GLOBUS EVALUATION SYSTEM - e il CONCETTO DI "PUZZLE"

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GLOBUS EVALUATION SYSTEM - e il CONCETTO DI "PUZZLE"
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             GLOBUS EVALUATION SYSTEM
               e il CONCETTO DI “PUZZLE”

Su che tipo di approccio concettuale deve basarsi la valutazione
funzionale dell’atleta?
                           Un atleta necessita, ancor più di quanto non sia per un sedentario,
                           di una metodica valutativa atta a mettere in luce gli eventuali deficit
                           funzionali nell’ambito del pattern di attivazione neuro- muscolare
                           che   ritroverà in seguito durante il gesto tecnico specifico. Per
                           questo motivo il fatto di poter disporre di diverse metodologie di
                           studio della funzione neuromuscolare costituisce senza dubbio il più
                           razionale e corretto criterio valutativo in ambito funzionale.

Il Globus Evaluation System, grazie all’utilizzo di diverse soluzioni tecnologiche, utilizza
diversi tipi di approccio valutativo, basati su differenti tecniche di acquisizione della funzione
neuro-muscolare (metodo isotonico, elettromiografia di superficie, metodo isometrico).
Questo indubbio vantaggio tecnico valutativo, unito al        “Concetto del Puzzle”, ossia la
costruzione attraverso più test del quadro di deficit funzionale, ognuno specifico per un
determinato tipo di comportamento neuro-muscolare, costituiscono quindi la nuova chiave
interpretativa del concetto di diagnosi funzionale dello sportivo (ma ovviamente anche del non
sportivo) di TESYS (Total Evaluation System),          l’innovativo e rivoluzionario metodo di
valutazione funzionale messo a punto dal Centro Studi e Ricerche Globus in collaborazione
con il Dr. Gian Nicola Bisciotti Ph.D.

La Globus Italia, in collaborazione con diversi istituti ed università italiane, organizza corsi di
formazione teorici e pratici su varie tematiche legate alla valutazione funzionale.
Per maggiori informazioni, contattare la segreteria Globus
Globus Italia Tel. +39 0438 7933 Fax +39 0438 793363 E-mail: info@globusitalia.com

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                                      IL WORK TEST
Nel quadro di un ottimale piano riabilitativo, assume un’importanza fondamentale poter
monitorizzare, con un metodo obbiettivo e non soggettivo (ossia non legato alla sola
manualità del fisioterapista) i parametri biomeccanici fondamentali dell’azione muscolare.
Inoltre, soprattutto nel caso di valutazione funzionale dell’atleta, assume particolare
importanza il poter effettuare prove funzionali che utilizzino lo stesso pattern di attivazione che
l’atleta stesso ritroverà durante il gesto tecnico specifico, il che giustifica pienamente la
preferenza da accordare ai test isoinerziali rispetto ai test isocinetici.
Un evento traumatico a livello artro-muscolare, comporta di norma una marcata amiotrofia
della muscolatura insultata ed una perdita di funzionalità, sia muscolare che articolare. Nel
caso ad esempio di rottura traumatica isolata od associata del LCA, a cui consegua una sua
ricostruzione chirurgica, normalmente effettuata in artroscopia tramite utilizzazione del tendine
rotuleo, si verifica una marcata amiotrofia della muscolatura della coscia in toto1.
L’ipotonotrofia muscolare coinvolge, sia la muscolatura flessoria, che quella estensoria, anche
se la sofferenza muscolare a carico degli estensori appare notevolmente maggiore16. La
perdita di tono muscolare, registrabile soprattutto a carico del quadricipite femorale si traduce
in una perdita di capacità contrattile, sia durante la contrazione muscolare effettuata secondo
la modalità isocinetica, isoinerziale od isometrica2,3. Il quadro d’ipofunzionalità che si viene a
creare comporta quindi una perdita di forza, potenza e lavoro (inteso come l’integrale della
curva forza/spostamento) dell’arto leso rispetto all’arto sano.

Figura 1: i risultati del Work test effettuati su di un atleta con pregressa lesione del LCA
trattata chirurgicamente in 120a giornata post-operatoria.

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Protocollo del Test

Il protocollo del test prevede che il paziente esegua dapprima, con un carico determinato dal
terapista, una serie di ripetizioni ad esaurimento muscolare completo con l’arto leso (per il test
di base è consigliabile utilizzare un carico che porti il paziente ad esaurimento muscolare
completo in circa 10-12 ripetizioni, il che comporta l’utilizzo di un carico pari al 65-70% del
carico massimale), successivamente lo stesso carico e lo stesso numero di ripetizioni vengono
riproposte sull’arto sano.

Dati e indici del Work test

Il Work Test consente di quantificare agevolmente ed obbiettivamente l’entità del deficit tra i
due arti. I dati calcolati sono: il deficit percentuale a carico della forza, della potenza, della
velocità e della capacità di lavoro dell’arto leso rispetto al controlaterale sano.
Ritornando all’esempio di una riabilitazione dopo ricostruzione artroscopica di LCA, l’atleta può
ragionevolmente pensare di potersi gradualmente riavvicinare all’attività sportiva quando i
suddetti parametri (arto leso - arto sano) non differiscono di una percentuale maggiore del
15%, valore limite oltre il quale l’arto leso è ancora da considerarsi non pienamente
funzionale.
Nella figura 1 viene presentato il caso di un atleta con pregressa lesione isolata del LCA
trattata chirurgicamente mediante ricostruzione artroscopica, ormai prossimo al reinserimento
sportivo, dal momento che quasi tutti i parametri indagati rientrano nel range di disequilibrio
funzionale tollerabile.

Come interpretare correttamente gli indici forniti dal Work test?

Occorre ricordare coma la perdita di capacità contrattile, ossia di forza, influenzi
negativamente tutti i parametri biomeccanici del movimento, ossia il lavoro, la velocità di
contrazione e la produzione di potenza. Tuttavia l’utilizzo di carichi pesanti o leggeri comporta
un diverso profilo della componente accelerativa e decelerativa del movimento e quindi
dell’espressione di forza4. Per questa ragione diverse percentuali di utilizzo della forza (ossia
l’uso di carichi di diversa entità in rapporto alla forza massimale del soggetto) possono
influenzare in modo diverso il deficit di lavoro, velocità contrattile e potenza nell’arto leso e nel
controlaterale sano. Il Work test permette di identificare in modo semplice ed automatico
quali siano i carichi che comportano il maggior deficit in termini di produzione di forza, di
lavoro, di velocità di contrazione e di produzione di potenza nell’arto leso rispetto al
controlaterale.

Quale è il corretto utilizzo del Work test?

E’ consigliabile all’operatore effettuare almeno due prove di Work test, la prima utilizzando un
carico relativamente basso (circa il 30% del carico massimale) e la seconda con un carico pari
a circa il 60-65% del carico massimale. In funzione dei diversi indici raccolti sarà possibile
identificare i carichi maggiormente indicati a colmare il deficit funzionale relativo ai diversi
parametri registrati. In pratica con un carico relativamente poco elevato (circa il 30% del
carico massimale) potrebbe risultare particolarmente evidente un deficit di velocità contrattile,
mentre un deficit di forza sarà presumibilmente maggiormente evidenziabile con l’utilizzo di
carichi di una certa entità5 (a partire dal 65-70% del carico massimale), infine un deficit
nell’espressione di potenza sarà registrabile in modo più marcato con un carico pari a circa il
50% del carico massimale6. Infine l’indice di lavoro, che è direttamente influenzato dalle
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capacità di forza rappresenta la capacità lavorativa dell’arto sul range di spostamento del
movimento considerato. Alla luce dei dati raccolti attraverso il Work test, l’operatore potrà
stabilire le linee guida, e di conseguenza i carichi maggiormente adatti, a colmare i deficit
funzionali (in termini di forza, velocità contrattile e potenza) evidenziati.

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                                     IL BALANCE TEST

Come è noto una contrazione muscolare viene definita isometrica quando il muscolo è
stimolato a lunghezza costante senza permettere alle sue estremità di avvicinarsi. La
valutazione di tipo isometrico della funzione muscolare è una pratica largamente impiegata ed
è a tutt’oggi considerata come un valido metodo d’indagine nell’ambito dello studio delle
caratteristiche biomeccaniche del muscolo7. Tuttavia occorre ricordare che il pattern di
attivazione neuro-muscolare che si verifica durante una contrazione isometrica e quello
registrabile nel corso di una contrazione di tipo dinamico hanno un diverso profilo dal punto di
vista del reclutamento, di tipo spaziale nel primo caso e di tipo spaziale e temporale nel
secondo. Per questo motivo occorre essere estremamente prudenti nell’estrapolazione del
comportamento dinamico di un muscolo basandosi su dei dati desunti da un test isometrico8.

Quale è l’ambito di utilizzo di un test isometrico?

Nonostante i limiti interpretativi sopra citati, l’ottima riproduttibilità e la specificità del test
isometrico nella quantificazione delle capacità di forza del distretto muscolare indagato7, ne
fanno un ottimo strumento d’indagine delle capacità contrattili del muscolo soprattutto nel
caso in cui sia presente un deficit del ROM (Range of Motion) tale da impedire l’esecuzione di
un test dinamico, che comunque resta il mezzo maggiormente affidabile di valutazione
funzionale8.

Figura 2: i risultati del balance test effettuati su di un atleta con pregressa lesione del LCA
trattata chirurgicamente in 120a giornata post-operatoria.

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Protocollo del Test

Il protocollo del Balance test prevede che il paziente effettui tre contrazioni isometriche
massimali della durata di 5’’ (la durata ed il numero delle contrazioni è comunque modificabile)
sia con l’arto leso, che con il controlaterale sano.

Dati e indici del Balance test

Si ricava con questo test l’indice di squilibrio muscolare tra i due arti.
Particolarmente interessante è la possibilità di testare il deficit contrattile a diversi angoli
articolari, in modo tale da poter individuare sia i carichi, che l’ambito di movimento su cui
impostare il piano riabilitativo.

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                                     LO STIFFNESS TEST

Per poter ben comprendere il concetto di stiffness, dobbiamo dapprima definire il concetto di
elasticità, da un punto di vista meccanico, per poi arrivare al concetto di elasticità di un
complesso biologico come appunto nel caso dell’Unità Muscolo Tendinea (UMT) l'elasticità è
definibile come la proprietà dei corpi, che subiscono una deformazione, per effetto di una
sollecitazione esterna, di riprendere, almeno parzialmente, la forma ed il volume iniziali, al
cessare della sollecitazione stessa. Per cui in un “continuum elastico” ossia un continuum
ideale nel quale ad un estremo vi sia comportamento totalmente anelastico dato da un
eccessiva rigidità del sistema (stiffness) e dall’altro un comportamento altrettanto anelastico
ma questa volta causato da un’eccessiva deformabilità del sistema stesso (compliance), il
comportamento elastico si troverà in una posizione centrale del continuum, nella quale
ritroveremo un ottimale compromesso tra la deformabilità e la rigidità del materiale
considerato.

Come si ottiene l’elasticità ideale del complesso muscolo-tendineo?

L’elasticità ideale di un complesso biologico come l’UMT, implica quindi una compliance tale da
permettere un ottimale accumulo di energia elastica durante la fase eccentrica del movimento
ed una stiffness che consenta un’efficace e rapida riconversione di quest’ultima in lavoro
meccanico durante la fase concentrica, minimizzando l’effetto di termodispersione 9,10,11.

In che ambito patologico è indicato l’utilizzo dello Stiffness test?

Grazie allo Stiffness Test è possibile stabilire lo spostamento delle caratteristiche elastiche
dell’UMT della gamba sul continuum elastico in seguito ad una patologia tendinea a carico del
tendine di Achille11. Tramite questo tipo di test si è infatti in grado di quantificare la stiffness
dell’UMT della gamba e quindi del tendine di Achille in particolare11.

Figura 3: anche un minimo cambiamento delle caratteristiche dell’UMT, sia nel senso di una
maggior stiffness, oppure di un accresciuta compliance, può allontanare l’UMT stessa dalla
propria zona di “elasticità ideale” determinandone quindi uno scadimento del rendimento
meccanico durante un movimento che comporti un ciclo stiramento-accorciamento.

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Protocollo del Test

Il calcolo della stiffness (espressa in in N . m-1 . kg-1) è possibile grazie ad un protocollo di test
durante il quale viene richiesto al soggetto di effettuare 5” di balzi monopodalici a ginocchio
esteso con impegno massimale sia sull’arto leso che sul controlaterale sano su di una pedana
a contatto (Ergo Tester, Globus Italia).

Come si interpretano i dati dello Stiffness test?

Un aumentato valore di stiffness indica un irrigidimento dell’UMT stessa mentre, al contrario,
una diminuzione del valore di stiffness testimonierà un aumento della compliance dell’UMT.
Uno spostamento, in conseguenza ad un evento traumatico e/o chirurgico, delle caratteristiche
elastiche del tendine Achilleo sul continuum elastico, sia verso una maggior compliance
oppure al contrario verso una maggior stiffness, comporta costantemente un’apprezzabile
scadimento dell’espressione meccanica dell’UMT stessa11. Grazie allo Stiffness test è possibile
verificare se lo scadimento meccanico subito dall’UMT sia da attribuirsi ad un aumento della
compliance oppure della stiffness, potendo in tal modo indirizzare in modo obbiettivo e chiaro
il conseguente piano riabilitativo, il cui scopo sarà quello di riportare le caratteristiche elastiche
dell’UMT verso la zona di elasticità ideale 11.

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                               IL SYNCHRO PLATES TEST

Il balzo è stato da sempre, nell’ambito dello studio del movimento umano (ma anche animale)
il gesto maggiormente “vivisezionato” da biomeccanici e fisiologi, probabilmente anche per il
fatto che il salto viene considerato come il movimento “balistico per eccellenza” . Oltre a ciò è
un ulteriore aspetto di estremo interesse nell’ambito del balzo effettuato attraverso un ciclo
stiramento-accorciamento (ossia facendo precedere il balzo da una fase di contromovimento),
è costituito dal fatto che nell’esecuzione del salto stesso si ripercorrono, nell’ambito dio poche
centinaia di millisecondi, tutti i possibili patterns di attivazione neuro-muscolare. E’ possibile
quindi suddividere il salto in diverse fasi ognuna delle quali è caratterizzata da un diverso tipo
di comportamento neuromuscolare, paragonando le diverse fasi dell’arto leso e del
controlaterale sano, registrate durante il protocollo dei test. In tal modo diviene possibile
evidenziare nell’arto leso gli squilibri attribuibili ai diversi comportamenti neuromuscolari tipici
di ogni fase indagata.

Figura 4: le diverse fasi evidenziabili dal Synchro Plates; oltre alle fasi sopra descritte di over
stretching eccentrico, massima produzione di forza eccentrica, di spinta concentrica e
d’impatto, sono evidenziate anche le fasi di stabilizzazione isometrica, la fase di volo, la fase
eccentrica di pre-stabilizzazione e la fase isometrica di stabilizzazione.

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Protocollo del Test

Il protocollo del Synchro Plates Test è molto semplice e prevede l’esecuzione di un balzo con
contromovimento e stabilizzazione sulla ricaduta con l’angolo delle ginocchia a 90°.

Che dati fornisce il Synchro Plates test?

Il Synchro Plates test suddivide automaticamente il balzo nelle differenti fasi fornendo, per
ognuna di esse, i dati maggiormente indicativi di cui i principali sono:

Fase di over stretching eccentrico: indica quale sia la massima velocità di stiramento alla
quale il complesso muscolo tendineo degli estensori della gamba può essere sottoposto
durante la fase eccentrica di contromovimento, evidenziando naturalmente le differenze tra
l’arto sano e l’arto leso.

Fase di massima produzione di forza eccentrica: registra la massima forza prodotta
durante la fase eccentrica del movimento da parte degli estensori della gamba paragonando i
valori dei due arti.

Fase di spinta concentrica: evidenzia la possibile differenza di produzione di forza espressa
dai due arti durante la fase concentrica di spinta che precede la fase di volo.

Fase d’impatto: registra la forza esercitata al momento dell’impatto susseguente al
momento della presa di contatto al suolo, evidenziando gli eventuali meccanismi di tipo
protettivo messi in atto a carico dell’arto leso.

Un ulteriore importante particolarità del test…

Oltre all’importanza che deriva da una corretta lettura delle fasi principali appena elencate, che
costituiscono i diversi patterns di attivazione neuro-muscolare che il Synchro Plates test è in
grado di evidenziare, occorre sottolineare il fatto che, a tutt’oggi, questo è l’unico test che
comporti un simultaneo utilizzo dei due arti, fattore che permette di valutare un eventuale
squilibrio artro-muscolare in seguito ad un unico comando nervoso, situazione molto più
sovrapponibile a quanto accada durante un gesto sportivo di quanto invece non sia
l’esecuzione di un test che preveda l’utilizzo alternato dei due arti.

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                                          IL BI TEST

Preoccuparsi solamente di quantificare dinamometricamente la produzione di forza nell’arto
leso e nel controlaterale sano, senza indagare quali siano i meccanismi neuromuscolari che
sottendono a tale produzione, significa ignorare un aspetto fondamentale della problematica
riabilitativa, esponendo il paziente a notevoli rischi. Il Bi-test12 mettendo in relazione il segnale
elettromiografico di superficie (EMG) con il segnale dinamometrico, riesce a chiarire e
quantificare l’intervento dei diversi gruppi muscolari implicati nel movimento e quindi permette
di comparare il pattern di attivazione neuromuscolare dei due arti.

Figura 5: la ratio VMO/VL calcolabile attraverso il Bi test permette di prevenire eventuali
squilibri atro muscolari che potrebbero esporre il paziente a rischi di recidive.

Protocollo del Test

Il protocollo del Bi test prevede una valutazione dinamometrica abbinata ad una valutazione
elettromiografica durante una contrazione isometrica fino ad esaurimento della forza.

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Dati e indici del Bi test?

Grazie al Bi test è possibile calcolare la ratio elettromiografica tra VMO e VL (ratio VMO/VL),
fattore che indica l’intervento dei due diversi capi del quadricipite nella produzione di forza
totale. In tal modo è possibile cercare di prevenire una possibile alterazione di quest’ultima
che comporterebbe una contemporanea alterazione dei patterns di attivazione neuromuscolare
che potrebbe, in ultima analisi, esporre l’arto leso al rischio di una recidiva traumatica,
soprattutto nella fase in cui il soggetto praticante un’attività sportiva, alla fine del periodo
riabilitativo, si riavvicini attivamente a quest’ultima12. Il Bi test permette quindi di poter
disporre di un quadro valutativo della situazione artro-muscolare sicuramente più completo,
attendibile e scevro da possibili rischi.

In quale tipo di patologia è particolarmente indicato il Bi test?

Il Bi test si rivela particolarmente utile nel caso di traumi all’articolazione del ginocchio, come
ad esempio la rottura del legamento crociato anteriore od in alcune patologie come la
condromalacia rotulea, nei quali può essere presente un forte squilibrio tra l’attivazione del
vasto mediale Obliquo (VMO) e del Vasto Laterale (VL). Infatti in molti casi una perdita di
trofismo del VMO viene compensata dall’azione del VL, pertanto anche nel caso di un equilibrio
dinamometrico tra l’arto leso riabilitato e l’arto sano (ossia anche nel caso in cui i due arti
presentino gli stessi valori di forza), l’arto lesionato può in effetti presentare un netto squilibrio
tra l’azione del VMO e del VL, fattore che costituisce una delle principali cause d’instabilità del
ginocchio12,13.

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                                 L’ELASTICITY TEST
Il muscolo umano e soprattutto il complesso tendineo possiedono notevoli proprietà elastiche,
infatti nella fase eccentrica del movimento, il muscolo ed in particolar modo il tendine,
immagazzinano energia elastica, che poi restituiscono, sotto forma di lavoro meccanico, nella
successiva fase concentrica.
In tal modo il rendimento muscolare passa dal 25% ad oltre il 40%, l'energia elastica
costituisce infatti energia "metabolicamente gratuita" e per questo motivo riveste un ruolo
essenziale, sia nel potenziamento, che nell'economia del gesto.
La possibilità di quantificare in che misura l’insulto traumatico abbia diminuito le capacità
elastiche dell’UMT lesionata, diviene quindi un importantissimo parametro valutativo in ambito
riabilitativo. L’importanza del recupero delle caratteristiche elastiche della muscolatura
insultata, è sottolineata dal fatto che raramente nell’uomo, come d’altronde nell’animale, un
movimento comporta un’attivazione muscolare di tipo puramente isometrico, eccentrico
oppure concentrico. La maggior parte dei movimenti umani, è caratterizzata infatti da
un’attivazione muscolare che comporta una fase di contrazione muscolare di tipo eccentrico,
immediatamente seguita da una fase concentrica 15.

Figura 6: attraverso l’Elasticity test è possibile scomporre il fenomeno di stoccaggio e
restituzione di energia elastica da parte dell’UMT nelle sue tra componenti principali ossia
l’aumento della forza contrattile, della velocità di contrazione e della produzione di potenza
dovuto alla fase di pre-stiramento.

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Protocollo del Test

La quantificazione delle caratteristiche elastiche muscolari, vede in primo luogo l’identificazione
del miglior movimento, effettuato in catena cinetica aperta oppure chiusa, adatto ad
evidenziare l’azione biomeccanica della muscolatura lesa. Lo stesso movimento deve essere
eseguito dal paziente, senza soluzione di continuità, attraverso due modalità: il primo
movimento deve essere effettuato partendo da una posizione statica, facendo intervenire
quindi nella produzione di forza solamente la componente contrattile; alla fine del primo
movimento il paziente continua ad eseguire una serie di movimenti identici al primo ma
effettuati grazie ad un ciclo stiramento-accorciamento.

Come è possibile grazie all’Elasticity test quantificare le caratteristiche elastiche
dell’UMT?

I parametri biomeccanici dell’esercizio vengono registrati in tempo reale in tal modo è possibile
calcolare gli integrali della produzione di forza, potenza e velocità relativi alla prima parte
della curva (normalmente i primi 100 ms), sia per ciò che riguarda il movimento eseguito con
partenza statica, sia per il miglior movimento eseguito in modalità stiramento-accorciamento.
La differenza tra i vari valori permette di calcolare l’aumento della forza contrattile, della
velocità di contrazione e della produzione di potenza dovuto alla fase di pre-stiramento che
rappresentano i tre parametri che costituiscono il termine “globale” di elasticità muscolare16.
Effettuando il test sui due arti è quindi possibile quantificare le caratteristiche elastiche della
muscolatura dell’arto leso e del controlaterale sano e gli eventuali deficit.

Quando è particolarmente indicato l’utilizzo dell’Elasticity test?

Essendo il tendine il principale interprete dell’accumulo e della conseguente restituzione di
energia elastica durante un movimento che comporti un ciclo di stiramento-accorciamento,
l’Elasticity test è particolarmente indicato in tutti i casi di traumi tendinei, ed in particolar modo
nelle patologie a carico del tendine rotuleo. In qualsiasi caso, dal momento che anche il
muscolo possiede delle caratteristiche visco-elastiche, l’Elasticity test trova un ottimo campo di
applicazione anche nell’ambito delle patologie muscolari.

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                                     IL POWER TEST
La potenza, come è noto, è una funzione parabolica della forza e della velocità di contrazione.
Nel corso di un movimento naturale il picco di potenza si registra si ottiene attraverso una
tensione ed una velocità di contrazione entrambe pari al 50% del valore massimale17. Grazie al
Power Test, attraverso l’esecuzione di soli 3 carichi sub-massimali è possibile costruire la
relazione carico-potenza e calcolare in tal modo, sia la potenza massimale teorica del gruppo
muscolare testato, sia il carico con il quale tale valore di potenza può essere prodotto.

Protocollo del Test

Il protocollo del test è molto semplice, si tratta di effettuare tre movimenti (l’esercitazione
adottata può essere, sia in catena cinetica aperta, che chiusa ) alla massima velocità esecutiva
con tre diversi carichi, che corrispondono al 15%, 50% ed 85% della forza massimale
dinamica. In tal modo si costruirà una parabola il cui vertice (che viene calcolato
automaticamente) ci indicherà, sia il carico con il quale si riesce a produrre la massima
potenza.

Quando e perché utilizzare il Power Test?

Il Power test è un test “bivalente”, nel senso che ben si adatta sia ad essere utilizzato come
ultimo test di verifica per l’atleta infortunato, sia come prova funzionale che permetta,
nell’atleta sano, la perfetta parametrizzazione del carico da utilizzarsi nell’allenamento rivolto
all’incremento della potenza muscolare.

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Figura 7 : La prova si riferisce ad un atleta che abbia un valore di carico massimo dinamico pari a
100 kg. Durante la prima prova effettuata con il 15% del carico massimo dinamico (30 kg) si è
registrato un valore di potenza media pari a 400 W , durante la seconda prova effettuata con un carico
pari al 50% del carico massimo dinamico (50 kg) la potenza media registrata è stata uguale a 650 W,
infine nell’ultima prova eseguita con un carico pari all’85% del carico massimo dinamico (85 kg) la
potenza media registrata è stata di 500 W. Calcolando il vertice della parabola che è possibile
costruire attraverso i dati registrati durante il test, otteniamo il carico con il quale è possibile
esprimere la massima potenza (pari 60.5 kg) ed il valore di quest’ultima (683.5 W). Un metodo
semplice e pratico per calcolare il picco di potenza ed il carico da utilizzare per produrla in qualsiasi
tipo di esercitazione (Bisciotti, 1999).

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                                          L’FVR TEST

La costruzione della relazione forza velocità è in grado di fornire i valori di massima capacità di
forza e di massima velocità di contrazione del gruppo muscolare testato18,19. L’alta
riproducibilità della relazione forza velocità garantisce l’affidabilità scientifica di questo metodo
di indagine20.

Figura 7 : L’FVR fornisce, oltre al valore di massima potenza teorica i valori di forza massimale di
massima velocità di contrazione teoricamente ottenibile a carico nullo.

Come si può calcolare la relazione forza-velocità?

Un’affidabile calcolo della relazione forza-velocità può essere effettuato, grazie all’utilizzo
dell’FVR test, attraverso solamente tre prove effettuate a carichi progressivi che quindi
determinino una produzione di forza crescente ed un parallelo decremento della velocità di
spostamento del carico stesso. Attraverso il calcolo dell’equazione della retta di regressione
lineare interpolante i punti stessi (che viene effettuato automaticamente) è possibile
determinare, sia il valore di forza massimale (F0), che quello di velocità di contrazione
massimale teoricamente ottenibile a carico nullo (V0) .

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Quale è l’interesse dell’utilizzo dell’FVR test?

In campo riabilitativo la relazione forza-velocità può dare importantissime informazioni
soprattutto nell’ambito di due aspetti principali:

-il primo costituito dalla possibilità di “fotografare biomeccanicamente” il comportamento
neuromuscolare di un distretto muscolare sano, in previsione, in caso di trauma, di poter
avere , in fase riabilitativa, un comparativo di biomeccanica muscolare ottimale al quale fare
riferimento durante la fase riabilitativa stessa.

-il secondo costituito dal monitoraggio costante, operabile sempre in fase riabilitativa,
attraverso il quale sia possibile ricavare dati utilizzabili nella stesura e nel controllo della fase
fisioterapica.

Ma anche….

La relazione forza-velocità registrata su di un muscolo in situazione di attivazione naturale,
oltre a rivelarsi particolarmente utile nel confronto delle caratteristiche riguardanti la forza
massimale e la massima velocità contrattile di un arto insultato traumaticamente ed il
controlaterale sano, può costituire un interessante metodo di monitorizzazione degli effetti
dell’allenamento su di un atleta sano17.

Inoltre….

E’ interessante notare che in una relazione forza-velocità di tipo lineare, come quella ottenibile
durante una contrazione di tipo naturale, il valore di potenza massimale sia uguale a 0.5 F0 ·
0.5 V0, altrimenti esprimibile come 0.25 (F0 · V0)17. Attraverso l’FVR test è quindi anche
possibile calcolare il valore della massima potenza teorica anche se per una visione
maggiormente precisa di questa caratteristica biomeccanica è consigliabile effettuare il Power
Test.

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                                     IL FATIGUE TEST
Molti studi dimostrano come, dopo un evento lesivo seguito da un conseguente periodo di
ipocinesia, avvenga, a carico della muscolatura interessata , una conversione di fibre muscolari
da rapide (FT) a lente (ST)21, 22. Dal momento che un’alta percentuale di ST, comporta un
aumento delle capacità resistite23, 24, 25, un aumento delle capacita della muscolatura testata di
resistere ad una contrazione sub-massimale prolungata, può costituire un indice indiretto del
grado di conversione della tipologia delle fibre muscolari26.

Protocollo del Test

Il protocollo del Fatigue test, che può essere eseguito sia in catena cinetica chiusa che aperta,
prevede che il paziente mantenga per il maggior tempo possibile una contrazione isometrica di
entità pari al 50% del valore di forza isometrica, preventivamente misurato, sia sull’arto leso
che sul controlaterale sano. Vengono in tal modo registrati e quindi confrontati i tempi di
mantenimento dell’indice di forza prestabilito nei due arti.

Cosa si verifica nell’arto leso?

A carico dell’arto leso si verifica quello che potremmo definire come il “paradosso dell’aumento
della resistenza”. Ossia l’arto leso presenta dei valori di forza massimale isometrica minori
rispetto all’arto sano ma un capacità di resistenza maggiore nel mantenimento di una
percentuale sub-massimale di tale valore, in altre parole è “paradossalmente” più resistente
dell’arto sano. Il “paradosso” dell’aumento di resistenza è spiegabile attraverso una più o
meno pronunciata atrofia selettiva delle fibre di tipo FT unita ad una loro conversione in fibre
di tipo ST 26.

Che cosa può comportare questa conversione della tipologia delle fibre?

Un’eccessiva atrofia selettiva di fibre di tipo FT unita ad una massiccia conversione di fibre da
tipo FT a tipo ST, potrebbe rivelarsi nefasta soprattutto in attività sportive come lo sprint ed i
salti, ma anche nell’ambito di sport di squadra come il calcio, dove le repentine e frequenti
azioni di cutting richiedono un rapido e massiccio reclutamento di fibre di tipo FT 25, 27.

Quando e perché effettuare il Fatigue test?

Attraverso il Fatigue test è possibile quantificare l’aumento di resistenza muscolare dell’arto
leso nei confronti del controlaterale sano e confrontarlo con un dato normativo di
riferimento26. Dal momento che la plasticità biologica propria del muscolo permette la
reversibilità dei cambiamenti strutturali indotti in quest’ultimo28,29, il superamento di tale
parametro deve suggerire l’introduzione nel piano di lavoro, soprattutto negli atleti di
particolari discipline, di esercitazioni specifiche che inducano un reclutamento preferenziale di
fibre di tipo FT, in modo tale da riequilibrare la situazione tipologica muscolare dei due arti. Il
Fatigue test quindi si presenta particolarmente utile nell’ambito di piani riabilitativi
particolarmente impegnativi e prolungati che potrebbero indurre un marcato ed eccessivo
cambiamento della tipologia delle fibre muscolari dell’arto insultato.

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Bisciotti Gian Nicola Ph.D.
Professore Associato c/o la Facoltà di Scienze dello Sport dell’Università Claude Bernard di Lione
Titolare della Cattedra di Teoria e Metodologie del Movimento Umano e di Metodologia della Ricerca
c/o la SUISM di Torino.
Consulente Scientifico e preparatore atletico c/o l’ FC Internazionale di Milano.

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