile ricorrere ai tradizionali criteri di soluzione
             delle antinomie; il tema dell’utilizzo dei big data in rapporto alla privacy
             attiene a quest’ultima forma di conflitto.
                  La tecnica del bilanciamento presiede, appunto, alla soluzione dei
             conflitti tra diritti di pari rango, posti ovvero riconducibili a norme di pari
             dignità nell’ambito della gerarchia delle fonti.
                  Se è vero, poi, che il bilanciamento è operato da Corti giudicanti, è al-
             trettanto vero che esso può avvenire ad opera di diversi organi giurisdizionali,
             i quali adottano diverse argomentazioni in relazione anche al diverso oggetto
             tipico della controversia.
                  Tale differenza, nel nostro ordinamento, è apprezzabile in particolare
             nelle decisioni delle Corti ordinarie e della Corte Costituzionale (27): un’a-
             nalisi delle decisioni di quest’ultima offre spunti interessanti, considerato
             che essa, a differenza delle Corti ordinarie giudica su fattispecie generali
             ed astratte e sulla conseguente conformità di una disposizione legislativa
             alla Costituzione.
                  In tale opera decisionale il giudice non può ricorrere al criterio:
             - lex superior derogat inferiori, in quanto trattasi di diritti di pari rango sul
                piano della gerarchia delle fonti;
             - lex posterior derogat priori, attesa l’identità del luogo di avvenuta loro
                codificazione;
             - lex specialis derogat generali, attesa l’impossibilità di rinvenire alcun
                rapporto di specialità.

                  (26) Ovvero in un regolamento o in un contratto.
                  (27) Sul tema, cfr. R. BIN, Diritti e argomenti. Il bilanciamento degli interessi nella giu-
             risprudenza costituzionale, Milano, 1992.

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                  Per tale motivo, il conflitto tra valori costituzionali dovrà essere risolto
             attraverso un’opera di bilanciamento guidata non da regole immutevoli nella
             loro generalità e astrattezza ma dal criterio della ragionevolezza, consistente
             nella “(…) capacità, almeno in parte di carattere intuitivo, di individuare
             una linea di condotta che risponda in modo adeguato alle peculiarità del
             caso in esame. Nel caso del bilanciamento fra principi in conflitto (…) la
             deliberazione giudiziale assume direttamente, senza mediazioni, i tratti del
             giudizio morale (…); il Giudice si pronuncia per così dire direttamente,
             senza essere soggetto a gran parte dei vincoli che abitualmente (almeno,
             così si ritiene) orientano la sua decisione, su questioni di giustizia. La
             metafora del bilanciamento, insomma, suggerisce un’immagine quasi sa-
             pienziale della decisione giudiziale (…)” (28).
                  Dall’accettazione di una simile concezione del bilanciamento consegue
             una significativa discrezionalità dei Giudici, i quali attribuiscono preferenza
             a un diritto o principio rispetto ad un altro senza, peraltro, garanzia alcuna
             di applicare in futuro il medesimo ordine di preferenza (29).
                  Insomma, da quanto sopra deriva che bilanciare gli interessi in posizione
             antinomica – come accade per la privacy, da un lato, e la pervasività degli
             strumenti a prevenzione e contrasto dell’evasione fiscale dall’altro (che pre-
             siedono al corretto esplicarsi degli artt. 2, 3 e 53 Cost.) e come potrà vero-
             similmente accadere quando si dovrà valutare la legittimità dell’utilizzo dei
             big data senza consenso da parte dell’interessato ai fini predittivi di pre-
             venzione, ricerca e contrasto dell’evasione fiscale – non sempre significa
             ponderare, ben potendo risolversi l’attività dell’interprete in un sacrificio,
             un accantonamento di un principio o un diritto a favore di un altro, seppure
             soltanto in relazione ad uno specifico caso concreto (30).

                  (28) B. CELANO, Giustizia procedurale pura e teoria del diritto, in M. BASCIU (a cura di),
             Giustizia e procedure. Dinamiche di legittimazione tra Stato e società internazionale, Milano,
             2002, 101-142, richiamato da G. PINO, op. cit.
                  (29) Tale discrezionalità ha portato a sostenere che il bilanciamento consiste in una
             “gerarchia assiologica mobile”. Cfr. R. GUASTINI, Princìpi di diritto e discrezionalità giudiziale,
             in Diritto pubblico, 1998; P. CHIASSONI, La giurisprudenza civile. Metodi d’interpretazione e
             tecniche argomentative, Milano, 1999, p. 287.
                  (30) G. PINO, ibidem.

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                Chiarito ciò, non rimane che analizzare alcuni arresti, anche recenti, in
             tema di bilanciamento tra privacy e altri diritti di pari rango.

             5. BIG DATA E RICERCA DEGLI EVASORI: LA SENTENZA 27 DICEMBRE 2019, N. 796
                DEL CONSEIL CONSTITUTIONNEL (31)

                  Se nel nostro ordinamento si sta discutendo dei limiti (in particolare in
             termini di privacy) alla raccolta, trattamento e utilizzo dei big data, anche
             per fini istituzionali, in altri Paesi già si registrano le prime pronunce delle
             Corti Costituzionali concernenti l’utilizzo che di essi si può fare.
                  È il caso della Francia, ove l’Amministrazione fiscale – giusta la pre-
             visione recata dall’art. 154 della Legge finanziaria per il 2020 – potrà
             avvalersi di algoritmi a fini antievasione: attraverso un’attività di ricerca e
             raccolta automatizzate delle informazioni presenti e liberamente disponibili
             nel web potranno essere recuperati dati utili alle attività di controllo fiscale
             di contribuenti persone fisiche e giuridiche.
                  Sulla costituzionalità della norma – in particolare nella parte in cui ha
             previsto, in via sperimentale, che l’Amministrazione fiscale e quella doganale
             possono raccogliere e utilizzare automaticamente i contenuti liberamente
             accessibili sui siti di alcuni gestori di piattaforme al fine di individuare vio-
             lazioni in materia fiscale e doganale – si è espresso in senso affermativo,
             in sede di c.d. controllo preventivo, il Conseil Constitutionnel con sentenza
             27 dicembre 2019, n. 796.
                  Non sono stati così ritenuti fondati i dubbi e le criticità avanzate, al-
             l’indomani della sua emanazione:
             - dalla Commission nationale de l’informatique et des libertés (il Garante
                per la privacy transalpino), a parere della quale la legge segnerebbe il pas-
                saggio dalla legittimità dell’uso di informazioni reperite su un dato soggetto,

                  (31) Per un primo commento alla sentenza, si rimanda a F. VALERINI, Legittimi gli algoritmi
             a servizio del fisco francese per scovare gli evasori grazie al web, in Diritto & Giustizia del 7
             gennaio 2020.

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               a monte identificato, alla (dubbia) legittimità della sorveglianza massiva
               (e conseguente identificazione del soggetto target a posteriori);
             - dai ricorrenti, a parere dei quali punctum dolens della norma risiederebbe
               non solamente nella circostanza per cui lo strumento antievasione non
               avrebbe potuto essere introdotto con Legge finanziaria (32), ma anche (e
               soprattutto) nella sua incostituzionalità; istituendo, infatti, un sistema di
               sorveglianza della rete automatizzato e gestito da un algoritmo, si deter-
               minerebbe una violazione:
               . del diritto al rispetto della vita privata;
               . del diritto alla protezione dei dati personali;
               . della libertà di espressione e di comunicazione.

             5.1 Le argomentazioni della Corte francese

                  Ai nostri fini, molteplici sono le riflessioni di interesse nella decisione
             della Corte.
                  In primo luogo, rispetto alla circostanza per cui il nuovo strumento po-
             trebbe limitare in maniera ingiustificata e sproporzionata il diritto della vita
             privata e delle comunicazioni, la Corte ha sostenuto che se da un lato è vero
             che “(…) la memorizzazione, la conservazione e la consultazione delle co-
             municazioni di dati personali devono essere giustificati da un motivo di in-
             teresse generale e messe in pratica in maniera adeguata e proporzionale al-
             l’obiettivo perseguito (…)” e che la libertà delle comunicazioni rappresenta
             uno dei diritti più preziosi (33), dall’altro nel caso di specie il Legislatore
             – cui spetta il bilanciamento dei diritti – ha assegnato più alta priorità al raf-
             forzamento degli strumenti a disposizione dello Stato nella lotta alle frodi
             e all’evasione fiscale per l’accertamento del rispetto del dovere alla giusta

                   (32) In relazione a tale eccezione, il Conseil ha ritenuto che la norma (la quale si prefigge
             lo scopo di fornire l’Amministrazione fiscale e doganale di nuovi strumenti antievasione) sia
             stata inserita in una fonte di diritto idonea allo scopo (la legge finanziaria).
                   (33) “(…) un des droits les plus précieux de l’homme (…)”.

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             contribuzione da parte dei membri della comunità, da intendersi quale di-
             ritto-obiettivo di pari rango rispetto alla vita privata e alla libertà delle co-
             municazioni.
                   Fatto salvo, in ogni caso, il rispetto delle regole sulla legittimazione al-
             l’accesso e sui tempi di conservazione dei dati raccolti, la Corte ha ulterior-
             mente chiarito che al fine del corretto bilanciamento dei diritti in gioco:
             - le informazioni e i dati di cui è ammesso l’utilizzo sono quelli liberamente
                accessibili e non, invece, quelli che richiedono una password ovvero una
                registrazione a un sito ovvero ancora quelli che, in ogni caso, non sono
                stati resi manifestamente pubblici dagli utenti;
             - rimangono esclusi (e quindi non potranno essere utilizzati, nemmeno se
                liberamente disponibili) i dati “sensibili” (e a maggior ragione, sensibi-
                lissimi) potenzialmente rivelatori:
                . della origine razziale o etnica;
                . delle opinioni politiche;
                . delle credenze religiose o filosofiche;
                . dell’appartenenza sindacale di una persona;
                . dei dati genetici e biometrici e quelli riguardanti la salute e la vita;
                . dell’orientamento sessuale.
                   In secondo luogo, la Corte si è soffermata nello svolgere alcune consi-
             derazioni concernenti l’utilizzo delle informazioni acquisite con algoritmo.
                   In particolare, in tema di valore dei dati ai fini fiscali, i Giudici hanno
             stabilito non che gli elementi raccolti non possano essere utilizzati ai fini
             dell’individuazione di soggetti target (34), quanto piuttosto che nessun pro-
             cedimento penale, fiscale o doganale potrà essere avviato senza una valu-
             tazione individuale, non automatizzata, delle singole posizioni emerse (35).

                   (34) Per quanto di interesse del Corpo, si potrebbe parlare di soggetti da inserire in liste
             nominative di segnalazioni operative qualificate ovvero nelle programmazioni annuali e semestrali
             dei soggetti da sottoporre a verifica fiscale).
                   (35) La Corte ha altresì stabilito che il nuovo strumento non potrà essere utilizzato,
             risultando la norma in parte qua contraria a Costituzione, in ipotesi di mancata o ritardata dichia-
             razione fiscale. In una simile circostanza, infatti, l’Amministrazione dovrà aver già comunicato

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                  In terzo luogo, il Conseil ha chiarito che spetta al potere regolamentare,
             sotto la supervisione del Giudice, garantire che gli algoritmi utilizzati da queste
             operazioni di trattamento consentano solo la raccolta, l’uso e la memorizzazione
             dei dati strettamente necessari per tali scopi e nei limiti previsti dall’art. 154.
                  Il che equivale a dire che si dovrà porre particolare attenzione alla ti-
             pologia di dato raccolto e informazione elaborata, senza sottovalutare la
             circostanza che si tratta di elementi la cui valutazione deve esclusivamente
             spettare agli organi di controllo ovvero alla stessa funzione giusdicente (con
             ciò volendo suggerire che non potrà di certo essere l’Autorità per la tutela
             della privacy a stabilire se una informazione – su tutti, ad esempio, la con-
             servazione di tutti i dati riportati in fattura elettronica ex art. 21 D.P.R. n.
             633 del 1972 – è utile o meno ai fini antievasione).
                  Posto quanto sopra, la sentenza in esame, pur rappresentando un punto
             di partenza nel dibattito concernente l’utilizzo dei big data ai fini antievasione,
             non sembra invece offrire, ancora, soluzioni al tema, pur toccato dai Giudici,
             del passaggio dall’attività di ricerca di fonti di informazione sul web dal
             livello “individuale” a quello “sistematico”.
                  Si tratta di una tematica che rappresenta una delle grandi questioni
             attorno alla sorveglianza effettuata per mezzo di algoritmi.
                  Se, infatti, la ricerca su base individuale è già in uso, perlomeno in Italia,
             dove è ammessa l’attività di ricerca di ogni elemento non risultanti dalle
             banche dati, anche attraverso la consultazione di fonti aperte, per l’acqui-
             sizione di ogni utile elemento di conoscenza sul contribuente da sottoporre
             a controllo e sull’attività da questi esercitata, così non è per le attività di ca-
             rattere sistematico.
                  La sistematizzazione della ricerca, infatti, imporrà, nel prossimo futuro,
             nuove riflessioni:
             - sul rapporto tra l’Amministrazione e il singolo nell’attività di bilanciamento
                della sfera delle libertà private e con quella degli altri valori costituzionali,

             al contribuente di dover presentare la dichiarazione. Sembra essere un profilo legato alla pro-
             porzionalità della misura: trattandosi infatti di elementi già a conoscenza del Fisco non vi sono
             ragioni per ricorrere a meccanismi automatizzati.

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               in specie quelli che tutelano gli interessi collettivi, di cui si è già detto nei
               paragrafi che precedono;
             - sul ruolo e sui limiti all’uso dell’intelligenza artificiale;
             - sulle modalità di costruzione degli algoritmi e loro libera conoscibilità ai
               soggetti potenzialmente vigilati (36).

             6. LA    SENTENZA DELLA       CORTE COSTITUZIONALE 2        1971, N. 10
                                                                               FEBBRAIO                  IN
                  TEMA DI LIBERTÀ DEL DOMICILIO E DIRITTO ALLA RISERVATEZZA (37)

                  A livello domestico, il tema del bilanciamento dei diritti rappresenta
             uno dei momenti più significativi di intervento della Corte Costituzionale.
                  In particolare, in materia di diritto alla riservatezza la Carta Costituzionale
             attraverso l’art. 14 ha inteso tutelare in maniera oltremodo ampia la sfera
             privata dell’individuo entro la quale – riconoscibile anche spazialmente –
             lo stesso può svolgere ogni attività lecita in maniera riservata e senza alcuna
             interferenza esterna.
                  In tal senso, la libertà del domicilio tutela anche il diritto alla riservatezza
             e alla privacy di cui al Reg. Ue 2016/789 e D.Lgs. n. 196 del 2003.
                  Orbene, l’art. 14, comma 3 Cost. in deroga alla disciplina generale, sta-
             bilisce che – inter alia – gli accertamenti e le ispezioni presso il domicilio
             per motivi fiscali sono ammessi e sono regolati da disposizioni speciali.
                  Sul tema pare utile richiamare la sentenza 2 febbraio 1971, n. 10, nel
             cui ambito la Corte Costituzionale ha ammesso alcune deroghe alla garanzia
             della libertà domiciliare laddove giustificate dalla necessità di garantire la
             più ampia tutela del prevalente interesse generale.
                  Nell’occasione, non si è assistito a una azione di bilanciamento rispetto
             a un medesimo diritto (come avvenuto nell’ambito della sentenza n. 218

                   (36) Cfr. sul tema, la “Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Con-
             siglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni” [documento n.
             COM(2019) 168 final].
                   (37) T. MARTINES, Diritto Costituzionale, 2011, p. 379 ss.

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             del 1994 – vedi successivo § 7) ponderandone la portata e i limiti tra singolo
             individuo e collettività, ma piuttosto alla limitazione di un diritto tipicamente
             individuale a favore di uno posto a tutela della “comunità-Stato”.
                  Nello specifico, la controversia riguardava la supposta illegittimità co-
             stituzionale dell’art. 8 del D.P.R. 19 marzo 1955 n. 520, il quale attribuiva
             agli ispettori del lavoro la facoltà di visitare:
             - laboratori, opifici, cantieri ed i lavori, in quanto sottoposti alla loro vigilanza,
                nonché i dormitori e refettori annessi agli stabilimenti;
             - locali annessi a luoghi di lavoro e direttamente o indirettamente connessi
                con l’esercizio dell’azienda, in caso di fondato sospetto che fossero stru-
                mentali a compiere o nascondere violazioni di legge.
                  Il contrasto all’art. 14 Cost., in particolare, risiedeva nel fatto che:
             - il Decreto che comprendeva la disposizione impugnata, recante la “Rior-
                ganizzazione centrale e periferica del Ministero del Lavoro”, non sarebbe
                rientrato nella categoria delle leggi speciali per “fini economici” di cui al
                comma 3 del detto art. 14 Cost.;
             - la disposizione impugnata non conteneva una disciplina per l’esecuzione
                degli atti di coercizione da essa previsti, non ponendo limiti alla facoltà
                dell’ispettore di introdursi nei locali anche solo indirettamente connessi
                con l’esercizio dell’azienda senza il preliminare vaglio dell’Autorità giu-
                diziaria.
                  Nell’occasione la Corte ha stabilito non sussistere alcun contrasto con
             l’art. 14 cit. poiché – ex multis e analogamente a precedenti decisioni –
             “(…) le esigenze di soddisfare interessi generali protetti dalla Costituzione
             si impongono e vanno soddisfatte anche nel conflitto con l’interesse alla
             inviolabilità del domicilio (sentenza n. 45 del 1963 e sent. n. 61 del 1964)
             (…)”.
                  E, agli occhi della Corte, quanto sopra non sta ad indicare che il diritto
             alla libertà del domicilio (e, dunque, anche il diritto alla riservatezza, che
             del primo rappresenta una species) abbia una resistenza minore di altri diritti
             costituzionalmente garantiti, ma piuttosto che “(…) la tutela di esso trova
             dei limiti, posti dalla stessa Costituzione, nella tutela di interessi generali
             anch’essi da questa protetti (…)”.

              Rivista della Guardia di Finanza – n. 6 del 2021
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                  Limiti cui il diritto soggiace anche di fronte a norme dettate a fini eco-
             nomici, tra cui vi rientrano la tutela del lavoro e la previdenza sociale, con-
             siderati quali elementi essenziali dell’ordinamento della vita economica,
             inscindibilmente connessi con gli altri aspetti dell’organizzazione economica
             e dell’attività produttiva.
                  Nel caso concreto, inoltre, la Corte ha sottolineato che “(…) se, per
             poter accedere ai locali e compiere la visita, si richiedesse la comunicazione
             di un preavviso al titolare dell’impresa (…) il risultato sarebbe (…) di porre
             l’interessato in condizione di eludere gli scopi della visita, rendendo così
             inefficace e sostanzialmente inoperante la funzione di vigilanza affidata al-
             l’Ispettorato (…)”.
                  Mutatis mutandis, laddove si ammettesse l’impossibilità, da parte del-
             l’Amministrazione fiscale ai fini di analisi anche operativa, di:
             - trattare masse di dati, anonimizzati o meno;
             - disporre di ogni elemento contenuto nella fattura elettronica per il tempo
                utile all’accertamento ai fini fiscali,
             si correrebbe il concreto rischio di:
             - non garantire il corretto bilanciamento del diritto alla riservatezza con
                altri, pari rango valori costituzionalmente tutelati, quali il dovere di soli-
                darietà, il principio di uguaglianza e di capacità contributiva;
             - frustare la portata delle norme a tutela del corretto adempimento dell’ob-
                bligazione fiscale da parte dei cittadini, ivi incluse quelle che assoggettano
                quest’ultimo ad atti di controllo amministrativo per riconosciuti fini di
                interesse generale.

             7. LA SENTENZA 23 MAGGIO 1994, N. 218 DELLA CORTE COSTITUZIONALE

                 Da ultimo, in tema di contrasto tra diritto individuale alla riservatezza
             e diritti della collettività la Corte Costituzionale, con sentenza 23 maggio
             1994, n. 218 ha ad esempio dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 5, commi
             3 e 5 della Legge 5 giugno 1990, n. 135 per la lotta all’AIDS nella parte
             ove non prevedeva accertamenti sanitari dell’assenza di sieropositività come

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             condizione per l’espletamento di attività che comportano rischi per la salute
             di terzi.
                  Nell’occasione, la Corte (e il Pretore rimettente) ha evidenziato che la
             Legge n. 135 – informata certamente a princìpi di alto valore sociale di non
             discriminazione e isolamento, nemmeno sui luoghi di lavoro, delle persone
             sieropositive (38) – presentava profili di contrasto con l’art. 32 della Costi-
             tuzione (39), non consentendo, per le attività che presentavano rischio di
             trasmissione dell’infezione, di effettuare accertamenti sanitari, anche contro
             la volontà dell’interessato, con le dovute garanzie di riservatezza ed al fine
             di tutelare la salute come interesse della collettività e dei terzi.
                  In particolare, la Corte ha ricordato che il diritto alla tutela della salute
             (ma, si potrebbe aggiungere, alla pari di ogni altro diritto) implica e comprende
             il dovere del singolo di non ledere né porre a rischio la salute altrui, in os-
             servanza del principio generale che vede il diritto di ciascuno trovare un
             limite nel reciproco riconoscimento e nell’eguale protezione del coesistente
             diritto degli altri.
                  In tal senso, ha stabilito la Corte, le “(…) simmetriche posizioni dei singoli
             si contemperano (…) con gli interessi essenziali della comunità (…)”.
                  Si ritiene l’arresto di nostro interesse, atteso che la Corte sembra aver
             basato le proprie conclusioni sulla decisiva argomentazione secondo la quale
             l’art. 32 della Costituzione:
             - prevede un contemperamento del coesistente diritto alla salute di ciascun
                individuo;
             - implica il bilanciamento di tale diritto con il dovere di tutelare il diritto
                dei terzi;

                   (38) Ovvero affette da AIDS.
                   (39) Art. 32.
                   La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della
             collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
                    Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione
             di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona
             umana.

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             - ammette l’effettuazione di trattamenti sanitari laddove correlata all’esigenza
               di tutelare la salute della collettività.
                  In definitiva, per quanto qui di rilievo viene alla luce – pur in un contesto
             assolutamente diverso rispetto a quello dell’utilizzo dei big data (ma non
             solo, a meno che non si considerino i dati fattura, da soli, big data) in chiave
             antievasione – il tema del rapporto tra diritti dell’individuo e della collettività:
             addirittura, nel caso di specie, i dati oggetto di valutazione erano, nella ter-
             minologia del GDPR, dati sensibilissimi.

             7. CONCLUSIONI

                  Conclusivamente, si può tentare di rispondere al quesito iniziale: vi sa-
             ranno, nel prossimo futuro, criticità all’utilizzo dei big data e dei modelli
             di analisi predittiva nello svolgimento (e per il raggiungimento) degli obiettivi
             assegnati alla Guardia di Finanza in termini di tutela del diritto alla riser-
             vatezza?
                  Attesa la fisiologica invasività delle informazioni disponibili nel web,
             è certamente ipotizzabile una crescita delle istanze di tutela della privacy.
                  Al contempo, vi sono alcuni elementi che tendono a ipotizzare una pos-
             sibile, ampia libertà di utilizzo dei dati lecitamente raccolti nella rete.
                  In primo luogo, le considerazioni della Corte francese, che hanno colto
             nel segno uno dei cardini della questione: fintanto che si tratta di informazioni
             liberamente disponibili non si pongono problemi circa la legittimità del loro
             utilizzo. Se tale regola vale ai fini antievasione, non si vede perché, a maggior
             ragione, non dovrebbe valere per gli altri settori della mission istituzionale
             del Corpo.
                  I corollari di una simile impostazione sono perlomeno duplici:
             - da un lato la necessità di adottare un diverso approccio laddove la ricerca
                e l’acquisizione – perlomeno di tipo massivo – sia indirizzata verso big
                data protetti da username e password;
             - dall’altro, si deve da subito affrontare il tema, assai delicato, attinente alla
                possibilità che i dati raccolti dalle Istituzioni, pur per fini pubblici e in

                                                                                     Tecnica Professionale
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