GESTIONE DELLE SITUAZIONI DI CONFLITTO GESTICOND SANREMO 15 DICEMBRE 2017 - Dott.ssa Lorena Sopetto Corso di Aggiornamento - Gesticond Ponente Ligure

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Dott.ssa Lorena Sopetto

GESTIONE DELLE SITUAZIONI DI CONFLITTO

        Corso di Aggiornamento
              GESTICOND
              SANREMO
          15 DICEMBRE 2017
IL PARADOSSO DELL’ARANCIA

“Due bambine litigano per prendere l’unica arancia rimasta nel cesto della frutta. La prima afferma: ”l’arancia spetta a me
perché sono la più grande!. ”L’altra risponde: “No! spetta a me perché io l’ho presa per prima!”.
La madre interviene, cercando di porre fine alla lite, tagliando l’arancia in due parti perfettamente uguali e dandone metà a
ciascuna bambina.
Le due bambine però non rimangono soddisfatte della decisione della madre e continuano a litigare in quanto ognuna di loro
vuole tutta l’arancia e non vuole cederne neanche un pezzo all’altra.
Interviene la nonna, che dopo aver attentamente osservato la scena, domanda alle bambine il motivo reale dell’interesse a
voler l’arancia intera. La prima bambina risponde di aver sete e di voler spremere l’arancia per berne il succo, l’altra risponde
che vuole grattugiarne la buccia per fare una torta. La nonna senza indugio spreme la polpa perché la più piccola ne possa
bere il succo e grattugia la buccia dell’arancia affinché l’altra possa usarla per fare la torta. In questo modo la nonna ha
soddisfatto entrambe le bambine e finalmente torna la pace.”
Analizzando la storia é possibile comprendere il reale valore del tentativo di mediare rispetto alla trattativa diretta e alla
soluzione. Le due bambine erano impegnate a litigare e non hanno provato ad ascoltarsi e comprendersi, focalizzandosi solo
sul tentativo di far valere i propri diritti, impegnandosi completamente e non lasciando spazio ad una risoluzione alternativa
della controversia. Neanche la soluzione proposta dalla madre è efficace, pur se equa.
Il successivo intervento della nonna invece, riesce ad essere efficace ed a soddisfare entrambe le bambine. La nonna infatti
indaga sui reali motivi che spingono le due bambine a volere l’arancia, spostando il fulcro della disputa dalle rigide posizioni
agli interessi sottostanti.
Il giudizio è essenzialmente «selettivo» e rende impossibili i tentativi di scovare soluzioni alternative, così come depotenzia il
senso critico. Occorre invece conoscere gli interessi delle parti e passare a prevedere più soluzioni, ricercando vantaggi
comuni e allargando le prospettive. Per risolvere un possibile conflitto occorre spostare l’attenzione su una serie di criteri
oggettivi che possano essere condivisi da entrambe le parti. La individuazione di una soluzione basata su standard oggettivi
(ad esempio leggi, precedenti favorevoli, rilevazioni scientifiche, principi universali ecc.) può aiutare le parti ad allontanarsi
da uno sterile confronto fra posizioni preconcette.
Sun Tzu era un generale cinese, vissuto fra il VI e il V secolo a.C. oltre ad
essere un grande generale possedeva le qualitá del filosofo, e tale
caratteristica gli ha consentito di scrivere uno dei più importanti trattati
di strategia militare di tutti i tempi:“L’arte della guerra”.
Il manuale di Sun Tzu è stato ritrovato ad inizio degli anni ’70 nella
provincia di Shantung, durante gli scavi archeologici per la ricerca di una
tomba della dinastia Han. Il manuale era stato scritto su dei listelli di
bambú, conservato oggi nella collezione della University of California. Le
regole della negoziazione, contenute dal manuale di Sun Tzu e riferite al
generale, hanno contribuito a costituire la base per la conciliazione e
per la mediazione e sono state considerate in molte strategie di
marketing.
“Uno dovrebbe modificare i propri piani secondo che le circostanze
siano favorevoli o meno” ….. “Perciò come l’acqua modella il suo corso
secondo la natura del terreno su cui scorre così il generale trova la
vittoria in relazione al nemico che ha di fronte” e “Il generale che ha
piena consapevolezza dei vantaggi che derivano dalle variazioni tattiche
sa come guidare le truppe”
 E’ questo un utile riferimento alla prontezza nel cogliere spunti nuovi
ed essere flessibile.
“Spetta al generale essere calmo e perciò assicurare il riserbo” ,
“Maltrattare gli uomini e poi temerne le reazioni indica una suprema
mancanza di intelligenza” e “Quando gli alti ufficiali sono incolleriti ed
insubordinati, ed all’incontro con il nemico danno battaglia di loro
iniziativa per una sorta di risentimento e, comunque prima che il
comandante in capo dica se è, o meno, in grado di combattere, il rischio
è la rovina”
 Cosí per gestire al meglio un conflitto occorre mantenersi obiettivi,
calmi e non farsi coinvolgere e trascinare nel conflitto, assumendo
posizioni od atteggiamenti di aderenza verso l’una o l’altra parte
METAFORE DEL CONFLITTO

• Il conflitto come guerra (si tenta di annientare a tutti i costi il nemico)

• Il conflitto come opportunità (si ricercano possibilità per risolvere
  situazioni di antagonismo)

• Il conflitto negato (si cerca di sfuggire per paura delle conseguenze)
“ …. il conflitto vi dà l’opportunità di approfondire il vostro grado di empatia e intimità nei confronti dei vostri
avversari.
La vostra rabbia trasforma “l’altro” in un demone o un furfante stereotipato. Un atteggiamento
difensivo,parimenti,vi impedirà di comunicare apertamente con il vostro oppositore o di ascoltare attentamente
ciò che dice.
D’altro canto, una volta che comincerete a dialogare con quella persona, farete rinascere il lato umano della sua
personalità e riuscirete, di rimando, a esprimere il vostro. Inoltre, se gestirete i conflitti con integrità essi vi
porteranno ad una crescita della consapevolezza ed a un miglioramento di voi stessi.La rabbia incontrollata, un
atteggiamento difensivo e la vergogna vanno a minare tali possibilità.Tutti si sentono meglio una volta risolti i
problemi etrovata una soluzione e si sentono peggio quando soccombono o falliscono nel risolverli ……….
L’amara verità è che le vittorie rabbiose portano ad unasconfitta a lungo termine. Gli sconfitti si ritirano, si
sentono traditi e perduti, e conserveranno tale sentimento per il conflitto successivo.
Il conflitto può essere visto semplicemente come un modo per imparare qualcosa di più in merito a ciò che non
funziona e a come risolvere il problema.
L’utilità della soluzione dipende da quanto profonda sia la vostra comprensione del problema. Questo è legato
alla vostra capacità di ascoltare, che dipende, a sua volta, dall’arresto del ciclo di escalation e dalla ricerca di
opportunità e di miglioramenti….”

K. Clocke, J. Goldsmith : “ Resolving conflicts at work: a complete guide for everyone at the job” Jossey
Bass, St Francisco 2000, pp 25, 27, 29
L’idea del conflitto, come motore delle cose e forza positiva, risale alle
origini del pensiero filosofico.

Secondo Eraclito (544-483 a.C.) il conflitto caratterizza la vera natura
della realtà (è «madre di tutte le cose»); nel frammento 80 afferma
:«Occorre sapere che il conflitto è comune, che il contrasto è giustizia, e
che tutte le cose accadono secondo contrasto e necessità», e che in ciò
che «discorda sta l’armonia più bella».
Per dirla con uno dei massimi studiosi di psicologia sociale, Kurt Lewin,
il conflitto è: “una situazione in cui le forze di valore
approssimativamente uguale ma dirette in senso opposto, agiscono
simultaneamente sull’individuo”.

Il conflitto appartiene alla natura umana ed è utopico pensare ad un
mondo senza conflitti, ma non può essere identificato con la violenza,
che è solo uno dei tipi di comportamento in cui esso si manifesta .
La sfida è quella di ridurre gli effetti indesiderabili e distruttivi di una
situazione conflittuale, uscendo da stati di impasse, attraverso un:
graduale passaggio da una condizione di confusione e sofferenza,
originata dal conflitto, ad una posizione di nuovo equilibrio.
Nel conflitto esiste un’opportunità di sviluppo e crescita, va controllato
e gestito perché è un segnale per ridefinire la situazione. Una
interessante prospettiva viene dalla cultura cinese, per la quale la
parola “conflitto” si rappresenta con un ideogramma composto dai
simboli che significano rispettivamente Pericolo e Opportunità.
Il conflitto non ha, dunque, né una natura benigna né maligna: è il
nostro agire di conseguenza che può farlo diventare una occasione di
crescita o un momento di scontro e rottura della relazione.
Come in ogni interazione umana, anche nel conflitto tra individui
l’assenza di comunicazione è impossibile ed è nelle dinamiche
comunicative che questo si esplicita, si conserva, si accresce.
 È logico pensare, quindi, come conferma la letteratura specifica, che le
competenze comunicative rappresentino lo strumento adatto per
affrontare e gestire tali circostanze.
L’ ascolto di sé di tipo passivo risulta controproducente nella
                             comunicazione efficace.
   L’ascolto, anche quello rivolto al sé, risulta funzionale soltanto se è di
                                    tipo attivo.
     Il sapersi ascoltare, e il saper sviluppare una autoconsapevolezza
emozionale significa iniziare a concepire le emozioni come informazioni
 relative alle modalità con cui il nostro corpo, data una certa situazione,
                            ritiene adeguato attivarsi.
Sviluppare la capacità di leggere le proprie emozioni come espressioni
di “un’intelligenza più complessiva” che invia segnali predittori di
comportamenti, pone l’individuo in una posizione di scelta attiva:
l’emozione mi informa su di me e sulla situazione, quindi posso
scegliere come adattare di conseguenza il comportamento previsto o se
usare una strategia alternativa.
Ascoltandosi con maggiore efficacia è possibile cambiare ottica sulle
nostre reazioni, comprendendole ed accettandole. Un esempio è
offerto da Scotto (1998): “l’ansia e il timore, prima e durante il conflitto,
sono aspetti fisiologici : l’uomo imperturbabile è culturale, non
naturale” o ancora: “l’ansia deriva dal timore che il confronto con l’altro
mi destrutturi, cioè metta in crisi, mini le mie basi, la mia fiducia in me,
la mia immagine di me; in tal senso, il confronto con l’altro è un’eco del
mio confronto con le parti diverse di me stesso/a”.

Prendere coscienza di questi ed altri aspetti della “vita emozionale” nel
conflitto, verificandoli in noi stessi, conferisce serenità nel rapporto con
l’altro, un maggiore senso di efficacia, e predispone all’instaurazione di
quei circoli virtuosi, risolutivi dei conflitti.
La paura della collera di un’altra persona è uno dei timori più diffusi. Si manifesta
      con l’impossibilità di affrontare persone autoritarie, per cui si finisce per
privilegiare quei comportamenti, spesso stereotipati, relativi a questo paradigma di
                                       relazione.

   La paura di essere rifiutati, derisi impedisce di assumersi rischi nella propria
  carriera lavorativa, così come nelle relazioni interpersonali. Trattandosi di uno
 schema comportamentale richiede molto tempo per essere modificata. Occorre
  che la persona cominci ad osservare se stessa con onestà e sincerità, chi è, che
              posizione occupa e che cosa pensa, sente, come agisce.

  La paura di ascoltare sé stessi può portare la persona a discutere per anni senza
mai affrontare il conflitto vero e proprio. Diventa in questi casi essenziale ascoltarci,
lasciando che l’altro, facendoci da specchio, ci restituisca quegli aspetti di noi stessi
 che non volevamo accettare perché troppo dolorosi e che, quindi, abbiamo finito
                       per proiettare al di fuori di noi, nell’altro .
Modalità di ascolto dell’interlocutore
Ascolto finto: Ascolto “a tratti”, è possibile la distrazione, oppure la
fuga nella immaginazione, fidandosi che l´intuito catturi le cose
“importanti” tralasciando quelle meno importanti. Si tratta di un
ascolto passivo, vissuto solo come opportunità per poter parlare.

Ascolto logico: L´attenzione è concentrata sul contenuto di ciò che
viene espresso, ma potrebbe essere erronea la convinzione
dell’interlocutore di essere stato capito.

Ascolto attivo – empatico: E’ un “ascolto efficace”, ci si mette “nei
panni dell´ altro”, cercando di entrare nel punto di vista dell’
interlocutore, condividendo, per quello che è umanamente possibile, le
sensazioni che manifesta, siano esse implicite, siano esse esplicite.
Praticare l’ascolto attivo significa ascoltare con il senso dell’udito, ma
anche con quello della vista, stimolando tutto il corpo a diventare
ricettivo in modo da cogliere con la maggior attenzione e fondatezza
possibile la comunicazione non verbale dell’altro. E ’necessario, quindi,
acquisire la capacità di “leggere” in toto il messaggio comunicativo,
rilevando più aspetti possibili sia della comunicazione verbale che non
verbale.
La capacità di prestare ascolto attivo al sé e la capacità di praticare un
ascolto attivo empatico producono quello che viene chiamato ascolto
assertivo.
L’assertività prevede per il soggetto la possibilità di sperimentare la
modalità attiva, in qualità di protagonista consapevole, ma non
prevaricante. Il comportamento assertivo tende a produrre influenze
positive nell’ambito relazionale, in quanto il soggetto è generalmente
percepito come autentico, rassicurante ed in grado di comprendere gli
altri                                                                   .
Sotto il profilo della comunicazione non verbale, l’assertività tende ad
esprimersi con un atteggiamento posturale eretto, saldo ed equilibrato,
sicuramente non rigido. Gli occhi tendono allo sguardo reciproco senza
indulgere eccessivamente in un comportamento visivo di fissazione
dell’altro, comunicando apertura, disponibilità e piena congruenza tra
linguaggio verbale e non verbale.
Uno strumento delicato e potente: l’ironia.

Come forme indirette ed oblique di comunicazione, l’ironia e
l’umorismo rappresentano un modo di creare legami e praticare un
certo controllo sociale, grazie ad una modalità “corale” data la
tendenza che tali pratiche hanno nel coinvolgere gli altri.
Goffman sottolinea la riduzione dello stress connessa all’uso di forme
scherzose che sono utili nella negoziazione di quelle azioni
potenzialmente minacciose per l’immagine personale. Lo humour si
presenta perciò come importante strumento e parziale soluzione
creativa del conflitto. L’ironia può creare una forma di empatia,
sdrammatizzando l’enfasi e ridimensionando le situazioni. È il caso
dell’autoironia, dove gli individui si proteggono esagerando i propri
difetti e scherzando sulle proprie qualità.
La risposta migliore alla conflittualità consiste, per prima cosa, nella
capacità di separare i sentimenti riguardo a persone e situazioni, dalle
circostanze, così da avere una visione più obiettiva, senza distorcere i
fatti attraverso il filtro dei sentimenti.
Le emozioni vanno riconosciute, esse infatti coinvolgono gran parte
delle nostre energie sia fisiche che psichiche. Quando non diamo il
giusto peso e le reprimiamo finiscono con l’accumularsi aspettando
solo il momento di esplodere. Al contrario, quando le emozioni
invadono tutta la nostra persona e non ci permettono di ragionare,
potremmo incorrere nel grave errore di perdere il controllo e
permettere alla collera di prendere il sopravvento.
Tuttavia anche l’esperienza della collera può essere positiva se espressa
in modo costruttivo. Quindi il problema non è quello di evitare il
conflitto, ma di affrontarlo con consapevolezza e responsabilità.
Molto spesso, nella vita reale, non è tanto facile dominare le emozioni
e avere la massima lucidità nel gestire i conflitti, per cui il primo muro
che si erige tra le parti in conflitto è quello dell’ assenza della
comunicazione.
Nei conflitti interpersonali, sovente in ambito familiare, ma anche
sociale e lavorativo, è facile assumere atteggiamenti impulsivi che
rappresentano l’esclusione totale dell’ascolto attivo e dell’ascolto
assertivo :sbattere la porta e non parlare più all’interlocutore sono gli
esempi più diffusi. La situazione diviene problematica quando
l’interruzione della comunicazione si protrae nel tempo, producendo
una pericolosa cristallizzazione del conflitto.
INTERVENTI CHE PREVENGONO IL CONFLITTO

• Aumentare la frequenza della comunicazione delle interazioni nel
  gruppo rafforzando lo stile cooperativo

• Favorire la diversificazione delle esperienze

• Favorire il processo empatico

• Porre l’accento su obiettivi globali sovraordinati che calamitino
  l’interesse di tutti
CONFLITTO INTRAGRUPPALE

I fattori che causano conflitto intra- gruppo sono legati a:

1. stile di leadership autoritario
2. struttura del compito complessa;
3. grandi dimensioni dei gruppi con sottogruppi con finalità
   contrastanti;
4. composizione eterogenea dei gruppi negli atteggiamenti, valori,
   interessi, stili interpersonali;
5. risultati negativi in ambienti ad elevata competitività interna
CONFLITTI DISTRUTTIVI

prevale una logica competitiva win-lose o nei casi peggiore lose-lose.
Il conflitto cresce e assume vita propria, anche se le sue cause
originarie sono state perse di vista

               3 processi legati alla distruttività del conflitto:
        la competizione insita nel meccanismo vincita-perdita
          distorsione percettiva dovuta ad incomprensioni e
               attribuzioni errate pressioni cognitive e sociali
CONFLITTI COSTRUTTIVI

               prevale una logica di tipo win-win.

Implica un processo di ristrutturazione cognitiva e di cooperazione.

              Dalla competizione alla cooperazione.

    Il conflitto costruttivo stimola l’efficacia del work-group.
COME GESTIRE IL CONFLITTO

1. Riconoscere il conflitto

2. Distanziarsi criticamente

3. Indugiare

4. Comunicare

5. Utilizzare la negoziazione
COME SUPERARE I MOMENTI DI IMPASSE

Fare un pausa, può consentire ripensamenti
Creare movimento (alzarsi, cambiare posizione…): il movimento sviluppa il
c.d. pensiero laterale, pensiero non logico non lineare che presuppone un
cambio del punto di osservazione e della prospettiva per guardare una
determinata situazione
Scomporre il problema in sotto-problemi: risolvere un problema minore può
dare ottimismo e portare ad affrontare il resto in modo diverso
Riprendere e riconsiderare opzioni prima scartate
Fare intervenire un esperto: ove vi siano ostacoli relativi ad aspetti tecnici
che se non risolti bloccano la negoziazione
Umorismo ,può servire ad allentare la tensione tipica dei conflitti
Confessare la difficoltà e il momento di impasse: può stimolare le parti ad
aiutare a superare l’impasse e creare una intesa collaborativa
Sancire , anche provocatoriamente, l’esito negativo dell’incontro può
risultare pericoloso, è preferibile tentare strategie propositive
COME GESTIRE COSTRUTTIVAMENTE IL CONFLITTO

• uscire dalla logica “di chi è la colpa” e utilizzare quella del “perché è successo”
• sviluppare la logica della negoziazione e non del baratto
• ragionare sui fatti e parlare con i dati, non farsi guidare da opinioni personali
• lasciare che il conflitto di manifesti e gestirlo subito
• mettere in luce le differenze, non appiattirle
• creare punti di contatto tra le proposte espresse
• non mettere le ipotesi in concorrenza tra loro, ma in relazione agli obiettivi e al
  compito
• utilizzare la tecnica del brainstorming, che si basa sul principio che le idee si
  innescano l’una con l’altra:
  1. Nella fase divergente si producono idee a ruota libera, Il conduttore stimola i
  presenti a proporre e vieta di fare critiche, Scrive per parole chiave le idee sulla
  lavagna.
  2. In un secondo momento si passa alla fase convergente, le idee vengono
  selezionate, valutate, e si arriva a scegliere le più interessanti.
STRATEGIA DELLE DOMANDE

• Domande aperte ( “secondo lei quali soluzioni si potrebbero prospettare?”)
• Domande esplorative, Domande aperte per sviluppo nuove idee e
  alternative ( “quali altri modi potrebbero esserci per raggiungere questo
  risultato?”)
• Domande ipotetiche ( “lei cosa ne penserebbe se … ?”, “E se ….le potrebbe
  sembrare interessante?” )
• Domande circolari sulle opzioni (“secondo lei … cosa potrebbe pensare di
  questa soluzione?”, “ Secondo lei questa soluzione consentirebbe a … di
  essere soddisfatto?”, “ Secondo lei perché … dovrebbe accettare questa
  proposta o perché potrebbe non accettarla?”)
• Spingere la parte, anche se arrabbiata, a rispondere ( ad es. “secondo lei
  cosa pensa il suo vicino di questa opzione?” Se risponde di chiederlo a lui si
  può rispondere “glielo chiederò certamente però in questo momento mi
  piacerebbe sentire anche la sua opinione “).
STRUMENTI PER VALUTARE POSSIBILI ALTERNATIVE

• Schematizzare interessi, opzioni, vantaggi, svantaggi, costi benefici, aiuta le parti a
  comparare le soluzioni visivamente, a figurarsi le possibili soluzioni concrete
• trasformare le alternative in opzioni negoziali
• valutare quali interessi e in che misura vengono soddisfatti dalle alternative che
  emergono
• Aiutare le parti a comprendere il valore effettivo di una proposta: la parte che si
  aspetta un certo risultato, fatica a comprendere che l’offerta di una prestazione
  diversa soddisfa ugualmente il suo interesse
• Far ragionare sul soddisfacimento anche degli interessi dell’altra parte: “secondo
  la sua esperienza come si potrebbero soddisfare le necessità di..?”
• Utilizzare domande esplorative e domande ipotetiche per far emergere soluzioni
  e costruire opzioni alternative
• Utilizzare domande circolari sulla soluzione che sta ottenendo consensi
DA POSIZIONI CONTRAPPOSTE ALLA COLLABORAZIONE

Un approccio rigido e per posizioni, con parti contrapposte, arroccate sulle proprie
posizioni, che vogliono venga espresso un giudizio che dia loro ragione non conduce alla
ricerca di una soluzione ragionevole e che possa essere accettata da entrambe le parti

E’ importante lasciare che le parti si sfoghino, esprimano le loro posizioni e i loro
sentimenti per mettere un punto fermo, per poi poter ragionare con più calma

E’ importante che le parti si sentano entrambe ugualmente ascoltate

E’ importante “ristrutturare”: prendere qualsiasi cosa dicano le parti l’una contro l’altra e
indirizzarla (spostarla) contro il problema, in una direzione di problem solving
COME SEPARARE LE PERSONE DAL PROBLEMA

Sentimenti, rancore, frustrazioni, recriminazioni reciproche, giudizi sui comportamenti
tendono in una controversia ad intrecciarsi e a sovrapporsi con la sostanza del problema.
La propensione di minore sforzo sarebbe quella di trattare la persona dell’avversario e
l’oggetto della lite come fossero una cosa sola
Possibili interventi da parte di chi non è coinvolto nella lite può riuscire a scindere le
persone dal problema effettivo e condurle a incanalare la loro discussione verso interessi e
poi opzioni di soluzioni:
• tenere in debito conto le emozioni ove ciò serva per la soluzione (es.scuse)
• portare le parti a scindere la sostanza del problema dalla loro relazione, aiutarle a
   concentrarsi sul problema e a “coalizzarsi” per risolverlo
• aiutare le parti ad accantonare rancori, antipatie, risentimenti
• Aiutare le parti a non vedersi come avversari in un confronto in cui uno vince e uno perde
• aiutare a riprendere la comunicazione interrotta
• aiutare le parti ad affiancarsi nella ricerca di un accordo
• aiutare i litiganti a modificare l’iniziale percezione da “io e il mio problema” a “noi e il
   nostro problema”
COME RICONOSCERE I SENTIMENTI DELLA PERSONA

• Pur restando neutrale ed equidistante, si può dare alle parti un riconoscimento personale
  per riuscire a separare le questioni inerenti il rapporto dalla sostanza del rapporto
• Con un riconoscimento personale il soggetto non si sente minacciato nella sua
  individualità e nella sua immagine rispetto ai terzi
• Come fare? Con cautela, manifestando di comprendere le intenzioni e di ritenere
  positivi determinati comportamenti
• In tal modo la parte si sentirà compresa e approvata e tenderà a tenere un
  comportamento coerente con tale apprezzamento, dimostrando di essere collaborativa
  per ottenere ulteriore approvazione
• Altro strumento utile è il MIRRORING: tecnica attraverso la quale si rispecchiano le
  emozioni della parte, rimandando alla parte stessa l’emozione percepita durante il suo
  racconto dei fatti. Ciò permette alla parte di sentirsi ascoltata, di potersi esprimere su un
  punto delicato della vicenda
COME FORMULARE LE DOMANDE…

• Domande chiuse: la cui risposta è o sì o no, da usare poco, solo per conferma di
  informazioni già conosciute
• Domande aperte: domande di allargamento, portano la parte a parlare (es: “ vuole
  spiegarmi cosa pensa di ciò che si è verificato? per quale motivo lei…? Come si trova in
  questa situazione? Che idea si è fatto di ciò che è successo? )
• Domande circolari: di reciproca identificazione; per rispondere la parte si mette nei
  panni dell’altra, si interroga sugli interessi dell’altra (es. “Signor Rossi cosa pensa che farà
  Bianchi se …?” Signor Rossi cosa pensa che farà Bianchi se oggi non trovate un accordo?
  Mi dice come era la situazione prima del sorgere di questa lite e come erano i vostri
  rapporti ?) Fanno capire la percezione che uno ha dell’altro e che le parti hanno del
  conflitto
• Domande ipotetiche: da usare con cautela, mascherano una soluzione
• Da evitare: domande alternative, domande multiple, domande suggestive
… E ASCOLTARE LE RISPOSTE

Occorre saper ascoltare le risposte per costruire le successive domande
• ASCOLTO EFFICACE: capire i fatti e capire come si sente la persona, senza per questo
  condividere

• RIASSUNTO –PARAFRASI: dopo che ogni parte ha raccontato i fatti si riassumono, per
  verificare la propria comprensione, senza giudizio o sue opinioni, allo scopo di verificare
  se ha compreso, ma eliminando la carica negativa e con un linguaggio neutro

• DOMANDE APERTE sono utili negli incontri individuali, sono domande che non hanno
  come risposta un sì o un no, ma domande che fanno parlare l’interlocutore
BATNA E WATNA

Prendendo a prestito dalle tecniche di mediazione, ove non si raggiunga un accordo, si
possono vagliare BATNA e WATNA
• BATNA è la migliore alternativa che la parte ha a disposizione ove non si raggiunga un
  accordo (Best Alternative To Negotiated Agreement). Può essere una BATNA forte (faccio
  causa, non temo l’esito, ho molte prove a disposizione) o debole ( non posso aspettare il
  tempo di una causa perchè non ho prove da portare in tribunale). Si tratta dell’alternativa
  concreta a disposizione, non di un’alternativa utopica… mediatore invita ad essere
  realistici in questa valutazione. E’ un utile parametro per valutare opzioni di accordo
• WATNA è la peggiore alternativa per la parte in mancanza di accordo.
• La BATNA e la WATNA incidono molto sul potere negoziale delle parti: BATNA forte o
  molte BATNA danno alla parte molto potere contrattuale.
• Una BATNA debole, costosa, poco praticabile, dall’esito molto incerto, con pesanti
  conseguenze collaterali diminuisce il potere negoziale della parte
AMPLIARE LE ALTERNATIVE
• Trasformare la negoziazione da mono-issue a multi-issue. La regola è
  che ogni critica e ogni apprezzamento sulle idee emerse viene rimandata
  ad un momento successivo. Solo in un momento successivo c’è la fase
  della critica e della scelta di eventuali opzioni.
• E’ importante separare il momento creativo delle opzioni dal giudizio
  sulle stesse; la creazione deve essere libera priva di giudizi sulle idee che
  emergono. Un giudizio immediato e anticipato è infatti un forte freno
  alla creatività. Inoltre chi butta sul tavolo un’idea sa di non essere
  vincolato in nessun modo a trasformarla in opzione negoziale.
• Strumenti: Domande ad hoc, Braimstorming, Bridging, Domande
  aperte e ipotetiche, allargamento delle risorse, compensazione
• Brainstorming (letteralmente tempesta di idee):le parti, in sessione separata o
  congiunta, sono chiamate a buttare sul tavolo e ad esporre il maggior numero di
  idee possibile che vengono loro in mente, anche idee balzane o folli, a briglia
  sciolta.
• Bridging: nessuna delle parti ottiene ciò che pretende inizialmente, entrambe
  ottengono un diverso risultato soddisfacente per entrambi (es. lite moglie marito
  su vacanze mare o lago)
• Allargamento orizzontale o verticale delle risorse: se, nel primo caso, data una
  risorsa limitata vi sia possibilità di investire energie per ricercare analoghe risorse
  con analoghe caratteristiche. Nel secondo caso, se la risorsa appare assolutamente
  unica si fa “esplodere” quella che sembra unica risorsa, trovando interessi
  complementari verso la stessa
• Compensazioni che sfruttano le differenze di valore attribuite alle risorse dalle
  parti: o con compensazioni specifiche, ove a fronte della rinuncia ad una risorsa si
  ottiene una diversa risorsa che soddisfa i medesimi interessi frustrati dalle
  concessioni fatte, o con compensazioni aspecifiche in cui l’indennizzo non è
  direttamente in relazione con il tipo di questioni poste sul tavolo.
I SEI PASSAGGI DELLA GESTIONE DEL CONFLITTO NELLA METAFORA DEI “ SEI CAPPELLI”

Cappello bianco
• Analizzare i dati, raccogliere informazioni, precedenti, formulare analogie ed cogliere
  elementi senza formulare un giudizio o lasciarsi condizionare da un pregiudizio.
Cappello rosso
• Ascoltare l’emotività, i sentimenti, cogliere le intuizioni delle parti come suggerimenti.
Cappello nero
• Fare l'avvocato del diavolo, rilevare gli aspetti negativi, le ragioni per cui la cosa non può
  andare.
Cappello giallo
• Fare l'avvocato dell'angelo, rilevare gli aspetti positivi, i vantaggi, le opportunità.
Cappello verde
• Indicare sbocchi creativi, nuove idee, analisi e proposte migliorative, visioni insolite
Cappello blu
• Stabilire priorità, metodi, sequenze funzionali. Pianificare, organizzare, stabilire le regole del
  gioco. Condurre il gioco.
Il conflitto è una componente naturale e potenzialmente generativa
nell'ambito delle relazioni di gruppo e delle relazioni interpersonali.
Infatti, il conflitto stimola la multi-prospetticità del pensiero, facendo sì
che siano considerate varie prospettive riguardo ad una situazione.
Il conflitto può stimolare i componenti del gruppo a comprendere
meglio se stessi e gli altri fattori in relazione ai compiti affidati.
Tuttavia, i conflitti assumono una valenza negativa o positiva a seconda
di come vengono gestiti dai leaders riconosciuti, fermo restando che, se
trascurati o negati, i conflitti possono distruggere una comunità di
lavoro sia rispetto alla produttività, sia rispetto al clima organizzativo e
al benessere delle persone.
Il conflitto distruttivo
 Tipicamente, questo tipo di conflitto si contraddistingue da un modo di
comunicare competitivo in cui ciascun membro del gruppo cerca di
influenzare gli altri semplicemente allo scopo di avere ragione riguardo
alle proprie idee, le proprie soluzioni e punti di vista. Si crea dunque un
tipo di rapporto "mors tua-vita mea" in cui c'è chi perde e c'è chi vince.
I singoli membri del gruppo ritengono che soltanto uno di loro (o una
parte di loro) può "vincere" e affermarsi sugli altri portandoli ad
accettare i loro punti di vista.
Un risultato evidente di queste dinamiche è il rapido deteriorarsi del
clima organizzativo e delle relazioni interpersonali. Si viene a creare un
contesto in cui la maggior parte dei membri stanno sulla difensiva
limitando l'espressione delle loro idee per non rischiare che siano
valutate aggressivamente o giudicate male dagli altri.
Caratteristiche del conflitto distruttivo
Competizione: le persone si sentono in costante competizione e
l'interazione viene vissuta come una continua gara.
Egocentrismo: le persone sono più interessate ai loro benefici
individuali rispetto a quelli del gruppo di lavoro e dell'organizzazione di
appartenza.
Approccio "vita/morte": le decisioni e le soluzioni vengono formulate
guardando al vantaggio di una parte ben identificabile.
Il clima è chiuso: commenti, proposte e critiche non vengono accettati
dalle singole parti in contrapposizione.
La comunicazione è difensiva: permalosità; resistenza al cambiamento
Attacchi personali: le persone utilizzano locuzioni verbali e non verbali
aggressive, sarcastiche o di disconferma.
Il conflitto costruttivo
 è presente quando i membri di un gruppo di lavoro sono consapevoli
del fatto che il disaccordo è un aspetto naturale all'interno delle
dinamiche di gruppo, anzi è un passaggio obbligato per il
raggiungimento di obiettivi comuni. Questo tipo di atteggiamento si
riflette in modalità di comunicazione caratterizzate dalla cooperazione:
si ascoltano le idee e le opinioni degli altri con attenzione, interesse e
positività. La comunicazione viene utilizzata per mettere in evidenza gli
obiettivi comuni ai membri del gruppo ed i fattori che li accomunano. È
un tipo di comunicazione che incoraggia un orientamento "al vantaggio
comune"in cui tutti possono affermare di essere vincitori. Questo clima
positivo spinge le persone ad esprimere e motivare liberamente i propri
punti di vista concentrandosi sul contenuto dei problemi o temi
affrontati piuttosto che su aspetti personali.
Come incoraggiare il conflitto costruttivo

La comunicazione dovrebbe chiaramente mettere in evidenza:
• l'interesse dei membri del gruppo nell'ascoltare le reciproche idee e
  punti di vista,
• la disponibilità a cambiare la propria prospettiva su un tema,
• il rispetto per l'integrità degli altri membri del gruppo e le opinioni
  che rappresentano.
È in questo contesto che le persone si sentono a loro agio
nell'esprimere il proprio pensiero, partecipando attivamente e
costruttivamente alle attività di gruppo.
Caratteristiche del conflitto costruttivo
Cooperazione: le persone lavorano volentieri insieme; partecipano
attivamente; è presente dialogo e rispetto reciproco; il clima positivo.
Attenzione agli obiettivi del compito: le persone concentrano la propria
Attenzione sugli obiettivi collettivi e non semplicemente su quelli dei
singoli.
Approccio "vantaggio comune": le decisioni prese e le soluzioni
identificate sono a beneficio di tutti i membri del gruppo non solo di
uno o di pochi.
Il clima è aperto: vengono accolti proposte e critiche da tutti.
La comunicazione è supportiva e assertiva: le persone si ascoltano con
attenzione e con empatia, fornendo feedback costruttivi.
Chi deve risolvere, per mestiere, conflitti che persone e gruppi non
riescono a risolvere da soli, ha bisogno di esprimere libertà di azione
sostenuta da capacità e competenze. Ma come si possono esprimere
bene le capacità negoziali?
Innanzitutto, è bene ricordare che, per ciascun attore organizzativo, a
prescindere dal ruolo formale attribuito, conta in modo rilevante
l'atteggiamento personale verso i conflitti che, essenzialmente, può
essere di due tipi:
• Ritenere l'accordo possibile o impossibile.
• Ritenere l'accordo inevitabile o evitabile.
Mentalità negoziale
Imparare a negoziare corrisponde anche all’assunzione di una mentalità
negoziale che richiede un certo stile nell’affrontare le situazioni,
nell’impostare rapporti, nel pensare il futuro, uscendo dalla passività
(lasciare che i conflitti si risolvano da soli) e dall’affidamento al caso o
alla sorte (sopportare, tacere, aspettare che gli eventi accadano, che le
cose si aggiustino da sole...).
Poiché il negoziatore è innanzitutto un solutore di problemi, sono
questi che vanno bene impostati, sia che si sia coinvolti personalmente
oppure no. Per vincere le paure collegate al problema, bisogna
innanzitutto saper controllare la naturale propensione al pessimismo
nell’affrontare i problemi che sono alla base del conflitto ed investire
sulla consapevolezza del proprio potere, cioè della capacità di ottenere
che i propri obiettivi siano raggiunti insieme a quelli degli altri.
Comportamenti e atteggiamenti adeguati al processo negoziale
• prendere le distanze emotive dal conflitto;
• saper coinvolgere;
• mettere a disposizione la propria competenza tecnica;
• essere sensibile ai bisogni e alle motivazioni delle persone;
• sapersi immedesimare;
• ricondurre alla legittimità delle posizioni degli uni e degli altri;
• richiamare a principi e valori comuni;
• persuadere senza manipolare;
• far intravedere situazioni future migliori;
• e, soprattutto, saper utilizzare il tempo, cercando di non “perderlo”,
  ma di “dilatarlo", secondo le opportunità del momento.
In conclusione, una buona negoziazione è quella che comporta un
elevato grado di :
      interazione e di scambio secondo la logica vincente/vincente,
 che è quella su cui si può saldamente reggere il consenso. Questo,
infatti risolve il conflitto perché le persone attribuiscono un nuovo
“comune senso”agli eventi e alle proprie posizioni personali.
Il consenso, infatti, soddisfa tutti perché tutti raggiungono i propri
obiettivi, anche se non sono gli stessi. Lo sforzo negoziale deve
condurre verso la costruzione di un risultato comune, nel quale tutti si
riconoscono poiché rappresenta una soluzione nuova rispetto a quella
che ha portato al conflitto.
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