Le nuove fonti della lingua: radio e televisione
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Le nuove fonti della lingua: radio e televisione* Nicoletta Maraschio Qualche osservazione introduttiva. La radio e la tele- comune senso di appartenenza, attraverso la rico- visione, insieme al cinema, al telefono e sempre di nosciuta condivisione di un mondo sonoro e visivo più al computer e a Internet, fanno stabilmente par- variegato e ricco di storie, di tradizioni letterarie e te della nostra vita. Se siamo abbastanza vecchi, figli popolari, di musica, di nuovi divi e di avvenimenti e nipoti si meravigliano del fatto che quando erava- di ogni tipo, a cominciare da quelli sportivi. mo bambini o ragazzi qualcuno di questi mezzi non Se la diffusione di una stessa lingua è solo una esistesse e gli altri fossero molto meno accessibili e componente di questo complesso processo, certa- meno a portata di mano di quelli attuali. Oggi sono mente ne è una componente essenziale. Sappiamo nelle nostre case, scandiscono il nostro tempo quo- che i grandi mezzi di comunicazione di massa audio- tidiano e hanno contribuito a cambiare, insieme ai visivi, ovunque nel mondo, sono inesauribili fonti di nostri comportamenti, il modo con cui percepiamo lingua, tanto più potenti e pervasive quanto meno e interpretiamo la realtà e ci poniamo in relazione sono percepite come tali e quanto più la loro azione con gli altri. Ed è proprio la meraviglia dei giovani modellizzante è sottovalutata dai comuni parlanti. la spia forse più significativa della facilità con cui i In Italia il loro ruolo nel corso del Novecento è stato mezzi di comunicazione di massa si sono inseriti nel- più rilevante che altrove per il concorrere di una se- la nostra storia, perché è come se ci fossero sempre rie di circostanze ben note, legate alla specificità sia stati, come se la loro presenza fosse qualche cosa di della nostra storia linguistica preunitaria (l’italiano naturale. Una “naturalezza” senza dubbio rafforzata come “lingua tetto” è stato per secoli soprattut- dal tipo di italiano che generalmente usano. La loro to quello scritto), sia della nostra storia culturale, lingua, per il netto prevalere di modi informali e caratterizzata da quella “scarsa densità” che Ascoli colloquiali, appare infatti, soprattutto da qualche indicava come uno degli ostacoli principali al rag- decennio, sempre più simile alla nostra, a quella giungimento di una lingua comune. che usiamo tutti i giorni in famiglia o con gli amici. L’esigenza di poter tutti capire e parlare l’italiano è Eppure, ci basta rivedere e riascoltare vecchi film o diventata, di fatto, ineludibile solo dopo l’Unità e ha vecchi programmi radiofonici e televisivi per ren- trovato nel parlato pubblico dei mezzi di comunica- derci immediatamente conto che tanta “naturalezza” zione di massa una risposta a basso costo e in grado deriva da precise scelte politico-culturali ed editoria- di soddisfare alcune delle molte carenze della scuola li-espressive. C’è ovviamente ben poco di spontaneo e di un’educazione linguistica troppo a lungo “tradi- e naturale nella lingua trasmessa dalla radio e dalla zionale” e inadeguata rispetto sia al multilinguismo televisione, e proprio per questo è interessante osser- tipico dell’Italia sia alle veloci trasformazioni sociali varne l’evoluzione, strettamente connessa com’è alle e culturali in corso. L’alto tasso di analfabetismo e complesse vicende storiche – politiche, economiche, più in generale la debolissima abitudine alla lettura sociali e culturali – che hanno trasformato il nostro (sia di giornali che di libri) hanno quindi permesso Paese nel corso degli ultimi 150 anni e che hanno alla radio e alla televisione di assumere – secondo coinvolto più generazioni di italiani. tempi, misure e modalità diverse – una posizione as- La funzione “nazionalizzante” dei grandi mezzi solutamente dominante. Una posizione certamente di comunicazione non ha riguardato evidentemente favorita dall’intervento dello Stato che, in linea per solo la lingua, ma dopo la nascita tardiva dell’Italia unita la radio e la televisione hanno contribuito a “sintonizzare la nazione” (Ortoleva 2011), operando * Desidero ringraziare Gabriella Alfieri e Ilaria Bonomi per trasversalmente su diversità geografiche, sociali, e avermi consentito di consultare il loro nuovo libro dedicato alla culturali profonde e stratificate nei secoli e con- televisione di prossima uscita presso l’editore Carocci, dal quale tribuendo a creare nei cittadini, innanzi tutto, un ho tratto molti suggerimenti e qualche esempio linguistico.
162 l’italiano dell’italia unita altro con la politica svolta in questo campo dal resto della trasmissione e quindi del pubblico cui questo dell’Europa (molto diversa da quella statunitense), è destinato. Ma oggi la spettacolarizzazione domi- ha attribuito, per molti anni, prima alla radio poi na trasversalmente il palinsesto in un flusso conti- anche alla televisione, un fondamentale compito nuo che crea frequenti sovrapposizioni fra generi educativo legato alla funzione di “servizio pubblico”. di programmi e varietà di lingua (da infotainment Lo Stato italiano ha infatti creato un monopolio a edutainment). Più recentemente questa “messa in radiofonico (poi radiotelevisivo), rappresentato dalla scena”, che cerca di intrattenere/trattenere quanto concessione in esclusiva, sia della gestione della rete più possibile l’utente (anche per ragioni commer- degli impianti, sia della diffusione dei programmi a ciali ed economiche legate alla pubblicità), tende ad società di proprietà pubblica: EIAR, RAI. accentuare fortemente il riuso linguistico degli stessi L’intervento statale è iniziato col fascismo, che ha materiali mediatici (riconoscibilità) e ad adottare, decisamente puntato sulla radio per modernizzare soprattutto nella televisione, una «retorica senza il paese e soprattutto per creare un forte e ampio lumi» e toni spesso accesi e sopra le righe (Lopor- consenso politico. Ma il monopolio statale in campo caro 2005). Il successo dei reality show rappresenta radiofonico e televisivo non è terminato col regi- la manifestazione più chiara di questa tendenza me fascista; è entrato infatti in crisi solo negli anni e l’iperparlato, tipico di molti DJ radiofonici e Settanta ed è terminato formalmente negli anni dei talk show televisivi, rischia di diventare la ci- Novanta, con la nascita di un altro polo, privato e fra complessiva della maggior parte del trasmesso commerciale, quello di Mediaset, derivante dalla tra- radio-televisivo (Antonelli 2007). La TV a paga- sformazione delle televisioni Fininvest, 1980-1984. mento, quella digitale e l’interazione di radio e Le vicende extralinguistiche degli ultimi decenni televisione con Internet stanno tuttavia rapidamente hanno inciso fortemente sull’idea stessa di radio e mutando il quadro generale, non solo perché fa- di televisione, sul tipo di programmazione e hanno voriscono un ‘dialogo’ meno fittizio tra emittente contribuito in modo molto significativo a un cam- e pubblico, ma perché permettono a ciascuno di biamento sostanziale dell’italiano trasmesso, che in attingere alla fonte massmediatica secondo tempi, generale è passato dall’essere una forma particolare modalità e gusti personali. Si sta determinando di oralità, in gran parte modellata sullo scritto (un così il declino di quel modello generalista di radio parlato-scritto di tipo esecutivo) e quindi rigida, e televisione che ha caratterizzato la nostra storia controllata e controllabile, a una varietà più vicina novecentesca, e non solamente quella linguistica al parlato e quindi fluida, flessibile e volutamente (Menduni 2010). dialogica. Riprendendo una formula molto diffusa tra gli Il trasmesso: una nuova varietà comunicativa del studiosi, radio e televisione si sono trasformate quin- l’italiano. Il “trasmesso” è una varietà comunicativa di da «scuole» a «specchi di lingua» (Simone 1987), multiforme e multifunzionale di cui sono state in- potenti «specchi a due raggi» (Masini 2003), che da dividuate dagli studiosi alcune caratteristiche speci- una parte hanno ripreso comportamenti, fenome- fiche dipendenti dal mezzo, cioè dal sistema tecnico ni e stili linguistici socialmente diffusi, dall’altra li di riproduzione e diffusione audio e video del mes- hanno riprodotti, li hanno consolidati e amplificati, saggio. Si tratta di una «oralità secondaria» (Ong mescolandoli ad altri di loro invenzione. Questa 1982/1986), tipicamente asimmetrica, intermedia particolare azione di rispecchiamento ha investito fra scritto e parlato, capace di superare, come lo l’intera gamma delle varietà dell’italiano, dall’italia- scritto, i tradizionali confini spazio-temporali propri no regionale a quello tecnico scientifico, dall’italiano del parlato faccia a faccia, di cui tuttavia mantie- dell’uso medio o neostandard a quello di registro più ne interamente il contenuto sonoro e l’andamen- basso, dall’italiano dei giovani a quello dei politici, to sequenziale ed effimero. A causa della distanza dall’italiano pubblicitario a quello giornalistico. E comunicativa fra emittente e ricevente, tuttavia, il il trasmesso radio-televisivo ha attinto anche a usi trasmesso normalmente non consente il feed back presenti solo allo stato nascente nella realtà lingui- immediato, cioè la possibilità, tipica del parlato, di stica circostante, unendoli ad altri più consolidati e un ritorno all’indietro, per eventuali correzioni e a novità più o meno improvvisate. adeguamenti del messaggio in relazione agli effetti Il risultato complessivo è un veloce e inedito im- prodotti sull’interlocutore. Se fino a pochi decenni pasto di forme e registri spesso molto distanti gli fa, come abbiamo appena visto, la vicinanza allo uni dagli altri, variabile a seconda dell’emittente, scritto, anche per il tipo di lingua adottato, era net-
le nuove fonti della lingua: radio e televisione 163 tamente preminente, negli ultimi tempi la funzione L’italiano radiofonico. Un simile obiettivo omolo- di rispecchiamento del parlato è stata accentuata sia gante è stato esplicitamente perseguito dal fascismo dall’uso del telefono sia dalla presenza crescente, in che ha utilizzato la radio (URI 1924-EIAR 1928) onda e in video, di persone comuni che sono invi- per realizzare e diffondere la sua politica linguistica tate ad affiancare i giornalisti e i conduttori, cioè i nazionalistica, antidialettale e xenofoba. La funzio- professionisti della parola radiofonica e televisiva. ne fortemente coesiva del nuovo mezzo dal punto Di qui il moltiplicarsi di combinazioni inedite tra di vista linguistico viene sottolineata con grande registri e usi linguistici di diversa formalità, da mol- convinzione. Emblematiche le parole di Nicola De to bassa a medio-alta. Ma il trasmesso crea di fatto Pirro, uno dei direttori del Ministero della Cul- una nuova dimensione comunicativa nella quale tura popolare, pronunciate nel 1937, in occasione «si incrociano lontananza spaziale ed estraneità dei dell’inaugurazione del Centro di sperimentazio- parlanti con dialogicità e privatezza o estraneità ed ne radiofonica: «la radio col suo carattere di onni- extrasituazionalità con libertà tematica e sponta- presenza libera da ogni ostacolo fisico, superando neità nell’enunciazione o addirittura si annullano agevolmente tutte le barriere naturali, giungendo quelle tra privatezza e pubblicità» (Sabatini 1997). ovunque con rapidità eterea, riesce per ciò stesso ad Al di là di questi elementi comuni, naturalmente il abolire anche tutti gli ostacoli di carattere ideale e a trasmesso radiofonico, caratterizzato da uno sfrutta- fondere le particolari inflessioni regionali nell’unicità mento intensivo dell’oralità in tutti i suoi aspetti, è del linguaggio nazionale che essa porta dovunque in molto diverso da quello televisivo, dove è essenziale cessantemente e con tutti i mezzi e con tutte le forme invece l’interazione tra parola e immagine, capace (soprattutto le artistiche e letterarie che sono dotate di produrre un «effetto realtà» che lo rende partico- di un particolare fascino persuasivo) all’orecchio e larmente attrattivo e coinvolgente, tanto da essere all’animo degli italiani» (in Isola 1998). usato anche in sede didattica (Diadori 1994). Ma quale italiano? È interessante che in molti La radio e la televisione a diffusione nazionale teorizzino l’esigenza di scelte linguistiche innovative hanno privilegiato decisamente l’italiano come lin- e che il dibattito intorno allo “specifico” radiofo- gua dei loro programmi, pur orientandosi nel corso nico sia vivo fin dai primi anni. Lo caratterizza la del tempo verso modalità comunicative e quindi ricerca convinta di un parlato fortemente evocativo, scelte linguistiche sempre più variate, secondo l’iti- adeguatamente ritmato e intonato, sintatticamente nerario che abbiamo prima velocemente tratteg- coinciso e chiaro. Anche il tema della radiogenicità giato. I dialetti, usati abitualmente in famiglia e delle voci suscita grande attenzione. Si può cogliere con gli amici da una percentuale di italiani ancora insomma l’idea che la radio, attraverso un intenso oggi notevole, sono stati nel complesso trascurati o e continuo adattamento di altre forme artistiche usati marginalmente. Solo dopo il ’76 alcune radio e discorsive (dal teatro alla letteratura, dal giorna- locali li hanno usati con regolarità (Coveri-Piccillo lismo alla conferenza) possa stimolare un grande 1997), mentre recentemente alcune emittenti tele- cambiamento dell’italiano della tradizione, troppo visive legate alla Lega ne hanno fatto una bandiera aulico e difficile. Brevità e chiarezza diventano vere politica. e proprie parole d’ordine. Si sostiene che lo stile più Pasolini, in un intervento molto duro contro adatto alla radio è rigorosamente sintetico, fatto tutto la civiltà dei consumi, denunciava fin dagli anni di «sostantivi precisi, definizioni esatte, suggestive, Settanta (1973) il rischio concreto che la televi- pittoresche nella loro sintesi e per la loro fulminea sione potesse produrre nel paese un’omologazione espansione» (Raffaelli 1997). Concetti espressi con distruttrice peggiore di quella fascista: «per mezzo toni radicali da Marinetti nel 1933 nel suo Manifesto della televisione, il centro ha assimilato a sé l’intero della radia: «La Radia sarà libertà da ogni punto di paese che era storicamente differenziato e ricco di contatto con la tradizione letteraria e artistica. Qual- culture originali. Ha cominciato un’opera di omolo siasi tentativo di riallacciare la Radia alla tradizione è gazione distruttrice di ogni autenticità e concretezza. grottesco» (in Ortoleva-Scaramucci 2003). In quegli Ha imposto […] i suoi modelli: che sono modelli anni, del resto, si sviluppa in tutto il mondo un’at- voluti dalla nuova industrializzazione, la quale non tenta e variegata riflessione sulle novità comunicati- si accontenta più di un uomo che consuma, ma ve ed espressive suscitate dal nuovo mezzo, di cui il pretende che non siano concepibili altre ideologie saggio di Rudolf Arnheim La radio arte dell’ascolto che quella del consumo». (1933) è uno tra gli esempi più notevoli. Si inventano alcuni generi radiofonici (giornale
164 l’italiano dell’italia unita radio, radiodramma, varietà, radiocronaca sportiva, ortofonia». Bertoni infatti sostiene che: «la lingua conversazione) destinati a trasmettere nel tempo della Nazione non è soltanto quella degli scrittori scelte linguistiche e stilistiche specifiche (basti pen- e dei poeti, ma quella della collettività, strumento sare alla fortuna del modello di radiocronaca di di relazione e di rapporti fra le classi colte e fra il Niccolò Carosio, che esordisce nel 1933, in diretta popolo […], in Roma si viene foggiando la nuova per l’incontro di calcio Italia-Germania ) e a essere lingua della Nazione. Da quando Roma è divenuta imitati poi anche dalla televisione; si mette a punto il maggior centro della vita politica e morale d’Italia, un palinsesto che persino nell’articolazione giorna- la base della lingua si è spostata da Firenze nella città liera (fra musica, intrattenimento leggero e colto, eterna, o per lo meno si è sdoppiata». (Bertoni, in informazione e programmi educativi anche per i Raffaelli 1997, p. 54). L’uniformità di pronunzia giovani) resterà a lungo invariato. Ma la radio, al è di fatto il suo obiettivo principale, come risulta di là della ricerca di forme di colloquialità diverse, dal fortunato Prontuario di pronunzia e ortografia, viene dal fascismo riconosciuta soprattutto come scritto con Ugolini (1939). Il modello di pronuncia colossale arengo e imbattibile arma di propaganda: le nazionale proposto dagli autori è quello dell’asse lin si impongono quindi i toni altisonanti della retorica guistico Roma-Firenze, con una decisa inclinazione mussoliniana e se ne individua la funzione principa- verso il polo romano (ginèpro, cèmbalo, èmbrice). le nel contatto “del duce col suo popolo”. Il nuovo L’attenzione alla lingua e allo “specifico radiofo- mezzo esalta grandemente il potere di suggestione nico” continua nella RAI del dopoguerra, benché della voce di Mussolini ed è molto adatta alla sua in opposizione alla retorica del regime prevalgano oratoria dall’andamento paratattico, giustapposto i riferimenti a uno stile comunicativo misurato e e formulare. discreto proprio di una conversazione tra amici. Tra Il governo fascista, come è noto, interviene diret- gli interventi significativi spicca quello di Bacchelli tamente sulla lingua della radio: la «norma lingui- (1952) che è molto simile alle famose Norme di stica esplicita» (Raffaelli 1997) riguarda soprattutto redazione di un testo radiofonico di Gadda (1953): i due livelli ritenuti maggiormente qualificanti dal «Attraverso la radio, la voce umana, la voce viva, e punto di vista dell’italianità: il lessico e la pronuncia. dunque l’arte del porgere, riprendono molto del loro La nuova terminologia settoriale, in gran parte di antico valore e della loro comunicativa intellettuale provenienza inglese (broadcast e broadcasting, spea ed emotiva a destare l’intelligenza del pensiero e a ker, fading, jack) viene via via tradotta, soprattutto colorire e scaldare gli affetti delle parole espresse dopo il divieto dell’uso pubblico di parole straniere […] Ogni radioauditore ha, infatti, cognizione ed (1940-41) e la pubblicazione dei famosi elenchi esperienza di quanto dal microfono e dall’altopar- sostitutivi dell’Accademia d’Italia (1941-1943); così lante (che stabiliscono un rapporto comunicativo fading diventa evanescenza, speaker> annunziatore, individuale e non collettivo da uomo a uomo, non jack> spina, réclame> pubblicità, volume control> re da persona a folla) riesca importuna e negativa la golatore di volume. La terminologia si assesta quindi declamazione enfatica, l’eccesso dell’accento e dei colori progressivamente dopo una fase di oscillazione, ad espressivi. L’oratoria, la declamazione, l’esposizione, es. tra il femminile e il maschile di radio (il radio, nel parlare e leggere alla radio, vogliono uno stile con riferimento all’apparecchio), tra radio giornale, misurato e discreto più di conversazione da persona a radio informazioni, giornale parlato e finalmente persona che non di orazione alla folla e di recitazione giornale radio (dal 1930), e in ambito più tecnico a un pubblico» (in Maraschio-Stefanelli 2001). tra altisonante-altoparlante, amperaggio-intensità, Se si considera, tuttavia, che fino agli anni Ses- emissione-trasmissione-diffusione, radioauditore- santa è decisamente prevalente alla radio la lingua radioascoltatore. L’impegno maggiore del regime è trasmessa sulla base di un testo scritto, quindi letta tuttavia concentrato sull’insegnamento di lingua o recitata, ci si renderà allora facilmente conto che italiana, avviato dall’EIAR nel 1938-1939 con un il parlato andrà ricercato soprattutto all’interno di corso su La lingua d’Italia, in collaborazione con scritture opportunamente predisposte per essere il Ministero dell’educazione nazionale (ministro ascoltate, dunque caratterizzate da una regolarità Giuseppe Bottai) e con l’Accademia d’Italia (del ritmico-sintattica, da molte ripetizioni lessicali, da progetto è responsabile Giulio Bertoni, coadiuvato una sintassi lineare, senza troppe parentesi e incisi dal suo allievo Francesco Ugolini). Il corso ha lo e con poche subordinate («ogni tumultuario affol- scopo dichiarato di «rafforzare l’italianità del nostro lamento di idee nel periodo sintattico conduce al incomparabile idioma e di diffondere le norme di vuoto radiofonico» Gadda). Quanto alla pronuncia,
le nuove fonti della lingua: radio e televisione 165 la RAI continua a occuparsene, organizzando corsi e naturalmente la lingua della comunità dei propri di dizione per i professionisti della radio e nel 1969 ascoltatori. pubblicando un Dizionario a loro destinato, il DOP Ma alla radio, soprattutto alla RAI, c’è anco- (Dizionario di Ortografia e Pronunzia, a cura di Car- ra molto parlato monologico, letto o recitato, ba- lo Tagliavini, Bruno Migliorini e Piero Fiorelli). sti pensare all’informazione, alle letture integrali Negli anni Sessanta alcune rilevanti trasformazio- di opere letterarie, alle soap opera, alla pubblicità ni sociali e tecnologiche incidono profondamente (LIR1/2; Maraschio 2010). A questo parlato-scritto sulla lingua della radio, perché ne cambiano le fun- si contrappone l’irrealistico iperparlato della mag- zioni, le modalità d’ascolto, il pubblico. La diffu- gior parte delle emittenti private: veloce, frammen- sione del transistor fa della radio un economico e tato e gridato, interpunto da stacchi musicali, più o portabile medium individuale di informazione e meno abilmente mescolato alla musica (che talvolta intrattenimento, con molta musica leggera, italiana resta in sottofondo) per creare e rendere immedia- e straniera. Ma a cambiare il sistema complessivo è tamente riconoscibile il suono che identifica una soprattutto l’affermazione della televisione (1954) certa radio (Moneglia 1997). La chiacchiera, con che sostituisce ben presto la radio nel ruolo di mezzo semplice funzione fatica, utile a mettersi e tenersi in tipicamente domestico e famigliare. contatto, spesso incentrata su temi futili, scherzosa Alla radio entrano sia la cultura giovanile (grazie o ironica, se fino a dieci anni fa si manteneva a un a programmi come Bandiera Gialla, Arbore-Bon- livello di medietà linguistica, ora è punteggiata da compagni, 1965, Per voi giovani, Arbore e Roda, frequenti incursioni nei registri bassi e bassissimi poi Giaccio e Luzzatto Fegiz, 1966 e soprattutto (con largo uso di “parolacce”). In ogni caso, al di là Alto gradimento, Arbore, Boncompagni, Bracardi, di differenze notevolissime tra le diverse emittenti, Marenco, 1970), sia il telefono che rompe, seppur lo specchio della radio, anche quello della RAI, è in modo filtrato e controllato, la unidirezionalità oggi uno specchio molto ravvicinato, come osserva del messaggio. uno dei conduttori radiofonici più apprezzati, Ma- Negli ultimi trent’anni (e poco più) la lingua della rino Sinibaldi (RadioRai3): «nella competizione fra radio è cambiata radicalmente in tutto il mondo. In i media la radio ha enfatizzato il suo elemento di Italia la prima forte cesura è rappresentata dalla fine prossimità, cioè è il mezzo più prossimo, sia perché del monopolio RAI (Corte Costituzionale, sentenza è portatile, tascabile, mobile, flessibile, sia perché n. 202, luglio 1976), dalla conseguente liberalizza- ha il linguaggio più prossimo […], noi siamo molto zione dell’etere e dall’affermazione di un’emittenza implicati con i nostri ascoltatori, la parola giusta privata che appare fin da subito estesa, articolata sarebbe proprio quella, non impegnati, implicati, (radio libere, commerciali, politiche, religiose, mu- siamo un po’ dentro la stessa direzione» (Cordoni, sicali) e indirizzata a un pubblico estremamente seg- Ortoleva, Verna 2006). mentato, di cui ciascuna radio punta a catturare un segmento, attraverso precise scelte programmatiche L’italiano televisivo. Se l’attenzione esplicitamente e linguistiche. I due modelli prevalenti di radio, di indirizzata alla lingua è una costante che accomuna palinsesto e di formato, tendono a influenzarsi reci- tutti quelli che, professionisti e studiosi, si occupa- procamente anche dal punto di vista linguistico. Il no di radio, per quanto riguarda la televisione tale primo, ben rappresentato dalle tre reti RAI, è carat- attenzione appare piuttosto marginale. Del tutto terizzato da una sequenza settimanale di programmi, eccezionali appaiono dichiarazioni come quella di e quindi di generi, distinti per fascia oraria e pub- molti anni fa di Sergio Zavoli relativa alla lingua blico di riferimento. Ma i confini tra alcuni generi anche televisiva, della quale riconosce il carattere tendono a dissolversi all’interno di ampi contenitori. medio («Dovendosi occupare di tutto lo scibile, at- Il secondo, che si afferma da noi dagli anni Novanta traverso una mediazione fondamentalmente non con le radio musicali, si basa invece su un formato selettiva, radio e televisione devono poter parlare di orario, che procede secondo una struttura circolare ogni cosa facendo convivere linguaggi non troppo – clock –, ripetuta nell’arco di una stessa giornata, diversi tra loro», Zavoli 1985, in Maraschio 1987) con un dosaggio pianificato di musica, pubblicità, e quella più recente di Mentana che confronta la informazione. Figura chiave è quella del conduttore lingua difficile dei quotidiani (con «un periodare DJ che parla in modo informale, allusivo, ricco di intricato, fitto di subordinate, frasi colte e citazioni ammiccamenti, con ben riconoscibili inflessioni virgolettate») e la lingua televisiva, soprattutto quel- regionali, mostrando di condividere i gusti, le idee la dell’informazione, che «dev’essere subito chiara,
166 l’italiano dell’italia unita deve essere buona la prima» (Mentana 2009). Forse come filiazione diretta ed esplicita di quella radiofo- troppo a lungo l’interesse di autori e osservatori si nica» (Alfieri 2009) negli sceneggiati, nelle trasmis- è concentrato quasi solo sulle immagini, sulla loro sioni divulgative, in quelle educative e persino nel “grammatica”, sulle inquadrature, sugli sguardi in TG, letto per cinque anni tutte le sere (1953-1958) macchina o altrove, sull’allestimento degli studi e dalla bella voce, priva di inflessioni regionali di Ric- sulla posizione e gestualità dello speaker e degli altri cardo Paladini: «Era ancora in voga il modo di legge- attori in scena. È sembrato poco significativo rile- re aulico e stentoreo degli anni Trenta […] io ero più vare e descrivere come le persone parlassero tra loro sobrio. Anche se, a differenza dei conduttori di oggi sullo schermo e come si rivolgessero al pubblico dei che leggono tutto in modo uniforme e quasi piatto, telespettatori, quale varietà di lingua usassero, o che variavo tono e ritmo secondo le notizie: davanti a un tipo di lessico e di sintassi prediligessero. In genere fatto triste, abbassavo la voce di mezzo tono, arrivava il parlato è stato giudicato accessorio o ancillare ri- una notizia leggera, di spettacolo e lo alzavo di un spetto alle immagini e non è stato descritto neppure po’. Nelle brevi tendevo ad accelerare il ritmo come da questo punto di vista limitato: «sulla prevalenza nelle cronache sportive» (in Bruzzone 2002). delle immagini in TV non ci può essere discussio- Emblematico di una sinergia tra stampa, radio e ne: altrimenti uno sentirebbe la radio» (Menduni televisione è il caso dell’Approdo, rubrica culturale 2010). Si tratta di un’impostazione metodologica diffusa sia su carta (1958-1977, rivista dell’ERI), sia ricorrente anche per il cinema, che tuttavia negli dalla radio (1945-1977), sia dalla televisione (1963- ultimi decenni è stata fortunatamente corretta da 1972). Significativamente l’Approdo finisce quasi in numerose e acute analisi dedicate proprio al parlato coincidenza con la riforma della RAI e l’inizio di filmico, originale e doppiato, a cominciare da quelle quella che Eco ha definito neotelevisione. di Sergio Raffaelli. La televisione, fino a oltre la metà degli anni Set- Anche per quanto riguarda la televisione, la si- tanta, è strettamente legata alla politica culturale del tuazione sta cambiando e nuovi studi tendono a governo democristiano ed è guidata da significative colmare una lacuna che appare tanto più paradossale figure di cattolici, dall’amministratore delegato Fi- in quanto è unanimemente riconosciuto, dopo De liberto Guala (1954-1956) al direttore generale Et- Mauro (19702), il ruolo centrale che il trasmesso tore Bernabei (1961-1974), che operano in sintonia televisivo ha avuto nel diffondere l’italiano. Con la con il grande interesse dimostrato dalla Chiesa verso televisione, ancora più che con la radio, la lingua i mezzi di comunicazione di massa (nel 1931 nasce nazionale è entrata nelle case di tutti; a poco a poco Radio vaticana; nel 1957 è pubblicata l’enciclica di è stata sempre più compresa, è diventata più fami- Pio xii Miranda prorsus; nel 1961 il decreto Inter gliare e si è essa stessa per molti aspetti modificata. Mirifica durante il Concilio Vaticano ii). L’impo- La televisione ha quindi agito in modo duplice. Da stazione editoriale della televisione è dunque ispi- una parte sui singoli parlanti, innalzandone note- rata a una generale funzione educativa che orienta volmente la competenza passiva, ossia la capacità di e sovrasta quelle informative e d’intrattenimento, comprendere la lingua nazionale, dall’altra sull’inte- naturalmente presenti. L’azione di controllo e di ra Italia linguistica e sull’italiano stesso, proponendo censura, intesa come rispetto di valori etici che il nuovi modelli normativi e contribuendo negli ulti- mondo cattolico considerava importanti da tutelare mi decenni all’affermazione di quell’italiano neo- e da diffondere, investe l’intera programmazione e standard o dell’uso medio che occupa una posizione riguarda persino il vocabolario, arrivando a espun- centrale nell’architettura linguistica del nostro Paese. zioni del tipo membro> componente o cazzotto> pu La mancanza di una ricognizione organica e di ana- gno o schiaffo. lisi sistematiche sulla lingua televisiva non può che All’interno del generale processo di accultura- favorire giudizi contrastanti, spesso di segno oppo- zione, è interessante rilevare che la televisione viene sto, sui suoi caratteri prevalenti e sulla sua incisività sperimentando negli anni un proprio linguaggio, sociale (negativi: Beccaria 2002, Loporacaro 2005, attraverso la mediazione e l’intersezione di tradizioni positivi almeno per certi generi di programmi: Al- linguistiche differenti, da quella della radio, a quelle fieri-Bonomi 2008, Mauroni-Piotti 2010). del teatro, del cinema, della letteratura e dei giornali. Del resto, quanto al parlato, gli storici sottoli- Prevale in ogni caso a lungo un «solido ed esplicito neano la forte continuità esistente, soprattutto agli aggancio con le radici umanistiche della cultura e inizi, tra la neonata televisione (1954) e la vecchia del pensiero nazionali» (Monteleone 1992), parti- radio: «la programmazione televisiva si configurava colarmente evidente nei teleromanzi a puntate che
le nuove fonti della lingua: radio e televisione 167 Riccardo Paladini al tavolo di lettura del TG (1956). Per gentile concessione di Teche RAI. hanno fatto conoscere al grande pubblico capolavori radio (Botta e risposta, Silvio Gigli 1944), con Mike italiani e stranieri, come quelli di grande successo di Bongiorno si rinnova del tutto secondo un modello Anton Giulio Majano (da Jane Eyre 1957, a David d’oltre oceano, mediato dalla Francia (Quitte ou Copperfield 1965, a Marco Visconti 1975). Anche double?>Lascia o Raddoppia? 1955). Un’invenzione il teatro dialettale ha avuto uno spazio significati- tutta italiana è Carosello (1957-1977), la cui fortuna vo con il ligure Gilberto Govi, il veneziano Cesco è testimoniata dall’espressione a lungo molto viva Baseggio e soprattutto il napoletano Eduardo De e diffusa, rivolta dai genitori ai bambini: «A letto Filippo. Benché a stare ai rilevamenti del Servizio dopo Carosello!» Un modo di fare pubblicità che opinioni (De Mauro 19702): «la parlata dialettale, mescolava musica, scenette e una straordinaria bre- per quanto alle volte mitigata, ha costituito una vità linguistica: «le frizzanti sintesi narrative e i ritmi difficoltà per molti […] la notorietà e la simpa- vertiginosi nascevano dalla necessità di comprimere tia di cui godono i capocomici delle compagnie in pochi attimi messaggi convincenti e storie di ha fatto perdonare a una parte del pubblico anche senso compiuto»; ma queste restrizioni temporali l’uso del dialetto». In altri casi si importano generi stimolano positivamente la creatività linguistica de- dall’estero, come il quiz, che pure già presente alla gli autori, tanto che molte di queste formule sono
168 l’italiano dell’italia unita ancora in uso (Tutto fa brodo! Con quella bocca può nel nostro paese la principale funzione unificante. dire ciò che vuole, Grasso 1996). Il parlato radiotelevisivo, complessivamente con- Un’attenzione esplicita alla lingua italiana e a siderato, si può ascrivere a quella varietà che Sabatini suoi problemi rientra tra gli obiettivi educativi della ha definito «italiano dell’uso medio» e Berruto «ita- televisione e trova spazi riservati in Telescuola (1958, liano neostandard» (D’Achille 20102); lo caratteriz- in collaborazione col Ministero della Pubblica Istru- zano l’assenza di una norma di pronuncia unitaria (a zione, interessante il ciclo Lingua e dialetto 1970, a cominciare dalle pronunce regionali dei giornalisti- cura di Giacomo Devoto) e in Non è mai troppo tardi conduttori), la semplificazione morfosintattica (lui/ con corsi per adulti analfabeti tenuti dal maestro lei sogg., gli anche ‘a loro’, presente per futuro, in- Alberto Manzi (1960-1968). Inoltre all’interno di dicativo per congiuntivo, che polivalente ecc.), l’alta una più ampia programmazione di tipo divulgativo frequenza di fenomeni di “messa in rilievo” (frasi che insiste su contenuti diversi, da quelli scientifici scisse e pseudo scisse, frasi con dislocazioni: su questo (Orizzonti della scienza e della tecnica 1966) a quelli ci conto ancora, speriamo che ci siate nelle case!, c’è pre- artistici (Arte e paesaggio 1959), rientrano alcune sentativo, altre espressioni che sottolineano il tema trasmissioni dedicate alla nostra storia linguistica per quanto riguarda…, soggetto posposto si misurerà come Parlare leggere e scrivere (1973, Nelli, De Mau- sul federalismo il tema politico caro alla Lega) e il largo ro, Eco). ricorso alla ripetizione, a forme f àtiche (sai, capisci Basta considerare i pochi esempi riportati per bene), ad avverbi (praticamente, effettivamente, chia rendersi conto che il trasmesso dalla televisione fino ramente, assolutamente) e a segnali discorsivi (allora, agli anni Settanta si inserisce in generi ben definiti appunto, cioè, comunque, ecco) che servono da riem- e riconoscibili ed è in grandissima parte un parlato- pitivi, e soprattutto segnalano turni di parola (per scritto esecutivo, o letto o recitato. A questo si af- la radio, Maraschio 1997). Ma c’è alla radio e alla fiancano il parlato programmato (su scaletta) che televisione anche un parlato medio-alto, un «parlato ricorre nelle tante e fortunate trasmissioni di in- serio semplice» che, rispetto a testi scritti analoghi, trattenimento (da Canzonissima 1958 a StudioUno ha maggiori tratti di naturalezza (Sabatini 1997). 1961) e il parlato più spontaneo, perché condizio- L’abbiamo sentito e ancora lo sentiamo, ad esempio, nato dal reale svolgersi degli avvenimenti, che è nei programmi di divulgazione scientifica (da quelli quello della “diretta” (dalle telecronache sportive, di Mirabella sulla medicina, a quelli di Minoli sulla calcistiche e ciclistiche con il Processo alla tappa di storia, fino a Geo&Geo o Quark tematicamente più Sergio Zavoli, alla storica telecronaca dello Sbarco vari, e nella bella trasmissione linguistica Parola sulla luna, 20-21 luglio 1969, con Tito Stagno e mia di Rispoli con Gian Luigi Beccaria), ma an- Ruggero Orlando). che in alcune trasmissioni di dialogo col pubblico, Una classificazione di questo tipo si adatta solo come su Radio3 Prima pagina, la rassegna stampa in parte al flusso continuo e variegato del trasmesso della mattina (ideata da Enzo Forcella, in onda dal della neo-televisione che conosciamo maggiormente 1976), che ci colpisce favorevolmente per la capacità rispetto a quella del passato, grazie alle puntuali argomentativa e per l’alta competenza linguistica descrizioni di alcuni studiosi, in particolare di Ga- non solo dei giornalisti-conduttori, ma anche della briella Alfieri, Ilaria Bonomi e della loro scuola e a maggior parte delle persone che telefonano. un vasto gruppo di ricerca PRIN che fa capo alle La ripetitività tipica della radio e il suo costante università di Firenze-Pisa, Milano, Genova, della riuso di brani e parole di altri media (Dardano Tuscia e Catania (Mauroni-Piotti 2010). 1997) tendono a favorire la diffusione di frasi fat- te, stereotipi o plastismi (piuttosto che, quant’altro, Per finire: qualche cenno su grammatica e lessico salto di qualità, non c’è problema, alla grande, remare dell’attuale trasmesso radio-televisivo. Radio e tele- contro, mandare in tilt, avere la coda di paglia, difen visione, l’abbiamo visto, sono state tra i fattori che dersi con le unghie e con i denti, bufera diplomatica, più hanno contato nel processo di unificazione lin- morsa del fisco) (Castellani Pollidori 1995, Masini guistica nazionale. Nell’arco di una giornata siamo 2003, Setti 2011, Alfieri-Bonomi in stampa). La tutti esposti a una enorme, innaturale quantità e radio e la televisione sono anche cassa di risonanza varietà di lingua parlata. Il trasmesso, benché pre- di neologismi (dolbizzato e microfonizzazione) e di senti caratteristiche non coincidenti con il parlato forestierismi. Si conferma ad esempio la produtti- faccia a faccia, è in ogni caso tipologicamente del vità di alcuni prefissi come euro- (euroderby), eco- tutto diverso dalla scrittura, che per secoli ha svolto (ecoballa ‘sacchetto dell’immondizia ecologico’,
le nuove fonti della lingua: radio e televisione 169 Alto gradimento (1970-76) con Renzo Arbore e Gianni Boncompagni. [Teche RAI]
170 l’italiano dell’italia unita Gli studi di Radio Capital. Catalogo della mostra Radio FM 1976-2006. Trent’anni di libertà d’antenna, a cura di Peppino Ortoleva, Giovanni Cordoni e Nicoletta Verna, Bologna, Minerva Edizioni, 2006. [Per gentile concessione di Minerva Edizioni. Foto di Andrea Samaritani] ecomafia), maxi (maxitangente), mega (megaconsu come nel pay off, cioè nella frase conclusiva che lenza) (Biffi e Setti 2008). Quanto al forestierismo, deve imporsi alla memoria e riassumere il senso del nella maggior parte anglismo, nel 1994 la percen- comunicato pubblicitario: solo con Nintendo, Life is tuale, ma solo delle reti RadioRAI, non arrivava a game; Siemens, be inspired (Gualdo 2010, Sergio all’1% (secondo Fanfani 1997 lo 0,55%), con una 2004, Stefanelli 2010). media tuttavia intorno al 37% nella pubblicità. Molto importante è stato il contributo che radio Ma dagli anni Novanta a oggi è entrata in italiano e televisione hanno dato alla formazione e diffusio- una massa di anglismi superiore più del doppio di ne di una lingua tecnico-specialistica, rapidamente quella entrata nel decennio precedente (Antonelli filtrata nell’italiano comune. La radio ha diffuso fin 2007) e purtroppo non disponiamo di conteggi dagli anni Venti, come abbiamo visto, nuove parole aggiornati per la radio e la televisione. I nuovi cor legate al suono e molte altre formate con radio-: ra pora radiofonici (LIR2) e televisivi (LIT) in corso dioamatore, radiocronaca e radiocronista, radiodram di pubblicazione da parte dell’Accademia della ma, radiofonia, radiosveglia. La televisione è stata Crusca consentiranno utili aggiornamenti (Biffi invece fonte di neologismi legati alle immagini: da 2010). In ogni caso, sia nei titoli di trasmissioni carrellata a zumata, fino a video (“andare in video”), televisive, sia soprattutto nella pubblicità, è stato diventato un elemento lessicale molto produttivo: notato l’uso frequente di intere frasi in inglese, videojockey, videocrazia, videoegistratore, videoclip, vi
le nuove fonti della lingua: radio e televisione 171 deofrequenza (Nazio 1989). Ma numerosissime sono che, comunicative o spettacolari; alcune ormai solo le parole nuove d’origine televisiva, a cominciare da ‘storiche’, come mezzo busto, signorine buonasera, quelle formate con tele-: telecamera e teleschermo, tubo catodico, altre invece oggi molto vitali, come telegiornale, telenovela, telequiz, televendita, telefilm, audience, canale, zapping, mixer e missaggio, fiction, teledipendenza, fino a quelle legate alle novità tecni- miniserie, quiz, spot, decoder. Nota bibliografica AA.VV. (1997), Gli italiani trasmessi. La radio, Firenze, Accademia della Crusca; AA.VV. (2002), L’Accademia della Crusca per Giovanni Nencioni, Firenze, Le Lettere; Alfieri Gabriella (2009), La lingua della televisione, in Trifone P. 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