IL BOMBARDAMENTO STRATEGICO - Progetto Fahrenheit
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IL BOMBARDAMENTO STRATEGICO di Emilio Bonaiti “Qualunque cosa si dica, i bombardieri passeranno sempre. L’unica difesa è l’offesa, il che significa che dovrete uccidere donne e bambini più velocemente del nemico, se vorrete salvarvi”. Stanley Baldwin La Grande Guerra - I ‘profeti’ - Gli anni tra le due guerre - La seconda guerra mondiale - La spada - Lo scudo - L’incursione - Finis belli. In The strategic air offensive against Germany, storia ufficiale della Royal Air Force scritta da Charles Webster e Noble Frankland, vi è una chiara definizione del bombardamento strategico: “L’offensiva aerea strategica è un mezzo di attacco diretto contro lo stato nemico, con l’obiettivo di privarlo dei mezzi e della volontà di continuare la guerra. Esso può essere lo strumento che di per sé assicura la vittoria, ovvero il mezzo mediante il quale la vittoria può essere conseguita da altre forze. Esso si distingue da tutti i tipi convenzionali di attacco armato in quanto, a differenza degli altri, può colpire in modo immediato, diretto e distruttivo il cuore stesso del nemico. Pertanto la sua sfera di attività si estende non solo al di sopra, ma anche al di là di quella degli eserciti e delle marine da guerra”. Secondo i manuali il bombardamento strategico, definito anche bombardamento logistico, ha l’obiettivo di ridurre, ritardare o annullare la produzione dei mezzi bellici, dei rifornimenti, delle comunicazioni del nemico allo scopo di annullare la sua volontà di continuare nella lotta. Invero, a giudizio di chi scrive, definizione più esatta, più calzante, sarebbe quella di bombardamento terroristico, attuato allo scopo di distruggere fisicamente la popolazione civile. Il vincitore di Napoleone, Arthur Wellesley duca di Wellington, sosteneva: “Ho passato tutta la mia vita a cercare di indovinare quel che c’era dall’altra parte della collina” e questo proponimento fu fatto proprio da uomini che, dalla prima mongolfiera, guardarono “oltre la collina”. La prima esperienza risale al 5 giugno 1783, quando il pallone aeronautico di Joseph Michel e Joseph Étienne Montgolfier si staccò da terra. Nel 1794 sul campo della battaglia di Fleurus un pallone dell’esercito francese osserverà lo schieramento nemico. A distanza di un secolo, dopo i primi voli, si sostiene che l’aereo è l’arma assoluta capace di risolvere i conflitti e nel 1898 in Francia l’apprezzata rivista L’Illustration 1
dipinge a fosche tinte il pericolo. La minaccia proveniente dal cielo viene apoditticamente illustrata da Giulio Verne con Robur le conquérant e da Albert Robida con La guerre infernale. Nel 1908 H.G. Wells nel romanzo The war in the air profetizza un attacco di Zeppelin che trasforma Londra in un mare di fuoco. Nello stesso anno Clément Ader, alla luce della Revanche, la rivincita contro la Germania, ipotizza la realizzazione di una grande flotta aerea, preceduto però dal tedesco Rudolf Martin, che, con L’avenir de l’Alemagne est dans l’air, espone gli stessi principi. Nel 1909 Lord Montague of Beaulieu, in un discorso davanti alla National Defence Association, paventa un attacco aereo contro le istituzioni governative o i mezzi di comunicazione che avrebbe paralizzato la vita del paese. La minaccia imminente porta alla Convenzione di Le Havre del 1907, con la quale si interdicono gli attacchi aerei contro le città, i villaggi, le chiese, gli ospedali. Le grandi potenze si dividono: la Germania, la Francia e la Russia si oppongono, la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e altri paesi la sottoscrivono. Si muovono i militari. Nel 1910 si organizza in Francia un Ispettorato permanete dell’aeronautica militare; in Gran Bretagna nasce nel 1912 il Royal Flying Corps; nel marzo 1913 Churchill, ministro della Marina, arriva ad ipotizzare un attacco al Parlamento e, nel suo mandato, sviluppa la branca navale dell’aviazione. Nello stesso anno in Russia si appronta una forza di bombardieri pesanti. Sarà l’esercito italiano in Libia ad effettuare il primo volo di guerra e il primo bombardamento. Il tenente Gavotti alla guida di un Taube (Colomba), progettato dall’austriaco Igo Etrich, lancia manualmente quattro bombe Cipelli da due kg. sull’oasi di Tagiura. Iniziano le dispute sulla liceità del bombardamento aereo sui centri abitati che continueranno fino ai nostri giorni. La Grande Guerra Nel corso della Grande Guerra prende piede l’aviazione militare. In un lento succedersi, i velivoli volano sulla linea del fronte e nelle retrovie incrociandosi con aerei nemici. Iniziano i primi duelli, si passa dalle pistole ai fucili alle mitragliatrici, la tecnica e la tattica si perfezionano. Si sviluppano le ricognizioni del campo di battaglia, i bombardamenti sulle città, gli attacchi al suolo, i duelli aerei che hanno un grande impatto sull’opinione pubblica con la mitizzazione degli assi. Ma il nuovo mezzo non apporta nessuna decisiva influenza alle operazioni, né nasce una nuova dottrina strategica basata sulle sue potenzialità. 2
Osserva Liddell Hart: “Parlare dell’arma aerea come forza a se stante sul piano militare non è possibile, in quanto più che un elemento strategico separato essa costituiva una specie di filo che seguiva l’intero corso delle operazioni terrestri. 1 In effetti nell’arte della guerra un nuovo sistema d’arma come l’aereo, prodotto dello sviluppo tecnologico, viene utilizzato secondo le dottrine d’impiego del momento. In Gran Bretagna l’aviazione è divisa tra il Royal Naval Air Service (RNAS) della Royal Navy e il Royal Flying Corps (RFC) dell’Army. La pochezza di entrambi appare evidente poiché non sono neppure in grado di impegnare i dirigibili germanici. La rivalità tra il Service e il Corps avrà però presto fine: Lloyd George diventa primo ministro e nell’inverno 1916 crea un nuovo organismo, l’Air Board. La nascita di una forza aerea autonoma, distaccata dall’Army e dalla Navy viene proposta dal generale Jan Smuts, un nome che appare spesso nella storia della Gran Bretagna, in un Rapporto, definito Airpower Magna Carta che diventerà storico. Diviso in due parti, tratta della difesa aerea del suolo britannico e del bombardamento strategico della Germania. La base della strategia è delineata in poche parole: “It is important for the winning of the war that we should not only secure air predominance, but secure it on a very large scale; and having secured it in this war we should make every effort and sacrifice to maintain it for the future. Air supremacy may in the long run become as important a factor in the defense of the empire as sea supremacy.” Si aggiunge: “And the day may not befar off when aerial operations with their devastation of enemy lands and destruction of industrial and populous centers on a vast scale may become the principal operations of war, to which the older forms of military and naval operations may become secondary and subordinate”. Sono parole che fanno infuriare i soldati di terra e di mare, ma i politici hanno l’ultima parola e l’Air Force Constitution Bill è votato nel novembre 1917. Nel successivo gennaio nasce l’Air Council (Ministero dell’Aria) e il primo aprile 1918, “All fool day”, nasce la Royal Air Force, forza aerea indipendente, nella quale confluiscono il Royal Naval Air Service e il Royal Flying Corps. Il motto è tutto un programma: ”Strike hard - Strike sure”. Churchill, uno dei pochi uomini politici con capacità militari, alla fine del primo anno di guerra sostiene: “Essendo impossibile difendere con efficacia tutti i punti vulnerabili all’offesa aerea con la difesa passiva, la migliore politica è quella di attaccare i ricoveri dei sommergibili e le basi degli aerei nemici”. Nell’ottobre dello stesso anno ordina all’Handley Page di costruire un bombardiere per operazioni a lunga distanza ed alla fine del 1916 entra in servizio il bimotore Handley Page Type O/100, seguito dallo 0/400, una versione migliorata che si distinse nei primi bombardamenti notturni sulla Germania. Con un equipaggio di quattro o cinque uomini, armato da tre a sei 11 Liddell Hart, B. H. La prima Guerra Mondiale 1914-1918, Milano, 1968. 3
mitragliatrici, aveva un’autonomia di 1.000 chilometri e volava a una velocità di 157 chilometri orari con una quota di tangenza di 2.600 metri. Sono però i Tedeschi a dare inizio ai bombardamenti delle città, con grande indignazione dell’opinione pubblica alleata. Inizia così il secolo della guerra totale ed iniziano i bombardamenti per gettare nel terrore popolazioni che, nella stragrande maggioranza, non hanno mai visto un velivolo in volo. Un raid è effettuato su Parigi il 30 agosto 1914, ma la Gran Bretagna è l’obiettivo principale. Il 19 gennaio 1915 gli Zeppelin della Marina tedesca si affacciano sulle coste inglesi ed agendo in piena impunità sganciano bombe su un piccolo centro, King Lynn, causando cinque morti. Seguiranno altre 19 incursioni nell’anno. Per la prima volta dopo secoli la terra britannica, difesa dalla flotta più potente del mondo, è stata violata. La difesa è inesistente, la caccia non riesce a impegnare i dirigibili che all’inizio del conflitto hanno circa la stessa velocità degli aerei, ma sono meglio armati, portano un carico di bombe superiore, hanno un maggiore raggio di azione. Su Parigi gli Zeppelin arrivano il 7 e il 20 marzo 1915 e viene colpita la cattedrale di Notre-Dame. I morti sono sette. Nell’eterna lotta tra lo scudo e la spada, il 17 maggio un dirigibile è attaccato dalla caccia e con difficoltà torna alla base. Il 17 giugno un pilota inglese in territorio francese “bombarda” volandoci sopra uno Zeppelin con sei piccole bombe e lo distrugge. Continuano gli attacchi anche su altre città francesi con morti e feriti. L’offensiva aerea dei dirigibili si allarga alla Gran Bretagna: il 13 aprile è la volta di Newcastle on Tyne, poi di Blyth, Wallsend, e South Shields senza vittime. Il 16 Lowestoft et Maldon, il 26 aprile Canterbury, Sittingbourne et Faversham. L’impotenza della difesa accresce il terrore tra la popolazione con uno straordinario impatto psicologico. I tempi sono maturi per l’attacco alla capitale e l’8 settembre è la volta di Londra, con sette morti, tra cui quattro bambini e 35 feriti. Si continua fino all’estate 1916, quando il 2 settembre viene abbattuto il primo dirigibile germanico. I raid continuano per tutto il 1915, con 35 tonnellate di bombe si uccidono 181 persone. Ma nel solo 1915 un terzo della flotta aerea tedesca, 37 Zeppelin, è distrutto. solo sette però in operazioni di guerra, poiché in realtà il velivolo appare troppo vulnerabile alle durissime condizioni atmosferiche. Il 1916 porta a un cambiamento della strategia con il bombardamento dei grandi centri. In altri termini il bombardamento terroristico ha la precedenza sugli obiettivi militari. Queste azioni hanno una grande eco nella stampa alleata, che definisce gli aggressori pirati dell’aria, assassini di donne e bambini. Aumentano parallelamente anche le proteste per l’inefficienza del sistema difensivo. 4
Il 31 marzo tutta la forza tedesca entra in azione su varie località causando 43 morti e 66 feriti. Finalmente però un dirigibile è abbattuto dalla contraerea. Il 2 aprile attacco su Edimburgo, con altre vittime. Un velivolo precipita al ritorno. Alla fine di maggio entra in azione il “Type R” di proporzioni gigantesche, 198 metri di lunghezza e 24 di diametro. La Gran Bretagna incassa 125 tonnellate di bombe: 293 morti e 691 feriti sono il bilancio umano. Alla fine del 1916 il Comando tedesco cambia tattica, passando a formazioni più numerose da 7 a 10 velivoli. È una tattica suicida: i velocissimi Spad VII e Sopwith Pup dotati di pallottole incendiarie e la contraerea causano pesanti perdite, la vulnerabilità dei dirigibili appare evidente e vengono spazzati dai cieli della Gran Bretagna. Von Buttlar 2 constata sconsolatamente che gli aeroplani avevano eliminato i dirigibili dal cielo. Nel 1917 è la volta del mezzo più pesante dell’aria. Appaiono i bombardieri Gotha G-IV e gli Staaken. Il Gotha è un bimotore armato di tre o quattro mitragliatrici con un carico massimo di 600 kg agganciato alle ali e alla fusoliera; sviluppa una velocità massima di 140 chilometri orari e raggiunge una quota di tangenza di 6.500 metri. L’equipaggio è composto da tre uomini. L’aereo eccelle per la capacità di carico e la quota raggiungibile. Sono 23 i Gotha che volano su Londra il 25 maggio 1917, nell’incursione del 13 giugno le perdite di civili sono pesanti: 162 morti e 432 i feriti. Lo Staaken, voluto dal conte Ferdinand von Zeppelin, è un quadrimotore che si fregia del titolo di Riesenflugzeug (aeroplano gigante). Con un equipaggio di sei o sette uomini, armato da quattro a sette mitragliatrici, con un carico offensivo di 2.000 kg. raggiungeva la velocità di 135 chilometri orari ed una quota di tangenza 4.300 metri. 43 bombardieri volano su Londra per l’ultima volta il 20 maggio 1918. La Germania lancia sulla Gran Bretagna, oggetto unico della sua offensiva strategica, 270 tonnellate di bombe, di cui 196 con i dirigibili e 74 con gli aerei. Gli Zeppelin uccidono 414 persone e ne feriscono 3.416, mentre il 70 % degli operai delle fabbriche nelle zone attaccate abbandona il lavoro. 469 cannoni antiaerei, 622 riflettori, 376 aeroplani e 13.000 soldati sono distaccati a difesa dei cieli britannici nel giugno 1918. Per rappresaglia nasce una nuova forza, l’Independent Force (IF), con la missione di condurre un’offensiva sulle città tedesche. Il suo primo comandante, Chief of Air Staff (CAS) è il generale Hugh Trenchard, futuro e risoluto sostenitore del bombardamento strategico, ma gli aerei a disposizione sono ben poca cosa e per quantità e per qualità. Gli Inglesi vorrebbero creare una forza interalleata riunendo le forze aeree inglesi, francesi, americane e italiane, ma il disegno non ha nessun avvenire a causa delle pesanti preoccupazioni dei capi militari francesi per l’imminente offensiva del 1918. 22 Von Buttlar A.R., Gli zeppelin su Londra, Milano, 1933. 5
L’offensiva aerea sulla Germania è appena all’inizio, 252 tonnellate di bombe lanciate negli ultimi sei mesi sono ben poca cosa a fronte dei piani per il 1919 ma, improvvisa, “scoppia” la pace. Il bombardamento strategico rimane sulla carta, mancano i velivoli, le bombe, le attrezzature, le capacità tecniche di raggiungere e colpire gli obiettivi. Dopo la fine della guerra, una guerra ossidionale vinta per fame, iniziano i primi studi sulla guerra aerea, una guerra che pochi avevano conosciuto, ma che aveva colpito l’immaginario collettivo. Nell’immediato dopoguerra, siamo nel 1922, Liddell Hart sostiene che andava colpito il vulnerabile cuore della nazione nemica: “[..] nelle risorse industriali e nelle comunicazioni”.3 Iniziano anche le querelles sul potere aereo, che continueranno negli anni e arriveranno fino ai nostri giorni. A unico esempio, dopo la caduta di Saddam Hussein propiziata in larga misura dall’aeronautica americana, un ex ufficiale dell’esercito, Thomas Houlahan, dichiara il 23 aprile 2003: “[…] malgrado l’aumento considerevole della precisione, il bombardamento strategico si è rilevato ancora una volta incapace di mettere in ginocchio il regime di Saddam Hussein”, con veementi repliche degli aviatori. I ‘profeti’, La guerra, che aveva dimostrato il fallimento delle élites militari europee, fu analizzata in tutte le sue componenti dopo la fine delle ostilità. Sulle problematiche della nuova Arma tre ‘profeti’ espressero le loro teorie accolte con entusiastiche approvazioni o con uno sprezzante rigetto. Nel panorama del pensiero militare italiano, panorama che si può tranquillamente definire desolante, il casertano Giulio Douhet, mente poliedrica, è il maggior teorico militare degli anni Venti, l'unico la cui opera varca i confini nazionali, è studiata, analizzata e sottoposta ad aspre critiche o accolta con ampi, consensi in Europa e in America. Nato a Caserta il 30 maggio 1869, figlio di un ufficiale farmacista nizzardo, entra nel 1886 nell'Accademia Militare di Torino, l'Accademia delle armi dotte, uscendone col grado di Sottotenente di artiglieria nel 1889. Dopo la Scuola di applicazione, nel 1890 presta servizio come Tenente nel 5° Reggimento di artiglieria da campagna; nel 1895 è ammesso alla Scuola di guerra di Torino per i prescritti tre anni e nel 1899, superati brillantemente gli esami, presta servizio di stato maggiore presso l'8° Corpo d'Armata di Firenze. Promosso a scelta capitano nel 1900, dopo dieci anni nominato maggiore sempre a scelta, deve lasciare la sua Arma di appartenenza per la fanteria transitando nel prestigioso 2° Reggimento bersaglieri, stanziato a Roma. Ambizioso, intelligente, con grandi capacità lavorative e autorevoli amicizie, sposa la figlia del senatore Casalis, ricco e influente uomo politico, e prosegue in una carriera 33 Liddell Hart. B.H., L’arte della guerra nel XX secolo, Milano, 1971. 6
per i tempi abbastanza veloce, con limitati trasferimenti nell'ambito del Piemonte e regioni limitrofe, salvo il comando a Roma, in anni in cui gli ufficiali, sempre alle prese con problemi economici, venivano sballottati da un lato all'altro della Penisola. Douhet si mette in luce con studi sull'elettronica e sullo sviluppo automobilistico che illustra in una serie di conferenze nei circoli militari e sulla Rivista Militare italiana. Dal febbraio 1904, all'epoca aveva il grado di maggiore, stende una serie di articoli sulla guerra Russo-giapponese per il giornale genovese Caffaro a firma "Il Capitano X", articoli nei quali si avventura in congetture e previsioni, in quanto le notizie arrivavano con estrema lentezza e vaghezza dal lontano Estremo Oriente, ma, a differenza di molti, è sicuro della vittoria del Davide giapponese contro il Golia russo. Dai suoi articoli si evidenzia la capacità, partendo da dati approssimativi, di arrivare a conclusioni logiche, con intuizioni profonde e molto lucide. Intorno al 1907 Douhet s’inserisce nell'ampio dibattito aperto sulla difesa nazionale dopo la nomina della Commissione d'inchiesta sull'Esercito, denunciando la mancata integrazione dell'Esercito e della Marina, la precarietà delle condizioni economiche e di carriera degli ufficiali inferiori e chiedendo, non sarà il primo, un Ministero della Difesa Nazionale e un Consiglio Supremo di Difesa Nazionale. Per la non facile reperibilità dei testi si ritiene utile riportare frasi e paragrafi degli scritti dell’autore casertano, così come dare dati sintetici sulla sua vita. Nel 1908 con Il nodo della nostra questione militare chiede: "Unità di governo e la separazione delle funzioni politico-amministrative da quelle tecniche", lavoro che ripropone, approfondendolo, l'anno successivo sulla rivista “La Preparazione”. Nel luglio 1910 scrive: La possibilità dell'aeronavigazione, sulla “Rivista Militare Italiana”, schierandosi subito a favore dell’aereo, il mezzo più pesante dell'aria, che "vede" anche a seguito delle flotte: "Sarà possibile fare ciò con i dirigibili? Evidentemente no. Cogli aeroplani? Forse che sì e non è follia sperarlo". Seguono 24 articoli negli anni 1910 e 1911, tra cui sei su Problemi dell'aeronavigazione, pubblicati su “La Preparazione”, testata trisettimanale nata nel 1909 per opera del colonnello Enrico Barone, una delle teste pensanti dell'esercito. Dagli elementi biografici raccolti si evidenzia che fu solo nel 1910 che Douhet "scoprì" l'aviazione, in un periodo in cui, a seguito dei primi progressi dell'aeronautica in Italia, la stampa e l'opinione pubblica si aprivano alle problematiche che il nuovo mezzo poneva e il Parlamento, che aveva già stanziato la somma di 10 milioni, su patriottica sollecitazione del ministro della Guerra generale Spingardi: "All'alto senno ed al patriottismo del Senato la risposta", ne aggiunse altri 15, anticipati dal bilancio successivo. L'autore teorizza per la prima volta un'aviazione indipendente dall’Esercito e intravede le enormi possibilità della nuova Arma. Manifesta la sua avversione per il pilota "eroe solitario, cavaliere del cielo", afferma che il combattimento aereo sarà: 7
"Necessario, inevitabile e fatale", sostiene che aeroplani e dirigibili non possono coesistere in guerra. Di questi ultimi sostiene l'inutilità di: "[…] seguitare affrettatamente a cucire involucri, a costruire hangars, a circondarli di caserme per compagnie del genio, […] equivale a coltivare troppo amorosamente ed a troppo caro prezzo una pericolosa illusione". Ritorna sull'argomento in un articolo del 13 febbraio 1915 sulla “Gazzetta del Popolo” irridendo al conte Zeppelin e ai dirigibili, "la cosa gonfiata". Due giorni dopo esalta un bombardamento di aerei inglesi sulle basi dei sommergibili tedeschi, sostenendo che il dirigibile era: "[…] apparecchio troppo delicato, troppo fragile, e troppo leggero per poter lottare con vantaggio, scomparirà". Le sue affermazioni vengono controbattute dai "dirigibilisti", decisi fautori del mezzo più leggero dell'aria. Dal 1912 collabora anche, insieme a Crocco e Forlanini, a ”La Navigazione aerea - Rivista italiana d'aeronautica”. Risaliva al 1885, con la costituzione del Servizio aeronautico presso il 3° Reggimento Genio di Roma, l'interesse del Regio Esercito nel campo aeronautico, ovviamente limitato all'epoca ai palloni aerostatici. Nel tempo il Servizio ebbe vari cambiamenti fino ad assumere la denominazione di Brigata specialisti del genio nel 1909, diventando autonomo nel 1910 con la successiva denominazione di Battaglione specialisti del Genio, meglio conosciuto come Battaglione aviatori. Douhet nel luglio 1912 fu nominato, col grado di maggiore, vicecomandante, assumendone il comando il 9 aprile 1914, dopo esserne stato comandante interinale dal settembre 1912. L'organico era composto da 44 ufficiali, 23 sottufficiali e 278 militari di truppa. "L'acquisto, collaudo e riparazione del materiale" si aggiungeva alle vastissime problematiche che si ponevano per il nuovo organismo, per il quale non vi era nessuna precedente esperienza. In forza vi erano 41 Bleriot, 10 Farman, 17 Niueport e altri 12 aerei di modelli diversi. È interessante notare come Douhet, che fece dell'aviazione la sua ragione di vita, non sentì il bisogno di acquisire il brevetto di pilota, cosa che non lo avrebbe messo in una situazione di inferiorità nei confronti dei suoi dipendenti o offerto spazio a critiche dei suoi oppositori. Con una circolare del novembre 1913 si oppose fermamente ai voli acrobatici: "Manovre altrettanto pericolose quanto inutili ai fini dell'aviazione militare". Nello stesso anno preparò le "Norme per l'impiego degli aerei in guerra", primo regolamento dell'aviazione italiana. In seguito lamentò che ogni qual volta scriveva la parola Arma, rifacendosi all'aviazione, la stessa veniva cancellata dallo stato maggiore. Nel successivo dicembre, dopo aver superato due inchieste amministrative, fu sollevato dall'incarico avendo, contro l'ordine dell'Ispettorato dell'Aeronautica, autorizzato la costruzione del prototipo del Caproni Ca. 300, un trimotore bombardiere caratterizzato da due fusoliere con motori Gnome all'estremità anteriore, mentre l'equipaggio era sistemato al centro della carlinga, munita nella parte posteriore del terzo motore. Va aggiunto che l'aereo nel corso della guerra dimostrò le sue capacità. 8
La destituzione fu un colpo gravissimo che gli provocò un grave esaurimento nervoso. Vanamente si rivolse al ministro della Guerra e al Comando supremo; l'ambito incarico non gli venne riaffidato. Nell'agosto 1914 iniziò la collaborazione alla torinese “Gazzetta del Popolo” sotto lo pseudonimo di "Spectator" con una lunga serie di commenti alle operazioni belliche che durò, con 156 articoli, fino al 26 marzo 1915. Il 7 agosto, la guerra è iniziata da pochi giorni, sagacemente sosteneva trattarsi di: "[…] una guerra che finirà per esaurimento, per stanchezza, per ribellioni di genti […] è illusione sperare che abbia una risoluzione rapida; inevitabilmente essa sarà lunga perché non potrà finire che con l'esaurimento di una delle parti". Va ricordato che all'inizio del conflitto governi, stati maggiori e pubblica opinione erano convinti che la guerra sarebbe finita a Natale. Il successivo 13 settembre dichiara: "[…] la guerra era perduta nel momento in cui fu dichiarata, checché avvenga è perduta per gli Imperi Centrali", a seguito dell'esaurimento della potenza tedesca causata dal blocco navale dell'Intesa. Nell'inverno 1914-1915 tenne sei conferenze presso l'Università popolare di Torino raccolte in un volume sotto il titolo “L'arte della guerra. Raccolta di sei conferenze tenute all'Università popolare di Torino 1914-1915”. Riassume le dottrine militari dell'epoca e ribadisce con forza il ruolo futuro dell'aviazione: "[…] l'armata dell'aria è nata ieri ed essendo nata ieri è ancora in fasce, ma crescerà". All'inizio del 1915 si mise a rapporto dal generale Cadorna per illustrargli le sue idee sulla guerra aerea, ma ci voleva altro per scalfire il bagaglio culturale del tetragono generale piemontese. Per lumeggiare il personaggio, occorre riportare un brano della "Relazioni della Commissione parlamentare d'inchiesta per le spese di guerra" del 1923: "È poi bene soggiungere, a riprova delle difficoltà di ottenere stanziamenti, che ogni resistenza corrispondeva al poco o nessun conto che dell’aeronautica si faceva da parte dello stesso Comando di Stato Maggiore, il cui capo nelle istruzioni riservatissime emanate per la preparazione dell'Esercito, e contenute in un grosso fascicolo con dettagliate istruzioni per tutti gli Enti e i corpi militari, aveva all'aeronautica dedicato meno di una mezza pagina!". Promosso colonnello all'inizio del conflitto, ebbe nel 1916 la non gradita carica di Capo di stato maggiore del XII Corpo d'armata che operava nella Carnia; invano aveva chiesto, appellandosi ad amici altolocati e facendo pressioni su parlamentari, sottosegretari e ministri, la nomina a Direttore generale d'aviazione. Inasprito dai rifiuti, si rivolse al ministro Bissolati inviandogli numerosi memoriali di aspre critiche sulla conduzione delle operazioni da parte del generalissimo Cadorna. Arrestato il 16 settembre 1916, giudicato dal Tribunale di Codroipo per "Divulgazione di segreti 9
militari", fu condannato nell'ottobre a un anno di reclusione militare che scontò per intero a Fenestrelle e, subito dopo, collocato a riposo d'autorità. Nel periodo di detenzione scrisse una satira politica “L'onorevole che non poté più mentire. Racconto dei tempi ante-guerra”, poi pubblicata nel 1921. Nel 1919, è la volta di “Come finì la grande guerra” in cui fa un’apocalittica descrizione della fine delle ostilità a seguito di violenti bombardamenti sulle grandi città tedesche: "Cominciavano a morire per asfissia coloro che non ancora non erano morti per gli effetti degli scoppi e degli incendi". Questo volume è uno spartiacque nell'attività letteraria di Douhet. La guerra aerea entra in forma rafforzata nel suo immaginario e diventerà la sua unica ragione di vita. Raccontò la sua odissea nel “Diario critico di guerra (1915-1916)”, con violentissime critiche al generale Cadorna, pubblicato nel 1921. Segno dei tempi, delle sue vicissitudini giudiziarie non vi è traccia nell’Enciclopedia militare edita nel 1934: "Nel 1917 lasciò il servizio attivo permanente. Divenne magg. generale nel 1917 e generale di divis. in A.R.Q. nel 1923". (i gradi non coincidono con quelli che segno in blu nel periodo che segue) Quando Diaz assunse il comando supremo, nel gennaio 1918 fu richiamato in servizio e nominato Direttore centrale del Commissariato generale dell'aeronautica presso il ministero delle Armi e munizioni. Il successivo 4 giugno presentò le sue dimissioni, deluso per la mancata accettazione dei suoi grandiosi progetti e concluse con il grado di Colonnello la sua carriera. Il Ministero gli conferì il grado di Generale di Brigata con effetto retroattivo dal 1917. Nell'aprile 1919 fonda un settimanale, “Il Dovere”, nel quale si dedicò a questioni militari non confinate all’aeronautica, che gli aumentarono il numero dei nemici dai quali era circondato. Si batté con virulenza affinché fossero accertate le responsabilità della rotta di Caporetto: "L'Italia ha il diritto di conoscere esattamente lo svolgimento dell'immane tragedia". Nel 1923 finalmente sembra giunta la sua ora. Mussolini lo nomina Commissario per l'aviazione nel suo primo gabinetto, ma si scontra contro fortissimi poteri e ne esce sconfitto. Amareggiato osserva: "Venni completamente messo da parte". Torna allora alla posizione in cui più si riconosce, quella del polemista di razza e continua nella sua battaglia a colpi di articoli, anche dalle colonne del fascista “Popolo d'Italia”, sempre formalmente esaltato, sempre più solo. Nello stesso anno sostiene: “Allo scoppio della guerra ben altro urge che non la ricerca delle responsabilità: urge rimediare come si può, alle manchevolezze della precedente preparazione e solo la Nazione paga, e paga a prezzo di umiliazioni, di sangue e di denaro. Finita la guerra, nuove cure urgono, tutto viene messo in tacere: non si mettono lapidi solo sui morti, ma anche pietre sul passato, e si riprende da capo: l’impunità più assolta è assicurata a coloro che più ignominiosamente mancarono verso il proprio Paese. E questa sicurezza nell’impunità permette alle coscienze elastiche ed ai mezzi caratteri di 10
considerare con leggerezza se non con indifferenza, i più vitali interessi della Difesa nazionale 4 . Tra i glorificati generali vincitori della guerra non ottiene un tributo di consensi. Douhet fu uno scrittore poliedrico, la sua attività spaziò in tutti i campi, da studi di carattere militare ad articoli e opere scientifiche, commedie, autobiografie, sceneggiature per film, drammi. ll dominio dell'aria, scritto nel 1921, fu la sua opera base in cui esprime per la prima volta in forma globale, logica e completa il suo pensiero sulla guerra futura, seguito da una seconda e non ultima edizione del 1927, con l'aggiunta di una nuova parte, nella quale radicalizza notevolmente il suo pensiero alla luce del peso che l'Arma azzurra aveva conseguito. Sono passati tre anni dalla fine della guerra, la memoria dell'immane carneficina è viva, vivissima in tutti i combattenti che per quattro anni sono stati sprofondati nelle trincee. L'aviazione è agli esordi, guardata con sufficienza dagli apparati militari che la considerano una componente della panoplia delle armi a disposizione. ll dominio dell'aria di Douhet è un'esaltazione dell'aviazione e una minaccia per gli eserciti e le marine. Occorre sintetizzare il suo pensiero, che svolge con stile incalzante, riportandone qualche brano: "Nella grande guerra, benché essa venisse a interessare profondamente popoli interi, avvenne che, mentre una minoranza di cittadini combatteva e moriva, la maggioranza viveva e lavorava per fornire alla minoranza i mezzi per combattere. Tutto ciò perché non era possibile oltrepassare le linee del fronte senza prima spezzarle. […] Ora è possibile oltrepassare le linee del fronte. L’aereo dispone di questa capacità. […] Attualmente abbiamo la piena coscienza dell'importanza del dominio del mare; ma non meno importante sarà tra breve la conquista del dominio dell'aria […] l'Esercito e la Marina non devono vedere negli aerei dei mezzi ausiliari capaci di essere utili in certe determinate circostanze, no: Esercito e Marina devono vedere negli aerei il nascere di un terzo fratello più giovane ma non meno importante nella grande famiglia guerresca […] Conquistare il dominio dell'aria vuol dire vincere […] Per assicurare la difesa nazionale è necessario e sufficiente mettersi nelle condizioni di conquistare, in caso di conflitto, il dominio dell'aria […] Il dominio dell'aria non può venire conquistato che da una adeguata forza aerea. […] Le forze terrestri e marittime hanno finora dominato, ed il loro dominio era incontrastato: lo spazio era precluso all'uomo.[…] le armi dell'aria sono destinate a predominare su quelle terrestri e marittime […] Tendere alla progressiva diminuzione delle forze terrestri e marittime e al progressivo accrescimento delle forze atte alla conquista del dominio dell'aria. […] La vittoria arride a chi precede le trasformazioni delle forme della guerra, non a chi si adatta alle trasformazioni stesse. […] La nuova 44 Douhet, Giulio, La difesa nazionale, Torino, 1923. 11
forma della guerra, esaltando all'estremo i vantaggi dell'offensiva, produrrà inevitabilmente una rapidissima decisione dei conflitti armati". I tradizionali assetti ed equilibri delle forze armate venivano così messi in discussione e automatica scattava l'autodifesa corporativista. Con la premessa che le forze militari che gli Stati potevano schierare erano in stretto rapporto con le risorse finanziarie, Douhet sosteneva che andava privilegiata fra le tre armi l'Aeronautica, costituita in forza indipendente, in grado di risolvere più rapidamente il futuro conflitto e ad essa andavano assegnate la maggior parte delle risorse disponibili a scapito dell'Esercito e della Marina da ridurre progressivamente in applicazione del concetto divenuto famoso: "Resistere alla superficie e fare massa nell'aria". Il terrore contro la popolazione civile era l'obiettivo primario della guerra, ed era l'aviazione, "arma offensiva per eccellenza", che doveva assumersi questo ruolo. "Il bombardamento deve distruggere completamente il bersaglio preso di mira […] senza lasciare scampo alcuno". Senza nessuna remora morale, Douhet insisteva nel binomio aviazione-gas: "[…] perché è puerile illudersi: tutte le restrizioni che accordi internazionali potranno stabilire in tempo di pace, circa i mezzi leciti di guerra, risulteranno sempre, all'atto pratico, completamente vane. Chi si batte per la vita o per la morte - ed oggi non ci si può battere altrimenti - ha il sacrosante diritto di non limitare i suoi mezzi di azione. Le restrizioni non rappresentano che atti di ipocrisia e di demagogia internazionale […] Perciò l'arma venefica, appunto per la sua terribile efficacia, sarà largamente impiegata nelle guerre future". L’Aeronautica diventava così l'arma offensiva per eccellenza, unico, rapido mezzo per risolvere i futuri conflitti. Corollario di questo assunto era "il dominio dell'aria", ossia la capacità di chiudere il cielo, di impedire al nemico l'uso della sua forza aerea che andava distrutta preventivamente. A conclusione della sua opera il teorico casertano affermava: "[…] ho la sicurezza matematica - e mi si perdoni l'immodestia - che l'avvenire non può smentirmi: che la guerra nell'aria costituirà l'essenziale dei futuri conflitti e che, di conseguenza, non solamente l'importanza dell'Arma Aerea andrà rapidamente crescendo, ma, corrispondentemente, andrà rapidamente decrescendo l'importanza degli eserciti e delle marine". Succintamente il pensiero di Douhet si può così riassumere. Il bombardiere è l'arma dell'avvenire, protagonista della prossima guerra. Sua missione il bombardamento in massa delle città sulle quali doveva portare la massima distruzione, anche con la guerra chimica. L'Arma aerea deve essere indipendente e ad essa assegnate la massima parte delle risorse disponibili. Un nuovo tipo di aereo, l'aereo da battaglia, deve scortare il bombardiere, non limitando la sua opera allo scontro con la caccia, ma munito di: "Una certa quantità di armi offensive contro la 12
superficie". La caccia e le difese a terra non hanno nessuna possibilità di fronteggiare la minaccia. Douhet non fu il solo a proporre queste teorie, ma fu l'unico, prima ancora della Grande Guerra, a comprendere le mutazioni che avrebbe portato l'aviazione. Douhet è segnato dalle immani ecatombe a cui ha assistito, provocate dalla superiorità della difesa sull’attacco, mentre il fronte interno continuava ad alimentare la guerra attraverso la mobilitazione di tutte le forze, ed è dal fronte interno germanico che inizia la fine per un esercito, non sconfitto sul campo di battaglia. L'originalità del suo pensiero sta nella chiarezza con cui espone il principio dello spostamento del baricentro della guerra dai confini all'interno del paese, dai soldati ai cittadini, avendo per obiettivo assoluto il "dominio dell'aria" che solo poteva dare la vittoria definitiva. Era quindi necessario: "Esercitare il massimo sforzo, sia pure transigendo sulle potenzialità dell'Esercito e della Marina, per crearsi una potenza aerea che ci metta nelle migliori condizioni, in caso di conflitto, per conquistare il domino dell'aria", con la conseguente capacità di portare la guerra nel territorio nemico. È risoluto nel sostenere che l'aviazione è decisiva e che la sola minaccia con effetto dissuasivo possa vincere la resistenza nemica. Percepisce che delle tre missioni specifiche, osservazione, caccia e bombardamento, solo la terza può incidere. L'osservazione può essere di aiuto, maggiore o minore, alle forze terrestri o navali, la caccia è solo un duello tra eroici cavalieri alati e conserva un romanticismo che il tempo cancellerà, il bombardiere, che nel corso del primo conflitto mondiale si è affacciato su grandi città, è l'avvenire, l'arma che porta la distruzione dal campo di battaglia alle retrovie, ai trasporti, alle fabbriche di armamenti, alle città, alle donne e ai bambini. Per distruggere gli obiettivi, infine, Douhet ritiene necessari tre tipi di bombe, esplosive, incendiarie e venefiche. Nel giugno 1924 richiede a Mussolini: "L'onore di dedicare le mie forze al riassetto della nostra Aeronautica", ma le cose non cambiano, ritorna sulla sua richiesta nel marzo dell'anno successivo senza successo. Datandolo Giugno 1925, pubblica uno studio “La difesa nazionale. Considerazioni di ordine generale” presso G. Berlutti - Editore - Roma (senza indicazione data stampa): "Non esistono armi umane e inumane. Esistono armi efficaci e non efficaci […] La pietà non può fare la sua comparsa che finita la lotta". Ribadisce: "La necessità della costituzione di un Ministero unico della Difesa Nazionale e di un Comando unico, necessità cui l'on. Mussolini, col suo geniale istinto di tutte le necessità nazionali, sta provvedendo nel modo più completo e definitivo". Va ricordato che tutti gli autori dell'epoca, tra cui molti antifascisti in pectore, si piegavano ai rituali omaggi al futuro fondatore dell'impero. Douhet rapporta la guerra passata a quella dell'avvenire alla luce dell'imponente fenomeno della "meccanizzazione" e dell'Arma aerea di cui elenca caratteristiche e possibilità e che: "[…] fornisce la possibilità di recare offesa al nemico 13
indipendentemente da tutto ciò che può accadere sulla superficie e cioè oltre le linee di forza giacenti sulla medesima". Insiste sulla micidiale potenza del binomio "aereo-gas", descrive ancora una volta il terrore delle popolazioni, sostiene che: "Adoperare l'artiglieria contro gli aerei [è] come l'andare a caccia di rondini con un fucile a palla", si rifà a Il dominio dell'aria, ripetendo considerazioni già svolte in passato, sulle quali tornerà nel futuro. Nel 1925 fonda un settimanale, “La Difesa Nazionale”, con il sottotitolo “Organo di difesa di tutti gli interessi nazionali”, con la precisazione: "Al principio si limiterà alla trattazione dei problemi militari, ma, man mano, estenderà il suo campo alla difesa di tutti gli interessi nazionali". Farinacci, all'epoca segretario generale del Partito nazionale fascista in data 9 giugno dà il suo placet: "[…] mi piace e sono sicuro che, sotto la Tua direzione, raggiungerà il suo nobile intento, contribuendo a mettere in chiara luce tutti i problemi della nostra difesa". Il settimanale non ebbe fortuna, ma in seguito il filosofo Giovanni Gentile ospiterà uno scritto di Douhet, “Per la diffusione della cultura bellica”, sulla rivista “Educazione Politica” che si aprì alla collaborazione del generale. Nello stesso anno e nello stesso mese, Douhet è di una produttività non comune, redige “Sintesi critica della grande guerra”, breve disanima della guerra passata, ricordando alcune previsioni fatte in tempi non sospetti. Passa poi a valutare lo Stato Maggiore italiano che, come quello francese, proclamava in istruzioni ufficiali che il perfezionamento delle armi da fuoco aveva avvantaggiato l'offensiva a spese della difensiva. Aggiungeva che lo Stato Maggiore italiano, nel maggio 1915 aveva stabilito in istruzioni ufficiali: "[…] il carattere delle nostre eventuali operazioni e la natura e la configurazione del terreno fanno ritenere improbabile che le nostre truppe debbano ricorrere a siffatti procedimenti [guerra di trincea] salvo che, eccezionalmente, sopra estensioni piuttosto limitate della fronte". Continuando nella demolizione di Cadorna, aggiungeva che la circolare “L'addestramento tattico”, distribuita nel maggio 1915, non era il frutto dell'esperienza di nove mesi di guerra ma: "Ristampa di una istruzione compilata dieci anni prima e che era stata esperimentata in manovra". Amaramente osservava: "La gerarchia militare costituisce una specie di piramide nella quale - per necessità di cose - la verità non può scendere che dal vertice verso la base". Datandolo Roma, luglio 1925, concludeva il suo lavoro, senza nessun riferimento alla guerra aerea, sostenendo che occorreva per prima cosa: "[…] creare al più presto lo sbarramento di casa nostra" per poi: "[...] costituire l'ariete adatto a spezzare lo sbarramento avversario". Nel 1927 è la volta di Probabili aspetti della guerra futura, nel quale attaccò violentemente i ministri della Guerra che si erano succeduti e il Consiglio dell'Esercito che aveva acconsentito: "[…] all'opera di sfacelo perseguita dai Ministri" e dagli stati maggiori che: "[…] non costituiscono che l'alta burocrazia degli organismi militari, burocrazia che presenta, acuti, i difetti comuni a tutte le burocrazie: indolenza, orrore di ogni progresso, tradizionalismo, amore di quieto vivere, indifferenza e formalismo". 14
Nello stesso anno inizia la sua collaborazione a “Echi e Commenti”, “Le Forze Armate”, e “Rivista Aeronautica” che durerà fino alla sua prossima morte. Nel numero dell'aprile 1928 acutamente osservava in merito a una dottrina unica interforze: "Esistono competenti di guerra terrestre, competenti di guerra marittima e competenti di guerra aerea: non esistono competenti di guerra. E la guerra è una, come uno è lo scopo". Di particolare importanza appare "Riepilogando" del novembre 1929. Sembra quasi un riepilogo della sua vita, perché la morte lo coglie di lì a poco a Roma il 14 febbraio 1930. Al suo nome verrà dedicata una piazza nel quartiere EUR a Roma e una via a Caserta. Il suo busto troneggia nel parco della Scuola di guerra aerea di Firenze. Espressione degli equivoci attraverso cui si svolse la sua vita, sulla targa romana viene indicato come "generale d'aeronautica", mentre era generale dell'esercito. Dopo la sua morte, la “Rivista Aeronautica” pubblica “La guerra del 19...”, un'opera di futurismo militare di gran moda negli anni Trenta, nella quale prospetta un conflitto tra Germania da una parte e Francia e Belgio dall'altra, conclusosi con la vittoria della prima che, con l'aviazione, porta le potenze alleate ad arrendersi dopo solo tre giorni di guerra, a seguito di una grande offensiva aerea che trasforma le città in "bracieri ardenti e inavvicinabili". Douhet scriveva: "Si afferma che oggi, mediante 50-100 tonnellate di materiali venefici è possibile avvolgere in un’atmosfera mortale città grandi come Londra o Parigi". Aggiungeva che: "L'aereo integrato col veleno fornisce il mezzo di creare - indipendentemente dalla situazione degli eserciti e delle armate agenti sulla superficie - offese di un ordine di grandezza non ancora sospettato". La teoria del dominio aereo aprì un dibattito a tutto campo nel mondo militare, con forzature e strali polemici tra panegiristi e detrattori, innestando la difesa dello spirito di corpo e preoccupazioni inespresse per i riflessi che si potevano avere sulla ripartizione dei bilanci militari. Viene entusiasticamente appoggiata da gruppi di pressione formati da uomini politici, industriali e aviatori che vedono l’emancipazione vicina e il grande spazio che si creava per le carriere. Fu accolta con enorme entusiasmo negli ambienti aviatori e industriali aeronautici e rifiutata in toto degli apparati dell'esercito e della marina che non accettavano la diminuzione di organici, peso e prestigio. Nell’articolo “L’aviazione da bombardamento” pubblicato sull’ufficiale “Esercito e Nazione” del 1929 a firma di Ugo Fischetti, Douhet non viene nemmeno nominato a differenza dei britannici Sykes, Robertson, Edmonds e Groves e del francese Jeanaud. Gli oppositori furono una falange, di spessore diverso e ad essi Douhet tenne testa gagliardamente con grande vis polemica non ignorandoli mai, replicando colpo su colpo. Di grandissima asprezza furono gli scontri con Amedeo Mecozzi, che Italo Balbo, unitamente a De Pinedo, Nobile e Guidoni, definì: "I chiodi della mia croce". 15
Mecozzi, romano di umilissime origini, nella Grande Guerra da soldato semplice era transitato nel servizio aeronautico diventando ufficiale aviatore e asso della caccia. Ferruccio Botti lo definì icasticamente: "Capo senza partigiani, condottiero senza discepoli e profeta senza fedeli" e, in effetti, le sue teorie furono appena tollerate negli ambienti aviatori. Si batteva per un'aeronautica indipendente, ma senza la supremazia assoluta voluta da Douhet, formulando la teoria dell'aviazione d'assalto destinata a intervenire sui campi di battaglia in contrasto con i bombardamenti in profondità. Gli attacchi dovevano essere portati contro obiettivi scelti, condotti a bassissima quota, in cooperazione con le forze terrestri. Quando lo Stuka dimostrò le capacità dell'aviazione d'assalto, nessuno lo ricordò e l'ufficiale romano concluse la carriera con la nomina a generale di brigata aerea e il trasferimento in Somalia, sperduto comando periferico. Fu una polemica anomala perché tra appartenenti alla stessa Arma, iniziata il 21 dicembre 1921 con "Fra programmi e programmi aeronautici" e durata fino alla morte di Douhet ed oltre. Nell'articolo Mecozzi sostiene l'assurdità: "[…] di abolire tutto, dirigibili, aviazione da caccia, antiaerei, eccetera, a vantaggio dell'aviazione da bombardamento, che potrà con una fulminea azione all'inizio delle ostilità, distruggere i campi, i rifornimenti, i velivoli nemici, e così sgombrare il cielo", concludendo con un significativo "Detto fatto". L'opposizione a Dohuet fu acre e puntigliosa, qualche volta non basata sulle idee ma sull’uomo, rinfacciandogli la "fuga dal fronte" per il suo rifiuto di comandare una brigata in guerra e di non essere in grado di valutare le problematiche dell'Arma non avendo mai pilotato un aereo, contrapponendo l'essere lui "pilota da caccia" al "colonnello di Stato Maggiore dell’Esercito". Lo accusò altresì di avere mutuato le sue teorie da quelle del francese Clément Ader e di essere il massimo fautore della "guerra agli inermi", volta allo sterminio delle popolazioni civili, ma successivamente, nell’articolo “Per la guerra nell'aria” su “Echi e Commenti” del 15 maggio 1928, Mecozzi specificò: "Sento il dovere di chiarire che le mie obiezioni alle teorie del generale Douhet non investono punto le Sue affermazioni che l'Arma aerea abbia grande influenza in una guerra futura, ma riguardano mezzi e metodi per ottenere tale grande influenza". Dal 1924 Mecozzi pubblica una serie di articoli sulla” Rivista Aeronautica”, “Le Forze Armate” e “Echi e Commenti”, rivista quest'ultima che, pur non essendo militare, rappresenta una miniera di informazioni sul periodo tra le due guerre mondiali. Fedele alle sue idee, dedicò la sua opera maggiore Guerra agli inermi e aviazione d'assalto, scritta nel secondo dopoguerra: "Agli equipaggi dell'aviazione da bombardamento di qualsiasi paese che nel rischio e nel sacrificio personale compirono azioni terroristiche per una obbedienza sempre doverosa ma ad ordini dei quali è urgente che la coscienza dei popoli e dei governi respinga ogni giustificazione". 16
Lo scetticismo nei confronti di Douhet venne manifestato nel 1926 dal generale dell'Esercito Vacchetti che, nella stesura della relazione al bilancio dell'Aeronautica, sostenne: "Non ostante i progressi tecnici preconizzati, non è provata la capacità degli aerei di risolvere la guerra affrontando qualsiasi situazione in sostituzione dell'Esercito e della Marina. La soluzione aerea della guerra rimane anzi un sogno di fantasia". A chi come il generale Giuseppe Valle, futuro comandante della Regia Aeronautica, in un articolo pubblicato nella “Rivista Marittima” del luglio-agosto 1928 intitolato “Meditazioni sulla guerra aerea” definiva "Ignobile e fraudolenta" la guerra aereo- chimica, Douhet rispondeva: "E perciò l'offesa, rapida, violenta, terrificante, essenzialmente rivolta contro le parti più delicate, più sensibili più vulnerabili del nemico è quella che risolve la guerra col minimo danno per l'umanità. È quindi la più umana e la più civile […] Certo io considero lecito e eziando meritorio il lanciare bombe venefiche contro un centro abitato non per il sadico piacere di massacrare i suoi abitanti, ma perché quel lancio determina un danno materiale e morale di alto rendimento in ordine al raggiungimento della vittoria". Si potrebbe parlare di “umanismo del terrore”. A questo proposito va ricordato che ancora negli anni Sessanta, nell'epoca del più conclamato pacifismo, nell'avversione totale e assoluta alla guerra, Giorgio Rochat, storico affermato, recensendo il libro di David Irving Apocalisse a Dresda. I bombardamenti del febbraio 1945, osservava: "Il bombardamento terroristico era accettabile quanto qualsiasi altra arma, sopra tutto quando ne fosse provata la terribile efficacia". Nel 1931 il generale Francesco Pricolo, futuro successore di Valle, avallerà grintosamente la filosofia di Douhet: "L'arma efficace della flotta aerea è il terrore […] Bisogna immediatamente gettare il terrore tra le popolazioni avversarie […] per sottoporle a un incubo insostenibile che costringa alla resa: Si griderà alle barbarie, alla violenza sul diritto delle genti, ma non bisogna lasciarsi impressionare". Nel dopoguerra passerà a un’aspra critica di quella che chiamerà la "Cosiddetta dottrina del generale Douhet". Tra gli oppositori il colonnello Bastico, futuro nominale comandante di Rommel sul fronte libico, nel terzo volume de L'evoluzione dell'arte della guerra. La guerra del futuro sensatamente osservava: "In fatto di impiego dei nuovi mezzi di lotta e in particolare dell'arma aerea e di quella chimica […] l'importanza di tali mezzi e la capitale influenza che essi avranno sul modo di condurre la guerra sono da noi pienamente riconosciute: […] siamo però ben lontani da coloro che predicano avvenimenti catastrofici tali da mutare radicalmente tutto ciò che della guerra è parte o dalla guerra deriva […]". Ritornerà sull'argomento nel 1929 da Generale di Brigata con l'articolo “Del tutto e delle proporzioni delle parti” ove sostiene essere necessario: "Il proporzionamento armonico delle tre componenti". Negli anni Trenta, per il teorico casertano si manifestò un vasto interesse internazionale. 17
In Francia venne alla ribalta alla fine degli anni Venti e la sua opera fu commentata su testate come la “Revue Maritime”, la “Revue Militaire”, “Revue Des Deux Mondes”, “Revue de Paris”, “L’Aéronautique”, l’ufficiale “Revue de l’Armée de l’Air” e particolarmente dal settimanale “Les Ailes”, creato dal Comité français de propagande aéronautique, che diede grande spazio alle sue idee dal 1931 al 1933 riportando analisi e critiche. La doctrine du général Douhet del 1935, opera del colonnello Vauthier, suo accanito estimatore, fu onorata da una prefazione dell'oracolo nazionale, il maresciallo di Francia Philippe Pétain, che sottolineava: "Non trattiamo alla leggera o di utopismo un uomo che sarà più tardi considerato come un Precursore", aggiungendo che gli scritti di Douhet costituivano: "Una fonte inesauribile di riflessioni. La docrine redoutable qu'il a édifiée peut influer de façon décisive sur les évenements de demain. […] Di tutti i grandi dottrinari del dopo guerra è il solo ad avere stabilito un sistema che sia solidamente incardinato nell'insieme e così preciso nei dettagli". Va aggiunto che queste autorevoli parole non portarono a cambiamenti nella politica militare Le querelles che si svilupparono vanno anche inserite nel clima di lotta acre che l'Aeronautica militare francese combatteva per assurgere ad arma autonoma che portarono infine, alla data del primo aprile 1933, alla creazione del Ministère de l'Air e a meno miseri stanziamenti di bilancio. Nel 1933 il Chief of the Air Corps, generale Benjamin D. Foulois, trasmise copie di un articolo di Douhet al Chairman dell'U.S. House of Representatives Comittee on military affairs definendolo "Una eccellente esposizione di alcuni principi della guerra aerea". Nel 1942 tutta la sua opera fu pubblicata negli Stati Uniti col titolo “Command of the air”. Nel 1983 Il dominio dell'aria avrà negli Stati Uniti una nuova edizione con la prefazione del Capo di stato maggiore dell'U.S. Air Force. Il suo pensiero formerà oggetto di numerosi articoli su riviste specializzate e nel nome del teorico italiano l'Aeronautica degli Stati Uniti istituì il trofeo Douhet-Mitchell per i migliori studenti dei War colleges. Nell'Unione Sovietica, l'influenza del generale italiano fu variamente considerata, anche per una forma di nazionalismo, diffusa in tutti i paesi, che nega ogni apporto o influsso dall'estero; sostiene Fuller che i futuri ufficiali studiavano Clausewitz e Douhet. Il bombardamento strategico fu al centro della "Istruzione provvisoria per le azioni indipendenti delle forze aeree dell'Armata Rossa degli operai e dei contadini" e ad esso fu assegnato il 40% dei mezzi aerei. Sulla carta le squadriglie di bombardamento strategico rappresentavano alla metà degli anni Trenta la più potente forza aerea del mondo. La guerra di Spagna incise su queste convinzioni e maturò il principio che le forze aeree dovevano appoggiare tatticamente le forze terrestri. Sei anni dopo sarebbero state spazzate dai cieli. 18
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