Giamaica - isole cayman - Lanterna del Viaggiatore

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Giamaica - isole cayman

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Informazioni generali:

DURATA DEL VIAGGIO:                20 – 21 giorni.

PERIODO DEL VIAGGIO CONSIGLIATO:   Dicembre – Aprile.

COME ARRIVARE DALL’ITALIA:         In aereo. Vi consigliamo di adoperare per l’andata l’aeroporto della capitale
                                   giamaicana, Kingston, od alternativamente lo scalo internazionale di Montego
                                   Bay. Per il ritorno invece usufruite dei collegamenti aerei dell’aeroporto di
                                   Grand Cayman.

FUSO ORARIO:                       - 6 ore rispetto all’Italia.

DOCUMENTI NECESSARI:               Per accedere sia in Giamaica che alle Isole Cayman è necessario un
                                   passaporto con validità residua di almeno 6 mesi. Non sono necessari visti per
                                   permanenze inferiori ai 90 giorni.

PATENTE RICHIESTA:                 E’ sufficiente la patente italiana ma è sempre consigliabile possedere quella
                                   internazionale sia in Giamaica che nelle Isole Cayman. Nelle Isole Cayman
                                   dovrete farvi rilasciare un permesso a pagamento se vorrete circolare su mezzi
                                   privati. La guida sia in Giamaica che nelle Isole Cayman si svolge a sinistra.

RISCHI SICUREZZA E SANITARI:       La sicurezza in Giamaica è diventato un problema generalizzato che coinvolge
                                   anche i turisti che sono presi di mira sia per furti e talvolta anche per rapine
                                   violente specialmente nei nuclei urbani più grandi (Ocho Rios, Montego Bay,

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Spanish Town e Negril) nelle ore notturne. La situazione è più complessa nella
                   capitale Kingston in cui si dovrebbe cercare in ogni caso di evitare i quartieri di
                   West Kingston, New Kingston, Grant’s Pen, Auagust Town e Harbour View
                   per la presenza di gang armate che sono dedite al narcotraffico. La situazione
                   di sicurezza presso le Isole Cayman è invece decisamente buona e non si
                   ravvisano problematiche, specie ai danni dei turisti. Prestare inoltre molta
                   attenzione al probabile transito di uragani in entrambi gli stati durante la
                   stagione umida (giugno – novembre).
                   Lo standard dei livelli sanitari in Giamaica è in netto miglioramento con
                   ospedali che nelle principali città (specie a Kingston) sono ormai quasi simili a
                   quelli occidentali. Per quanto concerne le malattie endemiche si ricordano
                   quelle veicolate dalle zanzare (malaria, dengue, virus zika e virus Chikunguya)
                   per le quali, laddove possibile, è consigliata la profilassi. Da ricordarsi che in
                   Giamaica la diffusione dell’AIDs ha raggiunto livelli preoccupanti. Gli
                   ospedali delle Isole Cayman sono efficienti ma non attrezzati per interventi
                   chirurgici maggiori che vengono demandati all’estero (generalmente a Miami
                   in Florida): è pertanto indispensabile stipulare un’assicurazione che copra gli
                   eventuali costi di primo soccorso e, in caso di necessità, il rimpatrio o il
                   trasferimento sanitario. Tra le malattie endemiche delle Isole Cayman si
                   ricordano le medesime della Giamaica veicolate dalle zanzare, ad eccezione
                   della malaria, qui debellata.

MONETA:            DOLLARO GIAMAICANO in Giamaica.
                   DOLLARO DELLE ISOLE CAYMAN alle Isole Cayman.

TASSO DI CAMBIO:    1 € = 159,58 Dollari giamaicani.
                    1 € = 0,97 Dollari delle Isole Cayman.

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Descrizione del viaggio:

1° - 2° giorno: trasferimento fino a Kingston

Raggiungere la Giamaica dall’Italia ad oggi non è possibile in maniera diretta ma visto il continuo impennarsi della richiesta da parte del
turismo internazionale di visitare questa eclettica ed esuberante isola caraibica sono ormai due i grandi aeroporti internazionali giamaicani
che fungono da comoda porta di ingresso alla nazione: il Norman Manley International Airport della capitale Kingston e il Sangster
International Airport di Montego Bay. Sebbene il secondo sia quello che serva direttamente i più grandi complessi turistici della sezione
occidentale dell’isola e quello col maggior numero in termini di traffico di passeggeri (oltre 4 milioni all’anno), vi suggeriamo per uno
sviluppo più consono dell’itinerario di usufruire di base dello scalo aeroportuale della capitale. Kingston oggi è raggiungibile dell’Italia
effettuando solo un scalo intermedio negli aeroporti nordamericani di Toronto, New York o Miami o facendo perno sugli scali londinesi
europei. La durata del viaggio di andata è pero in genere pesantemente influenzata dall’entità dello scalo, tanto che potrete trovare opzioni
della durata di 17 ore, così come di 30. In ogni caso ci pare logico consigliarvi di predisporvi per dedicare un paio di giorni al mero viaggio
di andata. Qualora invece decideste di volare in direzione dell’aeroporto di Montego Bay sappiate che anche in questo caso vi basterà
compiere un singolo scalo intermedio (in genere presso New York, Toronto, Atlanta, Francoforte o Dusseldorf) con una durata e dei prezzi
che in larga misura eguagliano le opzioni che hanno come meta la capitale Kingston.

3° - 4° - 5° giorno: KINGSTON - PORT ROYAL

Adagiata nel cuore del Mar dei Caraibi, a poche decine di chilometri dalle principali isole delle Grandi Antille (Cuba e Hispaniola), la
Giamaica è una terra unica e indimenticabile per chiunque la approcci con la dovuta leggerezza e curiosità. Ciò che più contraddistingue la
società e la cultura giamaicana è la diversità. Qui tutto può assumere le forme di qualsiasi cosa e del suo inverso: passeggiando per le strade

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potrete imbattervi in giovani ricchi che sfoggiano i loro lussuosi beni di consumo, ambulanti pronti a propinarvi qualsiasi merce
immaginabile, esuberanti ballerine vestite dei tipici costumi locali oltre ovviamente alla classica vista dei rasta soventemente impegnati
nell’atto di fumare la mitica ganja giamaicana. Anche se la diseguaglianza sociale è una piaga dai risvolti tristi e pericolosi (sono parecchi i
quartieri degradati e in mano alla malavita) non abbiate timore a esplorare in libertà questa nazione, previe le ovvie contromisure per
prevenire atti di microcriminalità nei vostri confronti: sarete ripagati da un popolo che ha pochi eguali nel mondo in termini di socievolezza e
apertura verso il prossimo (leggendari sono infatti il sarcasmo e l’umorismo locali, coinvolgenti e piccanti). I giamaicani, in larga parte
discendenti dagli schiavi africani qui importati dalle nazioni colonizzatrici europee (90% degli autoctoni), posseggono ancora una forte
identità che richiama al Continente Nero e hanno una fierezza di idee assai radicata che non tarderanno a comunicarvi lungo le interminabili
chiacchierate che intraprendono sempre con fervore (specialmente quelle inerenti ai soprusi che dovettero subire durante l’epoca dello
schiavismo). Tuttavia oltre alla maggioranza nera della popolazione qui più che in molte altre parti dei Caraibi si può dire che le minoranze
(irlandesi, tedeschi, gallesi, panamensi, cinesi, ebrei, spagnoli) abbiano giocato un ruolo chiave nel formare una cultura nazionale unica nel
suo genere per eterogeneità. La società giamaicana è una di quelle meno urbanizzate del centroamerica (fa eccezione solo la capitale
Kingston che ospita un milione dei tre milioni di abitanti dell’isola) e quindi moltissimi sono ancora i villaggi tradizionali dislocati sulle
colline composti per lo più da case in legno o anonimi condomini, ma non mancano anche misere baraccopoli specie nelle periferie
degradate di Kingston. Un aspetto peculiare della società giamaicana è l’essere spesso licenziosi a livello sessuale: i giovani hanno rapporti
sin dalla prima adolescenza e spesso si hanno diverse storie sentimentali prima di convolare a nozze e comunque le stime dicono che siano
ben l’80% i figli nati da rapporti al di fuori del matrimonio: in sintesi le famiglie allargate appaiono qui la norma. La stessa ambiguità
d’essere i giamaicani la posseggono anche in termini di fedi religiose: sebbene l’80% della popolazione si professi cristiana ci sono numerosi
culti detti revivalisti (ossia contaminazioni di tendenze animiste africane con i dogmi cristiani) e uno degli emblemi stessi della Giamaica: il
rastafarismo. Questo credo non è una vera e propria religione ma una sorta di filosofia sociale che gli adepti interpretano molto a modo loro.
Il principale fautore del rastafirsmo fu il nazionalista Marcus Garvey che vedeva l’Africa come la terra natale del suo popolo e che profetizzò
nel 1914 il prossimo avvento di un nuovo re in Africa (cosa che in effetti avvenne in Etiopia nel 1930 con Haile Selassié, per questo c’è un
forte richiamo a questo stato in questa filosofia). Fu però il carismatico Leonard Percival Howell che fondò la prima comunità rasta nel 1940
e affinò le credenze in merito vedendo il popolo africano come quello eletto da Dio ma costretto a vivere in un esilio forzato in terra
giamaicana finché Dio stesso non permetterà loro di fare ritorno alla terra promessa, l’Etiopia. A parte queste concezioni sicuramente
singolari ciò che più identifica il credo rasta sono i comportamenti sociali e l’aspetto di molti adepti al rastafarismo: i lunghi capelli incolti
raccolti in dreadlocks, l’abitudine a portare vestiti e copricapi di colore rosso, nero e giallo e il cospicuo consumo di marijuana fumata in
possenti spinelli quasi ad ogni ora del giorno sono una delle icone più celebri di tutta la Giamaica. Per quanto concerne l’aspetto sportivo i

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giamaicani si contraddistinguono a livello mondiale per i risultati di primissimo livello nelle discipline di velocità dell’atletica leggera
(diversi titoli olimpici in merito, con la stella di Usain Bolt a splendere su tutti gli altri atleti), ma amano moltissimo anche il calcio e il
cricket, praticati da moltissimi giovani. Un ultimo grande aspetto per cui la Giamaica è famosa in tutto il mondo è poi la sua musica: basata
sulle note della musica reggae, ska e dancehall. Questi tre generi sono espressione di epoche differenti (il reggae e la ska degli anni ’60 e
’70, la dance hall degli anni ’80 e ’90) e sottendono ritmi e passioni diametralmente differenti. Nessun musicista giamaicano di nessun genere
è però anche solo lontanamente avvicinabile in termini di fama, influenza ed eccezionalità a Bob Marley, autentico mito del paese caraibico
che fu anche promotore della lotta e delle aspirazioni delle classe sociali oppresse giamaicane per la loro emancipazione dalla situazione di
disagio in cui dovevano vivere. Non fraintendeteci però tra i mostri sacri della dancehall giamaicana vi sono artisti di fama mondiale come
Shaggy o Sean Paul anche se le tematiche principali proposte da questo filone musicale sono per lo più imperniate sul sesso, la violenza e il
materialismo.

 In queste tre immagini sono riassunti alcuni dei simboli per cui la Giamaica a livello sociale è nota in tutto il mondo: si spazia tra adepti al
culto rastafariano che amano portare lungi dreadlocks come capigliatura e suonare rilassati e festosi le note della musica reggae, a una degli
 onnipresenti spinelli a base di ganja (marijuana) fumate dai locali nelle più svariate situazioni sino ad un simbolo sportivo della Giamaica:
            gli strabilianti risultati in termini di velocità di atletica leggera raggiunta dai velocisti nazionali, i migliori del mondo.

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Se il microcosmo giamaicano, come avrete potuto intuire dalla trattazione, è un groviglio quasi inestricabile e dalle mille sfaccettature che
ammaliano e stordiscono i viaggiatori sappiate che la capitale Kingston è la degna cartina tornasole della situazione nazionale. Fucina dei
diversi generi musicali giamaicani, delle aspirazioni politiche dei giovani, delle gang di strada che tanto plasmano e fanno scivolare nel
degrado le sue periferie Kingston è una meta immancabile per chi voglia comprendere davvero la Giamaica. Kingston probabilmente non la
si può definire bella, ma caotica e sincera di certo sì, Qui si passa con disinvoltura da strade adorne di moderni edifici a baraccopoli
malconce, da boutique di griffe internazionali a mercati rionali in cui le capre si muovono ancora libere tra gli ambulanti. Alcuni viaggiatori
l’hanno definita come la “capitale di uno stato africano in via di sviluppo trapiantata ai Caraibi”, forse mai immagine retorica fu più
veritiera. La storia della fondazione di Kingston data 1655 quando truppe inglesi sotto l’egida di Oliver Cromwell strapparono questo lembo
di terra ai coloni spagnoli che dalla scoperta dell’isola per mano di Cristoforo Colombo nel 1494 avevano spadroneggiato nella regione
sottomettendo e decimando le popolazioni native arawak. L’epoca successiva all’insediamento inglese in terra giamaicana fu quello
caratterizzato dal raggiungimento dell’apice della storia dei bucanieri dei Caraibi: gli inglesi dapprima sovvenzionarono e incoraggiarono
la nascita di queste compagnie di pirati volte a saccheggiare e intimorire i galeoni e gli avamposti spagnoli nel Mar dei Caraibi ma nel corso
del XVII secolo questi pirati avevano ormai assunto un ruolo egemone non solo sulla Giamaica ma su buona parte dei traffici commerciali
del Nuovo Mondo. Port Royal, oggi un sobborgo di Kingston, divenne la loro solida base e sotto la guida di Henry Morgan questi pirati
divennero sempre più insolenti, spregiudicati e potenti. Più che le truppe regolari britanniche fu un devastante terremoto che colpì Port Royal
nel 1692 e ne inabissò buona parte delle sue terre a scalfire prima e minare poi l’egemonia corsara nei Caraibi. Il ‘700 fu il secolo quindi in
cui la Giamaica visse il più costante e disumano flusso in ingresso di schiavi importati forzosamente dagli inglesi via mare (se ne arrivano a
contare oltre 300.000 in loco). Moltissimi uomini morivano durante la traversata di quasi 2 mesi in condizioni pietose dalle coste africane
alle Antille ma questo poco importava agli schiavisti che con il lavoro a basso costo di questi miserabili riuscirono a stabilire il primato delle
piantagioni giamaicane in termini di produzione di canna da zucchero nel mondo. I ricchi proprietari terrieri non seppero però ridistribuire
la ricchezza e concedere le dovute libertà a queste genti che si fecero giustamente sempre più riottose alla situazione fino a sfociare nella
grande rivolta del 1831 che portò necessariamente all’abolizione del regime di schiavitù nelle terre controllate dalla bandiera britannica nel
1834. Il secolo successivo fu irto di difficoltà: l’economia locale basata sulla coltivazione di canna da zucchero e banane subì il contraccolpo
del calo dei prezzi di queste merci sul mercato internazionale mentre sempre più gruppi politici locali spinsero in direzione dell’indipendenza
che venne ratificata nel 1962 ammainando la bandiera britannica sostituendola con il vessillo odierno giallo, verde e nero. Gli anni ’70
furono contraddistinti in Giamaica da un progressivo avvicinamento al socialismo e al comunismo cubano (governo Manley), cosa che non
piacque di certo agli Stati Uniti che fecero di tutto per boicottare economicamente la fragile economia locale con dazi e normative
restringenti sul turismo, cosa che portò al blocco quasi completo del paese. La situazione si risolse con l’avvento di un governo filo

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occidentale nel 1980 (presidenza Seaga) che sotto la spinta dei capitali statunitensi portò a un progressivo rilancio della Giamaica sia sotto
un profilo occupazionale che come meta turistica di fama internazionale anche se le progressive diseguaglianze sociali che si scavarono tra
la popolazione acuirono il problema delle gang di strada e delle baraccopoli della periferia di Kingston, ancora oggi caratterizzate da alti
tassi di criminalità, spaccio di droga e omicidi di matrice politica o criminale.

   • Ogni visita che si rispetti della capitale giamaicana dovrebbe muovere le sue mosse dal William Grant Park, uno slargo verde nel fitto
     e caotico tessuto urbano di Kingston, dominato da un busto a grandezza naturale di Sir Alexander Bustamante. Le attrattive
     architettoniche di maggior richiamo del centro di Kingston sorgono proprio nel quartiere immediatamente a sud della piazza dove
     trovano ubicazione sia la Kingston Parish Church, ricostruzione dell’originale andata irrimediabilmente perduta in seguito al
     terremoto del 1907, e la strada di South Parade, un vero crogiolo di anime indaffarate a chinarsi sulle mercanzie che gli ambulanti
     vendono stendendola su teli appoggiati all’asfalto in un tourbillon caotico di musica reggae e vociare insistente. Addentrandosi
     ancora un po' più verso ovest (in direzione di alcuni slum davvero poco raccomandabili) merita infine una puntata Coronation
     Market, una sorta di bazar in stile caraibico in cui potrete trovare qualsiasi tipologia di prodotto possiate cercare. La contrattazione
     qui è parte integrante della visita, così come lo schivare i loschi ceffi che spesso si aggirano tra le esposizioni di merci. Se non siete
     viaggiatori timidi o sarete accompagnati da un fidato accompagnatore locale un giro al Coronation Market potrà essere un’ottima
     introduzione al complesso microcosmo di Kingston. Una volta dopo aver finito di curiosare tra i prodotti di ogni genere messi in
     vendita in questa sezione di Kingston vi esortiamo a percorrere speditamente la rettilinea Orange Street in direzione sud, verso le
     banchine del porto della capitale giamaicana. Meta di questa passeggiata è la National Galley of Jamaica. Questa pinacoteca
     ripercorre tutte le tappe dell’arte figurativa giamaicana comprendendo sculture di Edna Manley e dipinti di John Dunkley, Albert
     Huie e David Pottinger senza esimersi dall’esporre tele e lavori di alcuni celebri artisti di fama internazionale.
     Terminata la mattinata vi consigliamo quindi di spostarvi in direzione del mitico quartiere di Trench Town, un’area residenziale
     ideata e realizzata dagli inglesi negli anni ’30 secondo una composizione edilizia che prevedeva una serie di monolocali aggettanti
     verso un unico cortile (yard) interno. Non è tanto però la composizione architettonica dell’area a colpire quanto il suo binomio
     indissolubile con la musica giamaicana. Tra queste strade che furono anche dimora per un certo tempo di Bob Marley e consorte si
     può dire che si siano messi a punto i generi della ska, del reggae e del rocksteady negli anni ’60. Per comprendere meglio
     l’importanza di Trench Town nel complesso universo giamaicano vi consigliamo di visitare il locale Trench Town Museum. Vi
     raccomandiamo di muovervi in questi contesti però con estrema attenzione e circospezione. Tutti i quartieri di West Kingston (Trench
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Town, Tivoli Gardens ecc.) sono infatti il cuore del malfamati yardies, ossia i sobborghi popolari e altamente insicuri di Kingston.
   Ideati negli anni ’60 come complessi residenziali modello sono stati progressivamente abbandonati dalla classe media locale che
   preferì trasferirsi in periferia piuttosto che sottostare alle sempre più pressanti e invadenti richieste dei boss della malavita locale.
   Purtroppo per svariati decenni i politici giamaicani hanno preferito assecondare le varie gang locali affini alle loro idee politiche
   piuttosto che combatterle e il risultato è il dilagare di una trascuratezza e anarchia dilaganti. Decisamente più abbordabili (specie di
   notte) sono invece le aree di Downtown (il centro) dove si trovano una serie di piste da ballo latino americane, discoteche, palchi per
   l’esibizione di gruppi reggae e dancehall e nightclub tra i più in voga e raffinati di tutta la nazione.

      In prima immagine il variopinto, caotico e dinamico mercato di Coronation Market uno di quegli ambienti in cui non tarderete a
         comprendere le dinamiche e la vitalità di Kingston. Al centro invece una serie di murales commemorativi e politicizzati che
     contraddistinguono lo storico quartiere di Trench Town, patria della musica ska, reggae e rocksteady. Infine uno dei numerosi club
                                            musicali che animano la vita notturna di Downtown.

• La seconda giornata di stanza in quei di Kingston si concentra invece sui settori periferici settentrionali della capitale, con particolare
  attenzione all’area di New Kingston vero fiore all’occhiello proteso verso il futuro. Il quartiere, arrivando dal centro, ha inizio con
  l’Emancipation Park, inaugurato nel 2002. Quest’area verde è ideale per staccare un po' dalla congestione urbana di Kingston ed ha
  la felice caratteristica di possedere numerosi altoparlanti che diffondono i brani più celebri della musica di Bob Marley. Al suo centro
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invece sorge la discussa statua Redemption Song raffigurante due schiavi neri nudi intenti a rimirare il cielo, simbolo di un periodo
schiavista ormai relegato nel passato. Pochi isolati più a nord dell’Emancipation Park incrocerete quindi la grande arteria di Hope
Road che attraversa completamente il quartiere di New Kingston tanto da poterla considerare tranquillamente come la sua spina
dorsale. Lungo il suo percorso ad arco verso est potrete imbattervi in un paio di dimore storiche da non perdere: Devon House
(magnifica residenza ottocentesca del primo nero giamaicano divenuto ricco in seguito ad attività minerarie in Venezuela) e King’s
House, ricostruzione del 1909 della storica residenza ufficiale dei governatori generali della Giamaica qui inviati dalla corona
britannica. Decisamente di maggior richiamo e interesse è però il Bob Marley Museum ricavato nell’ex dimora e studio di
registrazione del musicista reggae più amato di tutti i tempi. Nonostante il costante afflusso turistico l’edificio è rimasto del tutto
similare alle sue fattezze originali con diversi richiami ai colori della cultura rasta, statue di Marley nei giardini, ritagli di giornale,
dischi dell’artista e svariati altri cimeli messi in mostra nelle sale interne. L’ex studio di registrazione invece è divenuto una sorta di
sala espositiva adattata talvolta a piccola sala cinematografica. Vi raccomandiamo di tenere un atteggiamento decoroso, per molti
cultori del rastafarianesimo e per molti giamaicani la figura di Bob Marley ha valenze quasi sacre. Conclusa anche quest’ultima
intrigante visita potrete infine completare il percorso di visita di giornata puntando dritto verso gli Hope Gardens, giardini botanici
ideati dagli inglesi nel 1881. Anche se non curatissimi questi giardini rappresentano una delle aree verdi più belle di Kingston e un
rifugio tranquillo dal suo caos imperante. Per la sera invece vi consigliamo di puntare dritto nuovamente verso Downtown e i suoi
locali.

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Il più moderno quartiere di New Kingston è il fulcro delle future aspirazioni della capitale giamaicana. Qui si trovano sia
        l’Emancipation Park caratterizzato dalla statua Redemption Song rimandante al periodo schiavista, sia belle dimore signorili
    ottocentesche come Devon House (in terza immagine) che il principale monumento di Kingston: il visitatissimo Bob Marley Musuem,
                             trattato dai locali e dagli adepti rasta alla stregua di una meta di pellegrinaggio.

• La terza e ultima giornata che vi consigliamo di trascorrere presso la capitale Kingston in realtà si concentra sul mitico covo di pirati
  che fu in passato il borgo a mare di Port Royal (30km, 40 minuti) situato oggi al limitare di una lunga e sottile penisola su cui sorge
  anche l’aeroporto internazionale Norman Manley di Kingston. Port Royal divenne dal 1656, anno della sua fondazione da parte della
  marina britannica, un autentico borgo di bucanieri frequentato dagli equipaggi spesso fuorilegge delle navi che per lunghi decenni
  imperversarono nelle acque dei Caraibi depredando i galeoni spagnoli e racimolando ogni tipo di ricchezza che facevo convergere
  proprio a Port Royal. Essendo i pirati gente spiccia e dedita ad ogni dissolutezza Port Royal si guadagnò in breve fama di essere un
  luogo animato da aitanti prostitute, venditori di rhum privi di scrupoli e ogni genere di persona poco raccomandabile ma questo non
  impedì al luogo di divenire una delle più ricche ed ambite città dei Caraibi comprendente anche diverse chiese di più fedi differenti. Le
  fortune di Port Royal ebbero però i giorni contati visto che nel 1692 la capitale immorale dei Caraibi fu colpa da una serie di scosse
  di terremoto che prima crearono profonde voragini e devastazioni in città e poi alimentarono la genesi di onde anomale tanto potenti
  che inabissarono per due terzi di Port Royal e causarono la morte di oltre 2000 persone. In seguito al tracollo dell’influenza dei pirati
  nella regione mutò anche l’atteggiamento dei governanti britannici in loco e man mano Port Royal fu regolarizzata e divenne per
  secoli la base della Marina Britannica delle Indie Occidentali. Il termine dei conflitti tra Inghilterra, Francia e Olanda in Europa ad
  inizi ‘800 e un possente incendio che colpì Port Royal nel 1815 posero di fatto la parola fine all’epopea scintillante della località
  giamaicana che da allora vive nel ricordo dei suoi tempi d’oro tra resti architettonici di quel periodo. Ogni visita che si rispetti a Port
  Royal non può che avere inizio che da Fort Charles, l’unico dei sei forti seicenteschi del posto a non essere sprofondato in mare nel
  1692. Ricostruito a più riprese nei secoli successivi Fort Charles mette ancora in mostra diverse batterie di cannoni, la mitica
  bandiera giamaicana che fa da riferimento alle imbarcazioni dirette al porto di Kingston e al suo interno si trova il Maritime Museum,
  uno spazio espositivo dedicato alla storia della marina britannica. Una volta conclusa la visita vi suggeriamo rimuovervi liberamente
  tra le stradine del minuto centro storico che trasudano leggende e miti ad ogni angolo, ma un occhio di riguardo dovreste averlo nei
  confronti della Old Gaol House, una prigione seicentesca scampata alle devastazioni del terremoto del 1692, e della chiesa di St

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Peter’s Church in finti mattoni rossi del 1725 piena di lapidi commemorative che ricordano gli infausti eventi che colpirono Port
Royal nel corso della sua storia. Gli appassionati di subacquea poi non dovrebbero lasciarsi sfuggire l’occasione di immergersi tra i
resti sommersi dell’antica Port Royal situati all’interno del Sunken Pirate City, nelle acque limitrofe l’abitato. Visto che la visita a
Port Royal vi occuperà buona parte della giornata ma probabilmente non tutta la stessa sulla via del ritorno verso la dinamica
Kingston vi consigliamo di fare una deviazione infine in direzione del complesso termale dei Rockfort Mineral Baths. Alimentate da
una sorgente naturale creatasi dopo un terremoto nel 1907 queste acque sono lievemente radioattive e perfette per determinate cure
ma sappiate che il limite massimo di tempo consigliato per crogiolarvi in essere si attesta sull’ora di immersione.

 In prima immagine una classica ricostruzione su dipinto dell’aspetto sinistro, dissoluto e romantico che doveva possedere la mitica
città dei pirati di Port Royal, vera gemma dei bucanieri dei Caraibi del ‘600. In seconda e terza immagine invece l’aspetto attuale del
  luogo con i resti del seicentesco Fort Charles e le rovine sommerse in seguito al terremoto del 1692 presso la Sunken Marine City.

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6° giorno: BLUE MOUNTAINS

Come una sorta di macchia di selva intricata e lussureggiante le Blue Mountains contraddistinguono la massima protrusione orientale della
Giamaica nel Mar dei Caraibi. Questa catena montuosa della lunghezza di circa 50 km rappresenta una sorta di microcosmo rigoglioso e
largamente inviolato, ideale sia per gli amanti del trekking, che per i cultori della botanica o gli amanti del caffè. Grazie ai suoi pendii
sempre inumiditi dalle nebbie persistenti diurne e da un clima fresco ma tropicale le Blue Mountains costituiscono infatti un luogo ideale per
la crescita del caffè, una coltivazione che venne introdotta nell’area dagli inglesi nel ‘700 e che oggi dopo un breve periodo di declino
susseguente la liberazione dalla schiavitù dei neri nell’800 costituisce il pilastro dell’economia locale. Il caffè delle Blue Mountains
giamaicane è talmente delizioso che è conosciuto dagli esperti del settore in tutto il mondo (con particolare devozione in Giappone) ed è una
delle merci di produzione giamaicane più richieste e costose dei nostri tempi. Apice di ogni esplorazione delle Blue Mountains è la salita a
piedi del Blue Mountain Peak, la vetta più alta della catena montuosa (2256m) che si effettua in tre o quattro ore di cammino dall’abitato di
Penlyne Castle (40km, 2 ore da Kingston). La salita non è tecnicamente difficile e si svolge in un susseguirsi di habitat naturali diversi e
lussureggianti (tra boschi animati da lucciole, grilli, cavallette, macchie di foreste nane, felci arboree e campi di bambù) ma sussistono
problemi sia in termini di orientamento che di visibilità. Quasi quotidianamente infatti la vetta delle Blue Mountains già a metà mattino di
copre di una coltre nuvolosa impenetrabile che offusca le meravigliose viste sul Mar dei Caraibi che si protendono nei giorni giusti sino a
Cuba. Molti per ovviare al problema partono di notte da Kingston in modo da completare l’ascesa poco oltre l’alba. Il rientro a Penlyne
Castle avviene così in genere poco oltre l’ora di pranzo. Consumato il meritato pasto (innaffiato dall’immancabile caffè locale) potreste
quindi visitare i vicini Cinchona Botanical Gardens (20km, 1 ora), situati in magnifica posizione panoramica a circa 1400m di quota ma
raggiungibili con una strada impervia e difficile da percorrere, adatta solo ai fuoristrada. Sarete ricompensati dalle vostre fatiche da un’oasi
botanica veramente fotogenica e difficilmente dimenticabile, ma pensate di raggiungerli sono se nutrite una vera passione per la botanica e
avete davvero ancora tanto tempo a disposizione nella giornata. Il percorso automobilistico da Penlyne Castle a Port Antonio (la vostra meta
per la nottata) si snoda infatti su ben 105km di complicate strade montane prima e marine poi secondarie per percorrere il quale finirete per
impiegarci non meno di 3 ore e mezza di guida effettiva. Forse la giornata vi risulterà un poco lunga, ma sarete ampiamente ricompensati da
panoramici unici e da angoli della Giamaica davvero inediti e lontani dai percorsi turistici principali.

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Alcuni scatti che estrinsecano la bellezza naturale e le produzioni agricole predominanti delle Blue Mountains, la principale catena montuosa
della Giamaica. Qui l’arte della produzione del caffè raggiunge alcune delle vette più raffinate di tutto il mondo, la natura cresce rigogliosa e
  tipicamente di foggia tropicale sin sulla vetta della Blue Mountain Peak e non mancano anche giardini botanici come quelli di Cinchona.

7° giorno: PORT ANTONIO

Principale porto bananiero dell’intera Giamaica e capoluogo del distretto di Portland Port Antonio è un luogo ancora squisitamente
tropicale contraddistinto da ritmi lenti e capre che spesso sonnecchiano ai bordi delle strade ma solo i più grandi conoscitori della storia
giamaicana sanno che fu proprio qui ad inizi del ‘900 che iniziò a diffondersi la tradizione turistica giamaicana grazie ad estrose star
hollywoodiane che scelsero questa regione particolarmente verde ed inviolata della Giamaica come base per le loro seconde case.
Nonostante un buon inizio Port Antonio scivolò ben presto nel dimenticatoio tra le località di richiamo della Giamaica e ancora oggi la zona
appare in procinto di prendere il volo ma non ancora svezzata nella sua verginità turistica sebbene l’apertura di un porto per crociere e le
baie verdeggianti poco a est della città facciano sempre propendere per un prossimo, imminente, boom turistico. Port Antonio in sé non
presenta particolari motivi di richiamo per i viaggiatori (se non i buoni ristoranti tipici di Folly Road e qualche club notturno buono per la
sera) ma vi basterà muovervi di alcuni chilometri lungo la magnifica linea costiera verso est per imbattervi nel principale monumento di

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interesse dell’area: il Trident Castle, una sfarzosa villa degli anni ’80 oggi riadattata ad albergo di lusso, che si specchia nel Mar dei Caraibi
dall’alto di una prominenza aggettante sul mare. Altri 5 km (10 minuti) di strada verso est vi condurranno quindi alle magnifiche baie di San
San Beach (facente parte di un resort della zona ma accessibile) e alla celebre Blue Lagoon, una sorta di lago interno collegato al mare da
un passaggio sommerso profondo oltre 50 metri e alimentato da sorgenti di acqua dolce a 40 metri di profondità, altamente fotogenico. Gli
amanti della tintarella e delle spiagge da sogno dovrebbero poi continuare lungo la statale A4 verso est sino a pervenire ai litorali di Boston
Beach e Long Bay (10km, 15 minuti). La prima è una idilliaca insenatura sempre sferzata da onde costanti ideali per il surf ed è famosa per
il gustosissimo jerk di pollo e maiale che viene continuamente servito dai chioschi che vendono cibo nelle sue immediate vicinanze. Long Bay
invece è un lunga e ampia striscia di sabbia rosa che si protende verso oriente. Perfetta per fotografie mozzafiato grazie alle sue cristalline
acque dai colori caleidoscopici Long Bay è un’altra mecca per gli amanti del surf, mentre i bagnanti dovrebbero essere cauti a causa delle
forti correnti di risacca presenti. Qualche che sia la spiaggia che sceglierete per trascorrere la giornata nella provincia di Portland vi
raccomandiamo a sera di fare rientro al vostro albergo di Port Antonio per tempo e di godere delle flemmatiche e coinvolgenti atmosfere
tropicali della zona.

Port Antonio, capoluogo della selvaggia regione giamaicana di Portland, fu la prima area ad essere investita dai flussi turistici della nazione
   ad inizi del ‘900 ma ancora oggi è un’area che deve trovare la sua dimensione, in cui le folle latitano ma dove non mancano splendide
    dimore novecentesche come il Trident Castle o spiagge da sogno come l’appartata baia di Boston Beach o l’interminabile Long Bay.

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8° giorno: OCHO RIOS

L’ottava giornata dell’itinerario proposto in terra giamaicana rappresenta probabilmente la tappa più lunga e probante sotto un profilo
logistico dell’intero viaggio. La tappa si sviluppa infatti per 205km (4 ore di guida effettiva al minimo) lungo le tortuose ma assai
panoramiche statali A3 e A1 della costa settentrionale giamaicana permettendovi di trasferire la vostra base serale da Port Antonio sino a
Montego Bay, una delle punte di diamante dell’industria turistica isolana. Al fine di non dover percorrere questo percorso con fretta e ansie
di arrivare alla meta vi consigliamo pertanto una sveglia di buona mattina, sarete ricompensati ampiamente dalla scelta. Il primo luogo di
interesse che vi consigliamo di raggiungere è la storica dimora di Firefly (85km, 105 minuti da Port Antonio) che fu proprietà del noto
commediografo inglese Sir Noel Coward. La tenuta è collocata in splendida posizione panoramica sulla costa sottostante ed offre un
spaccato della vita altezzosa e lussuosa in cui vivevano i ricchi della Giamaica del XX secolo, senza dimenticare che all’interno del
complesso si trova anche una collezione di dipinti dello stesso Coward che realizzò sotto la supervisione del suo maestro d’eccezione:
Winston Churchill. Conclusa questa prima breve visita riprendete quindi le vostre auto e puntate rapidi verso la vostra vera meta di giornata,
ossia la dinamica città portuale di Ocho Rios (20km, 30 minuti) che negli ultimi decenni grazie al sempre più cospicuo traffico di crocieristi
che la raggiungono si sta attestando come una delle località più vivaci della costa settentrionale giamaicana. Ad ogni attracco delle grandi
navi l’atmosfera si fa brillante, i commercianti alzano lestamente i prezzi delle loro merci e i procacciatori di affari si fanno improvvisamente
insistenti, ma se avrete la fortuna di non arrivare in concomitanza di questi eventi potreste qui davvero poter respirare il tipico clima da città
giamaicana di provincia. Fulcro di ogni visita all’area urbana di Ocho Rios sono l’esplorazione del parco dei divertimenti a tema di Island
Village, una singolare ricostruzione nelle intenzioni di un tipico villaggio costiero giamaicano tradizionale (non perdetevi al suo interno il
Reggae Xplosion, un piccolo ma illuminante museo sulla tradizione musicale principe della Giamaica) e il passeggiare senza meta nei
rigogliosi e curatissimi giardini del Turtle River Park che si estendono per svariati ettari verso l’entroterra seguendo il corso del fiume
omonimo. Tra vialetti, sentieri, piccoli invasi zeppi di carpe, tartarughe e gamberi d’acqua dolce, felci, cactus e cespugli di spezie questo
parco è una vera delizia per i sensi e per l’animo e ha nelle cascate di Konoko Falls probabilmente la sua punta di diamante. Fattasi quindi
inevitabilmente l’ora di pranzo vi consigliamo di consumare un lauto pasto in città prima di iniziare a muovere in direzione ovest verso
Montego Bay (100km, 90 minuti) nel primo pomeriggio. Anche se tecnicamente uscirete dai confini cittadini le attrattive di Ocho Rios sono
però ben lungi dal terminare di emozionarvi: giusto nei sobborghi occidentali della città si colloca infatti il cosiddetto Dolphin Cove, un
complesso ricavato in un’insenatura marina dove ammaestratori e personale sempre attento ai bisogni degli animali propongono ai turisti la
straordinaria esperienza di poter nuotare in compagnia dei delfini per mezz’ora circa affiancato al qualificato personale della struttura.
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L’esperienza per chiunque è estasiante e indimenticabile, non lasciatevi sfuggire l’occasione. Giusto accanto al Dolphin Cove infine avrete
modo di imbattervi nelle Dunn’s River Falls un complesso di salti d’acqua, piscine naturali e rocce scivolose incastonate all’interno di una
rigogliosa foresta pluviale considerato da molti viaggiatori una delle chicche più amabili di tutta la Giamaica. Se tollerate un certo
affollamento in effetti il contesto naturale è davvero delizioso e discendendo completamente le balze rocciose per 180 metri di dislivello
potrete infine raggiungere la spiaggia sottostante sul Mar dei Caraibi per un tuffo in acque più temperate. Vi esortiamo a godervi tutte le
vostre esperienze a Ocho Rios con la dovuta calma e impostando la giornata in modo tale da lasciare la cittadina solo quando ormai il sole è
prossimo a varcare la linea dell’orizzonte. Per motivi logistici e valutando anche l’offerta proposta in termini di vita notturna ci papare
doveroso però consigliarvi di portarvi già a Montego Bay in serata piuttosto che rimanere ad Ocho Rios per la notte.

 Tre scatti che immortalano le principali ragioni per cui un turista dovrebbe raggiungere la cittadina portuale di Ocho Rios lungo la costa
 settentrionale giamaicana: in prima immagine uno scorcio dell’Island Village, parco a tema che propone una ricostruzione di un villaggio
  giamaicano tradizionale, al centro le splendide e balneabili Dunn’s River Falls, mentre in ultima immagine un gruppo di deflini con cui
                                               potrete nuotare all’interno del Dolphin Cove.

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9° - 10° - 11° giorno: MONTEGO BAY

Centro nevralgico dell’industria turistica giamaicana Montego Bay (o MoBay come viene comunemente identificata da tutti) è il perno del
divertimento e dell’accoglienza nazionale. Dai patiti dei villaggi all inclusive a chi ama trascorrere la sua vacanza in spiaggia, giovando a
golf o perlustrando i dintorni alla ricerca di siti storici coloniali Montego Bay difficilmente deluderà qualcuno, men che meno le migliaia di
crocieristi che ogni giorno affollano il suo porto. Come non bastasse tutto questo Montego Bay offre anche lo spaccato dello stile di vita
giamaicano contemporaneo più intrigante dell’isola con campanelli di locali che amano radunarsi a sera nelle viuzze del centro
sorseggiando cocktail, fumando in compagnia e ascoltando le incessanti note della musica reggae. La storia di Montego Bay affonda le sue
radici nella dominazione spagnola dell’isola della Giamaica: fondata nel 1655 come mercato per il commercio dello strutto divenne nel ‘700
un dei principali porti dediti al commercio della canna da zucchero, coltivata estensivamente sulle colline adiacenti, almeno sino al 1831,
anno in cui venne abolito il regime di schiavitù in zona. Dopo decenni di regressione e stagnazione economica Montego Bay iniziò dopo la
seconda guerra mondiale però la sua seconda vita dedita al turismo, favorita in questo dalle notevoli infrastrutture (un aeroporto ex militare
e un porto dal pescaggio particolarmente profondo) che le permisero di emergere tra le località della costa settentrionale giamaicana. Sotto
un profilo turistico il centro di Montego Bay sarà perfetto per allietarvi la mattinata della prima giornata che vi consigliamo di spendere in
zona: Sam Sharpe Square (che prende il nome dallo schiavo che guidò la rivolta antischiavista del 1831) è la piazza centrale dell’abitato,
raffinatamente acciottolata e sempre stracolma di gitanti o locali che vociano e trascorrono tempo insieme in armonia. Da qui merita
sicuramente una deviazione la limitrofa Church Street lungo la quale si affollano alcuni dei più begli edifici storico di MoBay tra cui spicca
la St James Parish Church, ricostruzione dell’originale settecentesca andata irrimediabilmente perduta in seguito a un terremoto nel 1957.
Particolarmente interessanti sono gli interni con vetrate istoriate di gusto europeo e una serie di amabili sculture di John Bacon. Non
dimenticate infine di gironzolare senza meta lungo Gloucester Avenue (detta anche Hip Strip), la via della moda e dell’effimero per
antonomasia di Montego Bay, uno dei luoghi in cui il consumismo ha più plasmato la tradizionale realtà giamaicana del posto. Nel
pomeriggio vale invece la pena di spendere qualche ora di meritato relax lungo le spiagge cittadine, quali Doctor’s Cave Beach e Walter
Fletcher Beach sempre congestionate di turisti ma dotate di ogni comfort e di intrattenimento.
Viste le ampie possibilità di svago ed attività proposte da Montego Bay vi consigliamo di spendere almeno un altro paio di giornate in zona
da trscorrersi o in mirabolanti uscite in barca a vela o pesca d’altura nelle invitanti acque dell’antistante del Mar dei Caraibi oppure in
memorabili immersioni presso i siti subacquei del Montego Bay Marine Park che tutela una serie di canyon sommersi stracolmi di coralli,
pesci, squali e razze. Particolarmente intriganti in questo senso sono i siti di The Point e dell’Airport Reef nelle acque giusto antistanti
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l’aeroporto internazionale locale. Chi invece possedesse un particolare interesse per l’ornitologia sappia che giusto oltre la periferia
meridionale di MoBay trova ubicazione il Rocklands Bird Feeding Station, un centro per l’addestramento e il recupero di volatili che
propone contatti ravvicinati con l’avifauna tipica giamaicana quali aranceri, fringuelli e colibrì.

  In prima immagine uno scorcio che ritrae Sun Sharpe Square, il sempre animato cuore pulsante di Montego Bay, l’epicentro dell’offerta
  turistica giamaicana. Al centro quindi un’immagine della splendida spiaggia urbana di Doctor’s Cave Beach e in ultimo una portata del
    classico jerk (in questo caso pollo alla griglia), uno dei piatti nazionali dell’eclettica cucina giamaicana, qui assai ben rappresentata.

Un’altra classica escursione giornaliera da compiersi da Montego Bay è poi quella lungo la costa settentrionale giamaicana in direzione del
centro abitato di Falmouth. Lungo la strada vi imbatterete infatti in due delle principali case coloniche della Giamaica: la Rose Hall Great
House e la Greenwood Great House, senza dimenticare la possibilità una volta calate le tenebre di godere del mirabolante spettacolo delle
bioluminescenze delle Glistening Waters. La Rose Hall Great House (20km, 25 minuti da Montego Bay) è una splendida ricostruzione
novecentesca della dimora del ‘700 dei coniugi Palmer adorna di portici palladiani, pezzi di antiquariato di elevatissima qualità e
tappezzerie ricercate, mentre la Greenwood Great House (15km, 15 minuti) emana un fascino più intimo e romantico grazie alla sua
posizione panoramica ed è una rara eccezione tra le case padronali ad essere scampata alle ire della rivolta degli schiavi giamaicani del
1831. La sua magnifica biblioteca privata, le sue porcellane di Meissen, i suoi dipinti d’epoca e gran parte del mobilio sono infatti originali e
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risalenti al XVIII secolo. Visto che la visita delle due dimore signorili vi impegnerà per almeno mezza giornata ci sentiamo fortemente di
consigliarvi di passare la seconda metà della giornata presso le spiagge caraibiche di White Bay e World Beach, ideali sia per oziare che per
dedicarsi allo snorkeling attendendo pazientemente l’avvento delle tenebre. Al calar del sole infatti le acque di Glistening Waters (poco fuori
Falmouth, 15 km, 15 minuti) si contraddistinguono per uno spettacolo davvero raro: la baia si ammanta infatti di una luce verdastra dovuta
all’insolita concentrazione di specie ittiche bioluminescenti che emanano la loro luce verdastra al passaggio di grandi pesci o piccole
imbarcazioni. La risultante è estremamente romantica e costituisce un diversivo perfetto per una serata alternativa in quei di Montego Bay.
Vi rammentiamo infine che Montego Bay è la sede abituale del Red Strip Reggae Sumfest, il principale festival di musica reggae nazionale, e
che rappresenta uno dei posti ideali in cui entrare in contatto con la cucina tipica giamaicana. In realtà la tradizione culinaria locale è una
singolare mistura di usanze appartenute storicamente a diverse popolazioni differenti. Gli autoctoni arawak introdussero sull’isola il callaloo
(ortaggio simile agli spinaci), la manioca (radice commestibile), il mais e l’igname (altra radice commestibile), mentre in seguito furono gli
spagnoli e i dominatori britannici a portare le loro pietanze classiche, fuse poi con fantasia dai locali con anche piatti di astrazione indiana e
cinese. Il risultato è una cucina eclettica che si basa su una diversità straordinaria di frutti tropicali (banane, noci di cocco, ortanique, star
apple, ackee, guava, guinep, manghi, naseberry, papaya, soursup, ugli solo per citarne alcuni) e su alcune portate tradizionali come la
johnny cake (gnocchetti fritti), l’escoveitched fish (pesce in carpione), il rundown chicken (pollo cotto in latte di cocco speziato), la curried
goat (capra al curry), la mannish water (una portata composta da un’intera testa di capra), il tipico riso e piselli e l’immancabile jerk (carne
o pesce alla griglia). Una particolare devozione dei giamaicani si registra proprio per il consumo di pesce freschissimo come gli snapper
(pesci ballerini), i pesci pappagallo, le cernie, i marlin o le aragoste. Tra le bevande si registra invece un vero e proprio culto per il caffè
delle Blue Mountains (a detta degli esperti uno dei migliori del mondo), senza dimenticare gli analcolici skyjuice (coni di ghiaccio
aromatizzati con sciroppi di frutta) e il Ting (bevanda gassata a base di succo di pompelmo). Tra gli alcolici invece la parte del leone la fa
indiscutibilmente il rhum (bianco, aromatizzato o scuro che sia) disponibili in diverse etichette di valore.

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Alcuni scatti che ritraggono le bellezze artistiche e naturalistiche della costa giamaicana compresa tra Montego Bay e l’abitato di Falmouth.
Nelle prime due immagini la sfarzosa Rose Hall Great House e l’appartata Greenwood Great House, esempi perfetti di architettura coloniale
 padronale giamaicana. In terza immagine invece lo spettacolo delle bioluminescenze notturne di Glistening Waters, poco fuori Falmouth.

12° - 13° giorno: NEGRIL

Se Montego Bay rappresenta la porta di ingresso principale degli oceanici flussi turistici che investono la Giamaica ogni anno si può dire che
Negril equivalga al traguardo che questa immane massa di persone si pone durante una permanenza in Giamaica. Negril è la quintessenza
dello stile di vita giamaicano: rilassata e accomodante ama trastullarsi tra le note della musica reggae, la vita da spiaggia e qualche libera
concessione ai propri vizi (il fumo di marijuana e il consumo di funghi allucinogeni sono qui cosa comune). Rimasta con un gioiello semi
sconosciuto fino agli anni ’70 quando era ambita da una clientela hippy, spensierata e dalle disponibilità economiche assai ristrette oggi
Negril e le sue interminabili spiagge sono meta di frotte di facoltosi turisti e giovani studenti americani che amano trascorrere il loro spring
break in terra giamaicana ma chiunque la raggiunga, oggi come un tempo, non potrà che rimanere estasiato di fronte ai suoi superbi
tramonti, una vera delizia dei sensi. Non dimenticate infine una cosa: anche se l’atmosfera è licenziosa, il consumo di ganja è ampiamente

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tollerato e anche gli atteggiamenti ambigui sono cosa comune (la prostituzione è una colonna fondante del posto), esistono leggi in Giamaica
che renderebbero illegale il consumo di stupefacenti e comportamenti toppo osé in pubblico. Anche se in pratica (quasi) sempre la polizia
locale tollera molto questi comportamenti non sentitevi esentati dal trasgredire le regole e prestate sempre attenzione ai vostri oggetti di
valore in spiaggia e a muovervi con la dovuta circospezione di notte, la criminalità comune sta infatti inasprendo la sua presenza a Negril.
Raggiungere Negril da Montego Bay equivale a percorrere la tortuosa ma panoramica statale A1 giamaicana che copia il massimo
promontorio occidentale dell’isola caraibica tra scenari marini di grande impatto visivo e assai fotogenici. Dopo 80km (90 minuti) di curve e
controcurve avrete infine modo di entrare nell’abitato di Negril, come aggrappato a uno sperone roccioso calcareo ricoperto di boscaglia
che si erge dominante sull’interminabile Seven Mile Beach, un litorale di sabbia soffice e dorata che si allunga per 11 km e che costituisce il
fulcro di ogni esperienza di Negril. L’atmosfera sulla battigia è giovane e licenziosa, molti sono i bagnanti in topless o semi nudi, dai
numerosi ristorantini di pesce vista mare si odono i ritmi rilassati della musica reggae e i cocktail bar permeati da un intenso odore di fumo
di marijuana sono il luogo ideale in cui riparare dopo ore di sole sulla spiaggia. Le palme e le acque cristalline che spaziano dal turchese
all’acquamarina al blu cobalto sono poi calde e invitanti e stimolano i più attivi a destreggiarsi in nuotate in acque calme, magari scrutando
un po' di movimenti sui ricchi fondali locali. Non dimenticate poi che immediatamente nell’entroterra rispetto a Seven Mile Beach si torva la
grande palude di mangrovie di Great Morass che costituisce un ecosistema perfetta per la vita di una serie di uccelli d’acqua dolce che
trovano riparo nei meandri di questi lemmi corsi d’acqua riparati. Per farvi un’idea dell’ambiente il modo migliore probabilmente è quello di
percorrere i brevi sentieri della Royal Palm Reserve in cui su passerelle di legno che si insinuano tra palme, platani e giuchi avrete modo con
facilità di osservare farfalle, garzette, aironi, picchi e parrocchetti.
Vista la possibilità di pernottare in splendidi alberghi in genere con vista spiaggia, di poter banchettare in alcuni dei ristorantini più
romantici di tutta la Giamaica, di ascoltare svariati concerti di ottima musica reggae e di godere della presenza di uno stuolo quasi infinito di
discoteche, cocktail bar e locali in cui consumare ganja e funghi allucinogeni in quantità vi suggeriamo caldamente di predisporre all’interno
del vostro viaggio almeno un paio di notti da trascorrere in zona, vi assicuriamo che nessuno si è mai pentito di tale scelta. La seconda
giornata da trascorrersi in loco può tranquillamente essere dedicata alla vita da spiaggia e all’entrare in sintonia con questa atmosfera unica
e rilassante. Sappiate a tal proposito che un’alternativa alla dinamica Seven Mile Beach è costituita, alcuni chilometri più a nord, dalla
eterea e tranquilla baia di Bloody Bay, mentre i patiti della subacquea e dello snorkeling potranno muoversi tra banchi di coralli e spugne e
acque trasparenti che consentono spesso visibilità fino a 30 metri di profondità. Qui tartarughe embricate, squali nutrice, razze, gorgonie,
barracuda e pesci pagliaccio sono davvero comuni e facili da avvistare.

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Alcuni immagini simboliche di Negril, il cuore pulsante del vizio e la quintessenza stessa degli stereotipi con cui spesso si identifica la
   Giamaica. Qui potrete respirare ancora l’atmosfera hippy amichevole e licenziosa di un tempo lungo l’interminabile distesa sabbiosa di
  Seven Mile Beach, lanciarvi in serate sfrenate presso gli onnipresenti locali notturni e provare a fumare una delle migliori marijuane del
  mondo che viene smerciata (attenzione che sarebbe illegale) da parte di numerosi personaggi squisitamente rasta che si aggirano in zona.

14° - 15° giorno: BLACK RIVER GREAT MORASS NATIONAL PARK

La porzione costiera meridionale dell’isola giamaicana è da sempre un’area lontana dalla calca di turisti tipica della sua costa settentrionale
o dell’area altamente pubblicizzata di Montego Bay o Negril e proprio per questo risulta essere povera in infrastrutture e al contempo ricca
per il perdurare di tradizioni, usi e costumi che evocano i secoli scorsi e il mitico periodo coloniale caraibico. Immersa in una quiete
tropicale quasi inebriante la cittadina di Black River (75km, 90 minuti da Negril) è con ogni probabilità il sito di maggiore interesse della
regione. La cittadina è un conglomerato di case in legno georgiane in non ottimale stato di conservazione che ricordano il florido passato
portuale di Black River il quale fu uno dei centri nevralgici per il commercio del legname dei Caraibi e una delle realtà è più progredite della

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Giamaica, almeno sino alla fine del XIX secolo (qui venne installata per la prima volta nell’isola la fornitura pubblica dell’energia elettrica).
Tuttavia, anche se il passeggio lungo l’animata High Street (la strada a mare) è gradevole per intrattenervi per qualche minuto, la vera
ragione di una visita a Black River è costituita dalla presenza adiacente della Black River Great Morass: un’area paludosa di 200 kmq che
congloba la foce dell’omonimo fiume locale. In questo parco potrete muovervi solo grazie all’ausilio di piccole imbarcazioni tradizionali in
legno (che non disturbano la fauna locale e costituite per lo più da canoe scavate in tronchi) e finirete per essere catapultati in un
microcosmo composto di lemmi canali, pozze d’acqua balneabili e foreste di mangrovie, nelle quali proliferano colonie di coccodrilli
americani, le vere star della riserva. Questi alligatori che possono raggiungere i quattro metri di lunghezza si sono col tempo abituati alla
presenza umana e non è raro che addirittura si avvicinino alle vostre barche o lambiscano i territori cittadini di Black River nella speranza di
procacciarsi del cibo. Vi ricordiamo che le ore migliori per gli avvistamenti sono quelle mattutine durante le quali i coccodrilli tendono a
crogiolarsi al sole per ristabilire una temperatura corporea più elevata dopo la notte. La Black River Great Morass è infine nota anche per il
colore tipicamente marrone scuro delle sue acque, frutto della progressiva decomposizione dei suoi alberi che rilasciano tannino e che per
questo un tempo erano assai ambiti per produrre il pigmento blu di Prussia. Vista l’estensione del parco nazionale e la possibilità di
concedersi un pranzo in baracche tradizionali che vi sarà offerto dai tour operator della zona più affidabili vi suggeriamo di dedicare tutta la
giornata a Black River e i suoi dintorni, mentre per la serata è altamente ipotizzabile di fare rientro a Negril per godersi ancora una volta la
sua dinamica vita notturna.
La quindicesima giornata dell’itinerario proposto coincide invece con l’ultima giornata in terra giamaicana e la tappa si sviluppa copiando
tutta la lunga linea di costa meridionale dell’isola permettendovi di raggiungere in serata nuovamente la capitale Kingston da cui l’indomani
potrete trasferirvi verso le Isole Cayman. Il tragitto di 225km (4 ore di guida) da Negril a Kingston è facilmente e amabilmente intervallabile
però con la visita a due chicche che non dovrebbero essere escluse da nessun tour giamaicano: le YS Falls e l’Appleton Rhum Estate. Le
cascate di YS Falls (85km, 90 minuti da Negril) sono un cluster di otto salti d’acqua dell’altezza media di 36 metri concatenati tra loro e
immersi nella foresta che formano alla loro base una serie di piscine naturali perfette per la balneazione. Grazie alla loro posizione un poco
remota non sono particolarmente frequentate, nonostante la bellezza che a detta di molti è ineguagliabile in tal senso nel resto della
Giamaica. Facilmente raggiungibili in automobile queste cascate possono essere un perfetto diversivo per qualche ora e un sito perfetto per
un pic-nic all’aria aperta. Giusto nelle vicinanze delle YS Falls trova ubicazione poi l’Appleton Rhum Estate (25km, 30 minuti) che deve la
sua fama al fatto di essere la più antica e grande distilleria della Giamaica intera. Fondata nel lontano 1749 questa azienda riesce a
condurre commerci e vendite ancora in maniera florida e vi accoglierò con tour guidati delle sue aree produttive interne nelle quali aleggia
l’inconfondibile odor della melassa in fermentazione. Anche per i non cultori dell’alcolico simbolo dei Caraibi sarà un’esperienza
interessante comprendere meglio i segreti del rhum e della sua filiera produttiva, così come moltissimi rimangono del tutto favorevolmente

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