Il Cipresso - Parco archeologico del Colosseo

Pagina creata da Pasquale Ruggeri
 
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Il Cipresso - Parco archeologico del Colosseo
Il Cipresso
                  L’albero della vita eterna e dell’immortalità

   Provenienza: l’albero di cipresso (o Cupressus) è una conifera della famiglia
   delle Cupressaceae, del tipo sempreverde. Alcune specie sono originarie della
   Turchia, dell’Iran settentrionale e di Cipro, altre, invece, provengono dalla zona
   del Messico e della California.
   Il cipresso comune e un albero originario dell'Asia Minore e del Mediterraneo
   orientale, da tempi antichissimi molto utilizzato sia a scopo ornamentale sia
   negli impianti di rimboschimento. Fu introdotto in Italia forse dai Greci e poi
   diffuso dagli Etruschi, soprattutto in Umbria e in Toscana, dove ormai e
   divenuto una parte importante ed essenziale del paesaggio colturale. Venne
   diffuso con successo nel Mediterraneo, durante l’epoca romana, e
   progressivamente verso l’Europa orientale, divenendo un albero pienamente
   adattato, parte integrale del paesaggio e della cultura dei popoli che attorno vi
   gravitavano e gravitano tutt’oggi. Oggi cresce spontaneamente anche nel nord
   dell’Iran, nell’Afghanistan, nell’India settentrionale e in Cina.

Carta d’identità dell’albero                                                            1
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Altezza: l’albero puo raggiungere altezze prossime ai 40 metri, ma in Italia e difficile
che superi i 25 m.
Longevità: di grande impatto visivo, questa
pianta riesce a vivere per diverse centinaia di
anni; raggiunge la sua piena maturita
lentamente, impiegando molto tempo prima di
toccare la sua altezza definitiva.
Apparato radicale e fusto: e un albero
sempreverde, slanciato, simile per forma ad
una lingua di fuoco; la sua chioma e di color
verde scuro, il tronco e colonnare, densamente
ramoso fin dalla base. La corteccia e sottile, di
colore grigio brunastro, fibrosa e rigata in
senso longitudinale.
Il legno di cipresso e caratterizzato da un colore
giallognolo bruniccio con durame bruno piu
scuro a contorno irregolare. Privo di canali
resiniferi, ha un forte profumo con note
speziate conferitogli dagli oli eterei che si
trovano nella resina, confinata nello strato della
corteccia.
Il suo maggior pregio e l’ottima resistenza anche in ambienti umidi o all’esterno.
Indicato per questo motivo per la realizzazione di infissi esterni, costruzioni navali,
lavori di artigianato e mobili destinati a conservare per lunghi periodi abiti e tessuti
da corredo, data la sua capacita di allontanare insetti e parassiti.
In oriente ha un uso specifico nei soffitti delle case e nella componente di legno delle
campane eoliche, particolarmente diffuse in Giappone.
Le radici della pianta raggiungono profondita considerevoli: il ramo principale
affonda nella terra almeno per la stessa lunghezza con cui l'albero si protende nel
cielo, mentre le diramazioni secondarie scendono ancora di piu.
Molte specie di cipresso vengono piantate come scopo ornamentale: tutti abbiamo
visto almeno una volta un viale delimitato da queste conifere, in grado di donare un
aspetto elegante e maestoso all’ambiente.

Carta d’identità dell’albero                                                         2
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Essendo anche il simbolo della vita eterna e dell’immortalità, è stato scelto come
pianta decorativa dei cimiteri ed e protagonista di un paesaggio davvero unico al
mondo: dolce, armonioso, articolato in lunghe prospettive sottolineate dalle sue
chiome scure con le forme a fiamma, alte, diritte, statuarie, quale una naturale scultura
di arte topiaria che il vento non piega, se non appena all’apice. Proprio per questa sua
caratteristica e possibile, infatti, realizzarne anche delle siepi frangivento nelle zone
piu esposte.
                                  Malattie e parassiti: sono diversi i nemici
                                  dell’albero di cipresso. Tra i parassiti ci sono
                                  i coleotteri che vanno a intaccare la corteccia.
                                  Patologie tipiche del cipresso sono anche
                                  il cancro, causato dal fungo Coryneum cardinale,
                                  oppure la ruggine. Molto pericolosi anche gli afidi che
                                  si nutrono direttamente della linfa, portando presto
                                  la pianta al suo deperimento.

Foglie: durante il primo anno di vita il cipresso si presenta
con dei piccoli aghi, che poi cadranno, lasciando spazio alle
foglie vere e proprie. La forma della chioma assume poi nel
complesso la caratteristica forma conica e può essere più o
meno espansa a seconda della varieta. Le foglie squamiformi,
di 1 mm o anche meno, con apice ottuso di colore verde scuro,
sono inserite in file opposte a croce sul ramulo.
Fiori: sono poco visibili. Le infiorescenze maschili sono ovali,
di circa 3 mm, di colore giallo brunastro, poste alla fine dei
rametti; quelli femminili, invece, sono verdi e riuniti in piccoli
grappoli. L’albero in genere fiorisce da febbraio a maggio.
Frutti: i frutti sono piccole pigne, di forma rotonda od ovale,
che restano sulla pianta anche per anni. Definite dai
botanici “galbuli legnosi”, possono essere lunghe fino a 4 cm
                           e ricoperte da 5-8 paia di squame,
                           irregolarmente      poliedriche,  di
                           colore grigio-giallastro.

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Varietà di cipresso: si contano sino a 100 varietà di cipresso ma e possibile
distinguere sostanzialmente due diversi ‘portamenti’ della specie del Cupressus
sempervirens (il più diffuso in Italia e in Europa in genere), selezionati dall’uomo in
                                base alla forma della chioma: stretta e colonnare
                                oppure quasi a fiamma (dalla base piu ampia della
                                precedente); rispettivamente la specie pyramidalis, in
                                cui i rami tendendo verso l’alto facendo assumere
                                all’albero la caratteristica forma a piramide, e quella
                                horizzontalis, nella quale invece i rami sono
                                perpendicolari al tronco e conferiscono la tradizionale
                                “forma aperta”. Le due forme nel comune gergo
                                vivaistico vengono chiamate
                                “cipresso maschio” e “cipresso
                                femmina”, o di tipo selvatico,
                                senza che questo corrisponda
                                effettivamente, tuttavia, alla
                                presenza di individui maschili o
                                femminili.
Tra le varieta piu note possiamo citare anche il Cipresso
dell’Arizona (Cipresso argentato), che in età matura tende a
espandersi anche in larghezza, toccando i 5 metri di diametro,
con foglie di color grigio-azzurro, utilizzato per lo piu
come albero da ornamento.
Fa parte della famiglia delle Cupressacee ma non del genere Cupressus, invece, il
cosiddetto ‘Cipresso calvo’ (Taxodium distichum), alto anche sino a 84 metri, con
corteccia rossastra e chioma molto rigogliosa; spesso impiegato in funzione di
frangivento.
                                   Il Cipresso del Kashmir e, invece, caratterizzato
                                   da foglie    pendenti,    molto    vistose,   che
                                   contribuiscono ad ampliare il diametro della
                                   pianta. Il suo aspetto difatti e molto diverso da
                                   quello a cui siamo abituati e la sua altezza non
                                   supera i 20 metri.
                                  Il Cipresso di Monterey, e anch’esso un albero
                                  sempreverde, alto fino a 20 m, con fogliame verde
brillante. Introdotto in Europa nel secolo scorso, viene spesso impiegato in
sostituzione del cipresso comune nelle aree litoranee. E’ caratterizzato da
una rapida crescita ed e adatto per la formazione di siepi e quinte
frangivento nelle zone costiere.

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Temperatura adatta alla coltivazione: di base
questa pianta ama il clima temperato, ma vanta
una buona resistenza sia al caldo che al freddo,
tollerando temperature anche di diversi gradi
sotto lo zero, così come temperature di poco
inferiori ai 50 gradi. Il cipresso dell’Arizona,
tuttavia, piu resistente alle basse temperature,
fornisce un legno meno pregiato.
Tipologia di terreno: il terreno in cui la pianta
cresce deve essere molto profondo e umido. Si
adatta a terreni poveri e ghiaiosi dal livello del
mare fino a 700/800 m.
Il cipresso e importante anche per il
rimboschimento dei terreni argillosi e rocciosi e
per la sua funzione frangivento, in difesa dai
venti marini.
La sua coltivazione permette di sfruttare, investire e valorizzare anche terreni
scadenti e calcarei. E’ utile, inoltre, come pianta pioniera nei terreni privi di humus e,
ancora oggi, come riferimento e termine di confine.
                                      In passato segnava gli incroci delle strade,
                                      fiancheggiava i viali d’ingresso di abitazioni di
                                      rilievo, ai lati della casa, o piu semplicemente era
                                      augurio di una lunga vita.
                                      Area di diffusione: non ama climi freddi e per
                                      questo e diffuso in tutte le regioni mediterranee e
                                      nei luoghi temperati. Il cipresso e, infatti,
                                      presente dal litorale tirrenico alle zone collinari
                                      interne.
                                      Spesso lo troviamo nei cimiteri, dove viene
                                      piantato da lungo tempo per il forte carico
                                      religioso e simbolico di vita e di morte che
                                      possiede, ma anche per l’aspetto severo, per la
                                      sua longevita e perche l’apparato radicale non
                                      provoca dissesti alle tombe.

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Se in molte parti d’Italia viene impiegato per abbellire i parchi e la quiete dei cimiteri,
in Toscana il cipresso costituisce un elemento inconfondibile del paesaggio, contro
l’orizzonte e quasi una “vigile sentinella sul poggio”.
Viene coltivato in filari, boschetti e qualche bosco, concentrati per la maggior parte
nelle provincie di Firenze e Prato.

Nell'area metropolitana di Roma, poi, la specie e ampiamente coltivata come pianta
ornamentale, molto raramente subspontanea.
In alcune isole dell’Egeo, invece, e possibile osservare questi alberi crescere sulle coste
rocciose a pochi metri dal mare (ad esempio nell’Isola di Scorpios).

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Qualche curiosità sul Cipresso…

Origine del nome
Il nome specifico del cipresso in latino significa 'sempreverde' e deriva dal greco
'kypárissos’ formato dall’unione di 'kuo' (‘io genero, produco germogli’) e
'párisos' (simile, uguale), in riferimento all’accrescimento simmetrico della pianta;
questo termine, sicuramente preellenico, e in particolare cretese, in quanto Greci e
Romani pensavano che il cipresso fosse originario di quest’isola per via degli
splendidi esemplari che ornano le pendici del Monte Ida.

Proprietà del cipresso e uso delle “galbule”
                                               La fortuna del cipresso come pianta
                                               medicamentosa e antichissima. Le prime
                                               tracce si ritrovano in un testo assiro
                                               databile intorno a 3500 anni fa, ma fu la
                                               diffusione dei testi di Dioscoride, che ne
                                               trattavano ampiamente, a rilanciare il
                                               suo impiego dal Medioevo in poi.
                                              La parte piu sfruttata per le sue qualita
                                              sono i suoi frutti: le pigne, dette galbule. I
                                              principi     attivi     contenuti,    infatti,
(flavonoidi, polifenoli, tannini) hanno un’azione terapeutica sulla microcircolazione e
vengono utilizzati, ad esempio, per il trattamento di insufficienze venose periferiche.
Altri benefici sono stati riscontrati nella sua azione antinfiammatoria su disturbi a
carico del sistema respiratorio.
Le foglie, i rami e le pigne hanno anche un impiego
“officinale”: dalla corteccia si ricava per
distillazione un olio essenziale usato in profumeria;
il legno, particolarmente resistente, era utilizzato
sin da tempi antichi per le costruzioni navali, la
costruzione di casse e cornici, nonche di porte e
portoni, come e accaduto per le prime porte della
Basilica di San Pietro.

Storia, usi e tradizioni dell’albero
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I rametti di cipresso, carichi di galbule, vengono anche utilizzati per splendide
                         decorazioni natalizie: il loro riflesso argentato consente di
                         non ricorrere a colorazioni aggiuntive, creando un
                         gradevole contrasto con un elemento di verde piu deciso,
                         come quello dell’abete. Una volta fissati con ferretti verdi da
                         fioraio, basta aggiungere un bel fiocco e qualche pigna
                         raccolta al momento opportuno o delle bacche di piracanta,
                         per poter confezionare una ghirlanda augurale da
                         appendere alla porta o al muro esterno di casa.

Il Cipresso come “simbolo di vita”
In tutte le culture del passato il fuoco e sempre stato associato alla luce e quindi alla
vita, all’essenza dell’immortalita: questo aspetto puo essere ravvisato in molte delle
divinita maschili degli antichi pantheon.
I Persiani, adoratori del fuoco, consideravano il cipresso una pianta sacra da coltivare
in prossimita dei templi: la sua forma slanciata ricordava, infatti, la fiamma. Proprio la
forma del cipresso lo ricollega al valore della vita anche in altre culture, seppur per
ragioni diverse. Lo chiamavano, infatti, “primo albero del paradiso”.
Per gli antichi Romani la sua forma vagamente fallica lo indicava quale simbolo di
fertilita e, per questo, era loro usanza porre a guardia delle terre coltivate, di campi,
giardini, vigne delle statue di Priapo intagliate nel legno di cipresso.
Per la stessa ragione si piantava, in forma augurale, un cipresso per ogni figlia
femmina nata.
                                   Il poeta Catullo, famoso per le sue liriche amorose,
                                   annovera il cipresso fra gli alberi che gli sposi erano
                                   soliti ricevere in dono, a conferma del suo valore
                                   simbolico del perpetuarsi della vita.
                                   Nella tradizione novellistica dell’area mediorientale
                                   del Mediterraneo era simbolo dell’amante, che si
                                   contrapponeva alla rosa per la figura femminile.
                                   Questa valenza, del tutto perduta in occidente, si e
                                   mantenuta viva in oriente dove il valore simbolico
                                   delle piante e ancora parte della cultura comune.

Storia, usi e tradizioni dell’albero
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In qualita di sempreverde era considerato simbolo di vita, ma ancora di piu lo era per
l’estrema longevita: puo, infatti, superare i cinquecento anni e fonti documentarie
portano testimonianza di esemplari addirittura millenari. Nel nord Africa, infatti,
alcuni alberi di Cupressus Duprezania possono raggiungere, secondo attuali
valutazioni, la rispettabile eta di 4.000 anni.

Il Cipresso come “simbolo di morte”
Della sua presenza parlano, nei loro scritti, Plinio e Cicerone e lo troviamo raffigurato
in affreschi pompeiani e stucchi di epoca imperiale: raro privilegio dal momento che
l'arte figurativa antica non indulgeva a rappresentazioni realistiche di vegetali e
paesaggi.
La valenza simbolica del cipresso ha, dunque,               La trasformazione di Ciparisso,
radici antichissime; piu recente, invece, e                         Domenichino 1616
l’associazione con il simbolismo funerario.
Tutto ha inizio con i poeti Latini che, riprendendo il mito
greco, lo resero oltremodo popolare. Ovidio, finissimo
poeta, nelle sue “Metamorfosi” narra la triste storia di
Ciparisso e del suo fantastico cervo dalle corna d’oro. Fu un
destino crudele a porre fine a quell’amicizia: un giavellotto
lanciato per gioco trafisse, infatti, il cervo sdraiato nell’erba
alta e nascosto alla vista. Deciso allora a morire per seguire
il compagno di una vita di giochi, Ciparisso eluse
l’intervento di Apollo accorso per consolarlo e, come aveva
chiesto, fu trasformato in un cipresso a simboleggiare un
lutto eterno.
                        Attraverso il diffondersi di altri miti (quali la metamorfosi
                        delle figlie di Etocle), i versi di altri poeti (Virgilio che lo
                        considerava un albero cupo) e l’affermarsi di altre usanze
                        (secondo Terenzio Varrone i rami del cipresso venivano
                        impiegati anche nella cremazione dei corpi), confermata
                        l’interpretazione di questo simbolo nelle epoche successive (il
                        Marino, ad esempio, lo usò come monito contro un
                        eccessivo amore delle cose terrene), giungiamo a quella che
                        resta la piu sentita riflessione sulla morte in cui compare il
                        cipresso, i “Sepolcri” di Ugo Foscolo: “All’ombra de’ cipressi e
dentro l’urne confortate di pianto è forse il sonno della morte men duro?”.

Storia, usi e tradizioni dell’albero
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Il     Carducci    lo    segue    nel
malinconico        “Davanti      San
Guido” (dalle Rime Nuove): “I
cipressi che a Bolgheri alti e
schietti/ van da San Guido in duplice
filar,/ quasi in corsa giganti
giovinetti/mi balzarono incontro e
mi guardar.…”, con questo celebre
incipit il poeta intesse un originale
dialogo con queste piante di solito riservate e silenziosissime.

Le leggende di San Francesco
Due, infine, sono le leggende che legano il cipresso al piu popolare dei Santi italiani.
La prima narra di come San Francesco, trovandosi vicino Forlì nell’anno 1213,
accortosi che uno dei pezzi di legno del fuoco di bivacco non bruciava, lo allontano dal
braciere e lo mise sottoterra pronunciando queste parole: “Se proprio non vuoi
bruciare, ritorna a vivere.”
                                                            Da quel tronchetto, allora,
                                                            nacque il cipresso che ancor
                                                            oggi si trova presso il
                                                            convento di Santa Croce.
                                                            Due anni piu tardi, secondo
                                                            un’altra leggenda, il Santo
                                                            fondo il convento di Villa
                                                            Verrucchio attorno ad un
                                                            ramo di cipresso piantato al
                                                            centro del futuro chiostro.
                                                      Il ramo, che avrebbe
                                                      radicato (e vive ancora dopo
quasi quattrocento anni), era stato un dono di commiato a Francesco dalla famiglia
Leonardi.

Storia, usi e tradizioni dell’albero                                                   10
Il Cipresso nella Bibbia e nell’antichità
La letteratura dell’antichita e ricca di citazioni che riguardano il cipresso.
La leggenda vuole che il seme del cipresso sia
stato dato da un angelo a Seth che lo pose
sotto la lingua di Adamo, per far poi sorgere
l'albero col cui legno fu fabbricata la Croce di
Cristo.
Quando si parla di legni pregiati, di essenze
particolarmente dure e durevoli, spesso si
dimentica che il cipresso ha queste
caratteristiche.     Così      durevole,      così
incorruttibile, così affidabile che il Signore stesso ordino a Noe nel Libro della Genesi:
“Fatti un’arca di legno di cipresso”.
All’ulivo spetto l’onore di annunciare il ritiro delle acque e il ritorno della vita sulla
terra dopo il Diluvio universale, ma il compito di salvare quella vita fu affidato
soltanto al cipresso: nessuno fra gli altri legni fu considerato all’altezza di superare
una prova così ardua. Oltre all’Arca di Noe erano di legno di cipresso la flotta del
grande Alessandro e le navi di Nemi.
Nell’antichita il legno di cipresso aveva, dunque, usi specifici sempre ricollegabili alle
sue caratteristiche di grande durabilita, oltre che al valore simbolico di pianta
immortale, legata tanto alla vita come alla morte: le porte dei templi, le statue lignee, i
sarcofagi e le bare di personaggi importanti presso gli antichi, gli strumenti musicali
quali i clavicembali, in tempi piu recenti.
                                                        Altri esemplari centenari di
                                                        cipresso si dice che furono
                                                        piantati da personaggi storici
                                                        antichissimi e leggendari (Carlo
                                                        Magno, il paladino Orlando,
                                                        Attila, perfino Numa Pompilio) e
                                                        alla morte di questi alberi in
                                                        particolare si credeva fosse
                                                        collegata qualche sventura per il
                                                        mondo.

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Il Cipresso nella pittura e nel paesaggio della Toscana

Inutile cercarlo nelle pitture e negli affreschi medievali,
in cui le piante sono generiche o simboliche, ma
certamente il cipresso in quel periodo cresceva e si
spontaneizzava, per presentarsi poi, come una scoperta,
ai pittori della fine del Medioevo e soprattutto del
Rinascimento, che ammirarono le cuspidi arboree delle
ordinate matasse verdi riproducendole nei loro quadri
per spartire lo spazio, i cieli, il paesaggio. Celebri sono
quelli nei dipinti del Beato Angelico, di Benozzo Gozzoli,
di Sebastiano Mainardi, di Paolo Uccello, Leonardo da
Vinci, Domenico Veneziano.
Ai nostri tempi il poeta dei cipressi e stato Rosai, che lo
ha dipinto soprattutto in quelle stradine di collina
intorno a Firenze, dai cui muraglioni grigi traboccano              Noli me tangere,
                                                                  Beato Angelico 1438-40
prima allori e poi cipressi che svettano altissimi.
La particolarita del paesaggio della Toscana, tuttavia, rispetto al resto della penisola, e
quella d'aver fatto di questa pianta un elemento monumentale, d'ornamento e
                               orientamento al tempo stesso: in cima ai cocuzzoli, in
       L’Annunciazione,        radure aride, in mezzo alle macchie i cipressi sono come
     Leonardo Da Vinci 1472    gemme sull’orizzonte; una sorta di “sacrario della
                               natura” in mezzo ai campi.

Storia, usi e tradizioni dell’albero                                                       12
Il “mondo interno” del Cipresso
Avete mai provato sull'imbrunire a percuotere con un sasso il tronco di cipresso? Ne
esce fuori un nugolo di animali: ghiri, scoiattoli, uccelli che fanno somigliare
quell’albero a un grattacielo, a una casa fatata, animata di presenze animali e
misteriose.
                                       Caratteristica propria del cipresso e, infatti, quella di
                                       costituire da solo un “mondo chiuso”, una zona
                                       appartata, segreta, alla quale accedono figure
                                       privilegiate come i bambini, per la loro naturale
                                       curiosita e per il fatto che tra i rami puo entrare solo
                                       chi e di corporatura piccola. Per un adulto e quasi
                                       impossibile insinuarsi nella sua intricata e fitta
                                       ramaglia! E dove e piu fitta e buia la chioma, si
                                       possono trovare a passare, di giorno, anche rapaci: la
   Campo di grano con cipressi,        civetta, il gufo, l'allocco, e uccelli di tutti i tipi che
       Vincent Van Gogh 1889           volano via al minimo sospetto, lasciando nidi d'ogni
                                       genere con uova o pulcini.
Le grandi piante di cipresso che sorgono vicine agli
abitati ospitano anche strani oggetti, a volte antichi,
rovinati. I rami di questa pianta hanno la capacita di
trattenere quello che viene lanciato da terra, spesso
senza lasciarlo ricadere nonostante il vento e i
lunghi anni. Quasi tutto cio che e stato tirato tra i
rami o portato dal vento, si ferma, in mezzo a quelle
sbarre resinose e profumate, e rimane lì: bastoni,
vecchie scarpe, ombrelli, palloni, giocattoli,
bussolotti, tegami rotti, padelle; dopo la guerra si
potevano trovare addirittura cose nascoste dentro la
chioma per essere magari riprese in seguito, come
armi o munizioni.
All’interno di un grosso cipresso si puo nascondere
anche una persona: da qui forse la credenza dei        Sentiero di notte in Provenza,
“Luminelli”, anime vaganti che si diceva abitassero          Vincent Van Gogh 1890

dentro i cipressi con un lumino acceso e che di notte
spaventavano i passanti chiamandoli per nome o con urli, risate, muggiti.

Storia, usi e tradizioni dell’albero                                                         13
La leggenda del Cipresso di Sant'Antonino a Campestri

Detto anche Cipresso di San Romolo, quest’albero si trova, appunto, davanti alla
chiesa di San Romolo, a Campestri, sul Monte Giovi nel Comune di Vicchio Mugello.
All’interno di Villa Campestri (ex Villa Roti), non lontano dalla chiesa, una lapide in
una stanza ricorda che lì dimoro Sant’Antonio durante una visita pastorale:
«Nell'anno del Signore 1446 il Santo Arcivescovo Antonino, portandosi in sacra visita
pastorale alla vicina parrocchia di San Romolo, in quest'umile cameretta ebbe
ricetto e, quasi divinamente ispirato, consolò i coniugi Roti, fino allora privi di
prole, col lieto annunzio che il Signore darebbe loro discendenza».
                                               All'inizio del Novecento poi un
                                               fulmine abbatte la cima del cipresso,
                                               ma piu grave fu l'opera dei tedeschi
                                               nel 1944: alcuni soldati purtroppo
                                               minarono il tronco, posizionando un
                                               pezzo d'artiglieria proprio a ridosso
                                               della chiesa: della pianta rimasero
                                               soltanto parte del fusto e qualche
                                               ramo laterale. Dopo diversi anni la
                                               pianta, oggi, ha finalmente ripreso in
                                               parte il suo portamento.
Su questo albero in particolare si narra un’antica leggenda: “Il gran cipresso, che si
vede ancora sul piazzale davanti alla chiesa di San Romolo a Campestri, una volta era
molto più alto e più grande, essendo vecchio di parecchi secoli.
È detto il cipresso di Sant'Antonino
perché fu prediletto dal Santo Vescovo
di Firenze, il quale era andato a
Campestri      in    visita    pastorale.
Come fu giunto alla parrocchia, venne
ricevuto con tutti gli onori e, finite le
incombenze del mattino, fu invitato a un
convito in una grande sala, riccamente
addobbata e con una mensa imbandita
con molte vivande in compagnia dei
prelati e delle persone più ricche e più
nobili della zona.

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Quando vide tutto questo Antonino disse ai commensali: “Mangiate voi qui queste cose
che io mi siedo alla mensa di Cristo.” Lasciati tutti, uscì sul piazzale e andò a sedersi
all'ombra di quel cipresso, che allora era giovane e schietto, dove stavano mangiando
alcuni contadini e braccianti che avevano lavorato nei campi. Si fece portare poche
frugali vivande e fece il desinare con quella gente semplice, la quale, allorché ebbe finito
il suo pasto, tornò al lavoro.
                                                    Antonino si pose allora a pregare e poi,
                                                    attendendo che gli altri avessero finito
                                                    il banchetto, s'addormentò sull'erba, là
                                                    dove aveva mangiato. Passò del tempo,
                                                    ma l'ombra del cipresso non si mosse,
                                                    proteggendo dal sole il sonno del
                                                    Santo. Fu quando arrivarono i prelati e
                                                    gli altri invitati al pranzo che Antonino
                                                    si ridestò. Allora tutti videro muoversi
                                                    l'ombra e riprendere la direzione
naturale nei raggi del sole, dal quale fino ad allora aveva protetto il Santo Vescovo.”

Dove potrai trovare il Cipresso al PArCo?
Il Cipresso e tra le specie piu diffuse all’interno del paesaggio naturale dell’area
archeologica del PArCo. Diversi esemplari si raggruppano proprio a sud dell’area di
San Bonaventura oppure in corrispondenza dello splendido affaccio della
terrazza degli Horti Farnesiani sul Foro Romano: il loro impianto risale alla fine
dell’800. Attraversando, invece, le pendici orientali del Colle Palatino, lungo il viale di
San Gregorio, è possibile incontrarne diversi risalenti agli inizi del ‘900.

                    Scheda di approfondimento _ Il Cipresso, l’albero della vita eterna e dell’immortalità
                    Servizio Educazione Didattica e Formazione
                    “I nostri amici alberi del PArCo”

                    Progetto didattico per la Scuola dell’Infanzia e la Scuola Primaria;
                    a cura di Elena Ferrari in collaborazione
                    con Gabriella Strano (PArCo) e Alessandra Cini e Ilaria Patriarca.
                    Editing e lay-out: Andrea Schiappelli.
                    Il logo del “PArCo Green” è di Simonetta Massimi.
                                                                                                        Roma_marzo 2021

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