ERICA CUOMO 3 A ITC Ist. Ettore Carafa Andria (BA)
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ERICA CUOMO 3° A ITC Ist. Ettore Carafa Andria (BA)
“LA SCUOLA CONTRO IL DOPING” Un articolo di Gianni Brera, qualche anno prima della sua scomparsa, parlava di calcio e sport con i verbi del passato. “C’era una volta un cuore da campione … e un fisico da atleta mozzafiato …”. Erano gli anni dei numerosi casi di doping che sconvolsero, a catena, calcio, ciclismo e atletica leggera. Un vero e proprio terremoto che scoperchiò un sistema di corruzione e tolse la maschera ad un mondo in cui si annidavano (e si annidano) speculatori senza scrupoli. Crollò il mito di tanti campioni, si sgonfiarono le favole e lo sport perse la sua purezza. Tutta colpa del doping, il mostro dell’alterazione che ancora oggi -nonostante casi clamorosi e vittime illustri sacrificate- allunga i suoi artigli nelle quinte dello Sport. La questione è complessa e coinvolge molti attori: tra i tanti –in primis- una società senza scrupoli, poi gli allenatori conniventi, i medici e lobbies che proseguono il loro scopo del profitto. Lo sport, stereotipo di vita sana e regolata, rischia seriamente i suoi principi. Vincere il malessere del doping è dura. La lotta non concede tregua ed onora chi la interpreta come Gianni Benzi che ha messo su una fondazione per la ricerca farmacologia e la promozione di un uso etico e sicuro dei farmaci in generale. Accanto a Gianni Benzi va premiato il caparbio lavoro dei personaggi dello Sport come Claudia Beatrice, figlia del calciatore della Fiorentina, presidente dell’Associazione vittime del doping, Maurizio Marchetti, ex ciclista che da diversi anni elabora progetti per la scuola. Chi sostiene da anni la battaglia vede proprio nella scuola la base del percorso sul quale sviluppare una efficace lotta al doping. Tra il mondo della scuola e i vertici del Coni –ogni anno- si rinnova il connubio e si moltiplicano le iniziative. Il processo educativo scolastico –oltre a quello familiare- è il vero antidoto alle debolezze del giovane (particolarmente tra i 15 e 19 anni). È la fascia di età più a rischio dove facilmente hanno origine le radici del doping. Il ruolo della scuola –una delle Istituzioni primarie della società- risulta di fondamentale importanza. Il progetto di prevenzione del doping nelle scuole partito nel 2001 ha ottenuto ottimi risultati dimezzando l’entità del problema proprio nella fascia di età più a rischio (15- 19 anni) passando dal 2 all’1% dei giovani coinvolti. Un risultato confortante frutto di progetti ben studiati: il finanziamento per favorire la ricerca scientifica; l’organizzazione di seminari, convegni, congressi, eventi, inchieste e sondaggi presso il grande pubblico e nell’ambito scolastico per sensibilizzare i giovani ai problemi inerenti l’uso e la sicurezza dei farmaci; l’istituzione di borse di studio e l’assegnazione di premi di ricerca; la diffusione e la comunicazione. Anche la comunicazione svolge un ruolo determinante nella lotta al doping. Per contrastare il fenomeno oggi la Televisione di Stato dedica appena 18 ore di trasmissioni l’anno, una campagna troppo scarsa di fronte al milione circa di italiani coinvolti dal fenomeno doping. Un incremento della campagna di sensibilizzazione e prevenzione andrebbe senza alcun dubbio a ridurre il rischio. Giocano poi un ruolo fondamentale i medici e gli allenatori che hanno una forte influenza sugli atleti. Anche loro rappresentano una barriera, spesso superata dagli
interessi e dal business che ruotano intorno allo sport sempre più controllato dalle aziende multinazionali che legano il loro marchio soprattutto ai campioni affermati. Si muovono nella logica di una vittoria a qualsiasi costo che inevitabilmente indebolisce i veri valori e principi dello sport. Ecco perché Gianni Brera, qualche anno prima della sua scomparsa parlava di calcio con i verbi del passato che nostalgicamente ricordavano l’emozione del gioco con la palla di pezze e dello sport in generale. Ecco perchè sul fronte della lotta quella di Gianni Benzi è una nobile battaglia da prendere come esempio in una società troppo debole agli attacchi e agli interessi delle multinazionali. Una battaglia che irrobustisce l’apparato difensivo e inevitabilmente chiama in causa tutti gli attori del processo educativo e morale. La scuola –come la famiglia- prima di tutto. MARIA GRAZIA DI CARLO Classe 3° A Liceo CLASSICO “R. BONGHI” LUCERA (FG)
Il Doping Il Doping, ossia il ricorso d parte degli atleti a pratiche dopanti finalizzate al miglioramento o al mantenimento delle proprie prestazioni sportive, rappresenta una modalità di condotta non soltanto possibile, ma anche diffusa all’interno del contesto sportivo, affacciandosi in modo sempre più insistente dalla finestra del mondo sportivo. Il doping rappresenta un fenomeno sociale d’attualità. Dietro ad avvenimenti nei quali lo scandalo supero l’evento sportivo, emerge un mondo che evidenzia più di qualche segnale preoccupante, considerando la diffusione dell’attività sportiva, da sempre ritenuta una risorsa socio-culturale e di socializzazione delle nuove generazioni. L’utilizzo di farmaci nella pratica sportiva ha radici molto lontane, anche se, mai come oggi, troppe persone vi fanno ricorso con una leggerezza che è alquanto preoccupante. Molto frequentemente si promuovono rimedi farmacologici per qualsiasi bisogno, come accrescere la forza o la resistenza muscolare, per esempio, tralasciando il fatto che molti dei composti impiegati sono dei ‘farmaci’ ed il loro utilizzo dovrebbe essere limitato alla cura delle malattie per cui sono stati studiati. Nello sport assumere farmaci significa esporsi al rischio di effetti collaterali, talvolta irreversibili, senza sapere che i benefici tanto attesi e desiderati non sono stati dimostrati scientificamente. La probabilità di insorgenza di effetti collaterali, quindi, aumenta ancora di più quando gli sportivi che si sottopongono a doping sono affetti da malattie tipo il diabete. Non si può nascondere che la carenza di informazione può spingere, in qualche modo, per ignoranza, gli atleti a fare uso di queste sostanze. Se si volesse tastare il polso basterebbe chiedere ad un ragazzo se metterebbe un po’ di bicarbonato nel suo scooter per andare più veloce; il ragazzo come minimo vi darà del folle; ma se lo stesso ragazzo viene a sapere da un suo coetaneo che, con un po’ di bicarbonato in corpo potrà sciare per esempio per un’intera giornata stancandosi molto meno, gli crederà e al più presto lo sperimenterà. Perché? Il ragazzo percepisce fin da subito il rischio per il suo prezioso scooter, ma non teme alcun danno per il suo organismo, per ignoranza o quantomeno disinformazione. Dopo qualche crisi di dissenteria forse cambierà idea, ma quando si tratta di sostanze e/o farmaci più insidiosi, come corti steroidi o insulina, il rischio può essere mortale. Non è possibile considerare l’utilizzo di sostanze dopanti come risposta ad un ‘disagio’ personale, e questo lo si potrebbe riscontrare magari iin una comitiva di ragazzi o in una classe, dove è più normale che ci sia il ragazzo più vivace e quello più timido, quello studioso e quello che è il simpaticone, quello affascinante che spicca nel gruppo e quello che viene definito ‘perdente’… E’ proprio per queste differenze che si creano, i ragazzi che sono già per loro natura insicuri, si rassegnano e cedono all’idea che li vede dei perdenti o degli imbranati e per sentirsi ‘conformi’ a questo tipo di società che li circonda fanno uso di sostanze stupefacenti o di doping nello sport, così per diventare come gli altri..ù
Gli insegnanti e la scuola tutta, dovrebbero istituire e presentare ai ragazzi dei progetti che distolgano i giovani dall’attenzione sulle droghe in generale e puntare a rendere i ragazzi, che presto saranno parte integrante della società prossima futura, leali, corretti, insegnando loro ad essere veri e così come sono senza dover imitare e seguire a tutti i costi le mode del momento. Per ragioni di carattere sociale e personale, ossia la possibilità di acquisire notorietà con il conseguente alto riconoscimento sociale che essa può conferire all’atleta (o al ragazzo comune) in quanto vincente, e di carattere economico, ossia i guadagni che è possibile conseguire previa la vittoria della gare, il modello culturale che si potrebbe definire ‘modello della vittoria a tutti i costi’ è attualmente prevalente in ambito sportivo. Alla luce di queste considerazioni, piuttosto che attribuire l’uso delle sostanze dopanti a una condizione di incapacità di inserimento o ‘adattamento’ dell’atleta, si può considerare tale condotta come un modo efficace di adattamento al modello dominante nel contesto sportivo e più in generale sociale. L’assunzione di sostanze consentirebbe, infatti, all’atleta di fornire prestazioni vincenti e competizioni ravvicinate che mettono a dura prova non solo le abilità dell’atleta ma anche le sue possibilità fisiologiche, consentendogli di mantenere la coerenza dell’’atleta vincente’, con tutti gli effetti positive e concreti che questa realtà comporta. Medici, farmacisti, allenatori, istruttori, educatori, insegnanti e famigliari degli atleti dovrebbero tutti realizzare un patto per evitare che i giovani atleti siano le vittime, spesso inconsce di trattamenti farmacologici non necessari, anzi nocivi alla salute. Obiettivo, non secondario, è quello di ricordare ai giovani che la lealtà, valore irrinunciabile dello sport, è incompatibile con il doping…. ANGELA DI PIETRO 3° A ITC Ettore Carafa Andria (BA)
La scuola contro il doping-2 La morte improvvisa di qualche atleta nel corso di una competizione o i decessi di sportivi ancora in giovane età, magari soltanto dopo qualche anno dall'interruzione dell'attività agonistica, richiamano dolorosamente l'attenzione di tutti noi su un fenomeno che sembra offuscare la bellezza dello sport: il doping. Doping è un termine inglese che tradotto in italiano significa fare uso di droghe o sostanze stupefacenti, mentre nell’ ambito sportivo significa usare o abusare di sostanze o procedimenti destinati ad aumentare artificialmente il rendimento in occasione di una gara sportiva. Nel caso degli atleti, le sostanze e le procedure impiegate per ottenere prestazioni artificialmente elevate, sono fortemente tossiche. Inoltre, il loro impiego è spesso massiccio e continuato. L'abuso di tali sostanze produce sul corpo danni immediati o ritardati. Alcuni antidolorifici, per esempio, se da un lato non fanno sentire la fatica della gara, dall'altra aumentano il rischio di traumi sportivi; gli steroidi determinano modificazioni preoccupanti a livello muscolo-scheletrico, nonché lo sviluppo abnorme e patologico di taluni organi; l'uso prolungato di eritropoietina causa gravi scompensi a carico dell'apparato circolatorio, così come l'impiego di stimolanti. L'ormone della crescita, oltre all'ipertrofia di alcuni organi vitali, favorisce lo sviluppo di tumori; alcuni integratori alimentari provocano lesioni renali. Avviene il più delle volte che i danni prodotti da queste sostanze illecite siano a carico di più funzioni e apparati, ne bisogna trascurare gli effetti patologici, difficilmente prevedibili, prodotti da più sostanze tossiche assunte contemporaneamente. La pratica del doping ha quindi pochi vantaggi e tantissimi rischi. E' questa la ragione per cui in tutto il mondo si cerca di debellarla. Inoltre, il fatto stesso di cercare di superare gli altri atleti con mezzi fraudolenti è da considerare moralmente condannabile. Purtroppo però non tutti gli atleti riescono a resistere alla tentazione. Per questo, dopo molte competizioni sportive vengono effettuate analisi per accertarsi che gli atleti non abbiano utilizzato sostanze proibite. Queste analisi vengono svolte su campioni di urina prelevati subito dopo la gara alla presenza dei commissari di gara e del medico incaricato anti-doping. I campioni vengono poi inviati ad un centro attrezzato per riconoscere anche piccole tracce delle sostanze proibite. In caso di positività, ovviamente, scatta la squalifica per l'atleta colpevole. Recentemente è stato stabilito che può essere effettuato anche un prelievo di sangue per effettuare il test. Per far diminuire questo fenomeno occorre che proprio coloro che si occupano di sport: dirigenti, tecnici, allenatori, campioni, sappiano trasmettere ai più giovani la ricchezza di valori che lo sport rappresenta e sappiano illustrarne in maniera convincente, prima di tutto con l'esempio, la bellezza. Lo sport, con i suoi valori di leale competizione, dovrebbe continuare a costituire un valore e un modello per le giovani generazioni. Dietro lo sport, oggi, si agitano interessi economici e potere pazzeschi. La vittoria è spesso l'unico risultato accettato da sponsor e dirigenti e viene interiorizzato come valore assoluto anche da allenatori e atleti. Per raggiungere la vittoria e il riconoscimento economico, sociale e persino politico che ne consegue, non si guarda più a nulla. La solidarietà, la lealtà, la salute,
lo stare insieme, la creatività, la collaborazione, l'intelligenza, il lavoro duro e motivato, l'abilità, la competenza, la fantasia, lo sviluppo armonioso del corpo passano in secondo ordine. Conta soltanto il risultato, non importa con quali mezzi lo si raggiunga. VINCENZA IEVA 5°B ITC Ettore Carafa Andria (BA)
IL PREZZO DELLA VITTORIA Esiste ancora l’etica nello sport? Come nella vita, anche nello sport il modello di successo deforma i cervelli non risparmiando nessuno: né chi gestisce lo sport, né chi lo pratica, né chi lo fa praticare. Anche lo sport, che segue o anticipa fenomeni sociali, cede all’esasperazione della filosofia della vittoria. Il problema del doping sta nella mentalità e nella cultura della vittoria a tutti i costi ecco perché il modo per vincere sempre più spesso viene identificato nella pastiglia o in tutti i modi possibili, anziché in un onesto confronto. I sani principi etici che sostengono il sacrificio di lunghi e faticosi allenamenti e gli obbiettivi di competere in maniera leale e senza scorrettezze, puntando più alla ricerca di un continuo miglioramento delle proprie prestazioni personali che alla vittoria ad ogni costo, cedono il passo a logiche di supremazia, di fama e interessi economici. Il doping travalica il fatto sportivo per assumere significato edonistico, economico, psico-sociale laddove “vincere anche con mezzi illegali ma vincere”comporta soddisfazione narcisista e notorietà che prelude a guadagni che possono cambiare il destino personale. Il doping ormai da tempo non è più solo associato allo sport: è una piaga dal risvolto sociale, ma è proprio allo sport che causa il danno maggiore attraverso immagini e giudizi negativi che inevitabilmente la gente finisce per costruirsi su di esso. Oltre al danno diretto sulla salute, il doping associa alla perdita della vera essenza della cultura, che è la sana attività motoria, la temperanza, la costanza nel perseguire il proprio miglioramento fisico e mentale e di rispetto delle regole e dell’avversario; esso elimina la fedeltà e quei principi di lealtà e correttezza che hanno da sempre differenziato il mondo degli sportivi, rendendolo unico e fonte di orgoglio per chi lo pratica. Fortunatamente non tutti i grandi campioni, non tutti i miti sportivi sono personaggi che abusano di fiale, pastiglie e altri metodi illegali, però molti di loro non sono immuni da tentazioni e forse in tanti non sono consapevoli del reale pericolo che li circonda. La cosa migliore da fare è intervenire attraverso l’informazione sui giovani, su quanti iniziano l’attività agonistica e su quanti già la praticano. È un problema di cultura. Bisogna che torni a prevalere la convinzione del barone De Coubertin che ” l’importante è partecipare non vincere “ che la salute è molto più importante e preziosa di mille medaglie e di contratti milionari e che il fascino dello sport è racchiuso nella lealtà e nella dedizione che spinge all’impegno costante verso il miglioramento fisico e psichico. Niente e nessuno giustifica il diventare schiavi di sostanze che avvelenano l’organismo già prima di aiutarlo ad ottenere prestazioni esaltanti e vittorie che, se ottenute con il doping, non hanno nessun valore e svalutano l’atleta e lo spingono man mano sull’orlo di precipizi. Un ‘altra cosa da cambiare è proprio la cultura del successo, non voglio giustificare nessuno ma è “ normale “ che se in ogni azienda che si rispetti quello che conta è il
successo, nessuno si sogna di rinunciare al doping perché corrisponde ed è funzionale alle esigenze dello sport spettacolo. Lo sport con i suoi valori di leale competizione deve continuare a costituire un valore e un modello per le nuove generazioni. Non si deve permettere che lo sport venga macchiato di certe accuse infamanti; ma deve essere per tutti uno stile di vita da seguire e no da criticare. ANNA LACERENZA 3° D Istituto Superiore Statale Scipione Staffa, Liceo Socio-Psico-Pedagogico Via Cappuccini, 23 Trinitapoli (FG)
Il doping come piaga della società Il doping nella società dell’apparire Il doping è il ricorso a sostanze o pratiche e metodi illeciti per modificare la prestazione sportiva. Questo fenomeno non solo corrompe l’etica dello sport ma mette in serio pericolo la salute dello stesso atleta che affronta molteplici rischi in vista di ben pochi vantaggi. Uno degli elementi più preoccupanti che concorrono a fare di questo fenomeno una piaga della società è che pratiche come l’assunzione di sostanze dopanti o come l’ EPO, l’autoemotrasfusione non sono diffuse solo nello sport a livello professionistico ma anche a livello dilettantistico e persino amatoriale. Il quadro che l’attualità viene delineando non risulta affatto positivo basta pensare ad esempi quali il ciclista Marco Pantani escluso dal giro d’ Italia, il velocista Ben Johnson squalificato alle olimpiadi di Seul per aver effettuato un record sotto l’influenza di sostanze dopanti successivamente annullato o la pesista Heidi Krieger costretta a diventare uomo per l’eccessiva assunzione di ormoni maschili. Lo sport deve essere inteso e assunto come stile di vita perché esalta valori come l’amicizia; l’attenzione alla salute; il saper perdere ed il saper vincere; la disciplina, che porta l'atleta a raggiungere una regolarità che è la base dei risultati e della forma fisica, infatti la perseveranza negli allenamenti e la costanza nel tempo sono elementi estremamente importanti per arrivare ad un risultato positivo nella pratica di uno sport; la capacità di saper soffrire, la quale una volta appresa, viene poi trasferita in altri ambiti, quali ad esempio la famiglia, il rapporto con gli altri, lo studio, ecc..., luoghi in cui sono sempre presenti possibili delusioni o frustrazioni che dobbiamo saper gestire e sopportare. Gli atleti perdono giorno dopo giorno la concezione sana dello sport in quanto l’apparenza ha sostituito in ogni campo l’essere tanto che si è disposti ad imbrogliare pur di apparire vincitori e dimostrare al nulla il proprio valore, per ritrovare autostima la cui perdita deriva dalle troppe pressioni provenienti dal mondo esterno e che distruggono quello che dovrebbe essere lo sport ovvero un modello educativo. Al contrario si dovrebbe cercare di mostrare a sé stessi il proprio valore e per far questo sono insensate le scorciatoie che in questo caso non portano alla realizzazione, ma solo alla parvenza e all’illusione effimera di essa. L’economia di mercato che caratterizza la società induce a pensare che se non si ottengono risultati non si ha valore mentre viene del tutto ignorato l’aspetto essenziale dello sport che è quello educativo il quale insegna che attraverso l’allenamento costante, l’impegno, la fatica è davvero possibile una crescita interiore. Per debellare il fenomeno del doping ormai diventato reato quindi punibile penalmente in quanto frode sportiva, vengano effettuati continui controlli sulle urine degli atleti prima e dopo le prestazioni. Nonostante questo però è necessaria una corretta educazione allo sport ed ai valori che questo esprime si da piccoli.
Limitare l’esasperazione agonistica ritornando ad un corretta, leale e sana competizione. ANNA LIEGI Istituto Superiore Statale Scipione Staffa, Liceo Socio-Psico-Pedagogico Via Cappuccini, 23 Trinitapoli (FG)
L’etica dello sport e la lotta al doping Il doping è un fenomeno di ampia diffusione molto complesso e va analizzato attraverso una profonda riflessione sui vari aspetti e sugli oggetti di discussione ad esso correlati. Lo sport è, insieme alle arti, la pratica metodica prima, essenziale e fondante dello spirito umano, che si esprime in differente maniera nelle discipline singole e nel gioco di squadra. Esso ha il compito di educare il corpo e svagare la mente, esplicando le parole del detto latino “mens sana in corpore sano”, attuale a tutt’ oggi. Lo spirito sportivo rappresenta dunque la celebrazione dello spirito umano, essendo sintesi fra corpo e mente, e si fonda su molti valori: l’onestà, il rispetto delle regole, il rispetto per se stessi e per gli altri, l’educazione, la salute, il divertimento e la gioia, la dedizione, l’impegno, l’unione e la solidarietà. Sono questi valori inerenti all’ etica, comunemente identificata come scienza dei costumi, delle relazioni sociali, dei diritti e dei doveri, oppure ellenicamente intesa come “ars vivendi”, ovvero analisi di problemi metafisici, soprasensibili. Quindi lo sport, se fondato sui valori sopraccitati, assume un carattere oltremodo etico, intendendo con etico tutto ciò che costruisce la persona nella sua consistenza interiore, nella sua dignità ed affidabilità. Il doping, ovvero l’uso o abuso di sostanze o medicinali con lo scopo di aumentare artificialmente il rendimento fisico e le prestazioni dell’ atleta, tradisce l’etica sportiva falsando l’esito delle competizioni. La diffusione del fenomeno è l’espressione di una trasformazione antropologica del ruolo dell’ atleta e la conseguenza del connubio tra sport e denaro, divenuto ormai insostenibile e inaccettabile. Tutto questo sistema ormai fradicio è tenuto insieme pure dalla volontà umana di oltrepassare fisicamente determinati confini senza porsi alcun limite, proiettandosi conseguentemente nella figura di un “particolare oltreuomo”, archetipo dei caratteri e dei vizi umani nelle società d’ogni luogo e d’ogni tempo. Molti sono i casi di doping nella storia sportiva e alcuni clamorosi tra i quali quello di Ben Johnson, squalificato alle Olimpiadi di Seul nel 1988 dopo aver vinto la corsa dei 100 metri piani e aver stabilito il nuovo record del mondo (poi annullato), e quello di Marco Pantani escluso dal Giro d’Italia del 1999 alla vigilia della penultima tappa mentre era largamente in testa alla classifica. Nonostante la capillare diffusione di controlli ad ogni livello agonistico è ancora alto il numero di risultati positivi agli esami antidoping in Italia e nel mondo. Il doping è quindi per sua natura contrario allo spirito sportivo. La società deve comprendere l’importanza della lotta al doping preservando e diffondendo i valori intrinseci dello sport.
Noi giovani in particolare abbiamo il dovere di far rinascere lo sport, facendolo nuovamente divenire disciplina del corpo e della mente come era in età classica nella Grecia antica. GIUSEPPE GAETANO LOSCOCCO Classe 4 B Liceo Scientifico “Aldo Moro” Margherita di Savoia (FG)
(No titolo) Per quanto possa definirsi evoluta e tecnologicamente all'avanguardia la società odierna,troppo spesso è protesa a banalizzare problemi che,per quanto singolari possano apparire mettono in luce quelle che sono realta preoccupanti a livello complessivo:uno di questi , il doping. Doparsi non significa solo assumere sostanze stupefacenti per migliorare prestazioni atletiche o per diluire campioni di urina,significa sottovalutare gli effetti di farmaci apparentementi comuni , magari presenti anche nell' elenco delle sostanze vietate dal Comitato Mondiale Anti Doping all' insaputa dell' utente,tipici di diete dimagranti. Questo ci porta a capire quanto il doping , la cosidetta "droga sportiva" sia un problema sottovalutato , ignorato come situazione di nicchia , anche se di nicchia non lo è per nulla. Servizi sanitari,comunità di recupero e mezzi di informazione , che tanto si dimostrano attenti nei confronti delle tossicodipendenze da droghe leggere e pesanti , spesso sembrano dimenticharsi di questo cancro dello sport,che generalmente balza sotto i riflettori solo quanto qualcuno,specie se famoso,ci rimette la vita. La parola doping rimanda all' immaginario collettivo il triste caso di Marco Pantani,alle vergognose rivelazioni notturne durante le olimpiadi invernali,ma nessuno sembra voler invece guardare al disotto dei vertivi sportivi,dove prolifera quel sottobosco di atleti agonistici che rincorrono il sogno della prestazione straordinaria con scelte discutibili di ordinaria stupidità. Ma prima di analizzare il problema,è necessario capirne le cause:esse vanno ricercate innanzitutto nell' eccesso di commercializzazione che sta attualmente conoscendo lo sport,soprattutto per quanto riguarda la recente esplosione dei diritti televisivi associata ai grandi contratti di sponsorizzazione. Tale commercializzazione,con le poste in palio economiche e finanziarie che ne derivano,hanno portato ad una moltiplicazione delle competizioni sportive e alla riduzione dei tempi di recupero,il che provoca anche l'accorciamento della vita sportiva del professionista. L'ambiente in cui si muove lo sportivo nel suo complesso dall'allenatore al medico,passando per il dirigente e i familiari,può contribuire del resto ad aumentare la pressione che lo sportivo subisce. Ed è in questo modo che lo sport agonistico si trasforma in un'arena insidiosa e "mangia uomini".Quanto possono essere efficaci gli strumenti comunitari necessari in materia di lotta contro il doping dalla Commissione Europea (ricerca,educazione e formazione gioventù,cooperazione di polizia e giudiziaria,salute pubblica)se, da tempo ormai, si è perso di vista il principio"l'importante è partecipare,non vincere" affermato da Pierre de Coubertine, e che a qualcuno addirittura può apparire antiquato negli ambienti agonistici,ideale solo per ragazzotti che sgambano negli oratori?Si è dimenticato il valore fondamentale dello sport,la cui parola stessa per antonomasia è educazione del corpo e della mente,un'unità,un equilibrio psico-fisico che deve esistere in ogni essere umano affinchè egli possa vivere compiutamente,in tutte le sue potenzialità,una vita degna di tal nome. Praticare un'attività sportiva deve significare per un giovane conquistare progressivamente l'equilibrio psico-fisico,imparare a dominare i propri istinti attraverso il rispetto delle regole,dei tempi e dei ritmi di allenamento;deve significare calibrare e sopportare la fatica,imparare a soffrire quando serve e a gioire con i propri
compagni di squadra in caso di vittoria,sempre nel rispetto degli avversari, che non sono "nemici"da distruggere ed umiliare ma semplici antagonisti con cui confrontarsi nel pieno rispetto delle regole. Lo sport oggigiorno rispecchia la perdita dei valori della società globale,e proprio per questo bisogna recuperare solidi valori di riferimento perchè occorre partire con un piano di rieducaziono globale che muove dalla scuola e dalla famiglia e che va orientato non solo verso lo sport,ma in direzione della decisa riaffermazione del valore delle persone umane. PAMELA PELLEGRINO Classe 4 B Liceo Scientifico “Aldo Moro” Margherita di Savoia (FG)
IL DOPING E LO SPORT Uno dei problemi che colpisce in modo particolare il mondo dello sport è il doping. Il termine doping è un termine inglese che traduce l’espressione “fare uso di droghe”, mentre per quanto riguarda l’ambito sportivo questo termine sta ad indicare l’uso di sostanze o di procedimenti destinati ad aumentare le proprie prestazioni fisiche durante le gare. Questo fenomeno è molto diffuso non solo nelle gare che riguardano atleti, ma anche nelle gare che coinvolgono gli animali. I composti dopanti agiscono in vario modo. Il problema del doping è presente nello sport fin dai tempi dell’antica Grecia, in quanto, si riteneva che determinate erbe sarebbero state in grado di aumentare il rendimento fisico. Il doping che ancora oggi è utilizzato, è stato introdotto intorno agli anni ’50, con l’uso da parte di atleti di anfetamine e di stimolanti, e proprio da questi anni che si iniziò a combattere questo fenomeno. Infatti nel 1961 a Firenze venne istituito il primo laboratorio europeo di analisi anti- doping, e proprio dalle successive Olimpiadi tenutesi a Tokyo si iniziarono ad effettuare i primi controlli anti-doping sugli atleti. Nel 1971, in Italia, anche il potere legislativo si occupò del doping infatti approvò una legge che puniva non solo gli atleti che facevano uso di queste sostanze, ma anche chi le distribuiva. Le sostanze più utilizzate sono anabolizzanti, anfetamine, ormoni e integratori. Queste sostanze vengono periodicamente aggiornate e riportate in una lista pubblicata dal Comitato Olimpico Internazionale. Durante le gare, gli atleti vengono sottoposti a esami generali al fine di verificare se nel loro corpo vi siano tracce di tali sostanze, qualora l’atleta risultasse positivo ai controlli, a quest’ultimo viene prima inflitta un’ammenda pecuniaria, e nella maggior parte dei casi segue l’esclusione dalla competizione con conseguente squalifica. Gli stimolanti determinano un aumento dell’attenzione, della concentrazione e della carica aggressiva, determinando la diminuzione della fatica, hanno però effetti discontinui. Tra gli stimolanti vi sono: l’anfetamina, la cocaina, la caffeina. I narcotici vengono assunti per eliminare la sensazione di dolore e per permettere a un atleta infortunato di gareggiare fino al termine della competizione. Tra i narcotici ci sono: la morfina. Gli ormoni sono impiegati per potenziare la massa muscolare. Gli ormoni maschili assunti dall’esterno possono causare sterilità. Tra gli steroidi sono compresi: il nandrolone. I diuretici, incrementando l’emissione di urina, vengono utilizzati per produrre una rapida perdita di liquidi corporei e, dunque, una veloce perdita di peso per rientrare nelle categorie previste dalle federazioni sportive; inoltre, poiché diluiscono le urine, abbassano la concentrazione di sostanze proibite già assimilate e, quindi, ne mascherano la presenza o ne riducono i valori entro i limiti tollerati. I beta-bloccanti sono usati per placare stati d’ansia, ma possono provocare disturbi respiratori. L’ormone della crescita è usato in alternativa agli anabolizzanti perché determina effetti simili a questi composti senza poter essere identificato in sede di controllo. Anch’esso, quindi, aumenta la massa muscolare e potenzia l’effetto degli anabolizzanti. L’eritropoietina (EPO) è un ormone espulso dal rene che stimola la sintesi di globuli rossi. Nella pratica del doping sportivo essa viene utilizzata per
migliorare il trasporto dell’ossigeno. Però, se il sangue si arricchisce di globuli rossi, diviene più denso, il che comporta maggiore carico di lavoro per il cuore. Una particolare pratica illecita è l'emodoping o doping ematico. Consiste nella inoculazione di sangue o suoi derivati oppure di sostituti del plasma oppure di molecole sintetiche trasportatrici di ossigeno. Nel caso dell’autoemotrasfusione, all’atleta viene somministrato il suo stesso sangue prelevato in precedenza. Il doping è molto diffuso in sport come calcio e il ciclismo, ma anche nell’atletica. Uno dei casi più conosciuti che si è verificato nel mondo del calcio è quello dell’ argentino Diego Armando Maradona che proprio nel periodo dei suoi anni al Napoli fu coinvolto in molte inchieste riguardanti il doping. La vicenda di Maradona è stata una delle poche a non concludersi tragicamente come invece è accaduto a vari ciclisti tra cui Marco Pantani. Pantani non risultò positivo a sostanze dopanti, ma il suo ematocrito risultò superiore ai valori normali. Mentre nell’ atletica un caso clamoroso fu quello di Johnson, che fu squalificato alle Olimpiadi di Seul nel 1988 dopo aver vinto la corsa dei 100 metri e stabilendo il nuovo record mondiale. Dopo le analisi, però, l’atleta risultò positivo al doping e il suo record fu annullato. Il doping ha pochi vantaggi e molti rischi, sarebbe buona norma morale che un atleta non pensi a vincere ad ogni costo ma solo a migliorare le proprie prestazioni. ANGELA POLICASTRO 5° B ITC Ettore Carafa Andria (BA)
Il doping e lo sport…insieme per la rovina Censurare il doping per una maggiore fiducia negli sportivi Gli atleti moderni, soprattutto i professionisti, sono ossessionati dal raggiungimento di determinati obbiettivi che riguardano specialmente il primato. Alla base di questo desiderio c’è soprattutto la società, che influenza l’individuo a raggiungere il facile successo anche se in maniera sleale. In ambito sportivo è diffuso oggi giorno l’uso del doping, sostanze che incrementano le prestazioni fisiche fino ai limiti, considerate illecite da tutte le organizzazioni sportive. I termini doping e sport sono antitetici, lo sport deve contribuire a migliorare la salute dei cittadini, mentre il doping la distrugge. La società accetta tuttavia, implicitamente l’uso di queste sostanze anche perché gli organi statali non sono mai intervenuti nel controllo delle singole attività motorie a dovere. Nonostante questo alcuni atleti a volte ne fanno uso, spinti da interessi economici e di fama, che il più delle volte superano il piacere della sana competizione. Il problema, infatti, è proprio questo. Con il doping si cancellano quelle che sono le fondamenta della cultura sportiva: il rispetto delle regole, la costanza dell’allenamento e la correttezza nei confronti dell’avversario,si perde di vista il vero obbiettivo dello sport, che dovrebbe servire a superare in maniera naturale se stessi. Secondo alcuni psicologi il doping viene usato per instaurare relazioni con gli altri all’interno di una società basata sul successo in cui è facile alienarsi, infatti, una conseguenza logica è che non ci si dopa “per vincere”, ma “per non perdere”, senza rendersi conto del danno, alcune volte irreversibile, che si provoca alla propria salute fisica e psichica. Gallien, Vice presidente del Comitato Nazionale Olimpico, riconduce la causa dell’uso del doping alla società materialista che esalta esclusivamente il successo individuale, il bisogno di arricchirsi a scapito di valori quali: la solidarietà e la condivisione. Il grosso pubblico distratto dal conseguimento del risultato, non pensa che quelle prestazioni sono sostenute da manovre poco corrette sotto il profilo morale ed etico. Purtroppo la realtà è diversa: la proliferazione dell’uso del doping è dovuta soprattutto alla commercializzazione dello sport, alla pressione esercitata dagli sponsor e dai media sugli atleti che comporta lucrosi ritorni economici. Può sembrare penoso a quelle persone che amano lo sport ma, è la sconcertante verità. Recuperare l’istanza etica significa recuperare il valore autentico dello sport, proprio per questo negli ultimi anni il richiamo ai veri valori sportivi è forte. E’ quindi un problema di cultura, e per risolverlo bisogna diffondere informazioni sui rischi, pericoli e danni che certe sostanze provocano alla salute, facendo conoscere i sani principi dell’attività motoria, che vengono trascurati non solo a livello professionale, ma anche a quello amatoriale. Sarebbe utile spiegare ai giovani, che si affacciano a praticare uno sport, che le attività motorie si svolgono specialmente per il gusto di praticarle, portandoli così a maturare una nuova consapevolezza sportiva ed etica, restaurando i vecchi e giusti
principi che sostengono i lunghi e massacranti allenamenti e tralasciano i valori edonistici e narcisisti. ELEONORA PORCELLUZZI Istituto Superiore Statale Scipione Staffa, Liceo Socio-Psico-Pedagogico Via Cappuccini, 23 Trinitapoli (FG)
DOPATI DI VITA… Manuale d’uso Lo sport è salute e voglia di superare se stessi anche se i risultati non sono sempre positivi come si vorrebbe. Esso ti insegna a saper perdere…non sempre si può vincere! Lo stesso ex Presidente della Repubblica, C. A. Ciampi, parlando agli atleti dice:”Lo sport è agonismo e non antagonismo. E’ un confronto leale, non scontro”. Tra il desiderio di superarsi durante una prestazione agonistica e l’essere disposti a fare qualsiasi cosa pur di vincere, spesso ci può essere un confine sottilissimo. Oltre la linea di demarcazione l’atleta viene spinto dall’ideologia del successo a tutti i costi, dalle esigenze incommensurabili di sponsor e tifosi, per non parlare della loro stessa ambizione che li spinge, sempre più, a ricorrere ad aiuti chimici. Il doping, nello sport, sta diventando sempre più frequentemente una moda…la prospettiva di vincere una gara è allettante, per cui quella di doparsi lo è senz’altro di più! Questa piaga ha ormai coinvolto i campioni di numerosi sport tra cui calciatori, ciclisti senza escludere tutti gli altri.Uno sportivo dopato è come una piantina in casa a cui il padrone ha dimenticato di dare l’acqua da diverso tempo mentre, al contrario, un atleta rispettoso dello sport è una pianta in giardino che il cielo ha provveduto ad innaffiare per tempo. Nonostante il fenomeno doping sia condannato da tutti, le molteplici normative emanate dalle organizzazioni sportive vengono attuate solo nelle competizioni a livello internazionale senza pensare che questo problema immette le sue radici in competizioni anche provinciali. Bisogna educare i giovani sin dalla tenera età al giusto stile di vita. La vittoria è l’unico risultato accettato da sponsor e dirigenti e viene interiorizzato come valore assoluto anche da allenatori ed atleti. Sempre più spesso anche i genitori fanno la loro parte pretendendo dai loro figli, sin da piccoli, prestazioni sportive vittoriose e poco rispettose degli avversari e tutto a causa degli incommensurabili interessi economici. La pratica del doping ha, quindi, pochi vantaggi e tantissimi rischi ed è per questo che in tutto il mondo si cerca di debellarlo. Purtroppo però non tutti gli atleti riescono a resistere alla tentazione ed è per questo che dopo molte competizioni sportive vengono effettuate, alla presenza dei commissari di gara e del medico incaricato anti- doping, analisi del sangue e delle urine per accertarsi che gli atleti non abbiano utilizzato sostanze proibite. I campioni vengono poi inviati ad un centro attrezzato per riconoscere anche piccole tracce di tali sostanze ed in caso di positività scatta la squalifica per l’atleta colpevole. E’ importante sapere che, talvolta, si può risultare positivi agli accertamenti anti- doping pur senza aver utilizzato consapevolmente sostanze per aumentare il proprio rendimento. Questo succede perché alcune sostanze proibite dal CIO sono normali componenti di certi farmaci in commercio tra cui i preparati utilizzati contro il raffreddore, tosse, influenza, spray nasali, colliri, antistaminici ecc.
In altre parole, somministrare doping ad un atleta è come fare i compiti ad un bambino di prima elementare: i compiti saranno fatti benissimo senza alcun errore, il bambino, però, resterà ignorante! Provate solo a ricordare la mortificazione di quegli atleti, tutti ovviamente innocenti, ai quali viene tolta una medaglia perché positivi ai test. E’ essenziale ricondurre nei giusti binari il rapporto tra il mondo dei giovani e quello dello sport. Occorre, cioè, ridurre l’esasperazione agonistica: certo la competizione deve rimanere, ma dovrà essere liberata dai vari significati, aggiunti in genere dal mondo degli adulti. Dovremo far capire che tutto ciò di cui l’atleta ha bisogno sta in una corretta alimentazione, e che i risultati ottenuti saranno il frutto, oltre che di una naturale predisposizione, dell’impegno e della costanza profusa negli allenamenti. Chi pratica lo sport si suppone che lo ami, se fosse veramente così non esisterebbero forme di doping, perché amare lo sport significa rispettarlo, chi utilizza sostanze dopanti lo odia e lo distrugge. Lo sport deve riprendere con forza ciò che gli è stato tolto: aiutiamolo, restituiamogli quella lealtà e quel senso di libera competizione che da tempo invochiamo e che già da un bel po’ ha perso. ROSSELLA TORRACO Istituto Superiore Statale Scipione Staffa, Liceo Socio-Psico-Pedagogico Via Cappuccini, 23 Trinitapoli (FG)
Fuori il doping dallo sport! Ricorrere al doping, nel mondo dello sport, è fenomeno sempre più diffuso nonché pericolosamente discutibile, al di là della dequalificazione di una o più immagini. E’ l’umanità stessa dell’attività sportiva a soffrirne; talvolta in modo indelebile. Fuori dallo spirito di squadra, dalla sana contesa tra primari e comprimari, l’egoistico individualismo, spinto alle estreme conseguenze, ha mortificato l’agonismo al di là di, sebbene improbabili, giustificazioni. Vien fatto di credere che il miraggio di guadagni facili, quanto particolarmente consistenti, costituisca il motore di ciò che, ormai è diventato un modus operandi che non prevede né apprezza sforzi. Trascurando i vari sistemi, un caso particolare è costituito dall'emodoping, o autoemotrasfusione, di cui si abusa nel ciclismo, soprattutto. Gli atleti si trasferiscono per un certo periodo ad allenarsi a grandi altitudini; qui, la minore concentrazione di ossigeno stimola la produzione nel sangue dei globuli rossi che sono responsabili dell'ossigenazione dell'organismo. Campioni ematici di riserva, saranno trasfusi all'atleta prima dell'evento agonistico con effetti stimolanti. Reali o presunti: sempre discutibili. L'emodoping è assai pericoloso, in quanto può comportare la formazione di trombi e generare problemi vascolari. Già nell’antichità erano utilizzate sostanze e droghe stimolanti per migliorare il rendimento sportivo. Recentemente abbiamo assistito ai casi eclatanti di Diego Armando Maradona squalificato per doping durante il mondiale di calcio americano del 1994 e del nostro Pantani, che dopo l’eliminazione dal Tour de France, caduto in uno stato di profonda depressione, ha posto fine alla sua giovane vita. Nel mondo animale, l’uomo è l’unico a essere consapevole dei propri limiti, che spesso gli sono d’impaccio e che egli tende sempre a superare soprattutto nella società attuale dove prevale l’immagine su ogni valore morale. Ogni record diviene un record da superare in una corsa che appare senza limiti e che travolge tutto e tutti, materialismo e idealismo. Quando la tensione trova un termine oltre il quale l’uomo non può protrarsi egli ricorre ad ogni mezzo, perfino ai neurolettici che eccitano il sistema neurologico, espandono la sicurezza di sé, abbassano la sensibilità alla fatica. Queste sostanze, però, se da un lato contribuiscono ad esaltare le prestazioni, dall’altro danneggiano l’integrità psico-fisica dello sportivo. Sotto il profilo sanitario ormai è a tutti noto che le sostanze dopanti possono nuocere gravemente alla salute, arrecando, in casi estremi danni irreversibili. Chi raggiunge risultati che non sarebbero alla sua portata, senza l’aiuto farmacologico, è il primo ad essere consapevole che quel riconoscimento non gli appartiene o non gli appartiene nella sua completezza. O, almeno, dovrebbe. Tale consapevolezza dovrebbe bastare a scoraggiare il doping.
Come affermava Kant, tre secoli fa, esiste il tribunale della ragione che, naturalmente, limita la soddisfazione di vincere un titolo non meritato. L’efficienza indotta da sostanze dubbie è efficienza effimera e dannosa che non solo passa velocemente, ma lascia segni negativi sull’equilibrio psico-fisico e può indurre assuefazione. Tutte le istituzioni educative, compresa la scuola, hanno il dovere di trasmettere ai giovani il messaggio per cui il ricorso al doping è avvilente sotto tutti i profili. Il loro uso è contraddittorio perché se, da una parte produce aspettative sulle capacità di superare i limiti, dall’altra mortifica chi ne usa, ghettizzandolo con una dipendenza che lo annienterà. MATTEO ZOCCO 4° I Liceo Giuseppe Stampacchia Tricase (LE)
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