Tassazione del settore produttivo - Camera dei Deputati

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Tassazione del settore produttivo - Camera dei Deputati
Tassazione del settore produttivo

28 giugno 2019

  Il decreto-legge n. 34 del 2019 reca misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di
 specifiche situazioni di crisi.

    Il provvedimento incide su numerosi istituti fiscali intesi a promuovere la crescita economica; in questa
 sede si segnalano la reintroduzione, dal 1° aprile 2019, del cd. superammortamento; la progressiva
 riduzione dell'aliquota IRES sul reddito di impresa correlata al reimpiego degli utili, in luogo della mini-
 IRES disposta dalla legge di bilancio 2019; la semplificazione delle procedure di fruizione del cd. patent
 box; la riproposizione, per le operazioni di aggregazione di imprese condotte fino al 31 dicembre 2022,
 del cd. bonus aggregazione; la concessione alle PMI di un credito d'imposta per le spese sostenute per
 la partecipazione a manifestazioni fieristiche internazionali di settore all'estero.
    Consulta qui i dossier Schede di lettura e Profili finanziari.

   La legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018) ha apportato numerose novità in tema di tassazione
 del settore produttivo, sia per incentivare la crescita, sia allo scopo di reperire risorse.

  Superammortamento e altre agevolazioni

  Il decreto-legge n. 34 del 2019, c.d. decreto crescita, articolo 1, reintroduce dal 1° aprile 2019 la misura
del cd. superammortamento, ovvero l'agevolazione che consente di maggiorare del 30 per cento il costo
di acquisizione a fini fiscali degli investimenti in beni materiali strumentali nuovi. Rispetto alle norme
previgenti, l'articolo introduce un tetto di 2,5 milioni di euro agli investimenti agevolabili.
  La legge di bilancio 2019 (articolo 1, commi da 60 a 65 della legge n. 145 del 2018) reca la proroga e
rimodulazione del cd. iperammortamento, che consente di maggiorare il costo di acquisizione dei beni
materiali strumentali nuovi funzionali alla trasformazione tecnologica e/o digitale: innovando la normativa
vigente in materia, il beneficio viene concesso in misura differenziata secondo l'importo degli
investimenti effettuati. Sono conseguentemente sterilizzati gli acconti di imposta dovuti per il 2019 e 2020,
al fine di non tener conto delle norme agevolative introdotte.
     Si ricorda che il decreto-legge n. 87 del 2018 (articolo 7)                   ha subordinato l'applicazione
dell'iperammortamento fiscale alla condizione che il processo di trasformazione tecnologica e digitale delle
imprese, su cui si fonda l'agevolazione, riguardi strutture produttive situate nel territorio nazionale, ivi
incluse le stabili organizzazioni di soggetti non residenti. Se nel periodo di fruizione del beneficio (che
consiste nella maggiorazione del costo a fini fiscali e, dunque, in un aumento dell'ammontare deducibile dal
reddito) i beni agevolati vengono ceduti a titolo oneroso o destinati a strutture produttive situate all'estero,
anche se appartenenti alla stessa impresa, si procede al recupero dell'agevolazione. Nel caso di investimenti
sostitutivi non si applica la revoca dell'agevolazione, così come nei casi in cui i beni agevolati sono per loro
stessa natura destinati all'utilizzo in più sedi produttive e pertanto possono essere oggetto di temporaneo
utilizzo anche fuori del territorio dello Stato
  La misura dell'iperammortamento era stata prorogata anche per il 2018 dalla legge di bilancio 2018
(commi 29-36).
  La legge di bilancio 2018 aveva prorogato il cd. superammortamento, non riproposto dalla legge di bilancio
2019; esso ha consentito di maggiorare del 40 per cento gli ammortamenti delle imprese con riferimento alle
operazioni effettuate entro il 31 dicembre 2018 (ovvero sino al 30 giugno 2019, a specifiche condizioni).
Credito d'imposta per investimenti pubblicitari incrementali

   Con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 16 maggio 2018, n. 90 sono stati definiti i criteri e
le modalità di attuazione del credito d'imposta per investimenti pubblicitari incrementali, introdotto dal
decreto-legge n. 50 del 2017 a decorrere dal 2018.
   Esso opera per le imprese, i lavoratori autonomi e gli enti non commerciali in relazione agli investimenti
pubblicitari incrementali effettuati sulla stampa quotidiana e periodica, anche online, e sulle emittenti
televisive e radiofoniche locali. Per beneficiare dell'agevolazione è necessario che l'ammontare complessivo
degli investimenti pubblicitari realizzati superi almeno dell'1% l'importo degli analoghi investimenti effettuati
sugli stessi mezzi d'informazione nell'anno precedente. Il credito d'imposta spetta anche in relazione agli
investimenti effettuati, esclusivamente sulla stampa (anche online), dal 24 giugno 2017 al 31 dicembre 2017,
rispetto agli analoghi investimenti effettuati sugli stessi mezzi di informazione nel corrispondente periodo
dell'anno 2016. Il credito d'imposta è pari al 75% del valore incrementale degli investimenti effettuati, elevato
al 90% nel caso di microimprese, piccole e medie imprese e start-up innovative.
   Con il provvedimento del Capo del Dipartimento per l'Informazione e l'Editoria della Presidenza del
Consiglio dei Ministri del 31 luglio 2018 è stato approvato il modello di comunicazione telematica per la
fruizione del credito con le relative modalità di presentazione. Per maggiori informazioni è possibile
consultare il sito internet del Dipartimento l'Informazione e l'Editoria: http://informazioneeditoria.gov.it.
   Il termine per l'inoltro delle domande è fissato al 22 ottobre 2018.

  La tassazione degli enti non commerciali e la riforma del terzo settore

  Il decreto-legge n. 135 del 2018 (articolo 1, commi 8-bis e 8-ter) ha posticipato l'abrogazione della
riduzione a metà dell'IRES per alcuni enti del terzo settore, disposta con legge di bilancio 2019.
L'abrogazione, anziché decorrere dal 1° gennaio 2019, ha luogo a partire dal periodo d'imposta di prima
applicazione di ulteriori misure di favore nei confronti di enti che svolgono attività aventi finalità
sociale. Pertanto, la riduzione a metà dell'IRES per tali enti permane fino all'emanazione di dette misure.

  L'articolo 13 del decreto-legge n. 87 del 2018 ha soppresso le previsioni introdotte dalla legge di bilancio
2018, in base alle quali le attività sportive dilettantistiche potevano essere esercitate anche da società
sportive dilettantistiche con scopo di lucro e ha abrogato le agevolazioni fiscali a favore delle stesse
introdotte dalla medesima legge. Si istituisce un nuovo fondo destinato a interventi in favore delle società
sportive dilettantistiche, in cui confluiscono le risorse rinvenienti dalla suddetta soppressione.
  L'articolo 7 del decreto "fiscale" (decreto-legge n. 119 del 2018) consente alle società e alle associazioni
sportive dilettantistiche possono avvalersi della definizione agevolata degli atti del procedimento di
accertamento e della definizione agevolata delle liti pendenti.

  Il decreto legislativo n. 105 del 2018, (A.G. n. 33) che ha corretto e integrato il codice del Terzo
Settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, ha introdotto alcune rilevanti novità riguardanti la
disciplina degli enti del Terzo Settore. Tra le novità fiscali si segnalano:

    l'estensione a tutti gli enti iscritti al Registro unico nazionale, inclusi gli enti del Terzo settore
    commerciali, della possibilità di emettere titoli di solidarietà, ovvero obbligazioni e altri titoli di debito,
    nonché certificati di deposito, con l'obiettivo di sostenere le attività istituzionali degli enti del Terzo
    settore;
    l'aggiornamento della denominazione dei soggetti che svolgono attività di social lending, facendo
    riferimento ai gestori delle piattaforme di prestiti per soggetti finanziatori non professionali; le cosiddette
    piattaforme di peer to peer lending;
    l'individuazione delle attività svolte dagli enti del Terzo settore che si caratterizzano per essere non
    commerciali, prevedendo una presunzione in base alla quale tali attività si considerano non
    commerciali qualora i ricavi non superino di oltre il 10 per cento i relativi costi per ciascun periodo
    d'imposta e per non oltre due periodi di imposta consecutivi;
    la modifica del regime fiscale opzionale per la determinazione del reddito di impresa degli enti non
commerciali del Terzo settore, prevedendo che tra i ricavi cui applicare il coefficiente di redditività siano
    aggiunti anche i ricavi conseguiti attraverso la raccolta di fondi, oltre a quelli conseguiti nell'esercizio
    delle attività di interesse generale e delle attività diverse, secondarie e strumentali;
    l'esclusività delle attività di interesse generale svolte con modalità non commerciali, ai fini del
    cosiddetto social bonus;
    l'estensione della detrazione maggiorata del 35 per cento alle erogazioni liberali eseguite a favore
    delle organizzazioni di volontariato;
    l'esenzione dall'imposta di registro per gli atti costitutivi e quelli connessi allo svolgimento delle
    attività delle organizzazioni di volontariato e dall'IRES per i redditi degli immobili destinati in via
    esclusiva allo svolgimento di attività non commerciali;
    le correzioni di coordinamento relative agli indici sintetici di affidabilità fiscale che non si
    applicano per gli enti che utilizzano il regime forfetario;
    la modifica degli obblighi di tenuta e conservazione delle scritture contabili per gli enti non
    commerciali del Terzo settore che non applicano il regime forfetario;
    il coordinamento normativo della disciplina del Terzo settore con la normativa prevista nel Testo unico
    delle imposte sui redditi, con la disciplina dell'imposta sul valore aggiunto, nonché con le disposizioni in
    materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare.

   Si ricorda al riguardo che la legge 6 giugno 2016, n. 106 ha conferito al Governo una delega per la
riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale. In
attuazione della delega, in vigore dal 3 luglio 2016, è stato emanato il D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 111 - Codice
del Terzo settore, con il quale si provvede tra l'altro al riordino e alla revisione organica della disciplina
speciale e delle altre disposizioni vigenti relative agli enti del Terzo settore, compresa la disciplina tributaria
applicabile a tali enti; sono disciplinati i titoli di solidarietà degli enti del terzo settore nonché le altre forme di
finanza sociale.
   Con il D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 112 si è proceduto a revisionare la disciplina dell'impresa sociale: esso
consente tra l'altro all'impresa sociale di distribuire dividendi ai soci (entro certi limiti) ed estende il novero di
attività che configurano una "utilità sociale" a fini di legge, con l'attribuzione inoltre di alcuni incentivi fiscali. Il
D. Lgs. n. 95 del 2018 (A.G.31) ha apportato modifiche e correzioni alla disciplina in materia di impresa
sociale.
   Si veda l'approfondimento per una sintesi delle principali norme fiscali e finanziarie nel Codice del Terzo
Settore.

  Focus

 La riforma del terzo settore
 https://temi.camera.it/leg18/post/pl18_la_riforma_del_terzo_settore_.html

  Il regime forfetario agevolato (ex "minimi")

  La legge di bilancio 2019 (articolo 1, commi da 9 a 11 della legge n. 145 del 2019) estende il regime
forfettario con imposta sostitutiva unica al 15 per cento, introdotto dalla legge di stabilità 2015, ai
contribuenti che hanno conseguito nell'anno precedente ricavi, ovvero percepito compensi, fino a un
massimo di 65.000 euro e ne semplificano le condizioni di accesso. Il medesimo provvedimento (articolo
1, commi da 17 a 22) introduce dal 2020 un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'IRAP, con
aliquota al 20 per cento, per gli imprenditori individuali, gli artisti e i professionisti con ricavi fino a 100.000
euro che non ricadono nel regime forfettario.
  L'articolo 6 del cosiddetto decreto crescia (decreto n. 34 del 2019) stabilisce che anche i contribuenti che
applicano il regime forfettario o che applicheranno, a partire dal 2020, il nuovo regime sostitutivo delle
imposte sui redditi e dell'IRAP, e che si avvalgono dell'impiego di dipendenti e collaboratori, devono
effettuare le ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente e sui redditi assimilati a quelli di lavoro
dipendente. Inoltre l'articolo 6-bis, relativo agli obblighi informativi posti a carico di coloro che intendono
accedere al cd. regime forfettario (articolo 1, comma 73, legge n. 190 del 2014), prevede che tali oneri
informativi non comprendano dati ed informazioni già presenti, alla data di approvazione dei modelli di
dichiarazione dei redditi, nelle banche dati a disposizione dell'Agenzia delle Entrate, ovvero che siano da
comunicare o dichiarare alla stessa entro la data di presentazione dei medesimi modelli di dichiarazione dei
redditi.

   Secondo i dati delle statistiche fiscali dell'Osservatorio sulle partite IVA per l'anno 2018, pubblicati sul sito
del Dipartimento delle finanze del MEF, nell'anno 2018 i soggetti che hanno aderito al regime
forfetario (anziché al regime fiscale ordinario) sono stati 195.559, con un aumento del 6% in confronto al
2017; tali adesioni rappresentano il 38,1% del totale delle nuove aperture di partita Iva. Il sottosegretario
Massimo Bitonci, nella risposta all'interrogazione Covolo n. 5-02357, ha precisato che a tutto aprile 2019,
risultano 125.695 nuove partite IVA con inizio attività nel 2019 e che optano per il regime agevolato e
285.333 contribuenti per opzione (contribuenti che passano al regime forfetario mediante opzione da
indicare in un campo della dichiarazione IVA). Nel complesso, i soggetti che aderiscono al nuovo regime dei
minimi di cui all'articolo 1 commi 9-11 della legge di bilancio per il 2019 sono 411.028.
   Nel corso delle interrogazioni a risposta immediata nella VI Commissione Finanze della Camera, del 23
gennaio 2019, il Sottosegretario Alessio Mattia Villarosa, in merito alle nuove lettere d) e d-bis) del comma
57,articolo 1, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, come modificate dalla Legge di bilancio 2019, ha
precisato alcuni aspetti sull'applicabilità del regime forfettario per il 2019 ai professionisti con diversi codici
ATECO (riferimento all'attività effettivamente svolta) e sull'accesso al regime agevolato per le partite IVA
aperte a seguito di nuove iscrizioni a un ordine o collegio professionale. Sempre in tema di chiarimenti in
merito alle cause inibenti l'accesso al regime forfetario previsto dal comma 57, nuova lettera d-bis), nella
risposta immediata all'interrogazione n. 5-01345 del 31 gennaio 2019, il Governo ha precisato che qualora il
contribuente non presenti i nuovi requisiti, seppure in precedenza applicava il regime forfetario, dal 2019 non
potrà più applicare il predetto regime, viceversa, i soggetti con partita IVA che svolgevano attività di lavoro
autonomo in precedenza possono permanere nel regime dei forfetari purché ricorrano i requisiti richiesti dalla
norma. Viene, inoltre, chiarito che non si ritiene che la norma abbia portata retroattiva e possa condurre
a mettere in discussione i comportamenti pregressi posti in essere in conformità alla norma previgente.

  Focus

 Il regime forfetario
 https://temi.camera.it/leg18/post/il_regime_forfetario.html

  Indici sintetici di affidabilità fiscale e "redditometro"

  L'articolo 10 del decreto-legge n. 87 del 2018 reca disposizioni finalizzate a modificare l'istituto
dell'accertamento sintetico del reddito complessivo (cd. redditometro), introducendo il parere dell'Istat e
delle associazioni maggiormente rappresentative dei consumatori. Contestualmente viene abrogato il decreto
ministeriale contenente gli elementi indicativi necessari per effettuare l'accertamento.

  Il decreto-legge n. 50 del 2017 (articolo 9-bis) disciplina l'introduzione di indici sintetici di affidabilità fiscale
dei contribuenti, cui sono correlati specifici benefici, in relazione ai diversi livelli di affidabilità, prevedendo
contemporaneamente la progressiva eliminazione degli effetti derivanti dall'applicazione dei parametri e degli
studi di settore.
  La legge di bilancio 2018 (comma 931) ha differito l'avvio della nuova disciplina al periodo di imposta in
corso al 31 dicembre 2018.
  Con il D.M. 23 marzo 2018 sono stati approvati gli indici sintetici di affidabilità fiscale attinenti alle attività
economiche dei comparti delle manifatture, dei servizi, del commercio e delle attività professionali.

  L'imposta sul reddito d’impresa (IRI)

  La legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018) ha disposto (articolo 1, comma 1055) l'abrogazione
dell'Imposta sul reddito d'impresa (IRI) dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2018.

L'IRI era stata introdotta e disciplinata dalla legge di bilancio 2017 (commi 547 e 548, che ha a tal fine inserito nel
TUIR – Testo Unico delle Imposte sui Redditi, D.P.R. n. 917 del 1986, l'articolo 55- bis) come regime opzionale per
le imprese individuali e le società di persone in contabilità ordinaria. L'esercizio di tale opzione comporta
l'applicazione di un'aliquota del 24 per cento sugli utili trattenuti presso l'impresa. Si deducono dal reddito d'impresa
le somme prelevate a carico degli utili (o delle riserve di utili) dall'imprenditore o dai soci, che vengono invece
tassate secondo le ordinarie regole Irpef. Scopo delle norme è incentivare il reinvestimento degli utili all'interno
delle piccole e medie imprese. Il decreto-legge n. 50 del 2017 (articolo 58) ha precisato il trattamento tributario
spettante alle somme prelevate da riserve IRI in caso di fuoriuscita dal regime (anche a seguito della cessazione
dell'attività). Per effetto della legge di bilancio 2018 (comma 1063), che ne ha differito di un anno l'applicazione,
l'imposta è operativa dal 1° gennaio 2018. (per un'illustrazione della disciplina si veda il relativo tema dell'attività
parlamentare sul sito della Camera e la scheda illustrativa dell'Agenzia delle Entrate).

  Il regime opzionale IRI, in vigore dal 1° gennaio 2018, viene quindi abrogato a decorrere dal medesimo
periodo d'imposta (ovvero quello successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017) e dunque con efficacia
retroattiva, in deroga all'articolo 3 dello Statuto dei diritti del contribuente (legge n. 212 del 2000).

  La fiscalità nell'economia digitale (web tax)

   La legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018, articolo 1, commi da 35 a 50) ha istituito un'imposta
sui servizi digitali, che si applica ai soggetti che prestano tali servizi e che hanno un ammontare
complessivo di ricavi pari o superiore a 750 milioni di euro, di cui almeno 5,5 milioni realizzati nel territorio
italiano per prestazione di servizi digitali. L'imposta si applica con un'aliquota del 3 per cento sui ricavi e
viene versata entro il mese successivo a ciascun trimestre. Il provvedimento ha contestualmente abrogata
l'imposta sulle transazioni digitali istituita dalla legge di bilancio 2018, che avrebbe dovuto applicarsi a
decorrere dal 1° gennaio 2019.

L'abrogata imposta sulle transazioni digitali (di cui all'articolo 1, commi 1010-1016 della legge n. 205 del 2017, legge
di bilancio 2018) aveva introdotto una forma di tassazione per le imprese operanti nel settore del digitale, in
particolare istituendo un'imposta sulle transazioni digitali relative a prestazioni di servizi effettuate tramite mezzi
elettronici, con aliquota del 3 per cento applicata al valore della singola transazione, al netto dell'IVA.

  Il sottosegretario Bitonci sulla materia della digital tax, nel corso della risposta
all'interrogazione Giacomoni 5-02355 presso la VI Commissione finanze, ha evidenziato che , a fine
gennaio 2019, nell'ultima riunione dell'OCSE/G20 Inclusive Framework on Base Erosion and Profit
Shifting , è stato raggiunto un accordo (approvazione della policy note « Addressing the tax
challenges of the Digitalisation of the Economy ») per una soluzione globale e definitiva al problema
della tassazione societaria legato alla digitalizzazione dell'economia che dovrebbe essere approvata
nel 2020. Tale accordo ha trovato una concreta declinazione nel cosiddetto « programme of work »,
adottato dall' Inclusive Framework del 28 maggio 2019 e approvato dal G20 a giugno 2019.

 Inoltre, l'articolo 1- bis del decreto-legge n. 50 del 2017 ha introdotto per le società non residenti che
appartengono a gruppi multinazionali con ricavi superiori a 1 miliardo di euro e che effettuano cessione di
beni e prestazioni di servizio in Italia per un ammontare superiore a 50 milioni, avvalendosi di società
residenti o di stabili organizzazioni di società non residenti, la possibilità di accedere ad una procedura di
cooperazione e collaborazione rafforzata per la definizione dei debiti tributari dovuti in relazione alla
eventuale stabile organizzazione. La nuova procedura appare quale un generale strumento antielusione e
antiabuso diretto a imprese multinazionali, senza discriminare tra imprese digitali e non digitali.

  Aliquote IRES

  La legge di bilancio 2019 ha apportato alcune novità in tema di IRES: anzitutto (articolo 1, commi 28-34
della legge n. 145 del 2018) si prevede l'applicazione di un'aliquota IRES agevolata al 15 per cento (in
luogo dell'ordinaria 24 per cento) a parte del reddito delle imprese che incrementano i livelli
occupazionali ed effettuano nuovi investimenti, nonché l'applicazione di tale agevolazione alle imprese
soggette a IRPEF. Dall'altro lato (commi 51 e 52) è stata abrogata la riduzione a metà dell'IRES prevista in
precedenza per alcuni enti che svolgono attività sociali, culturali e attività con fini solidaristici, nonché nei
confronti degli istituti autonomi per le case popolari. Di conseguenza, per effetto delle norme in esame i
predetti enti sono soggetti a IRES in misura ordinaria (con aliquota al 24 per cento).
  Successivamente il decreto-legge n. 34 del 2019, c.d. decreto crescita, articolo 2, sostituisce la vigente
agevolazione IRES al 15 per cento (cd. mini-IRES), disposta dalla legge di bilancio 2019 con un diverso
incentivo che prevede una progressiva riduzione dell'aliquota IRES sul reddito di impresa correlata al
solo reimpiego degli utili.
  L'aliquota agevolata viene così rimodulata

    al 22,5 per cento per l'anno di imposta 2019;
     al 21,5 per cento per il 2020;
    al 21 per cento per il 2021;
    al 20,5 per cento per il 2022;
    al 20 per cento a decorrere dal 2023, a regime.

  Settore bancario e assicurativo

  Il legislatore è intervenuto a più riprese sulla fiscalità delle banche e delle assicurazioni, anche per
coordinare la relativa disciplina con le nuove norme in tema di crisi e riforme del settore bancario.

   La legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018) , tra l'altro:
   - ai commi 1056 e 1065, prevede il differimento, per gli enti creditizi e finanziari, della deduzione della
quota del 10 per cento di componenti negative di reddito legate alla valutazione dei crediti. L'articolo 16 del
decreto legge n. 83 del 2015, che ha stabilito la deducibilità delle svalutazioni e perdite su crediti, aveva
fissato un piano per la deduzione delle eccedenze non portate in deduzione in sede di prima applicazione
della disciplina. Per la quota relativa al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2018, la deducibilità viene
sospesa e trasferita alla fine del periodo precedentemente fissato;
   - al comma 1066 eleva la misura dell'acconto dell'imposta sulle assicurazioni, che viene innalzato dal
59 all'85 per cento per l'anno 2019, al 90 per cento per l'anno 2020 e infine fissato al 100 per cento a
decorrere dall'anno 2021;
   - ai commi 1067-1069 stabilisce che i componenti reddituali derivanti esclusivamente dall'adozione del
modello di rilevazione delle perdite su crediti di cui allo standard internazionale IFRS 9, iscritti in bilancio da
enti creditizi e finanziari in sede di prima adozione del medesimo principio, sono deducibili dalla base
imponibile dell'imposta sul reddito delle società e dell'IRAP per il 10 per cento del loro ammontare nel
periodo d'imposta di prima adozione dell'IFRS 9 e per il restante 90 per cento in quote costanti nei nove
periodi d'imposta successivi;
   - ai commi 1070 e 1071 introduce facoltà, anziché l'obbligo, per i soggetti non quotati di applicare i
principi contabili internazionali;
   - sl comma 1072 modifica la disciplina delle scritture contabili dei gruppi bancari cooperativi. Si
chiarisce in particolare che, ai fini della redazione del bilancio consolidato, la società capogruppo e le banche
facenti parte del gruppo bancario cooperativo costituiscono un'unica entità consolidante. Ne consegue che,
nella redazione del bilancio consolidato, le poste contabili relative a capogruppo e banche affiliate siano
iscritte con modalità omogenee.

  L'articolo 20 del decreto-legge n. 119 del 2018 disciplina l'istituto del gruppo IVA con riferimento
ai gruppi bancari cooperativi; l'articolo 20-quater del medesimo provvedimento consente -
temporaneamente - ai soggetti che non adottano i princìpi contabili internazionali di valutare i titoli non
destinati a permanere durevolmente nel loro patrimonio in base al loro valore di iscrizione, in luogo del
valore di mercato.

  ACE - Aiuto alla Crescita Economica

  La legge di bilancio 2019 (articolo 1, comma 1080 della legge n. 145 del 2018) ha disposto l'abrogazione
dell'ACE - Aiuto alla crescita economica, istituto che consentiva alle imprese di dedurre dal reddito imponibile
la componente derivante dal rendimento nozionale di nuovo capitale proprio.
L'articolo 19 del decreto-legge n. 91 del 2014 aveva disposto una maggiorazione del 40 per cento dell'ACE per le
società ammesse alla quotazione nei mercati regolamentati. Il decreto-legge n. 50 del 2017 (articolo 7) aveva
rideterminato, abbassandole, le aliquote ACE, già modificate dalla legge di bilancio 2017 (articolo 1, commi 549-
553, della legge n. 232 del 2016).

  Agevolazioni fiscali per le nuove imprese

   Le imprese startup e gli incubatori certificati godono di agevolazioni fiscali specifiche.
   Le startup innovative, disciplinate dagli articoli 25-35 del D. L. n. 179 del 2012), sono imprese di nuova
costituzione che svolgono attività di sviluppo, produzione e commercializzazione di prodotti o
servizi innovativi ad alto valore tecnologico. A questa tipologia d'impresa, che deve possedere specifici
requisiti, sono riconosciute misure agevolative, sia nella fase di avvio che in quella di sviluppo. Oltre a
requisiti necessari (tra i quali si segnalano: costituzione da non più di 5 anni, valore della produzione non
superiore a 5 milioni annui, non distribuzione degli utili, oggetto sociale sviluppo, produzione e
commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico), l'impresa deve possedere
almeno uno tra i requisiti alternativi che identificano il carattere innovativo dell'attività: deve sostenere spese
di ricerca e sviluppo in misura almeno pari al 15% del maggiore tra costo e valore totale della
produzione; deve impiegare, come dipendenti o collaboratori, personale altamente qualificato in
determinate misure alternative; deve essere titolare o depositaria o licenziataria di almeno una privativa
industriale ovvero titolare dei diritti relativi ad un programma per elaboratore originario.
   Alle startup innovative e agli incubatori certificati non si applica il diritto annuale dovuto in favore delle
Camere di Commercio, nonché, come chiarito dalla circolare 16/E dell'Agenzia delle Entrate dell'11 giugno
2014, i diritti di segreteria e l'imposta di bollo abitualmente dovuti per gli adempimenti da effettuare presso
il Registro delle Imprese (articolo 26 del decreto-legge n. 179 del 2012).
   Alle startup innovative inoltre si applica una disciplina di deroga alla normativa sulle società di comodo e
in perdita sistematica. Pertanto, nel caso conseguano ricavi "non congrui" oppure siano in perdita fiscale
sistematica, non scattano nei loro confronti le penalizzazioni fiscali previste per le cosiddette società di
comodo, ad esempio l'imputazione di un reddito minimo e di una base imponibile minima ai fini Irap, l'utilizzo
limitato del credito IVA, l'applicazione della maggiorazione Ires del 10,5% (citato articolo 26 del decreto-
legge n. 179 del 2012). Le stesse sono inoltre esonerate dall'obbligo di apposizione del visto di
conformità per compensazione dei crediti IVA (art. 4, comma 11-novies del decreto-legge n. 3 del 2015).
   Nei confronti di amministratori, dipendenti e collaboratori di tali soggetti opera l'esenzione da imposizione
fiscale e contributiva per la parte di reddito di lavoro che deriva dall'attribuzione di azioni, quote, strumenti
finanziari partecipativi o diritti delle predette imprese (articolo 27 del D.L. 179 del 2012).
   Sono previsti incentivi fiscali anche per l'investimento nel capitale di rischio delle startup innovative
provenienti da persone fisiche e giuridiche. In particolare tale agevolazione è stata resa strutturale dalla
legge di bilancio 2017: per le persone fisiche è prevista una detrazione IRPEF pari al 30 per cento
dell'investimento, fino a un massimo di 1 milione di euro; per le persone giuridiche l'incentivo consiste in una
deduzione dall'imponibile IRES del 30 per cento dell'investimento, fino a un massimo di 1,8 milioni di euro
(articolo 1, comma 66 della legge n. 232 del 2016). Gli incentivi operano sia per gli investimenti diretti in
startup innovative, sia per quelli indiretti (mediante OICR e altre società che investono prevalentemente in
startup e PMI innovative). A partire dal 2017, la fruizione dell'incentivo è condizionata al mantenimento della
partecipazione nella startup innovativa per un minimo di tre anni. Fino al 2016, le aliquote dell'incentivo
ammontavano al 19 per cento per gli investimenti da parte di persone fisiche e al 20 per cento per le
persone giuridiche, salvo le maggiorazioni rispettivamente al 25 per cento e al 27 per cento nel caso di
investimenti in startup innovative a vocazione sociale o in ambito energetico. Dal 2017, invece si applica
l'aliquota unica al 30 per cento.
    Con riferimento agli incentivi di natura finanziaria, si ricorda la possibilità per le suddette categorie di
imprese di raccogliere capitale di rischio con modalità innovative, segnatamente attraverso portali online
(crowdfunding); tale modalità di raccolta di capitale, inizialmente riservata alle startup ed alle PMI
innovative, è stata da ultimo estesa a tutte le PMI (articolo 1, comma 70, della legge n. 232 del 2016).

  L'articolo 4 del D.L. n. 3 del 2015 ha introdotto nell'ordinamento la definizione di piccole e medie
imprese innovative, destinate ad accedere ad alcune semplificazioni, agevolazioni ed incentivi in
precedenza riservati alle startup innovative. Tali disposizioni si applicano solo alle PMI innovative costituite
da non oltre 7 anni, nel rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dalla normativa europea in materia di aiuti
di Stato.

  Il sostegno delle nuove imprese è stato assicurato anche mediante incentivi fiscali a vantaggio dei
sottoscrittori di "Fondi di Venture Capital" specializzati nelle fasi di avvio delle nuove imprese (articolo 31
del D.L. 98 del 2011, attuato con D.M. 21 dicembre 2012). I proventi degli investitori non sono soggetti ad
imposizione qualora i FVC prevedano nei loro regolamenti che almeno il 75 per cento dei relativi attivi sia
investito in società non quotate, qualificabili come piccole e medie imprese, con sede operativa in Italia,
avviate da non più di 36 mesi e con fatturato non superiore a 50 milioni di euro. Gli incentivi sono confermati
se, decorso un anno dalla data di avvio dei Fondi o dall'adeguamento del loro regolamento, il valore
dell'investimento in società non quotate non risulti inferiore, nel corso dell'anno solare, al 75 per cento del
valore degli attivi per più di tre mesi. Infine, le quote o azioni delle società in cui investono i Fondi per il
Venture Capital devono essere direttamente detenute almeno per il 51 per cento da persone fisiche e
devono essere inferiori, per ciascuna piccola o media impresa, a 2,5 milioni di euro su un periodo di 12 mesi.
Le quote dei FVC possono essere sottoscritte esclusivamente da investitori professionali.

  Al fine di favorire gli investimenti in startup, la legge di bilancio 2017 ha previsto la possibilità per le
società quotate di acquisire le perdite fiscali di società startup partecipate per almeno il 20 per cento.
Sono previste diverse condizioni, tra cui le seguenti: le azioni della società cessionaria o della società che
controlla direttamente o indirettamente la società cessionaria, devono essere negoziate in un mercato
regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione di uno degli Stati membri dell'Unione europea e
degli Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo con il quale l'Italia abbia stipulato un
accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni; la società cedente non deve svolgere in via
prevalente attività immobiliare; la cessione deve riguardare l'intero ammontare delle perdite fiscali (legge n.
232 del 2016, articolo 1, commi 76-80).

  Zone Franche Urbane

  La legge di bilancio 2019, comma 759, modifica in più punti la disciplina relativa alla Zona Franca Urbana
Sisma Centro Italia (recata dall'art. 46 del D.L. 50/2017) al fine di concedere le agevolazioni previste dalla
normativa vigente anche alle imprese che intraprendono una nuova iniziativa economica all'interno della
stessa zona franca urbana (ZFU) entro il 31 dicembre 2019 (ad esclusione delle imprese operanti nel
settore dell'edilizia e dell'impiantistica che alla data del 24 agosto 2016 non avevano la sede nei territori
colpiti). La fruibilità delle agevolazioni viene (conseguentemente) estesa ai periodi di imposta 2019 e 2020, a
valere sulle risorse stanziate dalla normativa vigente e non fruite dalle imprese beneficiarie. Viene inoltre
demandata all'INPS l'emanazione (entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione)
di provvedimenti volti a disciplinare le modalità di restituzione dei contributi non dovuti dai soggetti beneficiari
delle agevolazioni.
  Il comma 1020 prevede inoltre che le esenzioni disposte per le imprese che hanno subito una riduzione del
fatturato all'interno della ZFU della Città metropolitana di Genova siano concesse anche per l'esercizio
2019 ed estende tali agevolazioni, per il primo anno di attività, alle imprese che avviano la propria attività
all'interno della zona franca entro il 31 dicembre 2019.
  Il legislatore ha utilizzato l'istituto delle Zone Franche Urbane, aree geografiche entro le quali vigono
specifiche agevolazioni (anche fiscali) per persone fisiche e imprese, allo scopo di:

     promuovere la crescita di territori colpiti da calamità naturali;
     sostenere le regioni del Mezzogiorno.

  Si rinvia all'approfondimento per una disamina più completa dell'istituto e delle attuali ZFU.

  Focus

 Le attuali Zone Franche Urbane (ZFU)
 https://temi.camera.it/leg18/post/pl18_le_attuali_zone_franche_urbane__zfu_.html

  Il credito d'imposta per ricerca e sviluppo
La disciplina del credito di imposta a favore delle imprese che investono in attività di ricerca e sviluppo è
contenuta nell'articolo 3 del D.L. n. 145 del 2013 ed è stata oggetto di modifica nel corso del tempo, da
ultimo con la legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018).
   In un primo momento la norma prevedeva un credito d'imposta pari al 50 per cento delle spese
incrementali sostenute dalle imprese rispetto all'anno precedente, con un'agevolazione massima di 2,5
milioni di euro per impresa (attualmente il limite è di 20 milioni) ed una spesa minima di 50 mila euro in
ricerca e sviluppo per poter accedere all'agevolazione (ora ridotta a 30 mila euro).
   La legge di stabilità 2015 (L. 190/2014, commi 35 e 36), la legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016,
articolo 1, commi 15 e 16) e la legge di bilancio 2019 (articolo 1, commi 60-65 della legge n. 145 del 2018)
hanno modificato tale disciplina in più punti:

    la misura dell'agevolazione è stata in un primo momento ridotta al 25 per cento, successivamente
    ripristinata al 50 per cento per essere infine ridotta nuovamente al 25 per cento (salvo specifiche
    ipotesi);
    sono ammissibili le spese relative a personale impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo, non essendo
    più richiesta la qualifica di "personale altamente qualificato";
    l'importo massimo per ciascuna impresa beneficiaria è stato inizialmente (5 milioni dal 2015 e 20
    milioni di euro dal 2017) per essere successivamente abbassato a 10 milioni;
    è stato introdotto maggior dettaglio nell'individuazione delle spese agevolabili; ;
    la soglia minima di investimenti agevolabili è stata ridotta a 30 mila euro;
    per poter beneficiare del credito d'imposta, gli investimenti devono essere effettuati dal periodo
    d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 fino a quello in corso al 31 dicembre 2020;
    non è previsto un limite di fatturato delle imprese (il previgente articolo 3 prevedeva come condizione
    un fatturato annuo inferiore a 500 milioni di euro);
    non sono contemplate le spese relative alla creazione di nuovi brevetti (anche in considerazione
    della disciplina sul patent box);
    per la fruizione del credito d'imposta non si applica il generale limite annuale di 250.000 euro;
    sono stati introdotti specifici adempimenti documentali per la spettanza e l'utilizzabilità del credito
    d'imposta.
    la copertura non si avvale dei fondi strutturali comunitari, ma dell'abrogazione di alcune agevolazioni
    (credito d'imposta per i lavoratori altamente qualificati e Fondo per credito d'imposta per ricerca e
    sviluppo) che vengono assorbite dal credito d'imposta.

   Il credito d'imposta può essere utilizzato anche dalle imprese residenti o dalle stabili organizzazioni nel
territorio dello Stato di soggetti non residenti nel caso di contratti stipulati con imprese residenti o localizzate
in altri Stati membri dell'Unione europea, negli Stati aderenti all'accordo sullo Spazio economico europeo
ovvero in Stati inclusi nella lista degli Stati con i quali è attuabile lo scambio di informazioni ai sensi delle
convenzioni per evitare le doppie imposizioni. Il credito d'imposta è utilizzabile esclusivamente in
compensazione a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in cui i costi per le attività in ricerca e
sviluppo sono stati sostenuti.
   L'Agenzia delle entrate, con la circolare 13/E del 2017 ha illustrato le novità introdotte con la legge di
bilancio 2017.
   Il decreto 27 maggio 2015 ha individuato le disposizioni applicative necessarie per poter dare
attuazione al credito d'imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo, nonché le modalità di
verifica e controllo dell'effettività delle spese sostenute a decorrere dal periodo d'imposta successivo a
quello in corso al 31 dicembre 2014, le cause di decadenza e di revoca del beneficio, le modalità di
restituzione del credito d'imposta indebitamente fruito. Con la circolare n. 5/E del 2016 l'Agenzia delle
entrate ha fornito le linee guida su come applicare il nuovo credito d'imposta per ricerca e sviluppo alla luce
delle modifiche introdotte dalla legge di stabilità 2015.
   Si segnala la pagina del sito del Ministero dello sviluppo economico dedicata al credito d'imposta
ricerca e sviluppo nel quale è presente una scheda di sintesi della misura.
Allegati e Link Web

Circolare 10/E del 2018: Credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo – Problematiche applicative in
presenza di operazioni straordinarie
http://www.camera.it/temiap/2018/05/17/OCD177-3555.pdf
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