Le nuove fonti della lingua: radio e televisione

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Le nuove fonti della lingua: radio e televisione
Le nuove fonti della lingua: radio
e televisione*
Nicoletta Maraschio

Qualche osservazione introduttiva. La radio e la tele-     comune senso di appartenenza, attraverso la rico-
visione, insieme al cinema, al telefono e sempre di        nosciuta condivisione di un mondo sonoro e visivo
più al computer e a Internet, fanno stabilmente par-       variegato e ricco di storie, di tradizioni letterarie e
te della nostra vita. Se siamo abbastanza vecchi, figli    popolari, di musica, di nuovi divi e di avvenimenti
e nipoti si meravigliano del fatto che quando erava-       di ogni tipo, a cominciare da quelli sportivi.
mo bambini o ragazzi qualcuno di questi mezzi non             Se la diffusione di una stessa lingua è solo una
esistesse e gli altri fossero molto meno accessibili e     componente di questo complesso processo, certa-
meno a portata di mano di quelli attuali. Oggi sono        mente ne è una componente essenziale. Sappiamo
nelle nostre case, scandiscono il nostro tempo quo-        che i grandi mezzi di comunicazione di massa audio-
tidiano e hanno contribuito a cambiare, insieme ai         visivi, ovunque nel mondo, sono inesauribili fonti di
nostri comportamenti, il modo con cui percepiamo           lingua, tanto più potenti e pervasive quanto meno
e interpretiamo la realtà e ci poniamo in relazione        sono percepite come tali e quanto più la loro azione
con gli altri. Ed è proprio la meraviglia dei giovani      modellizzante è sottovalutata dai comuni parlanti.
la spia forse più significativa della facilità con cui i   In Italia il loro ruolo nel corso del Novecento è stato
mezzi di comunicazione di massa si sono inseriti nel-      più rilevante che altrove per il concorrere di una se-
la nostra storia, perché è come se ci fossero sempre       rie di circostanze ben note, legate alla specificità sia
stati, come se la loro presenza fosse qualche cosa di      della nostra storia linguistica preunitaria (l’italiano
naturale. Una “naturalezza” senza dubbio rafforzata        come “lingua tetto” è stato per secoli soprattut-
dal tipo di italiano che generalmente usano. La loro       to quello scritto), sia della nostra storia culturale,
lingua, per il netto prevalere di modi informali e         caratterizzata da quella “scarsa densità” che Ascoli
colloquiali, appare infatti, soprattutto da qualche        indicava come uno degli ostacoli principali al rag-
decennio, sempre più simile alla nostra, a quella          giungimento di una lingua comune.
che usiamo tutti i giorni in famiglia o con gli amici.        L’esigenza di poter tutti capire e parlare l’italiano è
Eppure, ci basta rivedere e riascoltare vecchi film o      diventata, di fatto, ineludibile solo dopo l’Unità e ha
vecchi programmi radiofonici e televisivi per ren-         trovato nel parlato pubblico dei mezzi di comunica-
derci immediatamente conto che tanta “naturalezza”         zione di massa una risposta a basso costo e in grado
deriva da precise scelte politico-culturali ed editoria-   di soddisfare alcune delle molte carenze della scuola
li-espressive. C’è ovviamente ben poco di spontaneo        e di un’educazione linguistica troppo a lungo “tradi-
e naturale nella lingua trasmessa dalla radio e dalla      zionale” e inadeguata rispetto sia al multilinguismo
televisione, e proprio per questo è interessante osser-    tipico dell’Italia sia alle veloci trasformazioni sociali
varne l’evoluzione, strettamente connessa com’è alle       e culturali in corso. L’alto tasso di analfabetismo e
complesse vicende storiche – politiche, economiche,        più in generale la debolissima abitudine alla lettura
sociali e culturali – che hanno trasformato il nostro      (sia di giornali che di libri) hanno quindi permesso
Paese nel corso degli ultimi 150 anni e che hanno          alla radio e alla televisione di assumere – secondo
coinvolto più generazioni di italiani.                     tempi, misure e modalità diverse – una posizione as-
    La funzione “nazionalizzante” dei grandi mezzi         solutamente dominante. Una posizione certamente
di comunicazione non ha riguardato evidentemente           favorita dall’intervento dello Stato che, in linea per
solo la lingua, ma dopo la nascita tardiva dell’Italia
unita la radio e la televisione hanno contribuito a
“sintonizzare la nazione” (Ortoleva 2011), operando
                                                               * Desidero ringraziare Gabriella Alfieri e Ilaria Bonomi per
trasversalmente su diversità geografiche, sociali, e       avermi consentito di consultare il loro nuovo libro dedicato alla
culturali profonde e stratificate nei secoli e con-        televisione di prossima uscita presso l’editore Carocci, dal quale
tribuendo a creare nei cittadini, innanzi tutto, un        ho tratto molti suggerimenti e qualche esempio linguistico.
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altro con la politica svolta in questo campo dal resto      della trasmissione e quindi del pubblico cui questo
dell’Europa (molto diversa da quella statunitense),         è destinato. Ma oggi la spettacolarizzazione domi-
ha attribuito, per molti anni, prima alla radio poi         na trasversalmente il palinsesto in un flusso conti-
anche alla televisione, un fondamentale compito             nuo che crea frequenti sovrapposizioni fra generi
educativo legato alla funzione di “servizio pubblico”.      di programmi e varietà di lingua (da infotainment
Lo Stato italiano ha infatti creato un monopolio            a edutainment). Più recentemente questa “messa in
radiofonico (poi radiotelevisivo), rappresentato dalla      scena”, che cerca di intrattenere/trattenere quanto
concessione in esclusiva, sia della gestione della rete     più possibile l’utente (anche per ragioni commer-
degli impianti, sia della diffusione dei programmi a        ciali ed economiche legate alla pubblicità), tende ad
società di proprietà pubblica: EIAR, RAI.                   accentuare fortemente il riuso linguistico degli stessi
    L’intervento statale è iniziato col fascismo, che ha    materiali mediatici (riconoscibilità) e ad adottare,
decisamente puntato sulla radio per modernizzare            soprattutto nella televisione, una «retorica senza
il paese e soprattutto per creare un forte e ampio          lumi» e toni spesso accesi e sopra le righe (Lopor-
consenso politico. Ma il monopolio statale in campo         caro 2005). Il successo dei reality show rappresenta
radiofonico e televisivo non è terminato col regi-          la manifestazione più chiara di questa tendenza
me fascista; è entrato infatti in crisi solo negli anni     e l’iperparlato, tipico di molti DJ radiofonici e
Settanta ed è terminato formalmente negli anni              dei talk show televisivi, rischia di diventare la ci-
Novanta, con la nascita di un altro polo, privato e         fra complessiva della maggior parte del trasmesso
commerciale, quello di Mediaset, derivante dalla tra-       radio-televisivo (Antonelli 2007). La TV a paga-
sformazione delle televisioni Fininvest, 1980-1984.         mento, quella digitale e l’interazione di radio e
    Le vicende extralinguistiche degli ultimi decenni       televisione con Internet stanno tuttavia rapidamente
hanno inciso fortemente sull’idea stessa di radio e         mutando il quadro generale, non solo perché fa-
di televisione, sul tipo di programmazione e hanno          voriscono un ‘dialogo’ meno fittizio tra emittente
contribuito in modo molto significativo a un cam-           e pubblico, ma perché permettono a ciascuno di
biamento sostanziale dell’italiano trasmesso, che in        attingere alla fonte massmediatica secondo tempi,
generale è passato dall’essere una forma particolare        modalità e gusti personali. Si sta determinando
di oralità, in gran parte modellata sullo scritto (un       così il declino di quel modello generalista di radio
parlato-scritto di tipo esecutivo) e quindi rigida,         e televisione che ha caratterizzato la nostra storia
controllata e controllabile, a una varietà più vicina       novecentesca, e non solamente quella linguistica
al parlato e quindi fluida, flessibile e volutamente        (Menduni 2010).
dialogica.
    Riprendendo una formula molto diffusa tra gli               Il trasmesso: una nuova varietà comunicativa del­
studiosi, radio e televisione si sono trasformate quin-     l’italiano. Il “trasmesso” è una varietà comunicativa
di da «scuole» a «specchi di lingua» (Simone 1987),         multiforme e multifunzionale di cui sono state in-
potenti «specchi a due raggi» (Masini 2003), che da         dividuate dagli studiosi alcune caratteristiche speci-
una parte hanno ripreso comportamenti, fenome-              fiche dipendenti dal mezzo, cioè dal sistema tecnico
ni e stili linguistici socialmente diffusi, dall’altra li   di riproduzione e diffusione audio e video del mes-
hanno riprodotti, li hanno consolidati e amplificati,       saggio. Si tratta di una «oralità secondaria» (Ong
mescolandoli ad altri di loro invenzione. Questa            1982/1986), tipicamente asimmetrica, intermedia
particolare azione di rispecchiamento ha investito          fra scritto e parlato, capace di superare, come lo
l’intera gamma delle varietà dell’italiano, dall’italia-    scritto, i tradizionali confini spazio-temporali propri
no regionale a quello tecnico scientifico, dall’italiano    del parlato faccia a faccia, di cui tuttavia mantie-
dell’uso medio o neostandard a quello di registro più       ne interamente il contenuto sonoro e l’andamen-
basso, dall’italiano dei giovani a quello dei politici,     to sequenziale ed effimero. A causa della distanza
dall’italiano pubblicitario a quello giornalistico. E       comunicativa fra emittente e ricevente, tuttavia, il
il trasmesso radio-televisivo ha attinto anche a usi        trasmesso normalmente non consente il feed back
presenti solo allo stato nascente nella realtà lingui-      immediato, cioè la possibilità, tipica del parlato, di
stica circostante, unendoli ad altri più consolidati e      un ritorno all’indietro, per eventuali correzioni e
a novità più o meno improvvisate.                           adeguamenti del messaggio in relazione agli effetti
    Il risultato complessivo è un veloce e inedito im-      prodotti sull’interlocutore. Se fino a pochi decenni
pasto di forme e registri spesso molto distanti gli         fa, come abbiamo appena visto, la vicinanza allo
uni dagli altri, variabile a seconda dell’emittente,        scritto, anche per il tipo di lingua adottato, era net-
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tamente preminente, negli ultimi tempi la funzione             L’italiano radiofonico. Un simile obiettivo omolo-
di rispecchiamento del parlato è stata accentuata sia      gante è stato esplicitamente perseguito dal fascismo
dall’uso del telefono sia dalla presenza crescente, in     che ha utilizzato la radio (URI 1924-EIAR 1928)
onda e in video, di persone comuni che sono invi-          per realizzare e diffondere la sua politica linguistica
tate ad affiancare i giornalisti e i conduttori, cioè i    nazionalistica, antidialettale e xenofoba. La funzio-
professionisti della parola radiofonica e televisiva.      ne fortemente coesiva del nuovo mezzo dal punto
Di qui il moltiplicarsi di combinazioni inedite tra        di vista linguistico viene sottolineata con grande
registri e usi linguistici di diversa formalità, da mol-   convinzione. Emblematiche le parole di Nicola De
to bassa a medio-alta. Ma il trasmesso crea di fatto       Pirro, uno dei direttori del Ministero della Cul-
una nuova dimensione comunicativa nella quale              tura popolare, pronunciate nel 1937, in occasione
«si incrociano lontananza spaziale ed estraneità dei       dell’inaugurazione del Centro di sperimentazio-
parlanti con dialogicità e privatezza o estraneità ed      ne radiofonica: «la radio col suo carattere di onni-
extrasituazionalità con libertà tematica e sponta-         presenza libera da ogni ostacolo fisico, superando
neità nell’enunciazione o addirittura si annullano         agevolmente tutte le barriere naturali, giungendo
quelle tra privatezza e pubblicità» (Sabatini 1997).       ovunque con rapidità eterea, riesce per ciò stesso ad
Al di là di questi elementi comuni, naturalmente il        abolire anche tutti gli ostacoli di carattere ideale e a
trasmesso radiofonico, caratterizzato da uno sfrutta-      fondere le particolari inflessioni regionali nell’unicità
mento intensivo dell’oralità in tutti i suoi aspetti, è    del linguaggio nazionale che essa porta dovunque in­
molto diverso da quello televisivo, dove è essenziale      cessantemente e con tutti i mezzi e con tutte le forme
invece l’interazione tra parola e immagine, capace         (soprattutto le artistiche e letterarie che sono dotate
di produrre un «effetto realtà» che lo rende partico-      di un particolare fascino persuasivo) all’orecchio e
larmente attrattivo e coinvolgente, tanto da essere        all’animo degli italiani» (in Isola 1998).
usato anche in sede didattica (Diadori 1994).                  Ma quale italiano? È interessante che in molti
   La radio e la televisione a diffusione nazionale        teorizzino l’esigenza di scelte linguistiche innovative
hanno privilegiato decisamente l’italiano come lin-        e che il dibattito intorno allo “specifico” radiofo-
gua dei loro programmi, pur orientandosi nel corso         nico sia vivo fin dai primi anni. Lo caratterizza la
del tempo verso modalità comunicative e quindi             ricerca convinta di un parlato fortemente evocativo,
scelte linguistiche sempre più variate, secondo l’iti-     adeguatamente ritmato e intonato, sintatticamente
nerario che abbiamo prima velocemente tratteg-             coinciso e chiaro. Anche il tema della radiogenicità
giato. I dialetti, usati abitualmente in famiglia e        delle voci suscita grande attenzione. Si può cogliere
con gli amici da una percentuale di italiani ancora        insomma l’idea che la radio, attraverso un intenso
oggi notevole, sono stati nel complesso trascurati o       e continuo adattamento di altre forme artistiche
usati marginalmente. Solo dopo il ’76 alcune radio         e discorsive (dal teatro alla letteratura, dal giorna-
locali li hanno usati con regolarità (Coveri-Piccillo      lismo alla conferenza) possa stimolare un grande
1997), mentre recentemente alcune emittenti tele-          cambiamento dell’italiano della tradizione, troppo
visive legate alla Lega ne hanno fatto una bandiera        aulico e difficile. Brevità e chiarezza diventano vere
politica.                                                  e proprie parole d’ordine. Si sostiene che lo stile più
   Pasolini, in un intervento molto duro contro            adatto alla radio è rigorosamente sintetico, fatto tutto
la civiltà dei consumi, denunciava fin dagli anni          di «sostantivi precisi, definizioni esatte, suggestive,
Settanta (1973) il rischio concreto che la televi-         pittoresche nella loro sintesi e per la loro fulminea
sione potesse produrre nel paese un’omologazione           espansione» (Raffaelli 1997). Concetti espressi con
distruttrice peggiore di quella fascista: «per mezzo       toni radicali da Marinetti nel 1933 nel suo Manifesto
della televisione, il centro ha assimilato a sé l’intero   della radia: «La Radia sarà libertà da ogni punto di
paese che era storicamente differenziato e ricco di        contatto con la tradizione letteraria e artistica. Qual-
culture originali. Ha cominciato un’opera di omolo­        siasi tentativo di riallacciare la Radia alla tradizione è
gazione distruttrice di ogni autenticità e concretezza.    grottesco» (in Ortoleva-Scaramucci 2003). In quegli
Ha imposto […] i suoi modelli: che sono modelli            anni, del resto, si sviluppa in tutto il mondo un’at-
voluti dalla nuova industrializzazione, la quale non       tenta e variegata riflessione sulle novità comunicati-
si accontenta più di un uomo che consuma, ma               ve ed espressive suscitate dal nuovo mezzo, di cui il
pretende che non siano concepibili altre ideologie         saggio di Rudolf Arnheim La radio arte dell’ascolto
che quella del consumo».                                   (1933) è uno tra gli esempi più notevoli.
                                                               Si inventano alcuni generi radiofonici (giornale
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radio, radiodramma, varietà, radiocronaca sportiva,          ortofonia». Bertoni infatti sostiene che: «la lingua
conversazione) destinati a trasmettere nel tempo             della Nazione non è soltanto quella degli scrittori
scelte linguistiche e stilistiche specifiche (basti pen-     e dei poeti, ma quella della collettività, strumento
sare alla fortuna del modello di radiocronaca di             di relazione e di rapporti fra le classi colte e fra il
Niccolò Carosio, che esordisce nel 1933, in diretta          popolo […], in Roma si viene foggiando la nuova
per l’incontro di calcio Italia-Germania ) e a essere        lingua della Nazione. Da quando Roma è divenuta
imitati poi anche dalla televisione; si mette a punto        il maggior centro della vita politica e morale d’Italia,
un palinsesto che persino nell’articolazione giorna-         la base della lingua si è spostata da Firenze nella città
liera (fra musica, intrattenimento leggero e colto,          eterna, o per lo meno si è sdoppiata». (Bertoni, in
informazione e programmi educativi anche per i               Raffaelli 1997, p. 54). L’uniformità di pronunzia
giovani) resterà a lungo invariato. Ma la radio, al          è di fatto il suo obiettivo principale, come risulta
di là della ricerca di forme di colloquialità diverse,       dal fortunato Prontuario di pronunzia e ortografia,
viene dal fascismo riconosciuta soprattutto come             scritto con Ugolini (1939). Il modello di pronuncia
colossale arengo e imbattibile arma di propaganda: le        nazionale proposto dagli autori è quello dell’asse lin­
si impongono quindi i toni altisonanti della retorica        guistico Roma-Firenze, con una decisa inclinazione
mussoliniana e se ne individua la funzione principa-         verso il polo romano (ginèpro, cèmbalo, èmbrice).
le nel contatto “del duce col suo popolo”. Il nuovo             L’attenzione alla lingua e allo “specifico radiofo-
mezzo esalta grandemente il potere di suggestione            nico” continua nella RAI del dopoguerra, benché
della voce di Mussolini ed è molto adatta alla sua           in opposizione alla retorica del regime prevalgano
oratoria dall’andamento paratattico, giustapposto            i riferimenti a uno stile comunicativo misurato e
e formulare.                                                 discreto proprio di una conversazione tra amici. Tra
    Il governo fascista, come è noto, interviene diret-      gli interventi significativi spicca quello di Bacchelli
tamente sulla lingua della radio: la «norma lingui-          (1952) che è molto simile alle famose Norme di
stica esplicita» (Raffaelli 1997) riguarda soprattutto       redazione di un testo radiofonico di Gadda (1953):
i due livelli ritenuti maggiormente qualificanti dal         «Attraverso la radio, la voce umana, la voce viva, e
punto di vista dell’italianità: il lessico e la pronuncia.   dunque l’arte del porgere, riprendono molto del loro
La nuova terminologia settoriale, in gran parte di           antico valore e della loro comunicativa intellettuale
provenienza inglese (broadcast e broadcasting, spea­         ed emotiva a destare l’intelligenza del pensiero e a
ker, fading, jack) viene via via tradotta, soprattutto       colorire e scaldare gli affetti delle parole espresse
dopo il divieto dell’uso pubblico di parole straniere        […] Ogni radioauditore ha, infatti, cognizione ed
(1940-41) e la pubblicazione dei famosi elenchi              esperienza di quanto dal microfono e dall’altopar-
sostitutivi dell’Accademia d’Italia (1941-1943); così        lante (che stabiliscono un rapporto comunicativo
fading diventa evanescenza, speaker> annunziatore,           individuale e non collettivo da uomo a uomo, non
jack> spina, réclame> pubblicità, volume control> re­        da persona a folla) riesca importuna e negativa la
golatore di volume. La terminologia si assesta quindi        declamazione enfatica, l’eccesso dell’accento e dei colori
progressivamente dopo una fase di oscillazione, ad           espressivi. L’oratoria, la declamazione, l’esposizione,
es. tra il femminile e il maschile di radio (il radio,       nel parlare e leggere alla radio, vogliono uno stile
con riferimento all’apparecchio), tra radio giornale,        misurato e discreto più di conversazione da persona a
radio informazioni, giornale parlato e finalmente            persona che non di orazione alla folla e di recitazione
giornale radio (dal 1930), e in ambito più tecnico           a un pubblico» (in Maraschio-Stefanelli 2001).
tra altisonante-altoparlante, amperaggio-intensità,             Se si considera, tuttavia, che fino agli anni Ses-
emissione-trasmissione-diffusione, radioauditore-            santa è decisamente prevalente alla radio la lingua
radio­ascoltatore. L’impegno maggiore del regime è           trasmessa sulla base di un testo scritto, quindi letta
tuttavia concentrato sull’insegnamento di lingua             o recitata, ci si renderà allora facilmente conto che
italiana, avviato dall’EIAR nel 1938-1939 con un             il parlato andrà ricercato soprattutto all’interno di
corso su La lingua d’Italia, in collaborazione con           scritture opportunamente predisposte per essere
il Ministero dell’educazione nazionale (ministro             ascoltate, dunque caratterizzate da una regolarità
Giuseppe Bottai) e con l’Accademia d’Italia (del             ritmico-sintattica, da molte ripetizioni lessicali, da
progetto è responsabile Giulio Bertoni, coadiuvato           una sintassi lineare, senza troppe parentesi e incisi
dal suo allievo Francesco Ugolini). Il corso ha lo           e con poche subordinate («ogni tumultuario affol-
scopo dichiarato di «rafforzare l’italianità del nostro      lamento di idee nel periodo sintattico conduce al
incomparabile idioma e di diffondere le norme di             vuoto radiofonico» Gadda). Quanto alla pronuncia,
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la RAI continua a occuparsene, organizzando corsi          e naturalmente la lingua della comunità dei propri
di dizione per i professionisti della radio e nel 1969     ascoltatori.
pubblicando un Dizionario a loro destinato, il DOP            Ma alla radio, soprattutto alla RAI, c’è anco-
(Dizionario di Ortografia e Pronunzia, a cura di Car-      ra molto parlato monologico, letto o recitato, ba-
lo Tagliavini, Bruno Migliorini e Piero Fiorelli).         sti pensare all’informazione, alle letture integrali
    Negli anni Sessanta alcune rilevanti trasformazio-     di opere letterarie, alle soap opera, alla pubblicità
ni sociali e tecnologiche incidono profondamente           (LIR1/2; Maraschio 2010). A questo parlato-scritto
sulla lingua della radio, perché ne cambiano le fun-       si contrappone l’irrealistico iperparlato della mag-
zioni, le modalità d’ascolto, il pubblico. La diffu-       gior parte delle emittenti private: veloce, frammen-
sione del transistor fa della radio un economico e         tato e gridato, interpunto da stacchi musicali, più o
portabile medium individuale di informazione e             meno abilmente mescolato alla musica (che talvolta
intrattenimento, con molta musica leggera, italiana        resta in sottofondo) per creare e rendere immedia-
e straniera. Ma a cambiare il sistema complessivo è        tamente riconoscibile il suono che identifica una
soprattutto l’affermazione della televisione (1954)        certa radio (Moneglia 1997). La chiacchiera, con
che sostituisce ben presto la radio nel ruolo di mezzo     semplice funzione fatica, utile a mettersi e tenersi in
tipicamente domestico e famigliare.                        contatto, spesso incentrata su temi futili, scherzosa
    Alla radio entrano sia la cultura giovanile (grazie    o ironica, se fino a dieci anni fa si manteneva a un
a programmi come Bandiera Gialla, Arbore-Bon-              livello di medietà linguistica, ora è punteggiata da
compagni, 1965, Per voi giovani, Arbore e Roda,            frequenti incursioni nei registri bassi e bassissimi
poi Giaccio e Luzzatto Fegiz, 1966 e soprattutto           (con largo uso di “parolacce”). In ogni caso, al di là
Alto gradimento, Arbore, Boncompagni, Bracardi,            di differenze notevolissime tra le diverse emittenti,
Marenco, 1970), sia il telefono che rompe, seppur          lo specchio della radio, anche quello della RAI, è
in modo filtrato e controllato, la unidirezionalità        oggi uno specchio molto ravvicinato, come osserva
del messaggio.                                             uno dei conduttori radiofonici più apprezzati, Ma-
    Negli ultimi trent’anni (e poco più) la lingua della   rino Sinibaldi (RadioRai3): «nella competizione fra
radio è cambiata radicalmente in tutto il mondo. In        i media la radio ha enfatizzato il suo elemento di
Italia la prima forte cesura è rappresentata dalla fine    prossimità, cioè è il mezzo più prossimo, sia perché
del monopolio RAI (Corte Costituzionale, sentenza          è portatile, tascabile, mobile, flessibile, sia perché
n. 202, luglio 1976), dalla conseguente liberalizza-       ha il linguaggio più prossimo […], noi siamo molto
zione dell’etere e dall’affermazione di un’emittenza       implicati con i nostri ascoltatori, la parola giusta
privata che appare fin da subito estesa, articolata        sarebbe proprio quella, non impegnati, implicati,
(radio libere, commerciali, politiche, religiose, mu-      siamo un po’ dentro la stessa direzione» (Cordoni,
sicali) e indirizzata a un pubblico estremamente seg-      Ortoleva, Verna 2006).
mentato, di cui ciascuna radio punta a catturare un
segmento, attraverso precise scelte programmatiche            L’italiano televisivo. Se l’attenzione esplicitamente
e linguistiche. I due modelli prevalenti di radio, di      indirizzata alla lingua è una costante che accomuna
palinsesto e di formato, tendono a influenzarsi reci-      tutti quelli che, professionisti e studiosi, si occupa-
procamente anche dal punto di vista linguistico. Il        no di radio, per quanto riguarda la televisione tale
primo, ben rappresentato dalle tre reti RAI, è carat-      attenzione appare piuttosto marginale. Del tutto
terizzato da una sequenza settimanale di programmi,        eccezionali appaiono dichiarazioni come quella di
e quindi di generi, distinti per fascia oraria e pub-      molti anni fa di Sergio Zavoli relativa alla lingua
blico di riferimento. Ma i confini tra alcuni generi       anche televisiva, della quale riconosce il carattere
tendono a dissolversi all’interno di ampi contenitori.     medio («Dovendosi occupare di tutto lo scibile, at-
Il secondo, che si afferma da noi dagli anni Novanta       traverso una mediazione fondamentalmente non
con le radio musicali, si basa invece su un formato        selettiva, radio e televisione devono poter parlare di
orario, che procede secondo una struttura circolare        ogni cosa facendo convivere linguaggi non troppo
– clock –, ripetuta nell’arco di una stessa giornata,      diversi tra loro», Zavoli 1985, in Maraschio 1987)
con un dosaggio pianificato di musica, pubblicità,         e quella più recente di Mentana che confronta la
informazione. Figura chiave è quella del conduttore        lingua difficile dei quotidiani (con «un periodare
DJ che parla in modo informale, allusivo, ricco di         intricato, fitto di subordinate, frasi colte e citazioni
ammiccamenti, con ben riconoscibili inflessioni            virgolettate») e la lingua televisiva, soprattutto quel-
regionali, mostrando di condividere i gusti, le idee       la dell’informazione, che «dev’essere subito chiara,
166   l’italiano dell’italia unita

deve essere buona la prima» (Mentana 2009). Forse           come filiazione diretta ed esplicita di quella radiofo-
troppo a lungo l’interesse di autori e osservatori si       nica» (Alfieri 2009) negli sceneggiati, nelle trasmis-
è concentrato quasi solo sulle immagini, sulla loro         sioni divulgative, in quelle educative e persino nel
“grammatica”, sulle inquadrature, sugli sguardi in          TG, letto per cinque anni tutte le sere (1953-1958)
macchina o altrove, sull’allestimento degli studi e         dalla bella voce, priva di inflessioni regionali di Ric-
sulla posizione e gestualità dello speaker e degli altri    cardo Paladini: «Era ancora in voga il modo di legge-
attori in scena. È sembrato poco significativo rile-        re aulico e stentoreo degli anni Trenta […] io ero più
vare e descrivere come le persone parlassero tra loro       sobrio. Anche se, a differenza dei conduttori di oggi
sullo schermo e come si rivolgessero al pubblico dei        che leggono tutto in modo uniforme e quasi piatto,
telespettatori, quale varietà di lingua usassero, o che     variavo tono e ritmo secondo le notizie: davanti a un
tipo di lessico e di sintassi prediligessero. In genere     fatto triste, abbassavo la voce di mezzo tono, arrivava
il parlato è stato giudicato accessorio o ancillare ri-     una notizia leggera, di spettacolo e lo alzavo di un
spetto alle immagini e non è stato descritto neppure        po’. Nelle brevi tendevo ad accelerare il ritmo come
da questo punto di vista limitato: «sulla prevalenza        nelle cronache sportive» (in Bruzzone 2002).
delle immagini in TV non ci può essere discussio-              Emblematico di una sinergia tra stampa, radio e
ne: altrimenti uno sentirebbe la radio» (Menduni            televisione è il caso dell’Approdo, rubrica culturale
2010). Si tratta di un’impostazione metodologica            diffusa sia su carta (1958-1977, rivista dell’ERI), sia
ricorrente anche per il cinema, che tuttavia negli          dalla radio (1945-1977), sia dalla televisione (1963-
ultimi decenni è stata fortunatamente corretta da           1972). Significativamente l’Approdo finisce quasi in
numerose e acute analisi dedicate proprio al parlato        coincidenza con la riforma della RAI e l’inizio di
filmico, originale e doppiato, a cominciare da quelle       quella che Eco ha definito neotelevisione.
di Sergio Raffaelli.                                           La televisione, fino a oltre la metà degli anni Set-
    Anche per quanto riguarda la televisione, la si-        tanta, è strettamente legata alla politica culturale del
tuazione sta cambiando e nuovi studi tendono a              governo democristiano ed è guidata da significative
colmare una lacuna che appare tanto più paradossale         figure di cattolici, dall’amministratore delegato Fi-
in quanto è unanimemente riconosciuto, dopo De              liberto Guala (1954-1956) al direttore generale Et-
Mauro (19702), il ruolo centrale che il trasmesso           tore Bernabei (1961-1974), che operano in sintonia
televisivo ha avuto nel diffondere l’italiano. Con la       con il grande interesse dimostrato dalla Chiesa verso
televisione, ancora più che con la radio, la lingua         i mezzi di comunicazione di massa (nel 1931 nasce
nazionale è entrata nelle case di tutti; a poco a poco      Radio vaticana; nel 1957 è pubblicata l’enciclica di
è stata sempre più compresa, è diventata più fami-          Pio xii Miranda prorsus; nel 1961 il decreto Inter
gliare e si è essa stessa per molti aspetti modificata.     Mirifica durante il Concilio Vaticano ii). L’impo-
La televisione ha quindi agito in modo duplice. Da          stazione editoriale della televisione è dunque ispi-
una parte sui singoli parlanti, innalzandone note-          rata a una generale funzione educativa che orienta
volmente la competenza passiva, ossia la capacità di        e sovrasta quelle informative e d’intrattenimento,
comprendere la lingua nazionale, dall’altra sull’inte-      naturalmente presenti. L’azione di controllo e di
ra Italia linguistica e sull’italiano stesso, proponendo    censura, intesa come rispetto di valori etici che il
nuovi modelli normativi e contribuendo negli ulti-          mondo cattolico considerava importanti da tutelare
mi decenni all’affermazione di quell’italiano neo-          e da diffondere, investe l’intera programmazione e
standard o dell’uso medio che occupa una posizione          riguarda persino il vocabolario, arrivando a espun-
centrale nell’architettura linguistica del nostro Paese.    zioni del tipo membro> componente o cazzotto> pu­
La mancanza di una ricognizione organica e di ana-          gno o schiaffo.
lisi sistematiche sulla lingua televisiva non può che          All’interno del generale processo di accultura-
favorire giudizi contrastanti, spesso di segno oppo-        zione, è interessante rilevare che la televisione viene
sto, sui suoi caratteri prevalenti e sulla sua incisività   sperimentando negli anni un proprio linguaggio,
sociale (negativi: Beccaria 2002, Loporacaro 2005,          attraverso la mediazione e l’intersezione di tradizioni
positivi almeno per certi generi di programmi: Al-          linguistiche differenti, da quella della radio, a quelle
fieri-Bonomi 2008, Mauroni-Piotti 2010).                    del teatro, del cinema, della letteratura e dei giornali.
    Del resto, quanto al parlato, gli storici sottoli-      Prevale in ogni caso a lungo un «solido ed esplicito
neano la forte continuità esistente, soprattutto agli       aggancio con le radici umanistiche della cultura e
inizi, tra la neonata televisione (1954) e la vecchia       del pensiero nazionali» (Monteleone 1992), parti-
radio: «la programmazione televisiva si configurava         colarmente evidente nei teleromanzi a puntate che
le nuove fonti della lingua: radio e televisione                       167

Riccardo Paladini al tavolo di lettura del TG (1956). Per gentile concessione di Teche RAI.

hanno fatto conoscere al grande pubblico capolavori                radio (Botta e risposta, Silvio Gigli 1944), con Mike
italiani e stranieri, come quelli di grande successo di            Bongiorno si rinnova del tutto secondo un modello
Anton Giulio Majano (da Jane Eyre 1957, a David                    d’oltre oceano, mediato dalla Francia (Quitte ou
Copperfield 1965, a Marco Visconti 1975). Anche                    double?>Lascia o Raddoppia? 1955). Un’invenzione
il teatro dialettale ha avuto uno spazio significati-              tutta italiana è Carosello (1957-1977), la cui fortuna
vo con il ligure Gilberto Govi, il veneziano Cesco                 è testimoniata dall’espressione a lungo molto viva
Baseggio e soprattutto il napoletano Eduardo De                    e diffusa, rivolta dai genitori ai bambini: «A letto
Filippo. Benché a stare ai rilevamenti del Servizio                dopo Carosello!» Un modo di fare pubblicità che
opinioni (De Mauro 19702): «la parlata dialettale,                 mescolava musica, scenette e una straordinaria bre-
per quanto alle volte mitigata, ha costituito una                  vità linguistica: «le frizzanti sintesi narrative e i ritmi
difficoltà per molti […] la notorietà e la simpa-                  vertiginosi nascevano dalla necessità di comprimere
tia di cui godono i capocomici delle compagnie                     in pochi attimi messaggi convincenti e storie di
ha fatto perdonare a una parte del pubblico anche                  senso compiuto»; ma queste restrizioni temporali
l’uso del dialetto». In altri casi si importano generi             stimolano positivamente la creatività linguistica de-
dall’estero, come il quiz, che pure già presente alla              gli autori, tanto che molte di queste formule sono
168   l’italiano dell’italia unita

ancora in uso (Tutto fa brodo! Con quella bocca può        nel nostro paese la principale funzione unificante.
dire ciò che vuole, Grasso 1996).                              Il parlato radiotelevisivo, complessivamente con-
   Un’attenzione esplicita alla lingua italiana e a        siderato, si può ascrivere a quella varietà che Sabatini
suoi problemi rientra tra gli obiettivi educativi della    ha definito «italiano dell’uso medio» e Berruto «ita-
televisione e trova spazi riservati in Telescuola (1958,   liano neostandard» (D’Achille 20102); lo caratteriz-
in collaborazione col Ministero della Pubblica Istru-      zano l’assenza di una norma di pronuncia unitaria (a
zione, interessante il ciclo Lingua e dialetto 1970, a     cominciare dalle pronunce regionali dei giornalisti-
cura di Giacomo Devoto) e in Non è mai troppo tardi        conduttori), la semplificazione morfosintattica (lui/
con corsi per adulti analfabeti tenuti dal maestro         lei sogg., gli anche ‘a loro’, presente per futuro, in-
Alberto Manzi (1960-1968). Inoltre all’interno di          dicativo per congiuntivo, che polivalente ecc.), l’alta
una più ampia programmazione di tipo divulgativo           frequenza di fenomeni di “messa in rilievo” (frasi
che insiste su contenuti diversi, da quelli scientifici    scisse e pseudo scisse, frasi con dislocazioni: su questo
(Orizzonti della scienza e della tecnica 1966) a quelli    ci conto ancora, speriamo che ci siate nelle case!, c’è pre-
artistici (Arte e paesaggio 1959), rientrano alcune        sentativo, altre espressioni che sottolineano il tema
trasmissioni dedicate alla nostra storia linguistica       per quanto riguarda…, soggetto posposto si misurerà
come Parlare leggere e scrivere (1973, Nelli, De Mau-      sul federalismo il tema politico caro alla Lega) e il largo
ro, Eco).                                                  ricorso alla ripetizione, a forme f àtiche (sai, capisci
   Basta considerare i pochi esempi riportati per          bene), ad avverbi (praticamente, effettivamente, chia­
rendersi conto che il trasmesso dalla televisione fino     ramente, assolutamente) e a segnali discorsivi (allora,
agli anni Settanta si inserisce in generi ben definiti     appunto, cioè, comunque, ecco) che servono da riem-
e riconoscibili ed è in grandissima parte un parlato-      pitivi, e soprattutto segnalano turni di parola (per
scritto esecutivo, o letto o recitato. A questo si af-     la radio, Maraschio 1997). Ma c’è alla radio e alla
fiancano il parlato programmato (su scaletta) che          televisione anche un parlato medio-alto, un «parlato
ricorre nelle tante e fortunate trasmissioni di in-        serio semplice» che, rispetto a testi scritti analoghi,
trattenimento (da Canzonissima 1958 a StudioUno            ha maggiori tratti di naturalezza (Sabatini 1997).
1961) e il parlato più spontaneo, perché condizio-         L’abbiamo sentito e ancora lo sentiamo, ad esempio,
nato dal reale svolgersi degli avvenimenti, che è          nei programmi di divulgazione scientifica (da quelli
quello della “diretta” (dalle telecronache sportive,       di Mirabella sulla medicina, a quelli di Minoli sulla
calcistiche e ciclistiche con il Processo alla tappa di    storia, fino a Geo&Geo o Quark tematicamente più
Sergio Zavoli, alla storica telecronaca dello Sbarco       vari, e nella bella trasmissione linguistica Parola
sulla luna, 20-21 luglio 1969, con Tito Stagno e           mia di Rispoli con Gian Luigi Beccaria), ma an-
Ruggero Orlando).                                          che in alcune trasmissioni di dialogo col pubblico,
   Una classificazione di questo tipo si adatta solo       come su Radio3 Prima pagina, la rassegna stampa
in parte al flusso continuo e variegato del trasmesso      della mattina (ideata da Enzo Forcella, in onda dal
della neo-televisione che conosciamo maggiormente          1976), che ci colpisce favorevolmente per la capacità
rispetto a quella del passato, grazie alle puntuali        argomentativa e per l’alta competenza linguistica
descrizioni di alcuni studiosi, in particolare di Ga-      non solo dei giornalisti-conduttori, ma anche della
briella Alfieri, Ilaria Bonomi e della loro scuola e a     maggior parte delle persone che telefonano.
un vasto gruppo di ricerca PRIN che fa capo alle               La ripetitività tipica della radio e il suo costante
università di Firenze-Pisa, Milano, Genova, della          riuso di brani e parole di altri media (Dardano
Tuscia e Catania (Mauroni-Piotti 2010).                    1997) tendono a favorire la diffusione di frasi fat-
                                                           te, stereotipi o plastismi (piuttosto che, quant’altro,
Per finire: qualche cenno su grammatica e lessico          salto di qualità, non c’è problema, alla grande, remare
dell’attuale trasmesso radio-televisivo. Radio e tele-     contro, mandare in tilt, avere la coda di paglia, difen­
visione, l’abbiamo visto, sono state tra i fattori che     dersi con le unghie e con i denti, bufera diplomatica,
più hanno contato nel processo di unificazione lin-        morsa del fisco) (Castellani Pollidori 1995, Masini
guistica nazionale. Nell’arco di una giornata siamo        2003, Setti 2011, Alfieri-Bonomi in stampa). La
tutti esposti a una enorme, innaturale quantità e          radio e la televisione sono anche cassa di risonanza
varietà di lingua parlata. Il trasmesso, benché pre-       di neologismi (dolbizzato e microfonizzazione) e di
senti caratteristiche non coincidenti con il parlato       forestierismi. Si conferma ad esempio la produtti-
faccia a faccia, è in ogni caso tipologicamente del        vità di alcuni prefissi come euro- (euroderby), eco-
tutto diverso dalla scrittura, che per secoli ha svolto    (ecoballa ‘sacchetto dell’immondizia ecologico’,
le nuove fonti della lingua: radio e televisione   169

Alto gradimento (1970-76) con Renzo Arbore e Gianni Boncompagni. [Teche RAI]
170   l’italiano dell’italia unita

Gli studi di Radio Capital. Catalogo della mostra Radio FM 1976-2006. Trent’anni di libertà d’antenna, a cura di Peppino
Ortoleva, Giovanni Cordoni e Nicoletta Verna, Bologna, Minerva Edizioni, 2006. [Per gentile concessione di Minerva Edizioni.
Foto di Andrea Samaritani]

ecomafia), maxi (maxitangente), mega (megaconsu­                 come nel pay off, cioè nella frase conclusiva che
lenza) (Biffi e Setti 2008). Quanto al forestierismo,            deve imporsi alla memoria e riassumere il senso del
nella maggior parte anglismo, nel 1994 la percen-                comunicato pubblicitario: solo con Nintendo, Life is
tuale, ma solo delle reti RadioRAI, non arrivava                 a game; Siemens, be inspired (Gualdo 2010, Sergio
all’1% (secondo Fanfani 1997 lo 0,55%), con una                  2004, Stefanelli 2010).
media tuttavia intorno al 37% nella pubblicità.                      Molto importante è stato il contributo che radio
Ma dagli anni Novanta a oggi è entrata in italiano               e televisione hanno dato alla formazione e diffusio-
una massa di anglismi superiore più del doppio di                ne di una lingua tecnico-specialistica, rapidamente
quella entrata nel decennio precedente (Antonelli                filtrata nell’italiano comune. La radio ha diffuso fin
2007) e purtroppo non disponiamo di conteggi                     dagli anni Venti, come abbiamo visto, nuove parole
aggiornati per la radio e la televisione. I nuovi cor­           legate al suono e molte altre formate con radio-: ra­
pora radiofonici (LIR2) e televisivi (LIT) in corso              dioamatore, radiocronaca e radiocronista, radiodram­
di pubblicazione da parte dell’Accademia della                   ma, radiofonia, radiosveglia. La televisione è stata
Crusca consentiranno utili aggiornamenti (Biffi                  invece fonte di neologismi legati alle immagini: da
2010). In ogni caso, sia nei titoli di trasmissioni              carrellata a zumata, fino a video (“andare in video”),
televisive, sia soprattutto nella pubblicità, è stato            diventato un elemento lessicale molto produttivo:
notato l’uso frequente di intere frasi in inglese,               videojockey, videocrazia, videoegistratore, videoclip, vi­
le nuove fonti della lingua: radio e televisione                                 171

deofrequenza (Nazio 1989). Ma numerosissime sono                         che, comunicative o spettacolari; alcune ormai solo
le parole nuove d’origine televisiva, a cominciare da                    ‘storiche’, come mezzo busto, signorine buonasera,
quelle formate con tele-: telecamera e teleschermo,                      tubo catodico, altre invece oggi molto vitali, come
telegiornale, telenovela, telequiz, televendita, telefilm,               audience, canale, zapping, mixer e missaggio, fiction,
teledipendenza, fino a quelle legate alle novità tecni-                  miniserie, quiz, spot, decoder.

Nota bibliografica

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