GESTIONE DELLE SITUAZIONI DI CONFLITTO GESTICOND SANREMO 15 DICEMBRE 2017 - Dott.ssa Lorena Sopetto Corso di Aggiornamento - Gesticond Ponente Ligure
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
Dott.ssa Lorena Sopetto GESTIONE DELLE SITUAZIONI DI CONFLITTO Corso di Aggiornamento GESTICOND SANREMO 15 DICEMBRE 2017
IL PARADOSSO DELL’ARANCIA “Due bambine litigano per prendere l’unica arancia rimasta nel cesto della frutta. La prima afferma: ”l’arancia spetta a me perché sono la più grande!. ”L’altra risponde: “No! spetta a me perché io l’ho presa per prima!”. La madre interviene, cercando di porre fine alla lite, tagliando l’arancia in due parti perfettamente uguali e dandone metà a ciascuna bambina. Le due bambine però non rimangono soddisfatte della decisione della madre e continuano a litigare in quanto ognuna di loro vuole tutta l’arancia e non vuole cederne neanche un pezzo all’altra. Interviene la nonna, che dopo aver attentamente osservato la scena, domanda alle bambine il motivo reale dell’interesse a voler l’arancia intera. La prima bambina risponde di aver sete e di voler spremere l’arancia per berne il succo, l’altra risponde che vuole grattugiarne la buccia per fare una torta. La nonna senza indugio spreme la polpa perché la più piccola ne possa bere il succo e grattugia la buccia dell’arancia affinché l’altra possa usarla per fare la torta. In questo modo la nonna ha soddisfatto entrambe le bambine e finalmente torna la pace.” Analizzando la storia é possibile comprendere il reale valore del tentativo di mediare rispetto alla trattativa diretta e alla soluzione. Le due bambine erano impegnate a litigare e non hanno provato ad ascoltarsi e comprendersi, focalizzandosi solo sul tentativo di far valere i propri diritti, impegnandosi completamente e non lasciando spazio ad una risoluzione alternativa della controversia. Neanche la soluzione proposta dalla madre è efficace, pur se equa. Il successivo intervento della nonna invece, riesce ad essere efficace ed a soddisfare entrambe le bambine. La nonna infatti indaga sui reali motivi che spingono le due bambine a volere l’arancia, spostando il fulcro della disputa dalle rigide posizioni agli interessi sottostanti. Il giudizio è essenzialmente «selettivo» e rende impossibili i tentativi di scovare soluzioni alternative, così come depotenzia il senso critico. Occorre invece conoscere gli interessi delle parti e passare a prevedere più soluzioni, ricercando vantaggi comuni e allargando le prospettive. Per risolvere un possibile conflitto occorre spostare l’attenzione su una serie di criteri oggettivi che possano essere condivisi da entrambe le parti. La individuazione di una soluzione basata su standard oggettivi (ad esempio leggi, precedenti favorevoli, rilevazioni scientifiche, principi universali ecc.) può aiutare le parti ad allontanarsi da uno sterile confronto fra posizioni preconcette.
Sun Tzu era un generale cinese, vissuto fra il VI e il V secolo a.C. oltre ad essere un grande generale possedeva le qualitá del filosofo, e tale caratteristica gli ha consentito di scrivere uno dei più importanti trattati di strategia militare di tutti i tempi:“L’arte della guerra”. Il manuale di Sun Tzu è stato ritrovato ad inizio degli anni ’70 nella provincia di Shantung, durante gli scavi archeologici per la ricerca di una tomba della dinastia Han. Il manuale era stato scritto su dei listelli di bambú, conservato oggi nella collezione della University of California. Le regole della negoziazione, contenute dal manuale di Sun Tzu e riferite al generale, hanno contribuito a costituire la base per la conciliazione e per la mediazione e sono state considerate in molte strategie di marketing.
“Uno dovrebbe modificare i propri piani secondo che le circostanze siano favorevoli o meno” ….. “Perciò come l’acqua modella il suo corso secondo la natura del terreno su cui scorre così il generale trova la vittoria in relazione al nemico che ha di fronte” e “Il generale che ha piena consapevolezza dei vantaggi che derivano dalle variazioni tattiche sa come guidare le truppe” E’ questo un utile riferimento alla prontezza nel cogliere spunti nuovi ed essere flessibile.
“Spetta al generale essere calmo e perciò assicurare il riserbo” , “Maltrattare gli uomini e poi temerne le reazioni indica una suprema mancanza di intelligenza” e “Quando gli alti ufficiali sono incolleriti ed insubordinati, ed all’incontro con il nemico danno battaglia di loro iniziativa per una sorta di risentimento e, comunque prima che il comandante in capo dica se è, o meno, in grado di combattere, il rischio è la rovina” Cosí per gestire al meglio un conflitto occorre mantenersi obiettivi, calmi e non farsi coinvolgere e trascinare nel conflitto, assumendo posizioni od atteggiamenti di aderenza verso l’una o l’altra parte
METAFORE DEL CONFLITTO • Il conflitto come guerra (si tenta di annientare a tutti i costi il nemico) • Il conflitto come opportunità (si ricercano possibilità per risolvere situazioni di antagonismo) • Il conflitto negato (si cerca di sfuggire per paura delle conseguenze)
“ …. il conflitto vi dà l’opportunità di approfondire il vostro grado di empatia e intimità nei confronti dei vostri avversari. La vostra rabbia trasforma “l’altro” in un demone o un furfante stereotipato. Un atteggiamento difensivo,parimenti,vi impedirà di comunicare apertamente con il vostro oppositore o di ascoltare attentamente ciò che dice. D’altro canto, una volta che comincerete a dialogare con quella persona, farete rinascere il lato umano della sua personalità e riuscirete, di rimando, a esprimere il vostro. Inoltre, se gestirete i conflitti con integrità essi vi porteranno ad una crescita della consapevolezza ed a un miglioramento di voi stessi.La rabbia incontrollata, un atteggiamento difensivo e la vergogna vanno a minare tali possibilità.Tutti si sentono meglio una volta risolti i problemi etrovata una soluzione e si sentono peggio quando soccombono o falliscono nel risolverli ………. L’amara verità è che le vittorie rabbiose portano ad unasconfitta a lungo termine. Gli sconfitti si ritirano, si sentono traditi e perduti, e conserveranno tale sentimento per il conflitto successivo. Il conflitto può essere visto semplicemente come un modo per imparare qualcosa di più in merito a ciò che non funziona e a come risolvere il problema. L’utilità della soluzione dipende da quanto profonda sia la vostra comprensione del problema. Questo è legato alla vostra capacità di ascoltare, che dipende, a sua volta, dall’arresto del ciclo di escalation e dalla ricerca di opportunità e di miglioramenti….” K. Clocke, J. Goldsmith : “ Resolving conflicts at work: a complete guide for everyone at the job” Jossey Bass, St Francisco 2000, pp 25, 27, 29
L’idea del conflitto, come motore delle cose e forza positiva, risale alle origini del pensiero filosofico. Secondo Eraclito (544-483 a.C.) il conflitto caratterizza la vera natura della realtà (è «madre di tutte le cose»); nel frammento 80 afferma :«Occorre sapere che il conflitto è comune, che il contrasto è giustizia, e che tutte le cose accadono secondo contrasto e necessità», e che in ciò che «discorda sta l’armonia più bella».
Per dirla con uno dei massimi studiosi di psicologia sociale, Kurt Lewin, il conflitto è: “una situazione in cui le forze di valore approssimativamente uguale ma dirette in senso opposto, agiscono simultaneamente sull’individuo”. Il conflitto appartiene alla natura umana ed è utopico pensare ad un mondo senza conflitti, ma non può essere identificato con la violenza, che è solo uno dei tipi di comportamento in cui esso si manifesta . La sfida è quella di ridurre gli effetti indesiderabili e distruttivi di una situazione conflittuale, uscendo da stati di impasse, attraverso un: graduale passaggio da una condizione di confusione e sofferenza, originata dal conflitto, ad una posizione di nuovo equilibrio.
Nel conflitto esiste un’opportunità di sviluppo e crescita, va controllato e gestito perché è un segnale per ridefinire la situazione. Una interessante prospettiva viene dalla cultura cinese, per la quale la parola “conflitto” si rappresenta con un ideogramma composto dai simboli che significano rispettivamente Pericolo e Opportunità. Il conflitto non ha, dunque, né una natura benigna né maligna: è il nostro agire di conseguenza che può farlo diventare una occasione di crescita o un momento di scontro e rottura della relazione. Come in ogni interazione umana, anche nel conflitto tra individui l’assenza di comunicazione è impossibile ed è nelle dinamiche comunicative che questo si esplicita, si conserva, si accresce. È logico pensare, quindi, come conferma la letteratura specifica, che le competenze comunicative rappresentino lo strumento adatto per affrontare e gestire tali circostanze.
L’ ascolto di sé di tipo passivo risulta controproducente nella comunicazione efficace. L’ascolto, anche quello rivolto al sé, risulta funzionale soltanto se è di tipo attivo. Il sapersi ascoltare, e il saper sviluppare una autoconsapevolezza emozionale significa iniziare a concepire le emozioni come informazioni relative alle modalità con cui il nostro corpo, data una certa situazione, ritiene adeguato attivarsi. Sviluppare la capacità di leggere le proprie emozioni come espressioni di “un’intelligenza più complessiva” che invia segnali predittori di comportamenti, pone l’individuo in una posizione di scelta attiva: l’emozione mi informa su di me e sulla situazione, quindi posso scegliere come adattare di conseguenza il comportamento previsto o se usare una strategia alternativa.
Ascoltandosi con maggiore efficacia è possibile cambiare ottica sulle nostre reazioni, comprendendole ed accettandole. Un esempio è offerto da Scotto (1998): “l’ansia e il timore, prima e durante il conflitto, sono aspetti fisiologici : l’uomo imperturbabile è culturale, non naturale” o ancora: “l’ansia deriva dal timore che il confronto con l’altro mi destrutturi, cioè metta in crisi, mini le mie basi, la mia fiducia in me, la mia immagine di me; in tal senso, il confronto con l’altro è un’eco del mio confronto con le parti diverse di me stesso/a”. Prendere coscienza di questi ed altri aspetti della “vita emozionale” nel conflitto, verificandoli in noi stessi, conferisce serenità nel rapporto con l’altro, un maggiore senso di efficacia, e predispone all’instaurazione di quei circoli virtuosi, risolutivi dei conflitti.
La paura della collera di un’altra persona è uno dei timori più diffusi. Si manifesta con l’impossibilità di affrontare persone autoritarie, per cui si finisce per privilegiare quei comportamenti, spesso stereotipati, relativi a questo paradigma di relazione. La paura di essere rifiutati, derisi impedisce di assumersi rischi nella propria carriera lavorativa, così come nelle relazioni interpersonali. Trattandosi di uno schema comportamentale richiede molto tempo per essere modificata. Occorre che la persona cominci ad osservare se stessa con onestà e sincerità, chi è, che posizione occupa e che cosa pensa, sente, come agisce. La paura di ascoltare sé stessi può portare la persona a discutere per anni senza mai affrontare il conflitto vero e proprio. Diventa in questi casi essenziale ascoltarci, lasciando che l’altro, facendoci da specchio, ci restituisca quegli aspetti di noi stessi che non volevamo accettare perché troppo dolorosi e che, quindi, abbiamo finito per proiettare al di fuori di noi, nell’altro .
Modalità di ascolto dell’interlocutore Ascolto finto: Ascolto “a tratti”, è possibile la distrazione, oppure la fuga nella immaginazione, fidandosi che l´intuito catturi le cose “importanti” tralasciando quelle meno importanti. Si tratta di un ascolto passivo, vissuto solo come opportunità per poter parlare. Ascolto logico: L´attenzione è concentrata sul contenuto di ciò che viene espresso, ma potrebbe essere erronea la convinzione dell’interlocutore di essere stato capito. Ascolto attivo – empatico: E’ un “ascolto efficace”, ci si mette “nei panni dell´ altro”, cercando di entrare nel punto di vista dell’ interlocutore, condividendo, per quello che è umanamente possibile, le sensazioni che manifesta, siano esse implicite, siano esse esplicite.
Praticare l’ascolto attivo significa ascoltare con il senso dell’udito, ma anche con quello della vista, stimolando tutto il corpo a diventare ricettivo in modo da cogliere con la maggior attenzione e fondatezza possibile la comunicazione non verbale dell’altro. E ’necessario, quindi, acquisire la capacità di “leggere” in toto il messaggio comunicativo, rilevando più aspetti possibili sia della comunicazione verbale che non verbale. La capacità di prestare ascolto attivo al sé e la capacità di praticare un ascolto attivo empatico producono quello che viene chiamato ascolto assertivo.
L’assertività prevede per il soggetto la possibilità di sperimentare la modalità attiva, in qualità di protagonista consapevole, ma non prevaricante. Il comportamento assertivo tende a produrre influenze positive nell’ambito relazionale, in quanto il soggetto è generalmente percepito come autentico, rassicurante ed in grado di comprendere gli altri . Sotto il profilo della comunicazione non verbale, l’assertività tende ad esprimersi con un atteggiamento posturale eretto, saldo ed equilibrato, sicuramente non rigido. Gli occhi tendono allo sguardo reciproco senza indulgere eccessivamente in un comportamento visivo di fissazione dell’altro, comunicando apertura, disponibilità e piena congruenza tra linguaggio verbale e non verbale.
Uno strumento delicato e potente: l’ironia. Come forme indirette ed oblique di comunicazione, l’ironia e l’umorismo rappresentano un modo di creare legami e praticare un certo controllo sociale, grazie ad una modalità “corale” data la tendenza che tali pratiche hanno nel coinvolgere gli altri. Goffman sottolinea la riduzione dello stress connessa all’uso di forme scherzose che sono utili nella negoziazione di quelle azioni potenzialmente minacciose per l’immagine personale. Lo humour si presenta perciò come importante strumento e parziale soluzione creativa del conflitto. L’ironia può creare una forma di empatia, sdrammatizzando l’enfasi e ridimensionando le situazioni. È il caso dell’autoironia, dove gli individui si proteggono esagerando i propri difetti e scherzando sulle proprie qualità.
La risposta migliore alla conflittualità consiste, per prima cosa, nella capacità di separare i sentimenti riguardo a persone e situazioni, dalle circostanze, così da avere una visione più obiettiva, senza distorcere i fatti attraverso il filtro dei sentimenti. Le emozioni vanno riconosciute, esse infatti coinvolgono gran parte delle nostre energie sia fisiche che psichiche. Quando non diamo il giusto peso e le reprimiamo finiscono con l’accumularsi aspettando solo il momento di esplodere. Al contrario, quando le emozioni invadono tutta la nostra persona e non ci permettono di ragionare, potremmo incorrere nel grave errore di perdere il controllo e permettere alla collera di prendere il sopravvento. Tuttavia anche l’esperienza della collera può essere positiva se espressa in modo costruttivo. Quindi il problema non è quello di evitare il conflitto, ma di affrontarlo con consapevolezza e responsabilità.
Molto spesso, nella vita reale, non è tanto facile dominare le emozioni e avere la massima lucidità nel gestire i conflitti, per cui il primo muro che si erige tra le parti in conflitto è quello dell’ assenza della comunicazione. Nei conflitti interpersonali, sovente in ambito familiare, ma anche sociale e lavorativo, è facile assumere atteggiamenti impulsivi che rappresentano l’esclusione totale dell’ascolto attivo e dell’ascolto assertivo :sbattere la porta e non parlare più all’interlocutore sono gli esempi più diffusi. La situazione diviene problematica quando l’interruzione della comunicazione si protrae nel tempo, producendo una pericolosa cristallizzazione del conflitto.
INTERVENTI CHE PREVENGONO IL CONFLITTO • Aumentare la frequenza della comunicazione delle interazioni nel gruppo rafforzando lo stile cooperativo • Favorire la diversificazione delle esperienze • Favorire il processo empatico • Porre l’accento su obiettivi globali sovraordinati che calamitino l’interesse di tutti
CONFLITTO INTRAGRUPPALE I fattori che causano conflitto intra- gruppo sono legati a: 1. stile di leadership autoritario 2. struttura del compito complessa; 3. grandi dimensioni dei gruppi con sottogruppi con finalità contrastanti; 4. composizione eterogenea dei gruppi negli atteggiamenti, valori, interessi, stili interpersonali; 5. risultati negativi in ambienti ad elevata competitività interna
CONFLITTI DISTRUTTIVI prevale una logica competitiva win-lose o nei casi peggiore lose-lose. Il conflitto cresce e assume vita propria, anche se le sue cause originarie sono state perse di vista 3 processi legati alla distruttività del conflitto: la competizione insita nel meccanismo vincita-perdita distorsione percettiva dovuta ad incomprensioni e attribuzioni errate pressioni cognitive e sociali
CONFLITTI COSTRUTTIVI prevale una logica di tipo win-win. Implica un processo di ristrutturazione cognitiva e di cooperazione. Dalla competizione alla cooperazione. Il conflitto costruttivo stimola l’efficacia del work-group.
COME GESTIRE IL CONFLITTO 1. Riconoscere il conflitto 2. Distanziarsi criticamente 3. Indugiare 4. Comunicare 5. Utilizzare la negoziazione
COME SUPERARE I MOMENTI DI IMPASSE Fare un pausa, può consentire ripensamenti Creare movimento (alzarsi, cambiare posizione…): il movimento sviluppa il c.d. pensiero laterale, pensiero non logico non lineare che presuppone un cambio del punto di osservazione e della prospettiva per guardare una determinata situazione Scomporre il problema in sotto-problemi: risolvere un problema minore può dare ottimismo e portare ad affrontare il resto in modo diverso Riprendere e riconsiderare opzioni prima scartate Fare intervenire un esperto: ove vi siano ostacoli relativi ad aspetti tecnici che se non risolti bloccano la negoziazione Umorismo ,può servire ad allentare la tensione tipica dei conflitti Confessare la difficoltà e il momento di impasse: può stimolare le parti ad aiutare a superare l’impasse e creare una intesa collaborativa Sancire , anche provocatoriamente, l’esito negativo dell’incontro può risultare pericoloso, è preferibile tentare strategie propositive
COME GESTIRE COSTRUTTIVAMENTE IL CONFLITTO • uscire dalla logica “di chi è la colpa” e utilizzare quella del “perché è successo” • sviluppare la logica della negoziazione e non del baratto • ragionare sui fatti e parlare con i dati, non farsi guidare da opinioni personali • lasciare che il conflitto di manifesti e gestirlo subito • mettere in luce le differenze, non appiattirle • creare punti di contatto tra le proposte espresse • non mettere le ipotesi in concorrenza tra loro, ma in relazione agli obiettivi e al compito • utilizzare la tecnica del brainstorming, che si basa sul principio che le idee si innescano l’una con l’altra: 1. Nella fase divergente si producono idee a ruota libera, Il conduttore stimola i presenti a proporre e vieta di fare critiche, Scrive per parole chiave le idee sulla lavagna. 2. In un secondo momento si passa alla fase convergente, le idee vengono selezionate, valutate, e si arriva a scegliere le più interessanti.
STRATEGIA DELLE DOMANDE • Domande aperte ( “secondo lei quali soluzioni si potrebbero prospettare?”) • Domande esplorative, Domande aperte per sviluppo nuove idee e alternative ( “quali altri modi potrebbero esserci per raggiungere questo risultato?”) • Domande ipotetiche ( “lei cosa ne penserebbe se … ?”, “E se ….le potrebbe sembrare interessante?” ) • Domande circolari sulle opzioni (“secondo lei … cosa potrebbe pensare di questa soluzione?”, “ Secondo lei questa soluzione consentirebbe a … di essere soddisfatto?”, “ Secondo lei perché … dovrebbe accettare questa proposta o perché potrebbe non accettarla?”) • Spingere la parte, anche se arrabbiata, a rispondere ( ad es. “secondo lei cosa pensa il suo vicino di questa opzione?” Se risponde di chiederlo a lui si può rispondere “glielo chiederò certamente però in questo momento mi piacerebbe sentire anche la sua opinione “).
STRUMENTI PER VALUTARE POSSIBILI ALTERNATIVE • Schematizzare interessi, opzioni, vantaggi, svantaggi, costi benefici, aiuta le parti a comparare le soluzioni visivamente, a figurarsi le possibili soluzioni concrete • trasformare le alternative in opzioni negoziali • valutare quali interessi e in che misura vengono soddisfatti dalle alternative che emergono • Aiutare le parti a comprendere il valore effettivo di una proposta: la parte che si aspetta un certo risultato, fatica a comprendere che l’offerta di una prestazione diversa soddisfa ugualmente il suo interesse • Far ragionare sul soddisfacimento anche degli interessi dell’altra parte: “secondo la sua esperienza come si potrebbero soddisfare le necessità di..?” • Utilizzare domande esplorative e domande ipotetiche per far emergere soluzioni e costruire opzioni alternative • Utilizzare domande circolari sulla soluzione che sta ottenendo consensi
DA POSIZIONI CONTRAPPOSTE ALLA COLLABORAZIONE Un approccio rigido e per posizioni, con parti contrapposte, arroccate sulle proprie posizioni, che vogliono venga espresso un giudizio che dia loro ragione non conduce alla ricerca di una soluzione ragionevole e che possa essere accettata da entrambe le parti E’ importante lasciare che le parti si sfoghino, esprimano le loro posizioni e i loro sentimenti per mettere un punto fermo, per poi poter ragionare con più calma E’ importante che le parti si sentano entrambe ugualmente ascoltate E’ importante “ristrutturare”: prendere qualsiasi cosa dicano le parti l’una contro l’altra e indirizzarla (spostarla) contro il problema, in una direzione di problem solving
COME SEPARARE LE PERSONE DAL PROBLEMA Sentimenti, rancore, frustrazioni, recriminazioni reciproche, giudizi sui comportamenti tendono in una controversia ad intrecciarsi e a sovrapporsi con la sostanza del problema. La propensione di minore sforzo sarebbe quella di trattare la persona dell’avversario e l’oggetto della lite come fossero una cosa sola Possibili interventi da parte di chi non è coinvolto nella lite può riuscire a scindere le persone dal problema effettivo e condurle a incanalare la loro discussione verso interessi e poi opzioni di soluzioni: • tenere in debito conto le emozioni ove ciò serva per la soluzione (es.scuse) • portare le parti a scindere la sostanza del problema dalla loro relazione, aiutarle a concentrarsi sul problema e a “coalizzarsi” per risolverlo • aiutare le parti ad accantonare rancori, antipatie, risentimenti • Aiutare le parti a non vedersi come avversari in un confronto in cui uno vince e uno perde • aiutare a riprendere la comunicazione interrotta • aiutare le parti ad affiancarsi nella ricerca di un accordo • aiutare i litiganti a modificare l’iniziale percezione da “io e il mio problema” a “noi e il nostro problema”
COME RICONOSCERE I SENTIMENTI DELLA PERSONA • Pur restando neutrale ed equidistante, si può dare alle parti un riconoscimento personale per riuscire a separare le questioni inerenti il rapporto dalla sostanza del rapporto • Con un riconoscimento personale il soggetto non si sente minacciato nella sua individualità e nella sua immagine rispetto ai terzi • Come fare? Con cautela, manifestando di comprendere le intenzioni e di ritenere positivi determinati comportamenti • In tal modo la parte si sentirà compresa e approvata e tenderà a tenere un comportamento coerente con tale apprezzamento, dimostrando di essere collaborativa per ottenere ulteriore approvazione • Altro strumento utile è il MIRRORING: tecnica attraverso la quale si rispecchiano le emozioni della parte, rimandando alla parte stessa l’emozione percepita durante il suo racconto dei fatti. Ciò permette alla parte di sentirsi ascoltata, di potersi esprimere su un punto delicato della vicenda
COME FORMULARE LE DOMANDE… • Domande chiuse: la cui risposta è o sì o no, da usare poco, solo per conferma di informazioni già conosciute • Domande aperte: domande di allargamento, portano la parte a parlare (es: “ vuole spiegarmi cosa pensa di ciò che si è verificato? per quale motivo lei…? Come si trova in questa situazione? Che idea si è fatto di ciò che è successo? ) • Domande circolari: di reciproca identificazione; per rispondere la parte si mette nei panni dell’altra, si interroga sugli interessi dell’altra (es. “Signor Rossi cosa pensa che farà Bianchi se …?” Signor Rossi cosa pensa che farà Bianchi se oggi non trovate un accordo? Mi dice come era la situazione prima del sorgere di questa lite e come erano i vostri rapporti ?) Fanno capire la percezione che uno ha dell’altro e che le parti hanno del conflitto • Domande ipotetiche: da usare con cautela, mascherano una soluzione • Da evitare: domande alternative, domande multiple, domande suggestive
… E ASCOLTARE LE RISPOSTE Occorre saper ascoltare le risposte per costruire le successive domande • ASCOLTO EFFICACE: capire i fatti e capire come si sente la persona, senza per questo condividere • RIASSUNTO –PARAFRASI: dopo che ogni parte ha raccontato i fatti si riassumono, per verificare la propria comprensione, senza giudizio o sue opinioni, allo scopo di verificare se ha compreso, ma eliminando la carica negativa e con un linguaggio neutro • DOMANDE APERTE sono utili negli incontri individuali, sono domande che non hanno come risposta un sì o un no, ma domande che fanno parlare l’interlocutore
BATNA E WATNA Prendendo a prestito dalle tecniche di mediazione, ove non si raggiunga un accordo, si possono vagliare BATNA e WATNA • BATNA è la migliore alternativa che la parte ha a disposizione ove non si raggiunga un accordo (Best Alternative To Negotiated Agreement). Può essere una BATNA forte (faccio causa, non temo l’esito, ho molte prove a disposizione) o debole ( non posso aspettare il tempo di una causa perchè non ho prove da portare in tribunale). Si tratta dell’alternativa concreta a disposizione, non di un’alternativa utopica… mediatore invita ad essere realistici in questa valutazione. E’ un utile parametro per valutare opzioni di accordo • WATNA è la peggiore alternativa per la parte in mancanza di accordo. • La BATNA e la WATNA incidono molto sul potere negoziale delle parti: BATNA forte o molte BATNA danno alla parte molto potere contrattuale. • Una BATNA debole, costosa, poco praticabile, dall’esito molto incerto, con pesanti conseguenze collaterali diminuisce il potere negoziale della parte
AMPLIARE LE ALTERNATIVE • Trasformare la negoziazione da mono-issue a multi-issue. La regola è che ogni critica e ogni apprezzamento sulle idee emerse viene rimandata ad un momento successivo. Solo in un momento successivo c’è la fase della critica e della scelta di eventuali opzioni. • E’ importante separare il momento creativo delle opzioni dal giudizio sulle stesse; la creazione deve essere libera priva di giudizi sulle idee che emergono. Un giudizio immediato e anticipato è infatti un forte freno alla creatività. Inoltre chi butta sul tavolo un’idea sa di non essere vincolato in nessun modo a trasformarla in opzione negoziale. • Strumenti: Domande ad hoc, Braimstorming, Bridging, Domande aperte e ipotetiche, allargamento delle risorse, compensazione
• Brainstorming (letteralmente tempesta di idee):le parti, in sessione separata o congiunta, sono chiamate a buttare sul tavolo e ad esporre il maggior numero di idee possibile che vengono loro in mente, anche idee balzane o folli, a briglia sciolta. • Bridging: nessuna delle parti ottiene ciò che pretende inizialmente, entrambe ottengono un diverso risultato soddisfacente per entrambi (es. lite moglie marito su vacanze mare o lago) • Allargamento orizzontale o verticale delle risorse: se, nel primo caso, data una risorsa limitata vi sia possibilità di investire energie per ricercare analoghe risorse con analoghe caratteristiche. Nel secondo caso, se la risorsa appare assolutamente unica si fa “esplodere” quella che sembra unica risorsa, trovando interessi complementari verso la stessa • Compensazioni che sfruttano le differenze di valore attribuite alle risorse dalle parti: o con compensazioni specifiche, ove a fronte della rinuncia ad una risorsa si ottiene una diversa risorsa che soddisfa i medesimi interessi frustrati dalle concessioni fatte, o con compensazioni aspecifiche in cui l’indennizzo non è direttamente in relazione con il tipo di questioni poste sul tavolo.
I SEI PASSAGGI DELLA GESTIONE DEL CONFLITTO NELLA METAFORA DEI “ SEI CAPPELLI” Cappello bianco • Analizzare i dati, raccogliere informazioni, precedenti, formulare analogie ed cogliere elementi senza formulare un giudizio o lasciarsi condizionare da un pregiudizio. Cappello rosso • Ascoltare l’emotività, i sentimenti, cogliere le intuizioni delle parti come suggerimenti. Cappello nero • Fare l'avvocato del diavolo, rilevare gli aspetti negativi, le ragioni per cui la cosa non può andare. Cappello giallo • Fare l'avvocato dell'angelo, rilevare gli aspetti positivi, i vantaggi, le opportunità. Cappello verde • Indicare sbocchi creativi, nuove idee, analisi e proposte migliorative, visioni insolite Cappello blu • Stabilire priorità, metodi, sequenze funzionali. Pianificare, organizzare, stabilire le regole del gioco. Condurre il gioco.
Il conflitto è una componente naturale e potenzialmente generativa nell'ambito delle relazioni di gruppo e delle relazioni interpersonali. Infatti, il conflitto stimola la multi-prospetticità del pensiero, facendo sì che siano considerate varie prospettive riguardo ad una situazione. Il conflitto può stimolare i componenti del gruppo a comprendere meglio se stessi e gli altri fattori in relazione ai compiti affidati. Tuttavia, i conflitti assumono una valenza negativa o positiva a seconda di come vengono gestiti dai leaders riconosciuti, fermo restando che, se trascurati o negati, i conflitti possono distruggere una comunità di lavoro sia rispetto alla produttività, sia rispetto al clima organizzativo e al benessere delle persone.
Il conflitto distruttivo Tipicamente, questo tipo di conflitto si contraddistingue da un modo di comunicare competitivo in cui ciascun membro del gruppo cerca di influenzare gli altri semplicemente allo scopo di avere ragione riguardo alle proprie idee, le proprie soluzioni e punti di vista. Si crea dunque un tipo di rapporto "mors tua-vita mea" in cui c'è chi perde e c'è chi vince. I singoli membri del gruppo ritengono che soltanto uno di loro (o una parte di loro) può "vincere" e affermarsi sugli altri portandoli ad accettare i loro punti di vista. Un risultato evidente di queste dinamiche è il rapido deteriorarsi del clima organizzativo e delle relazioni interpersonali. Si viene a creare un contesto in cui la maggior parte dei membri stanno sulla difensiva limitando l'espressione delle loro idee per non rischiare che siano valutate aggressivamente o giudicate male dagli altri.
Caratteristiche del conflitto distruttivo Competizione: le persone si sentono in costante competizione e l'interazione viene vissuta come una continua gara. Egocentrismo: le persone sono più interessate ai loro benefici individuali rispetto a quelli del gruppo di lavoro e dell'organizzazione di appartenza. Approccio "vita/morte": le decisioni e le soluzioni vengono formulate guardando al vantaggio di una parte ben identificabile. Il clima è chiuso: commenti, proposte e critiche non vengono accettati dalle singole parti in contrapposizione. La comunicazione è difensiva: permalosità; resistenza al cambiamento Attacchi personali: le persone utilizzano locuzioni verbali e non verbali aggressive, sarcastiche o di disconferma.
Il conflitto costruttivo è presente quando i membri di un gruppo di lavoro sono consapevoli del fatto che il disaccordo è un aspetto naturale all'interno delle dinamiche di gruppo, anzi è un passaggio obbligato per il raggiungimento di obiettivi comuni. Questo tipo di atteggiamento si riflette in modalità di comunicazione caratterizzate dalla cooperazione: si ascoltano le idee e le opinioni degli altri con attenzione, interesse e positività. La comunicazione viene utilizzata per mettere in evidenza gli obiettivi comuni ai membri del gruppo ed i fattori che li accomunano. È un tipo di comunicazione che incoraggia un orientamento "al vantaggio comune"in cui tutti possono affermare di essere vincitori. Questo clima positivo spinge le persone ad esprimere e motivare liberamente i propri punti di vista concentrandosi sul contenuto dei problemi o temi affrontati piuttosto che su aspetti personali.
Come incoraggiare il conflitto costruttivo La comunicazione dovrebbe chiaramente mettere in evidenza: • l'interesse dei membri del gruppo nell'ascoltare le reciproche idee e punti di vista, • la disponibilità a cambiare la propria prospettiva su un tema, • il rispetto per l'integrità degli altri membri del gruppo e le opinioni che rappresentano. È in questo contesto che le persone si sentono a loro agio nell'esprimere il proprio pensiero, partecipando attivamente e costruttivamente alle attività di gruppo.
Caratteristiche del conflitto costruttivo Cooperazione: le persone lavorano volentieri insieme; partecipano attivamente; è presente dialogo e rispetto reciproco; il clima positivo. Attenzione agli obiettivi del compito: le persone concentrano la propria Attenzione sugli obiettivi collettivi e non semplicemente su quelli dei singoli. Approccio "vantaggio comune": le decisioni prese e le soluzioni identificate sono a beneficio di tutti i membri del gruppo non solo di uno o di pochi. Il clima è aperto: vengono accolti proposte e critiche da tutti. La comunicazione è supportiva e assertiva: le persone si ascoltano con attenzione e con empatia, fornendo feedback costruttivi.
Chi deve risolvere, per mestiere, conflitti che persone e gruppi non riescono a risolvere da soli, ha bisogno di esprimere libertà di azione sostenuta da capacità e competenze. Ma come si possono esprimere bene le capacità negoziali? Innanzitutto, è bene ricordare che, per ciascun attore organizzativo, a prescindere dal ruolo formale attribuito, conta in modo rilevante l'atteggiamento personale verso i conflitti che, essenzialmente, può essere di due tipi: • Ritenere l'accordo possibile o impossibile. • Ritenere l'accordo inevitabile o evitabile.
Mentalità negoziale Imparare a negoziare corrisponde anche all’assunzione di una mentalità negoziale che richiede un certo stile nell’affrontare le situazioni, nell’impostare rapporti, nel pensare il futuro, uscendo dalla passività (lasciare che i conflitti si risolvano da soli) e dall’affidamento al caso o alla sorte (sopportare, tacere, aspettare che gli eventi accadano, che le cose si aggiustino da sole...). Poiché il negoziatore è innanzitutto un solutore di problemi, sono questi che vanno bene impostati, sia che si sia coinvolti personalmente oppure no. Per vincere le paure collegate al problema, bisogna innanzitutto saper controllare la naturale propensione al pessimismo nell’affrontare i problemi che sono alla base del conflitto ed investire sulla consapevolezza del proprio potere, cioè della capacità di ottenere che i propri obiettivi siano raggiunti insieme a quelli degli altri.
Comportamenti e atteggiamenti adeguati al processo negoziale • prendere le distanze emotive dal conflitto; • saper coinvolgere; • mettere a disposizione la propria competenza tecnica; • essere sensibile ai bisogni e alle motivazioni delle persone; • sapersi immedesimare; • ricondurre alla legittimità delle posizioni degli uni e degli altri; • richiamare a principi e valori comuni; • persuadere senza manipolare; • far intravedere situazioni future migliori; • e, soprattutto, saper utilizzare il tempo, cercando di non “perderlo”, ma di “dilatarlo", secondo le opportunità del momento.
In conclusione, una buona negoziazione è quella che comporta un elevato grado di : interazione e di scambio secondo la logica vincente/vincente, che è quella su cui si può saldamente reggere il consenso. Questo, infatti risolve il conflitto perché le persone attribuiscono un nuovo “comune senso”agli eventi e alle proprie posizioni personali. Il consenso, infatti, soddisfa tutti perché tutti raggiungono i propri obiettivi, anche se non sono gli stessi. Lo sforzo negoziale deve condurre verso la costruzione di un risultato comune, nel quale tutti si riconoscono poiché rappresenta una soluzione nuova rispetto a quella che ha portato al conflitto.
Puoi anche leggere