JONA CHE VISSE NELLA BALENA - Archivio Nazionale ...

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JONA CHE VISSE NELLA BALENA - Archivio Nazionale ...
JONA
CHE VISSE
NELLA
BALENA
    Italia-Francia, 1993 dur. 93’
Sceneggiatura:Roberto Faenza, Hugh Fleetwood,
Filippo Ottoni.
Produzione:Gianna Bellavia, Elda Ferri, Muse, Áron
Sipos, Dénes Szekeres.
Fotografia: János Kende.
Montaggio: Nino Baragli.
Musica: Ennio Morricone.
Scenografia: Maria Ivanova, Laszlo Gardonyi.
Costumi: Elisabetta Berardo.
Interpreti: Luke Petterson (Jona a 4 anni), Jenner
Del Vecchio ( Jona a 7 anni), Jean-Hughes Anglade
( Max il padre), Juliet Aubry (Hanna, la madre),
Francesca De sapio ( la signora Daniel), Djoko
Rosic ( il signor Daniel).
Distribuzione: Mikado.
Tratto dal romanzo "Anni di infanzia" di Jona Oberski.

IL FILM                                                  SHOAH
Amsterdam, 1942. Jona ha quattro anni e vive             Shoah è una parola ebraica che significa «catastrofe»,
insieme ai suoi genitori ebrei. Un giorno il piccolo     e ha sostituito il termine «olocausto» usato in
viene portato via dai nazisti insieme alla madre ,       precedenza per definire lo sterminio nazista, perché
che riesce a mostrare un visto per la Palestina. Così    con il suo richiamo al sacrificio biblico, esso dava
vengono lasciati andare e ritornano a casa. La           implicitamente un senso a questo evento e alla morte,
situazione è di relativa tranquillità fino a quando la   invece insensata e incomprensibile, di sei milioni di
famiglia è costretta al trasferimento prima nel          persone. La Shoah è il frutto di un progetto
campo di smistamento di Westerbrock, e poi a             d’eliminazione di massa che non ha precedenti, né
Bergen-Belsen, un campo di transito in Germania.         paralleli: nel gennaio del 1942 la conferenza di
Qui i genitori possono vedersi sempre più                Wansee approva il piano di «soluzione finale» del
raramente e il padre muore per gli stenti. Mentre la     cosiddetto problema ebraico, che prevede l’estinzione
madre di Jona è gravemente ammalata vengono              di questo popolo dalla faccia della terra. Lo sterminio
nuovamente trasferiti, ma il convoglio viene             degli ebrei non ha una motivazione territoriale, non è
bombardato e i sopravvissuti sono liberati               determinato da ragioni espansionistiche o da una per
dall’Armata Rossa. La mamma muore e Jona viene           quanto deviata strategia politica. È deciso sulla base
affidato ai vecchi amici dei genitori ad Amsterdam.      del fatto che il popolo ebraico non merita di vivere. È
                                                         una forma di razzismo radicale che vuole rendere il
Premi                                                    mondo «Judenfrei» («ripulito» dagli ebrei).
3 David di Donatello (regia, musica e costumi),
Ciak d’oro (montaggio), Premio Unicef, Premio            Lowentahl Elena, La Shoah, il giorno della memoria
                                                         LA STAMPA 27/01/2013
Efebo d’oro
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Campi di concentramento

Utilizzati agli inizi del Novecento
come prigioni di guerra per
recludervi militari o civili dei
paesi nemici, i campi di
concentramento sono stati poi
usati dai regimi totalitari per
rinchiudervi coloro che, per
ragioni razziali o politiche, erano
considerati nemici da eliminare.
In questa versione i campi di
concentramento sono divenuti
campi di lavoro, dove la
disumanità del trattamento
conduceva spesso alla morte, o
campi di sterminio, dove si
procedeva alla sistematica
uccisione dei prigionieri

Enciclopedia dei ragazzi Treccani
                                      Wikimedia.org

Tutto ha inzio a Mokum, il nomignolo con cui gli ebrei olandesi indicano Amsterdam. “Mokum” significa
centro della terra e rende splendidamente l’idea di un mondo concepito a misura del suo piccolo abitante:
come accade nell’infanzia, il luogo dove si vive è il centro dell’universo. Di esso si posseggono soltanto
poche immagini generiche, sicure nella loro immobilità: si tratta delle viste dai ponti, sui canali e le barche.
Sin dalle primissime immagini del film, la narrazione si dipana lungo il filo del ricordo, per mezzo della
voce narrante fuori campo del piccolo Jona. Le soggettive che Faenza sceglie di attribuire al bimbo sono
individuate in funzione di distillare selettivamente dei momenti privilegiati, che più forti sono affiorati dalla
memoria: così il primo piano del volto di Jona, inconsapevole e innocente, precede lo sguardo sui genitori
che si baciano dopo il ritorno a casa. Sono tante piccole visioni quotidiane, piccoli squarci di meraviglia dove
la vista funziona come attrazione per il colore e l’armonia delle forme. Jona non coglie il significato delle
cose: il ragazzo più grande che distrugge i suoi giochi, quell’enorme stella di cartone giallo che bisogna
portare sulla giacca, il litigio della mamma con il verduriere che non può più venderle gli ortaggi, il papà che
scrive a macchina a casa del signor Daniel. (…)
La cinepresa raramente si muove, se lo fa è semplicemente per descrivere i semplici spostamenti dei genitori,
su e giù per la casa, affannati perché ci sono i soldati tedeschi. Il vociare urlante e sovrapposto di questi
ultimi nella loro lingua è il segno sonoro di tutta l’incomprensione del piccolo Jona.
                                                   ( Umberto Mosca, Cineforum 323, n.4-Aprile 1993 pp 80-84)

La prigionia del piccolo protagonista e dei suoi genitori era particolare: stavano in un settore del Lager di
Bergen-Belsen riservato a quelle persone ebree già fornite di visto d’ingresso in Palestina che non venivano
volontariamente massacrate ma usate come elementi di scambio con i prigionieri tedeschi. I patimenti erano
quindi meno crudeli, nell’infermeria potevano esserci lenzuola nei letti, in cucina il cuoco poteva permettere
ai bambini di raschiare il cibo rimasto sul fondo delle pentole, i prigionieri indossavano i propri abiti e non la
divisa rigata: “Anche Anna Frank morì nella baracca accanto a quella di Jona Oberski”, informa Faenza. La
bellissima fotografia dell’ungherese Janos Jende illumina di luce differente le parti diverse della storia: i toni
brunodorati e caldi della pittura olandese ricreano la magi della prima infanzia nella casa di Amsterdam con i
giovani genitori, ricordata come un incantesimo felice; il bianco abbacinante e decolorante della neve
domina il campo di concentramento in cui il bambino impara a soffrire e a sopravvivere, gioca a beffeggiare
i tedeschi, cerca di farsi accettare dagli altri bambini, vede morire suo padre; colori misti evocano nell’ultima
parte la chiara allegria fiabesca e disneyana al momento dell’uscita dal Lager, le ombre rembradtiane della
morte della madre folle e devastante come una bufera, la disperazione e il rifiuto della vita che ne segue per
il bambino, il suo lento riprendere e accettare l’esistenza.
                                                                  (Lietta Tornabuoni, LA STAMPA, 23/04/1993)
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Poi l’arrivo al campo, con quell’immagine – dal punto di vista
                                                  narrativo francamente spiazzante – dei soldati tedeschi che
Gam-Gam-Gam Ki Elekh                              riprendono con la cinecamera l’arrivo dei deportati. Sono i
                                                  giorni della musica e dei canti, di quella canzone che la
Be-Beghe Tzalmavet                                mamma gli canta sempre, che Jona non sa cantare con i
Lo-Lo-Lo Ira Ra                                   bambini della sua classe, e che parla di quell’altro Jona che
                                                  visse nella pancia della balena. Il campo di concentramento è
Ki Atta Immadì (2 volte)                          deputato di ogni bruttura, filtrato dallo sguardo armonizzante
                                                  del bimbo, capace di cogliere qualsiasi dato negativo che vada
Šivtekhà umišantekhà                              al di là del dato sensoriale. Le cose che accadono (la maestra
                                                  portata via dai soldati) sono soltanto strane non spiacevoli. E
Hema-Hema yenahmuni                               siffatta scelta stilistica si fa ancora più interessante nel
                                                  momento in cui diventa portatrice di un’affermazione che va
 Anche se andassi                                 oltre alla semplice coerenza di sguardo del personaggio. Faenza
 nella valle oscura                               sottolinea infatti come si sia sempre pensato che i lager fossero
 non temerei alcun male,                          mostruosi, aberranti, abnormi: fuori di noi, quindi, irripetibili.
 perché Tu sei sempre con me;                     È questa la cornice culturale in cui sono sempre stati
                                                  inquadrati, anche nella stessa letteratura di Primo Levi: ma
 Perché Tu sei il mio bastone, il mio supporto,   oggi basta vedere le immagini della violenza esercitata
 Con Te io mi sento tranquillo.                   sull’infanzia, di quanto accade nella ex-Juglosavia, per capire
                                                  che non è vero, che il mondo dello sterminio non è inumano
                                                  ma appartiene a tutti.
                                                     ( Umberto Mosca, Cineforum 323, n.4-Aprile 1993 pp 80-84)

Guarda sempre in alto e non odiare mai nessuno: così dice a jona la madre. Glielo dice una prima volta ad
Amsterdam, quando intorno a loro il cerchio dell’odio comincia a stringersi e glielo ripete quando quel
cerchio è stato spezzato dal crollo del nazismo. A questa esortazione si mantiene fedele il cinema di Roberto
Faenza: il suo “sguardo” non si lascia vincere dalla tentazione dell’odio, ha il coraggio di mantenersi ben più
in alto delle cose orribili che tuttavia con dolore, vede e mostra.
                                                                (Roberto Escobar, Il sole 24 ore, 18 aprile 1993)

Ci sono scene che racchiudono il senso di un intero film. Roberto Fanza, allontanandosi per un attimo dalla
pagina scritta, ne inventa una molto bella per il finale: si vede il piccolo Jona, visitato in sogno dal padre, che
sale incerto sulla bicicletta rossa regalata dai genitori adottivi dopo essersi sbbeverato come una bestiolina a
quella tazza di caffelatte prima sdegnosamente rovesciata sul tappeto. È il momento più alto di un film non
completamente riuscito, ma raccomandabile per il pudore con cui Roberto Faenza e il cosceneggiatore
Filippo Ottoni traspongono sullo schermo il romanzo autobiografico di Jona Oberski Anni di infanzia
conservandone il tono di fresca testimonianza infantile. A parte il finale e l’episodio della liberazione, Jona
che visse nella balena segue fedelmente le tracce del libro, parafrasandone le situazioni salienti, dentro una
narrazione quieta e soggettiva che restituisce l’atroce “normalità” della deportazione. Naturalmente il
problema è sempre lo stesso: si può filmare un campo di concentramento?
                                                                        (Michele Anselmi, L’Unità, 2 aprile 1993)

                          Jona Oberski è un uomo sorprendentemente sereno, uno sguardo limpido e pieno di
                          curiosità dietro le lenti cerchiate di metallo. Eppure, questo signore
                          cinquantacinquenne (ora ottantenne), residente ad Amsterdam e di professione
                          scienziato, è praticamente cresciuto in un campo di concentramento. La sua
                          lacerante esperienza l’ha raccontata in un libro pieno di speranza, Anni di infanzia,
                          pubblicato nel ‘78, che ora è diventato un film, Jona che visse nella balena. (…) Per
                          spiegare la sua serenità, quasi lunare, Oberski dice semplicemente: “ Ognuno di noi
                          ha vissuto esperienze negative e ognuno di noi ha il compito di superarle. Non c’è
                          un’ora della mia vita in cui io non ripensi a quegli anni, ma nonostante questo c’è in
                          me quella forza vitale, forse grazie all’amore dei miei genitori”.
                                                                      ( Cristiana Paternò, L’Unità 26 marzo 1994)
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Roberto Faenza Regista e sceneggiatore cinematografico italiano (n. Torino 1943). Dopo aver esordito
dietro la macchina da presa con Escalation (1968), atto d'accusa contro il capitalismo, ha realizzato H2S
(1968), favola fantascientifica contro il potere della tecnologia, e quindi Forza Italia (1977), Si salvi chi
vuole (1980) e Copkiller (L'assassino dei poliziotti) (1983). Una particolare accuratezza nelle ricostruzioni
d'epoca e un'impronta fortemente letteraria sono gli elementi centrali di Mio caro dottor Gräsler (1990),
Jona che visse nella balena (1993), Sostiene Pereira (1995), Marianna Ucrìa (1997) e L'amante perduto
(1999), tratti rispettivamente dai romanzi di A. Schnitzler, J. Oberskij, A. Tabucchi, D. Maraini e A. B.
Yehoshua. Tra i suoi lavori successivi: Prendimi l'anima (2003), in cui ha raccontato la relazione tra S.
Spielrein e lo psichiatra C. G. Jung, partendo dal diario della prima e dal carteggio fra i due; Alla luce del
sole (2005), che racconta l'omicidio di don Giuseppe Puglisi, ucciso dalla mafia (2005, David di Donatello);
I giorni dell'abbandono (2005), tratto dall'omonimo romanzo di E. Ferrante; I vicerè (2007), trasposizione
cinematografica del grande romanzo storico di F. De Roberto; Il caso dell'infedele Klara (2009); girati nel
2011, il documentario Silvio forever, la pellicola Someday this pain will be useful to you e il film per la TV Il
delitto di via Poma. Nel 2012 è tornato alla regia cinematografica con la pellicola Un giorno questo dolore ti
sarà utile, cui hanno fatto seguito Anita B. (2014) e La Verità sta in cielo (2016). Nel 2017 il regista è stato
insignito del Nastro d'argento alla carriera.
                                                                                 (Treccani, Enciclopedia on line)

27 Gennaio - Il Giorno della Memoria
Art.1 La Repubblica italiana riconosce il giorno della 27 gennaio, data dell’abbattimento dei
cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo
ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la
deportazione, la prigionia, la morte, non hé coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si
sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e
protetto i perseguitati”
Art.2. In occasione del "Giorno della Memoria" di cui all’articolo 1, sono organizzati cerimonie,
iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare
nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e
politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un
tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinchè simili eventi non
possano mai più accadere.
Legge 20 luglio 2000, n. 211 "Istituzione del "Giorno della Memoria" in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del
popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 177
del 31 luglio 2000
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Il diario di Anna Frank
di George Stevens

f.: William C Mellor; scg.: Lyle R. Wheeler,
George W. Davis; i.: Millie Perkins,
Joseph Schildkraut, Shelley Winters, Richard Beymer;
Usa, 1959, 154'.

Trasposizione cinematografica del noto Diario della giovane ebrea costretta con la
sua famiglia a una vita in clandestinità e poi deportata a Bergen Belsen. Prova
convincente di regia di George Stevens, che come operatore dell'esercito americano
aveva filmato le terribili immagini della liberazione di Dachau. Il film fu premiato con
3 Oscar.

        Anna Frank ha cessato da tempo di essere soltanto una povera ragazzina ebrea
barbaramente trucidata in un campo di sterminio nazista, per diventare invece un
simbolo: il simbolo di tutti i perseguitati, i vinti, gli esclusi. Ciò è avvenuto, forse,
troppo affrettatamente. Perché certo Anna è anche questo: racchiude in sé e su di sé
il destino di una razza di fuggiaschi, aveva nel sangue - come dice Natalia Ginzburg
nella sua bella prefazione all'edizione italiana del libro - «vetrine di negozi infrante,
quartieri devastati e incendiati». Ma Anna è stata ed è qualcosa di più. Perché nei
due anni di segregazione nell'alloggio clandestino di Amsterdam, in cui la sua
famiglia era riparata per sfuggire alla cattura da parte dei nazisti, è avvenuto
qualcosa di estremamente importante, qualcosa di decisivo. Anna ha cessato di
essere una bambina per divenire una donna. In tutti i sensi. Non solo nel senso
fisiologico del termine - anche se questo «trapasso» è determinante e davvero
stupende sono le pagine del diario in cui essa descrive la sua trepidazione di fronte al
fatto nuovo e sconvolgente - ma anche e soprattutto nel significato ben più decisivo di
una sua presa di coscienza. Ecco, l'importanza del testamento spirituale lasciatoci
dalla ragazza è proprio qui: quello che trasforma le pagine di diario di una bambina
perseguitata in qualche cosa di ben più alto di un semplice documento atto a
commuovere, in un monumento che si può porre sullo stesso piano delle Lettere dei
condannati a morte della resistenza europea. Lentamente, quasi insensibilmente, in
quelle lunghe giornate monotone e apparentemente senza storia, mentre gli altri, gli
adulti, erano tutti presi dai loro piccoli meschini interessi, dalle loro piccole meschine
beghe - l'unico a salvarsi, anche se non sappiamo quanto trasfigurato dall'amore della
figlia, è il padre di lei - Anna ha cominciato a capire. La sua intelligenza senza dubbio
eccezionale, la sua anima straordinariamente sensibile, messi di fronte alla crudele
spaventosa tragedia della realtà, reagivano nel modo migliore. Pur sopraffatta dalla
paura sino a giungere a gridare di notte, pur senza perdere per altro verso la
meravigliosa spontaneità dell'adolescenza che conserva anche nei difetti, nella
vanità, nelle piccole manie, nel carattere scontroso, Anna capisce: allora non è più
l'indifesa spaurita creatura vittima di una malvagia persecuzione, ma l'essere
cosciente, che ha deciso di non lasciarsi sopraffare, che vuole combattere una sua
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battaglia, che sa che il mondo può e deve essere migliore, che ha fiducia - una fiducia
priva di illusioni - nella sostanziale bontà degli uomini, e che pensa con fermezza al
suo avvenire.
       Un avvenire in cui, passata la bufera, essa potrà inserirsi validamente nella
società e far udire la propria voce. Il suo desiderio di diventare scrittrice trascende
l'ingenua aspirazione della giovinetta e diventa l'accettazione di un compito preciso,
staremmo per dire di una missione. Basterà ricordare, per tutte, queste poche parole:
«Mi rendo sempre più indipendente dai miei genitori; giovane come sono affronto la
vita con maggior coraggio di mamma, e ho più di lei radicato il senso della giustizia.
So quello che voglio, ho uno scopo, un'opinione, una fede, e un amore. Lasciatemi
esser me stessa e sarò contenta. So di essere una donna, una donna con forza
interiore e molto coraggio. Se Dio mi concederà di vivere, arriverò dove mia madre
non è mai arrivata, non resterò una donna insignificante e lavorerò nel mondo e per
gli uomini. E ora so che per prima cosa occorrono coraggio e giocondità».
[...]
                                                    Franco Valobra, Cinema nuovo, 1959

Tutti sanno chi fu Anna Frank e quale fu il ricordo che lasciò nelle pagine del suo
diario. I mesi e gli anni che la piccola ebrea trascorse, con la sua famiglia, con quella
dei van Daan e con il dentista Dussel, nella casa segreta di Amsterdam, dove essi si
illudevano di sottrarsi alla prigionia nazista e allo sterminio dei campi, sono descritte
nelle sue pagine come angosciosi, ma vi si inseriscono gli stimoli, le ingenuità, gli
aneliti dell'adolescenza. Proprio i frammenti da cui risulta la sua ribellione alla
condanna sono i più significanti: per esempio il precoce risveglio all'amore, nella
visita che ella fa all'abbaino dove l'attende Peter, lo studente suo compagno di
sventura. In quell'episodio, il pensiero della sventura è cancellato; c'è soltanto una
ragazzina che incontra la primavera, e il rombo dei cannoni è troppo lontano perché
lo avverta. Di avere ancorato tanta sostanza commossa ai toni dimessi della verità,
evitando il furore della requisitoria e di aver dato senso e vibrazione anche alle
meschinità delle privazioni va dato merito a Stevens, riflessivo direttore di magnifici
interpreti. Gli effetti, se ci sono, vengono dall'interno, non già dai fatti; la stessa
irruzione finale dei carnefici nella casetta segreta dei rifugiati è soltanto
preannunciata. Un intelligente pudore schiva l'urto della tragedia consumata. Uno
spettacolo esemplare, sul piano estetico e sul piano dei moti dei sentimenti; e uno
spettacolo necessario sul piano della morale. Non soltanto è giusto, ma è
indispensabile che il pazzo massacro compiuto dagli hitleriani sia ricordato; perché
non sia più possibile che l'umanità torni alla terribile notte dei tempi, che ci
ricondusse alla ferocia dissennata dei cavernicoli, e tutto fu buio.

                               Arturo Lanocita, Corriere della sera, 16 settembre 1959
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MONSIEUR
BATIGNOLE
       Francia, 2002 dur. 100’
Regia: Gérard Jugnot
Soggetto: Philippe Lopes-Curval, Gérard Jugnot
Sceneggiatura: Gérard Jugnot, Philippe Lopes-
Curval
Produzione: Dominique Farrugia, Olivier Granier,
Gérard Jugnot
Fotografia: Gérard Simon
Montaggio: Catherine Kelber
Musica: Khalil Chahine
Scenografia: Jean_Louis Pov[da
Costumi: Martine Rapin, Annie Thiellement
Interpreti: Gérard Jugnot (Edmond Batignole), Jules
Sitruk (Simon Bernstein), Jean-Paul Rouve (Pierre-
Jean Lamour), Michèle Garcia (Marguerite
Batignole), Alexia Portal (Micheline Batignole),
Violette Blanckaert (Sarah Cohen), Gotz Burger
(Colonnello delle SS Spreich).
Distribuzione: Ladyfilm

IL FILM                                                 Monsieur Batignole è un personaggio di finzione,
                                                        ma se non lo fosse potrebbe essere considerato un
Parigi, luglio 1942. Edmond Batignole è un
                                                        GIUSTO TRA LE NAZIONI?
salumiere che tenta di sopravvivere, durante
l'occupazione tedesca della Francia, evitando con
                                                        Negli anni ’60 Yad Vashem iniziò un progetto mondiale per
cura di prendere posizione e curandosi soltanto dei     assegnare il titolo di “Giusti fra le Nazioni” ai non ebrei
suoi affari. Quando il suo futuro genero denuncia i     che rischiarono le loro vite per salvare gli ebrei durante la
suoi vicini ebrei alla polizia francese, la famiglia    Shoah agendo disinteressatamente. A tale scopo Yad
Batignole cerca di farsi assegnare, riuscendoci, il     Vashem istituì una commissione guidata da un membro
loro prestigioso appartamento rimasto vuoto.            della Corte Suprema Israeliana, la cui responsabilità è di
Solamente Simon Bernstein, uno dei figli della          assegnare il titolo. Questo è l’unico progetto al mondo
famiglia ebrea riesce a far ritorno in quella che era   che , usando criteri stabiliti, onora le persone che salvarono
la sua casa. Batignole comprende di essere la sua       ebrei durante la Shoah. L’assegnazione del titolo dei Giusti
sola speranza di sopravvivenza e in un primo            e gli alberi piantati nel Viale dei Giusti fra le Nazioni
                                                        hanno ricevuto attenzione mondiale e lo stesso concetto di
momento ospiterà il bambino all’insaputa di tutti.
                                                        “Giusto fra le Nazioni” è diventato un simbolo importante
Poi cercherà di attraversare clandestinamente il        ed universale. Fino alla fine del 2007 erano stati
confine per portare Simon in Svizzera insieme a         riconosciuti 22.000 Giusti ; oltre a ciò Yad Vashem sta
due sue cugine, anche loro sfuggite alla                completando un’enciclopedia-“The Lexicon of the
deportazione. .                                         Righteous Among the Nations” – che includerà le storie dei
                                                        Giusti riconosciuti. La versione italiana dell’Enciclopedia,
                                                        “I Giusti d’Italia”, è stata pubblicata nel Gennaio 2006.
                                                        http://www.yadvashem.org/
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Il cinema francese volge di nuovo l’occhio agli anni bui                  Cronologia Shoah in Francia
della guerra e dell’Occupazione: (…) Monsieur Batignole
è un'ottima commedia dolce-amara dove la Parigi                    1940 Aprile - Giugno. La Germania attacca la
                                                                        Danimarca, poi il Belgio, i Paesi Bassi e la
dell'epoca è ricostruita con scrupolosa esattezza di                    Francia, Occupazione di Parigi. Armistizio di
particolari. Non è questo, però, il pregio migliore del film            Compiegne e fine della Terza Repubblica. La
di Jugnot, cui vanno aggiunti un umorismo gentile,                      Francia divisa in due zone: quella settentrionale occupata
                                                                        dai tedeschi. E quella meridionale lasciata
equidistante dall'eccesso di bontà come dal cinismo, e                  all’amministrazione francese (Stato di Vichy), controllata
soprattutto un bellissimo personaggio, una 'parte' di gran              dal governo collaborazionista del maresciallo Pétain. Il
                                                                        generale De Gaulle proclama da Londra, la Resistenza.
classe che il regista ha scritto e interpretato personalmente.          "Libertà, uguaglianza, fraternità" è sostituito da "Lavoro,
               (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 8 ottobre 2002)        famiglia, Patria". Inizio della collaborazione con una
                                                                        politica antiebraica di sterminio.
                                                                        Fine Agosto. Il governo francese di Vichy abrogò la Legge
Arriva in Italia un altro film su uno dei più grandi                    Marchandeau , approvata nell’aprile 1939 dal governo
“rimossi” della recente storia francese: la repubblica di               socialista di Leon Blum , che proibiva qualunque
Vichy e l’occupazione tedesca. Per fare i conti con il                  discriminazione di tipo razziale.
                                                                        3 Ottobre 1940 Entrò in vigore lo “Statut des juifs” . Si
fantasma del collaborazionismo, il regista e protagonista               impediva agli ebrei l’accesso a impieghi pubblici , esercito
Gerard Jugnot sceglie la chiave della commedia, anzi                    , giornalismo , insegnamento, teatro e cinema.
dichiara di essersi proprio ispirato agli sceneggiatori e ai       1941 14 Maggio 1941 a Parigi circa 3710 ebrei maschi polacchi
                                                                        furonoi arrestati e internati nei campi.Tra il 20 e il 23
registi della commedia all’italiana.                                    Agosto 1941, 1232 ebrei adulti vennero fermati per le
                    (Emiliano Morreale, Film TV – 15/10/2002)           strade dell’XI Arrondissement o nelle loro case della
                                                                        capitale dalla Gendarmerie francese . Si trattò questa volta
                                                                        di un arresto di ebrei “rei di crimini contro il III Reich”, gli
Monsieur Batignole non descrive atti eroici, non esalta                 arrestati finirono a Drancy, un quartiere della banlieue
scelte patriottiche, racconta una storia di comune eroismo,             parigina.
quello di un uomo qualunque che si eleva sulla massa               1942 La Germania decreta la “Soluzione finale”
silenziosa assumendo una posizione morale                                destinata a sterminare tutti gli Ebrei d’Europa.
                                                                        27 Marzo 1942 , circa due mesi dopo la famigerata
nell’immediato, praticandola concretamente senza alcuna                 “Conferenza del Wansee” di Berlino 565 internati di
assunzione di principi.                                                 Drancy e 547 internati di Compiègne furono scelti per
             (Achille Frezzato, L’Eco di Bergamo – 16/11/2002)          quello che fu il primo convoglio di deportati ebrei dalla
                                                                        Francia per Auschwitz.
                                                                        1° Giugno 1942 Imposizione a tutti gli ebrei di cucire sui
Ottavo film del simpatico regista-attore Gérard Jugnot,                 propri abiti una stella di David gialla con la scritta
erede di De Funès, 'Monsieur Batignole' (buon successo                  “Juif”(ebreo).
                                                                        16 luglio Retata di Vel d’Hiv. Deportazione
commerciale in patria) diverte e emoziona. Dal dramma al                  di massa degli Ebrei francesi. Creazione della
road movie sulle ali del riscatto morale. Per chi pensa                   milizia per combattere la Resistenza, gli
che... non è mai troppo tardi. Grandi attori, bei paesaggi e              Ebrei e gli oppositori del regime di Vichy.
                                                                          Istituzione del Servizio obbligatorio per
finale sorprendente. Buonista? No. Buon cinema.                           l'impiego (STO). Creazione del Consiglio
              (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 11 ottobre 2002)           nazionale della Resistenza. Presidente: Jean
                                                                          Moulin.
                                   Batignole è un uomo del         1944 6 giugno. Sbarco degli alleati in Normandia, sotto
                                                                        il comando del generale Eisenhower.
                                   suo tempo, espressione                Dopo la liberazione di Parigi (agosto 1944), De Gaulle
                                   con la quale s’intende un            divenne il capo del governo provvisorio.
                                   individuo e un tipo umano            Inizio della Epurazione.
                                   pienamente                      1993 Febbraio. Il capo di stato François Mitterand , dichiarò
                                                                         ufficialmente la grave responsabilità dello stato francese
                                   rappresentativo di una                nelle politiche di repressione antiebraiche durante la
                                   generazione. Egli non è               shoah , e dichiarò ufficialmente il 16-17 Luglio di ogni
                                                                         anno “Giornata nazionale per le vittime ebree della
                                   solo un piccolo-borghese              Politica di Vichy” .
alle prese con le difficoltà di mantenere un tenore di vita        1995    Nasce la “Fondation pour la Mémoire de la shoah”,
dignitoso in tempo di guerra e che si trova nelle condizioni              inaugurata ufficialmente nel gennaio 2005. Essa è oggi la
di poter trarre profitto dalle disgrazie altrui; non è solo               prima istituzione in Europa per lo studio approfondito
                                                                          della Shoah .
diviso fra resistere con dignità o lasciarsi sedurre dalle
lusinghe dei dominatori, ma è terribilmente sconfitto dalla
storia (il ricordo della Prima Guerra mondiale è vivido e
costante in tutto il film). Batignole cerca di fuggire dalla
realtà nascondendosi in un piccolo universo fatto di totale
dedizione al lavoro, di concentrazione sugli affari e cerca
di salvare la cassa e la coscienza in un gioco di difficili
equilibri tra furbizia da bottegaio e scrupoli di buon padre
di famiglia.
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Pierre-Jean, dichiaramente nazionalista e di destra, che sostiene
opportunisticamente la politica razziale dei tedeschi consapevole
delle vantaggiose ripercussioni economiche e della possibilità di
rimescolare le carte dell’assetto sociale a vantaggio di quel ceto
medio scaltro e ardimentoso pronto a occupare spazi lasciati vuoti
dalle deportazioni di massa.

                                   Nel film ci sono tre bambini reali (Simon, Sarah e Guilia) ma anche un
                                   bambino mai cresciuto che è Edmond Batignole. L’ingenuità infantile così
                                   come la regressione all’infanzia sono spesso al centro della vicenda. Può
                                   sembrare strano che un uomo di mezza età regredisca parzialmente fino ad
                                   assumere un comportamento infantile e d’immaturità come quello in cui
                                   ottusamente Batignole si costringe. Forse l’esperienza della Prima guerra
                                   mondiale lo spinge a rifugiarsi in una maschera bonaria, pavida e miope;
                                   scelta che ha come conseguenza quella di subire ogni iniziativa altrui.
                                                                           (http://www.istitutoparri.eu/didattica)

Monsieur Batignole, anche se è ispirato da certi eventi autentici, è ovviamente un film di finzione che deriva
da un considerevole lavoro di messa in scena. È indubbiamente importante portare i giovani spettatori a
prendere coscienza di questo lavoro e ad interrogarsi, anche in modo limitato, sul significato e sui possibili
effetti di questa messa in scena. Tra i molti aspetti, che potrebbero essere presi in esame, ci sembra che il
modo in cui il film di Gérard Jugnot giochi su una gamma limitata di emozioni meriti attenzione.
                                                                  Una scena notevole
                                                                  L'omicidio di Pierre-Jean in Monsieur
                                                                  Batignole crea probabilmente un effetto
                                                                  sorpresa per la maggior parte degli spettatori.
                                                                  In effetti, l'impostazione di questa sequenza, il
                                                                  modo in cui è stata filmata e mostrata,
                                                                  sorprende le nostre aspettative. Richiama
                                                                  lquesta scena e quella immediatamente
                                                                  precedente. Pierre-Jean è appena sceso nella
                                                                  cantina dove ha scoperto il giovane Simon e le
                                                                  sue due cugine. Il signor Batignole tenta di
                                                                  intervenire, ma Pierre-Jean è armato dell'ascia
                                                                  con cui ha rotto il portoncino della cantina e
                                                                  ora minaccia di denunciare il clandestino alla
                                                                  polizia.
Il signor Batignole è quindi costretto a cedere e tutti sono pronti per tornare al piano terra. La scena
immediatamente successiva ci mostra la bottega di Monsieur Batignole dall'esterno circondata da poliziotti e
soldati tedeschi. Quindi pensiamo che siano venuti ad arrestare bambini come aveva annunciato Pierre-Jean.
Ma la cinecamera che entra nel negozio ci mostra invece il cadavere di Pierre-Jean, il cranio distrutto, con
Madame Batignole che piange col colonnello Spreich. Come spettatori, siamo probabilmente sorpresi da
questo rovesciamento della situazione: nulla ci è stato mostrato su come il signor Batignole sia riuscito a
prendere l'ascia di Pierre-Jean e a rompergli il cranio! Al contrario, siamo obbligati a capire da soli come ha
agito. Tra queste due scene, c'è un salto, un evento che manca e non ci viene mostrato (l'omicidio di Pierre-
Jean). Questo meccanismo narrativo è chiamato ellisse e produce qui un effetto sorpresa ma anche il nostro
sollievo perché capiamo che il signor Batignole è riuscito a scappare con i bambini nonostante le gravi
minacce di Pierre-Jean.
                                                                      (http://www.grignoux.be/dossiers/144#note1)
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Gérad Jugnot, nato a Parigi il 4 maggio 1951, è un attore, regista,
                                                sceneggiatore e produttore francese.
                                                Dopo aver studiato arte drammatica, Gérard Jugnot fonda nel 1974,
                                                con Thierry Lhermitte, Michel Blanc e Christian Clavier, incontrati
                                                sui banchi del liceo Pasteur, il caffè teatro Splendid e sarà uno degli
                                                autori di testi teatralidi successo della compagnia.
                                                Oltre alla sua attività teatrale, l’attore debutta per il grande schermo
                                                in alcuni film come I santissimi (1974) di Bertrand Blier, Il giudice
                                                e l'assassino (1974) di Bertrand Tavernier e L'inquilino del terzo
                                                piano (1976) di Roman Polanski. È con la commedia Les Bronzés,
                                                di Patrice Leconte, e Le Père Noël est une ordure, nel 1982,
                                                secondo lungometraggio adattato dall’opera teatrale dello Splendid,
                                                che Gérard Jugnot ottiene finalmente il riconoscimento del
                                                pubblico.
                                                I film ottengono grande successo e l’attore comico non tarda ad
                                                essere reclamato dai registi che vogliono giocare sulla sua
                                                immagine di “francese medio”: Edourd Molinaro, Jean- Marie
                                                Poiré, Claude Zidi… Gli anni ‘80 sono un periodo importante per la
By Georges Biard, CC BY-SA 3.0, wikimedia.org   sua carriera fino a quando passa alla regia ottenendo successo con
                                                film come Pinot agente semplice (1984), Scout toujours… (1985),
                                                Monsieur Batignole (2002), Boudu (2005).

“Salvare dall’oblio quelle storie, coltivare la Memoria, è ancora oggi un vaccino prezioso contro
l'indifferenza e ci aiuta, in un mondo così pieno di ingiustizie e di sofferenze, a ricordare che
ciascuno di noi ha una coscienza. E la può usare".
                                    Liliana Segre, sopravissuta ad Auschwitz e neosenatrice a vita

27 Gennaio - Il Giorno della Memoria
Art.1 La Repubblica italiana riconosce il giorno della 27 gennaio, data dell’abbattimento dei
cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo
ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la
deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si
sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e
protetto i perseguitati”
Art.2. In occasione del "Giorno della Memoria" di cui all’articolo 1, sono organizzati cerimonie,
iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare
nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e
politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un
tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinchè simili eventi non
possano mai più accadere.
Legge 20 luglio 2000, n. 211 "Istituzione del "Giorno della Memoria" in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del
popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 177
del 31 luglio 2000
OGNI COSA
È
ILLUMINATA
Everything is Illuminated

            USA, 2005 dur. 102’
Regia: Liev Schreiber
Soggetto: Jonathan Safran Foer
Sceneggiatura: Liev Schreiber
Fotografia: Matthew Libatique
Montaggio: Andrew Marcus e Craig McKay
Musiche: Paul Cantelon
Scenografia: Mark Geraghty
Costumi: Michael Clancy
Interpreti: Boris Leskin, Elijah Wood, Eugene Hutz ,
Gil Kazimirov, Igor Latta, Jana Hrabetova, Jaroslava
Sochova, Jonathan Safran Foer, Ljubomir Dezera,
Ludmila Kartouska, Mikki, Mouse, Oleksandr
Choroshko, Oleksandr Houtz, Pamela Racine,
Robert Chytil, Sergei Ryabtsev, Stephen
Samudovsky, Yuri Lemeshev, Zuzana Hodkova.
Location: Odessa( Ucraina), Praga,
Produzione: Mark Geraghty
Distribuzione: Warner Bros
Tratto dal romanzo “Ogni cosa è illuminata” di Jonathan Safran Foer, 2002

IL FILM                                                          QUALCHE RIFLESSIONE….

Jonathan è un giovane ebreo
americano, timido e riservato, con                               Amnesie.
vistosi occhiali, meticoloso collezionista                       In Italia si parla molto di Memoria, quasi niente del suo
                                                                 contrario, che da noi non è l’oblio, come di solito si dice,
di ogni sorta di oggetti che pone in
                                                                 ma molto più spesso il Vuoto di Memoria. L’amnesia è di
sacchetti trasparenti etichettati con                            tutti gli individui umani, ma in Italia, come ha detto
data e luogo. Si reca in Ucraina con una                         acutamente R. Bodei, la amnesia tende a confondersi con la
foto che ritrae suo nonno con una                                “amnestia”, ovvero con il disperato tentativo di
sconosciuta Augustine e il nome di un                            autoassolversi oppure con il desiderio di far dimenticare la
luogo: Trachimbrod. Vuole trovare la                             parte meno accettabile del proprio passato. Ciascuna parte
donna che ha salvato suo nonno durante                           in campo ha la sua amnesia, tutti sono molto bravi a
l’invasione nazista. In questo viaggio                           cogliere in fallo l’avversario, quasi nessuno fa i conti con il
                                                                 prorpio passato. Sui giornali di questi giorni è stato scritto
nella memoria Jonathan viene
                                                                 che la Giornata della Memoria dovrà trasformarsi in un
accompagnato dal giovane Alex e dal                              laico Kippur, ossia in una giornata in cui ciascuno farà i
suo nonno cieco, ma in realtà ben                                conti con se stesso e con la prorpia storia. Parole sante:
vedente, che ha sempre con sé il suo                             bisognerebbe però che tutti domani si mettessero al lavoro,
cane guida...                                                    a partire dalla classe politica e senza escludere gli stessi
                                                                 ebrei italiani che non hanno ancora del tutto esaurito il
                                                                 discorso sul loro coinvolgimento nel fascismo, prima,
                                                                 beninteso, del ‘38.

                                                                            (Approfondimenti a cura dei Istoreto, gennaio 2011)
IL FILM
Everything is illuminate restituisce parte della
complessa vicenda degli ebrei d0Ucraina, che più
volte ( e non solo dai nazisti) hanno subito la
vendetta dei governi e la tortura dei soldati. Ma il
film si concentra anche su un altro aspetto più
delicato : il rischio della rimozione e l’importanza
della consapevolezza delle proprie origini.
                    ( Dario Zonta, L’Unità – 06/09/05)

I TEMI
Il tema della Shoah si riempie di nuova bellezza nel percorso verso il vuoto della città morta con i due
ucraini all’inizio indifferenti verso l’ennesima visita degli ebrei sui luoghi delle stragi. Nello stupore della
scoperta di persone, sguardi, fotografie, tracce, si ricompone un passato che non ‘deve’ essere ricordato, ma è
semplicemente una parte di noi, un tassello indispensabile per completare il mosaico della vita. Davanti al
prato lungo il fiume dove sorgeva la città senza più nome, l’emozione si espande e va oltre ogni
appartenenza. ‘Ho un problema di memoria-ha raccontato il regista- per cui qundo mio nonno, un emigrato
ucraino è morto, ho avuto paura di dimenticare la nostra storia e mi sono messo a scrivere. Poi ho scoperto
che uno scrittore aveva pubblicato un libro simile, l’ho letto e gli ho chiesto di incontrarci’
                                                                            (Mariuccia Ciotta, Il Manifesto-11/11/05)

Si tratta di un viaggio iniziatico alla ricerca del passato; un viaggio nella memoria. Film molto interessante
che parla della Shoah da un’angolazione non abituale. Non uno svolgimento di fatti storici, ma una storia
presente che si rivolge al passato e che richiede allo spettatote un coinvolgimento attivo nella riceca. Il
presente porta in sé le conseguenze del passato e si volge indietro per scoprirne le origini. La verità emergerà
poco alla volta e porterà all’illuminazione, ma bisogna saperla vedere. Importante è sottolineare la dialettica
luce-oscurità e il contrasto vista-cecità. Si tratta di una vista non fisica ma interiore e Jonathan,
simbolicamente presentato con i suoi grandi occhiali, ha in sé la capacità di vedere e la verità lo porterà a una
maturazione e a un miglioramento di se stesso. (…)
Al di là del tema storico dell’occupazione nazista ( e non solo) trattato con estrema delicatezza, altri sono i
temi presenti nel film come il bisogno di trovare le proprie origini famigliari che spinge Jonathan a compiere
il viaggio; l’importanza della memoria, anche se tragica, perché rimuoverla vuol dire vivere
nell’inquietudine, nella menzogna o addirittura nel rimorso. Il passato ha un valore inestimabile perché dà
significato al presente e gli oggetti del passato assumono una grande importanza perché sono il segno
tangibile della memoria e solo attraverso essi continuano a vivere le persone che li hanno posseduti.
                      (Anna Fellegara- http://www.sas.bg.it/sas/schede-approfondimento-film-proiettati-per-le-scuole)

                                                  Jonathan
                                        Il protagonista è lui stesso, Jonathan Safran Foer, impersonato da
                                        Wood, giovanotto statunitensa, che, saltando del tutto una generazione,
                                        torna nella vecchia Europa, nel cuore dell’Ucraina, alla ricerca di una
                                        persona che convinse suo nonno a lasciare il paese e a trasferirsi negli
                                        Stati Uniti pochissimi giorni prima dell’arrivo dei nazisti.
                                                                                ( Antonio Angeli, Il Tempo-14/11/05)
                                        Lo schivo e problematico Jonathan è rigidamente motivato dalla
                                        curiosità e dal metodico e maniacale approccio alle cose che lo spinge
                                        a imbustare in asettici sacchettini di plastica tutto ciò che raccoglie e
                                        colleziona appendendolo a una sorta di muro della memoria.
                                                                                        (c.b., Cineforum, 449- 2005)

Alex
Alex ( un sorprendente Eugene Hutz) è un grottesco prodotto del sostrato ucraino ed ebreo dietro la spinta
della sottocultura mediatica americana. L’interazione dei loro caratteri ( di Alex e Jonathan) è foriera di un
‘irresistibile comicità che, comunque, era già stata abbondantemente corroborata dalla descrizione della
famiglia di Alex (e, in particolare, del suo nonno bizzoso e bizzarro), il cui irrompere sulla scena aveva
ribaltato i toni quasi elegiaci con cui era stato presentato Jonathan.
                                                                                            (Marco Onorato, 16Noni-15/11/05)

L’esuberante Alex è interpretato con istrionesca vivacità innata da Eugene Hutz, front men del gruppo Gogol
Bordello, attore esordiente al cinema ma da dieci anni animale da palcoscenico con il suo gruppo di
musicisti-teatranti-gipsy-punk-ucraino-americano.
                                                                                                   (c.b., Cineforum, 449- 2005)
Il nonno di Alex
Alex e suo nonno gestiscono con sfacciata ribalderia un’agenzia
specializzata nel portare i rampolli di ricche famiglie ebree
espatriate sulle tracce degli antenati rimasti morti in Ucraina.
 Nel film si apprende che il nonno, finto cieco, è un ebreo che ha
rinnegato le sue origini subito dopo essere sopravvissuto
miracolosamente ad un’esecuzione dei nazisti. Emerge salvo tra i
corpi dei compagni morti e fugge. Sarà lo studente americano a
condurlo per mano, e involontariamente, nei meandri ei ricordi,
delle rimozioni e delle epifanie. E importante dire che nel
romanzo lo stesso personaggio non è ebreo. Quindi il regista ha
voluto prorpio evidenziare nella figura del nonno il momento
della riflessione.                 ( Dario Zonta, L’Unità – 06/09/05)

Dal libro al film
Il regista porta sullo schermo l’adattamento di una parte dell’omonimo romanzo, divenuto best seller in tutto
il mondo, dell’esordiente scrittore ebreo Jonathan Safran Foer. Si stratifica dunque il gioco dei rimandi
autobiografici: nulla di più identificativo, per il regista debuttante, della storia di un ragazzo ebreo americano
di origini ucraine, che porta il nome dello scrittore stesso, in viaggio nel paese ex-spvietico per conoscere la
donna che salvò il nonno dal massacro nazista.(…)
La scelta di Schreiber di limitarsi a trasporre sullo schermo solo una delle tre parti che lo compongono,
alternandosi e sovrapponendosi, il romanzo rappresenta forse una parziale mutilazione o quanto meno un
impoverimento dello spirito e delle atmosfere yddish fondamentali dell’opera letteraria, tuttavia segna un
inconsueto atto di umiltà o perlomeno, denota una certa consapevolezza delle difficoltà che avrebbe
incontrato il mezzo cinematografico nella resa di una materia così cinematograficamente ostica come quella
di partenza. Il fil si concentra dunque su A Very Rigid Search, il romanzo che il giovane Alex iz Odessy
scrive dopo il viaggio del giovane Jonathan from Usa alla ricerca della anziana Augustine z Trachimbrodu.

Il regista
Il giovane regista Liev Schreiber, che i più ricorderanno come attore in Kate & Leopold (2001) o The
Manchurian Candidate (2004), osserva con occhio attento e ironico il nuovo Est Europa, inzeppato di ruderi
di centrali nucleari dismesse e pieno di fast food nuovi di zecca. La camera vola su prati verdi e distese di
cemento, senza mai perdere di vista gli uomini che di ogni luogo possono fare un paradiso o un inferno.
Dipende da loro.
                              Schreiber nasce a San Francisco, in California, il 4 ottobre del 1967, figlio di Tell Schreiber,
                              un attore e regista teatrale statunitense nato da un'abbiente famiglia WASP di origini
                              austriache, svizzere, irlandesi e scozzesi, e di Heather Milgram, un'eccentrica pittrice
                              statunitense nata a Brooklyn (quartiere di New York) da una famiglia ebraica di origini
                              polacche, ucraine e tedesche, che scelse per il futuro attore il nome Liev in onore dello
                              scrittore russo Lev Tolstoj. La madre, che per un periodo visse in un ashram in Virginia, ha
                              sempre proibito al figlio di guardare film a colori, per indirizzarlo verso le pellicole in bianco
                              e nero, come i classici di Charlie Chaplin. È cresciuto in Canada e, in seguito alla separazione
                              dei genitori (avvenuta quando aveva 5 anni), si è trasferito a New York, dove ha mostrato
                              interesse per la scrittura di testi teatrali.
Di Joella Marano -wikimedia
Studia in seminario con l'attrice Amanda Peet, in seguito studia alla Royal Academy of Dramatic Art e si laurea nel
1992 alla "Yale School of Drama", lavora per diversi spettacoli teatrali a Broadway con classici di William Shakespeare
come La tempesta, Amleto, Otello e molti altri, al fianco di attori del calibro di Sigourney Weaver e Jason Robards.
Debutta nel 1994 nel film di Nora Ephron Agenzia salvagente, in seguito recita nella trilogia di Wes Craven Scream,
Scream 2 e Scream 3 nel ruolo di Cotton Weary, Sfera di Barry Levinson del 1998 e Hurricane - Il grido dell'innocenza
del 1999. È stato candidato al premio Emmy e al Golden Globe per l'interpretazione di Orson Welles nel film RKO 281.
Nel 2002 prende parte alla commedia Kate & Leopold con Meg Ryan e Hugh Jackman, parallelamente alla carriera
cinematografica continua la sua attività teatrale che lo porta a vincere il premio Obie per la sua interpretazione in
Cymbeline.
Nel 2005 debutta alla regia con il film Ogni cosa è illuminata, tratto da un romanzo di Jonathan Safran Foer, girato tra
Praga e l'Ucraina. Tra gli altri film come attore The Manchurian Candidate ed Omen - Il presagio. Recita in L'amore ai
tempi del colera di Mike Newell, tratto dall'omonimo romanzo di Gabriel García Márquez. All'inizio del 2007 partecipa
ad alcuni episodi della serie tv CSI - Scena del crimine, nel ruolo di Michael Keppler, per la temporanea assenza di
William Petersen, e inoltre lavora a Broadway nella commedia teatrale di Eric Bogosian Talk Radio, interpretazione che
gli vale diverse nomination a premi teatrali.
Interpreta Victor Creed, alias Sabretooth, in X-Men le origini - Wolverine di Gavin Hood, film incentrato sulle origini
del personaggio dei fumetti Wolverine. Recita in Motel Wo odstock di Ang Lee, dove veste i panni di un travestito. Per
Schreiber non è la prima interpretazione di un travestito, infatti al suo esordio ebbe un ruolo simile nella commedia del
1994 Agenzia salvagente.
                                                                                                             ( da Wikipedia)

“Salvare dall’oblio quelle storie, coltivare la Memoria, è ancora oggi un vaccino prezioso contro
l'indifferenza e ci aiuta, in un mondo così pieno di ingiustizie e di sofferenze, a ricordare che
ciascuno di noi ha una coscienza. E la può usare".
                                    Liliana Segre, sopravissuta ad Auschwitz e neosenatrice a vita

27 Gennaio - Il Giorno della Memoria
Art.1 La Repubblica italiana riconosce il giorno della 27 gennaio, data dell’abbattimento dei
cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo
ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la
deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si
sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e
protetto i perseguitati”
Art.2. In occasione del "Giorno della Memoria" di cui all’articolo 1, sono organizzati cerimonie,
iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare
nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e
politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un
tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinchè simili eventi non
possano mai più accadere.
Legge 20 luglio 2000, n. 211 "Istituzione del "Giorno della Memoria" in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del
popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 177
del 31 luglio 2000.
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