L'attività lavorativa svolta nella società.

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L’attività lavorativa svolta nella società.

     Lavoro prestato a favore delle società commerciali
     Si esaminerà di seguito entro quali limiti si rende compatibile la prestazione di attività
lavorativa nell’azienda contestualmente alla partecipazione al capitale sociale e quali sono i
rapporti che possono essere instaurati, nell’ambito dell’organizzazione societaria., tenuto conto
delle particolarità della prestazione.

    In primo luogo occorre distinguere tra la figura del c.d. “socio prestatore d’opera” o “socio
d’opera” ed il “socio lavoratore”.

     Il socio d’opera – (o socio prestatore d’opera)
     è il soggetto che partecipa alla società conferendo un’attività lavorativa, suscettibile di una
valorizzazione economica e in virtù della quale diviene appunto socio. La prestazione dell’attività
che definiamo in senso ampio “lavorativa” è dunque il presupposto per l’inserimento del
prestatore all’interno della struttura societaria nella qualità di socio e viene dunque espletata in
adempimento di obblighi derivanti dal contratto di società e non di un contratto di lavoro.
     In questa ipotesi esiste una stretta correlazione tra la prestazione dell’opera e la qualifica di
socio, al punto che il venir meno dell’una può determinare la perdita dell’altra. Difatti, l’art.
2286 cod. civ. prevede che possa essere escluso dalla società il socio che ha conferito la
propria opera nell’ipotesi di “sopravvenuta inidoneità a svolgere l’opera conferita”.

       Con la riforma del diritto societario (d. lgs. N. del 17/01/2003) la parte del codice civile
dedicata alle società di capitali è stata completamente riscritta. In particolare si è dotata la società
a responsabilità limitata di una maggiore flessibilità che la cui mancanza ne aveva rallentato
l’evoluzione.
       In particolare l’articolo 2464 del codice civile prevede la possibilità, anche nelle società a
responsabilità limitata, di conferire prestazioni d’opera o di servizi a favore della società, purchè
l’attività lavorativa del socio d’opera sia garantita, per l’intero valore ad essa attribuito, da
polizza di assicurazione o fideiussione bancaria. Tale garanzia deve avere un termine di
scadenza coincidente con il termine della prestazione
       Nell’atto costitutivo deve quindi essere prevista espressamente la possibilità di conferire
prestazioni d’opera, altrimenti il conferimento può avvenire solo in denaro
       Se l’atto costitutivo lo prevede, il socio può, in qualsiasi momento, sostituire la polizza
o la fideiussione con un versamento alla società di una cauzione del corrispondente importo
in danaro: oggetto della garanzia non è il valore della prestazione ma il suo adempimento.
       Il concetto di fondo è che la prestazione dell’opera avviene nel contesto del contratto
sociale, in quanto utilità che viene conferita per assumere la qualifica di socio.
       L’entità precisa del conferimento è oggetto dell’accordo tra i soci: non è pensabile che il
socio d’opera debba lavorare gratuitamente per la società per sempre. Normalmente si
stabilisce un conferimento per un certo periodo, mentre per il periodo successivo sarà
regolarmente retribuito.
       Il conferimento delle prestazioni d’opera è stimato dai soci, in mancanza di accordi precisi
l’art. 2253 c.c. stabilisce che, se non è previsto diversamente, tutti i conferimenti si intendono
effettuati in parti uguali.

     Il socio lavoratore
     S’intende con tale espressione il socio che, a prescindere dalla sua qualifica sociale, svolge
un’attività lavorativa a favore della società ma in virtù di un distinto contratto di lavoro.
La dottrina e la giurisprudenza propendono per l’ammissibilità quale lavoratore subordinato fatti
salvi alcuni aspetti critici circa la compatibilità tra le due posizioni di socio e di dipendente

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Di seguito si evidenziano gli inquadramenti previdenziali dei soci che svolgono attività
 prevalente nell’impresa, a seconda delle diverse tipologie (aziende artigiane – aziende
 commerciali)

     Rapporto di lavoro dirigenziale e cariche sociali
L'ammissibilità ed i limiti relativi al cumulo, in capo ad uno stesso soggetto, della qualifica
di dirigente e della carica di amministratore

Il rapporto di lavoro dirigenziale implica un rapporto profondamente fiduciario con il
datore di lavoro. Conseguentemente, a differenza di altri lavoratori, il dirigente potrebbe
essere chiamato ad assumere delle cariche sociali che importano un potere gestorio ed
amministrativo in senso ampio; in tali casi si profilano tutta una serie di problemi in
relazione alla duplice natura del rapporto che viene ad instaurarsi.

Difatti, in capo ad uno stesso soggetto potrebbero venire a configurarsi due diversi rapporti
giuridici: uno di lavoro subordinato, afferente alla qualifica di dirigente; l'altro di lavoro
autonomo, afferente al riconoscimento di poteri amministrativi.

Generalmente viene pacificamente ammessa la compatibilità delle due cariche. La
cumulabilità nello stesso soggetto della carica di amministratore e della figura di lavoratore
subordinato nell'ambito della stessa impresa va affermata «ove sia accertato in concreto lo
svolgimento di mansioni diverse da quelle proprie della carica sociale rivestita, con
l'assoggettamento ad effettivo potere di supremazia gerarchica e disciplinare» (Cass. civ.
Sez. lavoro, 25-05-1991, n. 5944).

In sostanza viene ammessa la cumulabilità dei due rapporti quando questi siano regolati
da atti distinti, non vengano a crearsi conflitti di interessi ed il soggetto interessato svolga
mansioni diverse da quelle attinenti la carica sociale; mansioni che devono poter essere
inquadrate nell'ambito della subordinazione.

È da evidenziare che vi sono delle specifiche limitazioni alla cumulabilità dei due rapporti.
Infatti, l'amministratore unico di una società non potrà mai essere allo stesso tempo
dipendente della medesima; ciò per la necessità di evitare che nello stesso soggetto si
concentrino il potere di esprimere la volontà della società, di dare ad essa esecuzione,
nonché di effettuare il relativo controllo sulla stessa attività.

Una simile fattispecie appare, quindi, non configurabile, in quanto non potrebbe attuarsi il
potere di controllo ed il potere disciplinare (seppur attenuato nel caso del dirigente) che è
elemento connaturato al rapporto di lavoro subordinato.

Per quanto riguarda il compenso dell'amministratore, bisogna far riferimento all'art. 2389
c.c. che dispone: «i compensi e le partecipazioni agli utili spettanti ai componenti il
consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono stabiliti nell'atto costitutivo o
nell'assemblea».

La dottrina e la giurisprudenza sono concordi nel ritenere che l'amministratore/dirigente
abbia diritto al compenso anche in assenza di specifiche statuizioni o di deliberazioni
assembleari.

Trattandosi di un diritto disponibile vi sarà, comunque, sempre la possibilità del dirigente di
rinunciare o in caso contrario di pretenderlo; in tale ottica si spiegano le frequenti
attribuzioni di cariche gratuite al personale che rivesta incarichi di natura dirigenziale.

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AZIENDE COMMERCIALI

   L’assicurazione per i commercianti, nata nel 1960 contro la malattia, diventa, nel
   1965, obbligatoria anche ai fini pensionistici mediante l’istituzione della gestione
   speciale per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti (L. 1397/1960).
   La L. 22/7/1966 n. 613 ha previsto l’obbligo assicurativo ai fini previdenziali per
   gli esercenti attività commerciali, turistiche e per gli ausiliari del commercio (agenti,
   rappresentanti, mediatori).

   La L. 23/12/96 n. 662 ha esteso l’obbligo di iscrizione negli elenchi degli esercenti
   attivià commerciali ai fini assicurativi e previdenziali per tutti i soggetti che svolgono
   attività inquadrabili nel settore terziario di cui all’art. 49, comma 1 della L.
   9/3/1989 n. 88, con esclusione di artisti e professionisti..

   Nella sostanza, le attività inquadrabili nella gestione INPS commercianti sono le
   seguenti:
   - commerciali in senso proprio (art. 29 L. 160/75)
   - turistiche (L. 135/2011)
   - ausiliarie del commercio (art. 29 L. 160/75)
   - di servizi (art. 1, comma 202, L. 662/1996)
   - di promozione finanziaria (art. 1, comma 202, L. 662/1996)
   - produttori assicurativi di III e IV gruppo (art. 44, comma 2, D.L. 269/1973 convertito
       in L.
       326/2003)

Alla gestione INPS commercianti sono iscrivibili
    - titolari , contitolari, soci che svolgano attività nell’impresa (eccetto i soci
        accomandanti in quanto tali)
    - familiari coadiuvanti che lavorano prevalentemente nell’impresa, sempreché
        non siano già assicurati come lavoratori dipendenti. I familiari coadiuvanti sono
        i parenti entro il terzo grado (coniuge, figli, anche i figli nati da precedente
        matrimonio dell’altro coniuge), minori affidati, nipoti in linea retta, fratelli e
        sorelle, ascendenti e gli equiparati ai genitori).
        L’INPS accetta l’inquadramento del familiare come dipendente a condizione che
        si verifichi quanto segue:
        4) appartenenza ad un nucleo separato
        5) effettiva subordinazione dal titolare/socio
        6) effettivo pagamento delle prestazioni lavorative: consigliabile bonifico della
             busta paga o pagamento tramite assegno
        Il familiare coadiuvante che partecipi all’attività con carattere di abitualità e
        prevalenza e non sia configurabile un rapporto di lavoro dipendente, ha diritto,
        anche in assenza di obbligo di iscrizione del titolare, alla tutela previdenziale
        prevista per tale categoria di lavoratori (è il caso, ad esempio, del coniuge
        coadiutore di un farmacista).
       Sono accettati gli inquadramenti del coniuge dipendente in casi di comprovata
        separazione di fatto, di dimostrazione di autonomia reddituale, di rapporto di
        lavoro con decorrenza precedente alla data del matrimonio.

Nelle società in accomandita semplice il socio accomandatario è l’unico iscrivibile
all’INPS. Il socio accomandante che si reca nell’impresa:
     - se controlla solo i propri interessi ma non svolge attività: potrebbe essere
        assicurato INAIL se si presenta un rischio aziendale;
     - se presta attività:
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- o è inquadrato come dipendente
   - o è inquadrato come coadiutore dell’accomandante se è un suo familiare
   - o è considerato anch’egli un accomandatario se si ingerisce
nell’organizzazione/attività aziendale.

Si devono iscrivere alla gestione commercianti:
1) le ditte individuali che svolgano una delle attività precedentemente elencate e
     che non siano iscritti ad altra gestione previdenziale (eccetto la gestione
     separata L. 335/95)
2) i soci di società in nome collettivo che svolgano con carattere di abitualità
     una delle attività sopra elencate e che non siano iscritti ad altra gestione
     previdenziale (eccetto la gestione separata L. 335/95)
3) i soci accomandatari delle società in accomandita semplice che svolgano con
     carattere di abitualità una delle attività sopra elencate e che non siano iscritti ad
     altra gestione previdenziale (eccetto la gestione separata L. 335/95)
          Il socio accomandante che si reca nell’impresa:
     -        se controlla solo i propri interessi ma non svolge attività: potrebbe
     essere assicurato INAIL se si presenta un rischio aziendale;
     -        se presta attività:
     - o è inquadrato come dipendente
          - o è inquadrato come coadiutore dell’accomandante se è un suo familiare
         - o è considerato anch’egli un accomandatario se si ingerisce
     nell’organizzazione/attività aziendale
4) i soci di società a responsabilità limitata che participio personalmente al lavoro
con carattere di abitualità e prevalenza, che organizzino l’attività aziendale
indipendentemente dalla qualifica di amministratore. I commercianti soci di
s.r.l., fermo restando il minimale contributivo, devono corrispondere i contributi per
l’assicurazione I.V.S. sulla parte del reddito d’impresa dichiarato dalla
s.r.l. ai fini fiscali, corrispondente alla quota di partecipazione agli utili o alla quota
attribuita al socio per le società partecipate in regime di trasparenza, senza
considerare gli eventuali accantonamenti a riserva o dalla effettiva distribuzione
degli stessi.
Il socio di s.r.l. , qualora non gestisca autonomamente il proprio lavoro ma sia
soggetto ad “etero-direzione”può anche essere inquadrato come dipendente. E’
necessario però verificare se esista incompatibilità che possano determinare
conflitto di interessi nel momento in cui il socio rivesta anche una carica sociale.

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L’ATTIVITA’ SVOLTA DAI SOCI

Srl senza dipendenti
 Se una srl opera nel settore del commercio e dei servizi (non in quello dell’industria) e non
ha lavoratori dipendenti, deve darsi per scontato che almeno uno dei soci svolge attività
lavorativa nella società. Ebbene se detto socio non ha altra copertura previdenziale
obbligatoria diversa dall’INPS gestione separata, egli deve iscriversi alla gestione
commercianti e versare i contributi (minimale + quota percentuale sul reddito eccedente).
Anche nell’ipotesi in cui detto socio dovesse essere amministratore della predetta società
e ricevendo a tale titolo un compenso fosse iscritto all’INPS gestione separata (Legge n.
335/95), deve comunque iscriversi anche alla gestione INPS commercianti e versare i
contributi relativi a quest’ultima gestione. In altre parole, l’unica possibilità affinchè nessun
socio nella srl senza dipendenti versi i contributi INPS è dato dal fatto (piuttosto difficile da
realizzarsi) che la società si avvalga per la propria gestione operativa dell’opera di un
socio che ha già una copertura previdenziale obbligatoria (ma non, si ripete, gestione
separata INPS) prevalente rispetto al lavoro svolto nella società. S’immagini ad esempio,
una srl gestita da un socio dipendente a tempo pieno (o in part time) presso una diversa
azienda. In questo caso egli non deve versare i contributi INPS commercianti. È del tutto
evidente che ciò è di fatto impossibile in caso di negozi che dovendo rispettare un orario di
apertura (esempio: 9,00 – 19,00) richiedono la presenza del suddetto socio rendendo di
fatto incompatibile tale “escamotage”.

Srl con dipendenti
In presenza di lavoratori dipendenti assunti dalla srl, posto che secondo l’INPS è da
ritenersi che vi debba comunque essere una attività direttiva-organizzativa svolta da
qualcuno, occorre verificare se tale funzione è di fatto esercitata da uno o più dei suddetti
dipendenti o anche, è da ritenersi, da soggetti esterni, professionisti con specifico incarico
attribuito dal consiglio di amministrazione. Affinchè il socio di srl non debba iscriversi alla
gestione INPS commercianti occorre però valutare se l’incarico di coordinamento attribuito
al dipendente sia effettivo e, in quest’ottica, occorre verificare:
• se la declaratoria contrattuale del livello in cui è inquadrato il dipendente consenta tale
funzione di coordinamento;
• se al dipendente sia stato di fatto attribuito l’incarico di coordinamento, posto che la
declaratoria contrattuale ha solo il compito di elencare le diverse funzioni a cui può essere
chiamato il dipendente medesimo, ma non comprova di per se che la funzione sia
effettivamente svolta.

Srl con dipendenti che non necessitano di alcun coordinamento
Si tratta di un caso certamente più teorico che pratico. S’immagini, ad esempio, una srl
che ha come oggetto la vendita di castagne tramite venditori ambulanti che si
riforniscono presso un punto d’acquisto e svolgono, come evidente, la propria attività
in completa autonomia, salvo depositare l’incasso giornaliero nelle mani del legale
rappresentante della società, il quale provvede poi a pagare gli stipendi e l’unico
fornitore della materia prima. Non sembra che l’attività possa richiedere alcun
coordinamento e, dunque, si possa supporre l’impegno lavorativo di qualsivoglia
socio. Neanche all’amministratore (per quanto socio) si può eccepire che svolge una
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concreta attività lavorativa nella società posto che, di fatto, egli meramente e
semplicemente, amministra la società.

Considerazioni

Laddove, dunque, il socio della srl commerciale dovesse essere refrattario alla iscrizione
INPS commercianti, egli deve dimostrare che la sua attività nella società è del tutto
marginale e saltuaria. Ciò è possibile, come intuitivo, solo se la società si avvale di
dipendenti. Di per se questo non è però sufficiente, poiché potrebbe essere eccepito che
il socio, comunque, svolge una attività di direzione e coordinamento dell’attività e/o dei
dipendenti. Ebbene, tale presunzione può tuttavia essere superata se la società di
avvale di lavoratori dipendenti che si occupano dell’intero ciclo produttivo della
medesima e che all’interno vi è una figura (o più figure), in qualità di lavoratore
dipendente, ovvero in qualità di lavoratore autonomo, che svolge le predette funzioni di
direzione e coordinamento.
In alternativa, il socio della srl dovrà dimostrare che la società svolge, avvalendosi di
dipendenti o collaboratori, una attività che per le sue caratteristiche non richiede alcuna
direzione ed alcun coordinamento (cosa assai difficile) e che l’attività da questi svolta
come amministratore resta interamente confinata in quella tipica amministrativa propria
della funzione e non vi è alcuna attività attribuibile alla qualifica di socio.

Diversamente, occorre dimostrare che il socio lavoratore è già contributivamente
coperto da altra gestione previdenziale (ma non la gestione separata INPS L.
335/95) poiché svolge altra attività lavorativa in modo prevalente rispetto a quelle di
socio nella srl. Se, tuttavia, in questo caso, vi sono altri soci senza alcuna copertura
contributiva (diversa dalla gestione separata) è probabile che l’Istituto eccepisca che vi
sia una loro attività lavorativa. I predetti soci non avranno difficoltà a dimostrare la loro
estraneità alla gestione, ad esempio, se abitano altrove, oppure in caso di età avanzata,
ovvero di evidente incompatibilità tra le caratteristiche dell’attività della società e il
curriculum del socio. Per il resto va detto che qualunque prova documentale è utile (a
favore o contro) per la dimostrazione. Dunque attenzione ai documenti firmati o email
che possono smascherate il socio che di fatto è un lavoratore.

Ultima notazione: se vi è un amministratore (magari amministratore Unico) non
socio, potrebbe risultare ragionevole e dimostrabile che egli oltre ad “amministrare” la
società percependo un emolumento, presti la propria opera nella società; ma non
essendo socio non scatta l’obbligo contributivo INPS commerc

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