#iosuonodacasa: la musica ai tempi del Coronavirus
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#iosuonodacasa: la musica ai tempi del Coronavirus La musica ai tempi del Coronavirus, è l’Inno di Mameli cantato stonando dai balconi delle abitazioni di tutta Italia, zona protetta; la musica ai tempi del Coronavirus, è un flash mob grande quanto tutta la nazione; la musica al tempo del Coronavirus, sono gli applausi scroscianti per fare rumore, per farsi sentire, per affermare che ci siamo anche se le nostre strade sono deserte, i negozi chiusi e i pochi che si arrischiano ad uscire, lo fanno con timore, certificazione, guanti e mascherine al seguito, ormai il trend del 2020; la musica al tempo del Coronavirus, è #iosuonodacasa, hashtag che identifica le iniziative spontanee dei tanti musicisti che in questi giorni di isolamento, hanno deciso di intrattenere i loro fan con dei brevi concerti casalinghi mandati in diretta via social dalle
L’idea semplice quanto geniale, viene al direttore della testata di informazione musicale Rockol, Franco Zanetti e poi viene raccolta e rilanciata da moltissimi siti che si occupano di musica e non solo da quelli. Il progetto è pensato per dare la massima visibilità a tutte le iniziative che ormai stanno sostituendo i classici concerti dal vivo, bloccati a causa delle ordinanze varate per cercare di rallentare l’avanzata del Covid-19, riunendole sotto l’hashtag #iosuonodacasa ma, ha anche lo scopo benefico di raccogliere fondi da destinare alla terapia intensiva dell’Ospedale Niguarda di Milano, in sofferenza a causa dell’aumento dei contagi. https://www.youtube.com/watch?v=_tAaNCrKNj0 Così, i social, Facebook e Instagram, su tutti, tanto bistrattati e spesso additati come la rovina del mondo e la disfatta dei rapporti sociali, diventano il mezzo migliore per gli artisti per interagire con i propri fan e con quanti, ogni giorno, si collegano ai loro canali, instaurando una comunicazione che in altre epoche non sarebbe stata possibile e che avrebbe condannato tutti all’isolamento comunicativo, oltre che fisico. È molto bello e fa capire molto della loro musica, vedere questi grandi artisti approcciarsi alle dirette streaming ed ognuno lo fa con la propria cifra stilistica, mostrandosi semplicemente per quello che è, rivelando, a volte, anche i propri timori e le proprie frustrazioni, ma sempre lanciando un messaggio positivo e di comunanza rispetto a quello che sta accadendo a tutti indistintamente e che, in qualche modo, sta accorciando le distanze tra le varie classi sociali, come a dire, che siamo tutti sulla stessa barca e ognuno deve fare la propria parte con i mezzi che ha. Scopri il nuovo numero > Virale Lo sa bene Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, che si è inventato un format tutto suo, dalla sua casa di Cortona, per intrattenere quanti seguono il suo profilo Instagram, con l’incursione di ospiti
ed amici, collegati anch’essi in streaming o telefonicamente.
Tre o quattro ore di dirette pomeridiane, a ruota libera, senza guardare l’orologio, senza preoccuparsi del tempo, ma anche senza un argomento prefissato, è così il Jova House Party che regala musica, intrattenimento, interviste spontanee, ma anche spaccati di vita quotidiana. Così, può capitare che Lorenzo incontri virtualmente il suo caro amico Fiorello, sempre pronto a donare un po’ di brio a tutti, oppure che conversi di hardware con Rovazzi, faccia i complimenti ai Coma Cose per la loro musica, suoni a distanza insieme a Federico Zampaglione, chiacchieri al telefono con Ornella Vanoni come se fosse la sua più cara amica, ma anche che si preoccupi di collegarsi con la figlia, in America per ragioni di studio, e perfino che dia la ricetta di quello che amorevolmente sta preparando la sua compagna, insomma, ci sembra di essere a casa sua, anche se lontanissimi, e lui, come un ospite premuroso, accoglie tutti, ascolta tutti e la parola “distanza”, è proprio l’ultima a venirci in mente. Gianna Nannini, invece, non parla tantissimo, ma lascia che la sua musica parli per lei, ed allora
sono brividi, energia pura che rompe la monotonia di giorni tutti uguali.
Anche chi non è stato mai fin troppo social, si espone per cercare di portare la musica a chi è a casa, è il caso di Galeffi, giovane cantautore, che confessa di non aver mai utilizzato una diretta Instagram prima d’ora, ed infatti, inizialmente è imbranato, impacciato e timido davanti alla webcam, timidezza che scompare quando inizia a cantare i brani che gli piacciono, quelli dei suoi idoli, come Cesare Cremonini, e “Poetica”, non è solo il titolo della canzone che canta, ma anche la situazione che crea a metà tra l’artistico ed il puro Karaoke, la giusta atmosfera che abbatte ogni distacco. Sorride, sorride sempre, il neovincitore del Festival di Sanremo 2020, Diodato, imbracciando la sua chitarra per difenderci dalla malinconia, nessuno avrebbe mai immaginato che il suo brano pluripremiato, “Fai rumore”, sarebbe diventato l’inno di un’Italia silenziosa, ma che nonostante l’isolamento, si fa sentire. Confessa che non ama tanto eseguire le sue canzoni, Vasco Brondi, preferisce comunicare utilizzando la musica dei grandi, scovando dal passato perle di inestimabile bellezza come “Stelle buone” di Cristina Donà e “Magic Shop” di Franco Battiato, o magari, leggendo versi, rinfranco per i giorni inquieti e strani che stiamo vivendo. https://www.youtube.com/watch?v=s7lIrKElhak Ogni pomeriggio, dal suo studiolo di Ferrara, armato solo di chitarra e libri, Vasco ci regala uno spazio di pura poesia, meditazione e canzoni che fanno bene allo spirito, ricordandoci che la condizione di solitudine forzata in cui ci troviamo, può essere il momento giusto per occuparci della nostra fragile anima. Alcuni esempi della grande mobilitazione che sta interessando il mondo della musica, consapevole che un piccolo gesto, può essere importante e di conforto per chi sta affrontando giorni di solitudine e per sensibilizzare chi non accetta di non dover, o poter, uscire da casa, come giovani e giovanissimi. Al di là dell’intrattenimento ed al di là delle costanti raccomandazioni, ho ragione di pensare che la situazione generale ci debba spingere a fare delle considerazioni sul modo in cui normalmente stavamo affrontando il vivere comune prima del Covid-19, la sensibilità di questi artisti, ci restituisce una riflessione collettiva da cui trarre grande insegnamento, apprezzare tutte quelle piccole cose che nel quotidiano abbiamo sempre dato per scontate e capire che il tempo non è il nemico di giorni troppi frenetici e pieni, ma l’alleato per affrontare e vincere qualsiasi battaglia, non solo contro un subdolo virus. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome
Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter “Chi m’ha visto”- Il film Primo film rilevante della nuova stagione cinematografica italiana “Chi m’ha visto”, l’opera prima di Alessandro Pondi racconta di come, al giorno d’oggi, la notorietà conti più del talento, in questa società anestetizzata da programmi televisivi in cerca di un facile scoop. Il film ha tre grandi protagonisti e su di loro si poggia, per ovviare ad alcune lacune in fase di sceneggiatura, che però vengono ben camuffate da Beppe Fiorello, Pierfrancesco Favino e dal paesaggio mozzafiato della Murgia tarantina della cittadina di Ginosa. A fare faville è però l’inedito duo composto da Fiorello e Favino, il primo lavora in levare, nei panni di Martino, malinconico musicista dal talento sopraffino che vorrebbe emergere e si inventa la sua scomparsa per salire alla ribalta, aiutato dall’amico Peppino, che a differenza sua è portatore sano di tutti gli istinti primordiali dell’uomo: cibo, sesso, danaro. Peppino è uno strepitoso Favino, vera anima comica del film, uno showman che mette su una macchietta che diventa presto un carattere, di quelli delle nostre commedie degli anni d’oro. Sue le scene più esilaranti, le battute più guascone, la goliardia. Favino fa quasi l’effetto di un Sordi, di un Gassman, di un Peppino De Filippo, quando è lui in scena la pellicola si illumina di luce propria. La pellicola vive su un umorismo venato di malinconia, degno delle migliori commedie all’italiana degli anni passati, e tratta in maniera adeguata, ma leggera, due temi forti della nostra società contemporanea. Il primo, il flagello degli artisti di ogni tipo, che se suoni, canti, dipingi o altro, non stai davvero lavorando ma giocando. Non importa se sei ricco, rispettato, conosciuto o famoso, il lavoro è sudore, per cui stai solo perdendo tempo. L’altro è l’influenza dei media sulla gente, soprattutto la TV spazzatura con i suoi reality, i talk show sensazionalisti, i programmi studiati per generare ansie ed emozioni pilotate. Facendo questo però, la sceneggiatura lascia fuori completamente i social, che nel film non vengono mai nominati, ma che invece nella realtà, plasmano l’opinione pubblica, quanto e forse anche di più dei media.
Menzioni speciali per le riuscite caratterizzazioni delle due presenze femminili del film: la prostituta dal cuore d’oro (Mariela Garriga) che nasconde anche cultura e saggezza e che fa innamorare il musicista-poeta impersonato da Fiorello; e la sempre eclettica Sabrina Impacciatore negli esilaranti panni della conduttrice di “Scomparsi”, che altro non sarebbe che il celebre programma di Rai Tre, chiamato in un altro modo. A completare il film, decine di gustosi camei di celebri cantanti italiani in ansia per le sorti del loro musicista Martino/Fiorello, da Jovanotti a Max Pezzali, passando per Giuliano Sangiorgi, Fedez, Elisa, Giorgia, Gigi D’Alessio, Gianni Morandi. “Chi m’ha visto” è un film che rimarrà, per tanti motivi: per la qualità sopraffina dei due protagonisti, per la suggestione di paesaggi mozzafiato, che in un film non guastano mai e per la capacità di raccontare la nostra società, i nostri difetti e le nostre “involuzioni”, cosi come facevano i maestri della commedia all’italiana 50 anni fa. Perché il cinema italiano si fa grande, solo quando racconta l’Italia e gli italiani e questo è nel nostro DNA, ed è una qualità e una prerogativa che ci porteremo sempre appresso.
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