MISSIONE ECUADOR 1 - 11 SETTEMBRE 2019 - Focsiv

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MISSIONE ECUADOR 1 - 11 SETTEMBRE 2019 - Focsiv
MISSIONE ECUADOR
1 – 11 SETTEMBRE 2019
MISSIONE ECUADOR 1 - 11 SETTEMBRE 2019 - Focsiv
INDICE

AGENZIE
Redattore Sociale    29 ottobre 2019     ARTICOLO
DIRE                                     Amazzonia, un "albero dei miracoli" per
                                         frenare la deforestazione
AgenSIR              25 ottobre 2019     ARTICOLO
                                         Amazzonia: la lotta degli indigeni dell’Ecuador
                                         contro i “mecheros” della morte e gli scarti del
                                         petrolio
Redattore Sociale    23 ottobre 2019     ARTICOLO
DIRE                                     Amazzonia, Lucitante (Udapt): "Noi, nativi
                                         Cofàn decimati dal petrolio"
Redattore Sociale    23 ottobre 2019     ARTICOLO
DIRE                                     Diritti, Fajardo: L’Unione Europea si batta
                                         contro l’impunità delle multinazionali
Redattore Sociale    23 ottobre 2019     ARTICOLO
DIRE                                     Amazzonia, Del Bufalo (Focsiv): basta abusi, è
                                         la nostra casa comune
Redattore Sociale    23 ottobre 2019     ARTICOLO
DIRE                                     Amazzonia, Fajardo: ora uno strumento ONU
                                         contro gli abusi delle multinazionali
Agenzia DIRE         21 ottobre 2019     BREVE
                                         Guardiani d’Amazzonia, 23 ottobre incontro
                                         con l’avvocato Pablo Fajardo
Redattore Sociale/   16 ottobre 2019     VIDEO
DIRE                                     Amazzonia, Monsignor Reyes: la chiesa sta
                                         con gli indigeni
AgenSIR              16 ottobre          ARTICOLO
                                         Sinodo per l’Amazzonia: Pablo Fajardo
                                         (Ecuador), 30mila vittime in lotta con il
                                         colosso statunitense Chevron Texaco
Agenzia DIRE         15 ottobre 2019     ARTICOLO
                                         Amazzonia, i guardiani contro Chevron: “Alla
                                         fine vinceremo noi”
Agenzia DIRE         15 settembre 2019   VIDEO
                                         Amazzonia, i guardiani contro Chevron: “Alla
                                         fine vinceremo noi”
Agenzia DIRE         11 settembre 2019   VIDEO
                                         Ecuador, Mons. Lazzari: “La mia casa per i
                                         migranti venezuelani”
Agenzia DIRE         9 settembre 2019    VIDEO
                                         Ecuador, a Lago Agrio il riciclo ti cambia la vita
Agenzia DIRE         6 settembre 2019    VIDEO
                                         Ecuador, passa anche dalla Tuscia la via
                                         ancestrale del cacao
Agenzia DIRE         5 settembre 2019    VIDEO
                                         In Ecuador negli orti delle ‘parteras’, le
                                         levatrici della tradizione
MISSIONE ECUADOR 1 - 11 SETTEMBRE 2019 - Focsiv
Agenzia DIRE             3 settembre 2019    VIDEO
                                             Amazzonia, Mons. Pasqualotto: “Salvate i
                                             fiumi dell’Ecuador”
Agenzia DIRE             3 settembre 2019    VIDEO
                                             Amazzonia in fiamme: “Colpa
                                             dell’estrattivismo”

QUOTIDIANI
Avvenire                 28 novembre 2019    ARTICOLO
                                             Amazzonia ti amo qui sposerò Gissela
Toscana oggi             22 novembre 2019    NOTIZIA
                                             Il petrolio, l’Amazzonia e l’Urbanina: una
                                             storia di oggi
Avvenire                 26 ottobre 2019     ARTICOLO
                                             Fra i poveri dell’Ecuador, vittime del petrolio

PERIODICI
La Stampa – Tuttogreen   24 novembre 2019    ARTICOLO
                                             Ecuador la battaglia contro Big Oil, per
                                             difendere la salute delle popolazioni
La difesa del popolo     26 ottobre 2019     ARTICOLO
                                             Amazzonia: la lotta degli indigeni dell’Ecuador
                                             contro i “mecheros” della morte e gli scarti del
                                             petrolio
Famiglia Cristiana       16 ottobre 2019     DOSSIER
                                             Amazzonia, polmone ferito della terra
Famiglia Cristiana       25 settembre 2019   ARTICOLO
                                             Un anno che ti cambia la vita
Credere                  22 settembre 2019   DOSSIER
                                             Lucy Urvina Alejandro: in missione per la casa
                                             comune

TELEVISIONE
TV 2000 – TG2000         24 ottobre 2019     SERVIZIO
                                             Amazzonia, la storia dei Kofan. Gli indigeni
                                             nomadi tornati sulle terre
RAI 1 – UNOMattina       23 ottobre 2019     TRASMISSIONE
                                             Pablo Fajardo e Filippo Di Girolamo, sacerdote
                                             e giornalista in studio.
TV2000 – Siamo noi       23 ottobre 2019     TRASMISSIONE
                                             Sinodo Amazzonico, il nuovo sguardo della
                                             Chiesa.
TV2000 – TG2000          14 ottobre 2019     SERVIZIO
                                             Amazzonia, riflessioni sul clima ma anche su
                                             celibato e sacerdozio
RAI 3 – TG3              13 ottobre 2019     SERVIZIO
                                             Le donne della tradizione
RAI 3 – TG3              12 ottobre 2019     SERVIZIO
                                             Nella discarica dove scavavano i bambini, si
                                             riparte dal riciclo
MISSIONE ECUADOR 1 - 11 SETTEMBRE 2019 - Focsiv
RAI – TG3                   12 ottobre 2019     REPORTAGE
                                                Silvia Corna di ENGIM Internazionale
RAI 3 – TG3                 11 ottobre 2019     SERVIZIO
                                                Il caffè sostenibile dell'Amazzonia
RAI3 – TG3                  10 ottobre 2019     SERVIZIO
                                                Amazzonia, gli indigeni Cofan ricostruiscono il
                                                villaggio
RAI 3 – TG3                 9 ottobre 2019      SERVIZIO
                                                Il petrolio dell'Amazzonia
RAI 3 – TG3                 8 ottobre 2019      SERVIZIO
                                                "Ecco le conseguenze del petrolio nella nostra
                                                foresta”
RAI 3 – TG3                 7 ottobre 2019      SERVIZIO
                                                Lago Agrio (Amazzonia): "per anni nel terreno
                                                scarti di lavorazione
TV2000 – Siamo noi          7 ottobre 2019      TRASMISSIONE
                                                Sinodo per l’Amazzonia, al centro la dignità
                                                delle persone
TV2000 – TGTG               7 ottobre 2019      TRASMISSIONE
                                                Le donne dell’Ecuador, la violenza domestica
RAI 1 – Santa Messa         6 ottobre 2019      SERVIZI
Apertura del Sinodo
RAI 3 – TG3 Persone         5 ottobre 2019      REPORTAGE
                                                Per amore dell’Amazzonia, Giacomo Rubini
RAI 1 – TG! TV7             27 settembre 2019   REPORTAGE
                                                La favela sotto acqua
TV2000 – TG2000             25 settembre 2019   SERVIZIO
                                                Amazzonia, reportage sulla foresta
                                                contaminata dal petrolio
TV2000 – TG2000             24 settembre 2019   SERVIZIO
                                                Economia sostenibile, reportage in Ecuador
                                                sul ciclo del caffè
TV2000 – TG2000             23 settembre 2019   SERVIZIO
                                                Amazzonia, reportage in Ecuador tra gli
                                                abitanti malati di cancro
RAI 3 – TG3                 20 settembre 2019   SERVIZIO
                                                Ecuador, Amazzonia, Clima
RAI 1 - UNOMattina          20 settembre 2019   TRASMISSIONE
                                                Rosita Rosa giornalista TG1 racconta la sua
                                                missione in Ecuador
RAI 1 – TG1 TV7             20 settembre 2019   REPORTAGE
                                                SOS Amazzonia.

RADIO
RADIO INBlu – Atlante       6 ottobre 2019      TRASMISSIONE
                                                In Ecuador le popolazioni amazzoniche
                                                pagano con la vita l’estrazione del petrolio
RADIO RAI 3 – Mondo         2 ottobre 2019      TRASMISSIONE
                                                Il Sinodo per l’Amazzonia
Radio Vaticana – Rassegna   13 settembre 2019   TRASMISSIONE
Stampa                                          Vicenzo Giardina di Agenzia DIRE
MISSIONE ECUADOR 1 - 11 SETTEMBRE 2019 - Focsiv
WEB
Dailyworker.it                12 febbraio 2020    ARTICOLO
                                                  Sfruttamento dell’Amazzonia ma davvero
                                                  conosciamo la reale situazione?

lastampa.it/tuttogreen        4 febbraio 2020     ARTICOLO
                                                  Ecuador, la battaglia contro big oil
Famigliacristiana.it          9 gennaio 2020      ARTICOLO
                                                  la "Missione Ecuador" che sfida la montagna
                                                  di rifiuti
Repubblica.it                 27 novembre 2010    SLIDESHOW
                                                  "Nero e rosso: dall'Amazzonia al Sahara". Un
                                                  viaggio tra le ferite del mondo

lastampa.it/tuttogreen        22 novembre 2019    ARTICOLO
                                                  Da Ferrara all’Amazzonia: la storia di Laura e
                                                  Matteo
ladifesadelpopolo.it          26 ottobre 2019     ARTICOLO
                                                  Amazzonia: la lotta degli indigeni dell’Ecuador
                                                  contro i “mecheros” della morte e gli scarti del
                                                  petrolio
Pressenza.com                 21 ottobre 2019     BREVE
                                                  Amazzonia. Incontro con Pablo Fajardo,
                                                  mercoledì 23 ottobre alla Dire
Famiglia Cristiana            16 ottobre 2019     ARTICOLO
                                                  Migranti in America latina: l'Ecuador della
                                                  Ruta Andina
Famiglia Cristiana            16 ottobre 2019     DOSSIER
                                                  Amazzonia, polmone ferito della terra
Repubblica.it                 16 ottobre 2019     REPORTAGE
                                                  Ecuador, il vescovo italiano in Amazzonia: "Io
                                                  al fianco degli indigeni, porterò a Roma la loro
                                                  battaglia per l'acqua
Repubblica.it                 16 ottobre 2019     REPORTAGE
                                                  Ecuador, le amazzoni tra ambientalismo ed
                                                  emancipazione: "Con la 'chakra' proteggiamo
                                                  la foresta"
Repubblica.it                 16 ottobre 2019     REPORTAGE
                                                  Ecuador, nella Chernobyl dell'Amazzonia: qui
                                                  dove gli indigeni e multinazionali si danno
                                                  battaglia
Pressenza.com                 15 ottobre 2019     ARTICOLO
                                                  Amazzonia, i guardiani contro Chevron: “Alla
                                                  fine vinceremo noi”
Repubblica.it/MondoSolidale   7 ottobre 2019      ARTICOLO
                                                  Servizio civile, tra i giovani dell'Ecuador che
                                                  hanno scelto di cambiare vita
Famigliacristiana.it          26 settembre 2019   DOSSIER
                                                  Lucy Urvina Alejandro: in missione per la casa
                                                  comune
MISSIONE ECUADOR 1 - 11 SETTEMBRE 2019 - Focsiv
Rassegna Stampa

                                                                   DATA         20 febbraio 2020

                                                                   TESTATA      Lastampa.it/tuttogreen

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ECUADOR, LA BATTAGLIA CONTRO BIG OIL
Questo reportage del fotografo Marco Palombi racconta la battaglia avviata dalle popolazioni native contro
i giganti del petrolio per difendere la salute: Secoya, Waorani e Secopai, che vivono di pesca e agricoltura

In Ecuador, nella cittadina di Lago Agrio, una parte di Amazzonia è diventata un pozzo di olio nero. Immense
piscine piene di rifiuti, profonde fino a 5 metri, sono il risultato di sversamenti di scarti petroliferi con cui,
negli anni, Chevron-Texaco hanno inondato quest’area di foresta amazzonica. Il petrolio finisce nelle acque
dei fiumi contaminando la terra, le piante e i prodotti che ne derivano. Risultato, un disastro sanitario per le
comunità indigene che vivono qui, con un elevatissimo numero di malati di tumore.
Questo reportage del fotografo Marco Palombi descrive anche la battaglia avviata dalle popolazione native:
Secoya, Waorani e Secopai, che vivono di pesca e agricoltura, con il sostegno attivo della ONG Focsiv, hanno
fatto causa alla multinazionale e la battaglia legale è ancora in corso. Tra i protagonisti ci sono Donald e Pablo,
due contadini diventati avvocati per combattere lo scempio ambientale.
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                                                                   DATA         12 febbraio 2020

                                                                   TESTATA      Dailyworker.it

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Il racconto di chi ha vissuto quei posti affrontato nei prossimi tre articoli
L’Ecuador e lo sfruttamento del territorio

DW(ITALIA).In questi tempi nei quali sul coronavirus si è detto di tutto, è girata anche la fake news secondo
la quale bevendo una certa “Miracle Mineral Solution” (sostanzialmente, composta da candeggina) ci si può
proteggere dal virus. Mi ha colpito perché ci fa capire che anche se pensiamo di essere progrediti, non solo
le paure restano le stesse, ma addirittura con un po’ di bravura chiunque ci può raggirare. Mi è tornato allora
in mente quello che succedeva in Ecuador, in particolare nelle province di Sucumbíos, con il capoluogo Nueva
Loja (più conosciuto come Lago Agrio), e Orellana. Quando negli anni ’70 arrivò la prima compagnia
petrolifera multinazionale statunitense, la Texaco, e cominciò a scavare i primi pozzi, essa usava irretire la
popolazione, composta prevalentemente da indios, con bufale create ad arte. «Nuotare nell’acqua nera era
per noi bambini cosa normale. Non potevo certo pensare che ci stessero avvelenando. Ci dicevano anche che
spalmandoci quei fanghi puzzolenti, la pelle ne avrebbe giovato»: mi raccontò Pablo Fajardo, incontrato
qualche mese fa proprio lì, in mezzo a quel nero che ancora ammorba la meravigliosa foresta plurale
amazzonica ecuadoriana.
Pablo, Donald Moncayo e molti altri rappresentanti delle comunità indigene, hanno visto morire parenti e
amici, e hanno capito che dovevano darsi da fare per ottenere giustizia. Hanno deciso di fondare
un’associazione, la Udapt, in difesa delle vittime – 30mila quelle colpite direttamente, perché vicine ai pozzi,
ma almeno 250mila a vari livelli – dello scempio, perpetrato all’epoca dalla Texaco, successivamente
acquistata dalla Chevron.
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«Dal 1972 al 1992 la Chevron-Texaco ha trivellato il Paese, scaricando in apposite fosse scavate nella foresta
(880 piscinas) oltre 60 miliardi di litri di acqua tossica, scarto dell’attività estrattiva petrolifera, finendo con
l’inquinare un’estensione territoriale di 480mila ettari, fiumi compresi. Fiumi dove le donne lavavano i panni
e attingevano l’acqua per cucinare, dove i bambini giocavano e gli uomini pescavano», precisa Fajardo,
diventato avvocato per difendere la causa. Per noi giornalisti arrivati lì nell’ambito della “Missione Ecuador”,
organizzata dalla Ong Focsiv (Federazione degli organismi cristiani servizio internazionale volontario), è stato
un pugno nello stomaco. Un territorio, che rappresenta una delle maggiori riserve di biodiversità presenti
sulla Terra, è irrimediabilmente ferito. Non solo perché la multinazionale non ha effettuato alcun tipo di
bonifica, nonostante una sentenza del tribunale ecuadoriano gliel’avesse imposto, ma soprattutto perché la
sensazione stando lì è che ormai ci si possa fare ben poco. Il disastro è compiuto. Moncayo affonda il badile
e dalla terra zampilla liquido nero e l’odore di benzina è nauseabondo.
«I dati dell’incremento di tumore nelle province di Sucumbíos e Orellana sono agghiaccianti – afferma
Valentina Vipera, referente Focsiv Ecuador -. Uno studio del 2016, realizzato da Udapt con la Clinica
Ambiental e la Ong svizzera Cssr, ha registrato 550 casi ogni 100mila persone, dai 180 ai 200 all’anno. Il 70%
sono donne perché entrano maggiormente in contatto con l’acqua. Su quattro casi di cancro, tre sono
donne». «Quando ci accorgemmo che i fiumi erano inquinati», racconta Fabio Scotto, coordinatore del
progetto “Juntos” (piccoli produttori in rete di caffè e cacao) di Cefa, «pensammo che si potevano creare dei
bacini per raccogliere l’acqua piovana. Quello che non sapevamo era che pioveva petrolio». La multinazionale
infatti aveva costruito anche 384 mecheros (inceneritori), che bruciano 24 ore su 24 le scorie del greggio a
temperature che superano i 100 gradi e le cui emissioni tossiche arrivano fino a 250 chilometri. Camini
costantemente accesi, lingue di fuoco che illuminano le notti della Sierra, tutto intorno una morìa di insetti.
Questa è la foresta che brucia perennemente, che avvelena l’aria e, per lo Stato ecuadoriano, è
perfettamente legale.
Sono passati decenni. La causa contro la Chevron-Texaco continua, con tutte le difficoltà che può avere
“Davide contro Golia” pertanto, ad una prima sentenza favorevole, ne sono seguite altre avverse. La Udapt
non solo non si arrende, ma ha anche ampliato il proprio ambito di difesa, perché nuovi problemi si sono
affacciati. Oggi Texaco in Ecuador non c’è più; ci sono nuove compagnie partecipate dallo Stato. Il presidente
Lenin Moreno nel 2017 si era impegnato con le Nazioni Unite a tutelare il territorio, salvo poi concedere di
trivellare nel parco nazionale Yasunì, uno degli hotspot di biodiversità più ricchi del pianeta. Un’area talmente
sensibile che è impossibile garantire un impatto zero.
«Sono state accordate concessioni petrolifere nelle terre ancestrali degli indigeni», dice Mauricio López
Ortega, segretario esecutivo della Repam (Rete ecclesiale panamazzonica), incontrato nel suo ufficio, nella
capitale Quito. «Non è questione né di destra, né di sinistra. Le politiche estrattive riguardano tutti i governi
– continua -. In America Latina la tendenza generale è a intensificare lo sfruttamento delle risorse naturali
senza preoccuparsi dell’impatto ambientale, senza garantire un’equa redistribuzione dei profitti (infatti,
nonostante la presenza di molte risorse, i quasi 17 milioni di ecuadoriani vivono con un reddito annuale pro
capite di circa seimila dollari – dato 2017 -, ndr) e senza consultare le popolazioni interessate». Papa
Francesco a ottobre 2019 ha invitato quelle popolazioni in Vaticano e le ha ascoltate, e oggi uscirà il tanto
atteso documento post-sinodale.
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                                                                  DATA          9 gennaio 2020

                                                                  TESTATA       Famigliacristiana.it

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LA "MISSIONE ECUADOR" CHE SFIDA LA MONTAGNA DI RIFIUTI
09/01/2020 La discarica dell'area del Lago Agrio, una montagna maleodorante foriera di malattia e di morte.
Dove oggi banchettano i corvi, ieri erano i bambini a scavare, a mani nude, in cerca di qualcosa da vendere.
Ma è la storia di un passato che sta per finire

Arriva per primo il naso, poi l'occhio. Le zaffate provenienti dalla discarica nel “barrio” di Puerto Rico, nella
zona del Lago Agrio (Ecuador), non lasciano spazio a dubbi. Infatti, giunti nei pressi, ci accoglie un'enorme
montagna di rifiuti, dove orde di corvi hanno trovato casa, e si contendono le carcasse. Quella montagna
maleodorante è foriera di malattia e di morte. Ma è anche lì a dimostrare che a volte ci può essere una
rinascita. Perché quella è l'ultimo retaggio di un tempo passato - è in corso la bonifica dell'area -, quando al
posto dei corvi a frugare in cerca di qualcosa da vendere erano i bambini, a mani nude, senza alcun tipo di
protezione, in condizioni di totale insalubrità. “Missione Ecuador” di Focsiv è anche questo: scoprire che
un'alternativa è possibile anche nella disperazione.

IL CENTRO DI RICICLO INTEGRATO E LA RACCOLTA DIFFERENZIATA NELL'AREA DEL LAGO AGRIO
Oggi poco lontano è sorto un centro integrato per il riciclo dei rifiuti. Le buone pratiche possono favorire un
circolo virtuoso, anche dal punto di vista economico.
Perché chi vi lavora - 14 delle 40 famiglie del posto -, riceve un compenso legato alla vendita dei rifiuti. Dalla
città - dove, dopo una campagna atta a promuovere la differenziata, un'altra associazione provvede alla
raccolta -, ma anche da imprese private opportunamente sensibilizzate, confluiscono qui cartone, vetro,
bottiglie in pet e rottami metallici, per un totale di 40 tonnellate di rifiuti all'anno, che vengono rivenduti ad
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imprese locali e nazionali. «Si va dai 60 centesimi al chili per il pet ai 15 per il cartone, e il fatturato cresce»,
dice con una certa soddisfazione, Rolando Bravo, ventotto anni, studente di Biologia, presidente da cinque
de l'Asociación de recicladores Puerto Rico, che ha in gestione il centro.

RICICLO DELL'ECUADOR: UNA BATTAGLIA LUNGA 10 ANNI
I risultati di oggi però hanno avuto un iter complesso. Ci volle tutta la tenacia degli abitanti che nel 2009
avviarono proteste serrate per denunciare i rischi sanitari connessi ad un luogo che già da dieci anni era
utilizzato come discarica a cielo aperto, dove non si applicava nessun sistema di gestione ambientale. La zona
era infestata dai topi, la puzza era nauseabonda e si manifestavano le prime malattie.
«Bisognava intervenire con urgenza - ha spiegato l'assessore all'Ambiente Germano Jimenez -. L'Unione
Europea ci venne incontro con un finanziamento e avviammo il progetto “Lago Agrio Ciudad Limpia”, affidato
per la gestione alle Ong Oxfam Italia e Cefa. Per il Municipio si trattava prima di tutto di acquistare il terreno
e costruire un capannone dove stoccare la spazzatura e, allo stesso tempo, di progettare una vasca di
conferimento ed eseguire la bonifica ambientale della zona. Mentre le Ong sostennero la creazione di un
sistema integrale dei rifiuti solidi urbani con l'applicazione di un sistema di raccolta differenziata urbana, e
organizzarono corsi di formazione per la popolazione. L'associazione dei riciclatori intanto cresceva, ma
mancava la normativa. Così abbiamo cominciato a regolamentare attraverso ordinanze municipali. Nel 2016
siamo stati premiati dal Ministero dell'Ambiente, nell'ambito dell'iniziativa “Riciclo dell'Ecuador”».
In Ecuador ci sono altri progetti di riciclaggio e rivendita, che coinvolgono più di 20mila persone, di cui l'80%
sono donne. Come Maria Pineda, dal sorriso contagioso, quattro figli, segretaria dell'Asociación de
recicladores Puerto Rico, felice del suo lavoro, con il quale sostiene la sua famiglia. E non è poco per un Paese
dove la mentalità maschilista - machista come dicono loro - ha come conseguenza la grande difficoltà per le
donne di convincere i mariti a lasciarle intraprendere un lavoro fuori casa.
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                                                                   DATA          27 novembre 2019

                                                                   TESTATA       Repubblica.it

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"NERO E ROSSO: DALL'AMAZZONIA AL SAHARA". UN VIAGGIO TRA LE FERITE DEL MONDO
Un viaggio fotografico dal Sud America all’Africa, dall'Amazzonia al Sahara, con lo scopo di far conoscere le
culture di popoli lontani e delle loro tradizioni e lingue antichissime. In Amazzonia i nativi Secoya, Waorani,
Secopai sono costretti sempre più a cercare nuove terre da coltivare e corsi d'acqua dove pescare. Conoscere
queste popolazioni e le loro culture è importante, poichè a causa del cambiamento climatico rischiano di
scomparire.
Dal Sahara fino all' Etiopia, popoli in continua migrazione vanno alla ricerca di un mondo migliore. Ci sono i
Poul e i Tuareg che abitano il deserto, tribù come i Karo, gli Hamer e i Dorze che vivono nella valle del fiume
Omo, culla della nostra civiltà. Tutti popoli che si spostano di continuo alla ricerca di acqua: la desertificazione
non agevola il loro compito e gli animali fonte di sostentamento spesso muoiono. La parte meridionale
dell’Omo River Valley è stata eletta nel 1980 Patrimonio dell’umanità dall’Unesco: in nessun altro luogo del
pianeta sono concentrate così tante popolazioni diverse dal punto di vista genetico, linguistico e sociale.
Gli scatti raccolti dal fotografo Marco Palombi durante i suoi viaggi saranno esposti dal 28 novembre al 26
gennaio al museo di arti figurative di San Pietroburgo.
di MARCO PALOMBI
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                                                                  DATA          22 novembre 2019

                                                                  TESTATA       Lastampa.it/tuttogreen

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TENA (ECUADOR). Dall’Università di Ferrara all’Amazzonia. Con una missione: studiare le piante della foresta,
catalogarle, valorizzarne le proprietà e favorirne conoscenza e utilizzo sostenibile. È la storia di Laura
Scalvenzi e Matteo Radice, professori e cooperanti, due figlie di cinque e 16 anni, in Ecuador dal 2002. La
prima volta si sono incontrati a Pavia, poi entrambi hanno ottenuto il dottorato di ricerca a Ferrara. “In
Biotecnologie io, in Scienze farmaceutiche lui” racconta Scalvenzi a La Stampa: “Già allora, dopo la laurea,
sentivamo di voler mettere a servizio le nostre professionalità per fini umanistici e la cooperazione ci
sembrava l’ambito migliore”.
In Amazzonia, nella provincia di Pastaza, dove i fiumi delle Ande precipitano verso la giungla, sono arrivati
così. Oggi il sole brucia ma loro, in piedi accanto a un albero del cacao e cabosse giallo ocra, sembrano non
accorgersene. “L’occasione è stata un progetto gestito dal Volontariato internazionale per lo sviluppo, una
ong salesiana”, ricorda Radice. “All’epoca c’era l’esigenza di trovare produzioni alternative – aggiunge - che
fossero capaci di generare ricchezza e allo stesso tempo non fossero contrarie allo stile di vita delle
popolazioni amazzoniche”.
Il riferimento è stata la Fondazione Chankaup, costituita negli anni ’90 da padre Silvio Broseghini, un
missionario trentino, originario di Baselga di Piné, che aveva dedicato la vita alla conoscenza e ai diritti delle
comunità dei nativi Achuar e Shuar. “Sin dall’inizio l’idea è stata mettere al centro la biodiversità”, riprende
Scalvenzi. “Ci siamo concentrati sulle piante che i popoli utilizzavano nel quotidiano – spiega - per inserirle in
un canale commerciale che ne rispettasse però la cultura e fosse sostenibile da un punto di vista ambientale”.

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Nel tempo la Fondazione ha prodotto oli essenziali, oli vegetali e spezie che sono state acquistate in Italia dal
consorzio Ctm Altromercato diventando ingredienti della linea cosmetica Natyr. In una seconda fase è stata
sviluppata anche una linea cosmetica per il mercato locale, denominata Ikiam, una parola nella lingua Achuar
vuol dire “foresta”. “In Ecuador, nella capitale Quito o in città come Cuenca, questi prodotti hanno
guadagnato spazio e sono divenuti fonte di reddito per le comunità. Grazie alla collaborazione del commercio
equo e solidale, poi, è stato possibile trasferire tecnologie e aumentare le competenze dei nostri collaboratori
in Ecuador”, sottolinea Scalvenzi.
Consigli d’acquisto particolari? “Ci sono i prodotti per il corpo e per i capelli a base di ungurahua, un olio
vegetale che le donne Achuar utilizzano per rendere il capello più lucido - risponde la professoressa -. Oppure
le creme di ishpingo, un albero che produce foglie e calici fiorali ricchi di oli essenziali con proprietà anti-
batteriche e anti-fungine, conosciuti anche come cannella amazzonica.”
I nomi scientifici sono Oenocarpus bataua e Ocotea quixos, e gli studenti della Universidad Estatal Amazonica
lo sanno bene. Nell’ateneo, nella città di Puyo, i due italiani sono di ruolo e hanno incarichi di docenza e
ricerca. “L’università pubblica qui sta crescendo e l’idea tradizionale di un nord che aiuta un sud ormai non
ha più senso”, riprende Radice. “Il nostro impegno, insieme con gli esperti ecuadoriani, è catalogare le piante
sulla base della composizione chimica e degli estratti: trasmettere questo tipo di conoscenze ha un valore sul
mercato, perché oggi i consumatori vogliono sapere cosa acquistano”.
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                                                                  DATA          22 novembre 2019

                                                                  TESTATA       La difesa del popolo

                                                                  REDAZIONE     Settimanale/web

Acque avvelenate da 68 miliardi di litri di scarti del petrolio sversati in 880 piscine tossiche, nere e viscide,
sulle quali si può anche camminare. Le fiamme dei “mecheros” (camini attraverso i quali si brucia il gas che
esce quando si estrae petrolio) che si sollevano verso l’alto e producono temperature fino a 100 gradi
centigradi, che distruggono la vita tutto intorno. Popoli indigeni che si estinguono perché si è interrotto il
legame vitale con la natura. Una terra di foreste e di fiumi nell’Amazzonia ecuadoriana è oggetto di
devastazione da 26 anni a causa dell’estrazione del petrolio da parte della Chevron Texaco, la multinazionale
del petrolio. La storia e la lunga vicenda giudiziaria sono note e dibattute, tant’è che nel 2001 una sentenza
ecuadoriana ha condannato la compagnia petrolifera a risarcire le vittime con 9 miliardi e mezzo di dollari.
Una corte arbitrale dell’Aja ha intimato alle autorità di Quito di compensare il colosso americano per
violazioni di un accordo sugli investimenti sottoscritto negli anni ’90 con gli Stati Uniti. Poi il presidente
dell’Ecuador Lenin Moreno ha chiesto ai tribunali di Argentina e Canada di bloccare l’omologazione all’estero
della sentenza ecuadoriana che condanna la Chevron. Ora le organizzazioni indigene, difese dall’avvocato
Pablo Fajardo, stanno tentando difficili negoziati all’Onu a Ginevra, per chiedere uno strumento giuridico
vincolante che restituisca giustizia alle vittime di disastri naturali provocati dalle grandi corporazioni. “Nella
prima riunione l’Unione europea è uscita dalla sala – ha riferito Fajardo –. Dice che non c’è bisogno di un
trattato ma sono sufficienti i principi del diritto internazionale. Ma i diritti della natura, dei contadini o dei
popoli non sono vincolanti per gli Stati, al contrario dei diritti economici e commerciali. Perciò ci chiediamo:
cosa deve prevalere nel mondo? La vita umana o il denaro?”.
26 anni di processi e ancora non c’è giustizia. “In questi 26 anni di processi contro Chevron – ha detto Fajardo
in un incontro a Roma presso l’agenzia Dire – ci siamo resi conto che non esiste accesso alla giustizia quando
le vittime sono i popoli indigeni, le donne, i contadini. Non esiste una corte di giustizia internazionale dove
poter chiamare in causa le multinazionali.
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È giusto che le aziende continuino a fare soldi, ma sempre nel rispetto delle comunità”. I coordinamenti che
riuniscono 18 popoli indigeni di 15 nazionalità e 10.000 comunità di base in Ecuador hanno anche inviato il
21 ottobre una lettera al Fondo monetario internazionale per chiedere il rispetto dei diritti, la dignità e la
sovranità dei popoli.
Il popolo Cofan, da 15.000 a 1.200 persone. Il popolo Cofan, rappresentato da William Lucitante, leader
dell’associazione delle vittime Union de afectados por Chevron Texaco (Udapt), si è drasticamente ridotto
passando da 15.000 a circa 1.200 persone. “Non sono andati via, sono morti – ha precisato –. L’imposizione
di forme di vita diverse, lo sfruttamento della natura e l’inquinamento ci hanno costretti a cambiare. Non
possiamo più curarci con le nostre medicine tradizionali, l’acqua è inquinata”. “È importante che il mondo
sappia cosa succede in Ecuador – ha affermato –: la sentenza che abbiamo vinto è stato un passo in avanti
ma non è sufficiente. Per questo abbiamo deciso di estendere la lotta a livello globale. È importante che tutti
conoscano la visione dei popoli indigeni e capiscano perché lottiamo”. “Oggi le comunità si aiutano da sole,
noi amplifichiamo solo la loro voce”, ha precisato Gianni Del Bufalo, presidente di Volontari nel mondo-
Focsiv, anche lui presente all’incontro.
Le conseguenze dei gas bruciati nei”mecheros”. Nelle provincie di Orellana e Sucumbios più colpite dalla
presenza della Chevron Texaco l’Università di Padova ha portato avanti un progetto di ricerca per verificare
l’impatto dei fuochi legati all’estrattivismo: i gas flaring o “mecheros” in spagnolo. Dal 2012 al 2018 sono stati
stimati 7.000 milioni di metri cubi di gas bruciato, con un aumento del 15% e 34 nuovi siti aperti. Ogni anno
vengono bruciati 140 miliardi di gas. In una area di 5 chilometri con 120 scuole e 158 comunità locali “le
persone sono costrette a respirare questi gas”, ha raccontato Salvatore Pappalardo dell’Università di Padova.
La ricerca studia il fenomeno con immagini satellitari e il coinvolgimento diretto delle popolazioni locali:
“L’isola di calore che può arrivare a 100 gradi centigradi crea anomalie termiche al suolo, altera la produttività
locale, provoca il fenomeno delle piogge acide e impatta sulla salute”.
Ecuador, “vogliono disarticolare il movimento indigeno”. Le scelte del governo ecuadoriano e le
manifestazioni popolari dei giorni scorsi sono state ai margini dell’incontro romano. All’indomani
dell’accordo tra il governo e la Conaie, la confederazione che rappresenta gli indigeni, in Ecuador, “è iniziata
una campagna mediatica di diffamazione – ha precisato Fajardo, rispondendo ai giornalisti –. Il 14 ottobre
sono state presentate denunce penali da parte del governo contro i dirigenti indigeni, il 15 ottobre il governo
ha sostituito tutti i capi militari perché chi stava nel precedente comando non aveva accettato l’ordine di
sparare alla popolazione. Hanno messo nuovi comandanti, sicuramente più accondiscendenti nell’obbedire
agli ordini del governo”. “Vogliono disarticolare il movimento indigeno e sociale in modo che non sia in grado
di mobilitarsi nuovamente – ha aggiunto -. Temo che il governo si stia preparando per una repressione ancora
maggiore rispetto a quella di ottobre”. Riccardo Noury, portavoce di Amnesty international, ha osservato:
“Purtroppo oggi ci troviamo di fronte ad uno stesso format. Misure impopolari dei governi, proteste e
repressione. Poi dopo un paio di settimane di stato di emergenza arriva un messaggio riconciliatorio. Le
piazze di tutto il mondo ribollono”.
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                                                                  DATA          25 ottobre 2019

                                                                  TESTATA       AgenSIR

                                                                  REDAZIONE     Web

Acque avvelenate da 68 miliardi di litri di scarti del petrolio sversati in 880 piscine tossiche, nere e viscide,
sulle quali si può anche camminare. Le fiamme dei “mecheros” (camini attraverso i quali si brucia il gas che
esce quando si estrae petrolio) che si sollevano verso l’alto e producono temperature fino a 100 gradi
centigradi, che distruggono la vita tutto intorno. Popoli indigeni che si estinguono perché si è interrotto il
legame vitale con la natura. Una terra di foreste e di fiumi nell’Amazzonia ecuadoriana è oggetto di
devastazione da 26 anni a causa dell’estrazione del petrolio da parte della Chevron Texaco, la multinazionale
del petrolio. La storia e la lunga vicenda giudiziaria sono note e dibattute, tant’è che nel 2001 una sentenza
ecuadoriana ha condannato la compagnia petrolifera a risarcire le vittime con 9 miliardi e mezzo di dollari.
Una corte arbitrale dell’Aja ha intimato alle autorità di Quito di compensare il colosso americano per
violazioni di un accordo sugli investimenti sottoscritto negli anni ’90 con gli Stati Uniti. Poi il presidente
dell’Ecuador Lenin Moreno ha chiesto ai tribunali di Argentina e Canada di bloccare l’omologazione all’estero
della sentenza ecuadoriana che condanna la Chevron. Ora le organizzazioni indigene, difese dall’avvocato
Pablo Fajardo, stanno tentando difficili negoziati all’Onu a Ginevra, per chiedere uno strumento giuridico
vincolante che restituisca giustizia alle vittime di disastri naturali provocati dalle grandi corporazioni. “Nella
prima riunione l’Unione europea è uscita dalla sala – ha riferito Fajardo –. Dice che non c’è bisogno di un
trattato ma sono sufficienti i principi del diritto internazionale. Ma i diritti della natura, dei contadini o dei
popoli non sono vincolanti per gli Stati, al contrario dei diritti economici e commerciali. Perciò ci chiediamo:
cosa deve prevalere nel mondo? La vita umana o il denaro?”.
Rassegna Stampa

26 anni di processi e ancora non c’è giustizia. “In questi 26 anni di processi contro Chevron – ha detto Fajardo
in un incontro a Roma presso l’agenzia Dire – ci siamo resi conto che non esiste accesso alla giustizia quando
le vittime sono i popoli indigeni, le donne, i contadini. Non esiste una corte di giustizia internazionale dove
poter chiamare in causa le multinazionali. È giusto che le aziende continuino a fare soldi, ma sempre nel
rispetto delle comunità”. I coordinamenti che riuniscono 18 popoli indigeni di 15 nazionalità e 10.000
comunità di base in Ecuador hanno anche inviato il 21 ottobre una lettera al Fondo monetario internazionale
per chiedere il rispetto dei diritti, la dignità e la sovranità dei popoli.
Il popolo Cofan, da 15.000 a 1.200 persone. Il popolo Cofan, rappresentato da William Lucitante, leader
dell’associazione delle vittime Union de afectados por Chevron Texaco (Udapt), si è drasticamente ridotto
passando da 15.000 a circa 1.200 persone. “Non sono andati via, sono morti – ha precisato –. L’imposizione
di forme di vita diverse, lo sfruttamento della natura e l’inquinamento ci hanno costretti a cambiare. Non
possiamo più curarci con le nostre medicine tradizionali, l’acqua è inquinata”. “È importante che il mondo
sappia cosa succede in Ecuador – ha affermato –: la sentenza che abbiamo vinto è stato un passo in avanti
ma non è sufficiente. Per questo abbiamo deciso di estendere la lotta a livello globale. È importante che tutti
conoscano la visione dei popoli indigeni e capiscano perché lottiamo”.
“Oggi le comunità si aiutano da sole, noi amplifichiamo solo la loro voce”, ha precisato Gianni Del Bufalo,
presidente di Volontari nel mondo-Focsiv, anche lui presente all’incontro.
Le conseguenze dei gas bruciati nei”mecheros”. Nelle provincie di Orellana e Sucumbios più colpite dalla
presenza della Chevron Texaco l’Università di Padova ha portato avanti un progetto di ricerca per verificare
l’impatto dei fuochi legati all’estrattivismo: i gas flaring o “mecheros” in spagnolo. Dal 2012 al 2018 sono stati
stimati 7.000 milioni di metri cubi di gas bruciato, con un aumento del 15% e 34 nuovi siti aperti. Ogni anno
vengono bruciati 140 miliardi di gas. In una area di 5 chilometri con 120 scuole e 158 comunità locali “le
persone sono costrette a respirare questi gas”, ha raccontato Salvatore Pappalardo dell’Università di Padova.
La ricerca studia il fenomeno con immagini satellitari e il coinvolgimento diretto delle popolazioni locali:
“L’isola di calore che può arrivare a 100 gradi centigradi crea anomalie termiche al suolo, altera la produttività
locale, provoca il fenomeno delle piogge acide e impatta sulla salute”.
Ecuador, “vogliono disarticolare il movimento indigeno”. Le scelte del governo ecuadoriano e le
manifestazioni popolari dei giorni scorsi sono state ai margini dell’incontro romano. All’indomani
dell’accordo tra il governo e la Conaie, la confederazione che rappresenta gli indigeni, in Ecuador, “è iniziata
una campagna mediatica di diffamazione – ha precisato Fajardo, rispondendo ai giornalisti –. Il 14 ottobre
sono state presentate denunce penali da parte del governo contro i dirigenti indigeni, il 15 ottobre il governo
ha sostituito tutti i capi militari perché chi stava nel precedente comando non aveva accettato l’ordine di
sparare alla popolazione. Hanno messo nuovi comandanti, sicuramente più accondiscendenti nell’obbedire
agli ordini del governo”. “Vogliono disarticolare il movimento indigeno e sociale in modo che non sia in grado
di mobilitarsi nuovamente – ha aggiunto -. Temo che il governo si stia preparando per una repressione ancora
maggiore rispetto a quella di ottobre”. Riccardo Noury, portavoce di Amnesty international, ha osservato:
“Purtroppo oggi ci troviamo di fronte ad uno stesso format. Misure impopolari dei governi, proteste e
repressione. Poi dopo un paio di settimane di stato di emergenza arriva un messaggio riconciliatorio. Le
piazze di tutto il mondo ribollono”.
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                                                                  DATA         24 ottobre 2019

                                                                  TESTATA      TV 2000

                                                                  REDAZIONE    TG2000

AMAZZONIA, LA STORIA DEI KOFAN. GLI INDIGENI NOMADI TORNATI SULLE TERRE
Reportage Tg2000. L'inviato Massimiliano Cochi è andato in Amazzonia per dar voce a una delle popolazioni
indigene costrette ad abbandonare il territorio in seguito alle perforazioni petrolifere. Si tratta della piccola
comunità dei Kofàn.
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                                                                 DATA         23 ottobre 2019

                                                                 TESTATA      Redattore Sociale/DIRE

                                                                 REDAZIONE    Web

Amazzonia, Lucitante (Udapt): "Noi, nativi Cofàn decimati dal petrolio"
Il coordinatore dell'organizzazione Union de los afectados por Chevron Texaco:"Prima che iniziasse
l'estrazione petrolifera, il nostro popolo contava 15 mila persone, ora solo 1200" ROMA - "Se non
continuiamo a combattere per i nostri diritti, le nostre vite, le nostre comunità si estingueranno": a parlare è
William Lucitante, coordinatore dell'organizzazione Union de los afectados por Chevron Texaco (Udapt)
nonché attivista del popolo Cofan, nell'Amazzonia ecuadoriana, intervenuto nel corso dell'incontro
'Guardiani d'Amazzonià nella sede dell'agenzia Dire. "Prima che iniziasse l'estrazione petrolifera, il nostro
popolo contava 15mila persone, ora solo 1200" denuncia Lucitante. "Siamo molto preoccupati. Per questo
esigiamo che il governo nazionale intervenga nei confronti delle imprese transnazionali, affinché rispettino i
diritti umani. È importante capire anche in che modo vivono i nostri popoli indigeni. Viviamo nella foresta,
l'acqua è molto importante per le nostre vite, e ora è stata contaminata".
(DIRE) © Copyright Redattore Sociale
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                                                                   DATA         23 ottobre 2019

                                                                   TESTATA      Redattore Sociale/DIRE

                                                                   REDAZIONE    Web

Diritti, Fajardo: L’Unione Europea si batta contro l’impunità delle multinazionali
Appello dell'avvocato delle 30 mila vittime del disastro causato dal colosso del petrolio Chevron Texaco
nell'Amazzonia ecuadoriana ROMA - "L'Europa non ha rivelato gli orientamenti dei singoli Paesi, ma ha
presentata una posizione comune. E ha fatto muro alle nostre richieste. La doppia morale non va bene: se
l'Ue tiene al rispetto dei diritti umani in Europa, deve scegliere in modo che vengano tutelati anche nel resto
del mondo". È l'appello di Pablo Fajardo, avvocato delle 30mila vittime del disastro causato dal colosso del
petrolio Chevron Texaco nell'Amazzonia ecuadoriana. Le vittime, dopo anni di battaglia legale, sono riuscite
a ottenere una sentenza in Ecuador che impone risarcimenti miliardari. L'applicazione della sentenza ha però
incontrato mille ostacoli, compresa la decisione di una corte arbitrale all'Aja che ha dato ragione al colosso
petrolifero per violazioni di un trattato sugli investimenti firmato dal governo di Quito negli anni '90. Per
questo la scorsa settimana Fajardo, assieme all'Union dos Afectados por Chevron Texaco (Udapt) e ad altre
associazioni, ha partecipato al quinto incontro del gruppo di lavoro per negoziare un trattato che vincoli le
multinazionali al rispetto dei diritti umani. Oggi Fajardo è stato protagonista di un incontro nella sede romana
dell'agenzia di stampa 'Dire', 'Guardiani d'Amazzonia', organizzato in collaborazione con l'Udapt, la
federazione del volontariato cattolico Focsiv, Amnesty International e l'Università di Padova. "Siamo arrivati
alla quinta riunione del gruppo di lavoro a Ginevra e questo è importante" dice Fajardo. Che spiega: "Oggi
esistono corti di giustizia internazionali che permettono di fare causa contro singoli individui o governi per
violazioni o crimini contro l'umanità, mentre non è possibile portare in tribunale le multinazionali. Da un
punto di vista giuridico, infatti, non esiste la responsabilità diretta delle aziende multinazionali in tema di
diritti umani. è previsto che sia lo Stato ad assumersi il ruolo di dettare le regole e vegliare sul loro rispetto.
Ma tutti sappiamo che i governi sono ostaggio delle multinazionali o di organismi finanziari come il Fondo
monetario, quindi non abbiamo garanzie". Fajardo, che nella causa contro il colosso statunitense del petrolio
ha rappresentato i diritti di 30mila persone, evidenzia l'importanza di arrivare a stabilire a livello giuridico la
responsabilità diretta delle imprese transnazionali. "Le Nazioni Unite non stanno capendo l'importanza di
questo punto o fanno finta di non capirlo" aggiunge l'attivista. "Queste imprese stanno governando il pianeta.
Se sommiamo i guadagni delle dieci multinazionali più grandi è possibile che superino le economie dei dieci
Paesi più ricchi. Non dico che le imprese non debbano fare profitti, ma nel 2019 deve finire il regime di
impunità di cui godono". In Ecuador, denunciano gli attivisti di Udapt, in 26 anni Chevron-Texaco ha sversato
68 miliardi di litri di scarti petroliferi, solventi chimici e acque tossiche, contaminando un'area vasta 450mila
ettari. "Nelle due regioni colpite - denuncia Fajardo - si registrano almeno 200 nuovi casi di tumore ogni anno.
E il 70% sono donne: sono loro le principali vittime di questi crimini ambientali". L'attivista conclude con un
nuovo appello all'Europa: "Deve assumersi le proprie responsabilità, spingendo gli Stati membri a
responsabilizzare le aziende petrolifere, come per il caso dell'Italia verso i disastri di Eni in Nigeria o della
Francia con Total o l'Olanda con Shell".
(DIRE) © Copyright Redattore Sociale
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                                                                DATA         23 ottobre 2019

                                                                TESTATA      Redattore Sociale/DIRE

                                                                REDAZIONE    Web

Amazzonia, Del Bufalo (Focsiv): basta abusi, è la nostra casa comune

ROMA - "Siamo sulla stessa zattera. È un tema enorme, quello dell'inquinamento e delle ingiustizie subite dai
'pueblos' dell'Amazzonia ecuadoriana da parte di Chevron Texaco. È il sintomo di come questo cammino sia
assolutamente squilibrato, di come, se un percorso non è condiviso dall'inizio con tutti ma qualcuno impone
i suoi privilegi sugli altri, quello che ne risulta è estremamente dannoso per la casa comune". A dichiararlo è
Gianni Del Bufalo della federazione del volontariato cattolico Focsiv, intervenuto oggi nell'ambito della
conferenza 'Guardiani d'Amazzonia' tenutasi nella sede dell'agenzia Dire. "Focsiv in Ecuador è presente dal
2002 - ha aggiunto Del Bufalo - ma le organizzazioni che ne fanno parte sono lì dalla fine degli anni '60".
(DIRE) © Copyright Redattore Sociale
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                                                                DATA         23 ottobre 2019

                                                                TESTATA      Redattore Sociale/DIRE

                                                                REDAZIONE    Web

Amazzonia, Fajardo: ora uno strumento Onu contro gli abusi delle multinazionali
Iniziativa delle vittime di Chevron Texaco e di altri 250 collettivi per ottenere uno strumento politico
vincolante che garantisca l'accesso alla giustizia dei popoli contro le multinazionali ROMA -"Il caso Chevron
riflette il grande vuoto legale per cui ai popoli viene spesso negato l'accesso alla giustizia quando subiscono
abusi da grandi aziende. Come Udapt (Union de los afectados por Chevron Texaco) ci siamo uniti alla
campagna internazionale per ottenere uno strumento politico vincolante che garantisca l'accesso alla
giustizia dei popoli contro le multinazionali". Lo dichiara Pablo Fajardo, l'avvocato che in Ecuador difende le
vittime di Chevron Texaco, nel corso di un incontro all'agenzia Dire. "Abbiamo fatto un documento insieme
ad altri 250 collettivi sociali, una proposta alle Nazioni Unite affinché questo strumento venga costituito"
spiega Fajardo, reduce dalla quinta riunione sul trattato, tenutasi a Ginevra la scorsa settimana. "Chiediamo
solidarietà ai popoli, le aziende continuino pure a fare soldi nei nostri territori, ma rispettino le comunità,
senza sacrificare la vita dei villaggi". Ancora Fajardo: "In questi 26 anni di processo contro Chevron abbiamo
scoperto che, in tutto il mondo, non c'è accesso alla giustizia: non quando le vittime sono donne, popolazioni
indigene, contadini e dall'altra parte c'è una grande azienda come Chevron".
(DIRE) © Copyright Redattore Sociale
Rassegna Stampa

                                                               DATA         23 ottobre 2019

                                                               TESTATA      TV2000

                                                               REDAZIONE    Siamo noi

SINODO AMAZZONICO, IL NUOVO SGUARDO DELLA CHIESA
Siamo Noi, programma pomeridiano di Tv2000 in diretta alle 15.20, torna a parlare di Sinodo, l’Assemblea
dei vescovi voluta da Papa Francesco dedicata all’Amazzonia. Intervengono in studio: Suor Alessandra
Smerilli, docente di Economia Politica alla Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione “Auxilium” di Roma;
Pablo Fajardo Mendoza, avvocato e attivista ecuadoriano; Domenico Gaudioso, uditore del Sinodo; Gianni
del Bufalo, direttore generale della FOCSIV, Federazione degli Organismi Cristiani Servizio Internazionale
Volontario.
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                                                              DATA         23 ottobre 2019

                                                              TESTATA      RAI 1

                                                              REDAZIONE    UNOMattina

L’avvocato Pablo Fajardo di UDAPT, l’Associazione delle vittime della Chevron Texaco, in studio con Filippo
Di Girolamo, sacerdote e giornalista.
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                                                                  DATA          21 ottobre 2019

                                                                  TESTATA       Pressenza.com

                                                                  REDAZIONE     Web

Dibattito con legale 30 mila vittime Ecuador in lotta con Chevron
Far sì che Chevron Texaco risponda dei crimini commessi nell’Amazzonia ecuadoriana, terra di foreste e di
fiumi avvelenata da 68 miliardi di litri di scarti petroliferi, solventi chimici e acque tossiche: è l’impegno di
Pablo Fajardo, avvocato e attivista che rappresenta circa 30mila vittime del colosso statunitense.
Di questa lotta e dei tanti ostacoli sulla via della giustizia Fajardo discuterà nella redazione dell’agenzia Dire
mercoledì, alle ore 11, in un incontro aperto al pubblico.
A partecipare e a intervenire insieme con lui William Lucitante, dell’associazione delle vittime Unión de
Afectados por Chevron-Texaco (Udapt), Gianni Del Bufalo, della federazione del volontariato cattolico Focsiv,
Riccardo Noury, dell’ong Amnesty International, e Salvatore Pappalardo, dell’Università di Padova, coinvolta
in nuovi studi sull’inquinamento da idrocarburi in Ecuador.
Durante l’incontro, collegato alle iniziative e ai dibattiti di ‘Amazzonia: casa comune’, un’iniziativa che
accompagna il Sinodo speciale in corso in Vaticano fino al 27 ottobre, saranno ripercorse le tappe di una
battaglia giudiziaria cominciata ben 26 anni fa.
Dalla sentenza ecuadoriana che nel 2011 ha condannato Chevron Texaco a risarcimenti per nove miliardi e
mezzo di dollari fino al verdetto di una corte arbitrale dell’Aja che ha intimato alle autorità di Quito di
compensare il colosso nordamericano per violazioni di un accordo sugli investimenti sottoscritto con gli Stati
Uniti negli anni ’90.
Al centro del dibattito, moderato dal giornalista Vincenzo Giardina, anche le scelte del nuovo governo
dell’Ecuador. “Il presidente Lenin Moreno ha chiesto ai tribunali di Argentina e Canada di bloccare
l’omologazione all’estero della sentenza ecuadoriana che condanna Chevron” denuncia Fajardo. “Nel nome
di una nuova alleanza con gli Stati Uniti e il Fondo monetario internazionale, si afferma il primato del diritto
commerciale sui diritti umani”.
Rassegna Stampa

                                                                  DATA          21 ottobre 2019

                                                                  TESTATA       Agenzia DIRE

                                                                  REDAZIONE     Web

ROMA – Far si’ che Chevron Texaco risponda dei crimini commessi nell’Amazzonia ecuadoriana, terra di
foreste e di fiumi avvelenata da 68 miliardi di litri di scarti petroliferi, solventi chimici e acque tossiche: e’
l’impegno di Pablo Fajardo, avvocato e attivista che rappresenta circa 30mila vittime del colosso statunitense.
Di questa lotta e dei tanti ostacoli sulla via della giustizia Fajardo discuterà nella redazione dell’agenzia Dire
mercoledi’ 23 ottobre, alle ore 11, in un incontro aperto al pubblico. A partecipare e a intervenire insieme
con lui William Lucitante, dell’associazione delle vittime Unión de Afectados por Chevron-Texaco (Udapt),
Gianni Del Bufalo, della federazione del volontariato cattolico Focsiv, Riccardo Noury, dell’ong Amnesty
International, e Salvatore Pappalardo, dell’Universita’ di Padova, coinvolta in nuovi studi sull’inquinamento
da idrocarburi in Ecuador.
Durante l’incontro, collegato alle iniziative e ai dibattiti di ‘Amazzonia: casa comune’, un’iniziativa che
accompagna il Sinodo speciale in corso in Vaticano fino al 27 ottobre, saranno ripercorse le tappe di una
battaglia giudiziaria cominciata ben 26 anni fa. Dalla sentenza ecuadoriana che nel 2011 ha condannato
Chevron Texaco a risarcimenti per nove miliardi e mezzo di dollari fino al verdetto di una corte arbitrale
dell’Aja che ha intimato alle autorita’ di Quito di compensare il colosso nordamericano per violazioni di un
accordo sugli investimenti sottoscritto con gli Stati Uniti negli anni ’90.
Al centro del dibattito, moderato dal giornalista Vincenzo Giardina, anche le scelte del nuovo governo
dell’Ecuador. ‘Il presidente Lenin Moreno ha chiesto ai tribunali di Argentina e Canada di bloccare
l’omologazione all’estero della sentenza ecuadoriana che condanna Chevron” denuncia Fajardo. ‘Nel nome
di una nuova alleanza con gli Stati Uniti e il Fondo monetario internazionale, si afferma il primato del diritto
commerciale sui diritti umani’.
Rassegna Stampa

                                                                DATA         16 ottobre 2019

                                                                TESTATA      Famiglia Cristiana

                                                                REDAZIONE    Web

MIGRANTI IN AMERICA LATINA:L’ECUADOR DELLA RUTA ANDINA
16/10/2019 Storie "in cammino" di difficoltà e coraggio dall'Ecuador, terra di passaggio: dai colombiani in
fuga nel 2000 al collasso economico del Venezuela, un flusso quasi ininterrotto fino ai giorni nostri.
La storia di Medardo: «Io, in fuga dagli uomini che hanno ucciso mio padre»
«Mi sento solo. Mio padre è stato ucciso dagli stessi che hanno minacciato di morte anche me. Avevo un
negozio a Bogotà, i gruppi paramilitari mi chiedevano il pizzo, i primi tempi riuscivo a pagare poi gli affari
sono andati male. L'ultima richiesta a dicembre 2018. Non ce la facevo più, sono scappato. Ho una cugina,
ma abita ad un'ora e mezza da qui, per me è lontano. Un altro cugino è in Colombia, ma là non posso tornare.
E mia sorella vive negli Stati Uniti». Nonostante questo, Medardo Gomez, 64 anni, rifugiato in Ecuador da
maggio 2019, si trova bene. Sa che non potrà mai tornare a casa, perché «il processo di pace non è positivo»,
spiega. «L'accordo prevedeva cinque senatori fissi per le Farc, indipendentemente dal risultato elettorale.
Queste persone, che erano diventate parte del Congresso colombiano, hanno deciso di uscire. Chiaro segnale
che l'accordo è fallito. I guerriglieri stanno tornando sulle montagne per riprendere in mano i fucili».
Medardo lavora come gelataio a Lago Agrio, è assistito dalla Caritas ed è in possesso della “tarjeta de
comida”, una tessera alimentare rivolta a rifugiati e migranti, finanziata dal Programma Alimentare Mondiale
(WFP) degli Stati Uniti, attraverso USAID: 25 dollari al mese per ricevere cibo.
Ecuador ed emigrazione, dai colombiani ai venezuelani: monsignor Celmo Lazzari parla dell'emergenza in
America Latina
«Questa è veramente una terra di emigrazione», dice mons. Celmo Lazzari, giuseppino del Murialdo, pure lui
immigrato perché di origini brasiliane, vescovo del vicariato apostolico di Sucumbíos, la provincia
maggiormente interessata dall'emigrazione perché vicina alla frontiera con la Colombia, dalla quale è
separata dal fiume San Miguel.
Rassegna Stampa

«Negli anni Settanta c'erano tre popolazioni: i Cofanes, o Siones e i Secoyas. Poi, da altre province, sono
arrivati i Kichwas e gli Shuars, ai quali il governo dell’Ecuador regalava 50 ettari di terra affinché disboscassero
e fornissero braccia all’industria nascente del petrolio. Nel 1971 è stato scavato il primo pozzo; è allora che è
nata Lago Agrio. Che è stato il loro “bene”, se intendiamo che ha incrementato l'occupazione, ma soprattutto
il loro male, perché la zona è totalmente inquinata: suolo, acqua e aria. La città si è formata proprio con i
migranti. L'emigrazione forzata però è un'altra cosa, ed è un'altra emergenza per la nostra Chiesa, l'Ecuador
e le nazioni vicine».
Negli anni 2000 sono arrivati i colombiani, che vivevano la fase acuta della guerra civile, con l’aviazione
militare che distruggeva le piantagioni di coca e la gente non sapeva più come vivere; nel 2013 il loro flusso
si era un po' calmato. Ma, da due anni, l'Ecuador è interessato da un flusso costante di venezuelani che
scappano da un Paese al collasso economico; hanno raggiunto i 300mila. «Anche se la maggior parte dei
venezuelani non arriva qui, perché transita altrove e finisce a Ipiales-Tulcan, i numeri all'inizio, ci hanno
comunque trovati impreparati e abbiamo dovuto improvvisare: pasti caldi, materassi. Poi abbiamo cercato
di strutturarci, consapevoli che l'unica soluzione è la collaborazione nazionale e internazionale. Ci siamo
messi in contatto con altre città che ricevono migranti, ed è nata la “Red Clamor”, una rete di organizzazioni
della Chiesa cattolica di America Latina e Caraibi, che si occupa di immigrazione su iniziativa delle Caritas
diocesane nazionali e dei vicariati. Al momento sono attive in tutto il sud America oltre 500 istituzioni
(alberghi, mense, servizi di consulenza giuridica e sanitaria), che si occupano di accoglienza ed integrazione.
C'è una collaborazione che fa sì che quando una persona parte verso un'altra città o un altro Paese, sa già
dove andare. Nel nostro vicariato abbiamo aperto la Casa del Migrante “Buon Samaritano”, che offre vitto
alloggio ad un massimo di 45 persone, per un’accoglienza temporanea di 3-5 giorni; un'altra mensa “Cinco
Panes” è sostenuta dalle congregazioni religiose presenti nel vicariato. Ma i flussi non sono mai costanti, ci
sono giorni in cui aumentano, altri in cui diminuiscono».

La media è di circa 200 arrivi al mese; fuggono dal loro Paese a causa dello scontro tra il governo di Nicolas
Maduro e l’opposizione, ma soprattutto per il deteriorarsi della situazione economica», spiega Matteo
Faregna, in servizio civile alla Caritas di Sucumbíos per conto della federazione di Ong cattoliche, Focsiv.
Un giorno eccezionale è stato il 25 agosto con un flusso inarrestabile: «Questo è accaduto perché molti si
sono precipitati sapendo che il giorno successivo - 26 agosto 2019 - sarebbe entrata in vigore la legge con la
quale lo Stato ecuadoriano ha reso obbligatorio per chi entra avere già un visto umanitario, in un'ottica di
contenimento degli arrivi. Una politica già intrapresa da Cile e Perù», dice Davide Muradore, altro volontario
Focsiv. «Si vede e si sente da parte dei governi latino-americani un progressivo chiudersi», aggiunge mons.
Lazzari. «Tuttavia, ci sono 500 chilometri di frontiera con la Colombia, di notte i controlli sono più blandi, chi
vorrà arrivare, arriverà, solo che sarà clandestino».

«Secondo i dati del Ministerio de Relaciones Exteriores y Movilidad Humana dell’Ecuador, nel mese di aprile
2019 sono entrati nella sola provincia di Sucumbíos, quasi 6.000 venezuelani», riprende Davide. «In tutto il
2017 il numero degli ingressi non era arrivato neanche a 1000. Questo incremento esponenziale degli arrivi
è dovuto al peggioramento della crisi in Venezuela e al fatto che l’Ecuador si trovi nel mezzo della Ruta andina,
quella rotta migratoria che venezuelani e colombiani seguono fino ad arrivare in Perù, Cile e Argentina, i
principali paesi di destinazione. Io mi occupo di progetti agricoli con Cefa, ma una volta a settimana vado a
dare una mano a Matteo in Caritas. Mentre prepariamo i pasti, entriamo in relazione con gli ospiti. C'è chi ci
chiede informazioni geografiche ("Dove mi trovo?"), chi un cellulare per mandare un messaggio whatsapp o
fare una chiamata; i bambini hanno voglia di giocare e distrarsi, gli adulti di ritrovare momenti di tranquillità
prima di ripartire. Così, mentre diamo lezioni di italiano improvvisate ad una mamma diciassettenne,
parliamo con lei dei suoi sogni per il futuro. Oppure ci capita di rimanere affascinati dalla determinazione di
una nonna di 58 anni, che nell’insegnarci tutti i trucchi per cucinare delle arepas (tipiche focaccine
venezuelane) perfette, ci parla dei suoi tre nipoti con cui è in viaggio da sola».
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