L'esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna
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“Chi ha visto me ha visto il Padre” - 3° Convegno Nazionale degli Iconografi e degli Amici dell’Iconografia - Roma, 24-26 settembre 2010 La discesa agli inferi L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna Scuola di iconografia cristiano‐orientale di Tempio Pausania (OT) Euromediterraneo ‐ ISSR Relatrice Arch. Cecilia M.V. Sanna L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 1
“Chi ha visto me ha visto il Padre” - 3° Convegno Nazionale degli Iconografi e degli Amici dell’Iconografia - Roma, 24-26 settembre 2010 Sintesi Il patrimonio di conoscenze sardo, fecondato dalla cultura di Bisanzio che, dal secolo VI al X, dominò la Sardegna, ha espresso, nei secoli, un linguaggio autonomo ma arricchito, tra gli altri, anche del lessico bizantino. Un millennio di assoluto distacco dal mondo greco non ha cancellato le tracce che, tuttora, persistono negli usi e nei costumi come nei canti religiosi, nelle immagini tessute al telaio, nelle decorazioni ceramiche, nei vocaboli della lingua sarda ancora in uso, nella toponomastica, nei nomi di persona, nella venerazione di santi del menologio orientale1. Nel XXI secolo, veicolata dal sacerdote armeno don Hovsep Achkarian, iconografo e studioso dell’arte iconografia2, l’antica cultura bizantina, nello specifico ambito di tale arte sacra, ha fatto ritorno in Sardegna per dar vita ad una scuola che va esprimendo le proprie icone sul filo della tradizione ma ragionevolmente radicate nel contesto della cultura locale. Nel recepire i canoni dell’antica arte iconografica la Sardegna ha fatto propria un’importantissima eredità sulla quale sta fiorendo una particolare sintesi artistica; attraverso di essa, anche per gli iconografi del luogo, è divenuto possibile esprimere, con linee e colori, l’eterna e misteriosa Bellezza di Dio. La relazione presenta, a titolo esemplificativo alcune tipologie di icone scritte secondo questi orientamenti. Indice 1. Introduzione 2. La Scuola di Iconografia cristiano‐orientale dell’Istituto Euromediterraneo ‐ ISSR di Tempio Pausania 3. Il contesto storico 4. Problematiche della pittura su tavola dal IV al XI secolo 5. L’ esperienza della scuola iconografica di Tempio Pausania 6. Alla ricerca di un campo di espressione per uno stile sardo 7. Presentazione di alcune icone scritte secondo gli orientamenti della Scuola L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 2
“Chi ha visto me ha visto il Padre” - 3° Convegno Nazionale degli Iconografi e degli Amici dell’Iconografia - Roma, 24-26 settembre 2010 1. Introduzione Situata nel cuore del Mediterraneo occidentale, la Sardegna dista dalla terraferma molto più di tutte le altre isole; la sua posizione geografica è causa di oggettivi svantaggi legati all'accentuata insularità che, tra le altre cose, ne penalizza la crescita culturale. Nello specifico di ciò che ci concerne, ovvero l’arte delle icone, si risente della penuria di incontri, esposizioni, conferenze, occasioni diverse di confronto, utili a favorire lo scambio di informazioni e di esperienze, molto più presenti e accessibili nelle altre regioni d’Italia. La ragione di tutto ciò è da cercare nell’oggettiva difficoltà di spostamento appena mitigato dal continuo evolversi dei collegamenti con l'esterno, specie quelli aerei, che sembrano tendere verso una sempre più reale continuità territoriale con la penisola, condizione necessaria per porre la Sardegna nelle condizioni di non subire negativamente il proprio status insulare e di sentirsi concretamente proiettata verso il mondo3. La presenza al convegno della Scuola iconografica dell’Euromediterraneo nasce proprio dalla necessità di creare i contatti utili ad accorciare le distanze nonché dalla volontà di gettare un ponte culturale tra la nostra e le altre scuole utili a superare il gap geografico che ci caratterizza e ad allacciare una rete di scambi fatta di reciproche conoscenze e di esperienze condivise perseguendo nel comune obiettivo di contribuire alla diffusione ed alla crescita della pratica iconografica in Italia. 2. La scuola di iconografia cristiano‐orientale di Tempio Pausania La scuola di iconografia cristiano‐orientale, rappresentata dalla sottoscritta in qualità di collaboratrice di don Hovsep Achkarian, è localizzata a Tempio Pausania, Diocesi di Tempio Ampurias, nel nord Sardegna, cuore della Gallura montana, e fa capo all’Istituto Euromediterraneo‐ISSR, Scuola Internazionale di Formazione, Ricerca e Specializzazione 4, collegata con la Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna che ha sede in Cagliari. L’Euromediterraneo, diretto da don Gianfranco Saba, è una realtà culturale bipolare articolata nei centri di Olbia e Tempio Pausania, intorno ai quali gravita un’area particolarmente aperta a forti flussi di mobilità umana di origine insulare, nazionale ed internazionale. L’Istituto intende favorire lo sviluppo del nuovo umanesimo cristiano attraverso nuovi orizzonti di formazione, di ricerca e di animazione interculturale sulla base del principio secondo cui la teologia non conosce confini, né di soggetti né di oggetti. In particolare l'Istituto si caratterizza per la sua spiccata vocazione all'apertura interculturale e interreligiosa, volendosi caratterizzare quale polo internazionale di incontro tra le culture e le religioni che si affacciano sul Mediterraneo. Ne sono segno vivo le reti di partnership e di affiliazione con svariate istituzioni culturali e religiose dalla Germania al Marocco, dalla Francia a Israele e a Malta. Il corso di iconografia, di durata triennale, ha alle spalle oltre dieci anni di attività ed è già un dato di fatto nella direzione che persegue l’Euromediterraneo nel promuovere il dialogo interreligioso ed interculturale e la Scuola iconografica, per il suo approccio metodologico verso tutte le culture di matrice bizantina, costituisce già un passo importante verso un itinerario di spiritualità artistica senza confini. L’icona, precedendo le divisioni storiche tra cristiani d’Oriente e cristiani d’Occidente, rappresenta il simbolo della continuità della fede cristiana e ne diviene importante strumento ecumenico. L’incontro tra Occidente e Oriente cristiano, ha avuto luogo alla Scuola dell’Euromediterraneo, grazie a padre Hovsep Achkarian, iconografo cattolico nato in Libano da genitori armeni e formatosi al monastero armeno‐ortodosso “Santa Madre di Dio” a Bikfaya, dove gli sono stati affidati i più antichi segreti dell’arte dello scrivere le icone di cui, oggi è divenuto il custode. Sotto la sua guida è possibile compiere un percorso formativo completo che, alle acquisizioni delle basilari conoscenze tecniche dell’arte sacra delle icone, affianca, tra le altre discipline, lo studio della teologia dell’icona, della simbologia biblica, della storia dell’icona, dell’esegesi e della riflessione sulla Parola, indispensabili per la formazione e la crescita spirituale di un iconografo. Padre Achkarian, ha reso possibile il contatto tra l’articolata cultura sarda e l’universo di conoscenze proveniente dall’antico Oriente Cristiano, quando la Chiesa delle origini, ancora indivisa, ha codificato la teologia in immagini che ha legittimato l’esistenza dell’icona come pagina della Bibbia scritta con il linguaggio della bellezza ellenistica, l’illustrazione del mistero dell’amore. L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 3
“Chi ha visto me ha visto il Padre” - 3° Convegno Nazionale degli Iconografi e degli Amici dell’Iconografia - Roma, 24-26 settembre 2010 3. Il contesto storico La Sardegna, crocevia di antiche rotte e navigazioni, sin dall'antichità ha stimolato l'interesse di diverse potenze coloniali ed ha subìto un succedersi di dominazioni straniere che, al di là di altre considerazioni di merito, hanno prodotto un indubbio arricchimento per la cultura locale fatto di scambi e di circolazione di nuove fogge stilistiche che, sempre seguite da un processo di distillazione da parte della cultura del luogo, sono andate stabilmente insediandosi nel patrimonio di conoscenze collettivo. Ciò ha prodotto una cultura autoctona che, senza mai abbandonare le sue origini, è caratterizzata dall’apporto multietnico delle diverse civiltà che sono approdate nell’Isola, di cui qualcuna, come il caso della civiltà bizantina, ha lasciato i segni più indelebili e duraturi5. La cultura bizantina non è affatto estranea alla tradizione sarda, la storia della Sardegna, già provincia romana, comincia a divergere da quella dell'Occidente romano‐barbarico e ad entrare in una vera e propria fase bizantina nel 534 quando l’isola, dopo un breve intervallo di dominio Vandalico, viene riconquistata da Giustiniano e torna a far parte dell'impero romano che ha il suo baricentro a Costantinopoli. La Sardegna, bizantina dal VI al X secolo, è caratterizzata da una storia differente da quella italica ed europea sia perché sfugge alle orde barbariche che spadroneggiano nella Penisola, sia perché non entra nella sfera carolingia e feudale del regno dei Franchi; essa diviene una delle sette province dell’Esarcato d’Africa nella rete della collaudata organizzazione statale bizantina e, pur essendo una provincia ai confini dell'impero, è considerata da Bisanzio un territorio di interesse per posizione geografica, produzioni cerealicole e ricchezza di metalli. Per quattro secoli Bisanzio esercita direttamente il suo potere e nei tre secoli successivi continuerà a far sentire il peso della sua cultura e della sua civiltà grazie alla presenza massiccia degli ordini monastici bizantini, i quali, nell’opera di evangelizzazione degli abitanti, si erano trovati la strada spianata dai vescovi e dai cristiani precedentemente deportati in Sardegna dai vandali6. Fu l'intensificarsi della presenza araba nel mediterraneo occidentale a rendere problematici i contatti con la madrepatria; tra il 700 e il 1000 gli Arabi tentarono a più riprese di conquistare la Sardegna senza mai riuscirvi, ma l’occupazione di Creta e della Sicilia nell'827 da parte dell'Islam segna il cammino dell'isolamento della Sardegna da Bisanzio non più in grado di garantire la difesa dell’isola lasciata in balìa delle incursioni saracene sempre più frequenti. Gli Arabi, di fatto, controlleranno tutto il Mediterraneo occidentale fino ai primi secoli del Mille7. Una società di sussistenza e conservatrice, assoggettata per quattro secoli al dominio dell’Impero Romano di Oriente, ha acquisito la civiltà bizantina nei suoi aspetti molteplici e ne ha interiorizzato l’estetica dominante che impone la perfezione del prototipo e la sua immutabilità nella continua ripetizione, come nel caso delle icone, la strada liturgica ha fatto il resto. Veicolato nell'Isola dai Monaci greci di rito ortodosso, il cristianesimo, si è andato sostituendo al paganesimo dei Sardi8 ; nato ad Oriente e carico di simbolismi forgiati sui modelli ellenistici e su quelli anticlassici dell’Antico Oriente, il linguaggio plastico del cristianesimo si è naturalmente innestato sulla cultura sarda e si è fortemente radicato al punto che quelle acquisizioni primarie sono andate rafforzandosi fino a vivere quasi come interferenze i successivi secoli di cultura iberica che, pur apportando evidenti arricchimenti culturali, non ha prodotto verso la forma artistica in generale deviazioni sostanziali dall’approccio metodologico tipicamente bizantino. L’influsso bizantino è penetrato nella cultura, nella religione, nell’arte; le usanze greche sono state rapidamente assimilate dai sardi che facevano uso nelle chiese e nelle cancellerie della lingua greca, del menologio orientale con il conseguente utilizzo di nomi greci da imporre ai bambini, del battesimo alla greca, (per immersione) e adottarono, altresì, l’usanza di far iniziare l’anno il 1° settembre; al contempo si affermarono nuove forme di culto come la venerazione della Vergine dormiente, la Madonna d’Itria o Odigitria, dell’imperatore Costantino, degli Angeli9. L’adesione al rito greco scomparve solo all’epoca di papa Gregorio VII (1073‐1085) che, perseguendo il disegno politico‐religioso di portare la Sardegna, legata a riti e tradizioni religiose bizantine, nell'ambito della Chiesa di Roma, per diffondere nell'isola il rito latino, promosse l'arrivo del monachesimo occidentale dei Vittorini, benedettini dell'abbazia di San Vittore di Marsiglia che, avendo accolto nel loro eremo alcuni monaci bizantini discepoli della regola di San Benedetto vantavano la conoscenza della lingua greca e del culto ortodosso che agevolava il rapporto con la realtà sarda, intrisa di cultura bizantina10. L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 4
“Chi ha visto me ha visto il Padre” - 3° Convegno Nazionale degli Iconografi e degli Amici dell’Iconografia - Roma, 24-26 settembre 2010 4. Problematiche della pittura su tavola in Sardegna dal IV all'XI Sotto la dominazione bizantina la Sardegna fu soprattutto un avamposto militare e una terra su cui esercitare pesanti drenaggi fiscali e sfruttamento delle ricchezze naturali. Per questo, presumibilmente, la grande committenza brillò, allora come sempre, di cronica assenza; di fatto, non sono sopraggiunte fino a noi opere d’arte di rilievo sia negli edifici di culto che del potere civile, ma condividiamo quanto dice la storica dell’arte Renata Serra: “La produzione artistica non poteva non essere adeguata al livello toccato dalla cultura cristiana durante l’alto medioevo e soprattutto alla portata del livello dell’influsso esercitato dallo stile bizantino sulla tradizione artistica locale fin quasi ai nostri giorni”. 11 Una storia dell'arte altomedievale in Sardegna è possibile soltanto come storia di frammenti, sia pittorici sia scultorei. Mentre è possibile attribuire alla dominazione bizantina la nascita di numerose chiese con impianto planimetrico a croce greca e cupola emisferica sul tipo della grande Basilica di S. Sofia a Costantinopoli e di cui S. Saturno a Cagliari e S. Giovanni in Sinis sono le più significative ed ancora è possibile riferire dell’esistenza della chiesa di Sant’Andrea Priu presso Bonorva (SS)12 considerata la più antica chiesa rupestre cristiana in Italia, il quadro della pittura in Sardegna dal IV all'XI secolo si presenta povero e non omogeneo, rispetto ad altre aree mediterranee interessate dall'irradiazione della cultura artistica romana e costantinopolitana. Stranamente in Sardegna non sono stati rinvenuti dipinti su tavola e non vale a dimostrarne l'antica presenza l'indizio, più volte citato, della menzione di una "icona beatae Virginis" nell'inventario duecentesco degli argenti, libri e arredi sacri delle chiese cagliaritane di Santa Cecilia, San Pietro e Santa Maria di Cluso. Tuttavia l'assenza di notizie non autorizza a negare che anche la Sardegna abbia conosciuto, com'è logico ipotizzare, l'esistenza di pitture su tavola, d'importazione se non di produzione locale insieme ad avori, codici miniati, tessuti ad uso sacro o profano, “da interpretare tutti nella loro funzione di veicoli per la trasmissione ed il costituirsi nell’Isola, di un patrimonio iconico a lunga durata che il carattere arcaico ma inequivocabilmente bizantino dei soggetti decorativi più volte registrati, dice cristallizzatosi nei secoli fra il VI ed il XI” .13 Solo le arti popolari offrono un campo di indagine molto vasto e costituiscono importanti fonti di lettura per interpretare a fondo l’influenza della cultura figurativa di Bisanzio in Sardegna. In esse si ritrovano, disseminati in tutta l’isola, simboli diversi di sicura ascendenza bizantina come la katalufa, motivo floreale composito raffigurante l’albero della vita, pavoni e aquile, metafore dell’apoteosi divina e di elevazione spirituale, insieme a leoni, colombe, al tralcio di vite, disegni geometrici derivanti dagli antichi mosaici, reperibili negli ornati dei tappeti o nei frontali delle cassapanche intagliate che rimandano, per struttura formale e decorazioni, ai sarcofagi paleocristiani. 14 La stessa ricchezza compositiva degli ornati, pervenuta dalla copiosità e dal fasto della civiltà dell’immagine bizantina e l’estrema stilizzazione legata al mondo bizantino anche grazie alla particolare tendenza sarda a rifuggire la definizione plastica delle forme ed al rifiuto dell’idea dell’arte come riproduzione della realtà visibile che si esprime con la tendenza all’astrazione di un geometrismo basato senz’altro su motivazioni simboliche e spiritualistiche. Comune a tutte le subaree dell’isola è l’impostazione formale dello spazio, profondamente pre‐rinascimentale nella sua bidimensionalità con il rifiuto delle regole prospettiche che scandiscono la proporzionalità delle figure sul piano tridimensionale, l’annullamento della terza dimensione ed il conseguente appiattimento delle figure.15 5. L’esperienza della scuola di Tempio Pausania In un contesto storico‐artistico come quello appena descritto, la tradizione bizantina e delle antiche chiese cristiano‐orientali, bagaglio culturale del padre armeno Achkarian, dal Vicino Oriente ha fatto ritorno in Sardegna relativamente al campo espressivo che maggiormente la qualifica e la impone al mondo intero, ovvero, l’arte sacra delle icone. Questa millenaria tradizione si è andata ad innestare sulla altrettanto millenaria cultura sarda, caratterizzata L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 5
“Chi ha visto me ha visto il Padre” - 3° Convegno Nazionale degli Iconografi e degli Amici dell’Iconografia - Roma, 24-26 settembre 2010 da una multiforme ricchezza di immagini e simboli espressi appieno nel campo delle arti applicate e che, al giorno d’oggi, si arricchisce aprendosi alla conoscenza e alla elaborazione dell’unica arte sacra per eccellenza nel mondo cristiano. La tradizione locale non ha mai abbandonato l’impronta delle sue origini pur essendo sempre stata ricettiva all’apporto esterno delle diverse civiltà che sono approdate nell’Isola ciò che ha consentito di forgiare una cultura ricca di apporti figurativi di matrice essenzialmente mediterranea. La Scuola di Iconografia dell’Euromediterraneo, facendo di questa realtà un punto di forza, vuole intenzionalmente formare degli iconografi che, dando spazio al gusto ed allo stile individuale, possano esprimere delle icone sempre sul filo della tradizione ma radicate, al contempo, nell’articolato e ricco contesto della cultura locale. L’obiettivo perseguito dalla scuola non può prescindere dallo studio approfondito delle icone antiche nella loro fattura originale, nelle differenziazioni stilistiche e geografiche per poter poi affrontare la consapevole realizzazione di icone contemporanee in continuità con la grande tradizione iconografica bizantina. E’ soltanto attraverso lo scambio di esperienze con i paesi di area orientale, detentori di una cultura religiosa e teologica millenaria di cui le icone sono espressione, e attraverso la conoscenza del mondo spirituale e simbolico che sta dietro l’icona, che si possono muovere passi sicuri verso la giusta direzione della tradizione. Al tale scopo, fanno parte integrante dell’offerta culturale della scuola dell’Euromediterraneo gli apporti di iconografi di diversa provenienza (Armenia, Bulgaria, Romania, Grecia, Etiopia, Siria, Egitto, Israele) che, con adeguati stages di formazione, hanno messo e, in un futuro prossimo, metteranno a disposizione le loro conoscenze per fornire un quadro di informazioni il più possibile completo che consenta di confrontare stili e tendenze tra le varie scuole. L’esperienza della Scuola facendo proprio il concetto di libertà all’interno del canone18parte dall’approfondimento dell’eredità bizantina per fornire a ciascun iconografo gli strumenti necessari ad elaborare delle icone contemporanee da inculturare nel contesto che le va esprimendo anche se, nella scuola, non si esclude la possibilità di poter fare anche un discorso di assoluta aderenza alla tradizione e gli di riprodurre gli antichi modelli canonici. Al proposito, è importante sottolineare che l’arte iconografica dell’ecumene ortodossa si è sempre sviluppata all’interno di un canone unitario che l’ha mantenuta dentro i limiti teologico‐dogmatici stabiliti dai Concili, senza mai svilire il potenziale creativo delle singole culture nazionali (greca, russa, bulgara, copta, cretese, etc.) che hanno potuto esprimere uno stile che era loro proprio e che, a loro volta, hanno tenuto conto delle tradizioni locali nazionali nell’arte sacra delle icone dando spazio ai regionalismi ed alle diverse scuole riconoscibili dalle differenze stilistiche come, a titolo di esempio, la scuola di Kiev, Novgorod, Vladimir, Pskov e, dopo l’invasione dei Tatari, di Mosca. Spesso anche la libertà creativa basata sulla potenzialità dei singoli artisti ha dato vita a vere e proprie scuole stilistiche di grande rilievo come quella di Rublev, Dionisij o di Teofane il Greco16. In Russia, l’arte delle icone iniziò con la conversione al cristianesimo dopo l’anno Mille, quando il principe di Kiev, Vladimir, si convertì prendendo in moglie una principessa bizantina. A Kiev si formarono atelier misti greco‐russi che diffusero l’arte bizantina delle icone operando su modelli consolidati che, con il tempo si andarono modificando per via dell’introduzione di elementi legati alle tradizioni religiose locali e all’arte popolare. Si sviluppò un linguaggio artistico relativamente autonomo ma in continuità con la tradizione che diede spazio al nascere di tutte le identità locali con linguaggi formali specifici. In epoca contemporanea, vale come esempio, il caso della monaca Ioanna, al secolo Julija Nikolaevna Reitlinger, nata a San Pietroburgo nel 1886 e vissuta tra Parigi e Taskent in Asia Centrale. Ioanna oltre a conoscere alla perfezione le tecniche dell’iconografia canonica seppe conservare anche una certa libertà artistica; nelle sue opere antico e nuovo si congiungono dando corpo a quello che lei chiamava “Icona creativa”, ovvero un lavoro di ricerca all’interno del canone e non solo la copia letterale dell’icona antica condizionata dal timore di introdurre delle innovazioni non contemplate nei prototipi. 17 Suor Ioanna riuscì ad integrare l’iconografia tradizionale con gli insegnamenti sulla nuova pittura sacra ricevuti, nel corso della sua formazione artistica, in ambito cattolico presso l’atelier di Maurice Denis. Le sue L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 6
“Chi ha visto me ha visto il Padre” - 3° Convegno Nazionale degli Iconografi e degli Amici dell’Iconografia - Roma, 24-26 settembre 2010 icone si caratterizzano per un’incisiva interazione e compenetrazione di due mondi, quello orientale e quello occidentale, tanto a lungo contrapposti, e testimoniano che i due mondi si alimentano a vicenda attraverso la conoscenza reciproca. Il rispetto della tradizione è assicurato anche quando il supporto è diverso, la libertà all’interno del canone consente l’impiego di diversi supporti su cui scrivere l’icona che, nella maggior parte dei casi, consiste in una tavola di legno preparata con tela, colla animale e gesso; alcune tradizioni utilizzano come supporto dell'immagine, elementi naturali come la pietra, il guscio dell'uovo (di gallina, di struzzo, oppure di legno o di metallo), la pelle di pecora o ancora materiali fabbricati dall'uomo come la carta pergamena, la tela, il vetro, lo smalto, etc.,18 nella scuola di Tempio Pausania si fa un uso sperimentale di materiali locali che vedremo qui di seguito. 6. Alla ricerca di un campo di espressione per uno stile sardo Il progetto di inculturazione dell’icona in Sardegna sta verificandosi sotto diverse forme a seconda delle predisposizioni o degli interessi culturali che ciascun iconografo reputa più congeniali alla propria personalità. Nella fattispecie si tenta qui di seguito una sintesi delle metodologie di intervento quali : ‐ la sperimentazione di supporti diversi relativi alle essenze di legno tipiche della natura del luogo come, a titolo di esempio, il ginepro o il sughero, o l’impiego di altri materiali come la ceramica; ‐ l’utilizzo, mutuato dalla tradizione armena, di diverse tipologie di tessuti da applicare con colla animale sulla tavola, tessuti che spesso sono realizzati al telaio secondo le antiche tradizioni tessili che ancora perdurano tra i mestieri tradizionali delle donne sarde; ‐ l’uso della lingua sarda per i titoli da attribuire alle icone; ‐ la peculiarità di abbigliare con abiti legati all’antica tradizione locale i personaggi raffigurati sulla tavola; ‐ l’introduzione di gioielli tratti dall’arte suntuaria tradizionale per ornare la Madre di Dio, la singolarità di tratteggiate con le volute della filigrana degli ornamenti preziosi dei sardi le stesse tre stelle, simbolo di verginità perpetua, sul manto della Vergine; ‐ la reinterpretazione dei prototipi di riferimento per dar vita alle icone degli antichi martiri sardi non presenti nell’iconografia classica tradizionale, al proposito si riporta un breve elenco esemplificativo di alcuni martiri locali come San Saturnino di Cagliari, Sant'Antioco, San Lussorio di Fordongianus, San Gavino di Porto Torres, San Simplicio di Olbia, san Bachisio, sant’Efisio, Santa Sofia, Santa Reparata, Santa Barbara. In un’ottica di crescita di ciò che può definirsi, allo stato attuale delle cose, come un work‐in‐progress che va acquisendo sempre maggiore spessore e consapevolezza, la Sardegna, alla luce della modernità, potrebbe prendere ancora su di sé, per una volta in maniera consapevole, il ruolo di crocevia nel Mediterraneo per proporre se stessa come un singolare laboratorio culturale dove si incontrino le diverse esperienze e tradizioni di matrice mediterranea e quelle ad essa storicamente legate; un luogo in cui far convergere, a cadenze stabilite, i diversi poli di irraggiamento della cultura iconografica presenti in tutte le aree dell’antico mondo bizantino perché insieme, si possa cooperare per una rinascita dell’arte dell’icona intesa come fermento di comunione tra le chiese cristiane e come importante ricchezza da condividere. L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 7
“Chi ha visto me ha visto il Padre” - 3° Convegno Nazionale degli Iconografi e degli Amici dell’Iconografia - Roma, 24-26 settembre 2010 7. Presentazione di alcune tipologie di icone dipinte secondo questi orientamenti L’Anastasis, Battistero di Bulzi. Sassari di don Hovsep Achkarian tempera all’uovo su tavola cm 40 x 50 E’ l’ icona ‐ manifesto della presente ricerca. In essa si attua una evidente compenetrazione tra le diverse componenti culturali, bagaglio personale dell’autore, che hanno reso possibile la sua realizzazione: ‐ la tradizione iconografica bizantina evidente nell’ impianto canonico dell’icona ‐ la cultura armena che ne informa i caratteristici toni cromatici e le iscrizioni in lingua armena ‐ il contesto culturale locale in cui l’icona nasce, presente nel tradizionale canto pasquale in lingua sarda del cartiglio, dove sono narrati gli eventi descritti dalle immagini L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 8
“Chi ha visto me ha visto il Padre” - 3° Convegno Nazionale degli Iconografi e degli Amici dell’Iconografia - Roma, 24-26 settembre 2010 Icona del Crocifisso Perfugas ‐ Sassari di Cecilia Sanna Tempera all’uovo e oro 22 kt L’iconografia classica del crocifisso è caratterizzata dall’inserimento dei disegni tipici dei tappeti o dei copricassa della tradizione sarda che divengono gli elementi decorativi del paramento ai lati della tavola L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 9
“Chi ha visto me ha visto il Padre” - 3° Convegno Nazionale degli Iconografi e degli Amici dell’Iconografia - Roma, 24-26 settembre 2010 Madre di Dio Odighitria di Gallura di Cecilia Sanna tempere all’uovo e foglia d’oro su tavola cm 50 x 60 La Teotokos è abbigliata come le antiche donne di Gallura: il manto in seta operata a fiorami viola, tessuto con gli antichi telai e arricchito da frange annodate a macramè, la camicia bianca e la giacca in panno rossa con i bottoni in filigrana d’oro come la spilla e gli orecchini Particolari dello scialle sardo in seta viola e nero L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 10
“Chi ha visto me ha visto il Padre” - 3° Convegno Nazionale degli Iconografi e degli Amici dell’Iconografia - Roma, 24-26 settembre 2010 Icone storiche dai caratteristici manti floreali Vergine Kykkotissa Madre di Dio Odighitria Artista veneziano XIII secolo operante nel Sinai Onufrìu Kyprìou Albania XVI secolo Madre di Dio Il’inskaja, Cernigof XVIII secolo L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 11
“Chi ha visto me ha visto il Padre” - 3° Convegno Nazionale degli Iconografi e degli Amici dell’Iconografia - Roma, 24-26 settembre 2010 La Madre di Dio della Passione di Aggius di Cecilia Sanna tempera all’uovo e foglia d’oro su tavola cm . 60x100 Orecchino La Teotokos indossa l’abito dei giorni di festa: l’ampio scialle di seta viola – porpora a neri disegni floreali è adorno di lunghe frange annodate a formare un pizzo. Un corsetto in velluto verde operato è fermato al collo con una spilla in filigrana d’oro come l’imponente orecchino pendente. La sua presenza nell’icona è fortemente legittimata dall’appropriata simbologia che lo informa: l’orecchino come simbolo di sottomissione e di appartenenza della Vergine al Signore. “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me ciò che hai detto”. L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 12
“Chi ha visto me ha visto il Padre” - 3° Convegno Nazionale degli Iconografi e degli Amici dell’Iconografia - Roma, 24-26 settembre 2010 La Madre di Dio Eleousa di Cecilia Sanna Tempere all’uovo e foglia d’oro cm 36 x 46 Appendice con croce‐stella,coralli e pendagli in argento della Madonna dell’Ajuda. La croce‐stella del rosario sardo in filigrana d’argento è divenuto fonte di ispirazione per le tre stelle simbolo di verginità perpetua della Vergine L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 13
“Chi ha visto me ha visto il Padre” - 3° Convegno Nazionale degli Iconografi e degli Amici dell’Iconografia - Roma, 24-26 settembre 2010 La Madre di Dio Eleousa di Korsun di Cecilia Sanna tempera all’uovo e foglia d’oro22 kt su scorza di sughero dim. 20x30 L’icona raffigura la Madre di Dio Eleousa di Korsun scritta in versione canonica su un supporto in scorza di sughero su quale è stata incollata una sottile tela di cotone trattata con imprimitura di gesso e colla secondo l’antica tecnica bizantina. Le foto mostrano il contrasto tra la raffinatezza della tecnica iconografica e l’estrema povertà del materiale naturale impiegato come supporto. L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 14
“Chi ha visto me ha visto il Padre” - 3° Convegno Nazionale degli Iconografi e degli Amici dell’Iconografia - Roma, 24-26 settembre 2010 San Gavino di Torres martire di Cecilia Sanna tempera all’uovo e foglia d’oro 22 kt su antica tavola di ginepro dim. 30x40 Gavino, soldato romano al tempo di Diocleziano, fu martirizzato nella città di Porto Torres su ordine del preside di Sardegna e Corsica che ne decise la decollazione presso il mare. L’icona scritta su un supporto in legno di ginepro antico, è un prototipo in quanto non esistono riferimenti precedenti. Nello scriverla si è tenuto conto delle raffigurazioni del santo presenti nel retablo maggiore e nel retablo minore di Nostra Signore di Ardara, entrambi di epoca tardogotica L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 15
“Chi ha visto me ha visto il Padre” - 3° Convegno Nazionale degli Iconografi e degli Amici dell’Iconografia - Roma, 24-26 settembre 2010 Gesù Cristo Re de sa Gloria di Tonino Pulina Tempera all’uovo e foglia d’oro su tavola L’icona è realizzata in modo canonico ma le iscrizioni utilizzano la lingua sarda Anche all’interno del nimbo l’ “ IO SONO ” (ω ò ν) è divenuto “ EO SO ” L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 16
“Chi ha visto me ha visto il Padre” - 3° Convegno Nazionale degli Iconografi e degli Amici dell’Iconografia - Roma, 24-26 settembre 2010 La Madre di Dio della Tenerezza di Tonino Pulina Tempera all’uovo e foglia d’oro su tavola L’icona della Madre di Dio della Tenerezza è realizzata in modo canonico fatta eccezione per le iscrizioni che utilizzano la lingua sarda: Mητηρ Θηου e Ιεσουs Χριστοs diventano Mama de Deus e Gesus Cristu. L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 17
“Chi ha visto me ha visto il Padre” - 3° Convegno Nazionale degli Iconografi e degli Amici dell’Iconografia - Roma, 24-26 settembre 2010 Santi Gioacchino e Anna di Massimo Cordeddu Tempera all’uovo e oro 22 kt su tavola L’immagine dell’icona è inserita tra la chiesa dei Cappuccini ed altre architetture della città di Sassari L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 18
“Chi ha visto me ha visto il Padre” - 3° Convegno Nazionale degli Iconografi e degli Amici dell’Iconografia - Roma, 24-26 settembre 2010 Pantokrator maiolica invetriata cm 40 x 50 di Giuliana Mastinu Angelo della Resurrezione Maiolica invetriata cm 30 x 30 San Giacomo degli Armeni Gerusalemme Le antiche maioliche policrome ispirate ai Sacri Testi nella chiesa di san Giacomo degli armeni. L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 19
“Chi ha visto me ha visto il Padre” - 3° Convegno Nazionale degli Iconografi e degli Amici dell’Iconografia - Roma, 24-26 settembre 2010 Nostra Signora di Bonaria patrona massima di Sardegna di Giuliana Mastinu maiolica invetriata di cm. 40 x 60 L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 20
“Chi ha visto me ha visto il Padre” - 3° Convegno Nazionale degli Iconografi e degli Amici dell’Iconografia - Roma, 24-26 settembre 2010 Beata Antonia Mesina martire sarda del XX secolo di Antonella Asara tecnica mista (acrilico e tempera) e foglia d’oro su tavola cm 30x 40 L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 21
“Chi ha visto me ha visto il Padre” - 3° Convegno Nazionale degli Iconografi e degli Amici dell’Iconografia - Roma, 24-26 settembre 2010 Il Mandylion di Catherine Azzaro Icona su tavola realizzata con l’antica tecnica della caseina e della tempera all’uovo L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 22
“Chi ha visto me ha visto il Padre” - 3° Convegno Nazionale degli Iconografi e degli Amici dell’Iconografia - Roma, 24-26 settembre 2010 L’ Angelo Custode di Elvira Solinas tecnica mista su tavola cm . 20 x 40 L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 23
“Chi ha visto me ha visto il Padre” - 3° Convegno Nazionale degli Iconografi e degli Amici dell’Iconografia - Roma, 24-26 settembre 2010 Il Mandylion di Emilia Gramigna tempere all’uovo e foglia d’oro su tavola cm. 30 x 40 Icona su tavola realizzata con l’antica tecnica etiopica San Giorgio Madre di Dio di Korsun L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 24
“Chi ha visto me ha visto il Padre” - 3° Convegno Nazionale degli Iconografi e degli Amici dell’Iconografia - Roma, 24-26 settembre 2010 Note 1. Si citano a titolo di esempio S. Giorgio, s. Anatolia, S. Marina, s. Costantino e s. Elena, s. Bachisio, s. Pantaleo, ss. Cosma e Damiano, s. Basilio, s. Nicodemo, s. Tecla, s. Sofia, Santa Reparata, Santa Barbara etc. 2. Hovsep Achkarian, Manuale di iconografia armena ‐ Rubbettino ed., 2005 3. L’Unione Sarda ‐ Politica: Insularità, svolta storica. 27.01.2009 4. Istituto di Scienze Religiose, Diocesi Tempio Ampurias; Annuario 2002‐2003, Tempio Pausania. ISSR Euromediterraneo, Mnemes Ammentos, Anno II, Fascicolo I e II, Novembre 2008. EDES Editrice Democratica Sarda, Sassari. 5. Cfr. Cecilia Sanna, Icone ed arte sacra, in Almanacco Gallurese n° 14, 2006/2007 6. Sergio Atzeni, Preistoria e Storia di Sardegna, Cagliari 1998 7. Alberto Boscolo, Dai Vandali ai Bizantini, La società in Sardegna nei secoli, Torino 1967 8. Raimondo Turtas, La chiesa in Sardegna, Città Nuova Editrice, 1999 9. Alberto Boscolo, L’età dei Giudici, in La Sardegna , a cura di M. Brigaglia, Cagliari 1982 10. Attilio Mastino, La Sardegna cristiana in età tardoantica, in Atti del convegno nazionale, “La Sardegna tra Eusebio e Gregorio Magno”, Cagliari 1996 11. Renata Serra, Pittura e scultura dal Medioevo all’Ottocento, in La Sardegna a cura di M. Brigaglia, Cagliari 1982 12. La chiesa dedicata a sant’Andrea si trova all’interno della necropoli ipogeica databile al 3000 a.C., uno dei più grandi complessi di Domus de janas conosciuti. L’ipogeo VI, noto come “Tomba del Capo”, venne rifunzionalizzato come luogo di culto cristiano in epoca paleocristiana prima, bizantina poi, e riconsacrato nel 1313. Intonacata e affrescata sulle pareti del bema, sono appena visibili un Cristo Pantocrator, elemento centrale di una Déesis, di cui rimangono ancora, sui piedritti dell’archivolto, le figure olosome della Vergine Maria a sinistra e di San Giovanni il Precursore, i quattro evangelisti ai lati, i 12 apostoli alla sua destra e l’ infanzia di Cristo alla sua sinistra. Dell’ipogeo si utilizzarono soltanto i tre vani principali, il primo come nartece per i catecumeni, il vano centrale come aula per i fedeli già battezzati e l’ultimo vano come presbiterio per i sacerdoti. Sopra l’altare venne aperto un pozzo luce perchè il sacerdote sotto la luce del sole, avesse un contatto diretto con la luce divina di fronte a tutti i fedeli che restavano al buio. Anche la pioggia, provenendo dal cielo, entrava dal pozzo luce direttamente nella Chiesa e, dopo aver toccato l’altare, defluiva, santificata, in due canali che terminavano in una pozza utilizzata come fonte battesimale. 13. Renata Serra , Pittura e scultura dall’età romanica alla fine del ‘500, Banco di Sardegna, Nuoro, 1990 14. Gerolama Carta Mantiglia, Il museo etnografico di Nuoro, Banco di Sardegna, Nuoro, 1987/88 15. Renata Serra, Pittura e scultura etc. 16. I. Solovjova, L.Evsejeva, V. Laurina, N. Lebedeva, I. Rodnikova, Icona russa, 2007 17. Irina Jazykova , Io faccio nuova ogni cosa, 2002, La casa di Matriona 18. Irina Jazykova , op. cit. Bibliografia essenziale ‐ AA.VV., Storia dei sardi e della Sardegna, Milano, 1987‐89 ‐ BERLINGUER L., MATTONE A. (a cura di) La Sardegna, in Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità a oggi. Giulio Einaudi Editore, Torino, 1998 ‐ BRIGAGLIA, MASTINO, ORTU (a cura di), Storia della Sardegna. 1. Dalle origini al Settecento, Laterza, Roma‐Bari, 2002. ‐ CASULA F.C., Breve Storia di Sardegna, Carlo Delfino Editore, Sassari 1994. ‐ CHERCHI PABA F., La Chiesa greca in Sardegna, Fossataro, Cagliari, 1963 ‐ O. POPOVA, E. SMIRNOVA, P. CORTESI, Icone. Mondadori, Milano, 1995 ‐ PANAYOTIS VOCOTOPULOS L., Iconografia e stile nel bacino mediterraneo e nei Balcani. Le icone il viaggio da Bisanzio al ‘900 a cura di Tania Velmans ‐ Jaca Book, Milano, 2005 ‐ RAIMONDO TURTAS, La chiesa in Sardegna, Città Nuova Editrice, Roma 1999 ‐ SPANO G., Catacombe di Sant’Andrea Priu Sant’Andrea Priu, Bonorva, “Bullett. Archeol. Sardo”, II, (1856), pp. 170‐179. L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 25
“Chi ha visto me ha visto il Padre” - 3° Convegno Nazionale degli Iconografi e degli Amici dell’Iconografia - Roma, 24-26 settembre 2010 APPENDICE Allegato ai Capitoli 3 e 4 I. Chiesa rupestre di Sant’Andria Priu a Bonorva E’ il primo esempio della presenza di Bisanzio in Sardegna e del suo profondo radicamento nella cultura locale. Nella necropoli neolitica la “domus de janas” denominata “tomba del capo” venne rifunzionalizzata in epoca bizantina divenendo una delle prime chiese rupestri della cristianità, rifugio per i primi cristiani al tempo delle persecuzioni e probabile quanto singolare catacomba. Parete di ingresso Planimetria L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 26
“Chi ha visto me ha visto il Padre” - 3° Convegno Nazionale degli Iconografi e degli Amici dell’Iconografia - Roma, 24-26 settembre 2010 Interno della chiesa Sant’Andria Priu El Fayyum Volto ad encausto, affresco Egitto romano ritratto di donna su tavola L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 27
“Chi ha visto me ha visto il Padre” - 3° Convegno Nazionale degli Iconografi e degli Amici dell’Iconografia - Roma, 24-26 settembre 2010 II. Il nuraghe e la chiesa a croce greca La cultura bizantina e la tradizione sarda si confrontano con le architetture più significative: Chiesa bizantina di santa Sabina in Silanus Eretta in epoca bizantina all'interno di un complesso monumentale formato dal nuraghe omonimo, un pozzo sacro a "tholos" e una tomba dei giganti. In Italia non ha riscontri stilistici e rimane unica nel suo genere III. La Chiesa della Santissima Trinità di Saccargia Il ciclo pittorico della Chiesa della Santissima Trinità di Saccargia e gli affreschi absidali della Chiesa di San Pietro di Galtellì costituiscono una delle poche testimonianze superstiti di pittura medievale di evidente ascendenza bizantina L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 28
“Chi ha visto me ha visto il Padre” - 3° Convegno Nazionale degli Iconografi e degli Amici dell’Iconografia - Roma, 24-26 settembre 2010 L'affresco di Saccargia esalta l'elevazione dello spirito umano dalle cose terrene, rappresentata dalle scene della vita di Cristo (registro inferiore) attraverso la Parola della Chiesa rappresentata dai 12 Apostoli (registro mediano) e il Cielo di Serafini e la Beatitudine di Dio rappresentato nella immagine della Trinità. L’esperienza di inculturazione della tradizione iconografica in Sardegna – Cecilia M.V. Sanna pag. 29
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