Il lavoro agile nella pubblica amministrazione - SDL HUB W.P. n.11-2021
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SDL HUB W.P. n.11-2021 Il lavoro agile nella pubblica amministrazione Rosita Zucaro, INAPP-Ca’ Foscari 1
*Le opinioni espresse in questo articolo impegnano la responsabilità dell’autrice e non necessariamente riflettono la posizione dell’Ente di appartenenza 1. Cenni introduttivi 2. Dove eravamo 3. Dove siamo 4. Brevi considerazioni sugli scenari futuri 1. Cenni introduttivi Ringrazio le organizzatrici e gli organizzatori per il gradito invito a questo webinar. Con la collega e colleghi che mi hanno preceduta si è parlato dello smart working/lavoro agile ieri, oggi, per poi passare a domani. A me è stato affidato il tema nella pubblica amministrazione, e a questo punto visto che ieri ci siamo stati, nel qui e ora idem, domani lo abbiamo visto, con la pubblica amministrazione andiamo oltre e passiamo a dopodomani? A parte questa nota scherzosa, in un certo senso per quanto attiene al comparto pubblico sembrerebbe così. Innanzitutto, consentitemi di affrontare la relazione smart working e lavoro pubblico, parlando di pubbliche amministrazioni, utilizzando il plurale come di consueto quando si tratta del mondo aziendale. Perché il comparto pubblico costituisce una realtà particolarmente diversificata ed è opportuno venga letta e interpretata alla luce dei suoi differenti indicatori (territoriale, popolazione lavorativa, specifica funzione pubblica perseguita, dimensione centrale o periferica ecc., relazione diretta con il pubblico o meno ecc.)1. Premesso ci , torno alla considerazione iniziale per cui nel comparto pubblico è come se tra virgolette fossimo a “dopodomani” poiché, al di là della nota scherzosa, in un certo senso potrebbe intendersi in tal modo. Cercher di condurre il mio ragionamento percorrendo le varie fasi. Partiamo dai dati. Premesso che ad oggi in materia non ne abbiamo di condivisi, che costituiscano un campione totalmente comprovante e rappresentativo - mi perdoneranno gli statistici e chi possiede queste competenze di certo più di me, se dovessi utilizzare da giurista impropriamente tali categorie - ad ogni modo quelli al momento diffusi manifestano comunque un punto di riferimento per un’analisi del diritto vivente e in particolare delle prospettive de iure condendo. In questo senso l’ente che da anni in Italia sta monitorando il fenomeno è, come ormai noto, l’Osservatorio ad esso dedicato del Politecnico di Milano, secondo cui prima della pandemia il settore pubblico era fanalino di coda per la diffusione di tale nuova modalità di svolgimento della prestazione di lavoro subordinato. Alla fine del 2018, gli/le smart workers nelle PA erano ancora al di sotto del 10%, e nel 2019 vi era stato un aumento più significativo, ma ancora scarso, attestandosi al 16%2. Il dato emerge ancor di più nella sua limitatezza se comparato con il settore privato laddove per quanto occorra distinguere tra PMI e microimprese da una parte, e grandi aziende dall’altra, in queste ultime si era comunque raggiunto il 58%, un 20% in più rispetto all’anno precedente. Lo smart working è, per , fenomeno sistemico che difficilmente pu essere letto e compreso senza la connessione con i suoi fattori abilitanti. E’ evidente, infatti, che le infrastrutture tecnologiche, unitamente alle competenze digitali, siano essenziali, al di là che costituiscano o meno requisito sostanziale per l’insorgenza della fattispecie ex art. 18 legge 1Cfr. L. Zoppoli, Riformare ancora il lavoro pubblico? L’«ossificazione» della pubblica amministrazione e l’occasione post-pandemica del POLA, in Conversazioni sul lavoro a distanza promosse e coordinate da Vincenzo Antonio Poso, p. 4, secondo cui il 2
. 2 Secondo i risultati della Ricerca sullo smart working del 2020 a cura dell’Osservatorio del Politecnico di Milano, in osservatori.net n. 81 del 2017. Infatti, come dimostrato da un recente studio della Banca d’Italia la scarsa diffusione dello smart working va’ di pari passo con l’inadeguato livello di digitalizzazione dei servizi pubblici, così come misurato dall’indicatore DESI della Commissione Europea. Una pubblica amministrazione in grado di fornire servizi digitali agli utenti è anche più in grado di implementare modelli di organizzazione del lavoro flessibili. D’altra parte, rilevano anche la composizione e le competenze della forza lavoro coinvolta: laddove i dipendenti pubblici hanno capacità digitali maggiormente elevate, l’adozione dello smart working è stata più consistente. In questo quadro, ancora una volta, l’Italia si colloca nella parte maggiormente bassa della distribuzione3. 2. Dove eravamo? Eppure, nella Pubblica Amministrazione si era partiti anche prima rispetto al settore privato, almeno in termini squisitamente normativi. Il riferimento è alla Quarta Riforma del pubblico impiego, e in particolare all’art. 14, commi primo e secondo, della l. n. 124/2015, rubricato “Promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle amministrazioni pubbliche”. La predetta norma invitava le pubbliche amministrazioni ad adottare misure organizzative volte a fissare obiettivi annuali per attuare il telelavoro, ma anche finalizzate a sperimentare nuove modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa orientate al work-life balance anche al fine di tutelare le cure parentali (e il riferimento era in modo sottinteso allo smart working che nel frattempo aveva fatto la sua comparsa in alcune grandi realtà aziendali in particolare per il tramite della contrattazione collettiva e di cui era stato presentato un primo disegno di legge il 29 gennaio del 20144, che per quanto ben presto arenatosi merita di essere menzionato). L’art. 14 della L. n. 124/2015 introduceva quella che veniva definita una sperimentazione avente per un carattere di cogenza per le amministrazioni - espresso nell’obiettivo relativo all’adibizione di almeno il 10% dell’organico in telelavoro o altra modalità di flessibilità spaziotemporale – in quanto seppur privo di una effettiva sanzione diveniva oggetto di valutazione della performance non solo organizzativa, ma anche individuale. Tale percorso sperimentale doveva però avvenire senza incorrere in nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica, un aspetto che ha indubbiamente costituito uno dei limiti se letto anche alla luce di quanto premesso in termini di arretratezza tecnologica dei processi di digitalizzazione5. L’unica finalità che il Legislatore indicava di perseguire in via diretta con l’introduzione del lavoro agile nella PA era il promuovere un’organizzazione del lavoro orientata alla conciliazione vita-lavoro6, in quanto il buon andamento della stessa, intesa come una sua azione più efficace ed efficiente, in punta di norma era da considerarsi, a mio avviso, quale effetto dell’ottimale conseguimento dell’unico obiettivo chiaramente esplicitato7. 3 W. Giuzio, L. Rizzica, Il lavoro da remoto in Italia durante la pandemia: le amministrazioni pubbliche, Note covid-19, Banca d’Italia, 2021. 4 Per esigenze di economia dell’intervento si consenta un rinvio a R. Zucaro, Lo smart-working: strumento per la conciliazione vitalavoro e la produttività, in G. Alessandrini (a cura di), Smart working. Nuove skill e competenze, Pensa Multimedia, 2016. 5 Particolarmente critico B. Caruso, Tra lasciti e rovine della pandemia: più o meno smart working, in RIDL, 2020, n. 2, p. 215 ss. 6 Sul punto si consenta un rinvio per un maggior dettaglio a quanti già scritto in R. Zucaro, Pubblica 3
amministrazione e smart working dalla disciplina ordinaria alla deroga emergenziale, in LPA, n. 2, 2020, 81 ss. Cfr. C. Spinelli, Tecnologie digitali e lavoro agile, Bari, 163. 7 Diversamente dal settore privato in cui l’art. 18 della legge n. 81/2017 lega chiaramente nel testo normativo la promozione del lavoro agile a un duplice scopo: incrementare la competitività e agevolare la conciliazione vita-lavoro. Il precetto normativo ha iniziato ad avere una effettiva attuazione8, a seguito dell’adozione della Direttiva n. 3/2017 del Presidente del Consiglio dei Ministri contenente 9. Il lavoro agile viene, infatti, inquadrato come una modalità organizzativa per il cambiamento di paradigma nella Pubblica Amministrazione, consistente nell’abbandono del tradizionale improntato su presenza fisica e timbratura del cartellino verso il passaggio a un modello centrato sulla persona, in ottica di maggiore responsabilità, fiducia e collaborazione della stessa, per mezzo di una maggiore attenzione alle sue esigenze, non solo di lavoratrice o lavoratore, ma anche di cittadina/o10, e che ha quindi un’incidenza oltre i meri singoli rapporti di lavoro. Questa matrice evolutiva emerge inoltre attraverso l’espressa previsione che l’atto interno debba contenere il controllo di gestione e il sistema di valutazione della performance organizzativa e individuale, con riguardo anche al bilancio di genere, attraverso un coinvolgimento in questo senso oltre che del Comitati Unici di Garanzia (CUG), anche degli Organismi Indipendenti di valutazione (OIV), cui la lett. G) della Direttiva de qua attribuisce il compito di collaborare al monitoraggio dell’attuazione del lavoro agile. Da un esame delle sperimentazioni pubbliche realizzate, in particolare, sino al periodo anteriore all’entrata in vigore della normativa emergenziale, l’atto introduttivo, attuato dalle pubbliche amministrazioni, che anticipa e costituisce “la cornice di riferimento” dell’accordo individuale, ha non a caso la forma giuridica generalmente di un regolamento amministrativo, mentre nonostante le Pubbliche amministrazioni siano tenute all’informativa al sindacato, oltre che alla trasmissione dell’atto al Comitato Unico di Garanzia ex art. 57 D.Lgs. n. 165/2001, la presenza anche della contrattazione collettiva non rappresenta la costante11. Un esempio in questo senso è fornito dell’accordo collettivo per l’avvio di un progetto pilota di lavoro agile sottoscritto dal Ministero dei Beni Culturali e da tutte le Direzioni Generali e dalle OO.SS di CGIL, CISL, UIL, CONFSAL/UNSA, Federazione Intesa, il 10 luglio 2018 e sulla base del quale è stato comunque redatto il successivo regolamento del 18 dicembre 201812, comportando così un’evidente complessità di regolamentazione. Dall’analisi sistemica di predette fonti normative, unitamente ai documenti di indirizzo amministrativo, emerge che lo smart working si poneva, almeno in termini di volontà legislativa, come elemento di un processo da sperimentare, nel quale il perseguimento 8 Le esperienze prima della Direttiva n. 3/2017 sono in particolare legate a progetti pilota del Dipartimento delle Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Nello specifico il riferimento è al progetto E.L.E.N.A. (Experimenting flexible labour tools for enterprises by engaging men and women) co-finanziato con i fondi del programma europeo REC, che ha riguardato per nello specifico il Gruppo Acea società partecipata dal Comune di Roma. Per un’analisi dello stesso si rinvia a M. Brollo, Il lavoro agile nell’era digitale tra lavoro privato e pubblico, in LPA, 2017, 1, 125 9 Per una ricostruzione puntuale dei contenuti della Direttiva n. 3/2017 si veda A. Sartori, Il lavoro agile nella pubblica amministrazione, in G.Zilio Grandi, M.Biasi (a cura di), 492 ss.; V. Talamo, Diversamente agile? Lo Smart work nelle pubbliche amministrazioni, in R.Fiorillo, A.Perulli (a cura di), Il Jobs act del lavoro autonomo e del lavoro agile, Torino, 2018, 257 ss. 10 Si legge, infatti, nella Direttiva del Presidente del Consiglio n. 3/2017, p. 13 che ; cfr. M. L. Vallauri, Una sfida alla PA dal lavoro agile, in RGL, 2019, n. 4, 172, che definisce il paradigma classico del lavoro nella Pubblica Amministrazione quale . 4
11 I dati sono tratti dall’analisi della documentazione delle 62 PA coinvolte dal progetto “Il Lavoro agile per il futuro della PA” della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a valere sul PON Governance e Capacità Istituzionale 2014-2020 e da quanto riportato sui report del Forum PA. 12Consultabile open access sul sito del Ministero dei beni culturali e delle attività culturali beniculturali.it. dell’equilibrio tra vita lavorativa e personale costituiva possibile leva di change management13, e cui futuri sviluppi di carattere più generale si sarebbero dovuti valutare a seguito dell’esperienza sperimentale. 3. Dove siamo Nell’economia di questo intervento non mi dilungherei oltre su ieri e passerei all’oggi. Nel caso delle Pubbliche amministrazioni il virus è stato davvero travolgente perché dalla ridotta diffusione poc’anzi illustratavi si è passati a più del 70% dei dipendenti pubblici in smart working14 e la finalità sanitaria è divenuta la ratio principale perseguita attraverso una norma emergenziale che per il settore pubblico diversamente dal privato si è sin da subito concretizzata anche in interventi a carattere strutturale: innanzitutto formalizzando la conclusione della sperimentazione di cui alla Riforma Madia, con la soppressione del riferimento alla dall’art. 14 l. n. 124/2015 ad opera dell’art. 18, comma 5, del d. l. del 2 marzo n. 9 del 2020, convertito con modificazioni in l. n. 27/2020. In ordine alla citata modifica normativa la Circolare del 4 marzo n. 1 e la Direttiva della Funzione Pubblica del 12 marzo 2020 n. 2 esplicitavano sin da subito che le pubbliche amministrazioni erano tenute ad ; previsione ben presto normata all’art. 87, comma 1, lett. b), del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, in L. n. 27/2020. Previsione legislativa che ha comportato la conseguenza che la misura ha operato a regime con un vincolo molto più stringente che nel privato, assumendo una valenza di obbligatorietà15 e sollevando anche possibili dubbi di illegittimità costituzionale16, a mio avviso arginati e limitati dalla finalità emergenziale di tutela del bene primario salute. Il legislatore ha compiuto poi un passo ulteriore riscrivendo l’art. 263 nel passaggio dal D.L. n. 34 del 2020 (il cosiddetto Decreto “Rilancio”) alla relativa legge di conversione la n. 77/2020, nella quale è intervenuto nuovamente sul testo dell’art. 14 della l. n. 124 del 2015, ma questa volta riscrivendolo. Viene, così, introdotto un documento programmatico il Piano organizzativo del lavoro agile (P.O.L.A.) che costituirà una sezione del Piano della performance da presentarsi ogni anno entro il 31 gennaio, previo confronto non vincolante con le parti sindacali. Il P.O.L.A. deve contenere le modalità attuative del lavoro agile prevedendo, per le attività che possano essere svolte in lavoro agile, che almeno il 60% dei dipendenti possa avvalersene, e garantendo che i medesimi non subiscano penalizzazioni ai fini del riconoscimento di professionalità e della 13 Su tali profili organizzativi si veda D. De Masi, La filosofia del lavoro da remoto, in Martone (a cura di), Il lavoro da remoto, La Tribuna, p. 19 ss.; G. Capaldo, Il Business Process Management, Franco Angeli, 2021; L. Battistoni, La pubblica amministrazione: un sistema organizzativo in movimento, in amministrazioneagile.it, 2020. 14 A seguito di un primo e parziale monitoraggio operato dalla Funzione Pubblica durante la crisi pandemica, Si veda l’area dedicata sul sito della Funzione Pubblica funzionepubblica.it Secondo i dati della Rilevazione delle Forze di Lavoro (RFL) relativi al secondo trimestre del 2020, i mesi in cui le misure adottate per contenere la pandemia sono state più severe, la percentuale di lavoratori pubblici che ha svolto le proprie mansioni da casa almeno una volta nella settimana di riferimento è stata pari al 33% 15 Cfr. L. Zoppoli Dopo la digi-demia: quale smart working per le pubbliche amministrazioni italiane? in WP CSDLE “Massimo D’Antona”.IT – 421/2020, p. 4 che rileva che el pubblico impiego il lavoro agile è ; N. 5
De Marinis, Obbligazione di lavoro ed emergenza epidemologica, in A. Pileggi (a cura di), Il diritto del lavoro nell’emergenza epidemologicia, Supplemento ai nn. 3-4 LPO, 2020, p. 25 ss. che rileva trattasi di . 16 C. Pisani, Il lavoro agile nella P.A.: possibili profili di illegittimità costituzionale, in GLAV, 2020, 33-34, p. 20 ss. progressione di carriera. Al suo interno vengono definite le misure organizzative, i requisiti tecnologici, i percorsi formativi del personale, anche dirigenziale, e gli strumenti di monitoraggio e verifica periodica dei risultati conseguiti, anche in termini di miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza dell’azione amministrativa, della digitalizzazione dei processi, nonchè della qualità dei servizi erogati, anche coinvolgendo i cittadini, sia individualmente, sia nelle loro forme associative. In caso di mancata adozione del P.O.L.A. i lavoratori e le lavoratrici agili dovranno essere almeno il 30% dei dipendenti richiedenti17. Per la redazione del P.O.L.A. sono stati forniti non solo precisi indirizzi ma anche format differenziati in base al numero dei dipendenti del singolo ente nelle “Linee Guida sul Piano Organizzativo del Lavoro Agile e indicatori di Performance”, emanate dal Ministro per la Pubblica Amministrazione con Decreto Ministeriale del 9 dicembre 2020. Un processo quindi governato dal centro, ma attuato in realtà non ampi margini di discrezionalità all’interno delle varie amministrazioni. Occorre poi evidenziare la necessità di un totale allineamento sistemico tra il citato piano e il regolamento e/o l’accordo integrativo e gli accordi individuali di lavoro agile con i relativi allegati, in primis l’informativa della sicurezza, atto sostanziale per l’introduzione della modalità agile (che non accaso divengono parte stessa di alcuni P.O.L.A. al momento presentati, come ad esempio quello della Regione Lazio consultabile sul relativo sito). A mio avviso elemento quindi imprescindibile del lavorare smart, che nel P.O.L.A. manifesta chiaramente la sua evidenza, è come l’analisi giuridica debba interagire con gli aspetti organizzativi al fine di fornire una corretta ed efficace disciplina del lavoro agile. Sulla scorta quindi dell’esperienza pandemica il legislatore indica, ora, chiaramente l’avvio di una rivoluzione organizzativa del comparto pubblico, cui il lavoro agile non costituisce più solo un’opportunità da sperimentare e vagliare, ma il centro nevralgico di tutto il processo che si connette non a caso con il piano della performance e su un orientamento al risultato - con complessità che rinvio ad altra sede per approfondire - per il miglioramento dell’efficienza amministrativa. Il messaggio per le PA sembra ora essere che non solo ma che occorre perseguire in una nuova forma mentis a partire innanzitutto dalla dirigenza. 4. Brevi considerazioni sugli scenari futuri La modifica strutturale e non meramente emergenziale, da ultimo presentata, ha per già subito uno “scossone” a brevissimo tempo dalla sua adozione. Di certo questo in termini non solo meramente di tecnica normativa, ma di ratio legis, è difficile pensare che non abbia un effetto destabilizzante, atteso che avendo incardinato già da luglio un percorso oltre l’emergenza - al di là delle proroghe della stessa su cui per ora non mi dilungherei oltre, non essendoci i tempi – ha l’indubbio effetto di determinare uno stato di incertezza che certamente non agevola il principio costituzionale del buon andamento della pubblica 6
17Per una prima analisi di maggior dettaglio del POLA, e in particolare della sua connessione con le relazioni sindacali del pubblico impiego, anche in termini di scarso apprezzamento, presumibilmente riconducibile al blando coinvolgimento delle medesime nel processo elaborativo si rinvia a L. Zoppoli, cit.,2021, 5 ss. amministrazione che si vorrebbe invece pienamente realizzare (Riforma della pubblica amministrazione punto fondamentale del PNRR). Infatti, l’art. 14 della L. n. 124/2015 è stato nuovamente modificato al primo comma dall’art. 1, comma 2, lettera a), b) e c) del DL n. 56 del 30 aprile 2021, il quale ha ridotto dal 60% al 15% delle attività cosiddette “smartabili” la quota minima dei dipendenti che potrà avvalersi dello smart working; mentre in caso di mancata adozione del P.O.L.A., il lavoro agile si applica ad almeno al 15% dei dipendenti, ove lo richiedano, con due previsioni quindi che nell’economia di tale intervento non mi è possibile approfondire. Il percorso tracciato sembra per procedere su un doppio binario in quanto il Governo e le Confederazioni sindacali maggiormente rappresentative hanno sottoscritto in data 10 marzo 2021 il “Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale”, in cui, nella consapevolezza della centralità del lavoro agile nel pubblico, anche oltre la fase emergenziale, si impegnano nella . Si legge per nel comunicato stampa ufficiale presente sul sito della Funzione Pubblica che 18. La domanda con cui vi lascio è quindi se già le amministrazioni avrebbero dovuto raggiungere il 10% dell’organico in smart working dal 2018, almeno il 30% non assoluto ma circoscritto solo alle attività che possono essere svolte da remoto nel 2021, è un’effettiva rigidità? E in caso affermativo questo chi lo decide? Ad ogni modo la questione, ad avviso di chi scrive, non verterebbe tanto di presunte rigidità, ma di un evidente indirizzo diverso intrapreso dal legislatore a distanza di pochissimo tempo. L’abbassamento della, in realtà, al quanto flessibile percentuale (che non definirei neanche vera e propria quota) manifesta un pesante arretramento sul piano normativo che inevitabilmente comprime la spinta a un cambiamento fino ad oggi nell’ordinario molto lento, ma che ora è necessario e non più procrastinabile. Dall’altro verso pur in assenza di un rinvio legislativo espresso alla contrattazione collettiva, il combinato disposto tra norma e il citato accordo interconfederale attribuisce alle relazioni sindacali del comparto pubblico un ruolo essenziale di definizione eteronoma del testo normativo sul lavoro agile. A parere di chi scrive, pertanto in questo doppio binario il sistema sindacale è un player non solo già in campo ma quello che “dopo aver storto il naso” per lo scarso coinvolgimento nel P.O.L.A., ha ora la palla effettivamente in mano. Deciderà di avanzare rispetto all’indirizzo di arretramento espresso dal dettato normativo o accodarsi ad esso, senza dubbio, ad avviso di chi scrive, ha la possibilità di una sua nuova e in parte sconosciuta affermazione. Saprà sfruttarla? Una cosa è certa: sembra già avviarsi nel pubblico un passaggio da una piena individualizzazione del rapporto di lavoro agile incentrato sull’accordo individuale a un imprescindibile rilevanza collettiva degli interessi in gioco, verso il superamento del timore di una individualizzazione esasperata. 7
18 Consultabile open access su funzionepubblica.it 8
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