Echinacea - Mixis officina delle erbe

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Echinacea - Mixis officina delle erbe
Echinacea

Il genere Echinacea appartiene alla famiglia delle Asteraceae ed il suo nome, assegnato dal botanico Moench nel 1794,
deriva dal greco echinos, riccio, secondo alcuni autori per la struttura dei semi, che possiedono alla loro sommità un
margine con 4 denti appuntiti; secondo altri, per le brattee pungenti del capolino.

Le Echinacee sono piante erbacee poliennali con riposo vegetativo invernale (la parte epigea si dissecca in autunno),
appaiono dalla primavera inoltrata all’autunno e fioriscono tra Giugno e Agosto.
L’apparato radicale è più o meno fascicolato, con radici singole di calibro differente, a volte fittonante.
Le foglie sono lanceolate od ellittiche, con margine intero o seghettato e generalmente provviste di peli.
Il fusto, di altezza variabile, si presenta più o meno peloso, ramificato e rivestito di poche o molte foglie, a seconda della
specie.
I fiori presentano capolini grandi, conici, con fiori ligulati (sterili) di varia colorazione e lunghezza, e fiori tubulosi (fertili)
ermafroditi; il polline può presentare diverse colorazioni.
Il frutto è un achenio quadrangolare con presenza od assenza di pigmentazione marrone chiaro all’apice.

Il genere è endemico del Nordamerica, dove con le sue nove specie copre un ampio areale che si estende dalle zone
costiere del Golfo del Messico alle Grandi Pianure, fino al Lago Grande a Nord, alle montagne Rocciose ad Ovest ed
alla catena degli Appalachi ad Est, interessando numerosi stati.

Le specie di interesse erboristico sono tre: Echinacea angustifolia D.C. (var. angustifolia e var. strigosa McGregor),
Echinacea purpurea (L.) Moench e Echinacea pallida Nutt. L’areale di queste tre specie considerate nel loro insieme,
è più esteso rispetto a quello di tutte le altre, indice di una notevole adattabilità alle diverse condizioni ambientali, che
oggi ne ha reso possibile la coltivazione anche in molti paesi d'Europa.
Crescono spontaneamente sia nelle zone di pianura che ad alta quota (fino ad oltre 1500 m di altitudine), privilegiando
aree aperte e soleggiate, senza esigenze particolari di terreno, anche se prediligono suoli moderatamente fertili, ben
drenati e tendenti al sabbioso.
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E. angustifolia var. angustifolia.

Si trova nelle praterie secche ed aride ed il suo areale si estende dalle zone meridionali del Saskatchewan e Manitoba
(Canada) e dal Nord Dakota fino al Texas (Stati Uniti).

                                Zone verdi chiaro e scuro: zone endemiche dove la pianta è diffusa

Presenta steli semplici o ramificati, alti 10-50 cm, lisci o provvisti di peli.
Le foglie sono lineari-lanceolate con margine intero, provviste di peli ispidi, di colore verde scuro e con 3-5 nervature. Le
dimensioni delle foglie variano a seconda della posizione, quelle della parte alta sono sessili.
Il diametro dei capolini si aggira attorno ai 1,5-2,5 cm, senza considerare i fiori ligulati. Questi ultimi sono più o meno
distesi, di colore bianco, rosa o porporino. Il polline è di colore giallo. La fioritura avviene da giugno a luglio.
Gli acheni sono di forma quadrangolare, lunghi 4-5 mm ed hanno un colore che va dal biancastro al bruno chiaro con
pigmentazione marrone all’apice.
L'apparato radicale è fittonante di colore bruno chiaro.
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E. pallida.

Si trova nei boschi radi, nei territori paludosi e nelle praterie rocciose dal Texas N.O. fino all’Indiana, ma vi sono
popolazioni sparse anche in altri stati.

                                Zone verdi chiaro e scuro: zone endemiche dove la pianta è diffusa

La pianta presenta steli semplici o raramente ramificati alti 40-90 cm, con peli fitti in alto e radi in basso.
Le foglie sono lineari-lanceolate o lineari-ellittiche, con margine intero, di colore verde scuro e con 3 nervature; le foglie
della rosetta hanno un corto picciolo, mentre nella parte alta sono sessili.
I capolini sono emisferici con i fiori ligulati lunghi e stretti, pendenti, rosa o bianchi. Il polline è di colore bianco. La
fioritura si manifesta da maggio a luglio.
Gli acheni sono di forma quadrangolare, lunghi 3,7-5 mm, di colore beige, pigmentati di marrone all’apice.
Ha un apparato radicale fittonante di colore bruno chiaro.
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E. purpurea.
Ha un areale piuttosto ampio, cresce nei boschi aperti, nei boschetti e nelle praterie dalla Luisiana fino al Tennessee.

                               Zone verdi chiaro e scuro: zone endemiche dove la pianta è diffusa

La pianta presenta steli diritti, spesso ramificati nella parte terminale, leggermente pubescenti o lisci, alti 60-180 cm.
Le foglie sono ovate od ovato-lanceolate, con margine seghettato, di colore verde scuro e con 2-5 nervature; quelle della
rosetta sono provviste di picciolo (fino a 25 cm) quelle in alto sono sessili.
I capolini sono piatti o leggermente emisferici con i fiori ligulati più o meno pendenti, porporini (anche rosei o bianchi),
lunghi 1,5-3 cm e larghi 0,5-1 cm. Il polline è di colore giallo. La fioritura avviene da giugno a settembre.
Gli acheni sono di forma quadrangolare, lunghi 4-4,5 mm ed hanno un colore grigio bruno uniforme.
Ha un apparato radicale fascicolato di colore rosso-bruno.
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BREVE STORIA DELL'USO DELL'ECHINACEA

Come accade sempre per le piante medicinali, anche l'utilizzo delle Echinacee a scopo curativo ha origine nelle terre
dove queste piante crescevano allo stato spontanteo, ovvero in Nordamerica.

Sono quindi le popolazioni indigene nordamericane, soprattutto delle Grandi pianure (Sioux -Dakota, Lakota, Omaha,
Winnebago-, Kiowa, Cheyenne, Kiowa-Apache, Delaware, Choctaws, Crows, Hidatsas, Comanches, Pawnees,
Meskwaki), ad aver intuito le loro proprietà, e ad aver dato inizio al loro uso a scopo curativo. L'utilizzo da parte dei nativi
americani non è tra l'altro solo una pratica antica, tanto che ancora oggi viene raccolta e utilizzata in modo tradizionale in
diverse riserve, come nella Riserva indiana Sioux Rosebud in Sud Dakota o in quella di Fort Peck nel Montana.

L'Echinacea è tradizionalmente usata per trattare diversi disturbi, sia per via interna che per uso esterno.
L'infuso, la polvere o la radice tal quale masticata, sono indicati per mal di testa, tonsilliti, malattie delle vie aeree,
dolori viscerali dello stomaco e dell'intestino, per alleviare la sete e la sudorazione, come antidolorifico per il mal di denti.
La pratica della masticazione può essere considerata una sorta di estrazione direttamente in bocca dato che attraverso
la frantumazione della radice le sostanze funzionali in essa contenute si dissolvono direttamente nella saliva.
Esternamente viene applicata una poltiglia ottenuta dalle radici polverizzate in caso di morsi di serpente, putrefazione
delle ferite, o per dare sollievo al bruciore infiammatorio.
La radice viene raccolta ed essiccata in estate, affinchè la scorta possa essere utilizzata durare per l'anno intero, e la
radice essiccata pare sia considerata più efficace della fresca.

Da parte dei popoli europei che hanno colonizzato le terre nordamericane, un reale interesse e una degna
considerazione delle conoscenze erboristiche degli Indigeni è nato piuttosto tardi. Nonstante infatti vi fossero entrati a
contatto per necessità, se non altro per la difficoltà di reperire i farmaci europei negli Stati Uniti, l'approccio curativo degli
Indiani d'America era molto differente da quello delle culture europee, essendo contestualizzato in una diversa
concezione del cosmo, dell'uomo, della natura e della salute, e fu per molto tempo considerato arretrato e ai limiti della
stregoneria.

Il primo riferimento nella cultura europea agli usi medicinali dell'Echinacea apparve nella seconda edizione di Flora della
Virgina di LT Gronovius (1762), nelle note di John Clayton, un botanico inglese che visse in Virginia, che affermava che
l'Echinacea purpurea "presenta una radice dal sapore acuto ed è molto utile nel trattamento delle piaghe da sella dei
cavalli". Successivamente in diversi manuali di botanica apparvero descrizioni della radice di Echinacea purpurea, sia da
un punto di vista organolettico che di utilizzo erboristico.

Solo attorno al 1870 un medico di Pawnee City (Nebraska), il dottor H.C.F. Meyer, introdusse l'Echinacea angustifolia
nella medicina “ufficiale”, e ne abbiamo testimonianza grazie alla sua prima ricetta, messa a punto nel 1885, il "Meyer's
Blood Purifier". Meyer doveva la sua conoscenza delle virtù dell'Echinacea ai popoli indiani del Nebraska,
probabilmente delle tribù Pawnee o Omaha, e utilizzava il suo preparato per trattare infezioni localizzate e sistemiche,
sindromi da raffreddamento, infezioni cutanee.
In quel periodo in America esisteva un gruppo di medici, gli Eclettici, che utilizzavano diffusamente le piante medicinali
nella loro pratica clinica. Meyer entrò in contatto con uno di loro, John King, e gli sottopose la sua preparazione; egli ne
inviò un campione ai Lloyd Brothers Pharmacists (i maggiori produttori di farmaci per la classe medica di quel periodo) e
fu determinata la presenza dell'Echinacea angustifolia nella preparazione.
King inizio così a condurre prove terapeutiche e si convinse del valore della pianta; poco dopo, i Lloyd Brothers
iniziarono la produzione di preparati di E. angustifolia.
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Da qui iniziò la diffusione dell'uso dell'Echinacea e l’iserimento dell’Echinacea angustifolia nella Farmacopea Nazionale
Americana nel 1916. Negli anni ’20 l’Echinacea era la pianta medicinale più utilizzata e richiesta sul mercato.
Arrivò in Europa intorno al 1930, dove fu inserita nella Farmacopea Tedesca, la quale pose anche attenzione sull’attività
farmacologica delle radici di E. pallida e della parte aerea di E. purpurea.
Il suo uso diminuì successivamente con l'introduzione degli antibiotici. Ma a partire dagli anni '80, la rinascita della
fitoterapia negli Stati Uniti e in Europa ha portato un rinnovato interesse per l'Echinacea, che ne fa o ggi una delle piante
più utilizzate in fitoterapia e le cui proprietà sono oggetto di numerosi studi preclinici e clinici.
Nella Farmacopea Ufficiale Italiana l’Echinacea radice comparve solo della X ed. (1999).

FITOTERAPIA

La droga delle tre specie di Echinacea utilizzate in fitoterapia è costituita dalle radici e dalle parti aeree; in particolare si
usano prevalentemente radici e rizomi di E. angustifolia, purpurea e pallida, e parti aeree di E. purpurea. Tuttavia
in terapia vengono usate indifferentemente le tre specie ed é generalmente ammesso che tutte le varietà di Echinacea si
prestino alle stesse applicazioni terapeutiche. Resta da dire che quella maggiormente utilizzata è l’E. angustifolia, a cui
viene riconosciuto un alto valore di mercato e un più alto valore terapeutico.

L'attuale interesse per l'uso fitoterapeutico dell'Echinacea è focalizzato sulla sua attività immunomodulatoria,
documentata da numerosi studi sia in vitro che in vivo e da diverse sperimentazioni cliniche, nel trattamento e
prevenzione del comune raffreddore e dell'influenza, ma anche di altre infezioni.

L'Echinacea ha come effetto diretto un'attività modulatoria sulla risposta immunitaria aspecifica, ovvero l’insieme
delle misure difensive messe in moto dall’organismo in prima battuta in presenza di un'antigene. L'immunità aspecifica
agisce attraverso l’innesco del processo infiammatorio, la fagocitosi (inglobamento e distruzione di materiale
potenzialmente dannoso da parte di determinate linee cellulari), il rilascio di sostanze antivirali ed antibatteriche, ecc.
Attraverso questi processi l’organismo è a volte capace di fermare velocemente un’infezione; quando questo insieme di
meccanismi non é sufficiente, lo stesso sistema umorale insieme alla massiccia presenza di antigeni provacano
l'attivazione degli effettori della risposta immunitaria specifica e si innescano i suoi meccanismi, più specifici, complessi
ed efficaci.

Si preferisce definire l’effetto dell’Echinacea come immunomodulante, piuttosto che immunostimolante; infatti mentre
una stimolazione eccessiva potrebbe essere non essere benefica, l'assunzione di Echinacea non presenta effetti
collaterali legati a questa attività , se non in linea teorica e in caso di patologie autoimmuni.
L'effetto immunomodulante dell'Echinacea viene attuato per mezzo di diversi meccanismi: l’attivazione della fagocitosi, il
miglioramento dell’attività dei macrofagi (con aumento dei livelli ematici di IL-1, IL-10, interferone beta, α-TNF, ..), un
lieve effetto stimolatorio sui linfociti T helper (produttori di citochine), l'attivazione di cellule T citotossiche e linfociti
granulari (LGL) che riconoscono ed uccidono le celleule infettate da virus, aumento dei livelli ematici di properdina, una
proteina sierica ad attività antivirale e antibatterica capace di innesecare la cascata del complemento. L'Echinacea non
esercita effetto stimolatorio diretto sui Linfociti B, responsabili del rilascio di anticorpi, e sulle cellule Natural Killer.
Queste attività sono state riscontrate nell’uso di estratti sia idroalcolici che acquosi di Echinacea, e sembrano dipendere
dagli effetti combinati di diverse classi di composti. Le alcammidi e i derivati dell’acido caffeico sembrano contribuire
all’attività immunostimolante degli estratti alcoolici di Echinacea mediante la stimolazione della fagocitosi di macrofagi e
granulociti neutrofili polimorfonucleati. Anche i polisaccaridi ad alto peso molecolare, come l’eterossilano, che attiva la
fagocitosi, e l’arabingalattano, che promuove il rilascio del α-TNF e la produzione di interleuchina-1 e di interferone beta,
sono stati implicati nell’attività degli estratti acquosi e della droga polverizzata. L'incremento dell’attività dei linfociti T
viene invece attribuito alla frazione glicoproteica.

Oltre a promuovere un miglioramento delle capacità difensive dell’organismo, l’Echinacea esercita attività antivirale e
antimicrobica. In particolare, l'attività antivirale riscontrata è diretta contro il virus Herpes simplex (HSV) e il virus
influenzale A e B, ed è attribuita alla frazione gilcoproteica e all'acido cicorico; quella antifungina è diretta contro Candida
albicans; quella antibatterica contro Escherichia coli, Proteusmirabilis, Pseudomonas aeruginosa and Staphylococcus
aureus.
Si è riscontrata anche attività inibitoria nei confronti del Trichomonas vaginalis, Leishmania enrietti, Listeria
monocytogenes.

Le altre attività riconosciute all’Echinacea sono quella antinfiammatoria e cicatrizzante, che giustificano e avvalorano
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ancora l’uso tradizionale.

L’attività antinfiammatoria è indotta per inibizione della espressione di cox-2 e lipossigenasi-5, ed è esercitata della
frazione polisaccaridica e delle alcammidi.

L’azione cicatrizzante é dovuta all'inibizione della ialuronidasi batterica e tissutale da parte della frazione
polisaccaridica, capace di localizzare l’infezione e prevenire l’infiltrazione o la dispersione degli agenti causativi in altre
parti del corpo. L’echinacoside svolge inoltre azione protettiva contro la degradazione del collagene indotta dai radicali
liberi, assieme ai derivati dell’acido caffeico (acido caffeico, acido cicorico, acido clorogenico) e alle alcammidi.
Nell’uso dell’estratto idroalcolico è stata segnalata l’inibizione della contrazione del collagene indotta dai fibroblasti.
Inoltre il potenziamento dell’attività dei fibroblasti velocizza la formazione di nuovo tessuto nella guarigione delle ferite.

TOSSICITÀ, INTERAZIONI ED EFFETTI SECONDARI

L'Echinacea è considerata una droga sicura, e sia gli studi effettuati che la lunga tradizione d'uso sono rassicuranti in tal
senso. Gli effetti collaterali sono infatti davvero molto rari, ed includono rash cutanei o reazioni allergiche, nausea,
diarrea, mal di testa.
Tuttavia rimangono da considerare delle accortezze nei confronti di determinate categorie più sensibili.
Gravidanza. Gli studi finora condotti non sono sufficienti per poter garantire la sicurezza di impiego. Sebbene infatti,
basandosi su studi in vitro e in vivo, e sulla tradizione d'uso, l'Echinacea non sembri causare disturbi nella gravidanza o
al feto, le metodologie di ricerca usate non permettono ancora di affermare la sicurezza di impiego. Per questo è
prudente utilizzarla in gravidanza solo sotto controllo medico.
Infanzia. L'Echinacea potrebbe suscitare nei bambini reazioni allergiche. L'uso è sconsigliato sotto i due anni, ed è
necessaria prudenza nell'impiego sotto i 12 anni.
Persone con disturbi autoimmunitari. È generalmente sconsigliata l'assunzione di Echinacea in persone con disturbi
immunitari, sia di immunosoppressione (HIV) che di autoimmunità (psoriasi, diabete, tiroiditi autoimmuni, ecc).
La raccomandazione è fondata sul fatto che l'attività immunostimolatoria dell'Echinacea potrebbe acuire questo tipo di
disturbi. In realtà gli studi condotti finora non hanno potuto stabilire una correlazione fra assunzione di Echinacea e
aumento dei disturbi autoimmunitari, dal momento che l'Echinacea non interferisce in modo diretto con l'immunità
specifica.
Enzimi Citocromo P450. Alcuni studi in vivo, in vitro e clinici sono stati condotti per verificare l'attività inibitoria degli
estratti di Echinacea nei confronti di alcune forme del citocromo P450, deputato al metabolismo dei farmaci. Gli studi
clinici non hanno mostrato attività rilevante. Studi in vitro su linee cellulari epatiche umane e studi in vivo su ratti hanno
mostrato però che estratti di Echinacea ad alta gradazione alcoolica o comunque contenenti alcammidi, possono
esercitare attività inibitoria nei confronti di alcune forme di Citocromo P450, aumentando potenzialmente in questo modo
l'emivita dei farmaci assunti. Tuttavia, comparando questi risultati con una situazione in vivo in umani, gli effetti sono stati
ritenuti discutibili.
Durata d'uso. Alcuni raccomandano di non usare preparati a base di Echinacea per più di una settimana o dieci giorni
consecutivi, altri di non superare le otto settimane consecutive di trattamento. Entrambe queste raccomandazioni non
sono motivate da studi di rilievo e, stando alla tradizione d'uso, non sono segnalati eventi avversi dopo periodi prolungati
di trattamento.
Come per tutte le piante officinali, è sempre bene rivolgersi a specialisti del settore per evitare posologie errate.
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COSTITUENTI FITOCHIMICI

L’Echinacea, come abbiamo visto, deve la sua azione a diverse classi di composti piuttosto che ad una sola tipologia di
sostanze o una singola molecola. Tuttavia, dal momento che il contenuto in composti attivi varia tra le specie, e
all'interno di ciascuna di esse, fra le diverse parti di pianta utilizzate, è importante comprendere quali sono le sostanze
più utili nei casi specifici per poter procedere ad un uso più consapevole della droga nella preparazione e nell'utilizzo
degli estratti.

Come abbiamo accennato, i composti attivi contenuti nelle tre specie sono classificabili in diverse categorie e, per
semplificare, seguiamo una suddivisione in composti polari e composti non polari. In questo modo sarà possibile
presumere le differenti caratteristiche in composizione delle diverse tipologie di preparato: i composti apolari saranno
assenti o presenti in tracce in estratti acquosi come l'infuso, dove saranno presenti in buona misura quelli polari; gli
estratti idroalcolici saranno caratterizzati dal contenere la più ampia varietà di composti. I composti apolari lipofili
potranno essere estratti in olio, più adatto per un uso esterno dell'Echinacea.
Non dimentichiamoci però della tradizione d'uso. Sebbene infatti grazie alla fitochimica si possa verificare la
composizione chimica di un estratto, o presumerla in base alle caratteristiche delle molecole del fitocomplesso, bisogna
riconoscere il valore di un uso secolare. Può accadere infatti che in questo genere di indagini risulti che un composto
attivo è assente in un tipo di estratto; da ciò non bisogna desumere che quel tipo di estratto non sia efficace, perchè
probabilmente sono necessari ulteriori approfondimenti per comprendere adeguatamente quello che succede. D'altra
parte, proprio il fatto che l'Echinacea presenta composti attivi sia di natura polare che apolare, è abbastanza sicuro che
tutte le forme di preparazione abbiamo una certa attività.

COMPOSTI POLARI

POLISACCARIDI: sono stati isolati numerosi polisaccaridi nelle Echinacee, come ad esempio arabinogalattano,
eterossilano e inulina, ad attività prebiotica, ma anche immunomodulante.

DERIVATI DELL’ACIDO CAFFEICO: derivati dell’acido chinico, come acido clorogenico e cinarina; derivati dell’acido
tartarico, come l'acido cicorico; fenilpropanoidi glicosidi, come verbascoside ed echinacoside.
In E. angustifolia ed in E. pallida la maggior concentrazione di echinacoside si trova nelle radici, mentre è praticamente
assente nell’estratto di radici E. purpurea.
La cinarina è presente esclusivamente in E. angustifolia ed in E. tennesseensis.
L’acido cicorico si trova solo in tracce nelle radici di E. angustifolia e di E. pallida, in misura leggermente maggiore nelle
foglie e nei fiori della prima ed in quantità ben più consistente nei fiori nella seconda, mentre trova la sua massima
concentrazione nei fiori, foglie e radici di E. purpurea.

FLAVONOIDI: sono presenti in tutte e tre le principali specie di Echinacea. Sono stati individuati apigenina, rutina,
quercetina, luteolina, kaempferolo.

COMPOSTI APOLARI

ALCHILAMMIDI: le radici di E. purpurea ed E. angustifolia contengono alchilammidi strutturalmente diverse, mentre E.
pallida ne è praticamente priva; al contrario il contenuto delle parti aeree delle tre specie non presenta differenze.

COMPONENTI VOLATILI: tutti i tessuti, indipendentemente dalla specie, mostrano elevati livelli di acetaldeide,
campfene, beta-pinene e limonene: le aldeidi, specialmente propanali e butanali, costituiscono frazione volatile
maggiormente presente nei tessuti radicali; i terpenoidi (tra cui campfene, alfa- e beta-pinene, limonene, mircene,
ocimene e terpinene) costituiscono la componente volatile più presente in tessuti di fiori e steli.
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I primi due composti in alto a destra sono ammidi.
Di seguito, più in basso a destra e il primo composto in alto a sinistra, i derivati dell'acido caffeico.
I successivi sulla sinistra sono composti volatili.
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BIBLIOGRAFIA

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Great Plains in The Conservation Status of Echinacea Species pp 58-68

OMS: monografie di piante officinali. Volume 1

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