INAUGURAZIONE DELL'ANNO GIUDIZIARIO 2018 - Procuratore Regionale Stefano Grossi SEZIONE GIURISDIZIONALE PER IL MOLISE - Inaugurazione ...

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INAUGURAZIONE DELL'ANNO GIUDIZIARIO 2018 - Procuratore Regionale Stefano Grossi SEZIONE GIURISDIZIONALE PER IL MOLISE - Inaugurazione ...
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER IL MOLISE

   INAUGURAZIONE
DELL’ANNO GIUDIZIARIO
        2018
     Procuratore Regionale
        Stefano Grossi

      CAMPOBASSO, 16 FEBBRAIO 2018
PROCURA REGIONALE PER IL MOLISE

   INAUGURAZIONE
DELL’ANNO GIUDIZIARIO
        2018
                         Relazione
                 del Procuratore Regionale
                      Stefano GROSSI

        CAMPOBASSO, 16 FEBBRAIO 2018

Memoria disponibile sul sito web della Corte dei conti all’indirizzo www.corteconti.it
“Le leggi qui assicurano una giustizia eguale
               per tutti nelle loro dispute private,
ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza.
                 Quando un cittadino si distingue,
             allora esso sarà, a preferenza di altri,
                       chiamato a servire lo Stato,
                ma non come un atto di privilegio,
                  come una ricompensa al merito,
     e la povertà non costituisce un impedimento.
                  Qui ad Atene noi facciamo così.”
       Pericle - Discorso agli Ateniesi, 431 a.C. (*)
               Tratto da Tucidide, Storie, II, 34-36
INDICE

1.   Premessa                                                                                       pag. 1
2.   Ruolo e significatività delle funzioni della Corte dei conti nella realtà odierna              pag. 2
3.   Le innovazioni legislative intervenute di recente nelle materie di interesse della Corte       pag. 8
     dei conti
4.   Le novità giurisprudenziali in tema di giurisdizione contabile                                 pag. 13
5.   L’attività della Procura                                                                       pag. 19
      5.1.       Breve riepilogo statistico                                                         pag. 19
      5.2.       Principali tipologie di danno dedotte in giudizio                                  pag. 20
                  5.2.1.   Danni derivanti dall’affidamento di incarichi a personale esterno        pag. 20
                           all’Amministrazione
                  5.2.2.   Danni derivanti dall’elargizione di emolumenti accessori (lavoro         pag. 27
                           straordinario, posizione organizzativa e retribuzione di risultato) al
                           personale della P.A.
                  5.2.3.   Danni derivanti da illecito utilizzo di contributi e finanziamenti       pag. 31
                           pubblici
                  5.2.4.   Danni derivanti in materia di contributi erogati ai gruppi consiliari    pag. 35
                           regionali
                  5.2.5.   Danni derivanti in materia di urbanizzazione                             pag. 38
                  5.2.6.   Danni causati a terzi                                                    pag. 40
                  5.2.7.   Danni conseguenti a comportamenti omissivi o negligenti dei              pag. 41
                           pubblici dipendenti
                  5.2.8.   Danni derivanti da attivita’ contrattuale                                pag. 43
                  5.2.9.   Altre fattispecie di danno non sussumibili nelle precedenti              pag. 48
                           classificazioni
      5.3.       Giudizi di conto e per resa del conto                                              pag. 49
1. PREMESSA
Sig. Presidente,

Dando inizio, insieme a tutti i magistrati e al personale della Corte dei Conti della Regione
Molise, alla cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario 2018, desidero salutare le
Autorità, i magistrati degli altri ordini giudiziari presenti, i rappresentanti del mondo
accademico, gli avvocati del libero Foro, della Avvocatura dello Stato e degli enti pubblici.
Un cordiale saluto al Segretario Generale della Corte dei Conti, Cons. Franco Massi e al
rappresentante della Associazione Nazionale Magistrati Contabili.
Come Procuratore Regionale del Molise è questa la mia seconda inaugurazione dell’anno
giudiziario e perdonerete come spero, perciò, una certa emozione.
Per tradizione questa cerimonia ha lo scopo di riferire sull’attività svolta nell’anno appena
trascorso e, nel contempo, di offrire l’occasione per una riflessione sulle questioni che
interessano la giurisdizione di questa Corte. Ma il tempo limitato che mi sono imposto, per
non sottrarne troppo agli impegni degli illustri ospiti, mi obbliga alla sola enunciazione delle
principali tematiche che la Procura ha dovuto affrontare nell’anno appena trascorso.
L'inaugurazione dell'anno giudiziario costituisce un momento di verifica dello stato della
giustizia contabile e devo dire che, sebbene il periodo storico che viviamo sia caratterizzato
ancora da una forte crisi economica dalla quale non siamo ancora del tutto usciti, rilevo una
grande fiducia da parte della collettività molisana nell’azione della Procura Contabile, come
presidio di sicurezza contro lo spreco di risorse delle pubbliche finanze e di argine contro i
fenomeni di “mala gestio”. La giustizia contabile costituisce, infatti, un’importante risposta
alla domanda di legalità e di efficienza che viene dalla società civile e risolve situazioni
complesse interpretando, con senso pratico, normative di non sempre facile comprensione.
Mi preme sottolineare che la funzione di Procuratore Regionale della Corte dei Conti è un
ruolo di servizio per la collettività e questa coscienza ha sempre permeato tutta la mia
attività magistratuale.
La linea operativa adottata nell’anno appena trascorso e che utilizzerò anche nei prossimi
che mi vedranno assumere questa delicata funzione si ispira all’equilibrio, alla riservatezza,
alla trasparenza e al rispetto dei valori etici, in uno con l’osservanza delle leggi.

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2. RUOLO E SIGNIFICATIVITA’ DELLE
FUNZIONI DELLA CORTE DEI CONTI
NELLA REALTA’ ODIERNA.

La Corte dei Conti, che risale al 1862 ed è quindi la più antica magistratura del nostro Stato,
è, come noto, in ragione della sua terzietà ed indipendenza, un organo a servizio dello Stato
– Comunità, garante imparziale dell’equilibrio economico- finanziario del settore pubblico;
organo che la Costituzione ha delineato all’inizio dello Stato repubblicano e che oggi appare
essere fondamentale nell’equilibrato assetto degli interessi pubblici.
È stata certamente una felice intuizione del Costituente quella di unificare, in capo ad un
unico Organo magistratuale di vertice e a rilevanza costituzionale, le funzioni di controllo e
di giurisdizione contabile, trattandosi di funzioni tra loro interconnesse e complementari,
nell’ambito di un sistema che è unitario e razionale e che è strumentale ad un efficiente
servizio della giustizia richiesto dai cittadini.
Ne consegue che nella situazione di generale bisogno, cui si accompagna un’attuale
innegabile crisi dei valori della società civile, è imprescindibile mettere in campo tutti i
possibili interventi di sostegno economico e di recupero della moralità pubblica. Per
raggiungere questo obiettivo, divenuto fondamentale per consentire una ripartenza
economica del nostro paese, occorre l’impegno e la collaborazione di tutti: del legislatore che
deve abbandonare sicuramente la strada, facile ma sempre discutibile, della politica
premiale, in campo penale, amministrativo e fiscale dotandosi, invece, di una politica
rigorosa, attenta, di contrasto forte all’evasione fiscale, di controlli reali e di sanzioni
effettive degli amministratori pubblici ai quali si richiede di gestire con maggiore oculatezza
le risorse erariali e di essere molto vicini ai bisogni dei cittadini amministrati; dei giudici che
devono sfuggire ogni forma di influenza e lusinghe di protagonismo; di coloro che detengono
i mezzi d’informazione perché utilizzino la libertà di pensiero soltanto al servizio della verità;
degli imprenditori che devono anteporre all’interesse della produzione la sicurezza nel lavoro
ed infine dei cittadini stessi perché conservino il senso civico e si rendano disponibili ad ogni

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forma di generosa solidarietà.
In tutto ciò si può affermare che la Corte dei Conti, anche a livello regionale, cerca di svolgere
brillantemente ed efficacemente la sua funzione affiancando e guidando le amministrazioni
locali sul sentiero della legalità ma anche sanzionando quegli amministratori e dipendenti
disonesti o assolutamente incapaci.
A questo riguardo il tema dell’etica, applicata alla Pubblica Amministrazione, è di
fondamentale rilievo nell’odierna fase storica che vede da un lato i cittadini chiamati a
contribuire alle pubbliche spese e, dall’altro, la necessità di controllare come i soldi pubblici
siano impiegati.
È evidente che nella nostra società sia presente l’inderogabile esigenza che vengano
rispettate le regole della sana e corretta gestione finanziaria e che sia offerta tutela ai
componenti della collettività nei confronti di comportamenti inefficienti, inefficaci,
antieconomici poco trasparenti o, comunque, difformi dall’etica pubblica e non rispondenti
alle aspettative del gruppo sociale organizzato.
Una corretta, sana ed efficiente gestione della P.A. richiede, da parte degli Enti responsabili,
un’attenta azione di controllo, non solo preventivo, ma, forse, soprattutto collaborativo con
le Amministrazioni congiuntamente, per quanto riguarda la Procura della Corte dei Conti,
ad un’efficace azione giurisdizionale, in chiave di garanzia per i cittadini, finalizzata a
sanzionare, e a prevenire, con la sua azione di deterrenza, quelle condotte dolose o
gravemente colpose, alle quali conseguono danni erariali, che costituiscono un alto costo per
la collettività.
Si può affermare, senza ombra di dubbio alcuno, che perseguire le attività amministrative
illecite, inefficienti ed antieconomiche diventa oggi un obbligo morale, prima ancora che
giuridico, giacché l’obbligo morale è connaturato dai principi dell’etica che sono parte
dell’ordinamento giuridico e trovano applicazione anche nella materia della responsabilità
amministrativa.
Se questo non si verifica si avvertono forti il disagio e il risentimento della collettività, la
quale non soltanto perde fiducia nei pubblici uffici ma si sente, anche, defraudata dei sacrifici
che compie per mantenerli.
Per questo motivo risulta fondamentale, in presenza di tali comportamenti, un giudizio di
condanna per coloro che li hanno posti in essere.
Questa è la particolare conformazione della responsabilità amministrativa la quale possiede
tre caratteristiche fondamentali che la distinguono dalla responsabilità penale e civile e ne

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fanno una responsabilità a parte.
La prima caratteristica è l’atipicità del fatto illecito poiché la responsabilità amministrativa,
diversamente da quella penale, non conosce precise fattispecie di comportamenti da
reprimere, ma opera in un ambito indistinto di situazioni generiche caratterizzate ed
uniformate dall’unico criterio: quello dell’ingiustizia del danno. Per questo preciso motivo
l’illecito economico pubblico rifugge da modelli precostituiti e si configura in tanti modi
quanti sono le possibilità di violare i precisi obblighi di servizio dei dipendenti pubblici e le
regole che presiedono all’esercizio delle pubbliche funzioni.
La seconda caratteristica è quell’elemento che, diversamente dalla responsabilità civile,
costituisce il discrimine tra comportamento non punibile e comportamento meritevole di una
sanzione.
Stiamo parlando proprio della colpa grave.
La terza caratteristica, che differenzia la responsabilità amministrativa da quella penale e
da quella civile, è la possibilità di ridurre l’addebito mediante il relativo potere attribuito al
giudice contabile.
In questa sede si eviteranno le considerazioni circa le scelte legislative che hanno conformato
la responsabilità amministrativa in questi termini, ma si può certamente convenire che il
legislatore, anziché impegnarsi in una mirata e compiuta disciplina delle tante situazioni
illecite produttive di danno erariale, ha preferito porle tutte sullo stesso piano e sulle spalle
del giudice contabile confidando sulle sue capacità di distinguerle e stabilirne le varie
sanzioni. Nel far questo, però, da una parte gli ha posto il limite della colpa grave e dall’altro
gli ha messo a disposizione il potere riduttivo, uno strumento unico nel suo genere ma che
richiama il potere che dispone il giudice penale quando si muove nell’ambito delle pene
edittali.
Ma vi è di più. Tra i valori etici da tutelare appare, senza ombra di dubbio alcuno, la
salvaguardia della privacy dell’indagato da bilanciare con il diritto all’informazione da parte
dell’opinione pubblica circa i fatti produttivi di danno erariale. Nella mia esperienza
lavorativa ho sempre cercato di rendere chiara la linea di confine tra il diritto della
collettività alla conoscenza dei fatti causativi di danno alle pubbliche finanze e le condotte
che hanno contribuito causalmente alla fattispecie dannosa e il diritto alla privacy e alla
riservatezza dell’indagato.
Infatti, nella materia della responsabilità amministrativa, vi sono diversi interessi in gioco,
tutti di immenso rilievo: la necessità che i cittadini siano correttamente informati su come

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vengano gestite le risorse pubbliche, l’esigenza di consentire un controllo democratico
sull’operato della magistratura, la doverosità della tutela, in pieno rispetto etico, della
privacy dell’indagato per danno erariale.
Tale esigenza è stata sempre attenzionata tanto che, tra le novità introdotte dal nuovo
Codice di giustizia contabile, si prevede che le generalità del pubblico dipendente
denunciante devono essere tenute riservate. La norma completa il quadro di tutela previsto
dall’art. 54 bis del D. Lgs. n. 165/2001, secondo il quale il pubblico dipendente che denuncia
alla Corte dei Conti, ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui
sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non può essere sanzionato,
licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, aventi effetti sulle
condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia la
quale è sottratta all’accesso previsto dalla legge n. 241/1990.
Tra tutti i valori sopra indicati penso che il “discrimen” possa rinvenirsi nell’atto di citazione
in giudizio della Procura Contabile. Tutto ciò che sta a monte di esso attiene ad una fase
preprocessuale ed è riservata; dopo la citazione, con la quale inizia la fase processuale, si apre
la fase pubblica e, con cautela, sempre nel rispetto delle persone, la “notitia damni” può,
eventualmente trovare pubblicità.
Le questioni che meriterebbero di essere riferite sono tante ma mi limiterò ad accennare solo
quelle che per la loro centralità appaiono di maggiore e più generale interesse.
Osservo che il nocumento che gli agenti pubblici cagionano alle pubbliche amministrazioni,
con le quali hanno instaurato un rapporto di servizio, costituisce l’elemento fondante della
relativa responsabilità e dell’ambito oggettivo della giurisdizione attribuita, in materia, alla
Corte dei Conti.
Sul piano descrittivo, il danno può essere direttamente causato al patrimonio delle
Amministrazioni pubbliche (cosiddetto “danno diretto”), ovvero può essere cagionato a
soggetti terzi, dapprima risarciti dalla Pubblica Amministrazione cui appartiene l’agente
pubblico danneggiante e nei confronti del quale la medesima amministrazione richiede, poi,
al giudice contabile, la conseguente rivalsa economica (cosiddetto “danno indiretto”).
Inoltre il danno che conduce alla responsabilità non è soltanto la diminuzione patrimoniale
o finanziaria subita dall’Amministrazione, ma qualsiasi lesione che viene inferta ad un
bene/interesse pubblico; ad un bene cioè che, soddisfacendo gli interessi della collettività,
merita tutela giudiziaria. È questo il passaggio dalla nozione di “danno erariale” alla nozione
di “danno pubblico”. L’agente pubblico può ledere sia un bene materiale, di proprietà

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pubblica, sia un interesse che il giudice contabile ritiene comunque appartenere al
patrimonio giuridico della pubblica amministrazione e della collettività amministrata.
Questo interesse pubblico è ritenuto meritevole di tutela come bene giuridico patrimoniale e
cosi riferibile all’amministrazione – persona giuridica pubblica, ovvero alla stregua di un
bene giuridico collettivo, intestato all’Amministrazione in qualità di ente esponenziale di
una comunità di riferimento. Infatti, a conferma di questa evoluzione giurisprudenziale è
oggi possibile parlare sia di “danno ambientale”, quello che per primo ha dato origine alla
nozione di “danno pubblico”, sia di due recenti categorie di “danno patrimoniale”: “danno
da disservizio” e “danno alla concorrenza” ed, infine, la principale categoria del “danno non
patrimoniale”: “il danno all’immagine”.
I soggetti passibili di responsabilità amministrativa sono sia le persone legate da un rapporto
di servizio o di rappresentanza istituzionale, sia coloro che (persone fisiche o persone
giuridiche), seppure estranee all’apparato burocratico, sono temporaneamente incaricate
dell’esercizio di funzioni pubbliche. Oggi assistiamo sempre più spesso al fatto che gli enti
locali creano società dipendenti o affidano a soggetti esterni spazi di gestione pubblica
sempre più ampi, rinunciando così ai loro compiti primari. Ma non sempre i risultati sono
confortanti, sia dal punto di vista dei costi e dell’efficienza che sotto l’aspetto della legalità,
poiché le spese aumentano, i servizi ai cittadini si fanno più incerti e, soprattutto, si eludono
i vincoli e le regole che presiedono alla corretta gestione del denaro di tutti. Inoltre, la
responsabilità amministrativa, nonostante il carattere di personalità che la caratterizza, non
riguarda sole le persone fisiche ma anche le persone giuridiche, quando sono legate
direttamente con la Pubblica Amministrazione.
Infine, come anche tra l’altro evidenziato nella precedente relazione relativa all’anno
giudiziario appena trascorso, la responsabilità amministrativa, siccome è conseguente alla
lesione patrimoniale o finanziaria sofferta dalla Pubblica Amministrazione, può coinvolgere
anche i privati i quali, come destinatari di risorse pubbliche(in termini di contributi,
sovvenzioni o provvidenze di qualunque genere), le abbiano ottenute a mezzo di false
documentazioni oppure le abbiano destinate a scopi differenti da quelli previsti e dunque
illeciti, senza raggiungere i risultati prefissati e per i quali avevano avuto diritto a tali
contribuzioni.
In conclusione, si ritiene che l’odierna responsabilità amministrativa soggetta alla
giurisdizione della Corte dei Conti rileva in ogni genere di attività, sia quella svolta mediante
atti amministrativi che quella svolta attraverso istituti di diritto privato, riferibile a soggetti

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che attraverso quegli atti dispone, amministra e/o utilizza pubbliche risorse.
In questo percorso la giurisprudenza si è fatta interprete dei valori costituzionali, facendosi
carico delle sensibilità del corpo sociale, approfondendo e modellando alcune figure di danno
erariale risarcibile proprio per rispondere all’esigenza di tutela minima di detti valori.
Ma tanto c’è da fare ancora. Un grido d'allarme è stato lanciato sulla corruzione che continua
a produrre "effetti negativi sulle risorse pubbliche, spesso devastanti". La denuncia del
Procuratore Generale della Corte dei Conti contenuta nella sua Relazione nel Giudizio di
Parificazione del Rendiconto Generale dello Stato per l’anno 2016, ha evidenziato "rilevanti
effetti distorsivi, irregolarità e illeciti penali, proprio nei settori in cui più alto è il livello della
spesa: quelli della sanità, della realizzazione di opere pubbliche e della prestazione di servizi".
Lo stesso Procuratore Generale ha sollecitato, pertanto, "un approccio più sostanziale che,
superando talune impostazioni dottrinarie astrattamente fondate ma assolutamente
inadeguate nel concreto, affronti il fenomeno della corruzione", tenendo conto della sua
"diffusività" e della "insufficienza delle misure finora apprestate dall'ordinamento".

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3.            LE            INNOVAZIONI                           LEGISLATIVE
INTERVENUTE DI RECENTE NELLE MATERIE
DI INTERESSE DELLA CORTE DEI CONTI

Nel 2017, come negli anni precedenti, il legislatore è intervenuto in materie di interesse della
Corte dei Conti.
Una novità intervenuta nell’anno è stata quella relativa all’approvazione del correttivo al
Nuovo Codice dei Contratti Pubblici -D.LGS. 19 Aprile 2017, n. 56 l. L’intervento apporta
modifiche e integrazioni al Codice, volte a perfezionarne l’impianto normativo
confermandone i pilastri fondamentali, in modo da perseguire efficacemente l’obiettivo dello
sviluppo del settore. Nell’introdurre tali modifiche, il Governo ha tenuto conto delle
consultazioni effettuate dal Parlamento, delle osservazioni formulate dall’ANAC e delle
considerazioni del Consiglio di Stato. Sono, inoltre, state tenute in considerazione le
segnalazioni dei responsabili unici del procedimento effettuate nell’ambito delle
consultazioni della Cabina di regia istituita dallo stesso Codice, nonché quelle effettuate in
attuazione della legge delega, che prevedeva la consultazione, da parte della Presidenza del
Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e
sentita l’ANAC, delle principali categorie di soggetti destinatari del provvedimento
correttivo.
Il nuovo Codice dei Contratti Pubblici, con il suo successivo correttivo, risponde all’esigenza
di maggiore snellezza e celerità delle attività degli appalti pubblici e contiene, sicuramente,
un ampliamento della discrezionalità amministrativa da parte delle Amministrazioni
operanti. Ad una lettura complessiva ciò che colpisce è il riconoscere, in capo all’Autorità
Nazionale di Vigilanza e Anticorruzione, notevoli poteri in termini di controllo, di
regolamentazione e di vigilanza. Tali rinnovati poteri sono strettamente collegati, pertanto,
alle segnalazioni che la stessa Autorità è obbligata a rivolgere alle Procure erariali
competenti per territorio nel caso individuassero, nell’ambito delle proprie funzioni,
fattispecie di danno erariale. L’altro aspetto che merita di essere segnalato è proprio quello
relativo alla predisposizione delle linee guida, bandi tipo, capitolati tipo e contratti tipo da

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parte dell’ANAC dal momento che il modo in cui ci si discosta da questi da parte di coloro
che debbono applicarli può essere valutato come un indice di gradazione dell’elemento
soggettivo, presupposto, questo, della responsabilità amministrativa.
Le linee guida finora adottate riguardano principalmente le figure del Direttore dei Lavori,
del Responsabile Unico del Procedimento e del Direttore di Esecuzione dei Contratti pubblici
che quotidianamente entrano in contatto con l’attività della Procura contabile quando alla
stessa viene segnalato di verificare la regolarità di un determinato appalto o servizio
pubblico.
Inoltre, la nuova categoria di “danno patrimoniale”, quello alla “concorrenza”, ha trovato
nuova linfa vitale nelle norme contenute nel Codice dei Contratti Pubblici e nel suo
correttivo. Infatti, nell’articolato oggi in vigore, è indubbio che la gara pubblica costituisce
uno strumento indispensabile per promuovere e tutelare la concorrenza; le norme relative
alla disciplina delle procedure di gara, la regolamentazione della qualificazione e selezione
dei concorrenti, delle procedure di affidamento e dei criteri di aggiudicazione mirano a
garantire che le medesime si svolgano nel rispetto delle regole concorrenziali e dei principi
comunitari della libera circolazione delle merci, delle prestazioni dei servizi, della libertà di
stabilimento, nonché dei principi costituzionali di trasparenza e parità di trattamento. Ne
consegue che l’affidamento diretto o la proroga di contratti pubblici, senza che vi sia alcuna
indicazione di un termine finale di cessazione della medesima, pone in essere una disciplina
che opera una distorsione nel concetto di concorrenza, ponendosi in contrasto con i principi
generali stabiliti dalla legislazione statale. Il danno erariale alla concorrenza allora è quello
conseguente all’affidamento di lavori pubblici, servizi e forniture in assenza di una procedura
comparativa tra operatori economici, oppure in presenza di una procedura ad evidenza
pubblica “fittizia”, in violazione delle regole comunitarie e nazionali in materia di “par
condicio” e “favor partecipationis”: dunque un pregiudizio patrimoniale costituito “dalla
differenza tra la spesa effettivamente sostenuta dall’Amministrazione e quella (minore) che,
invece, avrebbe potuto ottenere assolvendo l’obbligo della procedura concorsuale”.
Altra importante novità legislativa è stata l’approvazione del correttivo sulle società
partecipate.
Il tema delle società a partecipazione pubblica ha acquisito crescente interesse nel corso degli
anni. A livello internazionale si è avvertita sempre di più l’esigenza di trasparenza e
completezza di informazioni, simili a quelle disponibili per le società private, che ha condotto
alla stesura di vere e proprie linee guida sulla governance delle società pubbliche.

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Mentre negli ultimi anni, a livello nazionale, la normativa in materia di società partecipate
è stata contraddistinta da una frammentazione della disciplina che ne ha compromesso la
chiarezza e la semplificazione. Di recente, la materia è stata oggetto di un riordino, sulla base
dell’articolo 18 della legge delega n. 124 del 2015; la delega ha trovato attuazione nel decreto
legislativo n. 175 del 2016, recante il Testo unico in materia di società a partecipazione
pubblica, entrato in vigore il 23 settembre 2016.
Con tale decreto il Governo ha inteso assicurare la chiarezza della disciplina, la
semplificazione normativa e, in tal modo, anche la tutela e promozione della concorrenza. Il
testo unico si propone la riduzione delle società e l’individuazione dei criteri qualitativi e
quantitativi di una loro razionalizzazione.
In estrema sintesi non sono consentite le società partecipate:
-prive di dipendenti o che hanno un numero di dipendenti inferiore a quello degli
amministratori;
- che nella media dell’ultimo triennio hanno registrato un fatturato sotto il milione di euro;
- inattive;
-che non hanno emesso fatture nell’ultimo anno;
- che svolgono all’interno dello stesso comune (o area vasta) doppioni di attività;
- che negli ultimi cinque anni hanno fatto registrare quattro esercizi in perdita;
- che svolgono attività non strettamente necessarie ai bisogni della collettività.
Sono invece consentite le partecipate pubbliche che svolgono le seguenti attività:
- servizi pubblici;
- opere pubbliche sulla base di un accordo di programma;
- servizi pubblici o opere pubbliche in partenariato pubblico/privato;
- servizi strumentali;
- servizi di committenza, valorizzazione del patrimonio immobiliare dell’amministrazione.
La Corte costituzionale, con la sentenza 9-25 novembre 2016, n. 251, ha dichiarato
incostituzionale la legge delega n. 124 nella parte in cui essa aveva previsto il mero parere
della Conferenza unificata, e non invece l’intesa in sede di Conferenza unificata o di
Conferenza Stato-Regioni (a seconda della materia oggetto di delega) per taluni decreti
legislativi di attuazione, tra cui il Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica.
Per questa ragione, lo scorso marzo Stato, Regioni ed enti locali, in sede di Conferenza
unificata, hanno raggiunto un’intesa sullo schema di decreto legislativo, concordando alcune
modifiche e, in data 26 giugno 2017, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto

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legislativo n. 100 del 2017 Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 19
agosto 2016, n. 175, recante testo unico in materia di società a partecipazione pubblica.
Le principali novità del suddetto decreto correttivo hanno riguardato lo slittamento dei
termini per l’adeguamento degli statuti, per la ricognizione del personale in esubero, per la
revisione straordinaria delle partecipazioni, per la sostituzione degli amministratori
dipendenti pubblici, ma anche nuove regole per la scelta dell’organo amministrativo, per gli
indirizzi in materia di personale e per la definizione della produzione ulteriore delle società
“in house”.
Il Testo unico approvato nel 2016 in attuazione della riforma della PA mirava a una decisa
riduzione del numero delle partecipate, imponendo alle amministrazioni di effettuare entro
sei mesi dall'entrata in vigore una ricognizione delle partecipazioni inutili e di prevedere piani
di riassetto per la loro razionalizzazione, fusione o soppressione che entro un anno avrebbero
dovuto portare all'eliminazione di tutte le società inattive, eccessivamente piccole, con
fatturato medio non superiore a un milione di euro e che non producevano servizi
indispensabili alla collettività.
Alla luce delle modifiche richieste dalle amministrazioni pubbliche, rispetto all’intento
originario, con il decreto correttivo il progetto di razionalizzazione delle società a
partecipazione pubblica risulta ridimensionato.
In primo luogo si sono allungati i tempi: i termini per la ricognizione di tutte le partecipazioni
possedute e per l'approvazione dei piani di razionalizzazione sono stati prorogati al 30
settembre 2017.
Anche il perimetro delle società da eliminare è stato ridimensionato : le amministrazioni
pubbliche hanno infatti la possibilità di acquisire o mantenere partecipazioni in società che
hanno per oggetto sociale la produzione di energia da fonti rinnovabili e in quelle che
producono servizi di interesse economico generale fuori dall’ambito territoriale della
collettività di riferimento, purché queste ultime abbiano in corso o ottengano l’affidamento
del servizio tramite procedure a evidenza pubblica.
Occorre comunque salutare con favore tali previsioni che mirano a coordinare il regime
particolare delle società partecipate con il diritto comune; in tal senso il legislatore delegato
ha individuato una serie di possibili deroghe alle previsioni del Codice Civile, così risolvendo
il tradizionale imbarazzo degli operatori di settore che, assai spesso, vengono a trovarsi nella
difficile condizione di dover far quadrare i conti fra disposizioni pubblicistiche che mal si
conciliano con le disposizioni di diritto societario.

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Sarà quindi, come sempre, la pratica applicativa ed interpretativa a dimostrare se il
legislatore delegato abbia saputo cogliere le esigenze della collettività dettando disposizioni
suscettibili di condurre alla realizzazione di quegli intenti di semplificazione,
razionalizzazione, incentivazione della concorrenza.

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4. LE NOVITA’ GIURISPRUDENZIALI IN TEMA
DI GIURISDIZIONE CONTABILE.

Riguardo le novità giurisprudenziali in tema di giurisdizione contabile appare opportuno
dare conto di alcuni significativi arresti della Corte Costituzionale, della Corte di Cassazione
a Sezioni Unite, Sezione Civile, Sezione Penale e del Consiglio di Stato in materia di
giurisdizione di responsabilità della Corte dei Conti emessi nell’anno 2017.
Tra le pronunce più significative, si segnalano:
-      La sentenza della Corte Costituzionale n. 10/2017 dove si afferma che :“…il controllo
sui rendiconti dei gruppi consiliari «se, da un lato, non comporta un sindacato di merito delle
scelte discrezionali rimesse all’autonomia politica dei gruppi, dall’altro, non può non
ricomprendere la verifica dell’attinenza delle spese alle funzioni istituzionali svolte dai
gruppi medesimi, secondo il generale principio contabile, costantemente seguito dalla Corte
dei conti in sede di verifica della regolarità dei rendiconti, della loro coerenza con le finalità
previste dalla legge» (sentenza n. 260 del 2016; analogamente, sentenze n. 104 del 2016, n.
263 del 2014)”.
-      La sentenza della Corte Costituzionale n. 89/2017 dove è possibile evincere il principio
secondo cui: ”…..può dirsi che nella parifica del rendiconto regionale la situazione è, dunque,
analoga a quella in cui si trova un qualsiasi giudice (ordinario o speciale), allorché procede a
raffrontare i fatti e gli atti dei quali deve giudicare alle leggi che li concernono» (sentenza n.
226 del 1976). Pertanto, pur non essendo un procedimento giurisdizionale in senso stretto,
«ai limitati fini dell’art. 1 della legge cost. n. 1 del 1948 e dell’art. 23 della legge n. 87 del
1953, la [parifica della] Corte dei conti è, sotto molteplici aspetti, analoga alla funzione
giurisdizionale, piuttosto che assimilabile a quella amministrativa, risolvendosi nel valutare
la conformità degli atti che ne formano oggetto alle norme del diritto oggettivo, ad esclusione
di qualsiasi apprezzamento che non sia di ordine strettamente giuridico. Il controllo
effettuato dalla Corte dei conti è un controllo esterno, rigorosamente neutrale e
disinteressato, volto unicamente a garantire la legalità degli atti ad essa sottoposti e cioè
preordinato a tutela del diritto oggettivo». Il supremo giudice delle leggi afferma in maniera
inequivocabile il carattere giurisdizionale del giudizio di parificazione sul rendiconto generale

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degli Enti Locali che ha assunto un rilievo fondamentale non dissimile da quello che,
storicamente, caratterizza il giudizio di parificazione del Rendiconto Generale dello Stato.
-      la sentenza Cass. Civ., Sez. III, 2 febbraio 2017, n. 2695, che ha confermato la
sentenza di condanna di un imprenditore al risarcimento del danno all’immagine richiesto
da un’amministrazione comunale a seguito della condanna irrevocabile ex art. 444 c.p.p.
dell’imprenditore medesimo per il reato di corruzione, connesso a dei pubblici affidamenti.
La Corte di Cassazione, richiamando uno specifico precedente, ha evidenziato che “non può
condividersi la tesi che esclude la possibilità di una tale condanna a carico di soggetto privo
della qualifica di pubblico dipendente e circoscrive tale voce di danno ai soli casi di
responsabilità contrattuale”.
-      La sentenza della CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. UNITE CIVILI – sentenza 30
marzo 2017 n. 8242 dove si afferma che rientra nella giurisdizione della Corte dei conti
un’azione di responsabilità nei confronti di un dipendente della CONI Servizi s.p.a., a nulla
rilevando la natura privatistica di tale società, nel caso in cui il danno sia stato arrecato in
via diretta, senza mediazione di alcun organismo societario, al Comitato provinciale del
CONI, essendo di sua pertinenza le risorse finanziarie pubbliche indebitamente sottratte
(nella specie l’azione di responsabilità era stata azionata per il danno erariale derivante dalla
indebita appropriazione di una somma di denaro pubblico, di pertinenza del Comitato
provinciale, costituita da contributi erogati dal CONI nazionale e dal Comune, nonché da
proventi della gestione degli impianti sportivi del Comune stesso).
-      la sentenza Cass. Pen., SS.UU., 28 aprile 2017, n. 20664 - vera e propria lectio
magistralis di diritto penale - che chiamata ad affrontare la questione di diritto "Se il reato
di malversazione in danno dello Stato (art. 316-bis c.p.) concorra con quello di truffa
aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis c.p.)" - ha affermato il
seguente principio: "Il reato di malversazione in danno dello Stato (art. 316-bis c.p.) concorre
con quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis
c.p.)".Tale decisione, dopo aver ribadito che nell’ambito dell’istituto del concorso apparente
di norme deve operare unicamente il criterio valutativo della specialità ex art. 15 c.p. e non
anche altri criteri privi di aggancio normativo, si sofferma sulle differenze tra le due norme
incriminatrici in comparazione evidenziando che “... si possono verificare almeno tre tipi di
situazioni diverse: a) il privato ottiene un finanziamento illecitamente e, successivamente,
utilizza la somma per scopi privati (l'ipotesi più frequente); b) il privato ottiene con mezzi
fraudolenti l'erogazione, ma la destina effettivamente ad opere o attività giustificanti il

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sostegno economico richiesto (ipotesi più rara ma non certo impossibile); c) il privato ottiene
legittimamente il finanziamento, ma omette di destinarlo all'attività o all'opera di pubblico
interesse per cui era stato erogato. Nell'ultimo caso si verte in ipotesi di malversazione
"pura"; nel secondo viene in evidenza l'autonomia fra le due fattispecie, in quanto il privato
pone in essere una truffa ma poi non compie una malversazione; nel primo caso dopo aver
compiuto la truffa, con una condotta anche cronologicamente autonoma ed eventuale, il
privato pone in essere la malversazione.
L'analisi dell'atteggiarsi delle fattispecie astratte ha il pregio di mettere in luce come le
situazioni concrete in cui i due reati possono realizzarsi siano molteplici e possano combinarsi
tra loro e con modalità autonome, con una rilevanza sulla responsabilità amministrativa di
non poco conto.
L'ordinanza Cass. Civ., SS.UU., 15 maggio 2017, n. 11983, che ha dichiarato il difetto di
giurisdizione della Corte dei Conti in favore della giurisdizione ordinaria riguardo un danno
da mala gestio (acquisto di materiali a prezzi acclarati come “maggiorati”) arrecato al
patrimonio di una società totalmente partecipata dalla p.a., pregiudizio patrimoniale
contestato, dalla procura regionale, all’amministratore unico.
Le Sezioni Unite, richiamati gli orientamenti pretori in materia di danno erariale e società
di diritto privato a partecipazione pubblica e premesso che “… la Corte dei Conti non è il
giudice naturale della tutela degli interessi pubblici e della tutela da danni pubblici (Corte
cost. 5 dicembre 2010, n. 355) di modo che l'affermazione della relativa giurisdizione richiede
l'interposizione del legislatore, che si traduce in norme che prevedono la giurisdizione
contabile in fattispecie determinate”, hanno osservato, tra l’altro, che “…l'art. 8, comma 4,
del contratto di servizio stipulato con la Regione prevede che resti a carico della società «i/
rischio d'impresa connesso ad ogni eventuale disavanzo gestionale non coperto, per qualsiasi
causa, dai corrispettivi...o dai ricavi di qualunque genere», nonché l'art. 4 dello statuto che
stabilisce che le quote sociali sono liberamente trasferibili. In questo contesto, la circostanza
indicata dalla Procura contabile ed anche dalla società, concernente la composizione del
collegio sindacale della società come prevista dallo statuto, il quale contempla che
l'assemblea possa sceglierne i componenti, quanto al Presidente, tra i magistrati della Corte
dei Conti e, quanto agli altri due membri, tra il personale appartenente rispettivamente ai
ruoli del Ministero dell'Economia e delle Finanze e del Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti, non contraddice ma conforta questa ricostruzione poiché prevede sì la possibilità
d'incisione del socio unico pubblico ma in seno alle dinamiche della vita sociale, nella fase del

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controllo affidato al collegio sindacale e per il tramite degli strumenti previsti dal diritto
societario, non già iure imperii (in linea, vedi Cass., sez. un., ord. 23 gennaio 2015, n. 1237,
che ha affermato la sussistenza della giurisdizione ordinaria in relazione all'impugnazione
della revoca dell'amministratore di nomina pubblica in una società per azioni partecipata da
ente locale, trattandosi di atto “uti socius”, compiuto dall'ente pubblico a valle della scelta
di fondo per l'impiego del modello societario)”.
-      la sentenza Cass. Civ. SS.UU., 5 Luglio 2017,n.16601 la quale , sia pure in un giudizio
di delibazione di sentenza straniera e per di più “incidentalmente”, dato che il giudizio si
risolve in punto di inammissibilità, coglie l’occasione per rivedere l’aspetto funzionale della
responsabilità civile, abbandonando definitivamente (dopo altra sentenza del 2015) la
visione monofunzionale (ripristinatoria-compensativa) ed aprendo alla più moderna visione
polifunzionale (in cui possono convivere altre finalità, tra cui quella sanzionatorio-punitiva,
ferma restando la necessità dell’intermediazione legislativa). E ciò, tra l’altro, a prescindere
dalla natura contrattuale o extra contrattuale della responsabilità.
Con tale decisione non ha più senso interrogarsi sulla funzione della responsabilità civile, che
si adatta al mutevole contesto storico, e perde definitivamente di significato anche lo storico
dibattito interno sulla natura delle responsabilità amministrativa che è una sola, mentre le
funzioni a cui può assolvere possono essere diverse (e convivono all’interno dell’istituto):
meramente risarcitoria oppure sanzionatoria-punitiva ed anche in questo caso sulla base
della necessaria interposizione normativa.
-      La ricca sentenza Cass. Civ. Sez. III, 21 settembre 2017, n. 21939, che nell’affermare
la dignità ordinamentale del “danno esistenziale”, da riconoscere anche ai congiunti del
soggetto danneggiato, ha affermato, all’esito di un pregiato percorso ricostruttivo del
“danno non patrimoniale”, il seguente principio: "Con riguardo alla liquidazione del danno
non patrimoniale, ai fini della c. d. 'personalizzazione' del danno forfettariamente
individuato (in termini monetari) attraverso i meccanismi tabellari cui la sentenza abbia
fatto riferimento (e che devono ritenersi destinati alla riparazione delle conseguenze
'ordinarie' inerenti ai pregiudizi che 'qualunque' vittima di lesioni analoghe 'normalmente'
subirebbe), spetta al giudice far emergere e valorizzare, dandone espressamente conto in
motivazione in coerenza alle risultanze argomentative e probatorie obiettivamente emerse
ad esito del dibattito processuale, le 'specifiche' circostanze di fatto, 'peculiari' al caso
sottoposto ad esame, che valgano a superare le conseguenze 'ordinarie' già previste e
compensate dalla liquidazione forfettizzata del danno non patrimoniale assicurata dalle

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previsioni tabellari.
-      La sentenza Cass. Pen., Sez. VI, 23 ottobre 2017, n. 48603, la quale ha ritenuto
ammissibile la domanda risarcitoria per danno all’immagine proposta da una pubblica
amministrazione costituitasi parte civile nel processo penale nei confronti di un dipendente
processato (e condannato) per peculato d’uso non ostando a tale conclusione la disciplina del
Lodo Bernardo - per come "interpretata" dalla Corte Costituzionale nella sentenza n.
355/2010 - contemplante l’azionabilità di siffatta domanda nell’ambito della giurisdizione
contabile, ciò poiché “Tale disposizione … non consente di ritenere che la domanda di
risarcimento del danno per la compromissione dell'immagine dell'amministrazione possa
essere proposta solo dinanzi alla Corte dei Conti e nell'ambito di un giudizio per
responsabilità amministrativa ai sensi dell'articolo 103 della Cost. Nessuna specifica
previsione normativa autorizza quindi a ritenere che si sia inteso prevedere un maggiore
ambito operativo alla giurisdizione contabile a discapito di un'altra giurisdizione, e
segnatamente di quella ordinaria, emergendo dal testo in esame soltanto il proposito di
circoscrivere oggettivamente i casi in cui è possibile, sul piano sostanziale e processuale,
chiedere il risarcimento del danno in presenza della lesione dell'immagine della
amministrazione”.
-      La sentenza Cass. Pen., Sez. II, 13 novembre 2017, n. 51655, la quale nello scrutinare
la questione del profitto confiscabile nei reati di truffa aggravata in danno di ente pubblico
e di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente - ovvero se oggetto della
confisca debba essere l’intero importo lordo erogato dalla p.a. o soltanto quello al “netto”
delle utilità conseguite - ha stabilito il principio, richiamando precedenti in materia, secondo
il quale occorre distinguere tra “reati contratto” e “reati in contratto” con la conseguenza
che, “… nel caso di reato contratto, il profitto confiscabile è costituito dal ricavo lordo; nel
caso di reati in contratto a prestazioni corrispettive, il profitto viene identificato con il
vantaggio economico derivato dal reato al netto dell'effettiva utilità eventualmente
conseguita dal danneggiato, nell'ambito del rapporto sinallagmatico con l'ente”.
-      La sentenza Cass. Pen., Sez. II, 28 novembre 2017, n. 53678, la quale nell’affrontare
la questione “se, in caso di sentenza passata in giudicato con la quale l'imputato sia stato
prosciolto per prescrizione del reato ascrittogli, ma condannato al risarcimento dei danni a
favore della parte civile costituita, sia o no ammissibile il giudizio di revisione” ha affermato
che la condanna risarcitoria emessa in sede penale non può essere equiparata ad una sanzione
punitiva o latamente penale, in conformità a quanto sostenuto dalla giurisprudenza CEDU,

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con la conseguenza che “non è suscettibile di revisione la sentenza di proscioglimento
dell'imputato per estinzione del reato per prescrizione dalla quale consegua la sola conferma
delle statuizioni civili, in quanto la condanna al risarcimento del danno, avente natura
riparatoria, non può essere considerata sanzione punitiva e, quindi, latamente “penale””.
-      la sentenza della Cassazione a Sezioni unite, N. 29920 del 13/12/2017 la quale afferma
che rientra nella giurisdizione della Corte dei conti un’azione di responsabilità nei confronti
di un amministratore pubblico (il Sindaco di un Comune) per i danni derivanti dagli
illegittimi conferimenti di numerosi incarichi a soggetti estranei all’Amministrazione, perché
in tal caso il giudice contabile non compie una scelta d’opportunità tra diverse soluzioni
possibili, ma giudica della legittimità dei provvedimenti di conferimento di incarichi esterni
secondo il parametro normativo rappresentato dalle disposizioni vigenti in materia e dai
principi di rango costituzionale conformatori dell’attività amministrativa.
La sentenza è conformativa di un orientamento consolidato della Cassazione ma, molto
spesso, nei giudizi di responsabilità vi è la tendenza a scardinare tale orientamento, nella
speranza di affermare una discrezionalità/arbitrio delle amministrazioni nelle scelte gestorie,
caratterizzate da evidente mala gestione del denaro pubblico.
Merita di essere segnalata l’interessante decisione del Consiglio di Stato, Sez. V, 16 novembre
2017, n. 2859 dove si afferma la legittimità della deliberazione di un Consiglio comunale,
dove in materia di obblighi strumentali alla riscossione dell’imposta di soggiorno, ha
attribuito agli albergatori la qualifica di agente contabile di fatto; con la conseguenza che
hanno l’obbligo di presentare al Comune il conto della propria gestione ai fini del controllo
della Corte dei conti. Queste responsabilità discendono direttamente dalle norme di
contabilità pubblica.

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5. L’ATTIVITA’ DELLA PROCURA
5.1. BREVE RIEPILOGO STATISTICO

Al 31 Dicembre 2016 risultavano pendenti 2183 fascicoli istruttori; nel corso dell’anno:
-      sono stati aperti 510 nuovi fascicoli;
-      effettuate 265 richieste istruttorie;
-      disposte 393 archiviazioni;
-      sono stati formulati 31 inviti a dedurre per un totale di 77 presunti responsabili;
-      introdotti 27 giudizi di responsabilità;
-      sono stati proposti 5 appelli;
-      esaminati 497 conti giudiziali;
-      vi sono state condanne in primo grado per complessivi euro 406.424,05;
-      è stata recuperata, a seguito di sentenze di condanna e di ordinanze di pagamento in
procedimenti monitori, la somma di euro 181.580,57. A questo riguardo si segnala come le
somme recuperate rappresentino un lusinghiero risultato per questa Procura Erariale nella
considerazione della ridotta dimensione demografica della Regione Molise.

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5.2. PRINCIPALI TIPOLOGIE DI DANNO DEDOTTE IN GIUDIZIO

5.2.1. Danni derivanti dall’affidamento di incarichi a personale
esterno all’Amministrazione

In tale ambito la scrivente Procura ha aperto un’istruttoria a seguito dell’invio di un esposto

concernente la reiterazione di incarichi di collaborazione ad alcuni progetti da parte di

professionisti esterni, in virtù di specifici provvedimenti adottati dal Direttore Generale

ASREM.

Da indagini esperite dal Nucleo Tributario della Guardia di Finanza è risultato che sono stati

prorogati numerosi contratti di lavoro a tempo determinato ex art.7 comma 6 del D. Lgs. n°

165/2001 per “Attività di supporto e collaborazione.”

Il modus operandi dei responsabili ASREM trova giustificazione nell’art. 4, comma 10, della

legge 30 ottobre 2013 n° 125 che demanda al d.p.c.m. attuativo la previsione di specifiche

disposizioni per il personale dedicato alla ricerca in sanità, finalizzate anche

all’individuazione, quali requisiti per l’accesso ai concorsi, dei titoli di studio di laurea e post

laurea in possesso del personale precario nonché per il personale medico in servizio presso il

pronto soccorso delle aziende sanitarie locali con almeno 5 anni di prestazione continuativa,

ancorché in possesso della specializzazione in medicina e chirurgia d’accettazione ed urgenza.

Si legge ancora”i contratti di lavoro a tempo determinato possono essere prorogati a tutto il

personale del Comparto Sanità. Resta in ogni caso ferma la possibilità di prorogare tutte le

altre tipologie di lavoro flessibile demandando alle Regioni la facoltà di procedere come

previsto dalla legge 125/2013 alla proroga, anche fino al 31/12/2016, nel rispetto della

normativa vigente.”

In effetti si è proceduto alla proroga di tutti i contratti in scadenza nelle more della

definizione delle nuove dotazioni organiche e dell’effettivo fabbisogno di personale, in

contrasto con quanto stabilito dal quadro legislativo di riferimento.

L’art. 7 comma 6 del decreto legislativo n° 165/2001, nel testo risultante dalle modificazioni

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apportate dapprima dall’art. 32 del decreto legislativo n° 223/2006, convertito con legge n°

248/2006 e dall’art. 46, comma 1, del decreto legislativo n° 112/2008, convertito con legge n°

133/2008 statuisce i presupposti legittimanti per il conferimento degli incarichi in discorso

(corrispondenza dell’oggetto della prestazione alle competenze attribuite dall’ordinamento

all’amministrazione conferente e coerenza con le esigenze di funzionalità- impossibilità di

utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno-natura temporanea ed altamente

qualificata della prestazione-determinazione della durata, luogo, oggetto e compenso della

collaborazione), in presenza dei quali le amministrazioni pubbliche, per esigenze cui non

possono far fronte con personale in servizio, possono conferire incarichi individuali, con

contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti

di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria. Fermo restando che “(…..)

il ricorso a contratti di collaborazione coordinata e continuativa per lo svolgimento di

funzioni ordinarie o l’utilizzo dei collaboratori come lavoratori subordinati è causa di

responsabilità amministrativa per il Dirigente che ha stipulato i contratti”.

I diversi interventi di modifica del testo originario della norma hanno tradotto in diritto

positivo l’orientamento interpretativo della Corte dei Conti (si veda, per tutte, Corte dei

conti, Sez. Riunite delib. n° 6/2005).

Con specifico riguardo al requisito della “particolare e comprovata specializzazione”, il

Dipartimento della Funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha rilevato

come la lettera della legge, ponendo l’accento sull’elevata competenza e coordinata con il

presupposto dell’assenza di competenze analoghe in termini qualitativi all’interno

dell’amministrazione, fa ritenere impossibile il ricorso a qualsiasi tipologia di contratto

stipulato in violazione di tali presupposti, rafforzando, pertanto, quanto già indicato alla

lettera c) del comma 6 dell’art. 7, citato”(la prestazione deve essere di natura temporanea ed

altamente q). In difetto dei presupposti in parola, si dovrà ricorrere, principalmente, alle

risorse interne alle amministrazioni o ad altri istituti, quali le assegnazioni temporanee di

personale da altre amministrazioni, o valutare, con l’opportuna prudenza, l’eventualità di

ricorrere a strumenti diversi, quali gli appalti dei servizi. (DFP, circ. n° 2/2008).

Al riguardo, nella giurisprudenza è stato affermato che “il ricorso a prestazioni intellettuali

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da parte di soggetti estranei all’amministrazione, secondo quanto stabilito dall’art. 7,

comma 6 D. Lgs. n° 165/2001, può essere ritenuto legittimo se si debbano risolvere problemi

specifici di competenza dell’ente, aventi carattere contingente e speciale, a fronte di

accertata carenza strutturale di personale che oggettivamente non consente in modo

adeguato l’esercizio di determinate funzioni pubbliche”. (Corte Conti, Sez. giur. Lazio, n°

703/2013).

Si è, altresì, precisato che, “avendo il ricorso da parte delle p.a. ad incarichi professionali

esterni natura eccezionale, esso può avvenire solamente alle condizioni previste dalla legge

(in particolare, l’art.7 D. Lgs. n° 165/2001), che esprimono principi di stretta

interpretazione”. (Corte Conti, Sez. I, n°557/2011).

Dalla violazione del dettato normativo non può che discendere un danno erariale, da

ravvisarsi nei compensi pagati al destinatario dell’incarico, e la conseguente responsabilità

degli amministratori e dei dipendenti che hanno disposto o, comunque, agevolato

l’affidamento e l’esecuzione dell’incarico; con riferimento ai casi di sussistenza di detta

responsabilità si veda Corte Conti, Sez. Giur. Friuli-Venezia Giulia, n° 167/2011.

Di assoluto rilievo è anche il comma 6-bis dell’art. 7 del D. Lgs. n° 165/2001: il mancato

esperimento delle procedure comparative richieste rende illegittimo l’incarico e provoca

danno erariale. Si veda al riguardo (Corte Conti, Sez. Giur. Lombardia, n° 642/2009).

Quanto in particolare, ai contratti di co.co.co, l’inclusione nell’alveo della disciplina in

materia di incarichi esterni è dovuta al D.L. n° 223/2006, convertito, con L. n. 248/2006 che,

nel sostituire il comma 6 dell’art. 7 del D. Lgs. n° 165/2001, ha espressamente menzionato i

contratti in questione tra quelli che l’amministrazione può stipulare soltanto in presenza dei

presupposti di legittimità ricordati, ribaditi anche dalla cir. n° 5 del 21 dicembre 2006 del

D.F.P della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in cui si precisa che la reale verifica della

presenza     dei   presupposti   sopra   elencati   assume   particolare   rilevanza   ai     fini

dell’adempimento dell’obbligo di motivazione per il conferimento.

La Corte dei Conti ha chiosato a tal riguardo, che “per l’espletamento delle ordinarie attività

amministrative varrà il principio generale  (Corte Conti, Sez.

autonomie, delib. n° 6/2008).

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