Guarire l'Ospedale Una proposta concreta - Mauri Health Team
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
Guarire l’ospedale I perché della ricerca e della proposta È sotto gli occhi di tutti la situazione degli Ospedali Una proposta concreta in Italia. E troppo frequentemente avvenimenti incresciosi portati agli “onori” della cronaca ci sconcertano. EXECUTIVE SUMMARY Esistono molte strutture di buon livello, avanzate e ben funzionanti, e complessivamente la sanità nel nostro paese è giudicata positivamente e su buoni livelli internazionali: ma in gran parte i nostri Ospedali sono vecchi, disorganizzati, fatiscenti e spesso pericolosi. Medici e personale, spesso validissimi, sono costretti a operare in strutture inadatte per loro, per i malati e per i cittadini. I ricoverati spesso si trovano in situazioni di promiscuità, ansia, segregazione e disagi impropri per una società civile quale vogliamo e pensiamo di essere. Non esiste poi un vero e proprio sistema, con collegamento a rete tra loro degli ospedali e delle altre strutture sanitarie sul territorio, ma solo un insieme di “monoliti” isolati che non si conoscono e non si parlano. La condizione di chi si ricovera in molti ospedali è in molti casi più quella del “prigioniero”, tollerato per degnazione e benevolenza, che quella dell’ospite da accogliere con ogni riguardo per le sue necessità di cura e il suo benessere. Insomma gli ospedali, che pure sono il fulcro forte della nostra assistenza sanitaria, che pure hanno visto negli ultimi anni profondi cambiamenti e grandi investimenti, spesso sono loro dei veri e propri 3
Guarire l’ospedale | Una proposta concreta “malati”, che dobbiamo assolutamente curare, e utilizzate, e profonda disomogeneità nella dotazione presto. di alte tecnologie • Modeste performances di attività relativamente a efficacia, efficienza e produttività, qualità e Cosa e come fare? appropriatezza Abbiamo voluto affrontare l’argomento con metodo • Enormi diseguaglianze, specie tra Nord e Sud, per scientifico rigoroso, realizzando insieme alla centri di eccellenza, IRCCS, attrezzature, tasso di Università Bocconi di Milano una ricerca approfondita ricoveri, costi, eccetera. che definisse anzitutto oggettivamente, e in modo non • Più di 140 ospedali incompiuti (80% al Sud). emozionale, un quadro reale e attuale della situazione (report 1/3); definisse poi principi e linee guida per il Lo stato di salute di tanti ospedali appare quindi da sistema ospedaliero italiano (report 2/3) e consentisse “prognosi riservata”. infine di avanzare una proposta culturale, tecnica e Abbiamo allora ritenuto necessaria una proposta politica per la realizzazione e gestione dell’ospedale concreta su come migliorare le cose. Abbiamo moderno (report 3/3). disegnato quello che dovrebbe essere un ospedale In questo “compendio”riassumiamo i risultati e la oggi in Italia, un modello basato sul rispetto e la proposta meglio dettagliati nei 3 report, appena soddisfazione dei bisogni degli utilizzatori, con il pubblicati, dell’intero lavoro di ricerca. cittadino al centro dei processi e delle attenzioni. Con una qualità non inferiore a quello delle altre nostre infrastrutture. Abbiamo strade, automobili, alberghi, Lo stato di salute degli ospedali in Italia ristoranti, autogrill, aerei, treni di buon se non ottimo I risultati confermano una situazione di grave livello: perché dovremmo tollerare oltre, proprio malessere per: quando siamo malati, più fragili e deboli, e avremmo • Vetustà: il 60% ha più di 40 anni (l’obsolescenza diritto e voglia di maggiori attenzioni e protezioni, tecnica è stimata in 30 anni) ospedali indecorosi e opprimenti? • Dimensioni insufficienti: il 50% ha meno di 120 posti letto (limite minimo di legge) • Mancanze di sicurezza sismica, impiantistica, L’ospedale che verrà antiincendio eccetera, con ritardi Costruito secondo i principi informatori del modello sull’accreditamento per struttura e organizzazione definito e il metodo rigoroso e coerente suggerito si inadeguate caratterizza per: • Dotazioni tecnologiche insufficienti, o poco e male • Centralità del paziente 4
• Cure scientificamente valide e sollecite • Abolizione degli sprechi e delle perdite di tempo (del •D egenze brevi (con rapido trasferimento a strutture paziente e del sistema ospedale) residenziali adiacenti) • Gestione moderna efficace e efficiente, per processi •N umero di letti di degenza contenuto e ampio e non in base ai reparti utilizzo di day hospital, day surgery e ambulatorio • Collaborazione tra componente professionale • Ospitalità alberghiera di alto livello: medica e tecnica (con la responsabilità del corretto percorso) e componente manageriale (con – Per tutti i degenti camere singole, con tutti responsabilità operativa e della efficiente gestione i servizi (bagno, climatizzazione, cassaforte, delle strutture). prese per pc, televisore, insonorizzazione e illuminazione, impianti medicali e di chiamata e comunicazione efficaci) Un sistema integrato – Possibilità di ospitare un familiare anche durante la notte L’ospedale deve essere sempre meno una “cattedrale – Aree comuni di accoglienza, intrattenimento e nel deserto” e deve organizzarsi per dialogare con i relax servizi extra ospedalieri: anche per non soccombere all’eccesso di richiesta di prestazioni inappropriate • Orari usuali e comodi (che dovrebbero essere fornite da altri operatori), • Visite libere e senza restrizioni durante il giorno e deve dedicarsi al momento acuto dell’assistenza e facilità di comunicazione per i degenti all’utilizzo delle tecnologie avanzate e complesse • Informazione adeguata e comprensibile sulla integrandosi con le altre strutture che formino malattia e le possibilità di cura un insieme di reti, sia “orizzontali” con quelle di • Rispetto della dignità pari livello (altri ospedali) sia “verticali” con quelle • Lotta al (e liberazione dal) dolore di differente livello (cure primarie, riabilitazione, assistenza domiciliare, eccetera). • Edifici e ambienti con approccio progettuale L’organizzazione a rete di più strutture offre funzional-strutturale a ciascuna rilevanti benefici in termini di • Architettura amichevole e non incombente o razionalizzazione nell’utilizzo delle proprie risorse, oppressiva, con edifici bassi, aree ben collegate, favorisce l’identificazione di una propria vocazione ergonomiche (o il recupero della vocazione originari), determina • Impianti, attrezzature e tecnologie avanzate benefici da specializzazione istituzionale e soprattutto • Rispetto e valorizzazione dell’ambiente e cura del è in grado di favorire una maggior qualità e continuità risparmio energetico dell’assistenza. 5
Guarire l’ospedale | Una proposta concreta Sono necessari: Un “modello” quindi di ospedale evoluto che riteniamo • la scissione tra momento diagnostico (capillarizzato in grado di rispondere ai mutati bisogni dei singoli sul territorio attraverso centri diagnostici, il più cittadini e alle cambiate richieste della società, vicino possibile alla abitazione del paziente) e pensato sulla scorta delle indicazioni emergenti in momento terapeutico (da effettuarsi, per bisogni letteratura e delle esperienze operative che si stanno acuti e specialistici o che richiedano alte tecnologie, realizzando a livello internazionale e nazionale, in ospedale) e utilizzando a pieno le considerazioni e gli studi • l’identificazione di bacini di utenza ottimali (di effettuati per progetti avanzati già realizzati. circa 1/1,5 milioni di abitanti) rispetto ai quali La nostra è una proposta di metodo di realizzazione e di programmare e sviluppare una rete ospedaliera indicazioni su alcune scelte a nostro avviso da preferire. completa (Area Ospedaliera Integrata – AOI), Occorre precisare che, tra le tante tipologie di superando, se necessario, i confini amministrativi di strutture che molti chiamano comunemente ospedali, ASL e Regioni ci riferiamo solamente all’ospedale per acuti ad alta tecnologia e alta assistenza che dovrà essere • la diffusione in tutti gli ospedali dei compiti di ricerca il cardine fondamentale e l’ossatura portante del e didattica rinnovato sistema della sanità per la salute, con • il coordinamento con la rete di emergenza e affiancati, in una rete ospedaliera a più livelli, hub con urgenza e con i professionisti del territorio, in specializzazioni più elevate, ospedali di insegnamento, particolare coi MMG, prerequisito per rispondere istituti o centri di ricerca avanzata di riferimento (dei in modo appropriato ai bisogni della popolazione quali in questa proposta non trattiamo). e per spostare il focus dei clinici ospedalieri su Un numero sufficiente di ospedali di questo “modello”, problematiche più attinenti ai processi di cura. che nel seguito meglio definiremo e connoteremo, adatti ad ospitare tecnologie, confort e logistica indispensabili oggi e ancor più domani, dovrebbero La nostra proposta sostituire le attuali strutture inadeguate (per vetustà, Progettare, realizzare e gestire un nuovo “modello” di errori progettuali degli ultimi 30 anni, incapacità di ospedale che possa affrontare correttamente le sfide progettare pensando alla flessibilità per il futuro del terzo millennio che derivano dai cambiamenti e per recepire l’innovazione) e dovrebbe portare a epidemiologici, demografici e sociali, dalle aspettative “rifondare” il sistema ospedaliero italiano. crescenti dei cittadini, dalle innovazioni tecnologiche, Proponiamo di realizzare ospedali di dimensione dai progressi della medicina e dalla necessità di ottimale, che la letteratura definisce con un numero di ridare centralità al paziente, che impongono un forte posti letto non inferiore a 200 e non superiore ai 400- ripensamento dell’ospedale e del sistema sanitario. 500, per mantenere efficacia, efficienza e sicurezza 6
(con meno di 200 posti letto risulta pressoché Per una prima stima approssimata della necessità impossibile e diseconomico disporre nello stesso di nuovi ospedali, ricordiamo che in Italia, rispetto a luogo e contemporaneamente di tutte le tecnologie e circa 800 ospedali esistenti, il 50% ha meno di 121 le professionalità necessarie e da integrare, mentre posti letto e oltre il 60% ha più di 40 anni. sopra i 400-500 letti risulta pressoché impossibile Ipotizzando di voler rifondare non meno del 50% ottenere una gestione efficiente per eccesso di degli ospedali più piccoli, aggregandoli in ospedali complicazione e di massa). di dimensione media, e volendo ricostruire il 10% È anche da considerare attentamente che il numero di quelli di dimensione maggiore, dovrebbero di posti letto non è oggi più un indicatore adeguato di essere realizzati circa 100 nuovi ospedali con le attività, che va invece misurata in base al mix delle caratteristiche necessarie di efficacia, efficienza e prestazioni e al loro numero. Inoltre, con corretti qualità, realizzati cioè attenendosi alla “filosofia”, ai processi in ricovero e pre e post ricovero, riducendo principi e alle modalità di organizzazione e gestione la degenza media, ogni letto può assistere ogni descritti, univoci per tutto il nostro Paese. anno molti più pazienti, sviluppando l’attività per cui Questo consentirebbe di realizzare la spina dorsale servono 3 o 4 letti in un ospedale secondo vecchi del sistema ospedaliero, insieme agli altri ospedali schemi. di maggiori dimensioni e complessità, come quelli di Vanno quindi considerate, più che i letti, le attività insegnamento o di ricerca, che operino insieme alle da fare, in termini di casi trattati e di prestazioni di altre strutture di assistenza sul territorio, come le diagnosi e cura, e le strutture per effettuarle (sale struttura per la cronicità, il disagio, la riabilitazione e operatorie, sale diagnostiche, laboratori, ambulatori, l’assistenza a domicilio. eccetera). Ricordiamo anche che a fianco di ogni ospedale Tuttavia il numero di letti di degenza è un proxy dovrebbe sorgere un albergo destinato a ospitare sufficiente per una definizione dimensionale malati che non necessitano di ricovero per cure dell’ospedale e, essendo molto abituale, può ancora, intensive e possono giovarsi di risiedere in ambito con prudenza, essere utilizzato. protetto per proseguire le cure in day hospital o Utilizzando quindi un target ottimale (secondo i ambulatorialmente, e i loro accompagnatori. Questo benchmark dei paesi che fanno un uso appropriato consentirà di ridurre drasticamente la degenza media dell’ospedale e ricorrono in alternativa ai servizi sanitari e la necessità di posti letto ospedalieri, con un forte territoriali) di 3 posti letto per 1.000 abitanti (che in risparmio di costi. futuro prossimo tenderà ad essere anche minore, Si può così costituire una rete virtuosa dei servizi probabilmente intorno ai 2,5 posti letto/1.000 abitanti), con grande giovamento per la salute dei singoli e si dovrebbero progettare ospedali di circa 400-500 posti della collettività. In questo modo si può realizzare un letto per una popolazione di 200.000 unità. sistema ospedaliero degno di un paese civile, fornire 7
Guarire l’ospedale | Una proposta concreta cure di alta qualità, portare innovazione e ricerca che per la realizzazione, che sono però da considerare conducono all’eccellenza. un investimento e non una spesa a fondo perduto: Per dare numeri più precisi su quanti ospedali consentirebbero infatti, oltre tutto, di risparmiare realizzare e di quale dimensione tra quella minima e sulla gestione (a parità di numero di casi trattati massima citate, è necessaria una ricognizione ad hoc e prestazioni si avrebbero maggior qualità ed che tenga conto delle realtà esistenti e delle condizioni efficienza), ripagandosi l’investimento per la geomorfologiche, urbanistiche e di viabilità dei diversi costruzione in pochi anni (mediamente circa 4). territori suddivisi nelle Aree Ospedaliere Integrate (AOI) È evidente che, a maggior ragione in questo momento di cui proponiamo l’istituzione, che siano riferimento economico di grande crisi e difficoltà, Stato, Regioni e di una popolazione di 1-1,5 milioni di abitanti, anche Enti pubblici non sono in grado di rendere disponibili se necessario superando i limiti regionali, dato che gli ingenti finanziamenti necessari. devono tener conto del soddisfacimento ottimale dei Ma non fermiamoci davanti a queste difficoltà e bisogni di salute della popolazione e non di barriere percorriamo nuove strade. burocratiche o politiche o confini regionali. Lo Stato potrebbe farsi carico del finanziamento solo Ogni AOI potrebbe comporsi di 4-5 ospedali di medie di piccola parte di questo importo, trasferendo alle dimensioni, intorno ai 400 posti letto, integrati Regioni parte dei fondi per nuovi ospedali, ma solo con uno o due ospedali di didattica e di ricerca di a condizione che assicurino l’adozione del nuovo dimensioni maggiori e con IRCCS monotematici e modello. centri di medicina molecolare e ricerca avanzata, E altre risorse potrebbero essere reperite dalle tutti hub della specializzazione più elevata per tutto Regioni, ricordando che le prime subito disponibili il sistema dell’AOI di cui il nuovo modello di ospedale sono quelle che non si sprecano nell’inefficienza, proposto è lo spoke. ricorrendo a Partnership Pubblico-Privato (PPP), come ad esempio il Project financing o all’affidamento della realizzazione delle strutture con modalità Dove e come trovare le risorse per realizzare innovative, a cura e spese di fondi etici sociali di nuovi ospedali? investimento che affittino agli enti pubblici gestori i L’impegno economico può in prima approssimazione nuovi ospedali finanziati e realizzati dai fondi in base essere valutato in circa 150 milioni di euro per la a progetti gestionali e edilizi condivisi, secondo un costruzione di ogni ospedale (a cui vanno aggiunti modello già sperimentato con successo da strutture eventuali costi del terreno e oneri di progettazione e ospedaliere private, con assoluta garanzia di idoneità apparecchiature medicali). e qualità e rispetto delle norme grazie a controlli Servirebbero quindi in Italia circa 15 miliardi di euro attentissimi. 8
Finanziamo cioè i nuovi ospedali utilizzando i risparmi etiche, come ogni “semplice cittadino”, che potrà futuri sulla gestione ottenuti dal lavorare in strutture partecipare a un fondo di investimento e troverà, oltre nuove ed efficienti. E trasferiamo dal “conto capitale” a una giusta remunerazione dei suoi risparmi, anche (vuoto) al “conto gestione” (che avrà disponibilità l’orgoglio di sentirsi partecipe di un’impresa davvero grazie alle efficientazioni della gestione stessa) il utile per tutti e un poco “azionista” del suo ospedale e reperimento delle risorse, diluendolo così anche in della sanità per la sua salute e quella della comunità. molti anni di attività virtuosa e di qualità. Riteniamo la nostra proposta idonea a fornire una E ricorriamo tranquillamente per finanziare direzione e iniziare a risolvere i problemi e soprattutto le nuove strutture a chi è disponibile a portare concreta e fattibile. risorse proprie in questo settore, anche per un suo Vorremmo rimboccarci le maniche e riuscire a adeguato tornaconto. Per scelta economica, come realizzarla, insieme a tutti gli uomini di buona volontà gli imprenditori privati (Fondi, banche, assicurazioni che vorranno aiutarci e partecipare con noi. eccetera), o per dovere statutario, come gli enti previdenziali, o per motivazioni economiche e insieme Umberto Veronesi | Maurizio Mauri 9
Indice 12 Prognosi riservata per gli ospedali italiani Capitolo primo 18 È possibile una cura? Sì, mettendo al centro il paziente Capitolo secondo 10
24 Organizzare il sistema: la diagnosi al territorio, la terapia all’ospedale L’ospedale che verrà 32 Capitolo terzo Capitolo quarto 46 La strada è percorribile, la meta è la guarigione Capitolo quinto 11
Prognosi riservata per gli ospedali italiani Capitolo primo ospedali in italia 12
Troppo piccoli Troppo vecchi (meno di 120 posti letto) (più di 40 anni) 50% 60% del totale del totale Conseguenza: Conseguenza: Inefficienti non sicuri 13
Prognosi riservata per gli ospedali italiani La sanità italiana è il regno delle contraddizioni: è universalmente considerata una delle migliori al mondo (la speranza di vita a 80,9 anni batte quella degli altri paesi europei), ma è continuamente scossa da scandali e attraversata da segnali di cedimento, che giustamente allarmano la pubblica opinione. Molti casi di malasanità che fanno notizia sui giornali avven- gono in centri o troppo piccoli o con attrezzature troppo vecchie o male organizzati. Il nervo scoperto è l’Italia divisa in due, dove i buoni indicatori sono come il mezzo pol- lo di Trilussa: la mortalità infantile al 3,9 per mille, per esempio, è una media tra un ottimo 2,73 al Nord Ovest e un preoccupante 4,85 al Sud. Anche gli istituti ospedalieri di eccellenza sono distribuiti in misura disomogenea sul ter- ritorio nazionale (vedi box Il gradiente Nord-Sud a 150 anni dall’unità). E, se la salute non di- pende solo dalla qualità degli ospedali, certo questa vi contribuisce non poco. È il caso di dire che il nostro ottimo Servizio Sanitario Nazionale non si merita gli ospe- dali che ha. Secondo la recente ricerca della Bocconi, due terzi degli ospedali in Italia sono stati co- struiti più di 40 anni fa. Decisamente troppo vecchi, se si considera che alla velocità con cui cambia la medicina oggi, già dopo vent’anni strutture e apparecchiature sono pronte per es- sere relegate nell’antiquariato sanitario. L’Italia merita buoni ospedali In Italia, il settore salute rappresenta il 15% del PIL: quando si fa riferimento a quello nazionale, istituito in Italia con la legge 833 del 1978, si parla di uno dei sistemi sanitari migliori al mondo. Con la modifica del titolo V della Costituzione, in realtà, si è sancita la creazione di 22 sistemi sanitari regionali (2 dei quali, per meglio dire, provinciali) tra loro diversi. Se, da una parte, ciò fa dell’Italia un esperimento ben riuscito di quella libertà di circolazione dei pazienti che dovrà in un prossimo futuro entrare nell’agenda europea, è innegabile che l’ottimo posizionamento nella classifica internazionale di molti parametri di salute si basa su valori numerici medi, che nascondono un’importante eterogeneità di quelli estremi, appannaggio delle diverse realtà regionali. Da qui l’istanza di una programmazione che garantisca una diffusione equilibrata delle strutture specializzate sul territorio nazionale e, quindi, una maggiore equità di accesso alla popolazione. 14
E non solo perché non al passo con le cure più innovative, ma anche perché vecchio ten- de a diventare sinonimo di pericoloso: per esempio quando non si hanno più i requisiti sta- biliti dalle più recenti normative in tema di sicurezza radiologica, anti incendio, anti sismica e per i rifiuti tossici. I letti non sono più l’unità di misura. Circa la metà dell’attuale rete ospedaliera è co- stituita da strutture piccole, con meno di 120 letti, che andrebbero tutte chiuse, perché al di sotto del limite di legge. Oltretutto la bassa casistica innesca un circolo vizioso, perché tratta- re pochi casi non permette di raggiungere e mantenere uno standard clinico adeguato e non consente di disporre del budget necessario per acquisire professionalità e tecnologie all’avan- guardia. La reputazione dell’ospedale diminuisce, chi può si rivolge altrove e il circolo nega- tivo si autoalimenta. Il numero di letti, in realtà, non dovrebbe più essere l’unità di misura del dimensionamento di un ospedale e dovrebbe essere sostituito con le prestazioni di diagno- si e cura erogate (vedi box: Posti letto per abitante, nella pagina seguente). Già oggi, infatti, il singolo letto non è più in corrispondenza biunivoca con il numero dei pazienti in trattamen- to nell’ospedale. Con l’aumento delle prestazioni ambulatoriali, e delle condizioni che possono essere ri- solte in day hospital e in day surgery, è stata superata l’idea che il malato debba giacere in un Il gradiente nord-sud a 150 anni dall’unità In riferimento alla situazione del sistema Tendono invece ad aumentare nel Sud: ospedaliero, vi è un gradiente negativo dal · la percentuale di ospedali vecchi (cioè Nord al Sud che riguarda: costruiti prima del 1970, essendo stimata · la distribuzione delle alte tecnologie; in 30 anni l’obsolescenza tecnica dei · la diffusione delle tecnologie di sala nosocomi): in totale, in tutto il Paese, se ne operatoria e di diagnostica di base; contano 551; · il numero di centri di alta specializzazione, · il numero di ospedali rimasti incompiuti; banche biologiche, centri per · la percentuale di ospedali ‹120 posti letto; trapianti, IRCCS, hospice; · il setting inappropriato · il rapporto infermieri/posti per la bassa + letto; · l’attività ambulatoriale degli complessità (con il relativo inutile – ospedali; costo per posto · la costituzioni di reti letto). ospedaliere; · la creazione dei dipartimenti. 15 – +
Prognosi riservata per gli ospedali italiani letto, in pigiama, trattenuto per un paio di giorni, solo per ottenere cure che potrebbero es- sere organizzate con un soggiorno diurno di poche ore. Nella nuova concezione di ospedale prevalgono gli ambulatori rispetto alle cliniche, e l’etimologia ne spiega la ragione: mentre la parola “ambulatorio”, che discende dal verbo la- tino ambulare, rimanda alla libertà del paziente di muoversi e, per conseguenza, alla sua li- bertà di scelta, la parola “clinica”, che deriva da quella greca kliné (letto) rimanda a una sua posizione, non più accettabile, di confinamento e di passività. Risorse da distribuire secondo l’attività. Edificio e posti letto, d’altronde, nella me- dicina moderna non contano più come fino a quindici anni fa, quando rappresentavano due terzi dell’investimento necessario per costruire o rinnovare un ospedale. Oggi, sono gli apparati tecnologici a fare la parte del leone: laboratori di ricerca e di ana- lisi, strumenti di diagnosi e terapia avanzati, attrezzature chirurgiche anche robotizzate, il tutto connesso attraverso l’informatica. Finora, negli ospedali italiani, ogni specialità ha in dote un certo numero di letti, la cui en- tità definisce il dominio del singolo reparto. In futuro andrà superata (e, talora, capovolta) la logica con cui vengono distribuite le risorse ai reparti (le Unità operative specialistiche). Una delle idee forti della nuova concezione dell’ospedale è avere spazi di degenza e di at- tività clinica il più possibile indistinti rispetto alla patologia e caratterizzati, invece, per gra- di di intensità e di complessità assistenziale. Il concetto si estende anche alle attività di Day- Posti letto per abitante Attualmente, si tende a considerare che il criterio di dimensionamento corretto di un ospedale non sia più tanto il numero dei posti letto quanto quello delle prestazioni di diagnosi e cura erogate; tuttavia, il primo può ancora servire da proxy della risposta a un determinato bacino di utenza. I servizi sanitari che, in Europa, hanno già ridotto il numero improprio di degenze puntando sulla promozione dei servizi territoriali, hanno quantificato la necessità di posti letto in 3 per 1.000 abitanti; sulla base di questa stima, per una popolazione tra le 150.000 e le 200.000 unità andrebbero progettati ospedali di 400-500 posti letto, attribuiti non per specialità, ma per intensità di cure e per categorie di pazienti, tenendo, cioè, conto del livello di urgenza, della lunghezza attesa della degenza, della complessità assistenziale e del previsto assorbimento tecnologico del caso. 16
hospital, di Day-surgery e ambulatoriali. Anche le risorse, di conseguenza, dovranno essere attribuite per complessità assistenziale. Salterà anche l’uso di trasferire i malati da un reparto all’altro quando hanno bisogno di cure di diversa natura. Nei nuovi ospedali, invece, saranno i medici a spostarsi, in équipe multidisciplinari, e a raggiungere il malato, che resta nello stesso letto. La rete è piena di smagliature. Il singolo piccolo centro, per quanto ben attrezzato, ha veramente fatto il suo tempo, e rischia in molti casi di fare più danni che benefici: oggi un ospedale può reggere solo se è integrato nella rete di un sistema, che lo mette in collega- mento con gli altri centri di ricovero di maggiore o diversa specializzazione e con tutti gli al- tri protagonisti dell’assistenza sparsi sul territorio. Il sistema ospedaliero italiano, cresciuto nel tempo senza una vera programmazione, spesso sulla base delle spinte e delle disponibilità di mezzi locali, mostra una concentrazio- ne di molti centri di eccellenza al Nord e al Centro e gravi lacune al Sud e nelle Isole. Anche dove sono sufficienti, le strutture non sono tra loro coordinate con livelli di specia- lizzazione, compiti, percorsi ben definiti e condivisi, in modo da rendere massima l’efficien- za di quello che c’è. Sistema feudale: si può dire? L’ospedale oggi prevalente in Italia è ormai più malato dei cittadini che accoglie, ed è indispensabile che la società intera si renda conto che è urgente porvi mano per guarirlo. Altrimenti il sistema sanitario, se gira su un cardine arrugginito, rischia di crollare. 17
È possibile una cura? Sì, mettendo al centro il paziente Capitolo secondo IL FUNZIONAMENTO dell’ospedale Terapie multidisciplinari e assistenza graduata per intensità Centralità del paziente Attività per processi e percorsi di cura 18
Nuovo quadro epidemiologico: diritti del malato paziente sempre (Veronesi-Mauri) più anziano e con • cure scientificamente molte patologie valide • cure sollecite • seconda opinione • riservatezza • verità sulla malattia • informazione sulle terapie Bisogni • eventuale rifiuto delle cure presa d’atto di • espressione anticipata delle proprie volontà • evitare la sofferenza • rispetto della propria Diritti dignità 19
È possibile una cura? Sì, mettendo al centro il paziente È la filosofia stessa dell’ospedale che va puntualizzata, se si vuole rifondare il sistema ospe- daliero italiano. Il termine chiave è “centralità del paziente”: il cittadino malato, soggetto giuridi- co, ossia portatore di diritti, deve incontrare nell’ospedale una medicina moderna, evoluta nelle tecnologie diagnostiche e terapeutiche e organizzata per rispondere alle sue richieste di cura. La mission tradizionale dell’ospedale resta valida: assicurare, in ogni circostanza, la cu- ra più appropriata a ogni paziente, senza discriminazioni di genere, etnia, nazionalità, reli- gione e condizione sociale. Ma il mondo ha cambiato marcia, e anche la pratica clinica deve adeguarsi ai tempi e il me- dico deve continuare a studiare, tenersi aggiornato sulle novità della ricerca biomedica, della clinica e della tecnologia: l’offerta di cura degli anni duemila non può prescindere dall’integra- zione di conoscenze tecniche prodotte in campi collaterali alla medicina, ma con essa interse- cati. Al medico non è richiesto di essere un tuttologo e conoscere, oltre alla sua specializzazio- ne, la biologia molecolare e l’ingegneria. Basta che si apra e si confronti con gli altri saperi. E gli ospedali devono essere concepiti in modo da favorire l’offerta di cura integrata. Superato il modello del medico paternalista. Sono finiti i tempi in cui la paro- la del medico era presa per oro colato: nell’era di Internet tutti hanno facile accesso alle in- formazioni mediche, e possono farsi una loro idea (vedi box Il patient empowerment ai tempi di Internet). Il modello di comportamento paternalistico, per cui il medico solo sa qual è la terapia ap- Il patient empowerment ai tempi di Internet Nella sua accezione ideale il patient empowerment è l’acquisizione da parte del paziente di informazioni e strumenti per una maggior partecipazione nelle decisioni circa la propria salute. Spesso, il processo di sviluppo della capacità personale di autodeterminazione porta il paziente alla ricerca di informazioni sanitarie o al loro scambio nelle comunità di pazienti, tramite i media e Internet, seguendo vie parallele o alternative al consulto di professionisti nelle strutture tradizionalmente dedicate: accanto alle potenzialità positive di corresponsabilità decisionale tra medico e paziente, questa tendenza, inarrestabile come il progresso tecnologico che la sottende, ha, però, alcuni risvolti negativi, come la possibile confusione dei ruoli e delle competenze. Per realizzare un reale patient empowerment, i medici possono e devono intervenire in questo scenario, ponendosi come traduttori autorevoli della pletora informativa e come fornitori di proposte preventive, diagnostiche e terapeutiche che siano evidence based. 20
propriata, mostra i suoi limiti: la maggior parte (anche se non tutti) dei cittadini malati voglio- no essere informati, e coinvolti nella scelta del trattamento. Per chi pianifica l’assistenza sanitaria, allora, si tratta di dare un significato reale e non me- ramente rituale all’espressione “consenso informato”, come espressione concreta ed eviden- te della nuova impostazione malato-centrica. Il rovesciamento di prospettiva implicato dal de- cidere la cura “con” il paziente, oltre che “per” il paziente è un fatto culturalmente ancora non abbastanza acquisito e metabolizzato. Il fatto che un modulo di consenso informato non ven- ga proposto con il debito anticipo e ben spiegato, oltre che fatto firmare, deve essere oggi con- siderato un atto di negligenza. È indiscusso il diritto del cittadino a essere informato e a esse- re coinvolto nella scelta terapeutica. Doppio focus sui malati e sui sani. Il malato di oggi, però, è ancora più esigente: quando varca la soglia dell’ospedale con il suo problema clinico, non si aspetta di ricevere una risposta preconfezionata, buona per tutti quelli che sono stati classificati con l’etichetta del- la sua stessa malattia. Come in una sartoria di qualità, il paziente-cliente si aspetta di trova- re una cura personalizzata, tagliata a misura della sua unicità, fisica e valoriale. Il medico, al- lora, da bravo sarto, deve saper personalizzare le sue risposte, adattandole al profilo genetico, psicologico e sociale del singolo individuo che ha davanti. La medicina che mette il malato al centro è partecipata e personalizzata. Ma dalla medicina del duemila ci si aspetta qualcosa in più: che migliori lo stato di salute dei cittadini, e contribuisca a mantenerlo a un buon livello il più a lungo possibile. È una partita 21
È possibile una cura? Sì, mettendo al centro il paziente difficile, che implica giocare d’anticipo e dall’esito comunque imprevedibile: fuor di metafora, è una partita che si traduce nell’occuparsi della prevenzione delle malattie, promuovendo sti- li di vita salutari, tenendo sotto controllo i fattori di rischio e offrendo esami sempre più affida- bili per la diagnosi precoce. E così la medicina moderna, già partecipata e personalizzata, ha guadagnato altre qualità: è diventata anche proattiva, preventiva e predittiva (vedi box 5p: cin- que punti di forza della medicina moderna). Progettare un ospedale focalizzato sul paziente. Il rilancio del sistema ospedaliero prende le mosse dal rispetto del principio guida di cittadino/malato-centricità. Non è più il paziente ad adeguarsi a ritmi, usi e costumi dell’ospedale, ma è l’ospedale che viene strutturato, fin dalle fondamenta, considerando i diritti e i bisogni dei suoi mala- ti (vedi box I diritti dei pazienti). Occorrono progetti concreti che sappiano adeguarsi alle aspettative dell’utenza. A incomin- ciare da quelle comuni a un qualsiasi servizio rivolto al pubblico (rispetto dei tempi, cortesia, chiarezza, competenza, eccetera) per poi proseguire con quelle più specifiche legate alla tipo- logia del servizio erogato (diagnosi e cura) e alle caratteristiche dell’utenza. Per esempio bisogna prevedere, all’interno dell’ospedale, spazi per il ricevimento dei paren- ti, per la socialità, per lo svago e per l’intrattenimento. E nei pressi dell’ospedale devono essere progettate strutture alberghiere per i familiari o per i pazienti stessi in attesa, quando il proces- so di cura contempla più fasi, con ospedalizzazione breve, seguite da intervalli senza terapia. Bisogna poi sapere a chi ci si rivolge, come è costituita la popolazione di riferimento dell’ospedale. Qual è la fascia d’età prevalente, quanti sono gli uomini e le donne, quanti gli italiani e gli stranieri? Conoscere la propria utenza è indispensabile per confezionare la pro- pria offerta. Oggigiorno, per esempio, il ricoverato è sempre più anziano, fragile, isolato e 5p: cinque punti di forza della medicina moderna La medicina moderna deve caratterizzarsi come: · proattiva: medicina d’iniziativa che anticipa i bisogni del paziente per rispondervi più tempestivamente/efficacemente; 5p · predittiva: stima la probabilità di sviluppo di alcune patologie nel corso della vita; · preventiva: evita l’insorgere di malattie o le individua e cura al loro primo insorgere; · personalizzata: decide le terapie mirandole sulle caratteristiche psicofisiche del paziente; · partecipata: coinvolge e responsabilizza il paziente nel processo di diagnosi e cura 22
soffre di diversi disturbi contemporaneamente; il più delle volte, al momento della dimissio- ne, non ha ancora raggiunto un livello di autosufficienza tale da poter tornare a vivere da solo. Diventa allora particolarmente importante che l’assistenza offerta dall’ospedale non resti isolata e che una volta dimesso il paziente sappia a chi rivolgersi per l’appoggio e le cure di cui ha ancora bisogno. L’ospedale, per dare un buon servizio, deve essere inserito in un circuito di assistenza in- tegrata ed essere ben collegato con i servizi sanitari e socio-assistenziali presenti sul territorio. Il decalogo dei principi guida. In sintesi, per avere un buon ospedale, nell’apparenza e nella sostanza focalizzato sul paziente, si può far riferimento al decalogo ideato da Umberto Veronesi, Renzo Piano e Maurizio Mauri: 1. Umanizzazione: conciliare complessità ospedaliera e dimensione umana, promuovere la sicurezza fisica e psicologica del paziente, ottenere fiducia favorendo la conoscenza. 2. Urbanità: integrare l’ospedale con il territorio e la città. 3. Socialità: rendere tangibile l’appartenenza dell’ospedale alla comunità e lo spirito di solidarietà. 4. Organizzazione: perseguire efficienza, efficacia e benessere percepito. 5. Interattività: programmare continuità e completamento assistenziale con i servizi socio sanitari territoriali. 6. Appropriatezza: praticare la correttezza delle cure e dell’uso delle risorse. 7. Affidabilità: far percepire sicurezza e tranquillità ai degenti. 8. Innovazione: puntare sul rinnovamento tecnologico diagnostico, terapeutico e informatico. 9. Ricerca: dare impulso all’approfondimento intellettuale e clinico-scientifico. 10. Formazione: alimentare l’aggiornamento professionale e culturale. i diritti dei pazienti I dieci diritti fondamentali del malato, nell’ottica della malatocentricità, secondo Veronesi-Mauri, sono quelli a: · cure scientificamente valide · cure sollecite · seconda opinione · riservatezza · verità sulla malattia · informazione sulle terapie · eventuale rifiuto delle cure · espressione anticipata delle proprie volontà · evitare la sofferenza · rispetto della propria dignità 23
Organizzare il sistema: la diagnosi al territorio, la terapia all’ospedale Capitolo terzo IL nuovo sistema integrato per la salute 24
Sistema informativo Integrato Medicina Centri di diagnosi e Generale cure ambulatoriali Farmacie 118 Ospedali per acuti, Lungodegenze, centri di ricerca e riabilitazione, ADI, Medicina ecc. Molecolare 25
Organizzare il sistema: la diagnosi al territorio, la terapia all’ospedale Il sistema attuale ospedale-centrico, ora frammentato e non aggregato, deve evolversi in un sistema cittadino-centrico di promozione della salute, integrato in una rete. Il sistema cittadino-centrico opera distinguendo nettamente la diagnosi dalla terapia: la prima è affidata alle strutture territoriali, il più vicino possibile al domicilio del cittadino. A volte, può essere addirittura a casa sua, per mezzo delle moderne tecnologie e con la tra- smissione a distanza di immagini e dati. La seconda, la terapia e i casi gravi o particolarmen- te complessi, vanno all’ospedale per acuti ad alta intensità e ad alta tecnologia. È proprio la montagna-sistema sanitario che va da Maometto, gli ruota intorno, men- tre Maometto (il cittadino) va alla montagna, cioè all’ospedale, solo quando non si può fa- re altrimenti. Un accesso equo e generalizzato alle strutture territoriali di cure primarie e di diagnosi de- ve essere assicurato a ogni cittadino che si ammala. Se la malattia non si risolve al primo li- vello, rappresentato per esempio dagli ambulatori dei medici di famiglia e da quelli delle ASL, il cittadino va indirizzato ai livelli successivi, quelli degli ospedali via via più specializzati. In larga parte, questo compito è assolto già oggi dalle strutture esistenti sul territorio, ma in maniera poco integrata e con un’organizzazione che rispecchia abitudini e logiche in- terne al sistema (e non è certo pensata a partire dai bisogni della sua utenza), con un livello di qualità disomogeneo. Rivedere l’intera organizzazione delle strutture di diagnosi e cura, e ripensarle come inscritte in un’unica matrice, che le tiene collegate attraverso un flus- so costante di dati e informazioni, dovrebbe consentire di migliorare la qualità e l’efficien- za delle loro prestazioni. Il collegamento sarà sia tra gli ospedali e le strutture territoriali di primo livello (“verti- cale”), sia tra i diversi tipi di ospedale (“orizzontale”) in una rete inter-aziendale. La costitu- zione di reti sia verticali sia orizzontali consente, infatti, il coordinamento dei processi sanitari, l’adozione comune di profili diagnostico terapeutici di provata efficacia e la definizione di per- corsi per l’assistito secondo una logica di efficacia e di risparmio di tempo e di risorse. Il paziente diventa davvero il perno della riorganizzazione produttiva, attuata secondo il principio dell’univocità del progetto assistenziale e del percorso di fruizione, a parità di pro- blemi di salute. Dal canto suo il cittadino, nel momento in cui perde la salute (o vuole evitare di amma- larsi) trova nell’offerta di assistenza integrata le risposte adeguate alle sue esigenze di dia- gnosi e di assistenza. Il logico sviluppo dell’integrazione di tutte le strutture in un’unica rete porterà alla costi- 26
tuzione delle cosiddette Aree Ospedaliere Integrate, se opportuno anche interregionali (vedi box Le Aree Ospedaliere Integrate). La ruota delle cure e i suoi raggi L’integrazione verticale metterà in connessione tra loro (anche a livello informatico) livelli differenziati dell’offerta sanitaria, che sono: • centri di cure primarie, deputati all’assistenza di base ambulatoriale e domiciliare e filtro per gli accessi al secondo livello; • centri diagnostici e specialistica extra ospedaliera; • centri di assistenza intermedia (ospedali di comunità e diurni, riabilitazione e lungodegenza); • ospedali per acuti ad alta specializzazione e ad alta intensità tecnologica di nuovo modello; • centri avanzati di alta specialità, ricerca (IRCCS) e didattica. le aree ospedaliere integrate Mappando il territorio nazionale, si possono individuare circa 50 aree geografiche chiamate AOI (Aree Ospedaliere Integrate), in cui sorgono gli ospedali con un bacino d’utenza che corrisponde, in pratica, a una provincia. L’area ospedaliera integrata è quella in cui la popolazione cerca prioritariamente risposta alla propria domanda di assistenza ospedaliera e in cui un management integrato modula l’offerta delle strutture sanitarie operanti (ASL, AO, privati) sugli indirizzi programmatici. Ogni AOI prevede una rete ospedaliera a più livelli: 4-5 ospedali di medie dimensioni, intorno ai 400 posti letto (spoke), integrati con 1 o 2 ospedali universitari e di ricerca di dimensioni maggiori e con IRCCS monotematici e centri di medicina molecolare e di ricerca avanzata, tutti hub di specializzazione più elevata. Nei casi, frequenti, di AOI a cavallo tra due regioni, saranno nuclei interregionali appositamente costituiti a garantire la condivisione degli indirizzi tra gli ospedali, superando localismi e vecchi confini tra ASL e Regioni. Semmai si instaurerà un’interrelazione competitiva e, al tempo stesso, collaborativa tra ospedali, per opera di una cabina di regia a livello di AOI del coordinamento scientifico tra professionisti. 27
Organizzare il sistema: la diagnosi al territorio, la terapia all’ospedale Il modello di riferimento dell’integrazione delle cure è quello cosiddetto hub & spoke, mu- tuato dal tipo di sviluppo delle compagnie aeree. Gli erogatori di cure a specializzazione di ba- se fungeranno da spoke, mentre gli ospedali a vocazione finalizzata e polispecialistici saran- no gli hub, termini traducibili letteralmente con “raggio” e “mozzo” della ruota (vedi figura). Fondamentale il ruolo del coordinatore. I passaggi del singolo paziente da una struttura a un’altra della rete necessitano di una condivisione sia delle informazioni sanita- rie, affidata alla cartella clinica informatizzata, sia di quelle di tipo gestionale, con la condivi- sione dei protocolli diagnostico-terapeutici tra i diversi operatori. Ma necessitano soprattutto di un coordinamento, con la presenza di una figura professionale che assuma, per così dire, “l’avvocatura” del malato: questo ruolo potrebbe essere attribuito non solo al medico di me- dicina generale, che già lo svolge, ma anche a un medico ospedaliero, specificamente indivi- duato, con funzioni di mediazione e collegamento tra i diversi piani assistenziali. Ambulatori medici di famiglia Laboratori per Centri di diagnostica diagnostica per ematochimica imaging Ospedale per acuti ad alta intensità di cura Specialistica Ospedali di di base comunità e diurni Centri residenziali per riabilitazione e lungodegenza 28
Affinché l’ospedale si proietti nel territorio e il territorio entri nell’ospedale, sono dunque necessari mutamenti organizzativi che facciano emergere le figure deputate a favorire que- sta convergenza (vedi box Chi coordina le cure). In alcune regioni italiane sono state avviate interessanti sperimentazioni nel tentativo di mettere in rete funzioni e strutture per migliorare la logistica (flussi e percorsi) del paziente e per passare dalla logica “specialistica” a quella “per intensità di cura”. L’analisi dei proces- si e dei risultati rivela che i fattori critici per la realizzazione dei progetti sono soprattutto quelli legati alla disponibilità al cambiamento da parte dei professionisti; oltre che all’ec- cellenza clinica: in futuro, dunque, si dovrà sempre più puntare sulla loro formazione e sul- la miglior definizione e la semplificazione dei ruoli di coordinamento. Sviluppi tecnologici: non ovunque, ma per tutti. È la dotazione tecnologica di un ospedale a favorirne l’eccellenza: gli sviluppi della medicina e della chirurgia sono sem- pre più condizionati dalle innovazioni in questo settore. Le tecnologie di altissima specializzazione, per i costi elevati e per la necessità di essere usate su un gran numero di pazienti per ottimizzare l’addestramento del personale addet- to, andranno concentrate in poche sedi ospedaliere, debitamente, però, distribuite su tutto il territorio nazionale. All’inverso, i trattamenti e gli interventi a basso e medio apporto tecno- logico potranno essere trasferiti ai presidi territoriali. Lo sviluppo della telemedicina e dell’imaging potrebbe addirittura rendere spesso virtuale l’intervento dello specialista: è possibile prevedere la creazione di distretti deputati alla dia- gnosi remota e condotti dai maggiori esperti dei vari settori. chi coordina le cure Nella visione di un ospedale in rete nella filiera della salute per rendere coerente il progetto assistenziale individuale, la funzione di “collante” tra diversi ospedali e tra ospedale e territorio si può connotare in molte possibili figure di professionista (medico, assistente sanitario, assistente sociale, infermiere) che, di volta in volta, si occupano di: · dimissioni di un paziente fragile o da riabilitare (discharge manager) · relazione triangolare tra paziente, specialista ospedaliero e medico di famiglia (hospitalist) · continuità delle cure e gestione della complessità terapeutica (tutor medico) · applicazione del protocollo terapeutico e assistenziale in fase di degenza e successivamente al domicilio del paziente (infermiere referente o di famiglia). 29
Organizzare il sistema: la diagnosi al territorio, la terapia all’ospedale La progressiva robotizzazione della chirurgia orienterà una riorganizzazione delle sale operatorie e favorirà il diffondersi degli interventi a distanza. Inoltre, saranno sempre più a disposizione del paziente (a domicilio o portatili) tecnologie diagnostiche e terapeutiche (personal health care technology). Di grande interesse è anche l’evoluzione della tecnologia di trasmissione di informazio- ni e comunicazioni (ICT) e i dispositivi di telemedicina: la tendenza in atto è a virtualizzare la relazione tra medico e paziente e a promuovere l’autodeterminazione della propria salute, da parte del paziente. Egli potrà così comunicare personalmente a distanza dati soggettivi (sintomi) e oggetti- vi (temperatura, pressione arteriosa, parametri di laboratorio), contribuendo al monitorag- gio remoto della sua situazione. A patto che abbia l’accortezza di non cadere in una forma di “dipendenza” dalla produzione di dati e di determinare una controproducente pletora infor- mativa (vedi box Tecnologie user-friendly: pro e contro). Tecnologie user-friendly: pro e contro Gli avanzamenti tecnologici incessanti condurranno a una rapida obsolescenza delle strumentazioni sanitarie diagnostiche e terapeutiche della generazione precedente, con un downgrading di alcune di esse ad apparecchi di massa, a disposizione del paziente al suo domicilio o portatili, come: · impianti e sensori, interni o esterni al corpo, che rilevano dati biometrici, che vanno poi analizzati da un esperto per produrre risposte efficaci e tempestive; · apparecchi per la trasmissione di immagini a distanza, per una refertazione centralizzata; · strumenti di rilevazione dei dati ambientali. Il vantaggio, in termini di contributo del paziente al monitoraggio remoto della propria situazione, è la possibilità di continuo aggiornamento dei dati e di un intervento correttore tempestivo (persino salvavita). Il risvolto critico riguarda l’accumulo di informazioni clinicamente irrilevanti da vagliare e filtrare per evitare una frequente e incongrua revisione della diagnosi e della terapia. 30
31
L’ospedale che verrà Capitolo quarto umanizzazione delle cure Percorsi diagnostico terapeutici evidence based Le migliori cure per l’individuo Abolizione degli sprechi di Ospedale come spesa e di tempo luogo rassicurante, di cura, cultura e del paziente del sistema ospedale formazione Assistenza equa e sostenibile per la collettività 32
lean thinking Edificio modulare a sviluppo orizzontale, di buon design e con molto verde Logistica; soluzioni architettoniche operation e informatiche per la management razionalizzazione dei flussi; attenzione alla sicurezza e comfort Ospitalità alberghiera di alto livello: stanze singole con tutti i servizi, aree comuni di socializzazione 33
L’ospedale che verrà Progettiamolo insieme Un buon ospedale deve essere pensato e costruito apposta, dal tetto alla cantina. I vec- chi edifici storici, come conventi o simili, per quanto suggestivi, non si possono adattare al- la medicina del terzo millennio. Come lo vorremmo? Sin dall’aspetto esteriore e dall’ingresso deve essere accogliente, rassicurante e ispirare fiducia: si entra per stare meglio, non per soffrire. In Italia il primo passo verso questa nuova vision è stato il meta progetto elaborato nel 2001 da Maurizio Mauri, Umberto Veronesi e Renzo Piano. Una svolta concreta era già av- venuta con la realizzazione dell’Humanitas a Rozzano (Milano). Gli architetti, i medici, i manager, i tecnici (e, perché no, i rappresentanti di cittadini e potenziali pazienti) dovrebbero sedere insieme al tavolo di progettazione, per ottenere un ospedale che sia: • accessibile, accogliente e ospitale • efficace, efficiente ed ergonomico • flessibile • umano e colto Green hospital La tematica energetica deve essere affrontata da un punto di vista etico: l’ospedale è una struttura a forte impatto ambientale e un grande consumatore di energia, con un possibile riflesso negativo sulla salute collettiva: è quindi imperativo che una struttura che produce salute sia attenta alla sostenibilità ambientale. L’obiettivo è ridurre i consumi e gli sprechi: è difficile raggiungerlo ristrutturando ospedali vecchi, ma è possibile farlo con l’attenta progettazione di un edificio nuovo, con l’uso di materiali di basso impatto ambientale e con: · una coibentazione efficiente (scelta dell’involucro edilizio, facciate ventilate, schermi solari, tetti verdi); · la produzione di energia con tecnologie innovative (pompe di calore, geotermia, cogenerazione); · l’uso di fonti rinnovabili e il recupero di calore, oltre all’uso di lampade a basso consumo; · il controllo intelligente dell’edificio informatizzato, con un unico sistema in grado di integrare in una sola interfaccia tutte le funzioni di gestione dell’edificio (HVAC: Heating, Ventilation and Air Conditioning), comprese la segnalazione dei guasti e la programmazione della manutenzione. 34
Ospitalità, flessibilità ed efficienza (anche energetica, vedi box Green hospital) dell’edificio si attuano in un complesso compatto, a prevalente sviluppo orizzontale, per non apparire ostile e non generare ansia: l’altezza, secondo Renzo Piano, non deve superare quella degli alberi d’alto fusto (2 o 3 piani). Ridurre lo sviluppo in altezza significa anche ridurre i trasporti ver- ticali, fonte di disagi e intoppi. Grandi spazi verdi, anche pensili, lo completano. Che sia collocato dentro o fuori la città (per la valutazione tra le due opzioni si rimanda al box Costruire ex novo o ristrutturare?), l’ospedale sarà comunque, “civile”, cioè al servizio del- la collettività, integrato con tutto il tessuto urbano e ovviamente collegato con i presidi sani- tari territoriali (centri diagnostici e ambulatoriali, studi dei medici di famiglia, strutture as- sistenziali intermedie). Entriamoci dunque con serenità e fiducia. L’atrio non è solo un luogo di passaggio, ma uno strumento di comunicazione: dà accesso a tutte le funzioni principali e, come primo punto di Costruire ex novo o ristrutturare? La possibilità di fruire di nuove tecnologie, nuovi materiali, una nuova concezione dei flussi produttivi e una nuova attenzione per l’impatto ambientale costituiscono l’indubbio vantaggio della costruzione ex novo di un ospedale. Un altro argomento che il progettista deve affrontare è la sua collocazione territoriale; essa, a sua volta, dipende dalla scelta tra il ricondizionamento o ampliamento di una struttura già esistente (di solito in un centro urbano) e la realizzazione di un edificio nuovo. Nel secondo caso, una periferia ben servita da strade e trasporti pubblici offre una disponibilità di spazio maggiore ed evita che lo stesso cantiere crei i disagi che creerebbe in un’area centrale, densamente popolata e trafficata. Tuttavia, non va tralasciata la considerazione che un intervento su un ospedale preesistente può avere un effetto riaggregante a livello sociale: di solito l’ospedale è, infatti, la principale concentrazione occupazionale nell’area in cui si situa e il maggior polo di attrazione di mobilità e quindi di economia del settore terziario, tutti i giorni dell’anno. Un’opzione possibile è l’integrazione tra servizi che possono e devono essere collocati in ambito urbano per accessibilità e frequenza d’utilizzo e altri, di secondo livello, che è ragionevole aggregare in strutture sovra comunali o, addirittura, sovra aziendali. In tale prospettiva, le vecchie strutture potrebbero essere riutilizzate per attività di diagnostica ambulatoriale o per servizi socio-assistenziali o di riabilitazione. 35
Puoi anche leggere