DIABETOLOGIA STORIA DELLA - Accademia di ...

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Nel 1150 a.C. i medici Indù nell'Ayurveda notano che l'urina nel vaso e il corpo
di alcuni pazienti attraggono le grosse formiche nere e le mosche. E' il primo
accenno alla diagnostica diabetologica. E nel "Canidana" , un altro libro medico,
è confermato che questi insetti sono straordinariamente propensi al dolce.

                  Charaka può essere annoverato fra i grandi precursori della patologia clinica
                  odierna: è un vero esperto nell’esame dell’urina, che esegue sistematicamente,
                  e, per mezzo del quale, diagnostica e classifica ben venti varietà di poliuria
                  (dette complessivamente prameha) e il diabete che chiama "mellito" in quanto
                  l'urina è "dolce come il miele". Charaka è probabilmente vissuto intorno all’anno
                  1000 ac, anche se alcuni studiosi lo pongono attorno al VI – VII secolo a.c.

    Sul diabete, sintomi e terapia, si accenna in una trattazione del 600 a.C. del cinese
    Zhen-Li- Yang .

            La prima e completa descrizione del diabete è quella di Areteo di Cappadocia (Anatolia)
            (81-138) . Nei documenti di Areteo compare per la prima volta il termine diabete (da
            "sifone", in greco), anche se il termine greco diabetes sembrerebbe già comparso nel III
            secolo avanti Cristo, usato da Apollonio di Menfi e da Demetrio di Apamea. L'opera di
            Areteo, in dialetto ionico, fu tradotta per la prima volta in latino nel 1552 e stampata a
            Venezia, da Paolo Giunio Crasso di Padova.
1170: muore Hildegard, badessa di Bingen, personaggio di grande cultura che lascia opere
notevoli che racchiudono un vasto sapere medico ed in particolare sulla erboristeria. Il
medioevo è probabilmente l'epoca in cui la scienza dell'erboristeria è esaltata in sommo grado,
confondendosi però con la magia e la superstizione e ammantandosi di leggenda. Per i suoi
studi, Hildegard può essere considerata la prima diabetologa della storia. Ella dedica infatti
molte pagine al diabete, prescrivendo ovviamente diete dalle quali, per la prima volta, sono
eliminati i dolci.

         Johann Baptista van Helmont (1578-1644) definisce il diabete una malattia del
         sangue, che descrive talvolta lipemico.

 Thomas Willis segnala nel 1673 il sapore dolce delle urine dei diabetici già osservato dai
 medici antichi e descrive scientificamente i sintomi della malattia.

         Francis Home, medico militare nelle campagne di Fiandra che frequenta a Leiden le
         lezioni di Hermann Boerhaave (1668-1738) grande analizzatore di urine, è il primo
         professore di materia medica all'Università di Edinburgh, tanto benemerita nella storia
         della diabetologia. Home conferma che lasciando in una stanza calda un recipiente di
         legno con l'urina del diabetico Murray, questa diventa schiumosa e prende a formare -
         dopo 10 giorni - molte bolle d'aria; ha gusto acidulato. In altre parole fermenta, come
         fermenta lo zucchero dell'uva nella preparazione del vino. Di qui l'idea (1770) di
         misurare la quantità di zucchero presente nell'urina diabetica per mezzo della prova di
         fermentazione, con l'aggiunta di lievito.
La distinzione ufficiale tra diabete mellito e insipido è opera di Johann Peter Frank
(1745-1821), imperial - regio professore a Pavia, su indicazione dello speziale
Francesco Marabelli (1761-1846).

          Nel 1815 Michel E. Chevreul identifica nel glucosio (“zucchero d’uva”) la
          sostanza che rende dolci le urine diabetiche.

 Felice Ambrosioni, chimico-farmacista di Pavia, rileva per primo nel 1835 la
 iperglicemia nei diabetici.

          Jean Baptiste Biot nel 1840 dosa con precisione il glucosio nell’urina con un
          polarimetro (diabetometro).

 Justus Liebig annuncia nel 1854 un "mezzo pronto onde riconoscere la presenza dello
 zucchero in un liquido qualunque, anche d'origine animale", composto da estratto di
 fiele di bue e acido solforico.Da quell'epoca lo zucchero sarà, di fatto, demonizzato
 nella dieta dei diabetici.
Un aureo libretto di Francesco Roncati (1832-1906) riporta "specialmente a vantaggio dei
medici di campagna modi semplici per scoprire lo zuccaro d'uva nell'urina", come il
seguente: "Un pezzettino di carta bianca da scrivere qua e là bagnato con urina diabetica
è poi esposto a forte calore di bragie, per quale si ha rapida colorazione bruna: e l'urina
diabetica potrebbe in tal modo servire come inchiostro simpatico allo stesso modo del
succo di cipolla, etc.".

            Finalmente un pò di dolce anche per i diabetici: Kostantin Falhberg
            sintetizza nel 1879 la saccarina.

 A Torino, nel 1894, Ferdinando Battistini inietta a due giovani diabetici, per via
 sottocutanea e intramuscolare, 5 e 25 ml di un estratto (acquoso e glicerico), preparato,
 con somma attenzione nel laboratorio della Clinica Medica, da pancreas bovino fresco.

            Oscar Minkowsky scopre nel 1899 la funzione del pancreas nel diabete
            dopo una pancreasectomia sul cane.

 Fredrick G. Banting e Charles H. Best comunicano nel 1921 la scoperta dell’insulina. Banting,
 dimostratore di fisiologia all'università di London in Canada, aveva ottenuto dopo molte
 insistenze il permesso per qualche esperimento da parte del direttore dell'Istituto di fisiologia
 dell'Università di Toronto, John James Rickard MacLeod, che gli affianca anche uno studente,
 Best, scelto con il lancio della monetina rispetto al suo collega E. Clark Noble. Scopo degli
 esperimenti è la dimostrazione della attività terapeutica di estratti di pancreas bovino nei cani
 operati di pancreasectomia totale e quindi resi diabetici. L'iniezione endovenosa ripetuta di 5
 ml di estratto (chiamato originariamente "Isletin" anzichè insulina), provoca la evidente
 riduzione della glicemia e mantiene in vita, per parecchi mesi, Marjorie - il cane senza
 pancreas.
L'insulina, estratta dal pancreas bovino con il metodo di Banting, comincia a salvare anche in
Europa i giovani diabetici. Leo Pollack a Vienna, Leon Blum a Strasburgo e Silvestro Silvestri
a Roma sono i primi pionieri di questa terapia. Il fisiologo danese August Krogh nel 1923 cura
la moglie Marie estraendo ogni volta nella cantina di casa l'insulina necessaria da 2 kg di
pancreas bovino.

               Il 13 maggio del 1926 è fondata a Lisbona la prima associazione al mondo di
               diabetologia (Associaçao Protectora dos Diabeticos Portugal), ad opera di
               Ernesto Roma. Seguiranno quella francese e quella inglese (1933), poi quella
               danese nel 1940 e, via via molte altre associazioni nazionali. Tutte
               confluiranno, nel 1950, nell'International Diabetes Federation (IDF).

   Gerhardt Katsch fonda nel 1930 a Garz-Rugen la prima "Casa del diabetico" ("Deutsches
   Diabetikerheim"), dove il programma educativo residenziale forma il diabetico "socialmente
   attivo, sano, condizionato".

               Catullo Florio istituisce nel 1936 a Torino, presso il Maria Vittoria, il primo
               ambulatorio ospedaliero italiano di diabetologia con annessa degenza per
               diabetici. Il primo Centro Universitario era sorto a Genova nel 1924 per opera
               del prof. M. Barbàra.
Nello stesso anno si ha notizi di un esempio di diagnostica "popolare" in mancanza di mezzi
scientifici: una pezzuola di cotone viene imbevuta di urina e messa ad asciugare. Dal grado di
inamidatura - e con un pò di esperienza - il diabetico impara a regolarsi regolarsi nell'assunzione
di zuccheri.

             1940: a Cleveland, nell'Ohio, è fondata l' American Diabetes Association (ADA),
             inizialmente riservata ai soli medici.

Margherita Silvestri Lapenna e Silvestro Silvestri costituiscono nel 1949 a Roma, con sede
definitiva in via della Scrofa 14, la "Associazione Italiana per la difesa degli interessi dei
Diabetici" (AID).

             Viene commercializzato nel 1950 il primo antidiabetico orale, il Nadisan, che
             rivoluziona la terapia farmacologica rimpiazzando rapidamente il trattamento
             insulinico per il diabete di tipo II.

Ad Amsterdam, il 23 settembre del 1951, si costituisce la International Diabetes Federation, che
raggruppa molte Società Scientifiche nazionali costituitesi nel frattempo.

             l Collettivo cinese, come nello stile del momento storico sotto la guida del diabetico
             Mao-Tse Tung, annuncia nel 1963 la prima sintesi chimica totale dell'insulina
             bovina.
Il 1972 è l'anno del Reflomat, il primo reflettometro a strisce reattive per l'autocontrollo
della glicemia.

          1980: è iniettata a Sandy Atherton, 37 anni, di Wichita, Kansas, la prima insulina
          biosintetica DNA-ricombinante di formula umana prodotta da Eli Lilly (utilizzando
          l'Escherichia coli). Seguirà, dieci anni più tardi, l'insulina umana biosintetica di seconda
          generazione (Novo, con l’ingegneria genetica su cellule di Saccharomyces cerevisiae).

Autoclix, il primo pungidito per l'autocontrollo del diabete, è introdotto sul mercato nel 1981.

          In Svizzera due fratelli, Willy e Peter Michel costituiscono nel 1983 la Disetronic, che
          produce e distribuisce infusori di insulina per il trattamento del diabete.

 2005: FREMS, una tecnica di elettromagnetoterapia frutto della ricerca italiana effettuata al S.
 Raffaele, al Sacco di Milano e al Policlinico Monteluce di Perugia, sembra essere in grado di evitare
 le amputazioni nei diabetici. Il ciclo di cura prevede 6-7 sedute di 30 minuti con un intervallo di 1-2
 giorni tra le sedute. I benefici di un ciclo al momento durano da mesi. Al termine dei cicli i pazienti
 non avvertono più dolore, recuperano la sensibilità e il movimento, e il loro sangue riprende a
 circolare.

            Un nuovo farmaco è sintetizzato nel 2011 per la terapia del diabete di tipo 2: è il
            Liraglutide, e si tratta di un derivato di un ormone umano GLP-1, il cui pregio è quello di
            poter regolare la secrezione di insulina tenendo conto della quantità di glucosio nel
            sangue.
Studio senza precedenti nel 2012 al San Raffaele: con il trasferimento in sede spinale di
cellule pancreatiche si è ottenuta una 'ripresa' delle attività dell'organo rimosso, inclusa la
regolazione dell'insulina.

        Un altro passo avanti nella direzione del pancreas artificiale viene dai risultati dello studio
        ASPIRE In-Home presentato nel 2013 al congresso dell'American Diabetes Association
        a Chicago e pubblicato in contemporanea sul New England Journal of Medicine. Lo
        studio dimostra che con la tecnologia high tech più avanzata, comprendente il
        microinfusore di insulina collegato in maniera wireless ad un sensore di glucosio (che
        misura il livello di glucosio sotto la pelle ogni 5 minuti e ne 'informa' dei valori il
        microinfusore di insulina), si può raggiungere un doppio obiettivo: mantenere i livelli di
        glicemia a valori ideali, senza correre il rischio di abbassarla troppo, andando a
        provocare una crisi ipoglicemica.

Si trova nell'intestino l'arma segreta per controllare il peso e combattere obesità e diabete di tipo 2.
E' una proteina che potrebbe aiutare chi combatte con la bilancia e i chili di troppo. A dimostrarlo,
nel 2015, uno studio dell'Università Cattolica di Louvain (Ucl) in Belgio, pubblicato sulla rivista
'Nature Communication'.
Buone notizie per le 380 milioni di persone malate di diabete al mondo. I ricercatori delle
università di North Carolina-Chapel Hill North Carolina State hanno messo a punto nel
2016 un cerotto che consentirà di evitare l'uso della siringa d'insulina. Si chiama Smart
Patch, è poco più grande di una moneta, ed ha la qualità di somministrare cellule beta, che
nel pancreas delle persone sane secernono quantità adeguate di insulina, l'ormone che
metabolizza gli zuccheri, e che nei diabetici non funziona correttamente. Lo Smart Patch è
ricoperto da centinaia di microaghi, come ciglia, pieni di cellule beta immagazzinate in
microcapsule di alginato, un polimero biocompatibile. Quando il cerotto viene applicato
sulla pelle gli aghi penetrano nei capillari e stabiliscono un contatto tra l'ambiente interno e
le cellule beta esterne. Grazie a sostanze chimiche che amplificano il segnale di glucosio,
cioè sensibili allo zucchero nel sangue, le cellule beta del cerotto 'sentono' il livello di
glucosio ematico e, se necessita, rilasciano insulina in maniera adeguata.
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