Il Cipresso - Parco archeologico del Colosseo
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Il Cipresso L’albero della vita eterna e dell’immortalità Provenienza: l’albero di cipresso (o Cupressus) è una conifera della famiglia delle Cupressaceae, del tipo sempreverde. Alcune specie sono originarie della Turchia, dell’Iran settentrionale e di Cipro, altre, invece, provengono dalla zona del Messico e della California. Il cipresso comune e un albero originario dell'Asia Minore e del Mediterraneo orientale, da tempi antichissimi molto utilizzato sia a scopo ornamentale sia negli impianti di rimboschimento. Fu introdotto in Italia forse dai Greci e poi diffuso dagli Etruschi, soprattutto in Umbria e in Toscana, dove ormai e divenuto una parte importante ed essenziale del paesaggio colturale. Venne diffuso con successo nel Mediterraneo, durante l’epoca romana, e progressivamente verso l’Europa orientale, divenendo un albero pienamente adattato, parte integrale del paesaggio e della cultura dei popoli che attorno vi gravitavano e gravitano tutt’oggi. Oggi cresce spontaneamente anche nel nord dell’Iran, nell’Afghanistan, nell’India settentrionale e in Cina. Carta d’identità dell’albero 1
Altezza: l’albero puo raggiungere altezze prossime ai 40 metri, ma in Italia e difficile che superi i 25 m. Longevità: di grande impatto visivo, questa pianta riesce a vivere per diverse centinaia di anni; raggiunge la sua piena maturita lentamente, impiegando molto tempo prima di toccare la sua altezza definitiva. Apparato radicale e fusto: e un albero sempreverde, slanciato, simile per forma ad una lingua di fuoco; la sua chioma e di color verde scuro, il tronco e colonnare, densamente ramoso fin dalla base. La corteccia e sottile, di colore grigio brunastro, fibrosa e rigata in senso longitudinale. Il legno di cipresso e caratterizzato da un colore giallognolo bruniccio con durame bruno piu scuro a contorno irregolare. Privo di canali resiniferi, ha un forte profumo con note speziate conferitogli dagli oli eterei che si trovano nella resina, confinata nello strato della corteccia. Il suo maggior pregio e l’ottima resistenza anche in ambienti umidi o all’esterno. Indicato per questo motivo per la realizzazione di infissi esterni, costruzioni navali, lavori di artigianato e mobili destinati a conservare per lunghi periodi abiti e tessuti da corredo, data la sua capacita di allontanare insetti e parassiti. In oriente ha un uso specifico nei soffitti delle case e nella componente di legno delle campane eoliche, particolarmente diffuse in Giappone. Le radici della pianta raggiungono profondita considerevoli: il ramo principale affonda nella terra almeno per la stessa lunghezza con cui l'albero si protende nel cielo, mentre le diramazioni secondarie scendono ancora di piu. Molte specie di cipresso vengono piantate come scopo ornamentale: tutti abbiamo visto almeno una volta un viale delimitato da queste conifere, in grado di donare un aspetto elegante e maestoso all’ambiente. Carta d’identità dell’albero 2
Essendo anche il simbolo della vita eterna e dell’immortalità, è stato scelto come pianta decorativa dei cimiteri ed e protagonista di un paesaggio davvero unico al mondo: dolce, armonioso, articolato in lunghe prospettive sottolineate dalle sue chiome scure con le forme a fiamma, alte, diritte, statuarie, quale una naturale scultura di arte topiaria che il vento non piega, se non appena all’apice. Proprio per questa sua caratteristica e possibile, infatti, realizzarne anche delle siepi frangivento nelle zone piu esposte. Malattie e parassiti: sono diversi i nemici dell’albero di cipresso. Tra i parassiti ci sono i coleotteri che vanno a intaccare la corteccia. Patologie tipiche del cipresso sono anche il cancro, causato dal fungo Coryneum cardinale, oppure la ruggine. Molto pericolosi anche gli afidi che si nutrono direttamente della linfa, portando presto la pianta al suo deperimento. Foglie: durante il primo anno di vita il cipresso si presenta con dei piccoli aghi, che poi cadranno, lasciando spazio alle foglie vere e proprie. La forma della chioma assume poi nel complesso la caratteristica forma conica e può essere più o meno espansa a seconda della varieta. Le foglie squamiformi, di 1 mm o anche meno, con apice ottuso di colore verde scuro, sono inserite in file opposte a croce sul ramulo. Fiori: sono poco visibili. Le infiorescenze maschili sono ovali, di circa 3 mm, di colore giallo brunastro, poste alla fine dei rametti; quelli femminili, invece, sono verdi e riuniti in piccoli grappoli. L’albero in genere fiorisce da febbraio a maggio. Frutti: i frutti sono piccole pigne, di forma rotonda od ovale, che restano sulla pianta anche per anni. Definite dai botanici “galbuli legnosi”, possono essere lunghe fino a 4 cm e ricoperte da 5-8 paia di squame, irregolarmente poliedriche, di colore grigio-giallastro. Carta d’identità dell’albero 3
Varietà di cipresso: si contano sino a 100 varietà di cipresso ma e possibile distinguere sostanzialmente due diversi ‘portamenti’ della specie del Cupressus sempervirens (il più diffuso in Italia e in Europa in genere), selezionati dall’uomo in base alla forma della chioma: stretta e colonnare oppure quasi a fiamma (dalla base piu ampia della precedente); rispettivamente la specie pyramidalis, in cui i rami tendendo verso l’alto facendo assumere all’albero la caratteristica forma a piramide, e quella horizzontalis, nella quale invece i rami sono perpendicolari al tronco e conferiscono la tradizionale “forma aperta”. Le due forme nel comune gergo vivaistico vengono chiamate “cipresso maschio” e “cipresso femmina”, o di tipo selvatico, senza che questo corrisponda effettivamente, tuttavia, alla presenza di individui maschili o femminili. Tra le varieta piu note possiamo citare anche il Cipresso dell’Arizona (Cipresso argentato), che in età matura tende a espandersi anche in larghezza, toccando i 5 metri di diametro, con foglie di color grigio-azzurro, utilizzato per lo piu come albero da ornamento. Fa parte della famiglia delle Cupressacee ma non del genere Cupressus, invece, il cosiddetto ‘Cipresso calvo’ (Taxodium distichum), alto anche sino a 84 metri, con corteccia rossastra e chioma molto rigogliosa; spesso impiegato in funzione di frangivento. Il Cipresso del Kashmir e, invece, caratterizzato da foglie pendenti, molto vistose, che contribuiscono ad ampliare il diametro della pianta. Il suo aspetto difatti e molto diverso da quello a cui siamo abituati e la sua altezza non supera i 20 metri. Il Cipresso di Monterey, e anch’esso un albero sempreverde, alto fino a 20 m, con fogliame verde brillante. Introdotto in Europa nel secolo scorso, viene spesso impiegato in sostituzione del cipresso comune nelle aree litoranee. E’ caratterizzato da una rapida crescita ed e adatto per la formazione di siepi e quinte frangivento nelle zone costiere. Carta d’identità dell’albero 4
Temperatura adatta alla coltivazione: di base questa pianta ama il clima temperato, ma vanta una buona resistenza sia al caldo che al freddo, tollerando temperature anche di diversi gradi sotto lo zero, così come temperature di poco inferiori ai 50 gradi. Il cipresso dell’Arizona, tuttavia, piu resistente alle basse temperature, fornisce un legno meno pregiato. Tipologia di terreno: il terreno in cui la pianta cresce deve essere molto profondo e umido. Si adatta a terreni poveri e ghiaiosi dal livello del mare fino a 700/800 m. Il cipresso e importante anche per il rimboschimento dei terreni argillosi e rocciosi e per la sua funzione frangivento, in difesa dai venti marini. La sua coltivazione permette di sfruttare, investire e valorizzare anche terreni scadenti e calcarei. E’ utile, inoltre, come pianta pioniera nei terreni privi di humus e, ancora oggi, come riferimento e termine di confine. In passato segnava gli incroci delle strade, fiancheggiava i viali d’ingresso di abitazioni di rilievo, ai lati della casa, o piu semplicemente era augurio di una lunga vita. Area di diffusione: non ama climi freddi e per questo e diffuso in tutte le regioni mediterranee e nei luoghi temperati. Il cipresso e, infatti, presente dal litorale tirrenico alle zone collinari interne. Spesso lo troviamo nei cimiteri, dove viene piantato da lungo tempo per il forte carico religioso e simbolico di vita e di morte che possiede, ma anche per l’aspetto severo, per la sua longevita e perche l’apparato radicale non provoca dissesti alle tombe. Carta d’identità dell’albero 5
Se in molte parti d’Italia viene impiegato per abbellire i parchi e la quiete dei cimiteri, in Toscana il cipresso costituisce un elemento inconfondibile del paesaggio, contro l’orizzonte e quasi una “vigile sentinella sul poggio”. Viene coltivato in filari, boschetti e qualche bosco, concentrati per la maggior parte nelle provincie di Firenze e Prato. Nell'area metropolitana di Roma, poi, la specie e ampiamente coltivata come pianta ornamentale, molto raramente subspontanea. In alcune isole dell’Egeo, invece, e possibile osservare questi alberi crescere sulle coste rocciose a pochi metri dal mare (ad esempio nell’Isola di Scorpios). Carta d’identità dell’albero 6
Qualche curiosità sul Cipresso… Origine del nome Il nome specifico del cipresso in latino significa 'sempreverde' e deriva dal greco 'kypárissos’ formato dall’unione di 'kuo' (‘io genero, produco germogli’) e 'párisos' (simile, uguale), in riferimento all’accrescimento simmetrico della pianta; questo termine, sicuramente preellenico, e in particolare cretese, in quanto Greci e Romani pensavano che il cipresso fosse originario di quest’isola per via degli splendidi esemplari che ornano le pendici del Monte Ida. Proprietà del cipresso e uso delle “galbule” La fortuna del cipresso come pianta medicamentosa e antichissima. Le prime tracce si ritrovano in un testo assiro databile intorno a 3500 anni fa, ma fu la diffusione dei testi di Dioscoride, che ne trattavano ampiamente, a rilanciare il suo impiego dal Medioevo in poi. La parte piu sfruttata per le sue qualita sono i suoi frutti: le pigne, dette galbule. I principi attivi contenuti, infatti, (flavonoidi, polifenoli, tannini) hanno un’azione terapeutica sulla microcircolazione e vengono utilizzati, ad esempio, per il trattamento di insufficienze venose periferiche. Altri benefici sono stati riscontrati nella sua azione antinfiammatoria su disturbi a carico del sistema respiratorio. Le foglie, i rami e le pigne hanno anche un impiego “officinale”: dalla corteccia si ricava per distillazione un olio essenziale usato in profumeria; il legno, particolarmente resistente, era utilizzato sin da tempi antichi per le costruzioni navali, la costruzione di casse e cornici, nonche di porte e portoni, come e accaduto per le prime porte della Basilica di San Pietro. Storia, usi e tradizioni dell’albero 7
I rametti di cipresso, carichi di galbule, vengono anche utilizzati per splendide decorazioni natalizie: il loro riflesso argentato consente di non ricorrere a colorazioni aggiuntive, creando un gradevole contrasto con un elemento di verde piu deciso, come quello dell’abete. Una volta fissati con ferretti verdi da fioraio, basta aggiungere un bel fiocco e qualche pigna raccolta al momento opportuno o delle bacche di piracanta, per poter confezionare una ghirlanda augurale da appendere alla porta o al muro esterno di casa. Il Cipresso come “simbolo di vita” In tutte le culture del passato il fuoco e sempre stato associato alla luce e quindi alla vita, all’essenza dell’immortalita: questo aspetto puo essere ravvisato in molte delle divinita maschili degli antichi pantheon. I Persiani, adoratori del fuoco, consideravano il cipresso una pianta sacra da coltivare in prossimita dei templi: la sua forma slanciata ricordava, infatti, la fiamma. Proprio la forma del cipresso lo ricollega al valore della vita anche in altre culture, seppur per ragioni diverse. Lo chiamavano, infatti, “primo albero del paradiso”. Per gli antichi Romani la sua forma vagamente fallica lo indicava quale simbolo di fertilita e, per questo, era loro usanza porre a guardia delle terre coltivate, di campi, giardini, vigne delle statue di Priapo intagliate nel legno di cipresso. Per la stessa ragione si piantava, in forma augurale, un cipresso per ogni figlia femmina nata. Il poeta Catullo, famoso per le sue liriche amorose, annovera il cipresso fra gli alberi che gli sposi erano soliti ricevere in dono, a conferma del suo valore simbolico del perpetuarsi della vita. Nella tradizione novellistica dell’area mediorientale del Mediterraneo era simbolo dell’amante, che si contrapponeva alla rosa per la figura femminile. Questa valenza, del tutto perduta in occidente, si e mantenuta viva in oriente dove il valore simbolico delle piante e ancora parte della cultura comune. Storia, usi e tradizioni dell’albero 8
In qualita di sempreverde era considerato simbolo di vita, ma ancora di piu lo era per l’estrema longevita: puo, infatti, superare i cinquecento anni e fonti documentarie portano testimonianza di esemplari addirittura millenari. Nel nord Africa, infatti, alcuni alberi di Cupressus Duprezania possono raggiungere, secondo attuali valutazioni, la rispettabile eta di 4.000 anni. Il Cipresso come “simbolo di morte” Della sua presenza parlano, nei loro scritti, Plinio e Cicerone e lo troviamo raffigurato in affreschi pompeiani e stucchi di epoca imperiale: raro privilegio dal momento che l'arte figurativa antica non indulgeva a rappresentazioni realistiche di vegetali e paesaggi. La valenza simbolica del cipresso ha, dunque, La trasformazione di Ciparisso, radici antichissime; piu recente, invece, e Domenichino 1616 l’associazione con il simbolismo funerario. Tutto ha inizio con i poeti Latini che, riprendendo il mito greco, lo resero oltremodo popolare. Ovidio, finissimo poeta, nelle sue “Metamorfosi” narra la triste storia di Ciparisso e del suo fantastico cervo dalle corna d’oro. Fu un destino crudele a porre fine a quell’amicizia: un giavellotto lanciato per gioco trafisse, infatti, il cervo sdraiato nell’erba alta e nascosto alla vista. Deciso allora a morire per seguire il compagno di una vita di giochi, Ciparisso eluse l’intervento di Apollo accorso per consolarlo e, come aveva chiesto, fu trasformato in un cipresso a simboleggiare un lutto eterno. Attraverso il diffondersi di altri miti (quali la metamorfosi delle figlie di Etocle), i versi di altri poeti (Virgilio che lo considerava un albero cupo) e l’affermarsi di altre usanze (secondo Terenzio Varrone i rami del cipresso venivano impiegati anche nella cremazione dei corpi), confermata l’interpretazione di questo simbolo nelle epoche successive (il Marino, ad esempio, lo usò come monito contro un eccessivo amore delle cose terrene), giungiamo a quella che resta la piu sentita riflessione sulla morte in cui compare il cipresso, i “Sepolcri” di Ugo Foscolo: “All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne confortate di pianto è forse il sonno della morte men duro?”. Storia, usi e tradizioni dell’albero 9
Il Carducci lo segue nel malinconico “Davanti San Guido” (dalle Rime Nuove): “I cipressi che a Bolgheri alti e schietti/ van da San Guido in duplice filar,/ quasi in corsa giganti giovinetti/mi balzarono incontro e mi guardar.…”, con questo celebre incipit il poeta intesse un originale dialogo con queste piante di solito riservate e silenziosissime. Le leggende di San Francesco Due, infine, sono le leggende che legano il cipresso al piu popolare dei Santi italiani. La prima narra di come San Francesco, trovandosi vicino Forlì nell’anno 1213, accortosi che uno dei pezzi di legno del fuoco di bivacco non bruciava, lo allontano dal braciere e lo mise sottoterra pronunciando queste parole: “Se proprio non vuoi bruciare, ritorna a vivere.” Da quel tronchetto, allora, nacque il cipresso che ancor oggi si trova presso il convento di Santa Croce. Due anni piu tardi, secondo un’altra leggenda, il Santo fondo il convento di Villa Verrucchio attorno ad un ramo di cipresso piantato al centro del futuro chiostro. Il ramo, che avrebbe radicato (e vive ancora dopo quasi quattrocento anni), era stato un dono di commiato a Francesco dalla famiglia Leonardi. Storia, usi e tradizioni dell’albero 10
Il Cipresso nella Bibbia e nell’antichità La letteratura dell’antichita e ricca di citazioni che riguardano il cipresso. La leggenda vuole che il seme del cipresso sia stato dato da un angelo a Seth che lo pose sotto la lingua di Adamo, per far poi sorgere l'albero col cui legno fu fabbricata la Croce di Cristo. Quando si parla di legni pregiati, di essenze particolarmente dure e durevoli, spesso si dimentica che il cipresso ha queste caratteristiche. Così durevole, così incorruttibile, così affidabile che il Signore stesso ordino a Noe nel Libro della Genesi: “Fatti un’arca di legno di cipresso”. All’ulivo spetto l’onore di annunciare il ritiro delle acque e il ritorno della vita sulla terra dopo il Diluvio universale, ma il compito di salvare quella vita fu affidato soltanto al cipresso: nessuno fra gli altri legni fu considerato all’altezza di superare una prova così ardua. Oltre all’Arca di Noe erano di legno di cipresso la flotta del grande Alessandro e le navi di Nemi. Nell’antichita il legno di cipresso aveva, dunque, usi specifici sempre ricollegabili alle sue caratteristiche di grande durabilita, oltre che al valore simbolico di pianta immortale, legata tanto alla vita come alla morte: le porte dei templi, le statue lignee, i sarcofagi e le bare di personaggi importanti presso gli antichi, gli strumenti musicali quali i clavicembali, in tempi piu recenti. Altri esemplari centenari di cipresso si dice che furono piantati da personaggi storici antichissimi e leggendari (Carlo Magno, il paladino Orlando, Attila, perfino Numa Pompilio) e alla morte di questi alberi in particolare si credeva fosse collegata qualche sventura per il mondo. Storia, usi e tradizioni dell’albero 11
Il Cipresso nella pittura e nel paesaggio della Toscana Inutile cercarlo nelle pitture e negli affreschi medievali, in cui le piante sono generiche o simboliche, ma certamente il cipresso in quel periodo cresceva e si spontaneizzava, per presentarsi poi, come una scoperta, ai pittori della fine del Medioevo e soprattutto del Rinascimento, che ammirarono le cuspidi arboree delle ordinate matasse verdi riproducendole nei loro quadri per spartire lo spazio, i cieli, il paesaggio. Celebri sono quelli nei dipinti del Beato Angelico, di Benozzo Gozzoli, di Sebastiano Mainardi, di Paolo Uccello, Leonardo da Vinci, Domenico Veneziano. Ai nostri tempi il poeta dei cipressi e stato Rosai, che lo ha dipinto soprattutto in quelle stradine di collina intorno a Firenze, dai cui muraglioni grigi traboccano Noli me tangere, Beato Angelico 1438-40 prima allori e poi cipressi che svettano altissimi. La particolarita del paesaggio della Toscana, tuttavia, rispetto al resto della penisola, e quella d'aver fatto di questa pianta un elemento monumentale, d'ornamento e orientamento al tempo stesso: in cima ai cocuzzoli, in L’Annunciazione, radure aride, in mezzo alle macchie i cipressi sono come Leonardo Da Vinci 1472 gemme sull’orizzonte; una sorta di “sacrario della natura” in mezzo ai campi. Storia, usi e tradizioni dell’albero 12
Il “mondo interno” del Cipresso Avete mai provato sull'imbrunire a percuotere con un sasso il tronco di cipresso? Ne esce fuori un nugolo di animali: ghiri, scoiattoli, uccelli che fanno somigliare quell’albero a un grattacielo, a una casa fatata, animata di presenze animali e misteriose. Caratteristica propria del cipresso e, infatti, quella di costituire da solo un “mondo chiuso”, una zona appartata, segreta, alla quale accedono figure privilegiate come i bambini, per la loro naturale curiosita e per il fatto che tra i rami puo entrare solo chi e di corporatura piccola. Per un adulto e quasi impossibile insinuarsi nella sua intricata e fitta ramaglia! E dove e piu fitta e buia la chioma, si possono trovare a passare, di giorno, anche rapaci: la Campo di grano con cipressi, civetta, il gufo, l'allocco, e uccelli di tutti i tipi che Vincent Van Gogh 1889 volano via al minimo sospetto, lasciando nidi d'ogni genere con uova o pulcini. Le grandi piante di cipresso che sorgono vicine agli abitati ospitano anche strani oggetti, a volte antichi, rovinati. I rami di questa pianta hanno la capacita di trattenere quello che viene lanciato da terra, spesso senza lasciarlo ricadere nonostante il vento e i lunghi anni. Quasi tutto cio che e stato tirato tra i rami o portato dal vento, si ferma, in mezzo a quelle sbarre resinose e profumate, e rimane lì: bastoni, vecchie scarpe, ombrelli, palloni, giocattoli, bussolotti, tegami rotti, padelle; dopo la guerra si potevano trovare addirittura cose nascoste dentro la chioma per essere magari riprese in seguito, come armi o munizioni. All’interno di un grosso cipresso si puo nascondere anche una persona: da qui forse la credenza dei Sentiero di notte in Provenza, “Luminelli”, anime vaganti che si diceva abitassero Vincent Van Gogh 1890 dentro i cipressi con un lumino acceso e che di notte spaventavano i passanti chiamandoli per nome o con urli, risate, muggiti. Storia, usi e tradizioni dell’albero 13
La leggenda del Cipresso di Sant'Antonino a Campestri Detto anche Cipresso di San Romolo, quest’albero si trova, appunto, davanti alla chiesa di San Romolo, a Campestri, sul Monte Giovi nel Comune di Vicchio Mugello. All’interno di Villa Campestri (ex Villa Roti), non lontano dalla chiesa, una lapide in una stanza ricorda che lì dimoro Sant’Antonio durante una visita pastorale: «Nell'anno del Signore 1446 il Santo Arcivescovo Antonino, portandosi in sacra visita pastorale alla vicina parrocchia di San Romolo, in quest'umile cameretta ebbe ricetto e, quasi divinamente ispirato, consolò i coniugi Roti, fino allora privi di prole, col lieto annunzio che il Signore darebbe loro discendenza». All'inizio del Novecento poi un fulmine abbatte la cima del cipresso, ma piu grave fu l'opera dei tedeschi nel 1944: alcuni soldati purtroppo minarono il tronco, posizionando un pezzo d'artiglieria proprio a ridosso della chiesa: della pianta rimasero soltanto parte del fusto e qualche ramo laterale. Dopo diversi anni la pianta, oggi, ha finalmente ripreso in parte il suo portamento. Su questo albero in particolare si narra un’antica leggenda: “Il gran cipresso, che si vede ancora sul piazzale davanti alla chiesa di San Romolo a Campestri, una volta era molto più alto e più grande, essendo vecchio di parecchi secoli. È detto il cipresso di Sant'Antonino perché fu prediletto dal Santo Vescovo di Firenze, il quale era andato a Campestri in visita pastorale. Come fu giunto alla parrocchia, venne ricevuto con tutti gli onori e, finite le incombenze del mattino, fu invitato a un convito in una grande sala, riccamente addobbata e con una mensa imbandita con molte vivande in compagnia dei prelati e delle persone più ricche e più nobili della zona. Storia, usi e tradizioni dell’albero 14
Quando vide tutto questo Antonino disse ai commensali: “Mangiate voi qui queste cose che io mi siedo alla mensa di Cristo.” Lasciati tutti, uscì sul piazzale e andò a sedersi all'ombra di quel cipresso, che allora era giovane e schietto, dove stavano mangiando alcuni contadini e braccianti che avevano lavorato nei campi. Si fece portare poche frugali vivande e fece il desinare con quella gente semplice, la quale, allorché ebbe finito il suo pasto, tornò al lavoro. Antonino si pose allora a pregare e poi, attendendo che gli altri avessero finito il banchetto, s'addormentò sull'erba, là dove aveva mangiato. Passò del tempo, ma l'ombra del cipresso non si mosse, proteggendo dal sole il sonno del Santo. Fu quando arrivarono i prelati e gli altri invitati al pranzo che Antonino si ridestò. Allora tutti videro muoversi l'ombra e riprendere la direzione naturale nei raggi del sole, dal quale fino ad allora aveva protetto il Santo Vescovo.” Dove potrai trovare il Cipresso al PArCo? Il Cipresso e tra le specie piu diffuse all’interno del paesaggio naturale dell’area archeologica del PArCo. Diversi esemplari si raggruppano proprio a sud dell’area di San Bonaventura oppure in corrispondenza dello splendido affaccio della terrazza degli Horti Farnesiani sul Foro Romano: il loro impianto risale alla fine dell’800. Attraversando, invece, le pendici orientali del Colle Palatino, lungo il viale di San Gregorio, è possibile incontrarne diversi risalenti agli inizi del ‘900. Scheda di approfondimento _ Il Cipresso, l’albero della vita eterna e dell’immortalità Servizio Educazione Didattica e Formazione “I nostri amici alberi del PArCo” Progetto didattico per la Scuola dell’Infanzia e la Scuola Primaria; a cura di Elena Ferrari in collaborazione con Gabriella Strano (PArCo) e Alessandra Cini e Ilaria Patriarca. Editing e lay-out: Andrea Schiappelli. Il logo del “PArCo Green” è di Simonetta Massimi. Roma_marzo 2021 Storia, usi e tradizioni dell’albero 15
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