"Gli apporti dei soci nelle società di capitali tra capitale di rischio, capitale di credito e postergazione " - Caffi Maroncelli e Associati - FPCU

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- 4 aprile 2019-

“Gli apporti dei soci nelle società di capitali tra
    capitale di rischio, capitale di credito e
                 postergazione ”

                avv. Ernesto Suardo
                      Partner
                  (suardo@cmalegal.it)

            Caffi Maroncelli e Associati
                 Bergamo - Milano
Ringrazio l’Ordine dei Dottori Commercialisti e
degli Esperti Contabili di Bergamo, qui
rappresentato dal Consigliere Dott. Andrea Berizzi,
ed in particolare la Commissione Diritto Societario e
Commerciale, in persona del Presidente, Dott.
Marco Baschenis, per l’invito a partecipare come
relatore nell’ambito della formazione professionale.

Ringrazio inoltre tutti gli intervenuti per l’attenzione
che mi presteranno ed il collega di studio Avv.
Gabriele Mirabile per il supporto e la collaborazione
nella redazione della mia relazione.
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GENERALE INQUADRAMENTO DELLA FATTISPECIE

Cass. 23.3.2017 n. 7471 In DeJure

delinea le caratteristiche dei possibili diversi apporti dei soci in società:

(i) a titolo di mutuo, se è previsto l’obbligo di rimborso a carico della società

Cass. 15.6.2005 n. 13168 in Le Società 2006, 5, 596

ha ritenuto apporto a titolo di capitale di credito e non di rischio quello effettuato con
la seguente clausola di rimborso: “l’eventuale restituzione…sarà effettuata secondo le
possibilità della Società e nei termini e nei modi che l’Amministratore Unico riterrà
più opportuni. ”

(ii) in c/capitale, ma al di fuori del capitale sociale, con le varie denominazioni e
destinazioni che la pratica ha attribuito alla fattispecie, quando:

- non sussiste alcun obbligo di rimborso durante societate

- quello in esito alla liquidazione è postergato anche rispetto al capitale.

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Una questione pregiudiziale
I soci possono essere obbligati, secondo la regola corporativa di maggioranza, ad apportare ulteriori
risorse rispetto al capitale sottoscritto?

Senza l’espresso consenso del socio, questi non può essere obbligato, per il tramite di deliberazione
assembleare a maggioranza:

(i) ad effettuare a favore della società versamenti in c/capitale (Trib. Alba 21.2.1996 in Le Società 1996,
12, 1419);

(ii) ad effettuare finanziamenti e/o a rendersi fideiussore della società (Trib. Treviso 17.6.2005 in Le
Società 2006, 10, 1273; Trib. Milano 23.3.2017 in www.giurisprudenzadelleimprese.it);

(iii) a ripianare le perdite della società (Trib. Roma 4.4.2017 in www.giurisprudenzadelleimprese.it;
Trib. Milano 15.5.2017 in www.giurisprudenzadelleimprese.it);

(iv) a rimanere creditore della società per finanziamenti soci alla medesima erogati che non risultino
soggetti alla regola della postergazione in forza di deliberazione assembleare a maggioranza che decida
di non procedere al loro rimborso (Trib. Roma 6.12.2017 in www.giurisprudenzadelleimprese.it).

Insomma, nel nostro ordinamento esiste il principio di libertà di finanziamento della società,
consistente nella piena discrezionalità del socio circa il se ed il come (capitale di rischio o di credito)
finanziare la partecipata.

Tale libertà subisce dei limiti, principalmente riguardo al come, in dipendenza della situazione nella
quale si trova la partecipata (artt. 2467 e 2497 quinquies cc) o dello strumento di finanziamento
prescelto (2412 cc).

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E il socio che esercita attività di direzione e
coordinamento è tenuto a finanziare la società
eterodiretta?
Trib. Milano 15.7.2016 in www.giurisprudenzadelleimprese.it

“Deve escludersi la configurabilità di un generico obbligo del
socio di controllo di sostenere finanziariamente le proprie
controllate, che risulterebbe semplicemente incompatibile con
il principio generale della responsabilità limitata del socio di
una società di capitali, salva naturalmente, da un lato,
l’eventuale esigenza di interventi propriamente “compensativi”,
dall’altro l’ipotesi di formali garanzie comunque prestate alla
medesima controllata, ma anche in questo caso saremmo
semmai in presenza della possibilità di una azione contrattuale
spettante in proprio alla controllata eventualmente esperibile
dai creditori, sussistendone le condizioni, secondo ordinaria
azione surrogatoria.”.
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Un’altra questione: il voto favorevole in assemblea obbliga il socio all’apporto in
c/capitale o ad erogare il finanziamento deliberati?

Le opinioni della giurisprudenza:

Trib. Trani 23.10.2003 in Le Società 2004, 4, 477

La deliberazione assembleare presa all’unanimità è idonea a far sorgere l’obbligo in
capo ai soci di procedere a versamenti in conto capitale

non a titolo di mutuo:

“…per far sorgere a carico di ciascun socio l’obbligo di un finanziamento alla società a
titolo di mutuo non è sufficiente il solo assenso della società ottenuto con la delibera
dell’organo assembleare;…essendo necessario…che vengano pure conclusi ulteriori e
distinti accordi tra la società e ciascuno dei soci o, eventualmente, anche un altro solo
accordo contrattuale con tutti i soci, in cui però essi assumano una posizione
contrattuale distinta e contrapposta rispetto a quella società.”.

Trib. Roma 3.5.2017 in www.giurisprudenzadelleimprese.it
La deliberazione assembleare nell’ambito della quale i soci assumano all’unanimità
l’impegno ad effettuare a favore della un “finanziamento in conto capitale, senza
obbligo di rimborso, né di fruttuosità…”, li obbliga al promesso versamento.

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Trib.       Milano        19.6.2017                     in
www.giurisprudenzadelleimprese.it

La delibera assembleare unanime con la quale sia
deciso di “approvare la richiesta di versamento in
conto finanziamento ai soci fino alla concorrenza
massima di € 150.000,00…non appare di per sé
idonea a fondare alcun credito della SRL verso il
socio, essendo la SRL onerata della dimostrazione
della successiva adesione del socio alla richiesta
di finanziamento rivoltagli dalla società…”.
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Trib. Roma 4.4.2018 in Ilsocietario

Perché il socio sia tenuto ad erogare il
finanziamento alla società non è sufficiente la
delibera assembleare, essendo “necessario invece
che vengano pure conclusi ulteriori e distinti
accordi contrattuali tra la società e ciascuno dei
soci (Trib. Trani 23 ottobre 2003, in Soc. 2004, 477;
Trib. Milano 15(19) giugno 2017, in Giur. it, 2017,
2682…)”.

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L’analogia con l’aumento di capitale:

“In materia di aumento del capitale di una società a responsabilità limitata,
l'obbligo di versamento per il socio deriva non dalla deliberazione, ma dalla
distinta manifestazione di volontà negoziale, consistente nella
sottoscrizione della quota del nuovo capitale offertagli in opzione, ciò
indipendentemente dall'avere egli concorso o meno con il proprio voto alla
deliberazione di aumento;…” (Cass. 15.9.2009 n. 19813, conf.: Cass.
19.10.2007 n. 22016).

E’ pacifico che la dichiarazione di sottoscrizione dell’aumento di capitale resa
in sede assembleare sia pienamente valida e vincolante per il socio che
l’abbia fatta:

“La dichiarazione di sottoscrizione dell'aumento di capitale non ha bisogno di
alcuna forma particolare per spiegare efficacia e può risultare anche dal
verbale di una assemblea ordinaria.” (Trib. Torino 19.6.1981 in Riv.
Notariato 1982, 1154).
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Conclusioni:
il voto favorevole che il socio esprima in assemblea per la raccolta di
finanziamenti o di apporti in c/capitale non è di per sé fonte di obblighi, come
non lo è quello reso in relazione all’aumento di capitale, ma lo può diventare
in relazione al contenuto delle dichiarazioni che, nelle singole fattispecie, il
socio abbia effettuato.

Ed infatti, in tema di finanziamenti, di recente, Trib. Roma 28.11.2017 in
www.giurisprudenzadelleimprese.it:

“…il voto favorevole espresso da ciascun socio può riguardarsi come
manifestazione della volontà del singolo di accettare la richiesta di
finanziamento formulata dall’amministratore e di disporre di risorse personali
in favore della medesima società partecipata; dal che discende, poi, che le
previsioni della deliberazione assembleare in merito a termini, condizioni e
modalità di rimborso dei finanziamenti costituiscono contenuto dell’accordo
tra il singolo socio consenziente e la società beneficiaria dei finanziamenti
(come tale vincolante per entrambe le parti del rapporto).”.

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Quando l’apporto del socio può essere qualificato in c/capitale e
        quando quale finanziamento con obbligo di rimborso?

Per risolvere la questione non giovano i presupposti oggettivi della postergazione dei
finanziamenti soci che, a mente, dell’art. 2467, comma 2, cc sono costituiti, tenuto conto del
tipo di attività esercitato dalla società:
(i) dall’eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto; oppure
(ii) dalla situazione finanziaria nella quale stato ragionevole il conferimento.

I crediti postergati del socio restano tali e non vengono riqualificati ex lege quali apporti in
c/capitale:

Cass. 21.6.2018 n. 16348 in Pluris Cedam
“…dovendosi al contrario ritenere che il postergato - …. è pur sempre un creditore….”.

Lodo arbitrale Prof. Avv. Ilaria Pagni 30.3.2018 in IlFallimentarista
“La postergazione serve a risolvere un conflitto di interessi tra creditori: non comporta una
riqualificazione del capitale di credito in apporto a titolo di conferimento (l’intervento del socio in
favore della società sovraindebitata non muta la natura giuridica di “credito” della pretesa
sottostante),…”.
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Ed infatti, si ritiene prevalentemente che il creditore postergato sia
legittimato all’istanza di fallimento:

Trib. Rovigo 18.8.2017 in IlFallimentatista
“Il socio titolare di crediti postergati può agire per la dichiarazione di
fallimento della società, in quanto, da un lato, agisce come terzo, e,
dall’altro lato, vanta un credito che, sebbene postergato, gli conferisce
comunque un diritto patrimoniale che lo legittima all’azione.”.

App. Milano 29.2.2016 in Il Fallimento 2016, 5, 617
“I soci titolari di crediti postergati per finanziamenti ricompresi nella
previsione di cui all'art. 2467 c.c. sono legittimati a proporre istanza per la
dichiarazione di fallimento della società.”.

Trib. Firenze 6.6.2012 in www.unijuris.it
“I soci il cui credito sia postergato ai sensi dell'articolo 2467 c.c. rientrano
tra i creditori che, ai sensi dell'articolo 6, legge fallimentare, sono
legittimati a richiedere il fallimento della società.”.

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Secondo la consolidata giurisprudenza (da ultimo Cass. 23.3.2017 n. 7471 in Riv.
Dott. Comm. 2017, 4, 576 e Cass. 23.8.2018 n. 20978 in IlSocietario)

la distinzione tra apporto dei soci a titolo di capitale di credito e di rischio:

“…. dipende dall'esame della volontà negoziale delle parti, ”

“…trarsi la relativa prova, di cui è onerato il socio attore in restituzione,”

“non tanto dalla denominazione dell'erogazione contenuta nelle scritture
contabili della società,”

“quanto dal modo in cui il rapporto è stato attuato in concreto, dalle finalità
pratiche cui esso appare essere diretto e dagli interessi che vi sono sottesi (Cass.
3 dicembre 2014, n. 25585; Cass. 23 febbraio 2012, n. 2758, ove i richiami a Cass.
30 marzo 2007, n. 7980 e a Cass. 6 luglio 2001 n. 9209).”

 “ove manchi una chiara manifestazione di volontà, la chiave di lettura della
qualificazione debba essere ricavata nella terminologia adottata nel bilancio:
infatti, questo è soggetto all'approvazione dei soci e le qualificazioni che i
versamenti hanno ricevuto nel bilancio diventano determinanti per stabilire se si
tratta di finanziamento o di conferimento (Cass. 14 dicembre 1998, n. 12539; in tal
senso cfr. pure Cass. 13 agosto 2008, n. 21563).”.
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Qualificare l’apporto del socio in termini di capitale di rischio ovvero di credito è dunque una
questione interpretativa della volontà delle parti ed ai fini civilistici:

(i) non opera la presunzione di mutuo di cui all’art. 46, comma 1, TUIR che recita: “Le somme
versate alle società commerciali…dai loro soci…si considerano date a mutuo se dai bilanci…non
risulta che il versamento è stato fatto ad altro titolo.”;

(ii) non ha valore determinante la denominazione e la modalità di contabilizzazione in bilancio;

(iii) solo in mancanza di una chiara manifestazione di volontà delle parti in un senso o
nell’altro, rilevano le modalità di iscrizione in bilancio, che sono le seguenti:
(a) apporti in c/capitale “altre riserve” secondo quanto previsto dall’O.I.C. 28 2016 (aggiornato
al 29.1.2019);
(b) apporti a titolo di capitale di credito o finanziamenti (O.I.C. 19 2016, aggiornato al
31.12.2017):
- art. 2424 cc, voce D-3 stato patrimoniale passivo “Debiti verso soci per finanziamenti”;
- nota integrativa, art. 2427, comma 1, n. 19 bis, cc: “i finanziamenti effettuati dai soci alla
     società, ripartiti per scadenze e con la separata indicazione di quelli con clausola di
     postergazione rispetto agli altri creditori;”;

(iv) l’onere della prova circa la connotazione quale finanziamento con obbligo di rimborso è a
carico del socio che ne richieda la restituzione.

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Gli apporti dei soci a titolo di capitale di rischio

Una prima questione: i soci delle società di capitali possono
apportare mezzi propri al di fuori del capitale?

Per la piena legittimità: Cass. 14.4.2006 n. 8876 in Le Società
2007, 2, 159
“Nell’ordinamento societario, come e ormai ampiamente
riconosciuto,     deve    ritenersi     pienamente     ammissibile
l’effettuazione, da parte dei soci, di versamenti societatis causa -
ossia di veri e propri conferimenti «a rischio», che confluiscono
nel patrimonio sociale come componenti del netto - non
imputati, o non imputati nell’immediato, a capitale: non essendo
desumibile, per vero, dalla disciplina positiva alcun generale
principio che imponga l’imputazione a capitale di tutti i
conferimenti (cfr. Cass. 14 dicembre 1998, n. 12539; Cass. 19
marzo 1996, n. 2314; Cass. 3 dicembre 1980, n. 6315; con
riferimento alle societa` di persone, Cass. 21 maggio 2002, n.
7427; Cass. 19 luglio 2000, n. 9471).”.
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Una particolarità: gli apporti in c/patrimonio sono leciti anche se effettuati in natura?

Alcuni riferimenti normativi per l’ammissibilità:

(i) art. 88, comma 4, TUIR: “Non si considerano sopravvenienze attive i versamenti in denaro o
in natura fatti a fondo perduto o in conto capitale alle società e agli enti di cui all’art. 73,
comma 1, lettera a) e b), dai propri soci, né gli apporti effettuati dai possessori di strumenti
similari alle azioni.”;
(ii) art. 50 TUR (Dpr n. 131/1986): “Per gli atti costitutivi e per gli aumenti di capitale o di
patrimonio di società…con conferimento di immobili o diritti reali immobiliari….”;
(iii) art. 4, comma 1, lett. a) TAR/I/TUR: “costituzione di società e aumento di capitale o
patrimonio: 1) con conferimento di proprietà o diritto reale di godimento su beni immobili….”.

La posizione dei Notai:

Quesito d’Impresa n. 560-2014/I in tema di apporto di immobile in srl:

lecita l’assenza di perizia di stima ex art. 2465 cc a condizione che:
(a) la relativa riserva di netto sia negativamente “targata” nel senso della sua inutilizzabilità
per l’aumento gratuito del capitale, per il quale, la perizia di stima si renderà necessaria;
(b) gli amministratori non avendo un costo sostenuto per procedere all’iscrizione in bilancio,
dovranno comunque munirsi di perizia di stima, seppure non redatta nel rispetto dei requisiti
prescritti dall’art. 2465 cc (perizia giurata redatta da revisore legale o società di revisione).
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Studio n. 276-2015/I: se l’apporto in natura:

(a) è in funzione di aumento di capitale già programmato in tempi stretti o, comunque, in
    futuro, la perizia di stima s’impone;

(b) non è correlato ad un programma di aumento di capitale, non è necessaria la perizia, ma

(c) solo quando la società avrà approvato il bilancio successivo all’apporto, la riserva sarà
    distribuibile, utilizzabile per la copertura di perdite e per l’aumento gratuito del capitale
    (garanzia di correttezza della valorizzazione dell’apporto per la responsabilità civile e penale
    degli amministratori nella redazione del bilancio di esercizio).

Le posizioni della dottrina:

(a) M. Grassi: la perizia di legge si rende necessaria al momento dell’utilizzo della riserva;

(b) P.G. Vella: nella srl la perizia ex art. 2465 cc si rende necessaria in caso di utilizzo della riserva
per copertura di perdite -dubitativamente- e in ogni caso per procedere ad aumento gratuito del
capitale;

(c) M.S. Spolidoro: la perizia ex artt. 2343-2465 cc deve essere redatta all’atto dell’apporto;

(d) M. Irrera: per la necessità della perizia ex lege di stima al momento dell’apporto.
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Un recente caso concreto: Cass. 3.12.2018 n. 31186 in IlSocietario:

il Comune di Palermo, in vista del suo risanamento, apporta ad una partecipata:

- denaro per Euro 59 mln

- il 49% del capitale di una partecipata

- due immobili rogitati il 15.10 e il 3.12.2010.

La partecipata fallisce.

Il Comune di Palermo chiede la restituzione della partecipazione e dei due immobili.

Il Giudice Delegato respinge la rivendica.

il Tribunale, in sede di opposizione, la ammette, qualificando l’apporto in natura del Comune di
Palermo come versamento in c/futuro aumento di capitale.

La Cassazione conferma.

Né il Tribunale, né la Cassazione hanno rilevato la nullità dell’apporto in questione per mancanza
di perizia.
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Le tipologie

La recente Cass. 29.7.2015 n. 16049 in Banca borsa e tit. di credito 2016, 6, II, 735 individua le due macro
categorie dei possibili apporti in c/patrimonio dei soci:

(i)   i versamenti a fondo perduto, denominati anche in conto capitale:

(a) privi della natura del mutuo, in quanto non ne è pattuito il diritto al rimborso:
(b) iscritti tra le riserve, in quanto da assimilare al capitale di rischio;
(c) definitivamente acquisiti al patrimonio della società;
(d) discrezionalmente utilizzabili dall'assemblea con le ordinarie modalità per ripianare le perdite o per
aumentare gratuitamente il capitale, imputandole a ciascun socio proporzionalmente alla partecipazione
al capitale sociale, senza che occorra tener conto del soggetto che abbia operato il versamento (i.e.:
assenza di targatura);
(e) in caso di vendita della partecipazione sociale: impredicabile la cessione separata dalla stessa vendita
della quota.

(ii) i versamenti in c/futuro aumento di capitale:

(a) le parti stabiliscono un chiaro collegamento causale tra il versamento eseguito dal socio ed un
prossimo aumento del capitale sociale;
(b) ove l'aumento non sia operato, il socio avrà diritto alla restituzione di quanto versato: non a titolo di
rimborso di somma data a mutuo, ma per essere venuta successivamente meno la causa giustificativa
dell'attribuzione patrimoniale;
(c) la vendita della partecipazione sociale può essere operata senza includervi tale versamento.

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I versamenti in c/futuro aumento di capitale

Individuazione e caratteristiche del tipo:

Cass. 3.12.2018 n. 31186 cit.

(i) è questione di interpretazione della volontà delle parti valutare se un apporto in
c/patrimonio sia a titolo definitivo o risolutivamente condizionato ad un futuro aucap;

(ii) se manca l’aumento di capitale, deve ritenersi pacifico l’obbligo di restituzione di quanto
“conferito” dal socio;

(iii) l’iscrizione in una riserva di netto, non fa venir meno la correttezza della qualificazione
come versamento in c/futuro aumento di capitale,

perché:

l’appostazione contabile non è decisiva per la valutazione della natura dei versamenti dei
soci (la Cassazione lascia intendere che non sia corretta l’iscrizione a riserva di netto);

(iv) trattandosi della restituzione non di un prestito, ma di un indebito, derivante dal mancato
aumento di capitale, non si applica l’art. 2467 cc (contra: Trib. Napoli 8.8.2014 in Banca borsa
e tit. cred. 2016, 1, II, 61)
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La distinzione dagli apporti non risolutivamente condizionati ad un futuro aumento di
capitale:

Cass. 27.10.2017 n. 25643 in IlSocietario

- non può dirsi che la regola consista nel versamento in c/capitale, e cioè dell’immediata
  e piena disponibilità del versamento in capo alla società

- e l’eccezione nel versamento in c/futuro aumento capitale….

- non è dunque possibile operare presunzioni, ma procedere all’interpretazione, caso per
  caso, della volontà delle parti

- in ogni caso chi pretende la restituzione di quanto versato alla società affermando che
  lo sia stato in c/futuro aumento di capitale e che questo è mancato ne deve dare la
  prova

- l’avvenuta contabilizzazione dell’apporto in riserva di netto non vale a qualificarlo
  quale versamento in c/capitale, perché nel momento in cui viene effettuato, anche il
  versamento in c/futuro aumento di capitale ha dignità di riserva di netto
  (qui la Cassazione dice che è corretta l’iscrizione a riserva di netto).
                                   CMA - Caffi Maroncelli e Associati               21
Cass. 29.7.2015 n. 16049 cit.: in relazione al
versamento in c/futuro aumento di capitale:

“…particolarmente attenta                            deve   essere   la
ricostruzione in fatto…”

e le parti devono stabilire:

 “…un chiaro collegamento causale tra il versamento
eseguito dal socio ed un prossimo aumento del
capitale…” poiché: “…nel caso in cui l’aumento non sia
eseguito il socio avrà diritto alla restituzione del
versamento eseguito…”.
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Cass. 30.3.2007 n. 7980 in Foro It. 2008, 4, I, 1237

laddove il futuro aumento di capitale sia generico:

“…occorre interpretativamente accertare se la mancata indicazione temporale
implichi la volontà delle parti di lasciare comunque le somme versate dal socio nella
piena disponibilità della società, con la conseguenza che il riferimento al futuro
aumento di capitale neppure vale a configurare una condizione risolutiva del
conferimento ma serve solo a ribadire la possibilità che la società adoperi in tal senso
la relativa riserva; ”

“ovvero occorre fare ricorso, in via analogica, all'art. 1183 c.c. e, quindi, il socio può
chiedere al giudice la fissazione di un termine entro il quale la società sia tenuta a
riunire l'assemblea per decidere in ordine all'ipotizzato aumento del capitale
nominale, così da provocare l'avveramento o il mancato avveramento della condizione
cui il conferimento è risolutivamente condizionato.”

in ogni caso, secondo Cass. 19.3.1996 n. 2314 in Le Società 1996, 1267:

se non è fornita una prova sicura circa la natura del versamento in c/futuro aumento
di capitale la domanda di restituzione proposta dal socio dovrà essere respinta.
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Alcuni elementi di disciplina:

(i) il versamento in c/futuro aumento di capitale può validamente essere effettuato anche da
un terzo non socio (Trib. Milano Sez. Imprese 7.2.2017 in IlSocietario);

(ii) è anche valido il semplice impegno del socio o del terzo a liberare un futuro aumento di
capitale (Cass. 14.4.2006 n. 8876 in Foro It. 2007, 11, I, 3217);

(iii) non è utilizzabile per la copertura delle perdite e per l’aumento gratuito del capitale (Trib.
Napoli 25.2.1998 in Foro It. 1999, I, 1026; Cass. 17.11.2005 n. 23269 in Foro It. 2007, 3, I, 919)

Contra, per l’utilizzabilità dei versamenti in c/futuro aumento capitale per il ripianamento delle
perdite:

Trib. Salerno 12.1.2010 in Giur. loc., Salerno, 2010: “i versamenti dei soci in conto di futuro
aumento di capitale debbono appunto essere utilizzati a copertura delle perdite, in coerenza
con la loro essenziale e primaria funzione di riserve…”

Trib. Isernia 10.1.2007 in Redazione Giuffré 2008: “I versamenti dei soci in conto di un futuro
aumento di capitale dei quali non sia certo il collegamento causale con un futuro e ben
determinato aumento, non solo possono, ma debbono essere utilizzati a copertura delle
perdite, in coerenza con la loro essenziale e primaria funzione (e natura giuridica) di riserve, e
cioè di strumenti di protezione del capitale sociale.”.
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(iv) le massime dei Notai del Triveneto:

S.P.A. - H.L.2 - (VERSAMENTI SOCI IN CONTO FUTURI AUMENTI DI
CAPITALE - 1° pubbl. 9/07)
“Detti versamenti, a causa del vincolo di destinazione cui sono soggetti,
non possono essere utilizzati per ripianare le perdite o per aumentare
gratuitamente il capitale sociale, …”

SRL - I.K.2 - (VERSAMENTI SOCI IN CONTO FUTURI AUMENTI DI CAPITALE -
1° pubbl. 9/07)
“Detti versamenti, a causa del vincolo di destinazione cui sono soggetti,
non possono essere utilizzati per ripianare le perdite o per aumentare
gratuitamente il capitale sociale, …”.

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Elementi di contabilità:

(i) La posizione dell’OIC (ed il suo revirement del 2014):

- OIC n. 28 edizione 2005:
(a) “3. I “Versamenti in conto futuro aumento di capitale” sono quelli effettuati in via
anticipata in previsione di un futuro aumento di capitale. Si tratta, pertanto, di riserve di
capitale aventi uno specifico vincolo di destinazione….”;
(b) “— Versamenti in conto futuro aumento di capitale. È una riserva di capitale….”

- OIC n. 28 edizione 2014:
(a) “2. Con riguardo ai temi di dettaglio, rispetto al precedente OIC 28 (nella versione rivista del
30 maggio 2005) si è provveduto a:
− precisare che i “Versamenti in conto futuro aumento di capitale” sono iscritti nel patrimonio
netto solo a condizione che non siano restituibili;”

- OIC n. 28 edizione 2016:
(a) “1. Lo schema di stato patrimoniale ex articolo 2424 del codice civile prevede nel passivo la
voce AVI “Altre riserve, distintamente indicate”... Con riferimento a queste ultime, a titolo
meramente esemplificativo, e non esaustivo, se ne riporta un elenco:
• i “Versamenti in conto futuro aumento di capitale” tale riserva accoglie i versamenti non
restituibili effettuati dai soci in via anticipata, in vista di un futuro aumento di capitale;”

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(ii) La confusione che regna in giurisprudenza:

Cass. 3.12.2018 n. 31186 cit.
l’appostazione a riserva di netto non vale ad impedire la qualificazione dell’apporto in termini di
versamento in c/futuro aumento di capitale, poiché l’appostazione in bilancio non è decisiva ai
fini della qualificazione giuridica della fattispecie.

Come dire: il versamento in c/futuro aumento di capitale non deve essere iscritto a riserva;

Cass. 27.10.2017 n. 25643 cit.
l’avvenuta contabilizzazione dell’apporto in riserva di netto non vale a qualificarlo quale versamento
in c/capitale, posto che nel momento in cui viene effettuato, anche il versamento in c/futuro
aumento di capitale ha dignità di riserva di netto.

Come dire: il versamento in c/futuro aumento di capitale deve essere iscritto a riserva di netto;

Trib. Latina 18.11.2015 n. 2771 in Banca borsa e tit. di credito 2016, 6, 735
“I versamenti effettuati dai soci in conto di futuro aumento di capitale….non possono essere iscritti
a bilancio tra i debiti, dovendo confluire in una apposita riserva del patrimonio netto.”

Trib. Roma 12.3.2015 in Giur. comm. 2016, 2, 355
“I versamenti dei soci in conto futuro aumento del capitale sociale..una volta eseguiti vanno a
costituire una riserva…il socio erogante può far valere il diritto alla restituzione dell’apporto
eseguito prima dello scioglimento della società, e la stessa società può trovarsi a dover “stornare”
le somme ricevute dalle riserve per appostarle e contabilizzarle tra i debiti. … Il versamento
eseguito dal socio sarà pertanto…solo provvisoriamente da includere tra le riserve…se viceversa
l’aumento non dovesse esser deliberato dall’assemblea…, il socio avrà diritto alla restituzione di
quanto versato….”
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(iii) Le più chiare idee dei Notai:

CNN Studio di Impresa n. 99-2011/I
“Non si tratta di riserva con uno speciale vincolo di destinazione
in quanto manca, della riserva, la sua preordinata idoneità a
soddisfare un interesse sociale tout court, giacché al momento
dell’apporto la funzione perseguita è, diversamente, quella di
realizzare l’interesse di chi lo esegue a partecipare all’aumento di
capitale di cui anticipa, appunto, le somme di sottoscrizione. Si
tratta, allora, di fondi di cui la società è depositaria, il cui
mancato utilizzo allo scopo preordinato non può che comportare
la restituzione…”

CNN Quesito di Impresa n. 525-2014/I
“Poiché in caso di mancata esecuzione dell’aumento la società è
tenuta a restituire i predetti versamenti, gli stessi non sono
definitivamente acquisiti al patrimonio sociale con la
conseguenza che non possono essere appostati a patrimonio
netto.”
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Massime Triveneto S.P.A. - H.L.2/SRL - I.K.2 - (VERSAMENTI SOCI IN CONTO FUTURI
AUMENTI DI CAPITALE - 1° pubbl. 9/07)
“Detti versamenti, a causa del vincolo di destinazione cui sono soggetti, non possono essere
utilizzati per ripianare le perdite o per aumentare gratuitamente il capitale sociale, né
possono essere appostati a patrimonio netto.”

(iv) La dottrina (la tesi prevalente della non iscrivibilità a patrimonio netto, ma in posta del
passivo reale):

Cenni in Contratto e Impresa 1995, 1132: a fondo rischi;
Rubino De Ritis “Gli apporti “spontanei” in società di capitali, 2001, 134: a debito, come gli
acconti ricevuti;
Di Girolamo in Banca borsa e tit. di credito 2016, 6, 748: a debito (come le somme ricevute
in sottoscrizione di aumento di capitale inscindibile quando il termine di ultimazione
dell’operazione non è compiuto);
Lorenzo De Angelis “Bilancio di esercizio” Commentario Schlesinger, 2018, 215 ss.: a debito;
Cattani in Giur. comm. 2016, 2, 355: a debito o acconti ricevuti o fondo rischi;
Busi “Aumento del capitale spa e srl” 2013, 108: a debito;
Parrella “Versamenti in denaro dei soci e conferimenti nelle società di capitali” 2000, 124: a
fondo rischi;
L. Tronci in Riv. Soc. 2012, 6, 1124: a debito in apposita voce;
M.S. Spolidoro in Liber Amicorum Abbadessa 2014, II, 1330: a debito o fondo rischi.

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Conclusioni:

(i) se l’apporto di un socio o di un terzo sia chiaramente finalizzato alla liberazione di un futuro aumento di
capitale e questo non intervenga, il socio ed il terzo hanno diritto alla restituzione dell’apporto, non applicandosi,
al rimborso del versamento del socio, la regola della postergazione, salvo che quest’ultimo abbia per lungo tempo
omesso di richiederne il pagamento;

(ii) se l’aumento di capitale interviene, il versamento effettuato dal socio o dal terzo, nel rispetto del diritto di
opzione spettante agli altri soci, va imputato a sua liberazione ed il relativo ammontare passerà dal passivo reale a
capitale sociale:

(a) senza compensazione (in termini: App. Torino 21.7.1995 in Le Società 1996, 52)

(b) né rinuncia del credito inerente al versamento (sembra invece ritenere necessaria la rinuncia, Cass. 29.7.2015
n. 16049 cit.: “…la dazione dell’importo è finalizzata a liberare il debito da sottoscrizione di un futuro aumento del
capitale sociale mediante successiva rinuncia, che il socio porrà in essere dopo la deliberazione di aumento e la sua
sottoscrizione.”.

Se viene deliberato un aumento diverso, chi ha versato può chiedere la restituzione dell’apporto per difformità
dell’aumento rispetto alle raggiunte intese (Busi “Aumento del capitale spa e srl” 2013, 106 ritiene che chi ha
versato può chiedere il rimborso laddove venga deliberato un aumento di capitale inscindibile di importo
superiore);

(iii) spetta al socio o al terzo che chiedano la restituzione dell’apporto effettuato il dimostrare che questo era
funzionalmente collegato alla liberazione di un futuro aumento di capitale, poi non intervenuto. In difetto di
adeguata prova al riguardo, non potrà aver luogo la restituzione del versamento effettuato;

(iv) fino a che non sia intervenuto il previsto aumento di capitale, l’apporto non può essere iscritto a patrimonio
netto della società, ma nell’ambito del suo passivo reale;

(v) non può essere utilizzato per l’aumento gratuito del capitale e neppure per il ripianamento delle perdite.
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Versamenti in c/capitale e riserve targate

Elementi di inquadramento tratti dalla giurisprudenza

Cass. 24.7.2007 n. 16393 in RDS 2/2009, 288

“I versamenti in conto capitale…; si traducono in un incremento del patrimonio netto della
società e non sono imputabili a capitale,…”;

“…sono diretti a creare disponibilità finanziarie discrezionalmente destinabili dagli
amministratori a scopi attinenti all’oggetto sociale.”;

“…una volta eseguiti, vanno a costituire una riserva non di utili, ma come usa dirsi, “di
capitale”, soggetta alla stessa disciplina della riserva da sovrapprezzo,

“seppure, si precisa, “personalizzata” o “targata” in quanto di esclusiva pertinenza dei
soci che hanno effettuato i versamenti in relazione all’entità delle somme da ciascuno
erogate.”;

“…è escluso che i soci eroganti, finché dura la società, possano esercitare pretese
restitutorie.”;

“Gli apporti in discorso possono essere utilizzati per l’aumento gratuito del capitale, con
attribuzione delle azioni di nuova emissione a tutti i soci, o impiegati per l’acquisto di
azioni proprie.”;
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“I soci possono chiedere la restituzione delle somme versate solo per effetto dello scioglimento
della società e nei limiti dell’eventuale residuo attivo del bilancio di liquidazione (quindi, dopo
la liquidazione di tutte le passività sociali).”

Un inciso sul trattamento nell’ambito della liquidazione

Cass. 2.4.2007 n. 8221 in Vita not. 2008, I, 135: inderogabilità del principio (a pena di nullità
della delibera di riduzione del capitale che lo violi) in forza del quale in caso di perdite devono
essere intaccate prima le riserve e da ultimo il capitale.

Pertanto, in sede di riparto finale di liquidazione, i versamenti in c/capitale sono postergati nel
rimborso sia rispetto ai creditori postergati, anche ai sensi dell’art. 2467 cc, sia ai soci per il
capitale sociale versato.

Esempio:
srl con 100 di capitale, socio A 80, socio B 20.
Socio A finanziamenti postergati ex art. 2467 cc per 100, socio B versamenti in conto capitale per
160.
A e B hanno dunque “apportato” ciascuno 180, per complessivi 360.
Residuo attivo liquidazione dopo l’avvenuto pagamento di tutti i creditori (non postergati) = 200.
Distribuzione 200:
100 al socio A a rimborso del finanziamento postergato;
 80 al socio A per rimborso capitale;
 20 al socio B per rimborso capitale.
Socio B con la riserva costituita con il suo versamento in c/capitale assorbe l’intera perdita di
160.
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Tornando a Cass. 24.7.2007 n. 16393

“I ridetti versamenti, tuttavia, in caso di saturazione della riserva
legale (ndr: o, secondo un’interpretazione meno restrittiva, fatta
eccezione per la parte mancante della riserva legale), possono
essere distribuiti durante societate e le relative somme
andranno ripartite tra i soci (non in proporzione delle rispettive
quote di partecipazione al capitale da ciascuno possedute ma) in
misura corrispondente a quanto da ognuno versato; in diversi
termini, la riserva formata con detti apporti sarà distribuibile nel
corso della vita normale della società ai sensi e nei limiti dell’art.
2431 c.c., naturalmente con delibera dell’assemblea ordinaria.”.

Secondo Cass. 24.7.2007 n. 16393 cit. i versamenti in c/capitale
sono apporti di netto liberamente disponibili agli amministratori
della società, dotati di “targatura” ex lege, ma solo in caso di
rimborso, attuabile in sede di liquidazione o con deliberazione
dei soci, nel rispetto dell’art. 2431 cc.

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Cass. 29.7.2015 n. 16049 cit.:

i versamenti a fondo perduto, denominati anche in conto capitale:

(a) sono privi della natura del mutuo, in quanto non ne è pattuito il diritto al
rimborso;

(b) sono iscritti nel passivo dello stato patrimoniale tra le riserve;

(c) sono definitivamente acquisiti al patrimonio della società;

(d) sono discrezionalmente utilizzabili dall'assemblea con le ordinarie modalità:

-per ripianare le perdite

-per aumentare gratuitamente il capitale, imputandole a ciascun socio
proporzionalmente alla partecipazione al capitale sociale, senza che occorra tener
conto del soggetto che abbia operato il versamento (i.e.: assenza di targatura).

Per tale sentenza, sono “targate” le sole riserve costituite dai versamenti in c/futuro
aumento di capitale.

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Un caso recente: riserva sovrapprezzo e “targatura”

Cass. 4.5.2018 n. 10583 in IlSocietario

i versamenti imputati alla riserva sovrapprezzo:

“…in caso di saturazione della riserva legale,

possono essere distribuiti durante societate

 e le relative somme andranno ripartite tra i soci (non in proporzione delle rispettive
quote di partecipazione al capitale da ciascuno possedute ma) in misura
corrispondente a quanto da ognuno versato;

la riserva formata con detti apporti sarà distribuita nel corso della vita normale della
società ai sensi e nei limiti dell'art. 2431 c.c., con delibera dell'assemblea ordinaria
(cfr. Sez. 1 - Cass., Sentenza n. 16393 del 24/07/2007).”.

Quid juris nel caso costituzione della riserva sovrapprezzo in esito ad aumento di
capitale riservato? Se chi versa il sovrapprezzo ha diritto al diritto rimborso in caso di
deliberazione ex art. 2431 cc verrebbe meno ogni funzione del sovrapprezzo
medesimo!
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I versamenti in c/capitale secondo la prassi notarile: la contrarietà alle riserve “targate”

Massime Notai Triveneto S.P.A. - H.L.1/ SRL - I.K.1 - (VERSAMENTI SOCI SENZA DIRITTO DI
RIMBORSO - c.d. IN CONTO CAPITALE - 1° pubbl. 9/07)

“I versamenti effettuati dai soci a favore della società senza alcun diritto di rimborso,
denominati nella prassi “versamenti in conto capitale”,”

“…sono definitivamente acquisiti a patrimonio sociale fin dal momento della loro esecuzione
ed integrano una riserva disponibile.”

“Da tale momento cessa ogni rapporto/collegamento tra il socio versante e la somma
versata.”

“Le riserve costituite con detti versamenti possono essere liberamente utilizzate sia per
ripianare le perdite che per aumentare gratuitamente il capitale sociale, mentre in nessun caso
possono essere utilizzate per liberare aumenti di capitale a pagamento.”

“L’aumento gratuito di capitale…dovrà essere attribuito a tutti i soci in proporzione alle azioni
da ciascuno detenute, prescindendo dalla circostanza che i versamenti utilizzati siano stati
effettuati solo da alcuni soci, ovvero siano stati effettuati dai soci in misura non proporzionale
rispetto alle azioni da ciascuno detenute (salvo diversa unanime decisione dei soci - vedi
orientamento S.P.A. H.G.20/ SRL I.G.31).”
                                       CMA - Caffi Maroncelli e Associati                      36
“I versamenti senza diritto di rimborso presuppongono necessariamente per il
loro perfezionamento un accordo avente natura contrattuale tra i soci versanti e
la società.”

“Tale contratto può essere perfezionato anche verbalmente o per fatti
concludenti.”

“Non è richiesta per il perfezionamento dell’accordo una delibera assembleare
che proponga ai soci di effettuare i “versamenti in conto capitale”, ovvero accetti
quelli già prestati, essendo tale materia di competenza dell’organo
amministrativo.”.

S.P.A. – H.G.20/SRL I.G.31: “E’ legittimo, con il consenso di tutti i soci, deliberare
l’aumento gratuito del capitale assegnando ai soci le azioni di nuova emissione
in misura non proporzionale rispetto a quelle da essi già possedute...”

CNN Studio di Impresa n. 99-2011/I
“Laddove, in conclusione, taluno voglia personalizzare il conferimento invece che
ricorrere alla “personalizzazione” della riserva, deve conferire a capitale in senso
proprio…”.

                                 CMA - Caffi Maroncelli e Associati             37
Le riserve “ targate” nel dibattito della dottrina

L’origine del problema: la riforma del TUIR e la nascita dei versamenti in
c/capitale non proporzionali per l’intervenuta rimozione dell’inappetibilità
fiscale.

Art. 43 DPR 1973/n. 597
“Per i capitali dati a mutuo si presume il diritto agli interessi, nella misura
stabilita dall'art. 1284 del codice civile, salvo prova contraria, anche se dal
titolo gli interessi non risultano convenuti o risultano convenuti in misura
inferiore. La presunzione non vale per le somme versate dai soci alla società in
conto capitale proporzionalmente alle quote di partecipazione, sempre che la
società sia regolarmente costituita in uno dei tipi indicati dell'art. 2200 del
codice civile e i versamenti siano fatti in base a formale deliberazione.”

 Art. 46 TUIR
“Le somme versate alle società commerciali e agli enti di cui all'articolo 73,
comma 1, lettera b), dai loro soci o partecipanti si considerano date a mutuo
se dai bilanci o dai rendiconti di tali soggetti non risulta che il versamento è
stato fatto ad altro titolo.”

                                CMA - Caffi Maroncelli e Associati        38
Le funzioni pratiche delle riserve “targate” (ove ritenute ammissibili):

“…non penalizzare i soci disposti a fornire alla società a titolo di c.d.
capitale proprio o di rischio…”

“…dove non esistano le condizioni per deliberare un aumento di
capitale (per esempio a causa del probabile voto contrario di altri soci
dotati del potere di bloccare le relative deliberazioni)…”

“…assicurando a chi effettua un versamento “più che proporzionale”
rispetto alla sua quota almeno una priorità, in senso lato, nel caso in cui la
riserva venga destinata ad aumento del capitale, oppure a distribuzione di
dividendi, acquisto di azioni proprie e altro...”

(così: M.S. Spolidoro “Apologia delle riserve targate e degli accordi di
targatura delle riserve.” in Banca borsa e tit. di credito 2017, 1, 4, in replica
a L. Salamone in Banca borsa e tit. di credito 2016, 14 che ha espresso
contrarietà alla “targatura” senza il consenso unanime di soci e società o la
costituzione di un diritto particolare ex art. 2468, comma 3, cc).

                               CMA - Caffi Maroncelli e Associati          39
L. Tronci “Le riserve targate tra diritto e
giurisprudenza” in Riv. Soc. 2012, 6, 1124, per una
valida “targatura” sono necessari:

(i) una clausola statutaria che la ammetta che vale
    come consenso preventivo alla costituzione di
    riserve “targate”; oppure

(ii) una decisione dei soci contestuale al versamento
     che riconosca la “targatura” richiesta dal socio che
     intende versare l’apporto; oppure ancora

(iii) una decisione dei soci postuma di approvazione
      del bilancio nel quale l’apporto versato sia stato
      “targato” in nota integrativa.
                       CMA - Caffi Maroncelli e Associati   40
M.S. Spolidoro “Riserve targate” in Liber Amicorum P. Abbadessa, II, 2014, 1323 ss.
I versamenti in c/capitale non proporzionali possono essere “targati” a favore del socio (o del terzo)
che li esegue.
In particolare:
(i) la “targatura”, salvo alcuni casi in cui è necessaria la clausola statutaria (accantonamento utili futuri:
clausola statutaria) o la decisione dei soci (“targatura” di una riserva già costituita: decisione dei soci),
è frutto di accordo tra chi versa e l’organo amministrativo della società che ha pieni poteri nella
materia degli apporti fuori capitale;
(ii) quanto a disciplina:
(a) la distribuzione deve avvenire a favore di chi ha effettuato il versamento e non di tutti i soci pro-
quota, peraltro nel rispetto dell’art. 2431 cc (decisione dei soci e copertura della riserva legale) e
fermo altresì restando che la società non è tenuta a distribuire per prime le riserve “targate”;
(b) la riserva “targata” può essere usata per l’acquisto di azioni proprie, ma solo di quelle dei soci che
l’hanno costituita;
(c) in caso di perdite, anche le riserve “targate” ne restano colpite, ma dopo la riserva legale;
(d) le riserve “targate”, in caso di aumento di capitale, vanno a favore dei soli soci che le hanno
costituite, per gli altri dovrà essere deliberato apposito aumento di capitale con opzione (in difetto,
l’aumento di capitale dovrà rispettare forma e sostanza dell’aumento di capitale senza diritto di
opzione). Resta fermo che chi è titolare di una riserva “targata” non può impedire che la società:
- mandi a capitale altre riserve;
- deliberi un aumento di capitale a pagamento senza possibilità di impiegare le riserve “targate” a
sua copertura;
(e) in caso di scioglimento e liquidazione, salvo patto contrario contenuto nell’accordo di “targatura”,
le riserve “targate” sono postergate rispetto al rimborso del capitale sociale (ed ovviamente anche
rispetto ai crediti postergati);
(f) in caso di cessione della partecipazione, l’acquirente non subentra automaticamente nella riserva
“targata”. E’ dunque necessaria un’espressa pattuizione. Se nulla è convenuto, con l’uscita del socio
che l’ha costituita, la riserva “targata” diviene comune riserva di netto;
(g) il recesso fa venir meno la “targatura”.
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Conclusioni sulle riserve “targate”:

(i) la giurisprudenza oscilla tra:

(a) il ritenere come “targato” il solo versamento in c/futuro aumento di capitale che,
peraltro, non genera una riserva, ma un debito della società
(Cass. 29.7.2015 n. 16049 cit.; conforme: App. Trento 19.11.1999 in Nuovo dir. 2000, 973);

(b) l’ammettere la “targatura” delle riserve, senza bisogno che la stessa sia stata
espressamente prevista da clausola statutaria o da decisione dei soci o da altro accordo
intercorso tra socio versante e società, peraltro limitando il fenomeno della “targatura” al
solo caso del rimborso dell’apporto in c/capitale (Cass. 24.7.2007 n. 16393 cit. e Cass.
4.5.2018 n. 10583);

(ii) la dottrina prevalente ritiene lecita la “targatura”, dividendosi tra chi ritiene necessario
che sia istituita con una decisione dei soci (L. Tronci) o addirittura con il consenso di tutti i
soci (L. Salamone) e chi ritiene sufficiente l’accordo socio versante-società, salvo espressa
clausola statutaria per l’accantonamento di utili futuri ovvero la decisione dei soci per la
“targatura” di riserve disponibili già costituite (M.S. Spolidoro);

(iii) la prassi notarile sembra negare legittimità alla “targatura”, precisando che l’apporto
in c/capitale, una volta effettuato, s’intende definitivamente acquisito al patrimonio della
società, con la conseguenza che, per farne attribuzione (in caso di aumento gratuito del
capitale) al solo versante, si rende necessario il consenso unanime dei soci.

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Apporti dei soci e trasferimento delle partecipazioni
Cass. 29.7.2015 n. 16049 cit.

“ …i finanziamenti…sono mutui…iscritti al passivo..tra i debiti verso soci. Se questi
cede la quota, conserva però – ove nulla le parti abbiano previsto – la titolarità
del credito uti singulus. ”

(Trib. Milano 30.5.2017 in www.dirittobancario.it:
“…dalla cessione di una partecipazione societaria, se non diversamente disposto
dalle parti, non consegue quale naturalia negotii il trasferimento ad opera del
socio cedente dei crediti che questo vanti verso la società, terzo estraneo al
contratto; ”)

“…i versamenti a fondo perduto (denominati anche in conto capitale)…In caso di
vendita della partecipazione sociale, la natura dei versamenti in discorso,
assimilabili al capitale di rischio, ne rende impredicabile la cessione separata
dalla stessa vendita della quota.”.

“…versamenti finalizzati ad un futuro aumento del capitale…La vendita della
partecipazione sociale può essere operata senza includervi tale versamento…, il
quale quindi può essere ceduto separatamente dalla quota sociale.”.
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Il caso deciso:

C srl acquista da EC:
- partecipazione di questi in OCB srl e, separatamente:
- due crediti verso la stessa: uno per finanziamento soci di L. 95 mln, l’altro per utili non
   distribuiti per L. 132 mln.

C srl fa causa in Tribunale a EC affermando che i crediti cedutile erano inesistenti:
- quello per finanziamento soci, trattandosi di versamento in c/capitale;
- quello per utili non distribuiti, trattandosi appunto di utili già portati a riserva.

C srl chiede quindi:
(i) ai sensi dell’art. 1266 cc la restituzione dei prezzi pagati per i crediti inesistenti, pari a L. 227
mln;
(ii) in subordine la dichiarazione di nullità delle cessioni crediti con la restituzione dei prezzi
pagati.

EC si costituisce, chiedendo, inter alia:
- l’errore sul prezzo della vendita quota sociale di OCB srl, da accertare in L. 3,235 mld;
- la condanna di C srl al pagamento del prezzo della quota di OCB srl di L. 227 mln;
- l’accertamento della sua perdurante qualità di socio in ragione di L. 227 mln, visto che OCB srl
aveva poi aumentato il capitale facendo uso di entrambi i crediti affermati inesistenti da C srl.

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Il Tribunale accoglie la domanda di C srl e condanna EC a
pagare, in garanzia, la somma di L. 227 mln.

Il giudice d’appello conferma la decisione di primo grado,
affermando:

- l’inesistenza del credito per finanziamento di L. 95 mln
  trattandosi di un versamento in c/capitale;

- l’inesistenza del credito per utili da distribuire perché
  nessuna distribuzione di utili era stata deliberata da
  OCB srl.

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La Cassazione non salva EC in relazione alla cessione a C srl del supposto credito per utili non
distribuiti ed afferma il seguente principio di diritto: “La cessione del credito agli utili di
esercizio spettanti al socio, posta in essere dopo che l'assemblea ne abbia deliberato
l'appostazione a riserva, dà luogo alla garanzia in favore del cessionario, di cui all'art. 1266
c.c.”.

Lo salva, invece, in relazione all’intervenuta cessione del finanziamento soci che riqualifica
quale versamento in conto futuro aumento di capitale, affermandone la separata cedibilità
dalla partecipazione, quale credito eventuale alla restituzione della somma in caso di
mancato aucap.

Nel caso di specie, peraltro, acquirente della partecipazione e del versamento in conto futuro
aumento di capitale coincidevano.

Quid juris in caso contrario (il socio resta tale e cede solo il versamento effettuato ad un terzo
non socio)?

Si è occupato della questione lo Studio Notarile n. 1797 del 25.2.1999 che ha così concluso:
(a) i versamenti in c/futuro aumento di capitale possono essere ceduti ad un terzo senza la
partecipazione, ma il negozio avrà solo effetti obbligatori inter partes (i.e.: la quota di
compendio sarà attribuita al socio cedente che sarà tenuto a trasferirla al suo avente causa);
(b) ardua la percorribilità di un negozio con effetti reali, ossia opponibile alla società con diritto
del terzo di richiedere l’immediata intestazione della partecipazione di compendio.
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Gli apporti dei soci a titolo di capitale di credito
Norma di riferimento è l’art. 2476 cc, richiamato dall’art. 2497 quinquies cc in
tema di finanziamenti della capogruppo alla società soggetta a direzione e
coordinamento.

                    (Testo in vigore fino al 14 agosto 2020)

“Il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato
rispetto alla soddisfazione degli altri creditori [e, se avvenuto nell'anno
precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere
restituito](1).
Ai fini del precedente comma s'intendono finanziamenti dei soci a favore
della società quelli, in qualsiasi forma effettuati, che sono stati concessi in un
momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla
società, risulta un eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al
patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella
quale sarebbe stato ragionevole un conferimento.”

(1) inciso abrogato a decorrere dal 15.8.2020 dal Codice della crisi
dell’impresa
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