Genova, Teatro Carlo Felice - Adriana Lecouvreur - Connessi all'Opera

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Genova, Teatro Carlo Felice - Adriana Lecouvreur - Connessi all'Opera
Genova, Teatro Carlo Felice –
Adriana Lecouvreur
Adriana Lecouvreur di Francesco Cilea è un’opera particolare,
il prodotto più riuscito di un compositore comunemente
ascritto alla Giovane Scuola verista, che di essere verista,
forse, non era del tutto convinto. È datata 1902, anno
operisticamente interessante: oltre ad Adriana, nascono anche
Le jongleur de Notre Dame di Jules Massenet, Germania di
Alberto Franchetti e, soprattutto, Pelléas et Mélisande di
Claude Debussy, uno dei lavori più importanti del teatro
musicale del Novecento.

La produzione vista a Genova, targata As.Li.Co, rinuncia
all’ambientazione settecentesca prevista dal libretto, per
spostare la vicenda a inizio Novecento, periodo della Belle
Époque, in cui l’opera è stata composta, con un’attenzione
particolare alla nascente arte del cinema che, per ragioni
squisitamente temporali e tecnologiche, era in bianco e nero.
È l’epoca in cui si stanno affermando le grandi dive quali
Bernardt, Duse, Borelli, Bertini. E come in un film d’antan si
sviluppa lo spettacolo, con costumi e scene declinati quasi
esclusivamente su tonalità di bianco, grigio e nero, con
l’unica concessione alle luci color ocra durante l’interludio
sinfonico del secondo atto e alle immancabili violette
nell’atto quarto. Regia, scene e costumi sono di Ivan
Stefanutti, cui va riconosciuto il merito di uno spettacolo
elegante e sobrio. La scenografia è, tutto sommato,
essenziale:     pochissimi    elementi    che   ci   portano,
fortunatamente, lontano da quel gusto per il minuzioso, per la
ricerca del particolare che abbonda nelle didascalie del
libretto di Arturo Colautti. Ottimo il taglio dei costumi,
seppure monotematici nel loro cromatismo. Sulla medesima linea
le luci curate da Paolo Mazzon. Ma la sobrietà può, in
un’opera come questa, essere un’arma a doppio taglio. Se da un
Genova, Teatro Carlo Felice - Adriana Lecouvreur - Connessi all'Opera
lato è vero che Adriana è lontana dalla temperie delle opere
coeve, se è vero che inclina maggiormente all’eleganza, alla
leggerezza, alla timbrica delicata, è altrettanto vero che
tutto l’impianto creato da Cilea e da Colautti non rinuncia a
quegli effetti (talora effettacci) tanto frequenti e tanto
graditi al pubblico dell’epoca, ai colpi di scena, a una
teatralità scoperta e palese che sfocia nel kitsch, qualche
volta nel trash, nel “sopra le righe”. Ed eliminare tutto
questo da una messinscena di Adriana, finisce per privarla di
uno di quegli elementi caratterizzanti che ne giustificano la
riproposta. L’impressione che ne deriva è che in questa
produzione manchi qualcosa, che ci sia qualcosa di non
compiuto fino al fondo.

Analoga considerazione vale per la direzione di Valerio Galli,
che dal punto di vista dell’eleganza, del bel suono, della
timbrica suadente, carezzevole, avvolgente – l’orchestra suona
davvero benissimo – fornisce un’ottima prova, con punte di
eccellenza in un quarto atto indimenticabile. Manca però la il
brio, appunto il “sopra le righe” che colora i battibecchi e i
couplets degli attori della Comédie, le ridicole macchinazioni
del Principe di Bouillon e dell’Abate di Chazeuil, le scene di
canto di conversazione che appaiono piuttosto sottotono, se
non addirittura monotone.

Nel ruolo eponimo, troviamo un nome ben noto al pubblico
operistico, Barbara Frittoli, che crea con sicura
professionalità un personaggio forse non proprio nelle sue
corde. La sua è un’Adriana molto umana, leggermente remissiva,
che quasi deve imporsi di essere e di fare la diva. Non è mai,
appunto, “sopra le righe”, caratteristica che, in giusta
misura, gioverebbe al personaggio. La voce risponde bene e non
manca i momenti più attesi e più noti dell’opera, senza mai
eccedere, senza mai strafare. Ha i suoi momenti migliori nel
monologo di Fedra e in “Poveri fiori”, anche grazie all’intesa
perfetta con il direttore d’orchestra. Sicuramente un
personaggio da maturare e da riascoltare.
Delude, invece, il Maurizio di Sassonia di Marcelo Álvarez che
avrebbe il timbro e il colore per l’eroe di Curlandìa, ma
tradisce non poche difficoltà, principalmente sul versante del
legato, praticamente assente. Avrebbe sicuramente giovato una
maggiore cura e un più attento lavoro sul personaggio evitando
pose e sbracciamenti decisamente fuori luogo e fuori tempo
massimo. C’è ancora la sicurezza del registro acuto, ma
francamente non è sufficiente a rendere credibile un
personaggio, di per sé, tra i meno simpatici della corda
tenorile.
In crescendo la prova di Judith Kutasi che inizia scurendo
eccessivamente i suoni e calcando un po’ troppo il pedale sul
registro di petto, per diventare poi una vera Principessa di
Bouillon, tigre ferita e assetata di vendetta, dalla voce
ampia, ben proiettata e generosa, capace di riempire e
avvolgere la sala e il pubblico del Carlo Felice.
Devid Cecconi ha un bel timbro baritonale, ricco, pastoso. È
un Michonnet tutto sommato giovanile, forse non proprio in
linea con il carattere melanconico del personaggio. Canta
bene, fraseggia e accenta con cura e il suo “Ecco il
monologo”, se non commuove, riesce comunque a strappare un
applauso a scena aperta.
Ottima intesa tra Federico Benetti, il principe di Bouillon,
bella voce di basso e bella presenza scenica, e l’ottimo
Didier Pieri nel ruolo dell’abate di Chazeuil, al quale lo
spostamento d’ambientazione a inizio Novecento sottrae quel
sapore licenzioso che il ruolo richiederebbe. Ottimamente
amalgamato il quartetto degli attori della Comédie: Marta
Calcaterra Jouvenot, Carlotta Vichi Dangeville, Blagoj Nakoski
Poisson, John Paul Huckle Quinault. Completa il cast Claudio
Isoardi nel breve ruolo del maggiordomo. Nel solco
dell’eleganza e della sobrietà anche il balletto del terzo
atto cui hanno dato vita Michele Albano, Ottavia Ancetti,
Giancarla Malusardi, con la coreografia di Michele Cosentino.
A proprio agio il Coro della Fondazione sotto la guida di
Francesco Aliberti.
Adriana Lecouvreur mancava da Genova dal 1989. Sono passati
più di trent’anni. Sicuramente qualcosa nel gusto del pubblico
è cambiato: in quell’occasione il vecchio Teatro Margherita
era stracolmo, oggi il pubblico ha risposto con entusiasmo e
numerose chiamate a scena aperta, anche se i posti vuoti non
erano certo pochi. [Rating:3/5]

        Teatro Carlo Felice – Stagione lirica 2019/20
                      ADRIANA LECOUVREUR
      Commedia-dramma di Eugene Scribe e Ernest Legouvé,
ridotta in quattro atti per la scena lirica da Arturo Colautti
                  Musica di Francesco Cilea

             Adriana Lecouvreur Barbara Frittoli
             Maurizio di Sassonia Marcelo Álvarez
           La principessa di Bouillon Judit Kutasi
                   Michonnet Devid Cecconi
           Il principe di Bouillon Federico Benetti
               L’abate di Chazeuil Didier Pieri
            Mademoiselle Jouvenot Marta Calcaterra
            Mademoiselle Dangeville Carlotta Vichi
                  Quinault John Paul Huckle
                    Poisson Blagoj Nacoski
                Un maggiordomo Claudio Isoardi

    Orchestra e Coro del Teatro Carlo Felice di Genova di
                   Direttore Valerio Galli
             Maestro del coro Francesco Aliberti
            Regia, scene e costumi Ivan Stefanutti
            Assistente alla regia Filippo Tadolini
                      Luci Paolo Mazzon
                Coreografia Michele Cosentino
  Mimi/ Danzatori Michele Albano, Ottavia Ancetti, Giancarla
                          Malusardi
                 Allestimento dell’As.Li.Co.
                   Genova, 16 febbraio 2020
Photo credit: Marcello Orselli

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