UN TENTATIVO DI MISURA DEL BENESSERE ECONOMICO DELLE REGIONI ITALIANE
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STUDI E NOTE DI ECONOMIA 2/97 UN TENTATIVO DI MISURA DEL BENESSERE ECONOMICO DELLE REGIONI ITALIANE ANTONINO GIANNONE * Introduzione Le ricerche sul benessere economico e, più in generale, sulle condizio- ni di vita delle popolazioni, sono diventate negli ultimi tempi sempre più frequenti, soprattutto da quando il prodotto interno lordo (PIL) calcolato a livello nazionale e, in alcuni paesi anche a livello territo- riale, è risultato non idoneo a misurare il livello e le variazioni del benessere economico di una collettività. Le ricerche compiute in questo campo sono state rivolte soprattut- to alla definizione e alla misura della produzione non di mercato o familiare che non è compresa, come si sa, nel PIL, ma che rappresen- ta una componente fondamentale del benessere. Giova avvertire, d’al- tra parte, che un giudizio completo sulle condizioni di vita di una popolazione non può essere espresso basandosi solo sul livello econo- mico; occorre tener conto anche della sua distribuzione tra le classi sociali; al limite può infatti accadere che, pur in presenza di un aumento del benessere totale, le condizioni di vita delle classi meno abbienti risultino peggiorate in conseguenza di una maggiore concen- trazione del benessere nelle classi più abbienti. Questo spiega perché parallelamente alle ricerche sul benessere, sono state intensificate quelle sulla distribuzione del reddito. Queste sono state orientate in due direzioni: nel senso di estendere il contenuto del reddito, e nel senso di analizzare le condizioni di vita di settori sempre più partico- lari della popolazione. Quanto al contenuto, la tradizionale definizio- ne di reddito monetario (cash income) è stata variamente integrata con l’aggiunta di buoni pasto, di sussidi per le abitazioni, ecc., oppure con l’aggiunta di tutto o di una parte della produzione familiare. Sono nate così le ricerche sulla povertà intese a misurare la sua esten- sione e gravità e, sempre con l’intento di approfondire le condizioni di vita di particolari categorie della popolazione, le ricerche sulla distri- ————————————— * Professore Emerito di Statistica Economica nell’Università degli Studi di Roma «La Sapienza». 41
STUDI E NOTE DI ECONOMIA 2/97 buzione del reddito, più o meno «esteso », che tengono conto dello stato coniugale dei redditieri, della loro età e razza. I risultati di queste ricerche compiute soprattutto negli Stati Uniti d’America si sono dimostrate particolarmente utili per la politica eco- nomica e, in particolare, per gli interventi di solidarietà a favore delle classi della popolazione più disagiate. Nelle ricerche sopraricordate raramente è preso in considerazione il carattere «territorio »; per quanto mi risulta solo l’ISTAT e l’istitu- to nazionale di statistica di qualche altro paese, hanno rilevato il red- dito netto disponibile a livello territoriale; ma come si è accennato in precedenza, il reddito può essere considerato una misura dello svilup- po economico, ma non del benessere; mi è sembrato quindi utile ten- tare una valutazione del benessere economico a livello regionale al fine di mettere meglio in evidenza le effettive condizioni di vita della popolazione delle regioni del nostro Paese. La presente ricerca è così organizzata: dopo un breve richiamo delle definizioni di benessere (paragrafo 1), sono esaminate le fonti del benessere economico; i beni e servizi prodotti dalle famiglie consi- derate come imprese; i beni e servizi prodotti dalle Pubbliche Amministrazioni; i servizi dei beni durevoli di consumo e il tempo libero (paragrafo 2). Nel terzo paragrafo, poi, sono illustrate le fonti statistiche utilizzate, le metodologie di calcolo seguite e i risultati otte- nuti. Il lavoro si conclude con alcune brevi considerazioni sul signifi- cato e i limiti delle valutazioni del benessere economico. 1. Richiamo delle definizioni di benessere economico Come ho avuto occasione di scrivere in precedenti lavori, sono state formulate varie definizioni del benessere economico 1. Mi sembra tut- tavia che quasi tutte concordino nel ritenere che esso sia costituito dalle soddisfazioni che derivano agli individui dal consumo di beni e servizi. D’altra parte, non essendo le soddisfazioni degli individui misurabili, ma solo ordinabili, il benessere economico è misurato sul- la base dei beni e servizi consumati. Una delle definizioni più com- prensive del benessere economico si basa infatti sul consumo di beni e servizi prodotti dalle famiglie considerate come imprese, e sull’uso del tempo libero; esso è denominato benessere economico effettivo. Un’altra definizione è quella di benessere economico garantito che è costituito dal benessere economico effettivo, aumentato di un ammon- tare di investimenti atti a garantire lo sviluppo del reddito futuro ad un certo tasso, quello, ad esempio, del progresso tecnologico 2. ————————————— ¹ Giannone A. (1993), Qualche riflessione sulla misura del benessere economico, in Banca Toscana, Studi e Informazioni, n. 1. ² Nordhaus W. - Tobin J. (1972), Is Growth Obsolete?, in Abramovitz, Economic Growth, New York, National Bureau of Economic Research. 42
A. GIANNONE, UN TENTATIVO DI MISURA DEL BENESSERE ECONOMICO DELLE REGIONI ... Per l’autorità dello studioso che l’ha formulata, ricordo anche la definizione di benessere economico potenziale, misurato sostanzial- mente dal reddito, cioè dai consumi e dagli investimenti, questi ultimi intesi come beni-capitali che potrebbero essere consumati senza intac- care il capitale preesistente 3. Infine, anteriore alle definizioni già ricordate, desidero richiamare la definizione di benessere economico- prosperità o conforto o felicità, dovuta alla Scuola Italiana di Statistica, che comprende solo il consumo di beni e servizi voluttuari o di lusso, con esclusione quindi dei beni e servizi destinati al soddi- sfacimento dei bisogni primari 4. Recentemente è apparsa un’altra definizione, quella di benessere sociale, che mi sembra coincida in sostanza con il benessere economi- co effettivo; essa infatti comprende i beni e servizi prodotti dalle imprese e impiegati dalle famiglie, beni e servizi non di mercato pro- dotti dalle famiglie e l’uso del tempo libero 5. In conclusione, dalla letteratura apparsa sulla materia negli anni più recenti, si possono trarre le seguenti conclusioni. Primo, non mi risulta che sia stato usato il concetto di reddito potenziale per la misura del benessere economico; anzi proprio il reddito è stato oggetto di critiche perché appunto non idoneo a misurare il benesse- re economico. Secondo, in sede della conferenza della International Association for Research in Income and Wealth (IARIW) del 1994, dove una sessione era dedicata alla misura del benessere economico, è stato sottolineato che se si ammettono tra i beni capitali, oltre ai beni materiali, anche quelli umani, il consumo di beni e servizi per il mantenimento dei capitali umani dev’essere considerato di carattere intermedio, e quindi il concetto di benessere economico logicamente valido è solo quello di benessere-prosperità. Si può aggiungere che qualche studioso si è spinto fino a sostenere che il benessere dovreb- be comprendere, oltre al consumo di beni e servizi, alcuni suoi aspet- ti più psicologici, come l’amore e l’amicizia 6. Mi sembra pertanto che il concetto di benessere più ampiamente riconosciuto risulti essere quello di benessere-prosperità: esso tuttavia raramente viene calcolato in quanto il materiale statistico attualmente disponibile è assolutamente insufficiente. Si ripiega quindi sulla definizione di benessere economico effettivo, che è quella adottata in questa ricerca. ————————————— ³ Hicks J. R. (1942), The Social Framework, Oxford, At the Clarendon Press. ⁴ Giannone A. (1957), Spese di produzione e reddito nazionale, Roma, Atti della XV e XVI Riunione della Società Italiana di Statistica. ⁵ Mamalakis M. J. (1996), Misuses and Uses of National Accounts as a Welfare Indicator: Selected Analytical and Measurement Issues, in Review of Income and Wealth, n. 3. ⁶ Jensen P. R. (1996), A Welfare Indicator for Denmark, comunicazione presentata alla 24ª Conferenza internazionale della IARIW. 43
STUDI E NOTE DI ECONOMIA 2/97 2. Le componenti del benessere economico Le componenti del benessere economico sono costituite dai consumi di beni e servizi di varia origine: le famiglie, le Pubbliche Am- ministrazioni, i beni durevoli di consumo, il tempo libero e il volonta- riato. Li esaminerò qui appresso separatamente cominciando dai beni e servizi prodotti dalle famiglie. 2.1. I beni e servizi prodotti dalle famiglie È la componente più rilevante del benessere economico. Ciò può spiegare perché la produzione familiare abbia formato oggetto di cre- scente attenzione da parte degli specialisti del settore. Essa è stata infatti interpretata, e non solo da epoca recente, alla luce di funzioni analitiche, nella costruzione di tavole input-output e di conti satellite ad integrazione del System of National Accounts (SNA) delle Nazioni Unite 7. Anche alcuni istituti di ricerca privati o pubblici, hanno dimostra- to di essere sempre più interessati all’argomento. Si pensi all’iniziativa dell’Eurostat di avviare nei paesi dell’Unione un’indagine sul tempo impiegato dalle famiglie nelle attività di lavoro non retribuito e nel tempo libero per gli anni 1996-97; nonché al progetto di lunga durata per la valutazione del lavoro domestico di vari paesi condotto dall’International Research and Training Institute for Advancement of Women (INSTRAW) 8. I beni e servizi prodotti dalle famiglie sono variamente classificati; ma una classificazione molto frequente è la seguente: preparazione dei pasti; pulizia della casa; lavaggio della biancheria; shopping; amministrazione; cura ed educazione dei bambini; assistenza agli anziani e agli invalidi; manutenzione degli autoveicoli; riparazione degli utensili da cucina, mobili e giocattoli; la costruzione di oggetti d’arte; giardinaggio. I beni e servizi prodotti dalle famiglie sono da esse stesse consu- mati; non formano quindi oggetto di scambio e non hanno un prezzo di mercato; si pone quindi il problema della loro valutazione. In proposito si suggeriscono due metodi; il metodo diretto o del- l’output e il metodo indiretto o dell’input. Il primo sarebbe chiara- mente il metodo ideale, si tratterebbe infatti di attribuire un prezzo di ————————————— ⁷ Fitzgerald J. M. - Swenson M. S. - Hicks J. H. (1996), Valuation of Household Production at Market Prices and Estimation of Production Functions, in Review of Income and Wealth, n. 2; Aslaken I. - Fagerli J. - Graviningsmyhr H. A. (1996), An Input-output Approach to Household Production and Consumption in Norway, comuni- cazione presentata alla 24ª Conferenza internazionale della IARIW, cit. ⁸ Jackson P. R. (1996), National Studies of the Value of Unpaid Work: A Comparison of Methods, comunicazione presentata alla 24ª Conferenza internazionale della IARIW, cit. 44
A. GIANNONE, UN TENTATIVO DI MISURA DEL BENESSERE ECONOMICO DELLE REGIONI ... mercato ai vari beni e servizi prodotti nell’ambito familiare. È da rile- vare tuttavia che il metodo implica l’ipotesi che la produttività fami- liare sia eguale a quella delle imprese di mercato, mentre alcune ricer- che hanno accertato che la prima è inferiore alla seconda e solo per qualche attività, come ad esempio, la cura dei bambini è superiore. In pratica l’applicazione di questo metodo incontra non poche difficoltà perché raramente sono disponibili i prezzi necessari; alcuni studiosi hanno però dimostrato che, contrariamente a quanto comunemente si afferma, non è impossibile applicare il metodo dell’output, e aggiungono che i risultati sono tanto migliori quanto più è articolata la classificazione dei beni e servizi da valutare. Comunque non si nascondono anch’essi qualche difficoltà soprattutto per la valutazio- ne di alcuni servizi per i quali non è facile trovare una unità di misura nella quale possano essere espressi 9. A causa delle anzidette difficoltà il metodo più frequentemente usato è quello dell’input, che consiste nel sommare gli input di mate- rie prime, di lavoro e di capitale impiegati nella produzione. L’input di materie prime e ausiliarie è costituito dai consumi di beni e servizi acquistati dalle famiglie sul mercato, depurati – se si tratta di consumi finali calcolati in sede di contabilità nazionale o di consumi rilevati con l’indagine sui bilanci familiari – dai beni e servizi aventi carattere intermedio o di investimento nei capitali materiali o umani. Si consi- derano di carattere intermedio, almeno in parte, i servizi di trasporto, di investimento nei capitali materiali i beni durevoli di consumo, e di investimento nei capitali umani i servizi dell’istruzione e della salute. L’input di lavoro è indicato con espressioni diverse dai vari autori; ma tutti i metodi di valutazione sono in sostanza riconducibili a due gruppi: quello della spesa risparmiata e quello del reddito perduto. Al primo gruppo appartiene il metodo del costo di rimpiazzo, e al secon- do, il metodo del costo-opportunità. Il costo di rimpiazzo è basato su un saggio salariale che può essere quello di un lavoratore specializza- to (variant specialist) oppure di un lavoratore generico (variant gene- ralist) 10. Il costo-opportunità è basato su un saggio salariale pari a quello che si otterrebbe sul mercato se il servizio fosse venduto, oppu- re quello guadagnato dal familiare che avesse continuato a svolgere il suo lavoro di mercato. Se si sceglie l’applicazione del costo-opportu- nità nella seconda versione, sorgono però non poche difficoltà. In pri- mo luogo si finisce con il valutare lo stesso servizio a prezzi diversi. Infatti, se il familiare è un insegnante il lavoro domestico sarà valuta- ————————————— ⁹ Fitzgerald J. M. - Swenson M. S. - Hicks J. H. (1996), Valuation of Household Production at Market Prices and Estimation of Production Functions, cit. ¹⁰ Il Variant specialist è anche noto come «costo di rimpiazzo per funzione individuale» o «salario di mercato per funzione equivalente», oppure, infine, «costo del servizio». Il Variant generalist è anche indicato come «costo di rimpiazzo di una domestica», oppure come « salario per lavoratore domestico polivalente». 45
STUDI E NOTE DI ECONOMIA 2/97 to applicando la retribuzione media di un insegnante; se si tratta inve- ce di una dattilografa, lo stesso lavoro domestico sarà valutato appli- cando la retribuzione media di una dattilografa. In secondo luogo, rimarrebbe da risolvere il problema della valutazione del lavoro dei familiari che non svolgono un’attività di mercato. Il metodo presup- pone, poi, che la persona di famiglia abbia libertà di scelta tra lavoro di mercato e lavoro non di mercato, mentre questa libertà è in alcuni casi limitata; si pensi al tempo impiegato a rilevare i figli all’asilo o a scuola, oppure al tempo impiegato per gli acquisti. Infine, non si può ignorare che ai fini della valutazione del benes- sere, alcuni lavoratori ricevono dal lavoro nulla più della retribuzione; altri, la maggior parte, ricevono qualcosa di più della retribuzione; per questi, la convinzione di fare qualche cosa di socialmente utile, il contatto con i colleghi, ecc. rappresentano dei guadagni aggiuntivi alla retribuzione normale. Una volta poi scelto il saggio salariale rimane da stabilire se adot- tare quello lordo o netto. La scelta dipende chiaramente dall’obietti- vo della ricerca. Se essa si propone di accertare l’effettivo flusso di entrata monetaria, si adotterà la retribuzione netta; se, invece, si vuo- le tenere conto anche dei beni e servizi che possono affluire alle fami- glie in cambio dei contributi pagati, si sceglierà la retribuzione lorda. Nella presente ricerca si è scelta la retribuzione lorda perché mi sem- bra che esprima meglio della netta il contributo che essa arreca alla misura del benessere economico 11. Passando a considerare l’input di capitale, conviene subito precisa- re che i beni capitali di consumo che, ora, avendo definito produttive le attività familiari, assumono il carattere di beni-capitali di produzio- ne, possono essere distinti in due categorie; la prima comprende i beni-capitali che sono impiegati effettivamente nelle attività di tra- sformazione svolte nell’ambito della famiglia, ad esempio, gli elettro- domestici; la seconda comprende i beni-capitali che sono goduti direttamente dalle famiglie, come, ad esempio, gli apparecchi radio- TV, ecc. Per entrambe le categorie di beni, i servizi da essi resi sono valutati sommando l’ammortamento e l’interesse calcolati sulla consi- stenza degli stessi beni. Il presente paragrafo si conclude con due osservazioni: la prima è che secondo alcuni studiosi il valore della produzione familiare calco- lato con metodo diretto risulta essere superiore a quello calcolato con metodo indiretto, anche perché quest’ultimo non tiene conto dell’in- put degli impianti e del profitto o remunerazione dell’imprenditore; la seconda, è che non tutta la produzione familiare è compresa nella misura del benessere; una parte di essa (si stima essere circa la metà) ————————————— ¹¹ Jensen P. R. (1996), A Welfare Indicator for Denmark, cit. 46
A. GIANNONE, UN TENTATIVO DI MISURA DEL BENESSERE ECONOMICO DELLE REGIONI ... viene esclusa perché ha carattere di investimento nei capitali materiali o umani, oppure lascia i familiari nello stato di prima (pulizia della casa, lavaggio della biancheria, ecc.). In questa ricerca, come in altre precedenti dello scrivente, sono considerate nella misura del benessere soltanto le attività riguardanti la preparazione dei pasti, il giardinag- gio, il ricamo e il cucito. 2.2. I beni e servizi prodotti dalle Pubbliche Amministrazioni Come si sa, le Pubbliche Amministrazioni producono vari beni e servizi che sono prestati gratuitamente alle famiglie e alla collettività. Essi sono di diversa natura e sono generalmente classificati nelle seguenti categorie: servizi generali, ordine e sicurezza, difesa naziona- le; istruzione; sanità; previdenza ed assistenza; abitazioni ed assetto del territorio; servizi ricreativi, culturali e del culto; servizi economici; altri servizi non compresi nelle categorie precedenti. Delle predette categorie di beni e servizi solo quella dei «servizi ricreativi, culturali e del culto» riguarda servizi che accrescono il benessere economico e si include quindi nella sua misura; tutte le altre riguardano beni e servizi che o assicurano il regolare e pacifico svolgimento di tutte le attività di produzione e consumo (difesa nazionale, ordine e sicurezza), oppu- re rappresentano un investimento nei capitali umani (istruzione, sanità, previdenza e assistenza) o nei capitali materiali (abitazioni ed assetto del territorio). 2.3. I servizi dei beni durevoli di consumo Si tratta dei servizi resi dai beni durevoli di consumo che sono direttamente goduti dalle famiglie. Sono considerati beni durevoli di consumo gli apparecchi radio-TV, i registratori, le musicassette, gli sci, le barche a vela e a motore, ecc. I servizi di questi beni sono ge- neralmente valutati come quelli dei beni di produzione, e cioè per somma dell’ammortamento e dell’interesse calcolati sulla loro consi- stenza. 2.4. Il tempo libero Molti economisti sono ormai d’accordo nel considerare il tempo libero una componente del benessere. Basterebbe citare i precursori della misura del benessere, Tobin e Nordhaus, e lo scrivente stesso che ha sempre incluso nei suoi lavori sull’argomento il tempo libero nella misura del benessere economi- co 12. Ma recentemente si è levata una voce assolutamente avversa che sostiene la esclusione del tempo libero dal benessere perché nessun ————————————— ¹² Nordhaus W. - Tobin J. (1972), Is Growth Obsolete?, cit.; Giannone A. (1995), Un confronto del benessere economico dell’Italia e del Regno Unito, in Banca Toscana, Studi e Informazioni, n. 1. 47
STUDI E NOTE DI ECONOMIA 2/97 economista è riuscito a dimostrare: primo, che il tempo libero è com- preso tra i beni e servizi di consumo considerati nello schema SNA delle Nazioni Unite o tra i beni e servizi prodotti dalle famiglie; secondo, che il tempo libero non è una fonte diretta o indiretta di soddisfazione di bisogni, cioè non è utile; terzo, che il tempo libero sarebbe già incluso nel benessere attraverso i beni e servizi consumati nel corso dell’impiego del tempo libero 13. Alla prima osservazione del Mamalakis si può replicare che, pur essendo essa corretta, si è tutta- via convinti che il tempo libero o riposo contribuisce al benessere. Basti per questo considerare due popolazioni A e B che hanno lo stesso reddito pro capite, ma che la prima lavora per conseguire que- sto reddito ben 10 ore al giorno e la seconda, invece, solo 5 ore al giorno: è ovvio che la popolazione B ha maggior tempo libero della popolazione A, e può dedicare più tempo ad attività ricreative o al riposo e godere di maggiore benessere. Quanto, poi, alla seconda osservazione, non si può mettere in dubbio che il tempo libero sia uti- le ove si pensi che l’attività ricreativa o il riposo sono fonte di ricosti- tuzione di energia fisica o spirituale dell’organismo umano. Infine, non può essere accolta la terza osservazione perché nell’ipotesi che il tempo libero sia impiegato in attività che non comportano il consu- mo di beni o di servizi, ad esempio, passeggiate, il tempo libero non risulterebbe incluso nella misura del benessere. Ad avviso dello scrivente non sembra discutibile l’inclusione del tempo libero nella misura del benessere, quanto il criterio della sua valutazione che è generalmente basato su un saggio salariale quasi sempre quello stesso usato per valutare il lavoro non di mercato delle famiglie. Così operando, si attribuisce chiaramente la stessa impor- tanza o grado di urgenza sia al lavoro impiegato nelle attività produt- tive di beni o servizi destinati al soddisfacimento di bisogni primari, sia al lavoro impiegato in attività come la lettura, le attività fisico- sportive, le passeggiate, ecc. che non hanno lo stesso grado di urgenza per il soddisfacimento di bisogni umani. È questa una considerazione che merita di essere tenuta presente nella interpretazione delle valuta- zioni del benessere di una collettività. 2.5. I servizi del volontariato In epoca recente ha fatto la comparsa una nuova fonte di servizi che dovrebbero essere inclusi nella misura del benessere economico. Si tratta dei servizi resi a titolo gratuito dai volontari a persone che si trovano in particolari condizioni di bisogno. Essi vanno assumendo un’importanza sempre maggiore nei vari paesi. Da un’indagine con- dotta da taluni studiosi nell’ambito del Johns Hopkins Comparative ————————————— ¹³ Mamalakis M. J. (1996), Misuses and Uses National of Account as a Welfare Indicator: Selected Analytical and Measurement Issues, cit. 48
A. GIANNONE, UN TENTATIVO DI MISURA DEL BENESSERE ECONOMICO DELLE REGIONI ... Project è risultato che tra le persone di età superiore ai 18 anni, una su due negli Stati Uniti d’America, una su cinque in Francia, e una su otto in Germania svolge attività di volontariato 14. Nelle statistiche americane i volontari sono distinti in due catego- rie: i volontari formali e i volontari informali; i primi prestano servizi – si intende – a titolo gratuito nell’ambito di organizzazioni: ospedali, scuole, chiese, ecc.; i secondi, invece, operano al di fuori di un’organiz- zazione (volontari che prestano aiuto ad un vicino anziano), oppure operano nell’ambito di un’organizzazione, ma senza alcuna regolarità. I servizi prestati dai volontari sono di diversa natura: culturali e ricreativi, sociali, religiosi, dell’istruzione e della salute. È chiaro che, secondo la definizione di benessere adottata in questa ricerca, sareb- bero da esso esclusi i servizi dell’istruzione e della salute che, come si è detto nelle pagine precedenti, rappresentano investimenti nei capita- li umani e non accrescono quindi il benessere. Non mi risulta che nel nostro Paese siano state avviate indagini da parte di istituti pubblici o privati sui servizi dei volontari; in ogni caso, come per i beni e servizi prodotti dalle famiglie, dovrebbero essere risolti i problemi relativi al tempo impiegato dai volontari nelle anzidette attività e alla valutazione del medesimo. Chiaramente non è stato quindi possibile tener conto di essi in questa ricerca 15. 3. I risultati I risultati delle elaborazioni compiute sono riportati nella Tabella 1, dalla quale, come può vedersi, il benessere complessivo è ottenuto per somma delle sue componenti: i beni e servizi prodotti dalle famiglie, i servizi prodotti dalle Pubbliche Amministrazioni, i servizi dei beni durevoli di consumo, il tempo libero. Il valore della produzione fami- liare, a sua volta, è determinato per somma dagli input delle materie prime e ausiliarie, del lavoro e del capitale (cfr. Tabella A1 del- l’Appendice). L’input di materie prime è calcolato basandosi sui con- sumi finali delle famiglie, risultanti dall’indagine sui bilanci di fami- glia eseguita dall’ISTAT; essi sono stati però depurati dai consumi di beni e servizi aventi carattere intermedio (una parte dei servizi di tra- sporto) oppure di investimento nei capitali umani (servizi dell’istru- zione e della salute) 16. ————————————— ¹⁴ Archambault E. - Anheier H. K. - Sokolowski W. (1996), The Money Value of Volunteer Time in France, Germany and the United States, comunicazione presentata alla 24ª Conferenza internazionale della IARIW, cit. ¹⁵ Avevo appena terminato di scrivere questo lavoro quando ho ricevuto il periodico Messaggero di Sant’Antonio del marzo 1997 contenente un articolo nel quale la Fondazione Italiana per il Volontariato fornisce dati che mettono in luce il ruolo premi- nente della donna nel volontariato; nessun dato è però fornito sul numero dei volonta- ri e sul tempo da essi impiegato nelle attività svolte. ¹⁶ I dati sui consumi sono stati cortesemente forniti dal dottor A. Pighetti dell’ISTAT, che qui ringrazio. 49
Tabella 1 – Benessere economico complessivo e pro capite per regione, 1995. (Miliardi di lire, salvo diversa indicazione) Beni e Beni e Altri beni e servizi Benessere Reddito lordo servizi servizi economico disponibile (a) Regioni prodotti prodotti Servizi dalle dalle dei beni Tempo Totale Com- Pro capite Totale Pro capite famiglie PP. AA durevoli di libero plessivo (milioni) (milioni) consumo (1) (2) (3) (4) (5)=(3)+(4) (6) (7) (8) (9) Piemonte 77.495 335 13.385 68.987 82.372 160.202 37,3 104.221 24,0 Valle d’Aosta 2.198 31 710 1.768 2.478 4.707 39,6 2.979 25,4 Lombardia 172.468 668 28.878 143.659 172.537 345.673 37,9 225.428 25,2 Trentino-Alto Adige 15.144 59 2.570 13.931 16.501 31.704 34,7 20.083 22,4 Veneto 76.447 300 12.549 69.294 81.843 158.590 35,8 98.308 22,3 Friuli-Venezia Giulia 19.297 117 3.629 20.026 23.655 43.069 35,6 27.710 23,1 Liguria 29.549 129 5.291 25.007 30.298 59.976 35,9 41.117 24,0 Emilia-Romagna 73.335 335 12.700 70.946 83.646 157.316 40,1 99.250 25,2 Toscana 55.076 279 10.432 57.678 68.110 123.465 35,0 81.517 22,9 Umbria 13.303 44 2.117 12.285 14.402 27.749 33,6 16.671 20,2 Marche 21.928 87 3.932 21.438 25.370 47.385 33,0 30.457 21,3 Lazio 84.977 399 14.214 81.476 95.690 181.066 34,8 111.269 21,3 Abruzzo 18.646 64 2.514 20.404 22.918 41.628 32,8 22.117 17,3 Molise 4.390 14 756 4.270 5.026 9.430 28,5 5.538 16,4 Campania 66.459 279 8.467 76.587 85.054 151.792 27,2 86.369 14,7 Puglia 54.812 191 8.014 58.113 66.127 121.130 29,7 62.109 15,1 Basilicata 7.362 30 1.210 8.655 9.865 17.257 28,3 8.952 14,3 Calabria 24.558 70 3.932 30.485 34.417 59.045 28,4 30.590 14,2 Sicilia 67.530 501 9.984 84.261 94.245 162.276 31,8 77.256 14,8 Sardegna 22.388 107 3.326 26.831 30.157 52.652 31,7 27.100 16,2 Italia 907.362 4.039 148.610 896.101 1.044.711 1.956.112 34,0 1.179.041 20,4 (a) Si riferisce al 1992. Fonte: ISTAT, Collana «Argomenti», n. 5.
A. GIANNONE, UN TENTATIVO DI MISURA DEL BENESSERE ECONOMICO DELLE REGIONI ... Si precisa che non sono stati utilizzati i consumi finali determinati in sede di contabilità nazionale perché essi comprendono, oltre ai consumi delle famiglie, anche quelli delle convivenze e dei turisti. D’altra parte non è da nascondersi che qualche voce dei consumi rile- vati con l’indagine sui bilanci di famiglia risulti, a causa dell’evasione, sottovalutata. L’input di lavoro si riferisce alle attività di lavoro non retribuito produttive di beni o servizi che accrescono il benessere (preparazione dei pasti, giardinaggio, ricamo, cucito). I particolari del calcolo sono riportati nella nota (1) dell’Ap- pendice. L’input di capitale riguarda i beni-capitali (elettrodomestici e una parte dei mezzi di trasporto) che sono impiegati nelle attività, già precisate, che accrescono il benessere. Per le fonti statistiche e i meto- di di calcolo si rinvia alla nota (2) dell’Appendice. Un’altra componente del benessere è rappresentata, come si è det- to, dai servizi forniti gratuitamente alla popolazione dalle Pubbliche Amministrazioni (PP.AA). Brevi cenni sulla natura dei predetti servizi e sulla fonte statistica utilizzata sono esposti nella nota (3) dell’Ap- pendice. Quanto alle valutazioni delle componenti del benessere riguardan- ti i servizi dei beni durevoli di consumo e del tempo libero, i particola- ri dei calcoli sono illustrati nelle note rispettivamente (4) e (5) dell’Appendice. I risultati sono riportati nella Tabella A2 per i servizi dei beni durevoli e nella Tabella A3 per il tempo libero della stessa Appendice. E ora qualche considerazione sui risultati. Dall’esame della Tabella 1 risulta che il benessere economico pro capite a livello nazionale è di gran lunga superiore al reddito lordo disponibile pro capite nazionale (34,0 milioni contro 20,4) 17. Inoltre, si può osservare che su 15 regioni aventi un benessere pro capite supe- riore ai 30 milioni, 13 appartengono all’Italia del Nord e del Centro e soltanto 2 all’Italia Meridionale e Insulare. Si può anche rilevare che il benessere economico pro capite più elevato appartenente all’Emilia- Romagna supera del 47,4 per cento quello più basso della Campania; mentre il reddito pro capite più elevato appartenente alla Valle d’Aosta supera di ben il 79,0 per cento quello più basso della Calabria. Com’era quindi da attendersi, il divario tra le regioni messe a confronto è molto maggiore in termini di reddito che in termini di benessere. Le disparità economiche regionali possono però essere messe meglio in evidenza considerando due indici di disuguaglianza delle ————————————— ¹⁷ Essendo il reddito lordo pro capite del 1995, qui non riportato perché non disponi- bile anche la distribuzione regionale, più alto di quello del 1992, il divario percentuale rispetto al benessere pro capite sarà chiaramente minore, ma sempre rilevante. 51
STUDI E NOTE DI ECONOMIA 2/97 distribuzioni; e precisamente il rapporto di concentrazione del Gini e il coefficiente di variazione (CV) (rapporto tra lo scarto quadratico medio e la media aritmetica); il primo, come si sa, varia tra zero nel caso di equidistribuzione del carattere considerato ed 1 nel caso di massima disuguaglianza, nel caso cioè che il carattere sia concentrato tutto in una sola unità statistica della distribuzione (individuo, regio- ne, famiglia, ecc.). Orbene, come si può notare, dalla Tabella 2 risulta che il rapporto di concentrazione del benessere, pari a 0,081, è di gran lunga inferiore a quello della distribuzione del reddito lordo disponibile (0,132) ed ancor più dei consumi finali (0,182) 18. Tabella 2 – Rapporti di concentrazione (R) e coefficienti di variazione (CV) di alcuni aggregati economici per regione Descrizione R CV Beni e servizi prodotti dalle famiglie 0,125 0,172 Beni e servizi prodotti dalle PP.AA 0,140 0,331 Servizi resi dai beni durevoli 0,129 0,211 Tempo libero 0,048 0,080 Benessere economico complessivo 0,081 0,128 Reddito lordo disponibile 0,132 0,214 Consumi finali delle famiglie 0,182 0,236 Analoga conclusione si può trarre dal confronto dei tre coefficienti che risultano infatti essere: 0,128 per il benessere, 0,214 per il reddito e 0,236 per i consumi finali. È da notare che, abituati a considerare il rapporto di concentrazione per la distribuzione del reddito per classi di ammontare, i rapporti di concentrazione soprariportati appaiono estremamente bassi. Per l’Italia, infatti, con riferimento al 1993, il rapporto di concentrazione della distribuzione del reddito monetario è risultato pari a 0,360 e quello del reddito «esteso » (reddito moneta- rio più reddito privato delle famiglie) pari a 0,208 19-20. È da rilevare inoltre che il basso grado di diseguaglianza del benessere può suscitare qualche perplessità in quanto contrasta con le ————————————— ¹⁸ Il confronto del benessere del 1995 rispetto al 1992 si può ritenere valido in quanto è verosimile che la forma della distribuzione del reddito per regione del 1995 sia sostanzialmente la stessa del 1992. ¹⁹ Giannone A. (1996), Distribuzione del reddito monetario, produzione familiare e distribuzione del reddito esteso, in Monte dei Paschi di Siena e Banca Toscana, Studi e Note di Economia, n. 2. ²⁰ Gli indici riportati nella Tabella 2 sono stati calcolati dal dottor N. Bernardi, che ringrazio. 52
A. GIANNONE, UN TENTATIVO DI MISURA DEL BENESSERE ECONOMICO DELLE REGIONI ... comuni affermazioni sulle condizioni di vita del Sud; ma analizzando i rapporti di concentrazione delle singole componenti del benessere si nota che tale basso grado è dovuto al rapporto di concentrazione del- la distribuzione del tempo libero che risulta quasi equamente distri- buito tra le regioni. Inoltre, essendo valutato in base al saggio salaria- le, come conseguenza della scarsa variabilità delle ore regionali dedi- cate al tempo libero entra nella misura del benessere con un «peso » rilevante eguale a quello dei beni e servizi prodotti dalle famiglie. Alla distribuzione del tempo libero compete, oltre che il rapporto di concentrazione più basso, anche il coefficiente di variazione più basso. Il rapporto di concentrazione più elevato (0,140) spetta, invece, ai servizi prestati dalle PP.AA; risultato un po’sorprendente per il fat- to che, essendo la distribuzione opera delle predette Amministrazioni, ci si sarebbe aspettati una meno diseguale distribuzione regionale. Alla stessa distribuzione spetta il coefficiente di variazione più elevato (0,331). Pressappoco eguali sono invece i rapporti di concentrazione della distribuzione dei beni e servizi prodotti dalle famiglie (0,125) e della distribuzione dei servizi dei beni durevoli di consumo (0,129). Anche i coefficienti di variazione di queste due ultime distribuzioni sono alquanto vicini; ma il divario tra i coefficienti è molto maggiore che tra i rapporti di concentrazione. Per concludere, le componenti più rilevanti del benessere sono rap- presentate dai beni e servizi prodotti dalle famiglie (47,0 per cento) e dal tempo libero (44,0 per cento), mentre i servizi di beni durevoli di consumo rappresentano solo il 7,0 per cento e i servizi delle PP.AA addirittura molto meno dell’1,0 per cento. Riassunto e conclusioni È giunto il momento di tirare le fila del lungo discorso. Nelle pagine precedenti, dopo una breve introduzione, sono state richiamate le diverse definizioni di benessere precisando che per la presente ricerca si è adottata quella di benessere economico effettivo basata essenzial- mente sul consumo di beni e servizi. Si è quindi passati ad esaminare le diverse componenti del benessere, cominciando da quella rappre- sentata dai beni e servizi prodotti dalle famiglie. Di questa compo- nente, senza dubbio la più rilevante, è stato preso in considerazione soprattutto il criterio di valutazione basato, non avendo i beni e servi- zi prodotti dalle famiglie un prezzo di mercato, sul costo, cioè sulla somma degli input delle materie prime e ausiliarie, del lavoro e del capitale impiegati. Si è rilevato che l’input di materie prime è costituito dai consumi finali delle famiglie rilevati con l’indagine sui bilanci di famiglia, depurati dai beni e servizi aventi carattere intermedio o di investi- mento. Particolare attenzione è stata anche dedicata all’input di lavoro. Della seconda componente del benessere, quella dei servizi prestati 53
STUDI E NOTE DI ECONOMIA 2/97 dalle PP.AA, si è precisato che delle varie categorie di servizi solo quella dei servizi ricreativi, culturali e del culto deve essere considera- ta ai fini della misura del benessere . Per la componente del benessere rappresentata dai servizi dei beni durevoli direttamente goduti dalle famiglie si è sottolineato in particolare il criterio di valutazione, basa- to sugli input degli ammortamenti e degli interessi calcolati sulla con- sistenza dei predetti beni. Infine, oggetto di attento esame è stata la componente del tempo libero in quanto la sua inclusione nella misura del benessere è avver- sata da alcuni economisti e lascia qualche dubbio sulla interpretazio- ne dei risultati che ne derivano. Passando a considerare i risultati, si è rilevato che le due compo- nenti più importanti del benessere sono rappresentate dai beni e servi- zi prodotti dalle famiglie e dai servizi del tempo libero, che insieme assommano ad oltre il 90,0 per cento del benessere complessivo. Si è poi notato che il grado di diseguaglianza regionale del benes- sere è risultato estremamente basso, e di gran lunga inferiore a quello della distribuzione del reddito disponibile e, ancor più, dei consumi finali delle famiglie. Massima è risultata la diseguaglianza regionale dei servizi prestati dalle PP.AA, mentre pressappoco eguali sono risultati i rapporti di concentrazione dei beni e servizi prodotti dalle famiglie e dei servizi di beni durevoli di consumo. Infine, si è messo in luce che il rilevato basso grado di diseguaglianza regionale del benessere è dovuto ai ser- vizi del tempo libero quasi equamente distribuiti tra le varie regioni. Concludendo desidero sottolineare: primo, i risultati esposti nella presente ricerca sono da considerare largamente approssimativi per- ché in parecchi casi si è dovuto ricorrere ad ardite ipotesi per sopperi- re alla mancanza dei dati necessari; secondo, che la distribuzione regionale del reddito non è una base adeguata per una consapevole politica governativa di solidarietà. 54
A. GIANNONE, UN TENTATIVO DI MISURA DEL BENESSERE ECONOMICO DELLE REGIONI ... APPENDICE NOTE METODOLOGICHE (1) L’input di lavoro non retribuito comprendente le attività domestiche, le cure familiari e gli acquisti di beni e servizi è stato determinato moltipli- cando la retribuzione media annua pro capite per la popolazione che svolge le predette attività. La retribuzione media annua pro capite è stata calcolata, a sua volta, moltiplicando la retribuzione lorda oraria per il numero medio annuo di ore pro capite; la retribuzione lorda oraria si riferisce alla retribuzione lorda oraria di un operaio qualificato dell’agri- coltura del settembre 1994 ed è stata cortesemente fornita dal dottor S. Gatto dell’ISTAT; essa è stata usata anche per il 1995 non essendo inter- venuto tra il 1994 e il 1995 un nuovo contratto sui salari minimi contrat- tuali, mentre il numero medio annuo di ore pro capite è stato ottenuto moltiplicando le ore di lavoro di un giorno medio settimanale desunto dalla pubblicazione dell’ISTAT, Indagine multiscopo sulle famiglie italia- ne 1987-91, Roma, 1993, per il numero dei giorni dell’anno. Essendo però le ore di lavoro di un giorno settimanale disponibili solo per Ripar- tizioni, quelle per regioni sono state calcolate ammettendo che esse fosse- ro eguali a quelle della Ripartizione a cui la regione appartiene. La popo- lazione, infine, che svolge attività produttive familiari è stata determinata applicando alla popolazione di 14 anni e più di ciascuna regione la per- centuale della popolazione che partecipa alle predette attività, percentua- le desunta dalla pubblicazione dell’ISTAT sopracitata. L’input di lavoro delle attività che accrescono il benessere (preparazione dei pasti, giardi- naggio, ricamo e cucito) è stato ottenuto applicando all’input totale di lavoro la percentuale del 50,0 stimata sulla base dei risultati di indagini compiute in questa materia in altri paesi. (2) L’input del capitale delle attività considerate ai fini della misura del benessere, già precisate alla nota precedente, si riferisce agli elettrodome- stici e ai mezzi di trasporto in esse impiegati. Esso è stato determinato per somma degli ammortamenti e degli interessi calcolati sulla consistenza delle due predette categorie di beni-capitali. A sua volta, la consistenza è stata ottenuta a livello nazionale per entrambe le categorie, aggiornando al 1995 con il metodo dell’inventario permanente quella pubblicata per il 1992 dallo scrivente nel saggio, Un confronto del benessere economico dell’Italia e del Regno Unito, apparso sulla rivista Studi e Informazioni della Banca Toscana, n. 1, 1995. La consistenza per regione è stata poi 55
STUDI E NOTE DI ECONOMIA 2/97 ottenuta per gli elettrodomestici ripartendo quella nazionale in propor- zione al consumo di energia per usi domestici pubblicato nell’Annuario Statistico Italiano, 1996, e per i mezzi di trasporto in proporzione alla consistenza di autovetture pubblicata anch’essa nel predetto Annuario. Le percentuali usate per il calcolo degli ammortamenti sono state il 20,7 per cento per i mezzi di trasporto e il 21,3 per cento per gli elettrodome- stici, percentuali già usate dallo scrivente nel saggio sopraricordato, men- tre per gli interessi è stato usato il saggio ufficiale di sconto (7,5 per cen- to). Infine, la quota dell’input di mezzi di trasporto inclusa nella misura del benessere è stata calcolata applicando all’input totale la percentuale del 34,4 per cento, desunta anch’essa dal predetto lavoro dello scrivente. (3) Il computo dei servizi resi alle famiglie dalle PP.AA non ha presentato alcuna difficoltà in quanto le statistiche disponibili forniscono per regio- ne le spese delle predette Amministrazioni distinte per funzioni. È da avvertire che ai fini della misura del benessere è stata considerata solo la spesa per la funzione « Servizi ricreativi, culturali e del culto », desunta dalla pubblicazione dell’ISTAT, Conti economici regionali delle Pubbliche Amministrazioni e delle famiglie 1983-92, Collana Argomenti, n. 5, 1996. Essendo però l’ultimo dato disponibile riferito al 1992, si è proceduto all’aggiornamento al 1995 applicando la variazione percentuale della spe- sa per «Servizi collettivi», desunta dalla Relazione generale sulla situazio- ne economica del Paese, 1996. (4) I servizi dei beni durevoli di consumo direttamente goduti dalle famiglie sono generalmente distinti nelle seguenti categorie: a) mobili e articoli di arredamento; b) apparecchi radio-TV, giradischi e altri beni ricreativi; c) altri beni durevoli di consumo (oreficeria, ecc.). Come per l’input di capi- tale, si è proceduto all’aggiornamento delle consistenze delle predette categorie di beni utilizzando quelle pubblicate dallo scrivente per il 1992 nel saggio citato alla precedente nota (2). Il valore dei servizi è stato poi determinato per somma degli ammortamenti e degli interessi calcolati sulle consistenze applicando per gli ammortamenti della categoria a) la percentuale dell’8,2; per la categoria b) il 20,0 e per la categoria c) il 16,0; mentre come saggio d’interesse è stato usato il tasso ufficiale della Banca d’Italia (7,5). La ripartizione per regione del valore servizi così ottenuto è stata effet- tuata sulla base della distribuzione percentuale del reddito lordo disponi- bile per regione, desunto dalla pubblicazione dell’ISTAT, Conti economi- ci regionali delle Pubbliche Amministrazioni e delle famiglie 1983-92, già citata alla precedente nota (3). (5) Il valore del tempo libero per regione è stato determinato seguendo lo stesso procedimento usato per l’input di lavoro descritto alla precedente nota (1), e cioè la retribuzione media annua pro capite per la popolazione che partecipa al tempo libero. La retribuzione lorda oraria per regione è quella stessa usata per l’input di lavoro, mentre il numero annuo di ore pro capite per regione impiegato nelle attività del tempo libero è stato determinato sulla base di una regressione lineare tra il numero annuo del- le ore pro capite di tempo libero disponibile a livello di Ripartizione, 56
A. GIANNONE, UN TENTATIVO DI MISURA DEL BENESSERE ECONOMICO DELLE REGIONI ... desunto dalla pubblicazione ISTAT, Indagine multiscopo sulle famiglie italiane 1987-91, già citata alla nota (1), e il reddito lordo pro capite a livello di Ripartizione calcolato mediante media ponderata del reddito lordo pro capite per regioni, desunto dalla pubblicazione ISTAT, Conti economici regionali delle Pubbliche Amministrazioni e delle famiglie 1983- 92, citata alla precedente nota (3). La popolazione del tempo libero per regione è stata determinata sulla base della popolazione per regione riferita al 1994 a cui è stata applicata la percentuale della popolazione di 14 anni e più; l’una e l’altra sono state desunte dal Compendio Statistico Italiano, 1995. Infine, la popolazione di 14 anni e più che partecipa alle attività del tempo libero è stata ottenuta applicando alla popolazione di 14 anni e più per regione la percentuale della popolazione di 14 anni e più che partecipa al tempo libero, disponi- bile per grandi Ripartizioni, desunta dall’Indagine multiscopo sulle fami- glie italiane 1987-91 dell’ISTAT, già citata. Si è ammesso così che essa fosse costante per le regioni di ciascuna Ripartizione. Tabella A1 – Input dei beni e servizi prodotti dalle famiglie, per regione, 1995 (miliardi di lire) Consumi Consumi Input Regioni finali intermedi delle e beni di materie prime e capitale lavoro Totale famiglie investi- mento ausiliarie (1) (2) (3)=(1)−(2) (4) (5) (6)=(3)+(4)+(5) Piemonte 70.752 17.655 53.097 2.554 21.844 77.495 Valle d’Aosta 1.818 318 1.500 93 605 2.198 Lombardia 164.608 42.997 121.611 5.204 45.653 172.468 Trentino-Alto Adige 14.370 3.948 10.422 482 4.240 15.144 Veneto 72.768 20.032 52.736 2.383 21.328 76.447 Friuli-Venezia Giulia 19.039 6.400 12.639 415 6.243 19.297 Liguria 26.898 6.259 20.639 910 8.000 29.549 Emilia-Romagna 71.522 20.838 50.684 2.371 20.280 73.335 Toscana 55.056 18.751 36.305 2.105 16.666 55.076 Umbria 12.195 3.693 8.502 473 4.328 13.303 Marche 20.667 5.200 15.467 457 6.004 21.928 Lazio 75.878 16.802 59.076 3.209 22.692 84.977 Abruzzo 15.035 3.485 11.550 561 6.535 18.646 Molise 4.010 964 3.046 141 1.203 4.390 Campania 53.708 10.974 42.734 2.550 21.175 66.459 Puglia 46.561 9.803 36.758 1.719 16.335 54.812 Basilicata 5.861 1.168 4.693 243 2.426 7.362 Calabria 20.726 5.493 15.233 889 8.436 24.558 Sicilia 52.720 11.129 41.591 2.599 23.340 67.530 Sardegna 18.201 4.296 13.905 875 7.608 22.388 Italia 822.393 210.205 612.188 30.233 264.941 907.362 57
Tabella A2 – Servizi dei beni durevoli goduti direttamente dalle famiglie, per regione, 1995 (miliardi di lire) Mobili ecc. Apparecchi radio, tv ecc. Altri beni durevoli Totale Generale Regioni Ammor- Inte- To- Ammor- Inte- To- Ammor- Inte- To- Ammor- Inte- Totale tamenti ressi tale tamenti ressi tale tamenti ressi tale tamenti ressi (1) (2) (3)=(1)+(2) (4) (5) (6)=(4)+(5) (7) (8) (9)=(7)+(8) (10) (11) (12)=(10)+(11) Piemonte 2.797 2.484 5.281 3.337 1.251 4.588 2.394 1.122 3.516 8.528 4.857 13.385 Valle d’Aosta 61 372 433 114 43 157 82 38 120 257 453 710 Lombardia 5.896 5.392 11.288 7.243 2.716 9.959 5.196 2.435 7.631 18.335 10.543 28.878 Trentino-Alto Adige 525 480 1.005 645 242 887 462 216 678 1.632 938 2.570 Veneto 2.562 2.344 4.906 3.147 1.180 4.327 2.258 1.058 3.316 7.967 4.582 12.549 Friuli-Venezia Giulia 741 678 1.419 910 341 1.251 653 306 959 2.304 1.325 3.629 Liguria 1.080 988 2.068 1.327 498 1.825 952 446 1.398 3.359 1.932 5.291 Emilia-Romagna 2.593 2.372 4.965 3.185 1.194 4.379 2.285 1.071 3.356 8.063 4.637 12.700 Toscana 2.130 1.948 4.078 2.617 981 3.598 1.877 879 2.756 6.624 3.808 10.432 Umbria 432 395 827 531 199 730 381 179 560 1.344 773 2.117 Marche 803 734 1.537 986 370 1.356 707 332 1.039 2.496 1.436 3.932 Lazio 2.902 2.654 5.556 3.565 1.337 4.902 2.557 1.199 3.756 9.024 5.190 14.214 Abruzzo 587 537 1.124 361 270 631 517 242 759 1.465 1.049 2.514 Molise 154 141 295 190 71 261 136 64 200 480 276 756 Campania 1.729 1.581 3.310 2.124 796 2.920 1.523 714 2.237 5.376 3.091 8.467 Puglia 1.636 1.496 3.132 2.010 754 2.764 1.442 676 2.118 5.088 2.926 8.014 Basilicata 247 226 473 303 114 417 218 102 320 768 442 1.210 Calabria 803 734 1.537 986 370 1.356 707 332 1.039 2.496 1.436 3.932 Sicilia 2.040 1.864 3.904 2.503 939 3.442 1.796 842 2.638 6.339 3.645 9.984 Sardegna 679 621 1.300 834 313 1.147 598 281 879 2.111 1.215 3.326 Italia 30.397 28.041 58.438 36.918 13.979 50.897 26.741 12.534 39.275 94.056 54.554 148.610
A. GIANNONE, UN TENTATIVO DI MISURA DEL BENESSERE ECONOMICO DELLE REGIONI ... Tabella A3 – Valore del tempo libero, per regione, 1995 Retribu- Numero medio Retribuzione Popolazione Valore zione annuo di ore media che partecipa del Regioni media pro capite annua al tempo tempo oraria dedicate al pro capite libero libero (lire) tempo libero (milioni) (migliaia) (miliardi) (1) (2) (3)=(1)*(2) (4) (5)=(3)*(4) Piemonte 10.915 1.697 18,5 3.729 68.987 Valle d’Aosta 10.378 1.686 17,5 101 1.768 Lombardia 11.157 1.697 18,9 7.601 143.659 Trentino-Alto Adige 10.880 1.710 18,6 749 13.931 Veneto 10.764 1.710 18,4 3.766 69.294 Friuli-Venezia Giulia 11.265 1.704 19,2 1.043 20.026 Liguria 10.050 1.696 17,0 1.471 25.007 Emilia-Romagna 12.121 1.697 20,6 3.444 70.946 Toscana 11.029 1.704 18,8 3.068 57.678 Umbria 10.116 1.727 17,5 702 12.285 Marche 10.192 1.720 17,5 1.225 21.438 Lazio 10.971 1.720 18,7 4.357 81.476 Abruzzo 11.184 1.750 19,6 1.041 20.404 Molise 8.939 1.757 15,7 272 4.270 Campania 9.788 1.771 17,3 4.427 76.587 Puglia 10.305 1.768 18,2 3.193 58.113 Basilicata 9.977 1.774 17,7 489 8.655 Calabria 10.489 1.775 18,6 1.639 30.485 Sicilia 11.772 1.770 20,8 4.051 84.261 Sardegna 11.184 1.759 19,7 1.362 26.831 Italia 11.089 – – 47.730 896.101 59
STUDI E NOTE DI ECONOMIA 2/97 BIBLIOGRAFIA Archambault E. - Anheier H. K. - Sokolowski W. (1996), The Money Value of Volunteer Time in France, Germany and the United States, comunica- zione presentata alla 24ª Conferenza della IARIW. Aslaken I. - Fagerli T. - Graviningsmyhr A. A. (1996), An Input-output Approach Household Production and Consumption in Norway, comunica- zione presentata alla 24ª Conferenza della IARIW. Chiandotto B. (1996), L’informazione statistica a livello territoriale: significa- tività, problemi e limiti, 3ª Conferenza Nazionale di Statistica, Roma. Fitzgerald J. M. - Swenson M. S. - Hicks J. H. (1996), Valuation of Household Production at Market Prices and Estimation of Production Functions, in Review of Income and Wealth, n. 2. Giannone A. (1957), Spese di produzione e reddito nazionale, Roma, Atti del- la XV e XVI Riunione della Società Italiana di Statistica. Giannone A. (1993), Qualche riflessione sulla misura del benessere economico, in Banca Toscana, Studi e Informazioni, n. 1. Giannone A. (1995), Un confronto del benessere economico dell’Italia e del Regno Unito, in Banca Toscana, Studi e Informazioni, n. 1. Giannone A. (1996), Distribuzione del reddito monetario, produzione familiare distribuzione del reddito « esteso», in Monte dei Paschi di Siena e Banca Toscana, Studi e Note di Economia, n. 2. Hicks J. R. (1942), The Social Framework, Oxford, At the Clarendon Press. ISTAT (1993), Indagine multiscopo sulle famiglie 1987-91, Roma. ISTAT (1995), Compendio Statistico Italiano, Roma. ISTAT (1996), Annuario Statistico Italiano, Roma. ISTAT (1996), Conti economici regionali delle Amministrazioni Pubbliche e delle famiglie 1983-92, Collana « Argomenti », n. 5. Jensen P. R. (1996), A Welfare Indicator for Denmark, comunicazione pre- sentata alla 24ª Conferenza della IARIW, già citata. Jackson C. (1996), National Studies of the Value of Unpaid Work: A Comparison of Methods, comunicazione presentata alla 24ª Conferenza della IARIW, già citata. Mamalakis M. J. (1996), Misuses and Uses of National Accounts as Welfare Indicator: Selected Analytical and Measurement Issues, in Review of Income and Wealth, n. 3. Ministeri del Bilancio e del Tesoro (1996), Relazione Generale sulla situazione economica del Paese, Roma. Nordhaus W. - Tobin J. (1972), Is Growth Obsolete?, in Abramovitz, Economic Growth, New York, National Bureau of Economic Research. 60
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